You are on page 1of 84

Rend. Fis. Acc.

Lincei
s. 9, v. 8:151-234 (I997)

I1 libro < Sulle pietre di Teofrasto


Prima traduzione italiana con un vocabolario
dei termini mineralogici

M e m o r i a ( * ) di ANNIBALE MOTTANA e MICHELE NAPOLITANO

ABSTm~Cr. - - Theophrastus' book r162 stones~. First Italian translation, with a thesaurus of mineralogical
terms. Theophrastus' Perf lithon (<<On stones>)), edited and printed for the first time by Aldus Manutius in
1497, was the first book ever written (ca. 315 B.C.) specifically about minerals and rocks, thus gaining his
author the name of <<father of mineralogy~. The surviving text is the second part of a comprehensive lecture
textbook on all natural solid materials, the first one being a Perf metd!lon (<<On metals~) which is lost. Peri
lithon itself is likely to be somewhat incomplete as a text, but for sure it is complete in its planning. At the
beginning, Theophrastus stresses his dependence on Aristotle's theories; then he turns to a detailed de-
scription of various stones, apparently as demonstration of his master's theory., in fact to show off his own
coverage of the subject and the extent of his information. The :esuit is a textbook of systematic mineralogy;
stones are dealt under the very comprehensive meaning of any material that is mined, quarried or collected
from underground i.e. minerals, gems, stones, clays and earths. Even pearls are described, and only metals
are left out. ~kll together, there are 60 mineral names mentioned, several of them uniques for the Greek
language. This fact, in addition to being incomplete and having frequent lacunae, makes translating Perf
k?hon a rather difficult task. The first translation into any modern language, by Hill into English (1746),
was re-translated into French (1754) and German (1770). Then Wimmer re-edited the Greek text (1862)
and produced a Latin translation (1866) on the basis of both of which the modern Greek (Stephanidis,
1896), French (Mdly, 1902), German (Mieleimer, 1922) and English (Caley and Richards, 1956) new trans-
lations were made. The present Italian translation is carried out from the latest critical edition, by Eichholz
(1965), and is enriched with a thesaurus of mineralogical, petrological and geological terms which tries ex-
plaining the outdated names used by Theophrastus (and Pliny after him) by relating their descriptions to
our modern knowledge on minerals and rocks.

K~v wotos: Histo~' of Experimental Sciences; Mineralogy; Petrology; Earth; Greek Language.

I~.\SSUNTO. - - I] Peri i/thon (~<Sulle pietro~) di Teofrasto di Ereso (372-287 a.C.) 8 il primo trattato mi-
neralogico che sia mai stato scritto (ca. 315 a.C.) ed (: anche il primo che sia stato stampato (febbraio 1497,
da ,Hdo Manuzio). II testo che e soprawissuto ~ solo un frammento di un progetto espositivo pit~ vasto the
comprendeva un Perf metdllon (<<Sui metalli>)) andato perduto gi~. nell'antichit'a. Anche il Pen lithon ~ i m
completo e lacunoso, come testo, e pertanto ~ spesso di difficile comprensione; ~: per6 completo sul piano
espositivo: partendo dalla teoria sulla genesi delle sostanze solide naturali sviluppata da • nei Me-
teorologica, Teofrasto fornisce una dettagliata descrizione di 60 diversi tipi di (<pietre>~, intendendo con cio
minerali, gemme, argille, rocce, terre e perfino perle - tutti i materiali solidi che possono essere estratti in
miniera, cava o comunque dal sottosuolo, esclusi i metaili, appunto. La prima traduzione in una lingua mo-
derna, quella di Hill in inglese (17461, servi anche per ritraduzioni in francese (1754) e in tedesco (1770).
L'edizione critica di Wimmer (1862), da lui stesso tradotta in latino (1866), servi di riferimento alle tradu-
zioni in greco moderno di Stepbanidis (1896), in francese di Mdly (1902), in tedesco di Micleimer (1922) e

(*) Presentata nella seduta del 7 marzo 1997 dal Socio A. Mottana. Sono di M. Napolitano la Nora
del traduttore (pp. 153-155) e la traduzione italiana del testo deI De lapidibus (pp. 158-168); sono di A.
Mottana le parti restanti.
152 A. MO'I~FANA - M. NAPOL[TANO

in inglese di Caley e Richards (1956). Questa traduzione, che ~ la prima in italiano, ~ condotta sulla base
della pifi recente edizione critica: quella di Eichholz (1965). Essa ~ arricchita di un vocabolario in cui si pro-
pone un'interpretazione dei termini mineralogici, petrologici e geologici usati da Teofrasto (ora di difficile
comprensione anche se essi erano stati ripresi da Plinio) sulla base della loro descrizione riportata nel testo
stesso, ma rapportata alla nomenclatura attualmente in uso.

INTRODUZIONE

Circa tre anni fa, una sera tardi, l'amico professor Antonio Di Meo mi telefon6 a ca-
sa e a bruciapelo mi pose questa serie di domande: ~Qual eil testo da cui ~ nata la tua
scienza? In che lingua ~? t~ breve o lnngo? Te la senti di ripubblicarlo tradotto e con un
commento?>> Ci pensai - ahimh troppo poco - e risposi: ~1~, il Prodromo di Stenone, del
1669, in latino. N o n t'ho mai letto, ma si ... credo proprio che valga la pena che lo legga
ora. Tu fallo tradurre e io accetto di commentarlo>>. Ero stato incauto e me ne accorsi
non appena che ebbi in mano il testo e cominciai a leggerlo (in latino prima che in
italiano).
C o m e tutti i mineralisti, ai quali viene insegnato che ta legge di Stenone ~ la prima
legge della Cristallografia morfologica, ero convinto che quel testo dal titolo allettante
riguardasse la legge della costanza degli angoti interfacciali o almeno che questa ne rap-
presentasse una parte importante, lnvece, me la trovai appena accennata alla fine, nella
didascalia di una figura che avevo visto riportata in quasi tutti i libri di Mineralogia an-
che scoIastici e the avevo sempre preso per il minimo estratto da una trattazione ben
pi~ lunga! Nel resto del testo: niente o quasi. Per6 avevo ormai firmato un contratto,
dovevo onorarlo e cosi feci senza troppi rimpianti (Stenone, 1995), anche perchd mi
trovai a commentare altri brani a me prima ignoti, da cui risultava che Stenone fu un si-
gnificativo precursore della moderna Mineralogia anche per quanto concerne la cresci-
ta e l'associazione dei cristalli. Inoltre scoprii un'altra legge di Stenone, que!la della se-
qucnza di deposizione dei sedimenti, che gli stratigrafi ben conoscono e che rappresen-
tail presupposto di base della loro disciplina. Se Stenone, una volta letto, delude noi
mineralisti, non lo fa certo con i geologi e questi, dopotutto, sono parte della nostra
stessa categoria: gli studiosi di Scienze della Terra. Ed ~ per questo che tutti noi, geolo-
gi e mineralisti, godiamo della intercessione presso Dio dello stesso beato: appunto
Niccol6 Stenone!
Dall'equivoco in cui mi aveva precipitato senza saperlo Antonio Di Meo mi nacque,
allora, la curiosit~ di conoscere e ieggere quello che dawero fosse il primo testo di Mi-
neratogia mai scritto e rapidamente mi chiarii che doveva essere il De lapie'~ibzts di Teo-
fi'asto. L'ho cercato per anni nelle librerie italiane, tedesche ed inglesi; poi, quando mi
sono finalmente reso conto che era esaurito, l'ho cercato nelle librerie antiquarie e infi-
he, durante un soggiorno a Stanford per il mio normale tavoro di minerofisica sul sin-
crotrone, nella Green Library. E qui l'ho trovato (finalmente!) e addirittura in due di-
verse edizioni recenti: quella di Eichholz (1965) e quella di Caley e Richards (1956). E
sempre li ho anche trovato le pifi antiche edizioni di Wimmer (1862, 1866) e di Hill
(1746).
Man mano che leggevo le due traduzioni inglesi recenti e le confrontavo col testo
IL LIBRO (<SULLE PIETIa,I'>> DI TE(-)FRASTO 153
/ 9 , / ! 9 f 41
.

/
.X. H H H H [ZI ~,AAArIII.~,v,~-~-

Excrip tam Vcrleciis marlu ftamnea ~.domoA Idi marmrii R o m a n ; , &


gr~corun~ fro&0 ft.Mertfe Februaio. M.III D.

Fig. 1. - Parte della pagina finale del volume secondo dell'edizione aldina delle opere di Aristotele e Teo-
frasto col suo colophon, in greco e latino, che recita: Stampato a Venezia con caratteri di stagno nella casa di
Aldo Manuzio romano e studioso dei Greci, mese di febbraio 1497.

greco, tuttavia, la mia insoddisfazione cresceva: ero io che ero ormai digiuno di greco
oppure erano loro che avevano capito male? o era forse lo sviluppo moderno della Mi-
neralogia che mi induceva a elaborate una nuova traduzione del venerando testo? In
italiano, in quanto mancante, o in inglese, in quanto lingua dell'attuale scienza interna-
zionale? Nel dubbio, rimuginavo e rinviavo e ho continuamente rimandato (mentre
raccoglievo intanto altre edizioni e i frammenti mineralogici di altri autori greci e latini)
fino a che non ho potuto vedere, netla Biblioteca Corsiniana, l'editio princeps del De la-
pidibus col suo cotofone (fig. 1): <<Excrfptum Venetiis manu stamnea i domo Aldi manutii
Romani, & graecontm studiosi. Mense Febn~ario.M.III D.>>: febbraio 1497!
Mi sono allora reso conto the non potevo esitare pi0 a lungo. N o n solo non esisteva
una traduzione in italiano, ma dopo poco sarebbero scaduti 500 anni dalla prima edizio-
ne a stampa? Era ora c h e q u e t testo fosse messo a disposizione degli italiani.
Preso contatto con il Dott. Michele Napolitano, mi sono dedicato a Teoffasto con
mtta l'energia e per tutto il tempo the i miei vari impegni potevano consentirmi. E que-
sto ~ il risultato dei nostri sforzi congiunti, che riesce ad arrivare al pubblico nel cinque-
centenario della prima, stupenda stampa aldina.

NOTA [.)EL "ITLADU'FTO[LE

Le brevi riflessioni che segnono vorrebbero servire a segnalare il carattere del tutto
provvisorio del lavoro presentato in questa Memoria.
L'operazione presenta ovviamente gig adesso una serie di elementi di sicuro interes-
se. Si tratta anzitutto della prima traduzione italiana di un'opera capitale per la storia
della mineralogia e per la storia della scienza in generale: quarantuno anni dopo l'am-
plissimo c o m m e n t o di Caley e Richards, trentadue a n n dopo l'edizione tradotta e com-
mentata di Eichholz, era forse giunto it m o m e n t o di riconsiderare e di ripensare nel
-dettaglio un testo che, accanto a considerevoli problemi di ordine critico-testuale, po-
ne, come si pu6 immaginare, difficoltfi di ogni genere a livello di esegesi.
C o m e e naturale, operazioni di questo tipo sono precluse a chi non consideri positi-
vamente l'opportunit5 di tavori a pi~ mani, e forse non ~ un caso che la pubblicazione di
154 A. MO'IWANA - M. NAPOLITANO

questa Memoria cada in un m o m e n t o in cui anche in Italia l'esigenza di o p e r a z i o n i in


collaborazione per testi di q u e s t o genere si fa sentire con s e m p r e maggiore insisten-
za (1). N e l nostro caso (e q u e s t o 6 forse il pregio pith evidente del lavoro), la collabora-
zione (~ stata pifi che mai stretta e intensa: la traduzione, che ho p r o v v e d u t o in un p r i m o
m o m e n t o ad allestire a u t o n o m a m e n t e s e r v e n d o m i degli apparati di c o m m e n t o forniti
da Caley e Richards e da Eichholz, 6 stata successivamente riletta da capo a r o n d o da
e n t r a m b i in lunghi (e piacevolissimi) p o m e r i g g i di lavoro. I1 guadagno ~ stato evidente,
e ha r i g u a r d a t o non soltanto l'inevitabile messa a fuoco progressiva dei p r o b l e m i di or-
dine specificamente mineralogico e p e t r o l o # c o , ma anche l ' a s p e t t o generale della tra-
duzione, che ha acquisito in stringatezza e in precisione (2).
In terzo luogo, questa Memoria offre al lettore un a p p a r a t o esegetico di tutto rispet-
to, a l m e n o per q u a n t o attiene al versante scientifico del testo teofrasteo: le pagine in-
troduttive e, soprattutto, il ricco glossario mineralogico integrano e aggiornano, spesso
sostanzialmente, i risultati ai quali erano pervenuti, nelle loro edizioni, i p r e c e d e n t i
commentatori.
D e t t o questo, a m e testa da dire del versante filologico e critico-testuale d e l l ' o p e r a -
zione. D a q u e s t o punto di vista (e t o r n o alle riflessioni di apertura sulla provvisoriet'a
della p r e s e n t e Memoria) it lavoro 6 invece ancora tutto d a fare, e non posso che augu-
rarmi che la possibilita di pubblicare una nuova edizione critica del testo greco insieme
a un c o m m e n t o a tutto c a m p o (e a q u a t t r o mani) si presenti presto.
S e a livetlo ecdotico la strada da p e r c o r r e r e ~ quella segnalata da Burnikel (1974, p.
149) nel suo f o n d a m e n t a l e studio sulla tradizione degli Opuscula teofrastei (3), il tavoro
di Eichholz (1965) 8 da aggiornare tanto a livello di costituzione del testo che per quan-
to attiene all'allestimento d e l l ' a p p a r a t o (4). Q u e s t ' u l t i m o , in Eichholz s o v r a b b o n d a n t e
e a volte caotico, va da un lato s o t t o p o s t o a riduzione selettiva, dall'altro a l m e n o tenta-
tivamente caratterizzato (5); q u a n t o al testo, sar'a il caso di rinunciare a illusorie restitu-
zioni integrali, lasciando in apparato, ove non appaiano ragionevolmente sicure, conget-

(I) Penso, ad esempio, agli studi euclidei di Lucio Russo e Silvio Medaglia, in vista di una nuova edi-
zione commentata e tradotta dell'Ottica (Russo, 1992; Medaglia e Russo, 1995).
(~) Annibale Mottana conosce abbastanza il greco da accorgersi con disinvoltura di sviste e imprecisio-
ni. A Iui devo non soltanto l'eliminazione dei molto di superfluo che era nella prima stesura della traduzio-
ne, ma anche la messa a punto di alcuni passi risolti inizialmente con poca aderenza al testo originale.
(3) <<Der Apparat einer kOnl:tigen Edition der Opuscula, die ich mir vorbehalte, braucht als hs. Que/le
for sieben Schriften nut einen einzigen Codex zu verzeichnen. Alle abweichenden ins. /iberlieferten Lesar-
ten haben als Konjektur zu gelten und m0ssen einer strengen Pr0fung unterzogen werden>~. 11 codice in
questione ~ ii Vat. gr 1302 (cfr. Appendice). Si vedano, subito sopra, le giuste osservazioni sulla netta pre-
valenza, nella costituzione dello stemma relativo agli Opuscula, del ruolo della emendatio su quello della
contaminazione.
(4) Si vedano gi~i le sensate osservazioni di Steinmetz (1967, p. 264) neUa sua recensione all'edizione di
Eichholz.
(5) E quanto suggerisce, proseguendo, Burnikel (1974, p. 149): <<Andererseits sollten gerechterweise
dort, woes m6glich ist, die Kopisten der einzelnen Hss. genannt werden (nicht die Sigh) ... Vielleicht kann
auf diese Weise den griechischen Schreibern der Renaissance ein wenig mehr ihr Recht gegeben werden,
und vielleicht kann so ihre ganze pers6nliche, unverwechselbare Eigenart hervortreten~,.
IL LIBRO <<SULLE PIETRE>> DI T E O F R A S T O 155

ture e ricostruzioni, e rassegnandosi, dove lacune e guasti appaiano irrimediabili, a un


utilizzo sensato delle cruces (rammentandosi magari di Paul Maas, che credeva di tro-
varne sempre troppo poche nelle moderne edizioni dei classici!).
Noi, nel frattempo, abbiamo condotto la traduzione sull'edizione di Eichholz
(1965), accettandone i risultati anche dove nutrivamo fondati motivi di dissenso (unica
eccezione: Ia chiusa di VII, 43, dove la ricostruzione di Eichholz ci e sembrata piO in-
soddisfacente dei guasti dei codici). Anche sotto questo aspetto, dunque, il nostro lavo-
ro va visto come preparatorio e prowisorio.

C RITERI

La traduzione 8 stata condotta direttamente a partire dal testo greco dell'edizione


critica pill recente, dovuta a Eichholz (1965). Essa 8 frutto della collazione di ben tredi-
ci manoscritti (di cui per6 solo tre realmente importanti) e delle diverse edizioni a
stampa, tra cui in particolare quelle curate da Aldo Manuzio (1497), Adriano Turnebo
[Adrien de Turn,be] (1578, postuma), Friedrich Wimmer (1862) e Earle R. Caley e
John Richards (1956).
Dell'edizione di Eichholz abbiamo rispettato la divisione in capoversi e capitoli, an-
che quando essa non trova corrispondenza nelle edizioni precedenti, molte delle quali
ne sono prive, come per esempio l'Aldina (fig. 2), oppure adottano divisioni diverse.
Ne abbiamo rispettato anche le trasposizioni e le integrazioni, anche quando ci sono
parse un po' azzardate.
Nel tradurre, comunque, sono state sempre tenute sotto gli occhi altre traduzioni
moderne: non solo quelle inglesi recenti di Eichholz (1965) e di Caley e Richards
(1956), ma anche alcune di quelle pill antiche, come quella tedesca di Mieleimer
(1922) e quelta latina di Wimmer (1866). Le ultime tre possono presentare discrepanze
rispetto a quella di Eichholz, in quanto sono state condotte sulla base del testo greco
stabilito da Wimmer (1862). Solo pi0 tardi, a traduzione praticamente conc!usa, abbia-
mo potuto prendere visione della traduzione ffancese di Mdy (1902), che "~ anch'essa
sostanzialmente basata sul testo edito da Wimmer (1862).
Un ulteriore aiuto ci ~ venuto dalla traduzione italiana di Antonio Corso, Rosanna
MugeUesi e Gianpiero Rosati dei libri 33-37 delia Naturalis Historia di Plinio il Vecchio
(Corso et al., 1988), dato che in molti punti questo autore ricalca quasi alia lettera il te-
sto di Teofrasto. Inoltre, nella nostra traduzione ci siamo giovati delle identificazioni
delle gemme antiche proposte da Guido Devoto e Albert Molayem (1990), dei marmi e
delle pietre dure da intarsio proposte soprattutto da Raniero Gnoli ([1971] 1988; 1989
in Borghini, 1989) e delle terre da Bruno Accordi (1980). L'aver prestato fiducia a loro
per la traduzione italiana non ci ha sottratto, owiamente, dal gravoso impegno di segui-
re su una serie di testi greci e latini il percorso evolutivo dei termini mineralogici usati
da Teofrasto eil loro mutare di significato nel tempo fino ad arrivare ai nuovi termini di
derivazione germanica proposti da Giorgio Agricola ([1546] 1550, [1556] 1563) e infine
a quelli attuali. Per comprensibili motivi di tempo e di spazio, per& nell'organizzare il
contenuto del Vocabolario Mineralogico Teofrasteo abbiamo preso in considerazione
~, N * t, z 9 .2 s :
? ~v.ea',:, .~ro ~,) m' o~:
, . .&.~) 9 .

2 ~ I 9
ram,t~g,~r ~,,,a. ~'~
'

x ,~ ~ V %" 9 \, \ 9 i

9 #do ~' . :

9NeS| Id3 d ~,O-I.X Yale 0 3 (~

I , l I "~

c - 9 ,p I

I.~
e ~,~,~ ~'ao ,~,2 " a ~ f . ~ 1~ ~v v . _ ~ , w F ~ ' ~ ,o~ , ~ o 9 ,t r /
~, ~
I " I c / 9

\ c ,~ --

,..- ,,, ,, .~ .,, 9 , [


, q
v. , , ~
,,. ~. .
t ., o ~
.~'~'-~-,~ & ~ m ~ no.a~a~ 9 ad, oa ,~ dd,.m~.~ ~ ",9 ~ , o ~

I '~ 9 "" "1 ,~

ONV,LIqOdVN 't"~ - VNV.L,1.0t'./ "v 9~1


IL L I B R O <<SULLE PlETRE>> D I T E O F R A S T O 157

solo autori attivi entro la fine del Cinquecento, senza riferirci se non in casi del tutto
particolari ad autori d'epoca post-galileana (epoca che per la Mineralogia corrisponde
aLla sua rinascita come scienza moderna: cfr. Mottana, 1995), non senza averne esami-
nato il significato antico riferitone da autori a loro pi0 vicini, come Reuss (1798).
L'intera traduzione 8 stata rivista da capo a rondo, frase per frase, dettaglio per det-
taglio, da tutti e due gli autori insieme: essa 8 praticamente il frutto deLl'incontro dialet-
tico tra un grecista inesperto di minerali e un mineralista poco esperto di greco, tutti e
due comunque decisi a spremere il meglio l'uno dall'altro. Per essere adeguatamente
compreso, un testo come questo di Teofrasto, molto tecnico e di un tecnicismo incon-
sueto perfino per gli studiosi di scienza antica, necessita di un simile lavoro in collabora-
zione. 1~ probabilmente proprio per questo che, se pure abbiamo dovuto accettare co-
me testo filologicamente preferibile quello di Eichholz (1965), a parer nostro la tradu-
zione e il commento migliori anche in inglese restano ancora quelli di Caley e Richards
(1956): essi sono infatti il frutto della collaborazione tra un grecista (Richards) e un chi-
mico (Caley), quest'ultimo ovviamente esperto di minerali anche se non specialista.
Inoltre per un breve periodo collaboro con loro anche T. T. Read, esperto minerario.
Per dovere di obiettivit,a, va ricordato che Eichholz fu indotto ad editare Teofrasto da
S. Smith, docente di Paleontologia all'Universitfi di Bristol, e che collaboro con lui per
vari anni; per6 la parte di quest'ultimo non fu piO pubblicata a causa della sua morte
prematura, cosicche solo poche sue note poterono entrare a far parte det testo definiti-
vo (e lo si vede bene nella preponderanza che in questo ha l'aspetto filologico).
Ci siamo fatti scrupolo di consultare quasi tutte le altre edizioni accessibili e le tra-
duzioni da loro derivate anche se sia Eichholz (1965) sia Caley e Richards (195(3) ce le
segnalavano come superate dai loro studi. In parecchi casi, in realt'a, esse ci hanno for-
nito utili spunti, e permesso di rettificare interpretazioni dei suddetti autori che ci sono
apparse imprecise o addirittura errate.

4 Fig. 2. - La pagina 254 dello stesso volume di fig. 1, in quarto, mostrante l'inizio del De lapidibus di Teo-
frasto. I1 testo che precede il titolo ~ un altro trattato scientifico greco (De szgnzs aquarum et ventorum) d'in-
certo autore, ma comunque di scuola teofrastea. I1 volume contiene anche [a vita di Teofrasto, scritta da
Diogene Laerzio, e due altri suoi scritti: i] De igne e il De ventz}.
158 A. MO'IWANA - M. NAPOLITANO

TESTO
SULLE PLE'I~,E

I. 1. Dei materiali che traggono forma all'interno della terra, alcuni sono formati
di acqua e altri di terra. Di acqua sono formati i materiali metallici estratti da miniera,
come argento, oro e cosi via, mentre sono formate di terra le pietre, compresi i tipi me-
no usuali, e tutte le varieta di terra dotate di caratteri peculiari quanto a colore, teviga-
tezza, compattezza e altro. Essendo stati i metalli considerati altrove, qui tratteremo
delle pietre e delle terre.
2. Si pu6 dunque affermare in via generale che pierre e terre sono costituite da una
materia pura e omogenea, che trae origine da processi di precipitazione e di filtrazione,
o ancora, come si 6 detto pi/l sopra, da altri processi di separazione; ~ possibile che si
verifichi ora il primo ora il secondo dei processi, o ancora un altro e diverso. Le pierre
traggono da questa materia proprieth come ta levigatezza, la compattezza, la lucentez-
za, la trasparenza, e altre propriet~ del genere; quanto pi6 pura e omogenea ~ ta mate-
ria di cui pietre e terre sono costituite, tanto pith evidenti si presentano tali proprietY. In
generale, te caratteristiche di pietre e terre dipendono dunque dal grado di purezza al
quale pervengono i materiali a seguito dei processi di composizione o di consolidamen-
to ai quali sono soggetti.
3. Per alcuni materiali il processo di solidificazione awiene per azione del calore,
per altri si verifica invece per azione del freddo; nulla impedisce infatti, a quanto pare,
che alcuni tipi di pietra si formino per azione di entrambi i suddetti agenti, per quanto
le terre sembrino invece originarsi tutte per azione esclusiva del fuoco, dal momento
che i processi di solidificazione e di fusione procedono per vie simmetricamente contra-
rie. Le pierre posseggono un maggior numero di peculiarit/1 rispetto alle terre: queste
ultime differiscono infatti quanto a colore, viscositY, [evigatezza, compattezza e simili,
ma differenze cti altro genere sono rare.
4. Le pietre si differenziano invece, oltre the per le suddette proprietfi, anche
quanto alla capacit'a di agire su altre sostanze, o di reagire e di non reagire con esse. AI-
tune pietre, ad esempio, possono essere fuse, mentre altre no; alcune sono combustibi-
li, altre no, e cosi via, senza contare le differenze tra i diversi processi di combustione.
Alcune pietre posseggono la capacit.a di assimilare al proprio colore l'acqua, ad esempio
lo <<smeraldo>>; altre qudla di pietrificare completamente gli oggetti posti all'interno di
esse; altre quella di attrarre corpi, come la cosiddetta pietra eraclea; altre ancora quetla
di saggiare l'oro e t'argento, come la pietra lidia.
5. La capacitk pi/1 importante e straordinaria tra tutte, ammesso che esista davvero,
quella delle pietre generatrici. Capacit~ pi/1 nora di queste che abbiamo appena ricor-
dato, e caratteristica di un gran numero di pietre, ~ per6 queUa relativa ai diversi possi-
bili modi di lavorazione: alcune pierre, infatti, si prestano a essere incise, altre a essere
tornite, altre ancora a essere segate; alcune pierre non sono in alcun modo lavorabili
con arnesi di ferro, altrc male e a stento. Esistono oltre a queste moire altre differenze
relative alle capacit'a possedute dalle pietre.
IL L I B R O <'(SULLE PIETI/E>> D [ T E O F R A S T O 159

6. Le differenze riguardo a colore, durezza, morbidezza, levigatezza e altre pro-


priet~ del genere, propriet/i che determinano la particolarit~i deUe singole pietre, sono
comuni a pig tipi di pietra e, almeno in alcuni casi, a pietre specifiche di intere localit~i.
Tra queste, famosi i marmi di Paro, del Pentelico, di Chio e di Tebe in Egitto, o l'ala-
bastrite di Tebe (anch'essa tagliata in blocchi di grandi dimensionii), o ancora la cosid-
detta chernite, simile all'avorio; in un sarcofago di chernite si dice sia stato sepolto
Dario.
7. Famoso ~ anche il <<porous, che per colore e compattezza ~ simile al marmo di Pa-
ro e, del calcare vacuolare propriamente detto, possiede soltanto la leggerezza, ragione
per la quale gli Egiziani Io utilizzano per la decorazione dei fregi a cornice degli edifici
di fattura elaborata. In Egitto si trova inoltre una pietra nera trasparente come il mar-
mo di Chio, e molte altre pietre ancora. Le differenze di questo tipo sono dunque, co-
me si ~ detto, comuni a molte pietre, mentre quelle relative alle propriet~l di cui si 8 det-
to sopra non appartengono a pietre caratteristiche di specifiche localit/i, nd a masse
continue di pietra, nd, ancora, a pierre di grandi dimensioni.
8. Alcune di queste pierre, anzi, sono e molto rare e piccole, come io <<smeraldo>>,
la <<sarda~, l'<~antrace>>, lo <<zaffiro~, e praticamente ogni pietra che si presti a essere in-
cisa per sigilli; altre pierre vengono trovate all'interno di altre quando queste uldme
vengono tagliate. Poche sono le pietre che reagiscono al riscaldamento e alla com-
bustione: cominceremo col trattare di queste ultime e delle differenze che le distin-
guono.

II. 9. Per effetto di riscaldamento alcune pietre fondono e scorrono, ad esempio i


minerali metallici. I1 processo di liquefazione coinvolge, insieme all'argento, al rame e
al ferro, anche la pietra che si trova in associazione con essi, tanto a causa dell'umidit~l
dei suoi componenti che per azione degli stessi metalli; allo stesso modo, anche le <<pi-
romache~> e le moli si liquefanno insieme al materiale ammassato sopra di esse dai fuo-
chisti. Alcuni arrivano a sostenere che l'unica pietra che non fonde ~ il calcare, e che es-
so brucia invece completamente dando origine a calce viva.
10. Un'affermazione del genere sembra pero del tutto esagerata: molte sono infatti
le pietre che si. spezzano e scoppiano, opponendo una resistenza all'esposizione al fuoco
come neanche la terracotta. Questo non stupisce nel caso di pietre che abbiano perso la
loro umidit/i originaria, dal momento che, per fondere, un materiale deve essere umido
e contenere un'alta percentuale di liquido.
11. Si dice anche che, delle pietre esposte al sole, alcune si seccano comptetamen-
re, tanto da diventare inutilizzabili a meno che non vengano nuovamente inzuppate e
inumidite, mentre altre diventano pi~l morbide e friabili. ]~ evidente perattro che, se da
un lato [il sole] fa evaporate in entrambi i casi l'umidit~t delle pierre, dall'altro le pietre
compatte si seccano e induriscono, mentre quelle porose diventano friabili e
fragili.
12. Per combustione, alcune delle pietre friab~i, come quelle trasportate dal flume
e estratte nelle miniere di Bine, si carbonizzano e durano a lungo in questo stato; bru-
ciano, infatti, quando si aggiungano ad esse carboni, e continuano a bruciare per tutto il
160 A. MO"UFANA - M. NAPOLITANO

tempo in cui uno ci soffi sopra, dopodiche si spengono per poi tornare a bruciare, il
che spiega la lunga durata del loro utilizzo. I1 loro odore ~ molto pesante e sgra-
devole.
13. Dalle stesse miniere si estraeva la pietra detta <<spino>~, che sotto i raggi del sole,
se tagliata e ammucchiata, brucia, soprattutto se qualcuno la abbia preventivamente an-
naffiata e inumidita da ogni lato.
14. La pietra di Lipari, che prima di essere bruciata ~ nera, liscia e compatta, per
combustione cambia colore e compattezza diventando porosa e simile per aspetto alia
pomice. Questa pietra non si presenta in masse continue, e si trova invece dispersa qua
e l'a all'interno della pomice, come in un piccolo contenitore, allo stesso modo che a
Melo, dove (si dice) la pomice ~ contenuta in altre pierre; si pu6 dire cosi che la pietra
di Lipari e quella di Melo si corrispondano inversamente in un rapporto di simmetrica
opposizione, per quanto si tratti di pietre di natura diversa.
15. Diventa porosa [per combustione] anche la pietra di Tetrade, localit~ situata in
Sicilia davanti a Lipari. Invece, la pietra che si trova in abbondanza al capo detto Eri-
neo, bruciando, sviluppa odore di asfalto, allo stesso modo delle pietre di Bine; il pro-
dotto della combustione ~ simile a terra bruciata.
16. Le pierre cavate chiamate senz'altro <<carboni>~, a causa dell'uso che se n e f a ,
sono in realt'a di natura terrosa, anche se si accendono e bruciano come i carboni di te-
gna. Queste pietre, utilizzate anche dai fabbri, si trovano in Liguria, dove si trova anche
l'ambra, e hell'Elide, sulla strada che, tra le montagne, porta a Olimpia.
17. Nelle miniere di Skapt~ H.Ote fu rinvenuta un tempo una pietra simile nell'a-
spetto a legno marcio: se ci si versava sopra olio, bruciava, e quando l'olio era bruciato
tutto, smetteva di bruciare anche la pietra, come fosse insensibile alI'azione del fuoco.
Queste sono all'incirca le differenze tra le diverse pietre che bruciano.

III. 18. Esiste un genere di pietra di natura contraria, del tutto incombustibile, de-
nominato <<carbone~>, utilizzato tra l'altro per incidervi sigilli, di colore rosso, e talc da
acquisire, posto contro sole, il colore del carbone infuocato. E un genere, si puo ben di-
re, di straordinario valore: gi'a un pezzo molto piccolo vale quaranta stateri d'oro. Pro-
viene da Cartagine e da Marsiglia.
19. Non brucia neppure ta pietra di Mileto, che ~ angolosa, e presenta anche facce
esagonali; chiamano <<carbone>~ anche questa pietra. Quel che ~ anche straordinario,
per la pietra di Mileto come per il <<diamante~, che ad essa ~ in qualche modo simile, ~ il
fatto che entrambe non sembrano essere incombustibili per mancanza di umidit.a, come
invece il caso per la pomice e per la cenere; queste, infatti, sono inattaccate dal calore
e incombustibili per aver perso la toro umidita; alcuni ritengono per6 che la pomice si
origini comunque da un processo di completa combustione, fatta eccezione per la po-
mice che si forma dalla schiuma del mare.
20. Coloro che sostengono tale ipotesi trovano conferma empirica ad essa
dalle pomici che si rinvengono nei pressi dei crateri vLtlcanici, e dall'osservazione
di quel tipo particotare di pietra porosa che, bruciando, diventa pomice. Altra
IL L I B R O <<SULLE PIETRE>> D I T E O F R A S T O 161

testimonianza sembra offerta dai luoghi dove la pomice si forma, luoghi che sono
appunto in prevalenza vulcanici.
21. D'altronde, alcuni tipi di pomice si originano in un modo, altri in un altro, e
molti sono i diversi processi di formazione. La pomice di Nisiro, ad esempio, sembra
essere costituita come da un qualche tipo di sabbia; la prova di ci6 risiederebbe nel fat-
to che alcune delle pietre trovate si sgretolano in mano mutandosi come in sabbia per
essere ancora non perfettamente formate e consolidate. Molte di tali pierre vengono
rinvenute, una volta raschiato il terreno in superficie, in piccoli pezzi uniti in aggregati
grandi quanto un pugno o poco piO; anche la sabbia che le costituisce ~ molto leggera.
La pomice di Melo ~ invece tutta pesante, e si forma, come si ~ gi~t detto sopra, all'in-
terno di un'altra pietra.
22. Le pomici differiscono per colore, compattezza e peso; per quanto riguarda il
colore, nera ~, ad esempio, la pomice lavica siciliana, che ~ simile per compattezza e pe-
so a una mola. Esiste infatti anche una pomice di questo tipo, pesante, compatta, e di
valore di gran Iunga pi,5 alto rispetto alle altre qualitY, di pomice quanto a possibilit~ di
utilizzazione. La pomice lavica ~ inoltre pi/a detergente di quelia leggera e bianca; la pi,~
detergente in assoluto ~ quella marina. Questo basti quanto alla pomice. Per quanto ri-
guarda te cause del comportamento delle pietre combustibili e incombustibili, partendo
dalle quali siamo giunti a parlare, per via di digressione, delle pomici, esse saranno ar-
gomento di una trattazione a parte.

IV. 23. Esistono poi altre pietre inusuali che vengono utilizzate per incidervi sigilli,
alcune diverse tra loro soltanto alia vista, come la <<sarda>>, ii <<diaspro>> e Io <<zaffiro~,
che si presenta come cosparso d'oro. Lo <<smeraldo>~ possiede alcune capacit~ specifi-
che, tra le quali, come si ~ gi'a detto, queila di trasmettere il proprio colore all'acqua;
uno <<smeraldo>> di dimensioni medie trasmette it proprio colore a una piccola quantitY1
di acqua, gli <<smeraldi>> pitt grossi a tutto il volume di acqua, i pit~l piccoli soltanto all'ac-
qua immediatamente circostante.
24. Trattandosi di pietra buona per gli occhi, i sigilli di <<smeraldo>~ vengono portati
per vedere bene; 1o <<smeraldo>~ ~ pietra tara e di dimensioni non grandi, a meno che
non si debba prestar fede alle registrazioni relative ai re d'Egitto, ove si trova the ad es-
si fu portato in dono un giorno dal re di Babilonia, tra altri regali, uno <<smeraldo~ tungo
quattro cubiti e largo tre. Vi si trova scritto inoltre che nel tempio di Zeus ci sono quat-
tro obelischi di <<smeraldo>~ alti quaranta cubiti e larghi quattro alla base e due in punta.
Questo ~ dunque quanto si trova riferito nelle suddette registrazioni.
25. L'esemplare piCl grande delle pietre dette da molti laconiche si trova invece a
Tiro. Nel tempio di Eracle, se ne conserva una stele di notevoli dimensioni; questo pe-
r6 a meno che non si tratti di un esemplare di <<smeraldo~> finto, una qualit~i di pietra la
cui esistenza ~ pure attestata. Lo <<smeraldo>> si trova soprattutto in due luoghi ben ac-
cessibili e noti, a Cipro, nelle miniere di tame, e neil'isola antistante a Calcedonia. Qui
il rinvenimento ha caratteristiche particolari: la pietra ~ estratta dalle miniere allo stesso
modo che gli altri minerali, mentre a Cipro si estende da sola in numerose vene.
26. Pochi sono gli <<smeraldi>> che abbiano la grandezza di un sigillo: per la m a g g o t
162 A. MORTANA - M. NAPOLITANO

parte sono pif~ piccoli, e vengono per questo utilizzati per la saldatura in lega dell'oro,
dal momento che lo ~<smeraldo~ salda altrettanto bene quanto la ~<crisocolla>>. Alcuni
pensano anzi che <<smeraldo~ e <<crisocolla~ posseggano la stessa natura, e in effetti
quanto a colore si assomigliano molto. La <<crisocolla~ si trova per6 in abbondanza nelle
miniere d'oro, e ancor pith in quelle di rame, come avviene, ad esempio, proprio nei
luoghi suddetti.
27. Della rarit/a dello <<smeraldo>~ si ~ gik detto: si pensa infatti che possa provenire
dal <<diaspro~. In effetti, si dice che a Cipro sia stata un giorno trovata una pietra forma-
ta per met~ di <<smeraldo~ e per l'altra met/t di <~diaspro~, come se non avesse ancora
avuto il tempo di trasformarsi partendo dall'acqua. Esiste inoltre un particolare tipo di
lavorazione che serve a rendere to (<smeraldo~ brillante; da grezzo, infatti, esso ~ non
brillante.

V. 28. C'~ un'altra pietra, il <dingurio>~, dura quanto nessun'altra, che ~ utilizzata
per incidere sigilli, e possiede una propriet~ particolare, quella di attrarre corpi, come
l'ambra, e non soltanto, come dicono alcuni, fuscelli e foglie, ma anche, come diceva
Diode, pezzi di rame e di ferro, purch6 piccoli. 1~ pietra molto trasparente e fredda. Di
migliore qualit~ sono i linguri che derivano dalle secrezioni di animali selvatici e maschi
rispetto a quelli che provengono da animali domestici e femmine, il che dipende dalle
differenze nella dieta, dal diverso tipo di affaticamento, e, in generale, dalla diversa co-
stituzione fisica, pith secca [per i maschi selvatici], pith umida [per le femmine domesti-
che]. Per scavare lingurio /e necessaria l'opera di esperti: l'animale, infatti, quando
spande urina, la nasconde sotto terra raspando il suolo. Anche per il lingurio esistono,
infine, molti tipi diversi di tavorazione.
29. Dato che anche l'ambra 6 una pietra (l'ambra, infatti, in Liguria si scava dalla
terra), anch'essa possiede la facolt;a di attrarre. Questo avviene soprattutto, e nel modo
pith evidente, con la pietra che attira il ferro. Anche questa pietra e tara e difficile da
trovare; anch'essa merita per6 evidentemente di essere annoverata tra quelte che pos-
seggono facolt/~ attrattive.
30. Molte altre sono le pierre utilizzate per sigilli, ad esempio il <<topazio~, che
trasparente e rif]ette le immagini, l'<<antracio>>, l'<<onface)), e ancora il cristallo di rocca e
t'ametista, entrambi trasparenti; questi ultimi si trovano, come la <<sarda>~, spaccando
certe rocce. Ve ne sono poi altre ancora che, come si ~ gi'a detto sopra, pur diverse tra
loro, condividono io stesso nome. La <<sarda>> trasparente di colore rosso ~ detta fem-
mina, quella trasparente di colore pit) scuro ~ detta invece maschio.
31. Cosi anche i ~din~marb>: il tipo femmina ~ il piia trasparente e fulvo; anche per il
r esistono una varieth maschio e una femmina. L'onice si presenta a strati alterni
bianchi e grigi, mentre l'ametista ~ vinata scura. Pietra bella e commerciata a caro prez-
zo h l'agata, che proviene dal flume Acate, in Sicilia.
32. Nelle miniere d'oro di Lampsaco venne trovata un giorno una pietra straordi-
naria, che, proprio per le sue non comuni caratteristiche, fu portata nell'entroterra, a
Astira (?), ove fu incisa a sigillo, e poi inviata in dono al re.
[L L I B R O <<SULLE PIETRE>> D [ T E O F R A S T O 163

VI. 33. Le pietre delle quali abbiamo parlato finora uniscono at]a bel]ezza il fatto
di essere rare. Quelle che provengono dalla Grecia, ad esempio l'<<antracio>> di Orco-
meno in Arcadia, sono al contrario pietre di poco valore. L'<<antracio>~ di O r c o m e n o
piO scuro di quello di Chio; da esso si fanno specchi; quello di Trezene 8 variegato, e
unisce ai rossi scuri i bianchi. Variegato ~ anche quello corinzio, che presenta gli stessi
colori di queUo di Trezene, salvo che il bianco ha sfumature verdastre.
34. In generale, esistono molte pierre di caratteristiche simili a queste, ma quelle
dotate di caratteri realmente degni di nota sono rare, e provengono da pochi luoghi, per
esempio, da Cartagine, dai dintorni di Marsiglia, da11'Egitto, alle cateratte e a Siene,
presso la citt~ di Elefantina, e dalla regione di Psefo.
35. A Cipro si trovano <<smeraldo~ e <<diaspro~. Le pietre che si utitizzano per gli
intarsi provengono invece dalla Battriana, dalla zona del deserto. Esse sono raccolte,
nella stagione dei venti etesii, da spedizioni di cercatori a cavallo; allora la sabbia,
spostata dai forti venti, le scopre e le rende visibili: sono pietre particolarmente
piccole.
36. Tra le pietre di valore 6 anche la cosiddetta perla, che 6 trasparente per natura e
viene utilizzata per costose collane. Originaria dell'India e di alcune isole del Mar Eri-
treo, si forma all'interno di un'ostrica simile ai molluschi detti pinne (ma piC~ piccola: le
sue dimensioni corrispondono a queiIe di un occhio grande di pesce).
37. Queste di cui abbiamo trattato finora sono all'incirca le pietre dotate di caratte-
ristiche particolari; ve ne sono per6 anche altre, come l'avorio fossile, screziato di nero
e di bianco, e la pietra che c,hiamano <<zaffiro~, che ~ scura non troppo diversamcnte dal
<<ciano>~ maschio. C'6 poi anche la <<prasite~, che 8 pietra di colore verdastro. Compatta
e opaca e anche l'<<ematite>~, densa e opaca, che, in accordo con il nome che porta, sem-
bra fatta di sangue rappreso. Altra pietra ancora 6 quella denominata <,xanthe)), che pe-
r6 non ~ gialla, ma di colore biancastro (colore per il quale i Dori uttlizzano l'aggettivo
xanthos).
38. II corallo (anch'esso infatti 8 simile a una pietra) 8 di colore rosso, ~ ricurvo co-
me una radice, e cresce in mare. Di natura in qualche modo simile ~ la canna indiana
pietrificata, ma questo richiede una trattazione a parte.

VII. 39. Molte sono anche le variet/1 di pietra estratte dalle miniere. Alcune di esse
hanno insieme oro e argento, ma solo t'argento ~ visibile; si tratta di pietre di peso note-
vole e di odore forte. V'~ ad esempio il <<ciano>~ naturate, che ha in se <<crisocolla>>. C'6
anche un'altra pietra che 8 simile per colore agli <<antraci>~, ed ~ pesante.
40. Molte sono le specificit,a di tali pietre.
41. Alcune di esse posseggono anche le sopra descritte capacit'a di non reagire, co-
me quella di non poter essere incise da arnesi di ferro, ma da altre pietre. In generale,
le differenze relative ai modi di lavorazione sono proprie in larga misura anche delle
pierre di grandi dimensioni. C o m e si 6 detto, alcune pierre si prestano a essere segate,
altre a essere incise, altre ancora a essere tornite, come la qui presente <<steatito~ la cui
propriet~ caratteristica si offre alla vista e la cui somiglianza con l'argento, per quanto in
realt~ non abbia nulla a che fare con esso, 6 da taluni rilevata con stupore.
164 A. MOTTANA - M. NAPOLITANO

42. Vi sono poi molte pietre che si prestano a tutti i modi di lavorazione; ad esem-
pio, quella variet~t di pietra di Sifno che ~ scavata a circa tre stadi dal mare ed ~ sferica e
zollosa, e puo essere, per la sua morbidezza, lavorata al tornio e incisa. Quando per6 si
immerge in olio e le si d~l fuoco, si scurisce e diventa dura. I~ utilizzata per la manifattu-
ra di suppellettili da tavola.
43. Tutte le pietre di questo tipo ammettono l'azione del ferro; ve ne sono per6 al-
cune che, come s'~ detto, possono essere incise da altre pietre, ma non da arnesi di fer-
to; altre ancora possono essere incise da arnesi di ferro, ma solo se smussati. Vi sono
poi altre differenze specifiche: [....]
44. Singolare appare anche il fatto che la cote da un lato corrode il ferro, dall'altro
che il ferro, da parte sua, pu6 fendere in forme proporzionate e regolari la cote, ma non
pu6 fare altrettanto con le pierre da cui si fanno sigilli; inoltre, la pietra con la quale si
incidono i sigitli e le coti sono di sostanza identica, o almeno molto simili tra loro. La
migliore qualit~ di cote proviene dall'Armenia.
45. Notevole ~ anche la natura della pietra che saggia l'oro, natura che, a quanto
sembra, tale pietra condivide con il fuoco, il che ha spinto taluni a dubitare della cosa,
per quanto non troppo a proposito. In realtit, la pietra di paragone e il fuoco non saggia-
no l'oro allo stesso modo: il fuoco ne cambia e ne attera it colore, la pietra saggia per
sfregamento; essa, infatti, sembra possedere la facolta di estrarre la natura di ciascun
provino.
46. Si dice inoltre che sia stata adesso rinvenuta una pietra di qualitil assai migtiore
rispetto alle precedenti, e tale che non soltanto riconosce l'oro raffinato, ma anche I'oro
e.l'argento in lega con tame, e quanto oro ~ contenuto in ogni statere di lega. La prova
si fa a partite dalla strisciata cot tenore pi/~ basso; tale strisciata corrisponde a un quarto
di obolo o a un mezzo obolo. Per mezzo di queste unitil di misura si riesce a individuare
la quantit'a di oro contenuta nel provino.
47. Luogo di ritrovamento di tutte queste pierre ~ il fiume Tmolo. La loro natura ge
levigata e l'aspetto ~ simile a un ciottolo, piatto e non rotondo; per grandezza, e di di-
mensioni all'incirca doppie rispetto a quelle del ciottolo pi/1 grande. Per quanto at~iene
alla propriet~i di saggiare i metalli, la parte superiore della pietra, chc ~ esposta al sole,
differisce da quella inferiore, e quella superiore saggia meglio. Questo avwiene perch4.
la parte superiore ~ pi/~ secca: l'umidit~t, infatti, ostacola l'operazione di prova. I1 saggio
peraltro meno efficace anche in condizioni di forte calore: la pietra, infatti, essuda un
liquido chela rende scivolosa. Questo fenomeno si verifica anche con altre pietre, e tra
queste con quelle con le quali si fanno le statue, il che viene interpretato come prova
del fatto che sono le statue a sudare.

VIII. 48. Le differenti caratteristiche e propriet~l delle pietre risiedono dunque


in sostanza in quanto abbiamo detto finora. Quelle della terra sono meno numerose,
ma pi/~ peculiari. Anche la terra ~ interessata da processi di fusione e di am-
morbidimento e nuovo indurimento. La terra, infatti, fonde insieme ai metalli
fusi e agli attri materiali con cui ~ in associazione, come fa anche la pietra;
quando la terra viene ammorbidita, se ne fabbricano pietre, quali ad esempio
IL L I B R O <<SULLE PIETP.E:~> D I T E O F R A S T O 165

]e pietre variegate e tutte te altre pietre artificiali; tutte queste pierre sono fatte
per ammorbidimento e cottura al fuoco.
49. Inoltre, se il vetro, come dicono alcuni, viene dalla terra vetrosa, anch'essa si
ottiene per esposizione al fuoco. Una qualit~ di terra del tutto particolare ~ quella me-
scolata al rame: essa, oltre a andare soggetta a fusione e a mescolamento, possiede l'i-
nusuale capacitor di intensificare la bellezza del colore. In Cilicia c'e una qualit~ di terra
che, cotta, diventa viscosa; essa ~ utilizzata al posto del vischio per ungere le viti contro
i vermi.
50. Sarebbe qui il caso di considerare anche le qualit~ che danno luogo al processo
di pietrificazione; anche quelle che rendono diversi tra loro i sapori propri dei diversi ti-
pi di terre sono di natura particolare, come accade anche per le piante. Sar~ meglio pe-
r6 enumerare le qualit~t relative ai colori, quei colori dei quali fanno uso anche i pittori.
(40.) In generale, tall tipi di terra si trovano nella quantit~ massima, e con le caratteristi-
che pifi peculiari, helle miniere. Alcuni di essi sono di natura terrosa, come le ocre gialla
e rossa, altri di natura sabbiosa, come la <<crisocolla>> e il <<ciano)~, altri ancora sono co-
stituiti da polvere, come il realgar, l'orpimento, e simili. Come si ~ detto all'inizio, la
formazione di questi tipi di terra avviene attraverso processi di precipitazione e di filtra-
zione. Alcuni appaiono aver subito esposizione al fuoco e combustione completa, come
il realgar, l'erpimento, e gli altri tipi simili. In generale, per6, tutti questi tipi sono pro-
dotto di esalazione secca e fumosa.
51. Luogo di rinvenimento sono, per tutti questi tipi, le miniere di argento e di oro,
per alcuni anche quelle di tame, come ad esempio per orpimento, realgar, <<crisocolla)~,
ocra rossa, ocra gialta, <<ciano>); quest'ultimo 8 il meno abbondante, e quello che si tro-
va in quantit~ piO piccole. Quanto agli altri tipi, di alcuni esistono vene. mentre l'ocra
gialla, a quanto si dice, si trova in masse compatte. L'ocra rossa si trova in molte diverse
sfumature di colore, al punto che i pittori la utilizzano per il colore carnacino: l'ocra
gialla viene utilizzata al posto dell'orpimento in quanto non differisce in nulla da esso
per colore, pur dandone l'impressione.
52. In alcuni luoghi, ad esempio in Cappadocia, ocra rossa e ocra gialla vengono
estratte in grande quantit~ nelle medesime miniere. Per i minatori c'~ per6, a quanto si
dice, un grave problema, il rischio di soffocamento; tale soffocamento si verifica rapida-
mente e in poco tempo. Tra le diverse qualit~a di ocra rossa, la migliore appare essere
quella di Ceo; ne esistono perattro molte altre. Un tipo di ocra rossa ~ estratto in minie-
ra, dal m o m e n t o che si trova ocra rossa anche nelle miniere di ferro. (53.) Nella Minie-
ra Piccola l'ocra rossa 8 estratta da sola. (52.) Cosi 8 anche per l'ocra rossa di Lemno e
per quella che chiamano di Sinope, che ~ in realt'a ocra rossa di Cappadocia trasportata
a Sinope.
53. Esistono tre diverse qualit~ di ocra rossa, una di colore rosso scuro, un'altra
biancastra, la terza di un colore intermedio; quest'ultima qualit~ ~ detta autonoma per-
che, contrariamente alle altre due, non viene mischiata. Un'altra e peggiore qualit~ di
ocra rossa ~ quella che trae origine dalla combustione completa dell'ocra gialla. La sco-
perta risale a Cidia, it quale, essendosi incendiato un magazzino di merci, si accorse, a
quanto si dice, che l'ocra semicombusta era diventata di colore rosso porpora.
166 A. MOTI'ANA - M. NAPOLITANO

54. t~ uso mettere in fornaci orci nuovi dopo averli spalmati di creta; a mano a ma-
no che si arroventano, essi la cuociono, e quanto pih restano esposti al fuoco, tanto pit?
la rendono nera e simile al carbone. Lo stesso processo naturale di formazione di que-
ste terre attesta la verit/~ di quanto si ~ detto. A quanto sembra, infatti, ~ il fuoco a pro-
vocare tutte queste trasformazioni, se il processo artificiale di formazione deve essere
uguale o simile a quello naturale.
55. C o m e esistono un'ocra rossa naturale e una artificiale, cosL accanto a un tipo
naturale di ~ciano>~, ne esiste un altro, come quello egiziano, che 8 artificiale. Tre sono i
tipi di ~(ciano~>: quello egiziano, quello scitico e, terzo, quello cipriota; il ~ciano~ egizia-
no a il migliore per la preparazione dei colori in polvere non di]uiti, quello scitico 8 il
pi/1 adatto per quelli da preparare con acqua. I1 ~ciano>~ egiziano ~ artificiale. Gli scribi
delle registrazioni dei re egiziani indicano tra l'altro chi fu il primo re a preparare, imi-
tando il ~cianm> naturale, lo smalto blu, e ci dicono anche che il ~cianm>, tanto quello
naturale e non trattato al fuoco quanto quello artificiale e trattato, era inviato in dono
da mold luoghi diversi, e dalla Fenicia arrivava in Egitto come tributo. I fabbricanti di
colori affermano poi che dal ~ciano>~ scitico ~ possibile ricavare quattro diverse tinte, la
prima delle qua[i, fatta con particelle picco[issime, h la pith chiara, mentre la seconda,
fatta di particelle grandissime, ~ la pith scura.
56. Artificialmente si prepara allo stesso m o d o anche la biacca. Un pezzo di piom-
bo grande quanto un mattone viene posto in orci al di sopra di aceto; quando il piombo
acquista spessore, il che si verifica in circa dieci giorni, si aprono gli orci e si raschia dat
piombo come una sorta di muffa, indi lo si rideposita negli orci, e questo pith volte fino
al suo completo esaurimento. I1 materiale raschiato viene pestato in un mortaio e filtra-
to pith vo!te; quanto rimane alla fine di rate processo 6 appunto la biacca.
57. II verderame si prepara pith o meno allo stesso modo: si pone un pezzo di rame
rosso su un rondo di feccia di vino e, una volta formatosi, il verderame viene raschiato
via dalla sua superficie.
58. Anche del cinabro esistono un tipo naturale e uno artificiale. Naturali sono il ci-
nabro del]'Iberia, molto duro e litoide, e quello della Colchide, che, a quanto si dice, si
trova in scarpate montane, e viene tirato giO a frecciate. It tipo artificiale proviene inve-
ce datla regione dei Cilbiani, situata poco sopra Efeso, e da questo solo luogo. Ivi esiste
e si raccoglie una sabbia che brilla come te galle scarlatte delle querce; questa sabbia/:
polverizzata in vasi di pietra, poi lavata per decantazione in vasi di rame. Quanto resta
nuovamente sottoposto a macinazione e a lavaggio, nella qual cosa sta l'abilita dell'ope-
ratore: da una medesima quantit~ di polvere, infatti, alcuni ricavano molto prodotto, al-
tri poco, altri ancora nulla. I1 liquido supernatante ~ usato in particolare per g[i impiastri
cosmetici; il prodotto depositato inferiomente ~ cinabro, mentre la maggior parte, flot-
tante in alto, 8 acqua di lavaggio.
59. Si dice che tale processo di preparazione sia stato scoperto e diffuso
da un certo Callia ateniese, uno di quelli delle miniere d'argento [del Laurio],
il quale, credendo che la sabbia, per il suo luccicare, contenesse oro, la raccolse
e la studi6. Quando si accorse che cosi non era, continuo ciononostante ad ammirarne
la bellezza del colore, e elabor6 cosi la preparazione di cui si ~ detto. N o n
It L I B R O <<SULLE PIETRE>) D I T E O F R A S T O 167

cosa antica, ma risale a circa novant'anni prima dell'arcontato di Prassibulo


ad Atene.
60. Da questo appare con chiarezza che l'arte imita la natura, pur producendo so-
stanze sue proprie; tra queste, alcune sono prodotte a motivo della loro utilit/t, altre,
come gli impiastri cosmetici, soltanto per la loro apparenza, altre ancora per entrambi i
motivi, come l'argento vivo, dotato anch'esso di una sua specifica utilit/t. Lo si produce
pestando cinabro con un pestello di rame insieme ad aceto in un mortaio di rame. Si
potrebbero probabilmente trovare molti esempi del genere.

IX. 61. Tra le terre estrattive restano quelle che vengono estratte in cava, la genesi
delle quali procede, come si ~ detto al principio, da processi di precipitazione e di sepa-
razione pi/~ puri e pi/1 omogenei degli altri. Queste terre, a causa della diversit~ dei ma-
teriali componenti, assumono colori di ogni specie; ammorbidendone alcune, e maci-
nandone e fondendone altre, si compongono le pietre di provenienza asiatica qui
esposte.
62. Le terre naturali che, oltre a possedere caratteristiche musuali, servono a fini
pratici, sono all'incirca tre o quattro, la terra melia, quella cimolia, quella samia, e,
quarta, quella tinfaica, o gesso da presa. I pittori utilizzano esclusivamente la terra me-
lia, e non quella samia, che, per quanto bella d'aspetto, e grassa, compatta e liscia; una
moderata ruvidezza, e l'assenza di grassi, qualit~ chela terra melia possiede insieme alla
friabilitfi, si confanno infatti particolarmente alla pittura.
63. A Melo e a Samo la terra presenta inoltre molte differenze. Nelle miniere di
Samo i minatori non possono stare in piedi, ma devono per forza giacere supini o
sdraiati su un fianco. La vena si estende per un lungo tratto, 8 alta due piedi e molto piu
profonda; da entrambi i lati ~ chiusa da rocce dalle quali la terra viene tirata fuori. La
vena ha nel mezzo una venatura, di qualit/i superiore rispetto alle parti esterne, e ancora
una seconda, uguale alia prima, una terza, e infine una quarta. L'ultima, detta <<stella>>,
la migliore. Questa terra 6 usata soprattutto, se non esclusivamente, per gli
abiti.
64. Per gli abiti ~ utilizzata anche la terra tinfaica, che i Tessali e gli abitanti delle
regioni limitrofe chiamano <<gesso>>. ! giacimenti di gesso pill abbondanti e pill evidenti
si trovano a Cipro, ove agli scavatori basta rimuovere un sottile strato di terra. In Feni-
cia e in Siria fanno [1 gesso bruciando le pietre; ancora, a Turii vi sono abbondanti giaci-
menti di gesso. In terzo luogo va ricordato il gesso della regione det Tinfa, quello della
Perrebia, e di altre localit~ ancora.
65. La natura dei gessi ~ particolare: il gesso, infatti, 8 piuttosto litoide che terroso;
la pietra ~ simile all'alabastrite, ma, essendo in piccole masse, non si fa tagliare in pezzi
di grandi dimensioni. La adesivitfi e il calore del gesso quando viene bagnato sono
straordinari. Nelle costruzioni, e negli altri casi nei quali si voglia incollare qualcosa di
simile, lo si utilizza versandolo intorno.
66. 1] gesso viene rotto e bagnato con acqua, indi 1o si rimescota con legni, essendo
impossibile, per il calore, rimescolarlo con le mani. Lo si bagna immediatamente prima
dell'uso; se si anticipa l'operazione anche di poco, infatti, esso si rapprende velocemen-
168 A. MOTFANA - M. Ne'd~OLITANO

te, e non pu6 pi/1 essere staccato. Straordinaria ~ anche la sua forza: quando le pietre
si rompono e si fendono, il gesso non lascia in alcun modo la sua presa, e spesso, anzi,
atcune patti di un edificio crollano e vengono rimosse, mentre quelle in alto, tenute in-
sieme dalla forza incollante del gesso, rimangono in piedi sospese.
67. Anche rimosso, il gesso pu6 essere cotto piu volte e riutilizzato. A Cipro e in
Fenicia esso ~ utilizzato prevalentemente nei modi che si sono descritti, mentre in Italia
lo si usa anche per il trattamento del vino; i pittori lo utilizzano per alcune cose relative
alia loro arte, e i follatori ne cospargono gli abiti. Per adesivit/~ e tevigatezza, il gesso
sembra superare di gran lunga gli altri materiali anche per prendere te impronte [dei si-
gi~i], per le quali esso 8 particolarmente utilizzato, soprattutto in Grecia.
68. La forza del gesso risiede dunque in questo; la sua natura, invece, sembra avere
in qualche m o d o in sd le propriet~ delia calce viva e quelle della terra, calore e adesivith,
e cntrambe in misura maggiore. I1 gesso, infatti, ~ pi/1 caldo della calce viva e di gran
lunga pi/1 adesivo della terra. I1 fatto che contiene fuoco ~ provato dall'episodio se-
guente: una nave che trasportava vestiario, avendo gli abiti preso fuoco dopo essere sta-
ti bagnati, bruci6 anch'essa insieme al carico.
69. In Fenicia e in Siria il gesso ge prodotto per combustione in fornaci. Per que-
sto, si brucia soprattutto calcare, e del pi/~ duro, aggiungendovi sterco bovino per acce-
lerare e rendere completa la combustione. Una volta che gli si sia dato fuoco, lo sterco
sembra infatti essere caldissimo, e rimane tale per lunghissimo tempo. Quando il mate-
riale ~ stato cotto, viene frantumato come la calce viva. Da questo risulta con chiarezza
c h e l a formazione del gesso deriva in generale dal fuoco.
IL LIBF, O <<SULLE PIETRE>> D1 "VEOFRASTO 169

C O M M E Nq,'O

N o n si pu6 capire il testo di Teofrasto se non si f a u n passo indietro e non si parte


dalla teoria sulla costituzione dei corpi sviluppata dai suoi maestri Platone e
Aristotele (6).
I1 primo dei due affronta il problema in modo succinto e non sistematico nel Timeo,
un dialogo che si ritiene egli abbia scritto durante l'ultimo periodo della sua lunga vita
(428-347 a. C.) e che ~ l'unico dei suoi scritti che abbia mai riguardato la Fisica: cos}. al-
meno afferma Diogene Laerzio (Vit. Phil. III, 50) che ne discute ampiamente.
Partendo dal presupposto empedocleo che tutti i corpi siano costituiti da quattro
elementi fondamentali - fuoco, terra, acqua e aria - connessi tra loro in m o d o diverso
da chiodi invisibili per la loro piccotezza (Tim. 42a), e combinando questi coi tre princi-
pi primordiali - essere, spazio e generazione (Tim. 52d) - in m o d o da ottenere un nu-
mero infinito di miscele diverse (Tim. 57d), Platone avanza nel suo ragionamento fino a
distinguere due tipi di acqua - una liquida e l'altra fusibile - e a questo punto
afferma:

<<Ora, di tutte queste, che abbiamo chiamate acque fusibili, quella ch'~ formata dal-
le parti pi~5 tenui e pith eguali, ed ~: percio la pith densa, specie uniforme, che riveste ;I
colore lucente e giallo, e ricchezza preziosissima, O l'oro che s'indurisce, filtrato at-
traverso la pietra: e i l nodo dell'oro, diventato durissimo e di color nero per la sua
densit'a, fu detto adamante. Quello poi che per la composizione dclle patti s'accosta
all'oro, ma ha pith d'una specie, e quanto a densit:2~ e piit dcnso dell'oro, e contiene
una particella piccola e tcnue di terra, in modo da essere piu duro dcll'oro, ma per
avere dentro di sd grandi intervalli /: pith Icggero, questo genere d'acque luccnti e
condensate, quand'~ compatto, forma il rame. E la parte di terra mescolata con es-
so, quando i due corpi invecchiati si separano di nuovo tra loro, divenuta manifesta
per se, si dice ruggine~ (77m. 59b-c: trad. Giarratano, in Zadro et al., 1990, vol. 6,
p. 408s.).

Di tutto questo paragrafo Diogene Laerzio commenta un solo punto (Vit. Phil. III,
108): che secondo Platone l'oro ~ un oggetto composto (7), al pari dell'acqua e degli

(~') Della stcssa opinione ~ Eichholz (1965), tanto 6 vero the non solo dedica al problema un ampio
spazio nell'introduzione (pp. 15-38), ma inserisce come appendice a questa (pp. 38-47) la completa ristam-
pa di un suo precedente articolo (1949) in cui aveva discusso la teoria di Aristotele sulla formazione dei me-
talli e dei minerali e tradotto Iarghi brani tratti dai Meteorological, effettuandone un rigoroso commento. Le
considerazioni pi~ attente alle cognizioni e alle teorie fisiche di Teofrasto, nonchd ai suoi rapporti con quel-
le di Aristotele, sono c o m u n q u e quelle di Steinmetz (1964), che Eichholz trascura anche in suo articoIo suc-
cessivo, sull'identificazione dei minerali in Teofrasto (Eichholz, 1967).
(7) Ii concerto doveva essere veramente radicato in Platone, poich~ anche altrove (Polit. 303d-e) egli
afferma: <~Taii artefici [scil. i purificatori dell'oro] prima di tutto in qualche m o d o separano la terra, le pie-
t r e e moire altre cose diverse; dopo aver fatto ci6 restano ancora mescolate le sostanze preziose congeneri
all'oro, che si possono togliere solo col fuoco, tame e argento, e qualche volta pure acciaio duro, le quali so-
stanze a fatica separate mediante il vaglio fatto con le fusioni permettono che noi vediamo da solo in se
stesso l'oro detto p u r o , (trad. Zadro, in Zadro et al., 1990, vol. 2, p. 3t8s.).
170 A. MOTTANA " M. NAPOLITANO

animali, m a che al t e m p o stesso egli lo considera, al pari dell'acqua, u n o m e o m e r o


( o m o g e n e o ) in q u a n t o costituito di tante parti uguali, per cui il tutto n o n differisce dalle
singole parti se n o n nel volume.
I n q u e s t e affermazioni di P l a t o n e sono c o n t e n u t e in n u c e queHe che s a r a n n o le idee
di Aristotele sulle modalit~ di f o r m a z i o n e dei metalli: essi d e r i v e r e b b e r o da u n proces-
so di filtrazione attraverso le pierre di u n u m o r e fusibile e s a r e b b e r o tanto pi6 puri
q u a n t o pif~ consistono di questo u m o r e (essenzialmente l ' e l e m e n t o acqua) e q u a n t o
m e n o di terra (l'altro elemento, di pregio inferiore). T r o v i a m o inoltre significativo che
vi siano usati alcuni termini mineralogici che v e r r a n n o poi ripresi da Teofrasto (s). P i 6
oltre, P l a t o n e ribadisce ancora le sue opinioni, q u e s t a volta per6 in riferimento alle
pierre:

<<Quanto alle specie della terra, quelta che ~ f'dtrata attraverso l'acqua, diviene a
questo modo corpo petroso: l'acqua mescotata con essa, quando nella mescolanza
divisa in particelle, si trasforma in aria, e divenuta aria, s'innalza al suo proprio luo-
go. [...] Compressa poi dall'aria, la terra insieme con l'acqua, dalla quale ~ indissotu-
bile, si fa pietra; pi,h bella quelta lucida, che risulta di parti eguati e uniformi, pi~
brutta la contraria. [...] Ma talora accade che, rimastale umidit.a, la terra, fusa per il
fuoco, quando si raffredda, diventa una pietra di colore nero. E sea questo stesso
modo nelIa sua mescolanza e privata di molt'acqua, e consta di parti pi6 sottili di
terra, ed ~ salata, si forma un corpo semisolido e nuovamente solubile dall'acqua:
cioe da una parte il nitro [...] e dal]'altra il corpo dei sali, (Tim. 60b-d: trad. Giarra-
tano, in Zadro et al., 1990, vol. 6, p. 410).

E poi ancora:

<<Ora awiene che di questi corpi alcuni abbiano meno acqua the terra, e sono tutte
le specie di vetri e tutte le pierre, che si dicono fusibili: ahri invece hanno piu acqua,
e sono tutti i corpi condensati in forma di cera e quelli atti a profamare~ 17))v~.61b-c:
trad. Giarratano, in Zadro et al., 1990, vol. 6, p. 411).

E evidente c o m e P l a t o n e differenzi n e t t a m e n t e i metalli, che d e r i v e r e b b e r o preva-


l e n t e m e n t e dall'acqua fusibile, dalle pietre, che s a r e b b e r o u n a m e s c o l a n z a inscindibile
di acqua e di terra in varie proporzioni e che v e n g o n o perci6 a fare parte di u n a catego-
ria di corpi molto ampia che c o m p r e n d e perfino vetri, u n g u e n t i e oli. Cio c o r r i s p o n d e a
fare u n t u t t ' u n o dei materiali solidi p.d. e dei materiali amorfi a c o m p o r t a m e n t o rigido
(cfr. M o t t a n a , 1988, p. 2), con u n a concezione q u i n d i molto diversa da quella dell'at-
tuale Mineralogia, secondo la quale lo stato solido deve essere del tutto cristallino. In-
teressante, c o m u n q u e , la frase in cui P l a t o n e ris le rocce vulcaniche nere (lave:
ossidiana? basalto?) aH'effetto del fuoco.
16. n o t o che Aristotele (384-322 a. C.) fu allievo di P l a t o n e dal suo arrivo ad A t e n e
nel 367 fino al 348 a. C., q u a n d o se n e stacc6, assieme a Teofrasto e ad altri, n o n volen-

(8) Le idee di Teofrasto sui metaUi non ci sono note direttamente perche il suo Per{metdllon che le con-
teneva e andato perduto; esse possono comunque essere desunte abbastanza bene dal contesto del Per{
lithon.
[L L I B R O <<SULLE PIETP, E>> D I T E O F R a \ S T O 171

d o n e a c c e t t a r e la d e s i g n a z i o n e di S p e u s i p p o a suo successore e a capo dell'Accademia.


I1 Timeo, l a v o r o t a r d i v o d e l m a e s t r o , fu q u i n d i c o m p o s t o i n u n p e r i o d o in cui P l a t o n e
interagiva strettamente c o n A r i s t o t e l e e q u e s t i , p u r d a allievo, in q u a l c h e m o d o lo in-
f l u e n z a v a c o n il s u o s p i c c a t o i n t e r e s s e p e r i p r o b l e m i n a t u r a l i . I1 Timeo p o t r e b b e perci6
essere addirittura contemporaneo dell'elaborazione d e l p e n s i e r o fisico di A r i s t o t e l e e di
a l c u n i d e i t e s t i c h e c e lo r i p o r t a n o . T r a q u e s t i , il m a g g i o r e p e r lo s v i l u p p o d e l l a t e o r i a
d e l l o s t a t o s o l i d o ~ s e n z ' a l t r o q u e l l o c h e h a p e r t i t o l o Meteorologica.
Si t r a t t a di u n t r a t t a t o c h e si i n s e r i s c e n e l l a serie di s t u d i d e d i c a t i d a A r i s t o t e l e alia
n a t u r a (9) e c h e fu s c r i t t o in u n a d a t a i m p r e c i s a t a o p p u r e , p i d p r o b a b i l m e n t e , fu riela-
b o r a t o pif~ v o l t e t r a u n terminus post quem c h e n o n p u 6 e s s e r e a n t e r i o r e al 3 5 6 (Meteor.
III, 3 7 1 a 3 1 ) e d u n o ante quem n o n di m o l t o p o s t e r i o r e al 3 4 0 (Meteor. I, 3 4 5 a 1) (m).
Dopo a v e r d i s q u i s i t o di a r g o m e n t i a s t r o n o m i c i (stelle, a u r o r a b o r e a l e , c o m e t e , via lat-
tea: l i b r o I), m e t e o r o l o g i c i (pioggia, r u g i a d a , n e v e , g r a n d i n e , v e n t i e c l i m a : l i b r o I), d e l
m a r e e d e i v e n t i , d e l t u o n o e d e l f u l m i n e ( l i b r o II), d e g l i u r a g a n i e d e l l ' a r c o b a l e n o (li-
bro HI), arrivato proprio alia fine d e l t e r z o v o l u m e A r i s t o t e l e scrive:

<<Questo dunque completa pressappoco la nostra lista degli effetti prodotti dall'esa-
Iazione nelle regioni al di sopra della superficie terrestre. Descriviamo ora quelli che
essa produce all'interno delia terra quando ~ racchiusa nelle sue profondith. Produ-
ce due differenti tipi di corpi, dato che essa stessa ~ doppia come 1o ~ nelle regioni
superiori. Poichd ci sono due tipi di esalazioni, come abbiamo detto, una vaporosa e
una fumosa, e ci sono due specie di corpi che nascono nella terra: materiali di scavo
e di miniera (~1). L'esalazione secca per azione del suo calore produce tutti i mate-
riali di scavo, per esempio, tutti i tipi di pierre che sono infusibili, ~1 realgar, l'ocra,
l'ocra rossa, 1o zolfo e tutte le altre sostanze simili. La maggioranza dei materiali di
scavo sono polvere colorata o una pietra formata di simile composizione, come il ci-
nabro. L'esalazione vaporosa produce invece i materiati di miniera, che sono o fusi-
bili o duttili, come il ferro, l'oro, li rame. L'esalazione vaporosa produce tutti questi
materiali quando ~ racchiusa nel suolo, e soprattutto nelie pietre, ove condensa e so-
lidifica, come rugiada o brina, quando viene separata. In questo caso, per& ; maze-
riali in questione si formano prima della separazione. Per questo motivo, essi sono in
un certo senso come acqua, ma per un altro verso non lo sono: in potenza, infatti, la
loro materia era quella dell'acqua, ma non 1o ~ pifi, e non provengono neanche da
ac~lua trasformatasi per qualche accidente, com'~ invece per i sapori. Non e cosi. in-

(') La sequenza complessiva e ribadita da Aristotele stesso all'inizio del trattato (Meteor. I, 338a 20-
25) con una serie di precisi riferimenti: Physica, De coelo, De generatione et cormptione. Seguono a questo
punto i Meteorologica. Ad essi seguiranno (Meteor. I, 339a 7-9) i diversi trattati di zoologia (De generatione
animalium. De hl}toria anbnalium, De partibus animalium) e poi quello di botanica (De plantz}: perduto). Pa-
gine, colonne e righe qui citate si riferiscono, com'8 d'uso, all'edizione Bekker (1829).
(m) La data di redazione dei Meteorologica ~ ampiamente discussa da vari autori ed ~ riassunta da Lee
(1952, pp. xxiii-xxv).
(l~) Traduciamo cosi rispettivamente <<orykt~>~ e <~metalieut~>>, rispettandone I'etimologia. Lee (t9521
e Eichholz (1949) preferiscono tradurre questi termini con <<fossiles>> e <<metals>>, m a i l secondo pid tardi,
nell'introduzione alia sua edizione di Teofrasto (1965, p. 4), awerte che in questo autore gti <<orykt~i>)pos-
sono essere semplici pietre scavate (<r effodiuntur>>:Wimmer, 1866, p. 349) e non solo le sostanze estrat-
te da miniere, come sono i metalli per Aristotele; per conseguenza propende, nel tradurre il Per[ lithon, a
fame generiche sostanze solide si, ma non minerali (<<things dug, earths>>).
172 A. MOTFANA - M. NAPOLITANO

fatti, che si formano rame e oro, ma vengono prodotti per congelamento dell'esala-
zione prima che si formi acqua. Per questo motivo tutti questi materiali sono com-
bustibili e contengono terra: essi racchiudono infatti l'esalazione secca; soltanto 1%-
ro non e combustibile~ (Meteor. III, 378a 13 - 378b6: trad. Napoiitano).

Le affermazioni qui tradotte costituiscono tutto ci6 che di veramente certo cono-
sciamo del pensiero di Aristotele riguardo ai corpi solidi. In effetti, i Meteorologica con-
tinuano con un quarto libro dedicato interamente alia generazione delle sostanze, alle
loro propriet/t, all'effetto del calore su di esse e infine alia dottrina dell'omeomeria, ar-
gomenti che renderebbero Aristotele un precursore della chimica (Dtiring, 1944, 1966;
Happ, 1965) o addirittura della minerochimica (Multhauf, 1958), se il testo fosse origi-
nale. Tuttavia, sull'autenticit~ di questo libro grava un sospetto (Hammer-Jensen,
1915) che non ~ stato ancora del tutto risolto anche se i pi~ vi propendono (cfr. Lee,
1952, pp. xiii-xviii; Baffioni, 1981), per cui ogni riferimento ad esso va preso con una
certa cautela. Rilevante ~, in particolare, il fatto che esiste uno stacco netto tra ci6 che
viene preannunciato alia fine del libro III e cio che ~ effettivamente trattato nel libro
IV. Ci6 ~ stato interpretato in vario modo, non ultimo che il libro IV dei Meteorologica
sia una ricostruzione ad opera di Teofrasto (oppure di ur.. allievo di questi, forse Strato-
ne di Lampsaco) di uno scritto di Aristotele andato casualmente perduto (Gottschatk,
1961).
Put tenendo conto di queste incertezze, non ~ comunque inopportuno confrontare
il contenuto di Meteor. IV con quello del De Iapidibus: in ogni caso essi appartengono
entrambi allo stesso ambiente cuhurale (quello del primo Peripato) e ne rispecchiano te
convinzioni pi/1 profonde (~e). Ebbene, lo studio della fisica di Teofrasto eseguito da
Steinmetz (1964) e quello specifico di Baffioni (1981) sulla fisica di Aristotele hanno
messo in luce che, se pur esistono chiare anatogie teoriche e linguistiche tra i due auto-
ri, c[ueste non sono comunque tali da giustificare ]'attribuzione di Meteor. IV a un ri~aci-
mento teofrasteo, in quanto non solo la tendenza det nostro autore alla catalogazione
non trova riscontro in quanto 8 contenuto in Meteor. IV, ma anche qua e l/1 a(fiora un
accenno a correggere il maestro, una forma di larvata critica. Ci6 che concorda tra i
due testi ~ solo la comunanza d'interessi, un rondo di pensiero comune che viene poi a
differenziarsi soprattu~:to nel modo in cui viene dato sviluppo all'argomento tratta-
to.
Questa conclusione (Baffioni, 1981, pp. 246-249) trova conferma nel fatto che il De
lapidibus (o, per meglio dire, il frammento di esso che 8 arrivato fino a noi: cfr. Schnei-
der, 1818, pp. 535-539; Wimmer, 1862, p. 34; Eichholz, 1965, pp. 12-15; Burnikel,
1974, p. 143) esordisce ripetendo la teoria aristotelica che i metalli derivano dall'acqua

(~2) Completamente da trascurare b invece un resto noto col titolo De mz)~eralibusattribuito ad Aristo-
tele, spesso contenuto negli stessi codici dei Meteorologica. Esso 8 una rielaborazione di fonte araba di vari
lapidari greci, tradotta poi in latino all'inizio del basso Medioevo (probabilmente prima del 1160 a.C.);
andrebbe preso in considerazione solo qualora si volesse esaminare la fortuna del pensiero aristotelico nei
circoli della Scolastica, in quanto era noto e sicuramente influenz6 il Liber mineralium di Alberto Magno
(Borgnet, 1891), scritto t r a i l 1254 e il 1262, che e la fonte principale di tutto il pensiero di Tommaso
d'Aquino sull'argomento.
IL L I B R O <<SULLE P[ETRE>> D I T E O F R A S T O 173

e le pietre dalta terra (I. 1); inoltre che alcune pierre solidificano per effetto del freddo e
altre del caldo (1.3), essendo solidificazione e liquefazione due forze d'effetto contrario
(I.3). Seguono ancora tre capoversi di carattere generale, in cui veng0no ancora richia-
mate altre teorie fisiche di derivazione aristotelica (cfr. Steinmetz, 1964) e forniti alcu-
ni principi generati della successiva caratterizzazione (propriet/i, ecc.) facendo anche ri-
ferimento al (perduto) suo trattato De metallis. Quindi Teofrasto prosegue la sua espo-
sizione secondo modalit5, molto diverse, piO consone all'attitudine di esperto didatta
quale egli era (13). Vi 8 in lui una spiccata tendenza all'esemplificazione, spesso addirit-
tura esasperata: a volte, appare addirittura come se egli vada materialmente offrendo ai
suoi ascoltatori (e i suoi lettori, quindi, ne scapitano!) esemplari dei tipi litologici
descritti (t4).
Da buon didatta ed esemplificatore, inoltre, Teofrasto non rinuncia a menzionare
casi specifici, legando molte delle pietre citate alle rispettive localit.a d'origine (II.12;
II.15; III.18; IV.25; ecc.); in questo modo, ci fornisce anche un succinto quadro delia
Mineratogia topografica del mondo allora conosciuto dai Greci. Da esperto didatta,
inoltre, egli non esita a indurre senso critico nei suoi discepoli tramite accenni, neppure
tanto velati, a non prestare del tutto fede a quanto riferisce: e cosi che egti riporta per
alcune pietre, con parole per6 di cautela e attribuendole alle osservazioni di altri, parti-
colarit'a favolose o non verificabili (I.5; II.10; IV.27; VII.46; ecc.).
D o p o la summenzionata introduzione generale, la trattazione viene sempre condot-
ta secondo un fine logico che ammette poche digressioni. Nell'ordine, Teofrasto
descrive:

a) le pietre combustibili (15), cio8 i carboni, gli asfalti e i loro derivati, le pomici e
le ossidiane (da II.9 a III.22);
b) quelle usate per sigilli, cio~ le gemme e altre pierre dure, inclusi coralto e perla
(da IV.23 a VI.38);
c) quelle lavorabili o usate per particolari iavorazioni (da VII.39 a VII.47);
d) le terre estratte da miniera, cio~ quelli che noi chiameremmo ora prodotti mi-
nerari (da VIII.48 a VIII.54);
f ) le terre di cava, sostanzialmente argille (da LX.61 a 1X.65).

Solo in questa fase finale si concede digressioni: tra d) e f ) vi ~ un lungo


excursus (e) sui prodotti preparati artificialmente (da VIII.55 a VIII.60), mentre
un lungo discorso (da 12(.66 a I2(.69) su[ gesso artificiale e le sue propriet'a

(~3) Aristotele aveva una tale stima delle capacit/: espressive di Teoffasto che ne cambio il nome origi-
hale, Tirtamo, in Teofrasto, appunto, cio~: <<parlatore divino>, (cfr. Fortenbaugh et al., 1992).
(14) Nessuno dei codici e delle edizioni a stampa del De lapidibus contiene figure di minerali. Secondo
Lanza (1984, p. 114), le prime raffigurazioni a stampa esplicative di fossili sarebbero quelle contenute neI
testo di Encelio (1551), mentre le prime di minerali sarebbero quelle riportate da Gesner (I565). Le figure
allegate a corredo di questo testo sono tutte tratte da cinquecentine.
(ts) Qui vengono descritte anche alcune pietre incombustibiLi che, non di meno, hanno l'aspetto di
carbone infocato e sono talmente dure da essere usate per si~lli: l'indefinible <(antrace>>, tra queste.
174 A. MOTFANA - M. NAPOLI'I'ANO

concludono f ) e con esso il trattato (o almeno la parte di esso che ci ~ per-


venuta).
II favoloso, che nei lapidari greci pilh tardi diventer~ prevalente (cfr. Halleux e
Schamp, 1985), ~ quasi del tutto assente in Teofrasto; cosi pure scarsi o assenti sono i
riferimenti agli usi dei minerali in medicina che saranno oggetto della trattazione di
Dioscoride (nel libro V del De Materia Medical Un confronto con Plinio il Vecchio,
che pure scriver~ quattro secoli dopo (77 d. C.), non pu6 che giovare a Teofrasto: egli
pit) conciso, pit~ diretto, pi~ tecnico e, soprattutto, non infarcisce la sua esposizione di
digressioni su argomenti non pertinenti. Tuttavia bisogna riconoscere che, se non aves-
simo pi~ il testo completo di Plinio, molto del testo teofrasteo ci risulterebbe incom-
prensibile: la concisione lo rende qua e 1~ oscuro; il modo diretto di esporre fa si che
non descriva abbastanza (appunto perchd aveva a portata di mano il campione da far
vedere ai suoi ascoltatori), ed infine certi suoi tecnicismi, che dovevano risultare chiari
ai suoi ascoltatori, se non fossero confortati dalle lunghe descrizioni di Plinio (e di Vi-
truvio), ci risulterebbero del tutto incomprensibili.
IL LIBRO <<SULLE PlE'I'RI2>) DI T E O F R A S T O 175

CO[~ZISPONDENZE

agata = ~Z~':r~r [ach~ites]


alabastrite = &X~-:ai-:.-r,q [alabastrites]
ambra = {?,~Kv,:ov [dlektron]
ametista = &{,~.0,J~ov [am&hyson]
<<antrace>~ = ;i,;0~cza [~inthrax]
<<antracio>~ = &v0p&~:ov [anthr~kion]
argento = ;1:7,o~or [~irgyros]
argento vivo = ;(,~6r ~ipy,Jpor [chyt6s firgyros]
argilla asfaltica = K:),,.Kr y{ [Kilikia ghd]
asbesto = ),;0or [lithos] di Skaptd H~le
asfalto = ~o-6~).':.ov [~isphaltos]
avorio ~bssile = ~)..~.}~ 6c,0~-:6r [elephas orykt6s]
azzurrite --~ <<ciano)~
biacca = {,.I,'30:o'~ [psimgthion]
bitume --~ asfalto
calamita = "ll~:~K).zi~ ),i(/~,~ [Heracldia lithos]
calcare = iz@!,%~o.~ [mMmaros]
calcare vacuolare = =@,,r [p6ros]
calce viva e spenta = ~co.Ax [konia]
calcedonio = ;,v6Z:r,v [ o w c h i o n ]
carbone bituminoso = ~'r:b~r,r [sp/nos]
catrame -+ asfalto
cenere
<<chernite>~ = Ze~,A=rg [chernites]
<<ciano~ = ~:6~'~o-. [kganos]
cinabro = ~,,~,~[~p:.~ [kinmibaris]
corallo = ~,~r [kour~ilion]
corniola = ~.~8:~,,~ [s~irdion]
cote = ~.~4,rc, [ak6ne]
<<cristallo di rocca>~ --+ quarzo
<<diamante>> = ~8~!,~; [a&imas]
diaspro = ,~=,'.. [iaspis]
diaspro rosso = ~;.:,~-r.~:; [haimatitis]
diaspro verde = .\~,.'~o~ ";ix~,:~'[8,~'. [Lfikainos smfiragdos]
ferro = ~iS~q~o~ [sideros]
gesso = y6'~o~ [g;O[psos]
lapislazzuli = ~k=}~,pc~r [sfippheiros]
lidite pietra lidia
lignite = ;i,~00~r [finthrakes]
<<lingurio~ = ),uTTo';,~,.o'~ [lyngodrion]
176 A. MOTTANA - M, N*MPOL[TANO

magnetite --* calamita


malachite = -L:u~o~6),),~ [chrysok611a]
marmo di Chio = XT.ov )20o~ [Chios lithos]
m a r m o di Paro = 11@,.o~ )dOo~ [Pfirios lithos]
mercurio --~ <<argento vivo>>
metallo = i.~==),),z,J6[.~vov [metatleu6menon]
mola = Fu),[~ [mylias]
ocra gialla = 63-L,0~ [6chra]
ocra rossa = iA),no~ [miltos]
<<onface>~ = g~.t}~ [6mphax]
onice --~ calcedonio
opale (?) = ,5~),o-::8~.~ [hyaloeidds]
oro = -/.~6e, [chrysos]
orpimento = &,o~v,.~c6,J [arrhenik6n]
ossidiana = .\:=~7.~4 )J0o~ [Lipar~iios lithos]
perla = !.t:q:7%~:-c,; [margarltes]
pietra di Bine = li[,~c~,ca.~ )d0oq [Binaios lithos]
pietra di Corinto = Ko~b~l),o~ )d0o~ [Korinthios Iithos]
pietra di Erineo = ).{I)o; [lithos] di Erineo
pietra di Lampsaco = ).;()o; [lithos] di Lampsaco
pietra di paragone = .\'J~'~ ).~0o~ [Lydd lithos]
pietra di Trezene = T~o:'~'-b?.oc, ),;0o~ [Troizdnios lithos]
pietra lidia --+ pietra di paragone
pietra melia = .M-b,),:o~ )d0o.~ [Mdlios lithos]
pietra ollare --~ pietra sifnia
pietra sifnia = v[,?v,.o~ ).;I)o; [Siphnios lithos]
pietra tmolia, pietra di paragone = T,,.&).:o; XiI)o-. [Tmolios lithos]
piombo = :.67.,~[~0; [m6lybdos]
pomice = ~d~'~r,~:~ [kisseris]
pozzo = y~o~'rb,; [gheophands]
<<prasite>~ = =~-7-:.~ [prasitis]
quarzo <<cristallo di r o c c a . = ~:'Z'=~).),o~. [kr.%tallos]
tame = Z~).~;,v [chalk6s]
realgar = ~,~8~&~c-c, [sandar~ke]
<<rubino>~ --+ <<antrace~
sabbia = ~i.!.o.~ [fimmos]
sabbia pomicea = ~;~6~'4 [kisseris] di Nisiro
sarda --+ corniola
scoria = ~[~76~'-q [kisseris] lavica siciliana
selce piromaca = ~,~61.~7oc. ),i~)o~ [pyr6machos lithos]
smalto blu = Z,~-6~ ~'3~'~4 [chyt6s k~anos]
steatite = I.~,,~=:~ )..i0o~ [magn~tis lithos]
terra cimolia = K'.I*~ 7~ [Kimolia ghd]
IL L I B R O <<SULLE PI.I:;TRE>> D I T E O F R A S T O 177

terra melia = _Mr,),,.~; y~ [Melifis ghd]


terra samia = E~ix[~ ~,~ [Samia ghd]
terra tinfaica, gesso = T,J!,.~,.~~ y~ [Tymphaik8 gh~]
trincea ----->pozzo
vena = ~.'.~ [phldps]
verderame = ~6,~ lids]
<<xante>> = ~,~0"~ [xanth6]
178 A. MO'I'FANA - M. NAPOLITANO

VOCABOI~\RIO MINEI~',LOGICO TEOFRASTEO

~a&{*~; [ a d a m a s ] (III, 19) = <<diamante>>. P i e t r a i n c o m b u s t i b i t e d e l i m i t a t a d a f a c c e pla-


ne, talvolta a forma di esagono.

Seguendo una tradizione che risale a Omero, Esiodo e Pindaro, in Platone (Tim. 59b) l'~g41,~ [a&i-
mas] ~ il nucleo nero e durissimo ddl'oro, da identificare secondo Fraccaroli (1906) con l'ematite. Zadro
(in Zadro et aL, 1990, vol. 2, p. 319) in un contesto identico (Poh't. 303e) 1o traduce con acciaio. Si tratta si-
curamente di un metal]o (Barb, 1969), come risulta anche da altri contesti (Ept)a. 982c; Resp. X, 616c). Poi-
chE Platone ne attribuisce l'evidenziazione all'opera dell'artefice, cio~ alla raffinazione deU'oro naturale, II
suo :~g~,,:~; [adfimas] non puo essere altro se non un altro metallo in lega con esso allo stato naturale e che
se ne segrega nel corso del trattamento a fuoco: non certo l'ematite, ma piuttosto ferro, oppure una lega a
base di ferro. Sono noti depositi d'oro contenente ferro negli Urali; inoltre lungo alcuni fiumi che scendono
da qutsta catena verso occidente sono stati sfruttati certi placers in cui oro e platino sono mischiati e questo
platino contiene ferro per oltre il 5% in peso (<<ferroplatino>>). Cio puo far sospettare che dalla raffinaziont
dell'oro degii Sciti si ricavasse, assieme ad Au, duttile malleabile e tenero, anche una certa quantit'a di tega
Fe-Ptl + R h + O s ? ) , nerastra e di elevata durezza.
In Plinio (Nat. Hz~'t. XXXVII, 55-61) F,utamas si identifica, al modo di Teofrasto, non pid nel <<nodo
dell'oro>> (aurz nodus) platonico, ma in sei diverse variet'a di pierre di cui quella indiana, che non ha niente a
che fare con I'oro ed E descritta come simile al quarzo, piccola, durissima (incide l'incudine), ma fragile e
sfaldabile, trasparentissima e levigata con facce esagonali terminanti in due punte opposte, h quella che cor-
risponde al nostro diamantt. Analoga anche st piu piccola E la wlrieth detta arabica. Non Io sono le altre
quattro (ce~chro:, macedom~ls, cwprius, siderites), neppure per Plinio, the infatti le chiama de.wneres
(XXL\%%I, 58). I1 materiale metallico nero descritto da Platone E invece, pcr Plinio, la sz~lerttm (,xC'C\'VII. 4 e
58), the (: simile al ferro per splendore ed (: pesante.
Per Agrico!a ([15461 1550, VI, p. 279) il diamante (: l'unica gemma che non puo esscrc scotpita con Io
smcriglio, ma solo con la sua stessa polverc; essa resiste ai fuoco, ma si spezza (VI, p. 287); (: di gran x'alore
e per qucsto ~ importata dall'India dai portoghesi. Per Cardano ([15601, VIE in Accordi er al., 198l) il dia-
mante apparticne al tipo di gcmme trasparente (p. 436) ed (: caratterizzato dal colore bianco (p. 44l); (2 fra-
gilt, ma duro, in quanto taglia tutte le gcmme e non viene inciso sc non dalla sua stessa polvere Ip. 449); tr-
roneamente, pero, 1o considcra non attaccato dal fuoco, neppure dopo vari giorni (p. 450); vale molto, ma
meno dello smeraldo e del rubino (p. 449); viene imitato trattando lo zaffiro chiaro che viene ulteriormente
decolorato a fuoco (p. 4761. Qucsta forma di abbellimento artificiale /2 descritta in dettaglio da molti: Bi-
ringuccio [1540]; Cellini (I568); della Porta (1589): per tutti cfr. Nassau ([1984] 1989, pp. 18-25). Im'ece,
per Encelio ([1551] in Lanza, 1984, p. 115) l'ada,zas, detto anche theamedes, (~ la pietm che respingt il fer-
to, quella cioe che ha proprietit magnetiche opposte alia calamita. Per Del Riccio ([1597] 1996, pp. 138-
141) i diamanti sono bianchi, trasparenti e di grande valore, tutti lucidissimi, ma in sei varieta
diverse.
Rome de l'Isle (1783, II, pp. 193-199) fuil primo a dimostrare che solo una delle varieti~ descritte da
Plinio, l'indiana di forma ottaedrica, e vero diamante, ma la cosa doveva essere nora ai tagliatori di pierre
da molto tempo perche non mancano casi antichi di quarzi squadrati e sagomati a punta secondo un tipo di
taglio che simula il diamante grezzo. La siderites di Plinio ~, a suo parere (III, p. 283), magnetite.
La descrizione di Teofrasto si adatta, piu che al diamante, al corindone incoloro o ,<bianco>> (Del Ric-
cio, [1597] 1996, p. 131; cfr. Webster, [t983] 1994, p. 85), in passato detto anche <deucozaffiro>> (Caley e
Richards, 1956, p. 91). Infatti, non solo il diamante all'aria libera brucia a 900~ (temperatura sicuramente
raggiunta per fondere I'oro) mentre il corindone fonde a 2000~ (temperatura non raggiungibile col mezzi
greci), ma per di.pid E questo che h esagonale, mentre il diamante, cubico, non presenta mai forme con
contorno esagonale. Sia diamante the zaffiro sono comunque rarissimi nei gioielli archeologici (Devoto e
Molavem 1990, p. 65).
IL LIBRO <<SULLE PIEFRE>> t)I TEC}FRASTO 179

,: I , ~
1/1: -~".e~ .'~

I X~,..:~ ~,

Fig. 3. - Lapis haematites: pietra senza forma particolare, ma caratteristica per il colore rosso-sangue (nero
in superficie) e per Ia capacit.a di fermare il sangue. I)2 la variera terrosa compatta microcristallina delia no-
stra ematite (da Gesner, 1565).

7.1:.~-:7.-:,.; [haimatitis] (VI, 37) = d i a s p r o rosso. Pietra che ha un aspetto opaco e un colo-
re simile a sangue rappreso.

In Dioscoride (Mat. Med. V, 126) s {haimatites] descrive una pietra friabile, nera in massa, ma
rossa in polvere, astringente, da usare per flussi di sangue e ferite (fig. 3): quindi, la nostra ematite (cfr. an-
chc Encelio [15511 in Lanza, 1984, p. 1t5}.
Anche Plinio descrive due pietre con nomi quasi identici. Una ~ 1o haenzatz~es magnes o semplicemente
/.~aematites (Nat. HLt. ~ X W I , 129, 144, 146-8), che presenta sei variet'a e corrisponde almeno in parte all'e-
matite attuale (nera in massa, ma con polvere rosso-sangnae tendente al color zafferano, priva di attrazione
magnetica, usata in medicina, e associata ai giacimenti di ferro dell'Elba, della Spagna e di altre localit.a;
cfr. de Boot, [16091 1636, p. 388). L'altra ~ la haematitis (Nat. Hist. JO,~GTII, 169), una pictra semipreziosa
di color rosso-sangue proveniente dall'Etiopia e usata per amuleti, che corrispondc a quella qui descritta sia
nel nome sia nella deserizione. Col tempo [a distinzione scomparve e prevalse i[ primo signifieato, che per6
non traduce Ia pietra (al femminile) descritta da Teofrasto: questa /: sicuramente da identificare come un
diaspro rosso o una radiolarite come dimostrano anche i numerosi ritrovamenti di cammei di eta greco-ro-
mana (cfr. Devoto e Molayem, 1990, figg. 81-86).
Cennini ([pre-1437] 1992, p. 43) chiama (<amatisto,> o <<amatito>> una pietra rossa o paonazza molto
dura ebe ~ usata, maeinata, neg[i aff-reschi oppure, mescolata a biacca, per tingere le carte (p. 21).
In senso moderno, l'ematite, Fe2OvR~c, corrisponde alia prima definizione di Plinio, anche se deve es-
sere ulteriormente ristretta, in quanto in quella cont:luiscono vari altri tipi di minera|i di ferro, per io piu
idrossidi. Ii suo uso in gemmologia e molto scarso, mentre piu frequente ~ l'uso della sua polvere (il ~<ros-
setto>>) in gioielleria per lucidare il metallo nobile (Webster, [1983] 1994, p. 364)

~ 6 ' r ( [ak6ne] (VII, 44) cote. Pietra che rode il ferro, m a n e viene tagliata e sagoma-
=

ta. t2 un materiale simile se non identico a quello con cui si fanno i sigilli. La qualit/: mi-
gliore proviene dall'Armenia.
180 A. MO'IWANA - M. NAPOLITANO

Non c'h alcun dubbio nell'identificare questa pietra daU'uso che ne h fatto, tanto pi6 che il termine
greco ~: testimoniato nei poeti lirici e comici piu antichi. Appare per6 strano che come origine della qualita
migliore Teofrasto citi l'Armenia e non l'isola di Nasso, nora gia a Pindaro e a Dioscoride (Mat. Med. V,
149) e dove ancor ora esiste un importante giacimento di smeriglio. Forse intende segnalare con cioche la
migliore pietra da cote (anche ora) non h 1o smeriglio, per quanto questo come abrasivo sia superiore a ogni
altro materiale naturale (diamante escluso), ma la radiolarite o novacolite, detta anche <<scisto cotario>>
(Pilla, 1840, p. 72; cfr. Artini, 1929), pith tenera, pith omogenea e quindi meno scabra quando viene apptica-
ta suUe lame. Attualmente, cote naturale migliore in assoluto ~ considerata la coticule belga, fatta di granato
spessartina a grana finissima in una matrice di sericite e quarzo. Essa ~ una radiolarite metamorfosata
(Kramrn, 1976) e fu gi~ usata da greci e roman come pietra da striscio (Lamens e Geukens, 1984), cio& con
funzioni an.flog,he alia pietra Iidia (-+ :\'Jg~ ).~0or [Lyd4 lithos]).
Lo smeriglio p.d. ~ lo e{x6~t~ [smOris], che per Dioscoride (Mat. Med. V, 147) 8 un termine relativo solo
alla polvere abrasiva usata dagti incisori di gemme per polirle (cfr. Jansen e Schuiling, 1976).
In Plinio (Nat. Hist. ~ , 52 e 164) il solo uso citato per 1o smeriglio di Nasso ~ quello per segare le
pietre, mentre la cos dell'Armenia 8 preferita per levigare Ie statue di marmo (Nat. Hz~'t. X2~-X~v'I, 54). Alcu-
ne coti operano meglio se umettate con olio, altre con acqua, altre con saliva umana (Nat. Hist. XXXVI,
165).
Agricola ([1546] 1550, passim) distingue tra (<smiride>> (Ort. Caus. Subt. IV, p. 62), polvere <<con cui si
poliscono le gioio>, e ~<smiriglio>>(Nat. Foss. V, p. 269), pietra <<on che i vitrari ancho dividono le laminette
di vetro>>. Cardano ([1560], VII; in Accordi et al., 1981) considera la cote uno dei cinque tipi fondamentali
di pietre, caratteristico per essere costituito da granuli (p. 435); poi erroneamente l'eguaglia alla pietra di
paragone e alla pietra ollare, mentre la distingue nettamente dallo smeriglio e dat tripoli (p. 490). de Boot
([1609] 1636, pp. 524-526) considera le coti tra le pierre molari usate per levigature varie e ne cita cinqt:e
variet'a a seconda della provenienza; tra esse ci sarebbero anche quelle probato~vae, analoghe alla pietra iidia
e usate con le stesse finalit~.

8k~[~=~nr,~ [ a l a b a s t r i t e s ] (I, 6) = a&bastro calcareo o orientale, alabastrite. P i e t r a rin-


v e n u t a p r e s s o T e b e d ' E g i t t o i n l a r g h e m a s s e tagliabili, t); simile d ' a s p e t t o al g e s s o n a t u -
tale in m a s s a (IX, 65).

Erodoto (HI, 20. 1) usa il vocabolo :x).;x~-x~--:~,;[aI~ibastos], per una forma particolare di vaso in pictra
privo di manici usato per prof'umi; da alcuni (cfi'. Tischler, 1978) il vocabolo viene per6 corretto in "~).~.~,~-
~':,:0'~ [alabastronl, che 6 quello che compare nel Vangelo ~Marc. 14. 3).
Plinio (Nat. Hk't. )GXXV[, 61) considera I'a/abastrl?es una variet'a di onice (--+ ;,,,.5-/,.o.J [owchion]} molto
usata per intagliare vasi per profumi e unguenti in quanto li conserva inalterati e usata pure, calcinata, per
preparare impiastri.
Agricola ([1546] 1550, VI, p. 320) lo considera un tipo di onice, mentre per Encelio ([1551] in Lanza,
1984. p. 116) ~ una variet/~ di marmo di cui distingue tre tipi diversi. Per Cardano ([1560], VII, p. 489; in
Accordi et al., 1981) e un tipo di marmo trasparente e per lo piu candido, poco impregnabile dai liquidi. Del
Riccio r 1996, pp. 185-188) ne cita parecchie variera, sempre confondendolo con l'onyx.
Corsi (1828, pp. 78-93) cita vari tipi di alabastro antico (bianco, pomato, fiorito, ecc.), di cui quello di
provenienza e~ziana indicato da Teofrasto sarebbe il ,<cotognino,,; spesso confuso con l'onice, questo ala-
bastro proveniva da cave attive ancora nel secolo scorso situate presso Hatnub nella valle del Nilo (Borghi-
ni, 1989, p. 140s.), da un'altra localit'a della quale t'orse proveniva anche l'alabastro ~<bianco>>.
Nella terminologia petrografica moderna l'alabastrite h una roccia sedimentaria concrezionare, talora
policroma, traslucente, costituita da cristalli raggiati di calcite, che si forma per deposizione da acque fred-
de in cavita carsiche (cfr. D'Argenio et al., 1994); in sostanza, ~ un calcare stalagmitico zonato (Webster,
[1983] 1994, p. 382). Invece l'alabastro p.d. h una roccia sedimentaria massiva e compatta, anch'essa poli-
croma e traslucente, che si forma per evaporazione di acque marine in un bacino chiuso oppure in laghi de-
sertici ed e composta da minuti cristalli di gesso (Webster, [1983] 1994, p. 392).
IL L I B R O <<SULLE PIE'I'RE>> D I T E O F R A S T O 181

&!*~()'Jv0,~ [ a m & h y s o n ] (V, 30) = anzetista. P i e t r a t r a s p a r e n t e d a cui si f a n n o sigilli. Si


trova spaccando c e r t e altre r o c c e . I~ di c o l o r e r o s s o - v i n o .

11 termine fu usato anche da Dioscoride (Mat. Med. I, 123) e da altri, tra cui Plutarco (Quaest. cony. III,
1), che ne indica il colore come simile al vino annacquato e svanito; poi si 8 perso e ha facilmente prevalso
la forma ~.0,~.-'-:o; [am~thystos], che ~ quella usata dai Settanta per la nona pietra del <<razionale>~ (Hex.
28. 21-22) rappresentativa della tribu di Aser, e da Giovanni (Apoc. 21. 20) per il dodicesimo fondamento
della citt/~ celeste (Rueo, 1547; Bacci, 1587; Gilmore, 1968).
Plinio (Nat. Hist. XXXVII, 121-123) descrive diffusamente l'amethystus. Fu frequentemeq,te usata nella
glittica perfino in epoca pre-ellenica e certamente durante tutto l'impero romano (cfr. Devoto e Molayem,
1990, p. 97).
All'ametista, durante il Medioevo e anche dopo, era attribuita la propriet'a di salvaguardare dall'ubria-
chezza, superstizione gi'a combattuta fin da Plutarco (loc. cir.). Per Agricola ([1546] 1550, I, p. 296) il colo-
re va da purpureo a rosso-vino a roseo, t~ descritta anche da Encello ([1551] in Lanza, 1984, p. 117), da
Cardano ([1560], VII, p. 473; in Accordi et al., 1981) e da Del Riccio ([1597] 1996, p. 157).
In base all'evidenza archeogemmologica ~ concordemente accettato (e.g. de Boot, [1609] 1636, p. 162)
che l'ametista degli antichi sia. come la nostra, una variet'a di colore viola o rosso-violaceo del quarzo
(Webster, [1983] 1994, p. 293) e non un'altra pietra di colore simile.

~l*!*os [ ~ i m m o s ] (VIII, 58) = sabbia. D e p o s i t o s e c o n d a r i o c i n a b r i f e r o l u c c i c a n t e di c o -


lore r o s s o sito p r e s s o E f e s o c h e v i e n e e s t r a t t o , m a c i n a t o e t r a t t a t o p e r r i c a v a r n e il c i n a -
b r o e f a m e i m p i a s t r i c o s m e t i c i col p r o c e d i m e n t o m e s s o a p u n t o d a u n Callia a t e n i e s e .

i1 termine e comune (ad es. Platone), cosi come e comune la sua traduzione Iatina (harena).
La presenza di cinabro in depositi primari di vena ~ ben documentata in varie localitil dell'tMmtolia, co-
si come Io ~ quella di depositi secondari tipo placer nei greti dei fiumi. Vitruvio (Arch VII, 8. l) cita presso
Efeso una vena di colore rossastro coperta di polvere compatta (g[aeba) rossa, percotendo la quale stilla ar-
gento vivo, e Plinio (Nat. Hist. XLM'XIE, i.14), riprendendo Teofrasto, confcrma l'uso locale di una sabbia
del colore della coccinigtia, probabilmente derivata dalIa stessa vena, per l'estrazione del cinabro col proce-
dimento messo a punto da Callia nel 4(15 a. C.
Teofrasto quindi accenna solo al deposito secondario, ma la presenza di deposit/ primari di cinabro
non era ignota agli antichi.
Mieleitner (1922, p. 442) dubita che il materiale estratto fosse davvero cinabro e propone che si trat-
tasse di un qualche minerale metallico rosso oppure di schegge di quarzo rosso; in altre parole, considera
l'intero processo una falsificazione.

~ i ' J 0 : = ~ ; [~inthrakes] (II, 16) = [ignite. M a t e r i a l i t e r r o s i scavati c h e p r e n d o n o fuoco e


b r u c i a n o c o m e c a r b o n e di l e g n a , u s a t i d a i f a b b r i ; s o n o r i n v e n u t i in L i g u r i a e n e l l ' E l i d e
sul s e n t i e r o c h e p o r t a a O l i m p i a .

l'altro significato di ;i,~)o~ [~inthrax], quello primitivo di carbone di legna, normalmente usato al plu-
rale. Si trova in Aristotele (Sens. 444b 31), ma anche in vari scrittori non scientifici, come Aristofane. 11 car-
bone di legna ~ stato comunemente usato fino a poco tempo fa helle forge dai maniscalchi e dai fabbri per-
che riprende subito fiamma non appena ~ alimentato d'aria con la ventola.
Dioscoride (Mat. Med. V, 128) afferma che il materiale carbonioso naturale e utile per i suffumigi e,
mescolato con cera o vino, per la cura di varie malattie. Nel Lapidario O~ico (Halleux e Schamp, 1985, p.
107) e menzionato il "i,~,/*':r,~.[gag:ires], Iiscio e di colore fuligginoso, combustibile con odore penetrante e
pernicioso.
182 A, MOTI"ANA - M. NAPOLITANO

Plinio (Nat. Hist. XXXVI, 141) chiama lapis gagates un carbone nero, liscio, spugnoso, leggero, fragile,
odoroso, proveniente da Gagi nella Lidia. Tale indicazione ~ ripresa da Solino (Pol. 22, i1).
Agricola ([1546] 1550, IV, pp. 232-235) conferma le indicazioni di Teofrasto e di Plinio e ammette la
natura di carbone o bitume fossile del materiale, anche se mostra di dubitarne la possibile corrispondenza
con l'ossidiana; afferma inoltre che quando e lustro e nero e lo si usa come gemma gli si d'a il nome di gaga-
te, nome che invece Del Riccio ([1597] 1996, p. 184) confonde con l'agata, de Boot ([1609] 1636, pp. 335-
338) considera il gagate un'ambra hera, di odore pi/~ forte e solfureo, simile all'asfalto consolidato e aI car-
bon fossile, e lo consiglia come bevanda atta a verificare la verginit'a di una ragazza, oltre che come cura per
l'epilessia. Analoghe affermazioni sono riferite, con scetticismo, da Mercati ([pre-1589] 1719; in Accordi,
1980, p. 21).
I1 nome attuale della lignite picea compatta lucidabile per un uso in bigiotteria ~ <<giaietto>> (Devoto e
Molayem, 1990, p. 170).

~'~0pi~c,,,'~ [ a n t h r ~ . k i o n ] (V, 30) = <<antracio>>. P i e t r a d a cui si f a n n o sigitli. D a q u e l l a di


Orcomeno in A r c a d i a , c h e e pi6. s c u r a di q u e l l a di C h i o , si f a n n o s p e c c h i (VI, 33).
Q u e l l a di T r e z e n e 8 variegata.

termine usato solo da Teoffasto ed e chiaramente un diminutivo di ~,)~)~.~ [zinthrax]. La pietra da si-
gilli potrebbe essere un'ossidiana (cfr. Mieleimer, 1922, p. 437) oppure un <<rubino>> (--~ ~i.&::~ [~inthrax])
cio(: un granato particolarmente scuro (cfr. Caley e Richards, 1956, p. 130).
Piu strano (~ il suo uso come pietra da specchio: pu6 allora essere una ossidiana per quanto riguarda
quclla proveniente da Chio (Lcnz, 1861), come sembra confermare un passo di Plinio (Nat. [qz~'t. X2(XVI,
196; ---+ .\~-.::~z~7.,~.~).i0~, [Lipar~iios lithosl), mentre potrebbe essere una scrpentina particolarmente scura
quclla di Orcomeno; cssendo infatti questa localit/~ in Arcadia al centro del Peloponneso (Strabone, Geo~r.
VIII, 8. 2) non ha affioramenti vulcanici neI suo territorio. Sia ossidiana sia scrpentina sono comunque tipi
litologici usati nella glittica antica (Devoto e Molayem, 1990, p. 155).
Cardano ([156(11. VII, p. 436; in Accordi ctaL, 1981) rievoca il <<rubino>> di Orcomcno per spiegare chc
esistono pietre che riflettono l'immagine e n e cita come causa lo splendore, la durezza, l'opacita e il colore
diluito.
In alternativa, la strana affermazione teofrastea si puo anchc spiegare ritenendo che sia avvenuta qui
una trasposizione nei manoscritti the abbia accostato passi originalmente mm in rclazione tra lore.

~ , ~ l ) ~ [~inthrax] (I, 8) = <<antrace>>, <<rubitzo>>. M a t e r i a l e t a r o e p i c c o l o c h e ~ u s a t o p e r


intagliarci sigilli (HI, 18). 1~ t o t a l m e n t e i n c o m b u s t i b i l e . H a u n a t i n t a r o s s a e, v i s t o c o n -
tro sole, a s s u m e il c o l o r e di u n c a r b o n e a c c e s o . 1~ i m p o r t a t o d a C a r t a g i n e e d a M a r s i -
glia. i~. la p i e t r a piO c o s t o s a (III, 18). E s i s t e u n ' a l t r a p i e t r a c h e gli ~ simile p e r a s p e t t o ,
m a ~ p e s a n t e (VII, 39) e n o n p u o e s s e r e i n t a g l i a t a c o n a t t r e z z i di f e r r o , m a s o l o c o n al-
tre pietre (VII, 41).

I1 termine era gill stato usato da Aristotele (Meteor. IV, 387b 18) per indicare una gemma incombusti-
bile, tradotta con <<carbuncles> da Lee (1952. p. 355) e con <<rubino>> da Baffioni (1981, p. 145). Questo
stesso termine/e usato dai Settanta (Hex. 39. 11) per indicate la quarta pietra sul pettorale (<<razionale>>) deI
Sommo Sacerdote, rappresentativa della trib/~ di Giuda (Bacci, 1587; Gilmore, 1968). Nella Vulgata essa
tradotta con carbuncMus e nelle passate traduzioni in italiano della Bibbia usualmente diventava <<carbon-
chio>>, mentre ora e data o come rubino o come granato a seconda del gusto del traduttore. E, stato anche
usato, apoditticamente, <<antrace>> (e.g. da Tramezzino, 1550, nel tradurre Agricola [1546], anche se poi
egli, pi/J spesso, usa <<carbuncolo>>; cfr. Bianco, 1992).
Plinio (Nat. Hist. X~-XVII, 92-93) usa carbuncMus indifferentemente per qua[siasi pietra di colore ros-
so: rubino, granato e spinello, tanto piCl che il loro colore pu6 essere o pitt chiaro (<<femmina>>) o piC~scuro
IL LIBRO <<SULLE PlE'IT/E>) DI TEOFRASTO 183

(,<maschio>>); i migliori sarebbero quelli viola ametista, colore tipico o del granato piropo o dello spinello
nobile, seguiti da quelli con inclusioni a piuma (~yrtitae).
Per Agricola ([1546] 1550, VI, p. 300) il carbunculus ~ una gemma di colore rosso ardente non intaccata
dalla lima (p. 174). Per Encelio ([1551] in Lanza, 1984, p. 117) e sinonimo di pyropus. Cardano ([1560],
VII; in Accordi et al., 1981) conferma che era uso chiamare piropo it tipo pi/~ nobile del rubino, que|lo che
sptende nelle tenebre (p. 453); ne riconosce inoltre tre tipi e conferma che erano falsificati tramite triplette
a base di orpimento distillato (p. 477). Invece Del Riccio ([1597] 1996, p. 141) riconosce cinque tipi di car-
bonchio: carbonchio p.d., rubino, balascio o balasso, rubit o spinella e, infine, granato, de Boot ([1609]
1636, p. 140) osserva che carbunculus era nome usato dagli antichi sia per il pyropus sia per l'anthrax, mentre
considera a parte il balassius (pp. 144-151), al quale attribuisce una sfumatura di azzurro e uno splendore
minore de| vero rubino, e che ~ il nostro spinello.
Rubino e/o spinello potrebbero essere gli <<antraci>> pi~ scuri di splendore vivace, e granato probabil-
mente quello di tinta pi0. pallida (Devoto e Molayem, 1990, p. 105, che propongono anche I'identificazione
dei secondi con una tormalina rossa). Granato almandino 5, quasi certamente, il <<carbonchio>> di colore
rosso cupo tendente al nero proveniente da Alabanda in Carla. I <<carbonchi etiopicb> e queUi <<garamanti-
di>> di Plinio potrebbero invece essere rubino e/o spineilo (anche se Caley e Richards, 1956, p. 90, si sforza-
no di dimostrare che ~ granato). Manca pero quasi deI tutto una testimonianza archeogemmologica dell'u-
so dello spinello rosso come pietra da aneUo; se ne conoscono solo alcuni intagli (Devoto e Molayem, 1990,
p. 105).
Le due provenienze citate da Teofrasto non sono tipiche nd del rubino ne dello spinello che, in epoca
storica, sono sempre venuti dall'India (home generico per paesi come Myanmar, Sri Lanka, Pakistan e Af-
ghanistan). Ammettendo che egli si riferisca a luoghi di commercializzazione e non di produzione, Marsiglia
puo essere stata solo fonte di granati rossi come il piropo di Boemia (cfr. Schlfiter e Weitschat, 1991) accer-
tati sicuramente in epoca romana. Quanto a Cartaginc, il bacino mercantile che le afferisce comprende pra-
ticamentc tutta l'zM'rica e, probabilmente, Ia Spagna; e quindi plausibile che vi arrivassero rubini indiani ed
anche spinelli rossi afghani, probabilmente attraverso l'Etiopia, m a n e mancano evidenze sia storiche sia ar-
cheologiche, salvo alcune rare eccezioni (Devoto e Molayem, 1990, fig. 50, pp. 59 e 105).
In conclusione: il termine greco si presta a diverse identificazioni, ma sottintende in ogni caso una pie-
tra rossa di alto pregio, caratteristiche che attualmente vengono riferite al rubino {Webster, [1983] 1994, p.
87). Anche ora il rubino, taro e costosissimo, 8 imitato facendo uso di spinello e di granato, quando non
semplicemente falsificato tramite sintesi opportune.

U n a varietb, di ~i,/jp:(~ [finthrax] d e t t a <<milesia>> (III, 19) p o t r e b b e v e r a m e n t e e s s e r e ru-


bino, in q u a n t o ~ d e s c r i t t a c o m e p i e t r a i n c o m b u s t i b i l c c h e , in cristalli e s a g o n a l i s p i g o l o -
si, si t r o v a n e i p r e s s i di M i l e t o .

Plinio (Nat. Hzst. IV, 20; ~-~'CXVII,96) interpreta questo passo nel senso che a Mileto si trovano nel ter-
reno carhuncuk' insensibili al fuoco, ma dello stesso colore di quelli di Alabanda. Poiche questi sono riferibili
a granato almandino, the e punto 3 della scala di Kobell ed ;e perci6 fusibile (ca. 1050~ e Io era anchc,
p u r s e con difficolt'a, con i mezzi possibili ai greci, deve trattarsi di un altro minerale, infusibile.
de Boot ([1609] 1636, pp. 143-152) descrive quattro tipi di rubino, nessuno dei quail proveniente dal-
l'Asia minore.
Mieleimer (1922, p. 435) Io interpreta come quarzo rosso (Eisenkiesel). Invece Palache et al. (1944-
t951, I, p. 689) e Caley e Richards (1956, p. 91) credono di riconoscervi le caratteristiche proprie dello spi-
hello, che conoscono esistere anche presso Mileto come minerale accessorio nei giacimenti di smeriglio.
Dalla presenza di facce esagonali chiaramente indicata, per6, si pu6 arguire piuttosto che si tratta di corM-
done rosso: il <<rubino>>. Anch'esso ~ presente, anche se come accessorio saltuario, nei giacimenti di smeri-
glio dei dintomi di Smirne e di Aidin, in Turchia (Palache et al., 1944-1951, I, p. 524).

;iaT,J~o~ [ a r g y r o s ] (I, 1) = argento. V i e n e s a g g i a t o c o n la p i e t r a e r a c l e a ( - + ~ I t 9 ~ ) , ~ ; ~


)d0og [ H e r a c l d i a l i t h o s ] ) e c o n la p i e t r a lidia (--+ A.JS-h, )v~0o~, [ L y d d l i t h o s ] ) (I, 4). D i v e n -
184 A, MOTTANA - M, NAPOLITANO

ta fluido col f u o c o (II, 9). P u b e s s e r e in stretta a s s o c i a z i o n e c o n oro, r i s u l t a n d o il pith


visibile dei d u e ; la p i e t r a c h e li c o n t i e n e ~ p e s a n t e e di forte o d o r e (VII, 39). N e l l e sue
m i n i e r e si r i n v e n g o n o varie t e r r e usate quali p i g m e n t i (VIII, 51). V e d i a n c h e -+-/,J-6~
~.~-~,,J9~,~ [ c h u t 6 s ~rguros].

Non ci sono mai stati dubbi sulla identificazione di questo metallo chiaro, gih descritto da Omero (cfr.
Millin de Grandmaison, 1789; Gowland, 1917-1918). Stesso significato ha il termine in Aristotele (Meteor
W, p~mlm).
Plinio gli dedica i paragrafi 95-127 del libro XXXIII della Nat. Hist.; in particolare i parr. 95-98 ne de-
scrivono ['estrazione dalle miniere e il modo di trattamento del metallo. Seneca (Quaest. Nat. II, 31. 1) af-
ferma the fonde se ~: colpito dal fulmine e che si separa dal piombo sotto il clima torrido dell'Etiopia (Wa,
2. 18).
Agricola ([1546] 1550, VIII, p. 339 ss.) ne descrive vari tipi, sia intendendo con ci6 i diversi minerali da
cui viene estratto: rosso, piombo, rossaccio (p. 370), sia le diverse forme in cui si presenta in natura: fiti, la-
minette (p. 259); lista inoltre una serie di miniere da cui viene cavato (p. 395). Descrive anche ([1556]
1563, V[I, pp. 214-216) un metodo a fuoco per saggiare il tenore d'oro e di piombo prescnte nell'argento di
miniera e helle monete (fig. 4); piu oltre, la sua separazione dall'oro per attacco con acido nitrico (X, pp.
383-386). Encelio ([1551] in Lanza, 1984, p. 114) ne descrive vari tipi, caratteristici per diversi
colori.

~pps'~:~(,;,~ [ a r r h e n i k 6 n ] (VIII, 4 0 ) = orpimento. U s a t o c o m e p i g m e n t o c o l o r a n t e giallo


in pittura. H a la c o n s i s t e n z a di una p o l v e r e e d ~ p a s s a t o a t t r a v e r s o un p r o c e s s o di c o m -
bustione (VIII, 50). Si t r o v a netle m i n i e r e d ' o r o , d ' a r g e n t o e di t a m e (VIII, 51).

Fig. 4. - Frontespizio del Probs Baichh,in (Anonimo, 1524). Vi e rappresentato il saggio delI'oro al fuoco,
che era usato dai coniatori di monete e dai verificatori dello stato di raffinazione del metallo.
IL L I B R O ,:<SULLIZ PIETRE>> DI TEOFI%*kSTO 185

Termine esclusivo di Teofrasto, quando invece Aristotele (PmbL 966b 28), Dioscoride (Mat. Med. V,
104) e Strabone (Geogr XV, 2. 14) usano la forma &~,;~v:~6,J [arsenik6n], che ha poi prevalso per indicate
l'elemento chimico. II materiale per se stesso 6 noto in Egitto fin dai tempi di Tutankamen. In epoca greca
proveniva dall'Anatolia ed in particolare dal Ponto.
Vitruvio (Arch. VII, 7. 5) afferma espressamente di tradurre &,o~v~,.~6,~[arsenikon] con auripigmentum e
riferisce che esso viene estratto assieme a realgar da miniere det Ponto presso E! flume Hyspalis, identificato
con l'attuale Kizil Irmak. Plinio (Nat. Hist. XXXIV, 178) conserva invece la forma arrhenicum ene cita l'uso
come colorante giallo e in medicina, nonchd El processo di arrostimento che lo trasforma in realgar. Come
localit~i di provenienza indica la Persia (VI, 98).
Cennini ([pre-1437] 1992, p. 50) chiama ~<orpimento~ un colore artificiale giallo molto velenoso.
E citato da Agricola ([1546] 1550, HI, p. 223) sulla fede e con le stesse caratteristiche indicate da Pli-
nio; altrove egli afferma anche che produce esalazioni corrosive, spela e fa cadere le unghie ([1546] 1550,
I[I, p. 117; [1556"1 1563, VII, p. 205). Encelio ([1551] in Lanza, 1984, p. 115) definisce l'orpimento uno spir/-
tus ie cui esalazioni tingono ogni cosa di rosso e bianco, ragion per cui Cardano ([1560], VII, p. 477; in Ac-
cordi et al., 1981) 1o cita come un mezzo per falsificare il rubino. Anche secondo de Boot ([1609] 1636, p.
149), cuocendo lentamente orpimento in un vaso di vetro chiuso si prepara un'imitazione del
rubino.
L'orpimento attuale, As2S~P2Jn, corrisponde esattamente a c i o c h e ha descritto Teoffasto.

~vw162 [~isphaltos] (II, 15) = asfalto, bitume, catrame. B r u c i a e m e t t e n d o o d o r e e la-


s c i a n d o u n r e s i d u o di t e r r a c a l c i n a t a .

Non ci sono dubbi sulla identificazione, essendo questo materiale citato e descritto da Erodoto (I,
179. 2) come legante di mattoni, da Dioscoride (Mat. Med. I, 73) come adesivo, e da vari poeti. Dioscoride
accenna anche al fatto che pu6 essere piuttosto liquido, come il petrolio (Mat. Meg. [, 99).
In Agricola ([1546] 1550, passim) il bitume arde sia sotto terra (p. 13) sia sott'acqua (p. 115). ~ di colo-
re scuro fino a nero (p. 231), e denso e saporoso (p. 99L odoroso (p. 156) c si rinnova grazie ad apporto di
acqua (p. 33). Da Mercati ([pre-1589] 1719; in Accordi, 1980, p. 21) ~ descritto come lucente, pesante e
odoroso, denso e poco infiammabile; il migliore ~ quello trasportato dai fiumi deli'Epiro.
L'asfalto attuale, nella sua variet.a di tipi e nomi, corrisponde molto da vicino a quanto ~ descritto da
Teofrasto.

}.'/i':r,r [ach~ites] (V, 31) = agata. B e l l a p i e t r a di alto c o s t o , p r o v e n i e n t e dal f l u m e A c a -


te in SiciJia.

11 flume ~ stato identificato col Drillo o Dirillo (anche detto Acate), ndla Sicilia sud-orientale, che da
Vizzini scorre verso sud-ovest fino a sfociare in mare tra Vittoria e Gela; lungo di esso esiste una localita
detta ora Acate (Millin in Corsi, 1828, p. 150; cfr. T.C.I., 1968, p. 695). In alternativa, ~ stato identificato
col Carabi o Cannitello, nella Sicilia occidentale presso Giuliana (Holm, 1866; cfr. Gnoli [<<Cannatello~,] in
Del Riccio, [1597] 1996, p. 209]). Potrebbe pero anche essere o l'Oreto o il Grande o il Lato, tutti fiumi
della Sicilia settentrionale nei bacini dei quali si trovano diaspri piu o meno agatati (Pagano, 1958; cfr. Na-
poleone in Borghini, 1989, p. 115).
Nella Bibbia (Hex. 28. 21-22), l'agata ~: l'ottava pietra del pettorale (<<razionale~>) della veste cerimo-
niale del Sommo Sacerdote, e vista a rappresentare la tribu di Gad (Bacci, 1587; Gilmore, 1968). ~; ripetu-
tamente citata dai lapidari greci (cfr. Mely, 1902; Halleux e Schamp, 1985, pp. 94, l15s., 172s.; Bianco,
1992) sempre con Io stesso significato, ma con pitt aggettivazioni a seconda del tipo. Esisterebbe anche una
pietra ~.,r::~7;x~-e,~ [antiach~ites], molto differente dall'agata.
Plinio (Nat. Hist. ~(XVII, 139-141) descrive molte agate senza precisarne i particolari perche non le
considera pietre di gran valore. I] loro colore ~ indicato come molto vario; esse inoltre si presentano figura-
186 A. MOTFANA - M. NAPOLITANO

te con certi particolari disegni che danno origine, tra lc altre, '~le variet'a <<arborea~ e deonina~). Una descri-
zione particolareggiata di varie agate h data, con finalitS, alchemiche, da Socrate e da Dionigi nel 1I sec.
d . C . (cfr. Halleux e Schamp, 1985; Bianco, 1992).
Agricola ([1546] 1550, VI, p. 306) e Cardano ([1560], VII, p. 459s.; in Accordi et al., 1981) ne fanno ri-
levare la grande variet~ di colori e di figurazioni, che hanno indotto a coniare per essa numerosissimi nomi
tutti pi6 o meno evocativi, ed anche la relativa facilit~t con cui essa puo essere falsificata, l~ citata anche da
Encelio ([1551] in Lanza, 1984, p. 117), chela mette in relazione con la selce (cfr. Rodolico, 1961) e da De[
Riccio ([1597] 1996, p. 183s.) che erroneamente ne fa derivare i] nome dal latino lapis gagates. Secondo de
Boot ([1609] 1636, p. 246), l'agata differisce dal diaspro per la traslucenza e per la facilit~ con cui diventa
lustra.
Non c'6 alcun dubbio nell'identificare questa pietra, in quanto il nome si 6 trasmesso nel tempo senza
alcuna interruzione fino ad ora, ed inoltre poiche il tipo di agata descritto da Teofrasto ~ posto neUo stesso
contesto dell'onice, a strati scuri e bianchi. Attualmente (Webster, [1983] 1994, p. 303) si considera agata
una varletS, zonata di catcedonio, piuttosto opaca e con figure di vario tipo, incluse quelle arborescenti
(agata <<muschiata)~ o dendrachates).

l;i'~=:0; ),i0o~ [Binaios lithos] (ll, 12) = pietra di Bine, asfalto. Pietra friabile che, bru-
ciata assieme a carbone, arde producendo uno sgradevole odore molto forte e continua
a farlo per un po' anche dopo purch4 venga soffiata. Si rinviene nella miniera di Bine e,
come ciottolo, nei fiumi c h e l a dilavano.

Bine, secondo la tarda testimonianza di Stefano di Bisanzio (\q sec. d. C.), 6 una localit/l della Tracia,
non meglio precisata.
Non h possibile identificare esattamente di the roccia si tratti: forse un argilloscisto bituminoso. Corri-
sponde comunque al tipo di asfalto detto <<friabile>~ anche oggi, meno ricco di idrocarburi di quello (,mal-
leabile~ e quindi bisognoso di ossigenazione per potcr prendere fuoco.

-,'z0)+:~',b,g [gheophan4s] (IX, 61) = po=o, trincea. Scavo a cielo aperto nell'isola di Sa-
mo da cui si estraggono terre.

Termine usato unicamente qui da Teofrasto in questo significato. In ,m tardo testo di Arcnigene (II
sec. d. C.) riportato da Oribasio (IV sec. d. C.) mantiene invece il significato etimologico di <<simile a terra>>
o <<terroso>~.
La dettagliata descrizione delle modalit~ di scavo minerario comincer/~ ad apparire negli scritti soio col
Bergbt~chlin (Anonimo, [1505] 1527) e con il De re metallica di Agricola ([1556] 1563). Con loro, comince-
ranno anche le rappresentazioni grafiche (fig. 5).

T3'~;; [~psos] (IX, 62) = gesso, calce spenta. Terra estratta sul Tinfa, in Perrebia, di-
stretto della Tessaglia, e, soprattutto, a Cipro (IX, 64), e usata per tingere i panni. Pro-
dotta artificialmente in Fenicia, Siria e a Turii per combustione in fornace (IX, 69) a
partire da un calcare durissimo mescolato con letame. Quando h litoide assomiglia a
--~ h ) , ~ : : E ~ q ; [atabastrites], ma h in blocchi pi6 piccoli (IX, 65). Bagnato, ~ adesivo
e caldo. 1~ usato come legante da costruzione, poich4 si indurisce rapidamente e man-
tiene una forte adesivit~. Pu6 essere ricotto e riutilizzato piu volte (IX, 66). 1~ usato in
Italia per i] vino (IX, 67). Usato in pittura e in tintura e, in Grecia, per prendere im-
pronte di sigilli. 1~ pi6 caldo della calce e molto pi0 adesivo della terra.
IL LIBRO <<SUI,LE PIE'FRE>> DI "FEOFRASTO 187

Fig. 5. - Frontespizio dell'edizione 1527 del Bergbiichiin (Anonimo, ma attribuito a U. RCihiein yon Kadbc,
ca. 1505). E la raffigurazione essenziale di un pozzo di miniera: il minatore che si affanna nel sottosuolo re-
sta in contatto con Ia superficie attraverso un verriceHo che trasporta il materiale estratto.

Termine di uso abbastanza comune, ma di molteplici significati. Come materiaie naturaie ~ citato da
Erodoto (VII, 69) e Platone (Phaed. ~ , 110c) per il fatto di essere bianco, il che probabilmente indica
trattarsi di un caicare farinoso tipo craie o chalk; oppure come analogo all'alabastrite e quindi corrispon-
dente ai vero gesso, come sostiene qui anche Teoffasto. Pi~ comune ~ il riferimento al materiate artificiale,
corrispondente quindi al gesso da presa (gesso di Parigi, plaster of Paris) se derivato dal gesso, ma alia calce
viva se derivato da calcare (Diodoro Siculo l], 10. 5).
fl Tinfa ~ un monte dell'Epiro, e la Perrebia ~ un distretto delia Tessaglia, molto vicino a quello in cui
si trova il Tinfa.
188 A, MOX'I'ANA - M. NAPOLITANO

Vitruvio (Arch. VII, 3) raccomanda l'uso del gypsum per la fabbricazione delle cornici murarie, mentre
parla di ca[x nel descrivere la preparazione della calcina usata per gli intonaci.
Plinio (Nat. Hist. ,~(XV, 198) afferma che il gypsum tymphaicum era talvotta usato in Grecia in Iuogo
della creta cimolla per mordenzare i panni. Ripete inoltre (XXX~T[, 182) le affermazioni di Teofrasto sulla
preparazione del gesso artificiale per combustione sia di alabastri e rnarmi, sia di lapzs speculan~, che ~ il
gesso naturale in cristalli di grandi dimensioni (varieta <<specularite>>): dai primi in realt~ si ottiene calce, dal
secondo gesso da presa (e correttamente Plinio osserva che questo 8 il migliore). Ne cita anche l'uso per
stucchi, statuine e cornici, e in medicina.
II legante per mattoni usato nelle costruzioni greche ~ risultato essere un impasto di calce (spenta) e
sabbia in rapporto 2:1 cio~ una calcina grassa (Foster, 1934, p. 223); ~ infatti questo tipo di cemento che
pu6 essere recuperato e ricotto per essere usato di nuovo, come afferma Teofrasto. Tuttavia, quando Teo-
frasto parla di un gesso che indurisce rapidamente, si riferisce senza dubbio al gesso da presa. Siamo in pre-
senza, evidentemente, di un doppio significato, oppure di una serie di espressioni un po' confuse, che han-
no fatto affermare a Caley e Richards (1956, p. 216) che le idee stesse di Teofrasto su questi materiali era-
no confuse.
L'uso del <<gesso>~per correggere il vino non serve a chiarire la situazione. Plinio (Nat. [-Itst. XTV, 120)
ed altri scrittori latini affermano the per dirninuire l'eccesso di acidit,a del vino si usano sia calce sia gesso,
mentre solo il gesso 8 usato come antifermentativo. Anche Stephanidis (1896, p. 144) accenna ai fatto che
ai suoi tempi si estraeva gesso a Melo al solo scopo di conciare i| vino. Una dettagliata descrizione del me-
todo (: data da Caley e Richards (1956, p. 217s.).
Molto diffusa, anche attualmente, l'abitudine di usare il gesso per prendere le impronte dei sigilli. Me-
no noto ~il fatto che si possa usare il gesso come una sorta di appretto sui tessuti.

D,~.~=.~ 6~'J~':6~ [ e l 6 p h a s o r y k t 6 s ] (VI, 3 7 ) = avorto fossile. E s c r e z i a t o di n e r o e di


bianco.

si tratta probabilmente di avorio di mammuth o di altro elefante, se non dcl scmplice osso di un qual-
che vertebrato, come ancora si rinvengono nei numerosi bacini sedimentari d'effl Quaternaria della Grecia
e di tutti i paesi mediterranei. L'interpretazione come turchese, avanzata da Lenz (1861, p. 23), non appare
necessaria, soprattutto per il fatto the Plinio, the descrive l'ebur fossile riprendendo esattamente le parole
di Teofrasto (Nat. Hist. X~CXVI, 134). lo fa in un [uogo diverso dalla sua e~llaina the, a giudicare dal suo
colore verdino e dalla sua provenienza, ~ appunto il nostro turchese (XXXVII. 110).
L'avorio fosslle attualmente in commercio (e quasi tutto avorio di mammuth c proviene dalla Siberia.
Una piccola parte, proveniente dall'Alaska, ~ avorio di mastodonte, dal colore piu scuro (Webster, L1983]
1994, p. 751).

:~,),~c-7,,~ [ d l e k t r o n ] (II 16) = ambra. E u n a p i e t r a c h e si t r o v a in L i g u r i a (11, 16; V, 29)


d o v e e e s t r a t t a d a l s u o l o . P o s s i e d e c o m e c a r a t t e r i s t i c a u n p o t e r e d ' a t t r a z i o n e s i m i l e al
---* ?.,J770,Sp,~,,J [ l y n g o u r i o n ] , q u i n d i m i n o r e di q u e l l o d e l l a p i e t r a c h e attira il f e r r o (V,
29).

In greco ii termine ha due significati: a) queIlo di elettro (Iega di argento e oro) come in Omero (Od.
IV, 73) e in Strabone (Geogr. 11I, 2. 9); b) quello di ambra, come in Omero (Od. X~,7, 460), Erodoto (I~,
115), Platone (7)m. 80c), che nel citarla nega pero che possegga un veto potere d'attrazione, Aristotele
(Meteor. IV, 388b 18-20), che ritiene che si formi da gocce di resina indurite per il freddo, e di nuovo Stra-
bone (Geogr. IV, 6. 2), che ia considera sinonimo di ),,J~,7~,3~:0,, [lyngo6rion]. Teofrasto ufilizza il termine
solo in questo secondo significato.
Plinio chiama eleco~on sia la lega (Nat. Hist. ~GXIII, 80) sia l'ambra (LII, 152; XXXVII, 31-36), alla
quale per6 da anche il nome tipicamente latino di sucinum (X~'~-XVII,30-51). Non ritiene vera la provenien-
IL L I B R O <<SULLE PIETRE>> D I T E O F R A S T O 189

za dalla Liguria, ma pensa pinttosto che venga dalla costa della Germania (cfr. Grllll, 1983) e ne descrive
numerose variet~i e usi. L'interpreta, inoltre, come la resina che stilla da un tipo di pino e che ingloba insetti
e animaletti prima di solidificare per iI gelo o per effetto del mare (XS~(VII, 42). Analoga ~ Ia spiegazione
che ne d~i Tacito (Germ. 45. 6).
In Agricola ([1546] 1550, passim) ha tre siguificati diversi: di metallo (I, p. 183; VIII, p. 349) cio~: di mi-
stura d'oro e argento; di bitume mutato in pietra (IV, p. 236) purchd di un qualsiasi colore diverso da nero;
infine (VIII, p. 350) di lega artificiate OCattitio). Mercati ([pre-1589] 1719; in Accordi, 1980, p. 21) riporta
una tavola con vari pezzi di ambra contenente foglie e insetti. Tre degli esemplari raffigurati sono probabil-
mente dei falsi. Afferma inoltre che distillando l'ambra si ottiene un olio adatto a curare varie mdattie, de
Boot ([1609] 1636, pp. 321-335) ricostruisce interamente la storia del succinum.
Attualmente per ambra si intende una miscela costituita da un complesso di varie resine con acido suc-
cinico, ollo vegetale e acido solfidrico, essudata da alcuni pini ed in particolare dalla Pinus succimfera, pre-
sente fin dall'Ollgocene, che si ~ indurita cot tempo (Webster, [1983] 1994, p. 733), ma che si rammollisce
a 150~ e torna liquida se 8 riscaldata a 250-300~

' l f F = ~ k - : ~ . 7,[00~ [ H e r a c l d i a l i t h o s ] (I, 4) = calamita, magnete. P i e t r a c h e h a it p o t e r e di


a t t r a r r e . A t t i r a il f e r r o , m a ~ r a r a e si t r o v a in p o c h i s s i m e localit~ (V, 2 9 ) .

La proprietfi_ della calamita di attrarre il ferro 8 conosciuta dalla pifi lontana antichit'a: secondo Aristo-
tele (De an. I, 2, 405a) era gi~l ben nora a Talete. Ptatone (Ion 533d) considera questa proprietb, d'origine
divina; poi afferma c h e l a pietra eraclea e quella !*:~-iv~':.,.~[magnetis] ricordata da Euripide (ft. 571 N2.) so-
no la stessa cosa. Da allora i due nomi sono usati come sinonimi in tutta la Ietteratura greca, fuorche in
Teofrasto (---* !,~-~J~-.:~ ).~0,,r [magm3tis Iithos]). Poich6 poi nel Lapidario 0 ~ ' o qucsto termine ed anche
:,-2-,~-c,~-~ [m~ignessat e ~':~-c,~?:-c,.;[siderites] sono usati come sinonimi (cfr. Hallcux e Schamp, 1985, pp.
98-100), confusione fu fatta, successivamente, tra calamita e diamante (cfr. il francese aemant), inteso que-
sto secondo nel significato platonico. L'arcbeogemmologia non ne ha fornito nessuna prova, ma ~ molto
probabile anche che, proprio per la loro misteriosa forza di attrazionc oltre t h e per il colore e ia lucentezza,
piccoli magneti nero-bluastri venissero usati come sigilli (cfr. II tedesco Siegel.rteha), cos'l aiutando a prolun-
gare nel tempo la confusione tra calamita e <<diamante>~.
Dioscoride (Mat. Med. V, 126 e 130) sembra differenziare tra un ).{I),,,; [lithos] e una =~.:~:~ [petra] for-
se intendendo col primo il materiale magnetico e con la seconda una roccia (come awiene a Capo Calamita
all'Elba). Nota the calcinando questa pietra se ne trae ematite (--+ ~;.9.:~-:;.-::~ [haimatitis]). P!utarco consi-
dera il magnetismo una forma di esalazione pesante che costringe l'aria circostante a muoversi trasportando
con st il ferro.
Lucrezio (Rer. nat. VI, 906-916) afferma che il nome magnes deriva da Magnesia (quella di Lidia o ad
Sipy/um, 30 km ad est di Smirne, secondo Esichio) e ne esalta la propriet~l di attrarre ferro anche a pezzetti
l;armanti una sorta di catena, ciascuno attratto e attraente I'altro. Ne spiega l'origine con un flusso continuo
di atomi (VI, 92i). Plinio (Nat. Hist. ~x~CXVI, 126) la chiama magnes e le attribuisce capacita favolose. Per
di pid afferma che esiste un'altra pietra, detta theamedes, che ha potere inverso, cio~ respinge il ferro (Nat.
Hist. XX, 1).
Nel Medioevo vi sono molti pih riferimenti alle vere o presunte capacit'a curative deLla calamita che
non alla sua reale propriet'a attrattiva o al fatto the l'ago punti in una ben definita direzione (il polo tcrre-
stre per Pietro Pcregrino; la coda dell'Orsa maggiore per Cardano). Tradizionalmente, l'invenzione della
bussola ~ attribuita a Flavio Gioia d'Amalfi (ca. 1300), ma in Marco Polo (1295) si hanno notizie del suo
uso in Cina fin dal 1260 ca. e vi ~ persino un precedente fugace accenno ad essa in un poema di Guyot de
Provins del 1190. Un trattato sulla calamita fu scritto da Pietro Peregino (1269), che riferisce pero idee
non sue, ma di Ruggero Bacone.
Nel Rinascimento Encello ([1551] in Lanza, 1984, p. 115) la cita tra i materiali a base di ferro e con le
ben note proprietY, inclusa quella di avere neI theamedes una pietra antagonista. Cardano ([t560], VII, p.
441: in Accordi et al., 198D riferisce l'osservazione che col tempo la capacit'a d'attrazione magnetica dimi-
190 A. MOTTANA - M. NAPOLITANO

nuisce; inoltre, la traduzione fatta da Accordi et al. (1981, p. 132) indica il nome come <<pietra di Ercole>) o
<<pietra erculea>> e non di Eraclea. Cardano discute inoltre a rondo il comportamento particolare del <<tea-
mede>), di cui nega l'esistenza (pp. 495-497). Mercati ([pre-1589] 1719; in Accordi, 1980, p. 24) parla di
corpuscoli magnetici che come pollini ne riempirebbero i pori e ne creerebbero la capacit,a d'attrarre. Im-
portante, soprattutto, il trattato di Gilbert ([1600] 1958), in cui sono riassunte tutte le idee dei suoi precur-
sori, classici e medievali.
Erroneamente Corsi (1828, p. 116) considera la pietra eraclea sinonimo di quella lidia (--+ .\,J8"~ ).i0o~
[Lyde lithos]) e della cote (-+ ~4,rg [akone]) o coticola.

,.'~r:.:.~ [faspis] (IV, 23) = diaspro. P i e t r a d ' a s p e t t o inconsueto utilizzata per intagliarci
sigilli. Si t r o v a a C i p r o (VI, 35), d o v e a v o l t e p a s s a in <<smeraldo>> (IV, 27).

Citato da Platone (Phaed. LIX, ll0d). F, la sesta pietra del ,razionale>> (Hex. 28. 21-22) dove rappre-
senta la tribO, di Isaccar, e una delle pietre delia Gerusalemme celeste (Apoc. 21. 19), usata per la muraglia e
per il primo dei fondamenti (Rueo, 1547; Bacci, 1587; Gilmore, 1968). Citato dal Lapidano 0 ~ o (Halleux
e Schamp, 1985, p. 96) come di un verde delicato.
Plinio INat. Hist. ,~(XVII, 115-117) parla di tre tipi di iaspis a seconda della provenienza: dalla Scizia,
da Cipro e dall'Egitto, quest'ultimo il meno pregiato. Inoltre iI diaspro ha vari colori: uno ~ verde e spesso
trasparente, la cui varietfi indiana ~ simile allo smeraldo, uno celeste di origine persiana, uno frigio color
porpora e uno blu-porpora proveniente dalla Cappadocia. Ii miglior diaspro ha qualcosa della porpora, il
secondo delia rosa e i l terzo dello smeraldo.
Ne[ Medioevo la variet'a pi0 pregiata era quella rossa (Millin, 1807). Per Agricola ([1546] t550, I, p.
!68) Io <daspide>) ;euna pietra colorata alia quale si danno nomi diversi a seconda del colore che ha. Carda-
no ([1560], VII, p. 458; in Accordi et al., 1981) lo d'a come simile all'eliotropio, verde e sparso di goccioline
fosse. Del Riccio ([i597I 1996, pp. 127-129) considera il diaspro orientale rosso una pietra di pregio poichO
prende <(gran lustro>~; cita varie localita soprattutto italiane. Per de Boot ([1609] 1636, pp. 250-256) il dia-
spro non differisce dall'agata se non per il fatto di esscre piC~ tenero e, quindi, di non poter essere lucidato
bene. E tanto pi'a pregiato quanto pi/~ assomiglia allo smeraldo, ma presenta variet'a di ogni colore ed e fa-
cilmente imitato.
Corsi (1828, pp. 137-142) riconosce un buon numero di tipi, prevalentemente sul verde, ma anche ne-
ro, sanguigno, etc.
Nella terminologia scientifica moderna il diaspro ~ una roccia (o aggregato) sedimentaria di origine
chimica e di composizione essenzialmentc silicea, costituita da opale oppure calcedonio o quarzo in cristalli
a grana finissima, disorientati in modo da renderla non trasparente nd traslucida; 8 naturaimente pigmenta-
ta cosi da assumere vivaci colori molto variabili sul giallo, rosso, bruno o verde (<<prasio>>se scuro, (,ptasma>>
se chiaro). I1 diaspro verde (smaragdo shnik}) di Plinio ~, probabilmente, calcedonio <<plasma>>; quello az-
zurro (caerulea) azzurrite; quello celeste (adn similis) turchese; e quello viola (pwpurea) non ~ ben
identificabile.

~6: [i6s] (VIII, 57) = verderame. P r o d o t t o artificiale o t t e n u t o f a c e n d o r e a g i r e t a m e r o s -


so c o n v i n a c c e (VIII, 57).

LI termine ha in poesia (Saffo, Teognide, Teocrito, ecc.) due diversi significati, tuttavia affini tra loro:
di ruggine (prodotto derivato dall'alterazione del ferro) e di verderame (derivato dalI'alterazione superfi-
ciale del rame e del bronzo). Anche Platone (Re~0. X, 60%) 1o cita come normale prodotto di decadimento
sia del ferro che del bronzo, e inoltre (Tim. 59c) come il materiale in cui si altera la componente terrosa del
rame quando viene separata per invecchiamento dalIa componente migliore che 1o costituisce, che & acqua
fusibile. Dioscoride io cita come alterazione sia del bronzo (Mat. Med. V, 79) sia del ferro (Mat. Med. V,
80); in particolare accenna al fatto che viene ricavato raschiando rocce in cui ~ contenuto minerale di rame
(Mat. Med. V, 79).
IL LIBRO <<SULLE PIETRE>> DI TEOI:P~\STO 191

In latino 8 tradotto con aeruca o aerugo, talvolta anche con rubzgo, termine the propriamente si riferisce
alla ruggine det ferro. Vitruvio (Arch. VII, t2. 1) lo lista tra i pigmenti per pittura e accenna alia sua produ-
zione per esposizione di lastre di tame a vapori di aceto, in modo simile alia biacca (-+ ,~,.!.~,30,.o,~ [psi-
m~hion]). [1 suo uso in pittura 8 attestato a Pompei (Augusti, 1967, 1968). Plinio (,Nat. Hist. XXX1V, 110)
ne descrive sia la raccolta tramite la raschiatura di minerali di tame, sia la preparazione artificiale secondo
due metodi: per attacco di famine di tame con aceto e per azione su trucioli di rame di vinacce in fermenta-
zione. Ne lista anche una serie di usi in medicina.
Cennini ([pre-1437] 1992, p. 53) ne parla ripetutamente come di cosa molto comune prodotta artifi-
ci.almente <<di rame e d'acieto>>; ~ elemento usato nella mescola di altri colori per pittura sia su tavola sia su
can:a, ma non dura e non puo essere usato negli affreschi. Leonardo (1995, vol. I, p. 231) accenna aUa sua
instabilit~ rispetto alt'acqua di lavaggio e alla stessa umiditfi atmosferica. 1~ compreso da Mercati ([pre-
1589] 1719; in Accordi, 1980, p. 20) tra i succi acres col nome di aerugo ed e ben distinto daferrugo o rz~bzgo
con cui ~ indicata Ia ruggine.
II verderame qui descritto e acetato basico di rame (rameico), in cristalli verdi chiari trasparenti, igno-
to in natura; non ha nulla a che fare con la patina verde d'alterazione che si presenta sui bronzi o sui rami
antichi, che normalmente e carbonato basico di rame (rameico), cio~ malachite. L'acetato esposto all'aria si
trasforma alia lunga in carbonato. Si noti che Teofrasto accenna solo al prodotto artificiale. Non sembra
conoscere le croste verdi d'alterazione naturale descritte da Dioscoride e da Plinio.

K:),,.~d~z 7 { [Kilikia g h e ] (VII]I, 4 9 ) = argilla asfaltica. T e r r a c h e s c a l d a t a si r a m m o l l i s c e


e diventa viscosa, cosi da poter e s s e r e u s a t a s u l l e viti al p o s t o del vischio.

Questa terra, anonima in Teoffasto fuorch~5 per la provenienza, ~ chiamata ~!,r:.~),r::,.g [ampelitis] (op-
pure anche ~.z~!,:~7.-.:.~ [pharmakitisl) da Dioscoride (Mat. Med. V, 160) che [a descrive come hera, scaglio-
sa, poco lucente e poco solubile in olio anche quando i: finemente tritata. Egli afferma che/e usata come co-
smetico e che proviene da Seleucia di Siria (detta anche di Pieria; tuttavia esistewl allora anchc una Selcu-
cia ad Calicad*zo~', in Cilicia, cosicchd una confusione tra le due ~ possibile). I1 primo home si ritrova in Ga-
leno e in Strabone (fide Caley e Richards, 1956, pp. 167-169): Galeno afferma che questo materiale imprc-
gnato d'acqua si trasforma in un fango attaccaticcio. Strabone, che riferisce Posidonio (Geogr. VII, 5. 8),
sostiene che !'ampelite viene mescolata con olio prima di essere usata per ungere le viti e cita come luoghi di
estrazione Seleucia di Pieria e Rodi.
Plinio (Nat. Hist. ~M~(V, 194) traslittera in a**zpeltts e afferma che ~ assai simile a bitume puro, dato
che si liquefa come cera quando le/~ aggiunto olio e brucia mantenendo il suo colore nerastro. E usata co-
me helletto e medicamento esterno.
Un campione di terra a:::peJitis figura nella Meta[Jotheca di Mercati ([pre-15891 1719: in Accordi, 1980,
p. 21).
Forbes ( 1936, p. 19) riconosce in questo materiale una asfaltite del tipo g:a*ece pz}ch, molto pura, ma l'i-
dentificazione non appare probabile a Caley e Richards (1956, p. 169) che suggeriscono piuttosto the si
tratti di un'argilla o di una sabbia bituminose.
I1 termine Phar~zakit ~ stato usato come sinonimo di farmacolite (Hintze, 1933, I. 4, p. 780), ma non
ha niente in comune col materiale descritto da Teofrasto poiche la farmacolite attuale & un arsenia-
to.
I1 termine <<ampelite>>, in una nomenclatura petrografica ormai obsoleta (Pilla, 1840, p. 72s.; cfr. Artini,
1929), stava ad indicate una roccia sedimentaria clastica pelitica del gruppo degli argilloscisti, ricca in mate-
ria carboniosa e in prodotti solforati derivati dalla scomposizione di piriti, che era usata per ['emendamento
dei terreni coltivati a vigna (cs Duro, 1986, I, p. 164). Ora il termine ~ definitivamente scomparso dall'uso
scientifico.

K,.{-~o2},i= ~'{ [ K i m o l i a g h d ] (IX, 6 2 ) = terra cimolia. U n o d e i q u a t t r o tipi n a t u r a l i di t e r -


ra c h e s o n o utili o l t r e c h e rari.
192 A. MOTTANA - M. NAPOLITANO

Non ~ descritta, ma solo menzionata da Teofrasto, mentre Aristofane (Ran. 713) Ia cita assieme alla li-
sciva come una terra usata per lavare. Per Dioscoride (Mat. Med. V, 156) si presenta in due varietY, una
bianca e una porpurea, ed 8 piuttosto grassa, per cui puo essere usata per cauterizzare ulcerazioni.
Una creta grassa e purpurea ~. indicata da Vitruvio (Arch. VII, 14) come in uso per la pittura su intona-
co. La creta cimoka ~ descritta da Plinio (Nat. Hist. XTxD(V, 195) come di due tipi: una bianca e una rossissi-
ma. Entrambe erano usate come medicinali con aggiunta di aceto, oppure per lavare i panni, dato che si
gonfia quando ~ bagnata; da ci6 le deriva il nome alternativo di <<saponaria>>. Risulta anche utile per mesco-
lare impiastri a cura &lie ferite (XXX1V, 155) e per preparare un adesivo per la foglia d'oro da applicare su
legno (XXXV, 36).
Dagli alchimisti fu detta anche <~bolo candido>> o <<saponaria>>. Per Agricola ([1546] 1550, 1I, p. 195) ~:
una terra grassa detta anche <<smetti>> o <<transaponara~> perche ha proprieta detergenti. Mercati ([pre-
1589] 1719; in Accordi, 1980, p. 40) afferma che ai suoi tempi ne fu riconosciuta la presenza all'isola d'Elba
da parte di Andrea Cesalpino (1596).
Secondo Accordi (1977) si tratterebbe di un'argilia ricca in cimolite. <<Cimolite>, ~ il home antiquato di
un minerate delle argille, detto cosi appunto per il fatto di provenire da Kimolos (Argentiera) in Grecia, che
fu analizzato da M. H. Klaproth (fide, Hintze, 1897, II, p. 1828). Egli prima (1795) su un campione di colo-
re grigio argenteo ottenne un'analisi abbastanza corrispondente a quella di una halloysite e, successivamen-
te (1815), su un campione grigio perla, un'altra corrispondente piuttosto a un'illite con eccesso di acqua.
Invece Caley e Richards (1956, p. 209) affermano (senza ulteriore documentazione) che a Cimolo esiste-
rebbe una variet'a di sepiolite, chiamata <<cimolite>~ dai moderni mineralisti, tuttora usata per lavare i
panni.
Sostanzia[mente, quindi, si tratta di un'argilla impura contenente ioni alcalini dispersi di facile reattivi-
t.a nei conffonti della materia grassa (ful[er's earth per Healy, 198l, p. 177). II fatto the uno dei suoi tipi
manis una grande capacitb, di rigonfiamento sembra indicare the si tratti di una smettite piuttosto the di
una sepiolite.

~c:v'~3~:,: [ k i n m i b a r i s ] (VIII, 58) = cz)~abro. C e n'~: di n a t u r a l e e di artificiale. I1 n a t u -


rale, d u r o e l i t o i d e , p r o v i e n e dalla I b e r i a e dalla C o l c h i d e (VIII, 58). L ' a r t i f i c i a l e v i e n e
d a u n a sola localit,a vicina a E f e s o e d e r i v a d a l t r a t t a m e n t o di u n a s a b b i a l u c c i c a n t e
fatta s e d i m e n t a r e e n t r o vasi di r a m e . L ' i n v e n t o r e d e l t r a t t a m e n t o fu u n Callia di A t e n e
(VII-I, 59). F a c e n d o l o r e a g i r e c o n a c e t o in r e c i p i e n t i di r a m e se n e e s t r a e il m e r c u r i o
(VIII, 60).

Stesso significato ha in Aristotele (Meteor. I]I, 378a 27). Dioscoride (Mat. Med. V, 94) sottolinea la di-
versit.a trail cinabro, prodotto in Libia, e il minio (l~,~:~,v [minionl), prodotto in Spagna, e ne rileva Ic pro-
priet'a emostatiche.
Vitruvio (Arch. VII, 8, 1-4; 9. 4) descrive l'estrazione deI cinabro (minium) spagnolo in modo analogo
ed inoltre accenna al suo uso come fondotinta negli affreschi, oltre che precisare come si pu6 distinguere se
adulterato o no (VII, 9.5). Plinio (Nat. Hist. ~ I , 114) ripete la descrizione fattane da Teoffasto, in-
cluso tutto il procedimento inventato da Callia nel 405 a. C.; inoltre (XXXIII, 117) ne indica l'uso in medi-
cina, pittura e i modi delia falsificazione. Riferisce (,~CXXIII, 121) anche deLl'estesa produzione the se ne fa-
ceva ai soul tempi in Spagna a Sisapone (ora Almad~.n).
Durante il Medio Evo (VI~ sec. d. C.) l'arabo Geber svilupp6 un metodo per produrre cinabro facen-
do reagire a caldo argento vivo con zolfo. Secondo Cennini ([pre-1437] t992, p. 23) il cinabro viene usato
macinato assieme a biacca sia per tingere le carte sia per affrescare in rosso; lo distingue nettamente dal
<<minio>> (p. 42), che ~ un prodotto artificiale destinato a scurirsi quando ~ esposto all'aria.
Agricola ([1546] 1550, V, p. 252) sembra distinguere il <<minio>>, naturale, dal <<inabrio>~, artificiale, e
descrive il processo di preparazione di questo (D~, p. 366); afferma per6 anche che i due nomi sono alia sua
epoca scambiati nella terminoIogia d'uso comune.
1L LIBI~,O <<SULLE P[ETRE>> D I T E O F P , 2 \ S T O 193

Caley e Richards (1956, p. 195) negano che l'Iberia indicata da Teoffasto sia la Spagna (come gi~ tra-
dotto da Plinio) e pensano piuttosto ad un'altra regione cinabrifera dell'Asia Minore: forse I'attuale Geor-
gia o una qualsiasi regione del Caucaso dove affiorano rocce vulcaniche acide che diano luogo a un paesag-
gio rupestre.

~c~r~ptr [ k i s s e r i s ] (II, 14) = pomice. P i e t r a c h i a r a e l e g g e r a in cui l ' o s s i d i a n a si trass


ma per combustione e e n t r o la q u a l e si t r o v a i n t e r c a l a t a l ' o s s i d i a n a di L i p a r i (II, 14). A
M e l o ~ e s s a s t e s s a i n t e r c a l a t a i n u n ' a l t r a r o c c i a (LI, 14) e d ~ p e s a n t e (III, 21). 1~ g e n e -
ralmente r i t e n u t a il p r o d o t t o di u n p r o c e s s o d i c o m b u s t i o n e (III, 19) p e r il f a t t o c h e si
t r o v a n e i p r e s s i d e i c r a t e r i e n e l l e r e g i o n i v u l c a n i c h e (III, 2 0 ) , m a c e n e s o n o di tipi di-
v e r s i (]3, 2 1 ) , d i f f e r e n t i p e r g r a n a , densitfi, c o l o r e , c o m p a t t e z z a e c a p a c i t ~ a b r a s i v e . I1
t i p o di c o l o r e n e r o ~ u n a b r a s i v o m i g l i o r e di q u e l l o c h i a r o (ILI, 22).

In Aristofane fir. 332, 4 K.-A.) e in Aristotele (Eth. Nicom. 1111a 13) la forma usata ~ ~d~'~,~:.~[kiseris],
mentre la tradizione manoscritta di Dioscoride oscilla tra le due grafie (Mat. Med. V, 79; t08; 146). La
voce e tradotta da Plinio (Nat. Hist. X~'~CXVI, 154) con pumex, home gi'a usato dai poeti dell'et~ repubblica-
ha. Egli perole d,a un significato pifi ampio, includendovi tutte [e pierre di forme esterne corrose, incluse le
stalattiti. Le pomici p.d. sono usate per depilare e lisciare la pelle, sia degli uomini sia dei libri; esse sono
candide e leggerissime, friabili ma non polverizzabili, assorbono l'umidit,a e vengono usate per mantenere
asciutte Ie ulcere. Plinio riferisce, inoltre, un altro passo di Teofrasto (Hist. Plant. IX, 17.3) in cui si afferma
che il potere refrigerante della pomice/2 tale da impedire la fermentazione del mosto. Secondo Plinio (,.Nat.
Hist. II, 202) e Seneca (Nat. quaest. II, 26. 5), nel torso dell'eruzione che form6 l'isola di Tia prasso Santo-
rini le lave che furono emesse, bruciate e corrose dal fuoco, avevano raggiunto la leggerezza della
pomice.
Per Encelio ([1551] in Lanza, 1984, p. 115) ~ un prodotto dell'unionc tra zolfo e mercurio cui manca-
no [e caratteristiche di un mctallo, tanto da essere affine agli allumi e ai sail. Per Del Riccio ([1597] 1996, p.
188s.) ~ un prodotto del fuoco interno del Vesuvio e dell'Ema ed ~ usata per [cvigare i marmi. Per de Boot
{[ 1609] 1636, p. 400) ~: una pietra spugnosa, the gli antichi credevano f'ormata da spuma marina consolida-
ta, ma che si forma per la cottura dei sassi nei vulcani; viene usata o per [evigare oppure in medicina come
polvere essiccatoria e rinfrescante.
Neila terminologia petrografico-vulcanologica moderna (D'Amico et al., 1987, p. 63), le pomici sono
brandelli di magma acido vcscicolato, the per [a loro natura porosa hanno una bassa denslta e elevate capa-
cita iso[anti.

U n a v a r i e t ~ di ~d,s~r,~:; [kisseris] p r o v e n i e n t e d a N i s i r o (III, 2 1 ) p o t r e b b e e s s e r e deft-


nita, pifi c h e p o m i c e , sabbia pomicea, in q u a n t o ~_ u n t i p o di p o m i c e m o l t o l e g g c r o , for-
mato dall'agglomerazione di g r a n e l l i d e l l a d i m e n s i o n e della sabbia.

Nisiro e un'isola del Dodecaneso di origine wllcanica complessa, ricca di sorgenti solforose
calde.
II tipo di pomice qui descritto corrisponde a ci6 che si trova in un deposito di ricaduta.

A t t r a v a r i e t ~ di K{r [kisseris] p r o v e n i e n t e d a l l e c o l a t e l a v i c h e d e l l a Sicilia (ILI, 22:


~ :~Z ~,5=~c0~ ~ ; ~.,~ v : ~ D . i ~ ) , d e s c r i t t a c o m e di c o l o r e n e r o , e r i c e r c a t a p e r le s u e p r o -
priet~t di e c c e l l e n t e abrasivo, dovrebbe corrispondere a u n a scoria.

Benchd i] nome assegnatole da Teofrasto significhi pomice, la descrizione che ne dfi ~ quella dei pro-
dotto vulcanico vacuolare dovuto alia rapida degassazione della lava che ora chiamiamo scoria.
194 A. MOTTANA - M. NAPOLITANO

Nella nomenclatura petrografica moderna (D'Amico et al., 1987, p. 63) la scoria ~ un brandelto vesci-
colato di magma di composizione piu basiea della pomice, scuro, poroso e mediamente leggero. La presen-
za di scorie nere sia tra i prodotti lavici attuati dell'Ema sia in quelli antichi del vulcanismo ibleo ~ deI tutto
comune.

~o'A:~ [ k o n i a ] (II, 9) = calce viva e calce spenta. M a t e r i a l e d i s g r e g a t o c h e si p r o d u c e p e r


c a l c i n a z i o n e d e l c a l c a r e . 1~ m e n o c a l d o d e l g e s s o (IX, 67).

Stessi significati in Aristotele, in cui ha anche i due significati di lisciva e di polvere (Meteor, passim),
quest'ultimo utilizzato da Teo(rasto in Lap. VIII, 40 e forse anche in Lap. IX, 69.
Vitruvio (Arch. II, 5. 1) accenna alla preparazione della calx tramite cotmra di ca]care bianco, ma corn-
pie 1o strano errore di sostenere chela si possa ottenere anche cuocendo silice. Anche Plinio ne descrive Ia
preparazione (Nat. Hist. 2M~'XVI, 182) e negli stessi termini di Teofrasto, ma distinguendola nettamente dal
gesso. L'uso del letame nella calcinazione sembra connesso con un problema di controllo della emissione di
anidride carbonica durante la dissociazione della calcite.
Agricola ([1546] 1550, VII, p. 329) descrive sia il processo di preparazione della calce sia il risultato di
esso, che ~ diverso a seconda del sasso utilizzato.
La calce viva, CaO, si ottiene decomponendo a 900~ a pressione ambiente un calcare puro. Quella
spenta, Ca(OH),, aggiungendo acqua alla ealee viva fino a cessazione della reazione di idratazione.

K0pbJ0,.o,; ),it)0; [ K o r / n t h i o s lithos] (VI, 33) = pietra di Corinto. P i e t r a v a r i e g a t a in ros-


so-scuro e bianco-giallastro.

Plinio (Nat. Hist. X~'XXVIJ., 97) ripetc la dcscrizione e anzi collcga la pietra di Corinto col carhuncukts
facendone una variet'a caratterizzata da macchie blanche brillanti.
L'unico che citi un marmot corinthmm sull'autorita di Isidoro di Siviglia (Etym. XV[, 4t /: Corsi ( 1828,
p. 60) che !o fa corrispondere al <<marmo giallo tigrato>> dei lapicidi e afferma the a Roma ~:
rarissimo.
[l contesto geologico sedimentario dell'istmo di Corinto esclude che questo materiale possa esscre un
rubino o un granato. Di conseguenza, e probabilc the Plinio abbia male interpretato il passo. D'altra parte,
anche Corsi probabilmente si sbaglia ne[ credere che si tratti di un marmo. Molto probabilmcnte, come per
la pietra di Trezene (--->"l':o,.~'F,,~,.o;),if)o; [Troizdnios Iithos]), si tratta di una pietra dura silicea ~ariegata ti-
po agata o diaspro (cir. Mieleimer, 1922, p. 438; Caley e Richards, 1956, p. 132) oppure di un oficalce tipo
<<rosso di Levanto>> (cir. Giardini e Colasante, 1986, fig. 177).

K0,ap~?.m'~ [kour~ilion] (VI, 3 8 ) = condlo. M a t e r i a l e c h e h c o m e u n a p i e t r a , h a c o l o r e


r o s s o , h c o n t o r t o c o m e u n a r a d i c e e c r e s c e nel m a r e . U n a v o l t a p i e t r i f i c a t a , gli 6 s i m i l e
la <<radice indica>>.

Menzionato (con grafie diverse: KoF4).m,; [kor~ilion], ~cop~),}.:ov [kor:illion], ,,,,Jc4;'.?,:o,~ [kounillion]) da
vari autori, tra cui Dioscoride (Mat. Med. V, 121) che ne cita come luogo di provenienza il promontorio di
Pachino e n e descrive l'uso in medicina. II Lapidarzo O~k'o (Halleux e Sehamp, 1985, pp. 109-114; Bianco,
1992, p. 89) 1o considera una pianta marina che si pietrifica a contatto dell'aria quando h spiaggiata; ne de-
scrive inoltre il potere di rendere inoffensivi scorpioni e aspidi. Diogene Laerzio (Vit. phil. V, 2. 42) attri-
buisce a Teofrasto un libro (perduto) sulle pietrificazioni in cui poteva essere forse contenuta una descrizio-
ne del processo tramite il quale un tipo di canna indiana (descritta da Teofrasto nella Hist. Plant. IV, 11, 13)
si trasforma in corallo (fig. 6).
Ovidio (Metam. IV, 750-752) considera il curakum un ramoscello marino che si indurisce al contatto
dell'aria, cosi come secondo il mito avvenne di quelli su cui Perseo depose la testa mozzata di Medusa.
IL LIBRO <<SULLIE I)I[t(TRE>:' DI TEOFRASTC) 195

Fig. 6. - Alcune raffigurazioni di corallo rosso del Mediterraneo: ~ evidente non solo l'intenzione di accen-
tuarne l'aspetto arboreo (nell'errata opinione di allora che si trattasse di un vegetale), ma di d a m e una rap-
presentazione c o m u n q u e esatta anche l,a dove le caratteristiche non sono tipiche: struttura interna a setti
radiali e superficie sparsa di aperture circolari (da Gesner, 1565).
196 A. MOTTANA - M. NAPOLIT:kNO

Plinio (Nat. [qakt. ~C~UI, 21-24) parla del curalium e/o coralius sempre come di un vegetale indurito e n e
menziona il grande uso fattone come amuleto per varie malattie. L'evidenza archeogemmologica indica che
era noto fin nel Neolitico, ma non fu mai in gran yoga se non per vaghi di collana (Devoto e Molayem,
1990, p. 169).
Agricola ([1546] 1550, IV, p. 246) Io descrive come un <<sugo che si converte in pietra>> nato in mare e
che ha pi'a nomi (Iithodendro, dendrite) a seconda della forma che assume. Encelio ([1551] in Lanza, 1984,
p. 115) ne distingue due tipi: quello naturale, derivante da piante marine indurite all'aria e pietrificate nella
terra, e quello artificiale prodotto dagli alchimisti. Anche per Cardano ([1560], VII, p. 473; in Accordi et al.,
1981) non ~ una vera gemma, ma una pianta marina. Per Del Riccio ([1597] 1996, pp. 163-171) e un mate-
riale diffuso e pregiato d'origine marina, di tre tipi: rosso, nero e bianco, de Boot ([1609] 1636, pp. 303-
321) descrive vari generi di corallo, sempre considerandolo una pianta cresciuta in presenza di un suez'us la-
pidifieus. Accenna all'uso fattone in medicina (epilessia, flusso sanguigno, ulcera, ecc.), al modo in cui viene
tinto e alle sue imitazioni.
11 primo a riconoscere nel corallo la natura animale fu Ellis (1755). Un dettagliato esame della sequen-
za di denominazioni naturalistiche e tecniche del corallo e stato eseguito da Rodolico (1955a).
II cora]io nobile attualmente usato in gioielleria ,~ i'impalcatura calcitica del Corallium mbrzon del Mar
Mediterraneo (Webster, [1983] 1994, p. 720); in sostituzione si usano anche vari corallari dell'Oceano
Pacifico.
La canna indiana citata da Teofrasto viene identificata da Mieteimer (1922, p. 439) col bambu, sui cui
gambi si formano concrezioni di silice amorfa cui viene dato il nome di Tahaschir.

~O'35"'::~) ).o-~ [ k r g s : a l t o s ] (V, 3 0 ) = qaarz, o <<cristallo di rocca>>. P i e t r a t r a s p a r e n t e d a c u i si


fanno sigilli. Si t r o v a s p a c c a n d o certe rocce.

In Aristotelc (Meter)r., pa.s:rz)le) mantiene sempre il significato originaie: ghiaccio. [1 terminc h largamen-
te usato nclla Bibbia per indicate una sostanza pura, trasparente, [impida. E citato nel Lapidarz'o Orfieo
(HalIeux e Schamp, 1985, p. 9Is.: Bianco. 1992, p. 72) e nei Kery.gmata ([ia]leux e Schamp, 1985, p. 146)
come materiale d'aspetto glaciale e d'apparenza traslucida, nonchc tale da concentrare la luce del sole in
modo da incendiare gli oggetti senza peru risultarne scaldato lui stcsso.
Per Plinio (Nat. Hkt. ,X~'X.%XV[L23 c 25) il cr3..'stallus e ghiaccio congclato oltre ogni limite, che presenta
forme con lati a sei ango[i. Non sopporta il calore e puo presentare difctti interni. II pet grosso blocco mai
trovato pesa 150 libbre. Proviene in prevalenza da!le Alpi, ove si trova in rupi scoscese, ma h stato trovato
in Asia e a Cipro anche nei terreni agrari. Identica spicgazione si trova in Seneca (Nat. qz~aest. III, 25. 12),
che precisa che si tratta di acqua piovana congelata in ghiaccio e compressa fino ad espellere da s6 ogni
traccia d'aria (zmzor qui flterat, lapis effectm est).
[1 suo uso in gemmelogia e nella glittica 6 antico ed estesissimo (Devoto e Molayem, 1990, p. 91).
Agricola ([15461 1550, VI, p. 283) nega the si tratti di acqua congelata, poich6 se cosi fosse sarebbe co-
mune in tutti i paesi ffeddi e si liqueferebbe se portato al calore deI so[c: pensa piuttosto che sia ,<un sugo
condensato dal (reddo>> o <<onglutinato e congelato dal freddo dentro la terra>> (p. 284). Rileva come in
punta esso sia sempre a sei angoli, per6 non accenna mai a metterlo in relazione col quarzo, benche proprio
lui avesse introdotto in ]etteratura questo nome di minerale (Bermamz., eft. [1546j 1550, p. 466). In Encelio
([1551], in Lanza, 1984, p. 115) ~ u n sasso candidissimo, limpido, duro, con tre o sei facce, che si trova solo
in luoghi dove c'6 un ffeddo rigidissimo. Cardano ([1560], VII, pp. 470-472; in Accordi et al., 1981) spiega
perchd il quarzo abbia sempre sei superfici (custallus czar sex habeat supe~'cies) con un principio di impacca-
mento analogo a quello osservato nelle cellette degli alveari; poi nega che sia ghiaccio epper6 afferma che 6
una sostanza acquosa poich6 fonderebbe facilmente al fuoco trasformandosi in vetro, talora conservando
all'interno inclusioni t]uide (con altri solidi); ammette anche che il <<prannio>>, nero, gli sia affine, ma non lo
riconosce come identico. Gesner (1565) ne d'a la prima rappresentazione a stampa (figg. 7, 8). de Boot
([1609] 1636, pp. 217-225) chiama il co~stalMs anche pseudoadamantis, ma mette in evidenza come abbia sei
facce in luogo di quattro e nega che sia acqua congelata, poichd ~ infusibile a qualsiasi fuoco.
IL L I B R O <<SULLE PIETRE;,~ D I T E O F R A S T O 197

Fig. 7. - Due rappresentazioni del c~ystailus pseudoadamantino, cio8 di quarzo della varieta <<ristallo di
rocca~>, cresciuto in geode o in litocIase formando un'associazione divergente su una matrice: notarne le
terminazioni a punta a sei facce, che ~ data dalla compenetrazione dei due romboedri diretto e inverso (da
Gesner, 1565).
198 A. MOTTANA - M. NAPOL1TANO

Fig. 8. - Associazione parallela di cristalli prismatici di quarzo con terminazioni o plane (rotte?) oppure a
sei facce. Alla base sono anche indicate due g e m m e ottenute dalla lavorazione de1 grezzo: quella a sinistra
tende ad imitate la forma cubo-ottaedrica che vari diamanti presentano al naturale (da Gesner, 1565).
IL LIBRa.) <<SULLE PIETRE>> DI T E O F R A S T O 199

NeUa pratica moderna il termine <<cristallo di rocca>~ (anticamente anche <<ristallo di monte>~ o <~di
montagna~)) `5 riservato alla variet'a incolore, la pig pura, del quarzo, che `5 detta anche ~dalino>~. La sostitu-
zione terminologica di cristallo con quarzo per Ia specie minerale >SiO2 `5 aw'enuta attraverso un lungo
processo di transizione, a partire dalla prima menzione di questo nel Bergb~ichk'n (Anonimo, 1527, ma pro-
babilmente gi~ del 1505), che non si `5 completato se non verso la fine del Settecento (Romd de i'Isle, 1783,
1I, p. 51); essa ha resa indipendente la denominazione specifica dalle innumerevoli variet'a che questa specie
presenta, di cui parecchie gila note allo stesso Teofrasto (-+ ~btb.0,~,;~2,~[amdthyson]). Tuttavia, perduto il si-
gnificato specifico che aveva nell'antichitfi., nella scienza moderna it termine cristallo ha acquistato un signi-
ficato molto pi,k ampio e ben pica preciso: quello di solido omogeneo caratterizzato da una distribuzione or-
dinata tridimensionale di atomi e delimitato da facce, spigoli e vertici disposti secondo criteri geometrici
(Mottana, 1988, p. 2). Persiste peraltro, nella tecnica, l'uso di chiamare <<cristallo~) un vetro a base di piom-
bo, caratterizzato dall'avere un alto indice di rifrazione e dall'essere suscettibile di buona lucidatura.

~c,3:~'~ [k~;anos] (V, 3 1 ) = ~r (lapislazzuli, azzurrite). P i e t r a p e r anelli di c u i esisto-


n o d u e tipi: q u e l l a <<maschio>>, pi~ scura, e q u e l l a <<femmina~, pi~ chiara. U n a varietal
a s s o c i a t a alla --+ 7.pa,s0~:6).),= [chrysok611a] (VII, 39). 1~ u s a t o p e r la p i t t u r a (VIII, 50).
g r a n u l a r e c o m e u n a s a b b i a (VIII, 50). Si t r o v a n e l l e m i n i e r e d ' o r o , d ' a r g e n t o e d i r a m e ,
c o m e il pill r a r o t r a t u t t i i p i g m e n t i ivi r i n v e n u t i (VIII, 51). I n E g i t t o v i e n e p r e p a r a t o ar-
t i f i c i a l m e n t e (VIII, 55) --+ Zu%.~ ~6~,~,~ [ c h y t 6 s k3)anos]. N e e s i s t o n o t r e tipi: e g i z i a n o ,
scitico e ciprio~a (VIII, 55) di cui l ' e g i z i a n o ~ il m i g l i o r e a n c h e se ~ artificiale. D a q u e l l o
scitico si o t t e n g o n o per macinazione q u a t t r o tonalit'a di c o l o r e , t a n t o p i h c h i a r o q u a n t o
p i h ~ f i n o il m a c i n a t o (VIII, 55).

In Aristotele (Meteor I, 342b 15) ~:6.~.~r [k~anos] `5 il colore riferito al cielo. Per Dioscoride (Mat. Med
V, 91) `5 un materiale naturale prescnte nelle miniere di Cipro e trovato soprattutto ncll~: cavcrne in riva al
mare; `5 astringente e ha l'inconveniente di provocare ulcere. Galeno (Simp[. reed rite..VII. 194) afferma the
,5 usato per cauterizzare.
Plinio (Nat. Hist. X~-XVII, 119) definisce o,anos una pictra azzurra diversa dalla caenlk'a iaspi~ (~-~';.~-
-z:z..:a [iaspisl), e anch'essa con due tonalit~ di colore: scuro (~maschio,) e chiaro (~fcmmina~,). [1 migliore
provicne dalla Scizia, poi in ordine di qualita da Cipro e dall'Egitto, quest'ultimo facilmente tinto e falsifi-
cato. Accenna inoltre alia presenza in esso di polvere d'oro, come quella dello ,~zaffirm,/-- ~"~+~:~oz [sfip-
pheiros]). Da Solino (Pol. 35) il cyaneus (~maschio)~ ~ dcscritto come cosparso di pagliuzze the briilano ed ,5
sicuramente il Iapislazzuli; ~ da esso che, per macinazione, si ricavava iI blu oltramarino, il cui colore, come
quello di tutti i minerali allocromatici, diventa tanto piu debole quanto pi~ finemente `5 macinato. II k~'anos
scitico di Teofrasto ,5 quindi, con ogni probabilitit, il lapislazzuli. [1 suo k~anos ~femmina)~ ~: in'~ece, molto
probabilmente, l'azzurrite, che secondo Mercati viene rinvenuta in vene nelle miniere di rame e oro di Ci-
pro e della Spagna associata alia crisocolla ( = malachite).
Biringuccio ([1540] 1914, p. 75) non sbaglia quando afferma che Io ~azzurro perfetto, quale i pittori il
chiamano oltramarino~ associato all'oro nelle miniere `5 lapislazzuli. Secondo de Boot ([1609[ 1636, p. 273)
cyanus di Plinio corrisponde allo zaffiro, che non ha nulla a c h e fare con [1 lapz} Armenius, iI suo Iapislazzu-
li, cui compete il nome tedesco Lasurstein (lazurite), da cui si ricava il colore ultramarino; questo materiale,
mescolato con varie sostanze, veniva usato in pillole in medicina.
Mieleimer (1922, p. 437) si esprime decisamente per un'identificazione con l'azzurrite, tnvece Caley e
Richards (1956, p. 126) ritengono che <<ciano>>e <<zaffiro~ siano per Teofrasto la stessa pietra (il lapislazzuli)
e interpretano Ia differente denominazione nel senso che il primo sarebbe la varieta omogeneamente b l u e
il secondo quella blu cosparsa di macchie dorate di pirite. Di nuovo, per& Eichholz (1965, p. i09; 1967, p.
103) `5, al contrario, tassativo nell'affermare che si tratta di azzurrite.
I1 nome `5 chiaramente riferito a pietre diverse, di un colore fondamentalmente azzurro, ma di varia
natura. La pi~ importante `5 il lapislazzuli, che nella terminologia moderna non ~ un minerale, ma una roc--
200 A. MOTTANA - M, NAPOLITANO

cia: un aggregato di cristallini di lazurite blu con ahri feldspatoidi e calcite, non Lmporta se contenente o
meno inclusioni di pirite. A questo sicuramente si riferisce il tipo proveniente dalla Scizia, in quanto l'unico
giacimento noto nell'antichit'a ~ Sar-i-Sang nel Badakhshan (Afghanistan), coltivato fin dal 7000 a. C. ca. ed
utilizzato in area mesopotamica fin dai tempi dei Sumeri. Le vie commerciali che partono dall'Afghanistan
potevano da un lato portarlo attraverso le steppe russe (scitico), mentre da un altro lato potevano arrivare
fino alia Mesopotamia (persiano). ha subordine, pero, una parte del <<ciano>>scitico potrebbe essere sodali-
te di cui sono noti vari giacimenti nella Russia settentrionale (Hogarth e Griffin, 1976).
n <<ciano~ cipriota ~: quasi sicuramente azzurrite; questo minerale, quasi sempre associato a malachite,
non ~ infrequente neppure ora nelle miniere del Troodos. 1~ a questo <~ciano>) che vanno attribuite le pro-
priet~ di fondente (come la <<crisocolla~>: ~ 7.~v,-0~6),),:~ [chrysok6lla]) e di astringente che risultano scarse
o assenti nel lapislazzuli.

.\~=,.vo; ~!*~,~'~'8o~ [Lfikainos smfiragdos] (IV, 25) = diaspro verde. Tipo di <<smeral-
do>> di cui il blocco maggiore si trova a Tiro nel tempio di Ercole, a meno che non si
tratti di un falso.

I1 monolito di <~smeraldo~) ~ citato da Erodoto (II, 44), iI quale afferma anche the brillava di
notte.
Plinio, in un passo controverso (Nat. Hist. ~'~CXVII, 74-75), menziona un tipo di smeraldo tanos prove-
nicnte dalla Persia ignoto a qualsiasi altro autore; piu. oltre ripete le frasi di Teofi'asto sulla pietra di Tiro,
che chiama pseudosmaragdus, e la mette in relazione col diaspro verde.
Traducendo Agricola ([1546], VII, p. 319), Michiele Tramezzino (1550) usa il termine <daspide~,. Un
marmot lacom?on o [acedaemom)ml, verde con piccole macchie chiare, /: citato da de Boot ([1609] 1636, p.
500).
Corsi (1828, p. 142) chiama <~tano~ (lapz~" tanus), attribuendo questa dcnominazione a Teoffasto c a
Plinio, un diaspro verde chiaro.
Non (: possibile identificare questo materiale con sicurezza: non/: certo smeraldo: /: dubbio che sia un
diaspro, perche le dimensioni sono eccessive per questo tipo di pictra; potrebbe cssere una serpcntina par-
ticolarmente bella (talora essa 4~ abbastanza traslucida da riflettere la luce: cfr. Mieleimer, 1922, p. 436;
Caley e Richards, 1956, p. 104); potrebbe pero anche essere un metagabhro smaragditico del tipo dcl <<por-
fido verde di Grecia>, o <<verde antico~ (Borghini, 1989, p. 281), come (: sostemlto da Eichholz (1965, p.
104: ma <(con qualche esitazione>>).

),;0,~:. [lithos] = pietra.

Termine di uso comune in greco fin da Omero. Teofrasto ne descrive piu variet.h, alcune con aggetuvo
specifico (qui indicizzate in ordine alfabetico secondo I'iniziale dell'aggettivo, da l ' i , ~ q a XT.og), altre con
un pit~ generico riferimento di provenienza (indicizzate qui di seguito).

La variet/a proveniente dal Capo Erineo (I.I, 15), dove era bruciata in grandi quantitY, ?e
descritta come simile a quella di Bine; da odore d'asfalto e combusta lascia un residuo
di terra calcinata.

II promontorio Erineo dovrebbe trovarsi in Sicilia, secondo quanto si puo desumere dal contesto, ma
non e citato da nessun autore antico. Pu6 trattarsi di uno dei promontori minori a nord di Capo Passero,
nei pressi di Siracusa (Mideitner, 1922, p. 434). 11 flume Erineo, citato da Tucidide (VII, 80) come luogo
della definitiva sconfitta degli Ateniesi ad opera dei Siracusani, ~ a sud di Siracusa e corrisponde al fiumi-
cello (senza home ne|le carte turistiche) situato tra Avola e Noto. In tutta questa zona/: comune la presen-
za di rocce asfaltiche: ?e infatti l'area d'affioramento delI'unit/l inferiore del ~<Complesso basale di facies
IL LIBRO <<SULLE PIETRE>> DI T E O F R A S T O 201

iblea>) (Ogniben, 1960) costituito di rocce carbonatiche neritiche grigio-biancastre (intercalate da vulcaniti
basiche) che sono ]a roccia-serbatoio del petrolio di tLigusa, Vittoria e Gela (Schmidt di Friedberg, 1964-
1965). Lungo il mare, esse per6 affiorano solo a nord di Avola, in corrispondenza di un piccolo capo senza
home dove sono i resti di un dolmen.
Quanto al litotipo descritto, si tratta probabilmente di un argilloscisto bituminoso, che per6 contiene
calcite in quantit,a maggiore di quello di Bine (-+ l~i,~0~ k;.0o~ [Binaios lithos]): ci6 si evince dal fatto che
Teofrasto sottolinea come esso lasci un residuo di materiale calcinato pulverulento quando termina di
bruciare.

L a varietfi di )d0or [ l i t h o s ] p r o v e n i e n t e d a L a m p s a c o (V, 32) 6 d e s c r i t t a c o m e p i e t r a ec-


cezionale trovata nelle miniere d'oro di L a m p s a c o , d a cui fu i n c i s o u n sigillo p e r il
re.

Lampsaco era una citt-;, della Misia sull'Ellesponto, ora Lapseki in Turchia, sui Dardanelli. A 15 km ad
est di questa esistono ancor oggi giacimenti di oro.
L'unico altro riferimento 6 in Plinio (Nat. Hist. XXXVII, 193), che ripete il racconto di Teofrasto preci-
sando per6 che il re era Alessandro. cosa niente affatto sicura in quanto <dl re)~ senza definizioni per i Greci
era il re persiano.
Per Eichholz (1965, p. 110) questa pietra eccezionale non .~u6 essere identificata con certezza, ma do-
vrebbe essere o calcedonio o opale.

L a variet.h di k~Oor [ l i t h o s ] s c a v a t a n e l l e m i n i e r e di S k a p t 6 HS, le (lI, 17) 6 p r o b a b i l m e n -


te asbesto, in q u a n t o ~ d e s c r i t t a c o m e p i e t r a c h e a p p e n a r i n v e n u t a ~ simile d ' a s p e t t o a
legno marcio e prende f u o c o se 8 s p r u z z a t a c o n olio d ' o l i v a , m a si s p e g n e n o n a p p e n a
che questo ~ consumato.

Skaptd H Ole ~ una citt'a da localizzare presso la ffontiera tra Tracia e Macedonia, di fronte a Taso
(Mieleimer, 1922, p. 434), nella regione del Pangeo compresa tra i fiumi Strimonas e Nestos (Eichholz,
1965, p. 99), dove esistono varie miniere d'oro in rocce serpentinose.
Non ci sono altre citazioni di questa pietra, che solo con molta prudenza pub essere messa in relazione
con I'asbesto, minerale che si presenta spesso in fasci di fibre grossi come un ramo d'albero ruvidi e irrego-
lari in superficie. Alternativamente, potrebbe trattarsi di un miscuglio di sostanze organiche putrefatte
(Mieleimer, 1922, p. 434). L'identificazione con la paligorskite, proposta da R.H.S. Robertson (1963: fide
Eichholz, 1965, p. 99), non pu6 essere accettata, in quanto gli aggregati fibrosi di questo minerale pith che a
un legno marcio assomigliano a cuoio vecchio, da cui il home obsoleto di <<cuoio di monte>~, per altro usato
anche per l'asbesto di serpentino.

.\~a~r.or ).{00-.. [ L i p a r ~ i o s l i t h o s ] (II, 14) = ossidiana. P i e t r a h e r a , liscia e p e s a n t e , c h e


a L i p a r i ~ p r e s e n t e in f i a m m e e n t r o b a n c h i di p o m i c e , e c h e d i v e n t a p o r o s a , p o m i c e a ,
chiara e leggera dopo una combustione, t~ d i v e r s a d a l l a p i e t r a di M e l o , m e n t r e q u e l l a di
Tetrade in Sicilia h a u n c o m p o r t a m e n t o s i m i l e (II, 15).

Nel Lapidario O~co (cfr. Halleux e Schamp, 1985, pp. 119-122) 6 citata come roccia nera e liscia che
porta fortuna.
Plinio (Nat. Hist. )OC'(VI, 196; X~(VII, 177) cita il lapk" obsianus, simile al vetro e nerissimo, come
proveniente dalI'Etiopia e dal Sannio e usato per fare specchi (the pero riflettono solo ombre), gemme e
sculture a tutto tondo anche di gosse dimensioni.
202 A. MO'IWANA - M. NeMDOLITANO

Leonardi (1516) riferisce di propriet'a magiche a favore degli animali selvatici cacciati che Plinio le at-
tribuirebbe, m a l e considera menzogne. Agricola (Nat. Foss. IV, p. 245) la cita come infiammabile e attri-
buisce al fumo che emette la proprieta di attrarre le bestie.
Eichholz (1965, p. 99) traduce <<pitchstone>), cioe ossidiana liparitica, ed evidenzia la diversit/t con la
pietra melia (--~, M'~Z:0~ )dl)0~ [Mdlios lithos]), 'alia qu'ale attribuisce il nome <<obsidiam>.
Netla nomenclatura petrografica moderna, l'ossidiana e una roccia x,xllcanica prevalentemente vetrosa
di composizione da acida a intermedia, di colore scuro fino a nero (eccezionalmente anche verde o rosso),
lucente, a frattura concoide e talvoita perfino traslucida. L'ossidiana di Lipari, in particolare, e di composi-
zione acida, riolitica o liparitica.
Tetrade in Sicilia e una localit~l non identificata: forse si tratta di un sito sul Capo di Milazzo at quale
arrivava spiag~ata l'ossidiana di Lipari, oppure di Tindari, citt~, di cui restano le rovine presso Patti (Mie-
leitner, 1922, p. 434). La scarsezza di citazioni di questa pietra vulcanica in Teofrasto e in altri autori greci
antichi si spiega, probabitmente, col fatto che essa era troppo comune per meritare, ai loro occhi, una trat-
tazione in un testo scientifico: l'uso delle ossidiane soprattutto per il taglio affilatissimo delle loro schegge
infatti estesissimo in tutto il Mediterraneo e vi 6 documentato archeologicamente fin dal tardo Neolitico
(Devoto e Molayem, 1990, p. 143).

),,.~,~,0@,.o,~ [lyngoOrion] (V, 28) = ;dingudo)~. Pietra usata per inciderci sigilli, t~ dura,
fi'edda, del tutto trasparente e ha un inconsueto potere d'attrazione, simile all'ambra.
prodotta dall'orina sotterrata da animali (V, 28) e si presenta in vari tipi a seconda se
l'animale sia maschio o femmina, selvaggio o domestico. Necessita di parecchia lavora-
zione (V, 28). Ce ne sono di due tipi, di cui quello <<femmina>~ ~ pi6 trasparente e pi~
giallastro.

E la scttima pictra del <<razionale>> (Hex. 28.21-22) e rappresenta la trib/1 di Dan (Bacci, 1587; Gilmo-
re, 1968). Per Dioscoride (Mat Med. [I, 81. 3) '5 un materiale rossastro analogo all'ambra <~pterigofora?~
(chc attira Ic plume) che una [eggenda vuole derivi dalla trasformazione in pietra dcll'orina dt:lla lince. Stra-
bone (Ge<.;r. 1Xr, 6. 2) scmbra considerarlo una sostanza diversa dall'ambra, ma affcrma anche che in Ligu-
ria il suo home alternatiw) ~: {),~.~,":pov [dlektron] (q.v.L Vi acccnna anche Plutarco (Mot. 962F).
Ovidio (Metam. XV, 415) riferisce la leggenda della trasformazione in pietra dell'orina dt:lla lince appe-
na a contatto dell'aria. Secondo Plinio (Nat. Hk't. ,'M"~'x%'II,34) il [yncurt)ml o langurium ~ un tipo di ambra
che si forma quando la lince sotterra la sua orina; ;e rossiccio se maschio, sbiadito se femmina; come certa
ambra, ha un colore di fuoco e pu6 esser intagliato. Egli pensa che sia falso che attiri le foglie e le famine di
ferro e che abbia straordinarie propriet'a medicinali; anzi, afferma the non crede che tale gemma si sia mai
vista al tempo suo O~XVII, 52~53).
Encelio ([1551] in Lanza, 1984, p. 116) nega che si tratti di ambra e 1o collega con i calcoli urinari dei
maiali; ne esalta gli effetti curativi. Mercati ([pre-1589] 1719; in Accordi, 1980, p. 21) Io ritiene uguale al-
l'ambra, da lui correttamente interpretata come resina fossile, ma di cui nega le propriet'a elettriche. Secon-
do Del Riccio ![1597] 1996, p. 179) esiste in Germania sotto tre varietal: una rossa come il ~<carbonchio~>,
una giallicia e una verde; 6 efficace contro l'epilessia, de Boot ([16091 1636, p. 477) descrive il [yncurius co-
me di colore quale il vino vecchio, pellucido, graveolente quando brucia, simile all'ambra nella propriet'a di
attrarre e come questa estratto in Prussia e in Pomerania: sembra considerarlo affine alia belemni-
re.
L'identificazione di questa pietra ~ stata molto controversa ed 8 ancora insoddisfacente. Una sua rela-
zione con la belemnite (un fossile) ~ negata da tutti. Per de Laet, nel suo commento a de Boot che contiene
anche il testo di Teofrasto (1647, p. t55), e per Hill, ne[ suo commento-traduzione (1746, pp. 73- 77), si
tratta di <(giacinto)>, che per lui 6 un granato rosso-arancio. Questo termine per6, secondo Hoffmann
(1811, I, p. 407) e Dana (1868, p. 272), andrebbe reinterpretato nel senso che si tratti di zircone, come
sembrerebbe anche daIla descrizione di questo fatta p. es. da Cardano ([1560], VII, p. 442s.; in Accordi et
a/'., 1981); cosi Hunt (1886, p. 367) conia ii termine lyncurz?e per Io zircone cha abbia peso specifico ano-
IL L I B R O <<SULLE PIE'FRE>> D[ TEOFRASTO 203

malmente basso (cioe metamittico). Per Watson nella critica atl'edizione teofrastea di Hill (1759, p. 396),
per Dana (1909, p. 306) e per Devoto e Molayem (1990, p, 109) ~ una tormalina rossa. Per BtClmner (1887,
p. 382) ~ una resina fossile simile aU'ambra, ma anche abbastanza diversa da essa cosi da risultarne distin-
guibile anche agli occhi di Teofrasto. Per Catey e Richards (1956, p. 111) e un tipo di ambra considerata
adatta per l'intaglio, mentre :~),~:-.0o,~ [dlektron] ~ il termine che Teofrasto usa per l'ambra comune. Ei-
chholz (1967, p. 103) sostiene invece che si tratta di tormalina rossa. Infine Clark (1992, p. 411) distingue il
lingurio di Teofrasto da quello di Plinio: il primo sarebbe zircone e il secondo ambra.
Considerate le propriet'a attrattive riferite da Teofrasto in base aUe osservazioni effettuate da Diode
(e, anche se negate da Plinio, confermate da Damostrato), l'identificazinne del lingurio con lo zircone non
sostenibile; pertanto la sua idendficazione non puo cadere se non in una scelta tra ambra e tormalina.
Nell'attuale Liguria non esiste tormalina rossa e, pith in generale, anche la comune tormalina nera (sciortite)
presente solo raramente in cristaUi visibili a occhio nudo (Antofilli et al., 1983, p. 155). Anche prendendo
in considerazione una pith estesa Liguria antica (cfr. Strabone, Geogr. IV, V), esistono si pegmatiti tormali-
nifere nell'Esterel, ma si tratta anche qui sempre di sciorlite nera. Di conseguenza, viste anche la trasparen-
za e la gradazione det colore dal rossiccio al giallastro del lingurio citate da Teofrasto, la sua identificazione
con l'ambra appare la pifi probabile. Solo la durezza appare inconsistente, poichd l'ambra, pur adattissima
per intagli, non si presta gran che a essere usata per sigiili. Inoltre, poichd l'ambra ~ nota atl'autore, si deve
supporre che egli non avesse mai visto El Iingurio e lo citasse sulla base di una conoscenza indiretta, cioe di
quanto osservato nel IV sec. a. C. da Diode di Caristo, cosi come Plinio, che di nuovo si limita a riferire le
asserzioni fatte net I sec. a. C. da Damostrato (cfr. Corso et al., 1988, p. 765) e anzi non sottace il suo scet-
ticismo al riguardo. Da notare che Plinio conosceva la tormalina (Nat. Hist. XXXVII, 103) che chiama
lychnis e di cui, per primo, descrive le proprieta piroelettriche.
Esiste una possibile spiegazione alternativa: che si tratti dawero di tormalina rossa (rubeUite), ma in
questo caso la Liguria va intesa come luogo di arrivo di una rotta commerciale in partenza dalla Siberia
(oppure dalla Moravia) dove esistono pegmatiti a rubellite note da moltissimo tempo (cfr. Kirwan, 1794-
1796, I, p. 288).

A'Z-~, ),{0oc, [ L y d d l i t h o s ] (I, 4) = pietra lidia, pietra di paragone, Iidite. P i e t r a c h e h a il


p o t e r e di s a g g i a r e o r o e a r g e n t o . H a Io s t e s s o p o t e r e d e l f u o c o (VII, 45). I1 s a g g i o v i e n e
e f f e t t u a t o c o n la t e c n i c a d e l l o striscio, c i o e c o n f r o n t a n d o tra l o r o t r a c c e o t t e n u t e p e r
sfregamento (VII, 45).

Girl nota a Pindaro (Pyth. 10, 67), Teognide (417, 450) e Aristetele (CoL III, 793b 1; Hist. Anita. VIII,
597b) col nome di [~;x~cx,J~.~[b~isanos], che era usato tanto in senso proprio quanto nel senso traslato di
<<prova>~. In molti altri autori quest'ultimo vocabolo ha invece il significato di <<strumento di tortura>>, the,
essendo stato fatto proprio dai Vangeli, ha fatto scomparire il primo.
Ovidio (Metam. II, 707) le attribuisce il home alternativo di silex index (pietra <<spia>>nella traduzione
di Ramous et aL, 1992, p. 89), perche vi fu trasformato Batto che aveva indicato in Mercurio l'autore del
furto delle giovenche di Neleo. Plinio (Nat. Hist. XXTXIII, 126) usa invece il termine c'oticula per tradurre sia
la pietra Iidia sia Ia pietra eraclea, evidentemente confondendole, e ricalca le parole di Teofrasto, pur asse-
rendo che non e rata, ma si trova un po' dappertutto.
La prima descrizione moderna del saggio dei metaUi con la pietra di paragone si trova neI Probier Bii-
chlein (Anonimo, 1524). Agricola ([1546] 1550, V, p. 272) riprende Plinio, evidenzia come la pietra debba
essere la pi~ hera possibile e del tutto priva di zolfo, e afferma che essa si trova in ancor pih [uoghi di quanti
indicati dagli antichi. Riprende anche il termine }&~xvo,~ [basanos], citando per esso vari autori greci. Mtro-
ve ([1556] 1563, VII, pp. 217-223) fornisce un'accurata descrizione della procedura di saggio e raffigura le
verghette graduate usate per il conffonto secondo Io striscio (fig. 9). de Boot ([1609] 1636, p. 499) confer-
ma che veniva usata per saggiare l'oro e la considera sinonima non solo di basanus, ma anche di chrysitis, co-
ticula e petra trnoka, tutte pierre che hanno in comune con essa unicamente il fatto di essere usate per il
saggio.
204 A. MO'I-FANA " M. NAPOLITANO

j .

Fig. 9. - La serie delle ~<verghette>>graduate in ventiquattresimi raffigurata da Agricola ([1556] 1563) nella
sua descrizione del saggio delle leghe d'oro effettuato con il metodo dello striscio sulla pietra di paragone.
La verghetta n. 24/: d'oro puro, mentre la n. 1 ~ di una lega costituita di ventitre patti d'argento e una par-
te d'oro. Una serie analoga di verghette serviva a saggiare l'oro in lega con rame.

Corsi (1828, p. 116) confcrma che ['identificazione tradizionale h con la pietra di paragone (o <~pietra
indice>>, sod. delia bont/1 dei metalli, o ~<crisite>~, perchd saggia l'oro), ma la ritiene erroneamente un basalto,
giusrificandone il nome ulteriore di <<coticula~ col fatto the si taglia facilmentc in lastrc.
La pietra di paragone attualmente in uso ?2 una roccia hera a grana fine, di qualunque tipo purche omo-
genea nel colore e dotata di una licve abrasivit'a: quindi un argilloscisto, un diaspro o un'ardesia silicea. Non
ha nulla a che fare col marmo nero <<paragone~ the, dai lapicidi,/: confuso in parte col <mero antico>~ (mar-
.zor ce#/c'u.z) e in parte col ~<nero deI Belgio>~ attuale (eft. Gnoli, [19711 1988, p. 193; Borghini, 1989, p.
154). Non ha nulla a che fare neppure col .zal~vor (vdiutv, che (: un calcare rosso brecciato (Borghini, 1989,
p. 302) the non corrisponde neppure a[ calcare cui attualmente si applica questo nome, ma piuttosto all'an-
tico .zar*.or carz'u~ o r~armor iassense (Borghini, 1989, p. 289), ai quail erroneamente Corsi (1828, p. 215)
faceva corrispondere il <<Portasanta>,.
Sulle tecniche di assaggio dei metalli usate dai greci vedasi Smith e Forbes (1964).

?.=Tv~ z , ; ?.;0r [ m a g n 6 t i s l i t h o s ] (VII, 4 1 ) = s t e a t i t e . P i e t r a di s t r a n o a s p e t t o , s i m i l e al-


l'argento, ma diversa da esso per natura. Puo essere intagliata o lavorata al
tornio.

I~ un termine usato con questo significato solo da Teofrasto e qui. In aitri autori e considerato sinoni-
mo di pietra eraclea (--* " l l ~ ) . ~ i ~ 7d0~,; [HeracI4ia iithos]), sull'autorita di Platone (Ioi~ 533d).
P[inio (Nat..Hist. ~ ( V I , 128) riferisce cinque variet'a di enagnes che differiscono nel carattere <<ma-
schile>~ e <<femminile~> e nel colore, da nero a rosso fino a bianco. La pietra di Magnesia e bianca, simile a
pomice e non ha il potere di attirare il ferro. Quella della Troade ~ rossa e non ha neanch'essa alcuna
efficacia.
t~ chiaro the qui Plinio si confonde tra due pietre diverse, ma di uguale provenienza (secondo Lucre-
zio, Magnesza ad &)~yh~m, l'odierna Manisi, in Turchia, 30 km a est di Smirne). La magnetite attuale costi-
tuisce i tre primi tipi di Plinio: infatti essa ~ hera e tanto pi,5 ~ bluastra, tanto pi6 & pura e efficace, cio~ at-
IL L I B R O <<SULLE PIETRE;.> D I T E O F R A S T O 205

trae; essa corrisponde, quindi, alia pietra eraclea di Teofrasto (q.v.). Quanto alia seconda pietra, bianca o
rossa e incapace di attrarre, n e ~ stata proposta l'identificazione con un marmo o con la dolomite o col ges-
so (Stillman, 1924, p. 72) oppure con una forma impura di talco (Gilbert, [1600] 1958, p. 22; Moore, 1859,
p. 156).
La relativa tenerezza chela rende scalfibile, la buona compattezza c h e l a rende tornibile, il colore va-
riabile ma prevalentemente bianco, e l'aspetto argenteo sono tutti caratteri che fanno propendere, pifi che
per il talco p.d., per la sua varietY, massiva nota come steatite, che spesso contiene impurezze di vari carbo-
nati, inclusa l'ankerite (colore rossastro), diventando con ci6 un po' piu dura e meno untuosa al tatto put
mantenendone l'aspetto sericeo. Questa precisazione ~ resa necessaria dal fatto che Plinio dimostra di co-
noscere la steatite p.d. (Nat. Hist. XXXVII, 186).

!-~,:'C'~p?:'q.; [ m a r g a r i t e s ] (VI, 36) = perla. P i e t r a t a r a , t r a s l u c e n t e , c o s t o s a , a d a t t a a f a r e


v a g h i p e r c o l l a n e in q u a n t o n o n ~ pi~ g r a n d e di u n o c c h i o di p e s c e . C r e s c e e n t r o u n ' o -
strica e p r o v i e n e d a l l a c o s t a d e l l ' I n d i a o d a c e r t e isole d e l M a r e Eritreo.

I1 Mare Eritreo degli antichi non ~ necessariamente il nostro Mar Rosso; pith probabilmente si tratta
del Golfo Persico e le isole corrisponderebbero perci6 all'arcipelago delle Bahrein, dov'e tuttora praticata
la pesca delie perle (cfr. Strabone, Geogr. XTf, 3. 7).
La perla ~ citata da Giovanni (Apoc. 39. 21) come it materiale che costituisce le dodici porte della Ge-
rusalemme celeste (Rueo, 1547; Bacci, 1587).
Plinio (Nat. Hist. IX, 106) ta descrive ampiamente tra i prodotti degli animali marini e la valuta la gem-
ma piu pregiata: essa (XXXVII, 62) ~ quella che cede solo al diamante per valore.
Perle sono ampiamente descritte da Leonardi (1516), Encelio ([1551] in Lanza, 1984, p. i17), che ac-
cenna anche all'esistenza di perle false, e Cardano ([1560], VII, p. 482s.; in Accordi et al., 1981) e Dolce
(1565). Del Riccio ([1597] 1996, pp. 142-146) fa una lunga descrizione della pesca delle perle e del modo in
cui sono trovate helle conchiglie, nonchd del loro uso in medicina.
11 termine, di uso incontrastato nell'antichita classica, (e stato soppiantato in italiano da perla, di ignota
etimologia, durante il medioevo, in epoca sicuramente precedente a Dante.

:*~0!*:{:0.~ [ m ~ . r m a r o s ] (II, 9 ) = calcare. E l ' u n i c a p i e t r a c h e n o n f o n d e , m a si c a l c i n a


producendo s a b b i a o calce. V i e n e u s a t a in Siria e F e n i c i a p e r p r o d u r r e g e s s o (LK, 69).

11 termine greco non significa necessariamente marmo, ma qualsiasi roccia che possa essere scolpita o
lucidata. Anche i latini chiamavano marmor ogni roccia suscettibile di lucidatura e, pertanto, usata soprat-
tutto per rivestimenti a vista (cfr. Corsi, 1828, p. 36).
Teofrasto non ne accenna ali'uso in scultura o in architettura, ma solo a quello nelle calchere per pro-
durre un materiale pulverulento che, bagnato, faccia presa. Di qui l'identificazione con una roccia a base
prevalentemente di carbonato di calcio. Per Ia distinzione tra calcc e gesso si veda alle rispettive
voci.
Ovidio (Metam. XV, 314) descrive come si trasformino in marmi le cose immerse helle acque cariche di
carbonato di calcio di un flume della Tracia (cff. anche Plinio, Nat. Hist. II, 226; Seneca, Nat. quaest. HI,
20. 3). Plinio dedica ai marmora i parr. 1-125 del libro ~%:'XVI della Nat. Hist., a partite dal marmo patio
(---~ il~.~:o.~ ).;.0oq [P~irios lithos]), che ~: il pi~ importante perche ~ usato nella statuaria, fino a tipi pith mo-
desti usati solo come materiale da costruzione. Tratte principalmente da Plinio sono le descrizioni e le di-
verse identificazioni icon successive graduali variazioni di significato) che vanno da Agricola ([1546] 1550,
pp. 314-318) a Del Riccio ([1597] 1996, pp. 90-125), da de Boot ([1609] 1636, pp. 487-511) a Corsi (1828,
pp. 35-95), e piu recentemente ora da Gnoli ([1971] 1988) a Borghini (t989) e a tanti altri. Cardano
([1560], VII; in Accordi et al., 1981) lo considera uno dei cinque tipi fondamentali di pietre (p. 435) e ne li-
sta una serie di tipi (pp. 487-489) inclusi alcuni che non sono calcarei.
206 A. MOTTANA - M, NAPOLITANO

NeLla terminologia scientifica petrografica (D'Amico et al., 1987, p. 315), marmo ,5 ogni roccia meta-
morfica di composizione carbonatica (anche dolomitica); calcare ne 6 l'equivalente sedimentario, prece-
dente cio'5 all'azione del metamorfismo, per i materiali a base di carbonato di calcio; la dolomia ne '5 l'equi-
valente sedimentario per quelli a base di carbonato di calcio e magnesio.

!*ev~),),~'s [metalleu6menon] (I, 1 ) = metal[o.

I1 termine 8 usato da Platone (PoL 288d) in funzione esclusivamente verbale, mentre in Aristotele talo-
ra la conserva (Polit. I, 1258b 32; Meteor IZI, 378a 27), ma pifi spesso la perde assumendo quella nominale
(Meteor IV, 384b 32; 388a 13). Per l'uso nominale in Teofrasto e per la coincidenza tra l'uso fattone da lui
con quello di Aristotele in Meteor. IV, cff. Baffioni, 1981, pp. 251 e 347.
11 termine qui ha il significato nominale di materiale di aspetto metallico estratto dalle miniere, in greco
{,~.-.=).).= [m4talla]. Corrisponde cio4 al tedesco E~ e all'inglese ore, ma con enfasi sul metodo di estrazione,
che ~ essenzialmente quetlo in sotterraneo. Solo molto pi6 tardi !,~n~),),~,~ [m4tallon] 1o rimpiazzer~ assu-
mendo il significato sia di minerale sia di metallo (p. es. in Normo di Panopoli, V sec. d. C.), quando invece
in latino tale uso ~ gia presente in Plinio.

M'c),:~q 7 { [Meli~is gh4] (IX, 62) = terra rnelia. T i p o di t e r r a e s t r a t t a a M e l o , u s a t a in


pittura perch4 non grassa, moderatamente a s p r a e friabite.

Citata da Dioscoride (Mat. Med. V, 159) come varieth color grigio cenere della terra eretria, ruvida,
che d'a un rumore analogo a quello della pomice quando '5 sfregata con le dita.
Plinio (Nat. Hk't. ~CKV, 37) tra i colori minerali cita il melinum, candido, estratto a Melo e a Samo,
che h usato in medicina per il suo potere astringente e detergente.
Per Mercati ([pre-1589] 1719; in Accordi, t980, p. 18) '5 un'argi[la chiara allappante che viene usata
anche per dipingere le barche.
Ritenuta da molti un'argilla bianca (cfr. Hill, 1746, p. 142; Lenz, 1861, p. 27), 6 stata identificata da
Stephanidis (1896, p. 93) come il materiale presente in uno dei tanti depositi caolinici dell'isola di Me[o.
Caley e Richards (1956, p. 208) tuttavia osservano che non '5 descritta come un'argilla bianca untuosa al
tatto, ma come un qualcosa di ruvido; pertanto dovrebbe trattarsi piuttosto di una silice criptocristallina, di
cui pure sono stati scoperti a Melo vari depositi, che furono commercializzati come polvere adatta per luci-
dare oppure per Ia carica ddle pitture col home di milowite (Wilson, 1935).
In effetti, ammassi compatti di materiale d'aspetto terroso, bianco, a grana fine e di composizione sili-
cea (opale, calcedonio) sono noti in vari ambienti sedimentari come prodotto di deposizione da acque ter-
mall in bacini chiusi oppure come accumulo di organismi silicei (diatomiti, tripoli); essi possono essere com-
misti ad altro materiale di varia origine e quindi facilmente acquistano toni grigi piO o meno scuri pur man-
tenendo la loro caratteristica ruvidezza al tatto. Non mancano inoltre de[le proprieta astringenti descritte
da Plinio e, se frammisti con allume, anche di quelle detergenti.

M'~).'0; ),;0r,~ [M41ios lithos] (II, 14) = pietra melia, ossidiana (?). T i p o di p o m i c e p i u t -
tosto pesante c h e si r i n v i e n e e n t r o u n ' a l t r a r o c c i a n e l t ' i s o l a di M e l o .

Citata da Plinio (Nat. Hist. XXXVI, 152) come una delle pomici pih apprezzate per allisciare la pelle
usata per i libri.
La pomice che si trova a Meto '5 diversa da quella di Lipari sia helle caratteristiche fisiche sia nel conte-
sto geologico in cui si trova. Caley e Richards (1956, p. 84) interpretano questo nel senso che a Lipari la po-
mice '5 associata a ossidiana e a Meto a riolite comune. Invece Eichholz (1965, p. 99) le considera entrambe
ossidiane di composizione diversa. In effetti, l'ossidiana di Lipari '5 riolitica (liparitica); quella di Melo e an-
desitica, quindi piu pesante. Che per6 il riferimento teofrasteo si applichi veramente all'ossidiana '5 contro-
IL L I B R O <<SULLE PIETRE)> D I T E O F R A S T O 207

verso; infatti 1o stesso criterio si applica bene anche ai due diversi tipi di pomice presenti in tali
Iocalita.

!~),no,~ [ m f l t o s ] (VIII, 51) = ocra rossa. T e r r a r o s s a e s t r a t t a d a m i n i e r a e u s a t a p e r d i p i n -


g e r e . Si t r o v a n e l l e m i n i e r e d ' o r o , d ' a r g e n t o e di r a m e , a s s u m e n d o v a r i e t o n a l i t a di c o -
l o r e f i n o al c o l o r c a r n e (VIII, 51). I n C a p p a d o c i a si t r o v a a s s o c i a t o a --~ 63;(p~ [ o c h r a ] in
g r a n d i quantit~l (VIII, 52). V e n e s o n o vari tipi; il m i g l i o r e p r o v i e n e d a l l e m i n i e r e di fer-
r o di C e o (VIII, 52) e i n o l t r e ~ e s t r a t t o a L e m n o e a S i n o p e (VIII, 53). C i s o n o a n c h e
p i c c o l e m i n i e r e d a cui e s s o 8 il s o l o m a t e r i a l e e s t r a t t o (VIII, 53). C e n e s o n o tre tipi:
r o s s o - s c u r o , r o s s o - c h i a r o e r o s s o - m e d i o , q u e s t ' u l t i m o d e t t o a n c h e <<sufficiente>> p e r c h d
si u s a tal q u a l e s e n z a m e s c o l a m e n t i (VIII, 53). S e n e o t t i e n e di qualit~i i n f e r i o r e b r u -
c i a n d o --~ &/,~c~ [ 6 c h r a ] (VIII, 53).

Termine usato nel medesimo contesto, ma con significato pith generico, da Erodoto (IV, 191. 1; VII,
69. l) e Aristotele (Meteor 1II, 378a 23). Platone invece gli riserva il vecchio significato di ruggine (Tl)-n.
59c) e lo fa derivare da tame (--* ;.6r [i6s]) quando la terra mescolata all'acqua fusibile che lo costituisce se
ne dissocia per invecchiamento.
Dioscoride (Mat. Med. V, 96) ne menziona il tipo detto <~sinopico>~,di color rosso-fegato, usato a scopo
medicinale. Cio ~ confermato da Galeno (XIII, 79). Nicandro (Ther. 864) ne menziona inveee il tipo detto
demnio,~. Non ci sono riferimenti per quelli della Cappadocia e di Ceo, fuorche un'iscrizione relativa ad un
trattato tra quest'ultima isola e Atene per l'esportazione dell'ocra rossa, da effettuarsi per nave (fide Caley
e Richards, 1956, p. 177).
Vitravio (Arch. VII, 7. 2) Io chiama nr e ne menziona come luoghi di produzione, tra ahri, Sinope
e Lemno. Plinio (Nat. Hist. X ~ ( I I , 115) fa risalire l'uso della n~brica come colorante rosso fino a Omero
(If. II, 637), come conferma Millin de Grandmaison (1789). Inoltre (,'C'CXV, 31), egli chiama .~Jnopis la terra
sinopica; afferma che si trova in varie localit'a e ne riconosce tre toni di colore, specificando che serve a co-
lorare il legno e in medicina come emolliente. Riferisce anche (~CXV, 33) che alia terra lemnia si dava il
nome di sphragzs e che era usata in medicina per lenire le ulcere e in genere come antidoto.
Agricola ([1546] 1550, 1I, passim) ripete l'equivalenza di Plinio e le parole di Teoffasto, precisando pe-
r o c h e dalla Cappadocia, dove e estratta, la rubrica e condotta a Sinope e da qui riceve solo il nome (p.
202); informa inoltre c h e l a terra lemnia ai suoi tempi era ancora importata dal Levantc (p. 200). Infatti,
dalla <<terra lemnia>> (o <<terra sigillata>> o anche <<sigillo lemnio>>), rosa o color came, mescolata con succhi
vegetali venivano preparate pastiglie per un uso medicinale (cfr. Encelio ([1551] in Lanza, 1984. p. 115) che
dur6 fino al '700. Secondo Accordi (1977) si tratterebbe di una <<argilla rosa ricca di cimo[ite e sffagidite>,, t
due nomi non corrispondono a nessun minerale accettato attualmente. Infatti la <<cimolite>~(Kz)nolit) era un
minerale delle argille di colore grigio argenteo, proveniente da Kimolos ( = Argentiera) in Grecia, denomi-
nato da M. H. Klaproth (1795) in base a un'analisi chimica abbastanza corrispondente a quella di una hal-
Ioysite; pero, successivamente, Klaproth (1815) ne diede una seconda analisi di un campione grigio perla
che corrisponde piuttosto a un'illite con eccesso di acqua (fide Hintze, 1897, 1I, p. 1828). Invece la <,sfragi-
dite>> (Sphragz~it) o <<sffagite>> (Sphragit) era un aLiuminosilicato di sodio che era stato denominato cosi da
D. L. Karsten (1808) con riferimento alia terra sigillata di Striegau, resa celebre come medicinale nel 1585
da Jacobus Montanus chela sostitui a partire da quell'anno all'allora non pifl reperibile terra medicinale di
Stalimene ( = Lemno) in Grecia (fii/e Dana, 1892, p. 696).
La <<rubrica sinopica>> (o <<bolo armeno>>), rossastra, gi'~ all'inizio del '500 si trovava in Germania
(Agricola [1546] 1550: Bermann. p. 461), anche se per lo pifl veniva importata da Costantinopoli.
Veniva usata per fermare il flusso del sangue e saldare le ossa fratturate (eft. Encelio ([1551]
in Lanza, 1984, p. 115; Mercati [pre-1589] 1719; in Accordi, 1980, p. 17), nonche per preparare
il rondo dei quadri dipinti su tavola 1~ dove essi erano da argentare, oppure per tracciare sull'arriccio
dei muri iT disegno dell'affresco (sinopia) prima della sua realizzazione a colori. Si tratta (Accordi,
208 A. MOTYANA - M, NAPOL[TANO

1980, p. 17) di un'argilla ocracea rossastra o color legato, densa, facile da disperdere in una sospensione
acquosa.
Vari linguisti ancora traducono !~;?,:0g [miltos] con ,minion>, anche se Plinio (Nat. Hist. )~O(III, 115)
precisa che questo termine latino corrisponde al greco ~c,.,J,/x~,,zp:;[kinn~ibaris] (q.v.).

!.6).'a,~8o~ [m61ybdos] (VIII, 56) = piombo. Utilizzato per la preparazione della biacca
artificiale (VIII, 56).

Termine d'uso comune e ben noto, che si ritrova in Erodoto (III, 56. 2), Ippocrate, Senofonte, Euripi-
de, Tucidide ed Aristotele (Meteor. IV, 385a 2; IV, 389a 8). Questi per6 lo usa anche in quello pi6 generico
di lega per saldatura (Meteor. III, 34% 2). Teognide (417, 1105) ~ l'unico che gli attribuisce il significato di
grafite e parli di un suo uso per il saggio dell'oro.
Plinio gli dedica i parr. 156-I78 del libro 2OCKIV della Nat. Hist. Subito indica che ne esistono due ge-
neri: il nero (plumbum) e ~ bianco (cassiterum = stagno). Del primo accenna all'origine filoniana, alla fie-
quente associazione con argento, alla raffinazione tramite fusione, all'uso nella tecnica e nella medicina, ai
minerali principali e ai prodotti da trattamento chimico: biacca (cermsa --+ .bq,60,.o,~ [psim}?thion]), realgar o
<<sandracca, (sandaraca - + ~ , J S ~ ~ , [sandar(tke]) e orpimento (a~rhenicum --*~.~:~,~:~c6,~ [arrheni-
k6n]).
Encelio ([1551I in Lanza, 1984, p. 114) ne distingue tre tipi: il nero, il cinereo e il bianco; il primo ~ il
piombo p.d. e l'uhimo ?2 Io stagno, ma quello cinereo (: probabilmente galena.
Uno studio dettagliato sul piombo nell'antichit~l ~e quello di Krvsko (1979). La riutilizzazione del termi-
ne greco, soppiantato da quello latino, per designare il nuovo elemento molibdeno si deve a Scheele
(1778).

?-'J).;=; [mylias] (II, 9) = mola, ptetra da macz)la. Pietra the diventa fluida se scaldata al
fuoco assieme al materiale accumulato su di lei.

Aristotele (Meteor IV, 383b 12) sottolinea the ? insolubile anche dopo essere stata esposta al fuoco. La
distingue dalta :~6),r, [mOle] (Meteor. IV, 383b 7), che invece fonde e diventa fluida. Evidentementc le mole
crano fatte con pierre diverse. Strabone (Geogr. VI, 2. 3) ne descrive il processo di consolidamento a parti-
te dalla lava ddl'Etna, di cui mantiene il colore nero anche da solida; altrove (Geogr. XIV, l. 33) afferma
inoltre che con essa ~2 stato costruito il nucleo della terza piramide, bench(" sia durissima da lavorare e pro-
venga da molto lontano, in Etiopia.
In realtor, qualsiasi roccia dura e stata usata per costruire macine, per cui identificarne una preferenzial-
mente e pressocchd impossibile.

{:e~0-b, [xanthe] (VI, 3 7 ) = .xante.. Pietra di un cotore pi/1 biancastro che giallo.

termine che in greco compare esclusivamente in questo passo di Teofrasto.


Plinio (Nat. Hist. X,"~'~WII, 169) accenna con parole simili a una pietra che chiama xuthos e -che gli stra-
nieri (sc. i Babilonesi, stando al contesto) chiamano menui>>. Altrove ( ~ C V I I , 128) to xuto e detto proveni-
re dall'India, dove ~ considerata la gemma della plebe, cioe di poco valore, e viene descritto in uno stesso
contesto col meLichrysus, giallo e fragile, anche se duro. Uno Hyacinthus xanthis era presente nella MetaHo-
theca di Mercati ([pre-1589]; in Accordi, 1980, p. 6). Invece de Boot ([1609] 1636, p. 573) menziona Io xan-
thos (sic) sulla fede di Plinio.
Per Capelle (1958, p. 21), Teofrasto usa ~:~.~t)6.~[xanthds] con significati molto variabili: dal giallo chia-
ro della nocciola fino al marroncino dei datteri secchi.
Potrebbe forse trattarsi di zircone (cfr. la traduzione di Rosati del testo di Plinio in Corso et M., 1988,
p. 819), anche se la sua identificazione, tra la congerie di pietre gialle descritte da Plinio, appare difficile a
IL LIBRO <<SULLE P[ETRE>> DI TEOFR&STO 209

Devoto e Molayem (1990, p. 124). In alternativa, potrebbe trattarsi di diaspro giallo (Caley e Riehards,
1956, p. 140) oppure di una limonite (Eichholz, 1965, p. 114).

;5~-~ [6mphax] (V, 3 0 ) = <<onface~, giada (?). P i e t r a d a cui si f a n n o sigilli.

1] significato originario del termine ~ <<uva acerba~> (e.g. Omero, Od. VII, 125; Esiodo, .Sct~t. 399); quel-
lo traslato implica sempre qualcosa di immaturo. Come termine mineralogico e attestato solo da questo
passo di Teofrasto, mentre Galeno (Simpl. med. fac. XII, 207) cita una pietra 6!,~-:.7.v:~ [omphatitis], senza
pero descriverla.
Non ~ ricordata n6 da Agricola ([1546] 1550) nd da de Boot ([1609] 1636).
F, impossibile identificare con sicurezza questa gemma, in quanto non ~ sufficientemente descritta,
Certamente non si tratta dell'attude onfacite, essendo questo un home introdotto ex novo (probabilmente
come una reminiscenza a Teofrasto) da A. G. Werner (in Hoffmann, 1815, Ii'b, p. 302) per il clinopirosseno
verde-uva contenuto nelle eclogiti dei dintorni di Bayreuth, Germania. 1] materiale di Teofrasto potrebbe
essere o una variet/t di calcedonio analoga al crisoprasio, se se ne vuo]e sottolineare il colore verdiccio (Ste-
phanidis, 1896, p. 76; Eichholz, 1965, p. 109), oppure quarzo o agata (Mieleimer, 1922, p. 437), oppure
prehnite, se si pone l'accento sulla sua struttura botrioidale tipo grappolo d'uva (Caley e Richards, 1956, p.
120), oppure ancora <<smaragdite>>, cio~ un prodotto d'atterazione del clinopirosseno nei metagabbri eufoti-
di di cui si hanno esempi antichi (cfr. Giardini e Colasante, 1986, figg. 149-150).
Proponiamo qui l'identificazione con la giada, roccia impura costituita prevalentemente di giadeite mi-
crocristallina verde chiara, ottima per i sigilli perch6, compatta. Devoto e Molayem (1990, pp. 73-75) so-
stengono che I'uso deUe glade in archeogemmologia ~ limitatissimo e, in particolare, quasi inesistente in Eu-
ropa dopo il Neolitico; tuttavia essi stessi presentano una pietra d'anello verde d'et'5, ellcnistica riconoscen-
dola come giada birmana: 6 la loro fig. 55. La presenza di glade in Grecia (e helle Alpi occidentali) 6 affer-
mata anche da Rossi ([1984] t995, p. 75).

6,~'5-/v:s [ o n Ochion] (V, 31) = calcedonio onice. P i e t r a p e r anelli f o r m a t a d a s t r a t i p a r a l -


leli b i a n c h i e grigi.

II nome deriva probabilmente da ;;'~.J~ [6nyx] ( = unghia, artiglio) ed ~ usato da Aristotele nei due signi-
ficati di_<<corno>> (Meteor. IV, 389a 12) e di <<piccolo artiglio>~ (Hist. anita. 503a 29).
Come home di gemma ,2 usato da Teofrasto e dai Settanta: ~ l'undicesima pietra del <<razionale>> (Hex
39. 13) e designa la trib/a di Giuseppe (Rueo, 1547; Bacci, 1587; Gilmore, 1968). Piu comunemente nella
Bibbia per0 ~ usato ;5,~,~:~[onyx] (e.g. 1oh 28. 16), il the Io ha fatto poi prevalere. Giovanni menziona il sar-
donice come materiale di cui ~ costituito il quinto fondamento della Gerusalemme celeste IApoc. 21. 20;
cfr. Rueo, 1547; Bacci, 1587). Socrate e Dionigi (cfr. Halleux e Schamp, 1985, pp. 169-171) citano la pietra
;:~,:/~:c,~ [onychites] come a tre strati: color miele, bianco e nero, oppure tutta bianca e traslucida, da usare
per cammei.
Con Plinio, onyx assume due diversi significati: a) pietra simile all'alabastrite, dal co[ore del miele con
venature a spirale e non traslucide (Nat. Hist. ~'~XVI, 59-61); b) gemma candida come I'unghia umana, ma
talora anche di vari colori e variegata a strisce nere e blanche, analoga alla sarda per caratteristiche; questa
l'onice p.d. (Nat. Hist. ~ , 90-91).
Agricola ([1546] 1550, passim) riconosce l'esistenza di una pietra .~onychite>> simile in colore e figura al-
le unghie (V, p. 265), e inoltre di una gemma <<onyche>>che corrisponde al calcedonio (\rI, p. 299). Parla in-
fine di un <<marmo onyche>> (VII, p. 319) di cui sono fatte alcune colonne di San Pietro. L'onice ~ descritto
nelle sue diverse variet~ da Encelio ([1551] in Lanza, 1984, p. 117). Per Cardano ([1560], VII; in Accordi et
al., 1981) ~ una gemma tenera da cui nascono sarda, corniolo e sardonice (p. 464), tutti materiali adattissi-
mi per fare sigilli.
Per Corsi (1828), che segue Plinio, il lapis onyx corrisponde sia all'alabastro antico (p. 81, p. 216) sia al-
l'attuale onice bianco e nero a due strati (pp. 156 e 218). Borghini (1989, p. 146) lo considera invece un si-
210 A. MOTrANA - M. NAI~OLITANO

nonimo di alabastro egiziano (cfr. Gno[i, [1971] 1988, p. 215). Capelle (1958, p. 20) chiarisce che il termine
deve significare una pietra con altemanza di strisce blanche e grigie.
Nella terminologia gemmologica moderna permane la doppia def'mizione di Plinio, anzi divenuta trip[i-
ce e quindi peggiorata: onice ~ sia un calcedonio zonato a bande blanche e nere (<<onice p.d.>>), sia l'alaba-
stro calcareo (<<onice alabastro>>), sia un calcare concrezionare compatto purchd diafano (<<marmo onice>>).
Caratteristiche comuni sono un accenno di trastucenza e, per gli ultimi due, un colore sul marroncino o ver-
dastro. L'ultimo termine e il piO errato, ma ~ queUo pill diffuso attualmente (Webster, [1983] 1994, p.
382).

II&p,0~ )d0og [Pfirios l i t h o s ] (I, 7) = m a r m o d i Paro. L e cave s o n o sull'isola di P a r o


(I, 6).

Era un marmo talmente famoso fin dall'antichit'a (lo citano tra gti altri Pindaro, Erodoto, Teocrito)
che Teofrasto ne fa cenno si, ma neppure 1o descrive. La sua fama era tale che perfino la Vulgata, spesso,
attribuisce l'epiteto di pario a marmi comuni, non indicati cosi nei testi greco e ebraico, quando vuote esal-
tame la qualit~ (cir. Corsi, 1828, p. 38).
1~ un marmo cristaUino a grana media, di un caldo colore bianco tendente al giallognolo in superficie e
con effetti interni di traslucenza. Ne sono state rintracciate le cave nell'isola di Paro, helle Cicladi, fin dal
XVII secolo: presso la localita Marpissa per 1o statuario, che era estratto in gatleria in picco[i pezzi; a Na-
oussa e Lakkos per le variet'a meno belle usate in edilizia, che erano estratte in btoccbi (Renfrew e Peacey,
1968; Gnoli, [1971] 1988, p. 261; Borghini, 1989, p. 250).
P[inio gli dedica i paragrafi iniziali del tibro X2GXVI delia Nat. Hist. (9-13); poi (14) ne chiama/ychnites
la variet,', pi/1 pregiata tra tutte e ne fa derivare il nome dall'essere estratta in gatleria a lump: di
lucerna.
Agricola ([1546] 1550, VII, p. 314) e de Boot ([1609] 1636, p. 489) ne fanno un breve accenno per ri-
cordarne la candidezza, che ~ inferiore solo a quella del marmo lunense.
Secondo Corsi (1828, p. 37) il home comune datogli dai lapicidi romani sarebbe <<greco duro>>, mentre
seeondo Gnoli ([1971] 1988, p. 262) sarebbe <<grechetto duro>>. Per Bruzza (1870, pp. 158-163) sarebbero
provenienti entrambi dall'isola di Paro.

=6~o~ [ p d r o s ] (I, 7) = calcare vacuolare. P i e t r a s i m i l e al m a r m o p a r i o p e r c o l o r e e c o m -


p a t t e z z a , m a p o r o s a e t e g g e r a . G l i E g i z i a n i la u s a n o n e i fregi.

Erodoto (V, 62. 3) considera il r:~b~,.'~r X:Oo~ [pdrinos lithosl una pietra tencra e leggera (che a tradot-
ta con <<tufo>>dalla Izzo d'Accinni in Cassola et a[., t984, vol. m , p. 69) adatta per le strutture dei templi,
mentre per la facciata viene usato il ben piCt pregiato marmo pario (cfr. WycherIey, 1974). Aristotele usa il
termine (ora con omicron ora con omega) sia nel suo significato proprio di <<poro>> (Meteor. III e IV, passim)
sia in quello traslato di <<stalattite>> (Meteor. 388b 26: cfr. Lee, 1952, p. )[VII). Da quest'ultimo significato/:
facile passare a quello di roccia porosa e poi da questa a quello di calcare vacuolare e perfino di travertino,
che ~ la roccia calcarea porosa tipica (cfr. Rodolico, 1959, 1961). Per Dioscoride (Mat. Med. V, 93) e un
materiale friabile che si forma nelle fessure dei calcari.
Per Plinio (Nat. Hist. XTC'(VI, 132) it porus ~ un marmo analogo a quello di Paro net colore bianco e
nella durezza, ma pi0. leggero, adatto per la costruzione di sarcofagi.
Per de Boot ([1609] 1636, p. 402) ~ la stessa cosa del tufo.
Corsi (1828, p. 39) chiama marmor porinum il porus di PIinio e 1o identifica col <<grechetto duro>> degli
scalpellini romaN, che a effettivamente relativameme pi0 leggero del marmo pario (-~ [I~p,.0r 7,:0or [Pfirios
lithos]), ma non ne ha ne le caratteristiche di porosit~ implicite nel termine greco, ne quella di essere una
pietra tenera.
Eichholz (1944) costruisce una teoria in base alia quale il =6c0~ [poros] qui descritto da Teofrasto
IL L1BRO <<SULLE PIETRE>> DI TEOFRASTO 211

sarebbe una pietra molto bella, benche leggera, e di provenienza egiziana, ben diversa dal calcaraccio
noto ai greci.
Dato che Plinio tiene porus ben distinto dal lapis tiburtinus, di cui pure parla brevemente assieme ad al-
tri calcari teneri (Nat. H~st. ~'~XVI, 167), non pub trattarsi del travertino (gi~ ben descritto da Vitruvio: Ar-
ch. 1J, 7. 2), ma di un altro tipo di calcare vacuolare non meglio identificabile. 1~ escluso comunque che si
tratti di un <<tufo>~inteso come catcare pulverulento tenero, di cui pure Plinio parla (ibid.), questo si asso-
ciandolo al travertino. I1 termine <~tufo>~,benchd usato in passato per varie rocce tenere vacuolari, non ~ pi'5
da usare in quanto nella termJnologia petrografica ~ ora riservato a un tipo particolare di roccia
piroctastica.

= , ~ d n , . q [ p r a s i t i s ] (VI, 3 7 ) = (r Ha un colore verdastro.

Non ~ citata da nessun altro autore greco. Pero nel Lapidar~ O~t~co (24, 757: cfr. Hatleux e Schamp,
1985, p. 122) si parla di una pietra che deve al porto (=~ae~o,~ [pr~sion]) il colore verde e i l nome.
Anche Plinio non ne parla, ma accenna invece al prasius (Nat. Hist. XXXVII, 113) come pietra di poco
valore di colore verde con puntini rossi oppure con segni bianchi.
Secondo Agricola ([1546] 1550, VI, p. 293) la prasite di Teoffasto non e altro che il <<prasio~ e questo
calcedonio color porro (p. 299). de Boot ([1609] 1636, p. 195) parla di un prasinus come sinonimo di sma-
ragdus e di un prasius, di cui fornisce le caratteristiche in modo poco significativo.
I commentatori di Teofrasto si sono sbizzarriti nel loro cercare di identificare questa pietra verdastra.
Per Hill (1746, p. 96) ~ radice di smeraldo; per Lenz (1861, p. 23) e fluorite verde-azzurra; per Stephanidis
(1896, p. 103) ~ berillo o crisoberillo; per Caley e Richards (1956, p. 138) ~ <<eliotropio~, cio/~ una varieta
verde scura di calcedonio o di diaspro con macchie di rosso, ma potrebbe anche essere una serpentina o al-
tra pietra verde scura opaca; per Eichholz (1965, p. 114) ~ <~plasma>~, altra variet'a di calcedonio verde
scura.
Con l'eccezione del crisoberilto, troppo raro e duro per essere usato, e dello smeraldo, troppo pregiato
per meritare il fiacco accenno di Teofrasto, tutte queste identificazioni sono ugualmente possibili.

~'<~61,~7oc, k~0o; [ p y r 6 m a c h o s l i t h o s ] (II, 9) = selce piromaca. P i e t r a c h e d i v e n t a f l u i d a


s e e s p o s t a al f u o c o a s s i e m e al m a t e r i a l e a c c u m u l a t o su di lei.

Stesso significato in Aristotele (Meteor. IV, 383b 5) che per6 scrive r:.'a~i!*~zZ0;[pyrimachos[, e precisa
che h una pietra usata nel processo siderurgico per la preparazione dell'acciaio: durante ia fusione del crudo
anch'essa fonde sotto forma di gocce per poi solidificare di nuovo e riacquistare la durezza iniziale (cfr.
Gottschalk, 1961, p. 76).
Agricola ([1546] 1550, X, p. 375) considera (<pyrimachon>~ un equivalente della pirite, che si liquefa so-
lo nelle fornaci pid ardenti, de Boot ([1609] 1636, p. 515) lo considera una silice bianca e traslucida, atta a
liquefarsi e a liquefare i metalli (in tedesco Flusste~n o Weisserkz~sk)cg), ma supernatando sopra di essi. E
usato dai vetrai, dai chimici e dagli scultori; essendo trasparente, essi gli danno la forma di una gemma e Io
vendono come tale col nome di diamante di Boemia.
Per Mieleimer (1922, p. 433) questa <<pietra che risuona nel fuoco~ h probabi]mente una varieta di
quarzo. Caley e Richards (1956, p. 77) costmiscono una teoria sul fatto che piromache e moll sono contem-
poraneamente citate da Teofrasto: le prime sarebbero calcari paiticolari usati come additivi helle fonderie
per facilitare la fusione dei metatli. Eichholz (1965, p. 94) pero la smonta facendo riferimento proprio alia
descrizione del processo fatta da Aristotele (cfr. Lee, 1952, pp. 324-329) e ribadisce che le piromache sono
rocce silicee e le moll (-+ ~,~k~.~ [mylias]) sono lave acide.

v~l*~= "lq [ S a m i a gh6] (IX, 62) = terra samia. T i p o di t e r r a e s t r a t t a a S a m o , di b e l l ' a -


s p e t t o , m a n o n u s a t a in p i t t u r a p e r c h d g r a s s a e liscia. 1~ u s a t a p e r t i n g e r e i p a n n i (IX,
64).
212 A. MO'UFANA - M. NAPOLITANO

Dioscoride (Mat. Med. V, 153) afferma c h e l a terra samia presenta due varietY: una, detta 8tr
[astdr], ,~ perlacea, a struttura lamellare, allappante la lingua; l'altra, chiamata ~:o),),0,5~m,J [koUofirion],
piC~ compatta e grigiastra. Tuttavia le considera entrambe utili per cicatrizzare le ferite, cosi come fa anche
Galeno (Sbnpl. reed. fac. X11, 181) che ne evidenzia proprio le propriet~ essiccanti.
Plinio (Nat. Hist. ~C~XV, 191) conferma iI nome delle due varietY, aster e collyrium: entrambe sono
blanche e la prima, quando ~ fresca, 8 molto leggera e vischiosa alia lingua; la seconda 8 piu
compatta.
Agricota ([1546] 1550, 1I, p. 197) ne ripete i due tipi e precisa che l'astere contiene laminette luccicanti
e che il col]irio e grasso, molle, leggero, e dolce di sapore. Ne parla anche Mercati ([pre-1589] 1719; in Ac-
cordi, 1980, pp. 17 e 40) come di un materiale bianco, leggero e tenero di cui esistono tre tipi tutti usati a
scopo curativo. Pi~ brevi, ma suppergi~ identiche le notazioni di de Boot ([1609] 1636, p. 394).
Hill (1746, p. 146) ritiene che sia talco. Dana (1892) e Bailey (1932, p. 240) pensano piuttosto a caoli-
nite, e che aster rifletta nel nome la tendenza delle laminette di questa a orientarsi a forma di stella. Anche
secondo Accordi (1980, p. 17) e Healy (1981, p. 177) si tratta di un'argilla caotinica.
A Samo esistono davvero depositi di argille caoliniche sfruttati fin dall'antichit#, essenzialmente per usi
ceramici (vasi); tuttavia ~ improbabile che si tratti di caolini puri o addirittura di caolinite, poichd s e e vero
che tra tutti i minerali delle argille questo ~ tra i pochi che dia cristalli a forma di laminette allungate di con-
torno esagonale lunghi fino a 2 ram, essa non possiede per se le proprietY, allappanti descritte dagti autori.
Si deve quindi pensare the nei giacimenti di terra samia essa sia accompagnata in subordine da un'ahra spe-
cie di argilla, forse una smettite.

~:c~8~:~r, [sandar~ike] (VI~, 40) = realgar. Usato come pigmento colorante nella pit-
tura. Ha la consistenza di una polvere. 1~ passato attraverso un processo di combustione
(VIII, 50). Trovato nelle miniere d'oro, d'argento e di tame (VIII, 51).

II terminc ~: usato in un contesto mineralogico, ma con significato generico, riferito al suo colore aran-
cio. da Aristotele (Meteor IIi, 378a 23), il quale lo considcra anche, ahrove (Hist. am}n. 626a 7), un tipo di
resina adatta a cibo per le api. Dioscoride (Mat. Med. V, t05) Io descrive come un materiale rosso vivo, fria-
bile, con odore di zolf'o; ne rileva le propriet~l detergenti e corrosive (analoghe all'orpimento), che 1o rendo-
no utile per medicamcnti per la pelle e per la gola. Come medicamento c citata anche da [ppocrate, Ga[cno
e Celso. Strabone (Geo~r. X2(I, 3. 40) ne cita una miniera in Paflagonia (Asia minore).
Plinio (Nat. Hist. ~X,~(IV, 177) descrive piu volte la sandaraca (<<sandracca>> nella traduzione di Rossana
Mugellesi in Corso et al., 1988, p. 283): (~ presente helle miniere d'oro e d'argento, e tanto migliore quanto
pi6 8 rossa, quanto pi0 forte ~ il suo odore di zolfo e quanto pi0 ~ pura e friabiie; viene usata in medicina
per Ie sue propriet',), settiche. Si trova al naturale all'isola di Topazo ( = Zabargad) nel Mar Rosso ()UM'XV,
39) e viene preparata in vari modi per uso farmacologico fXXVII, 223) quando non viene semplicemente
adulterata con ocra rossa.
Per Agricola ([1546] 1550: Bermann. pp. 450-453) la <~sandaraca>> ,~ una terra rossa; per6 chiama cosi
anche Ia biacca usta, almeno a giudicare dal metodo di preparazione che descrive altrove (Nat. Foss. IX, p.
366). Mercati ([pre-t589] 1719; in Accordi, 1980, p. 20) descrive un'associazione di <<sandaracha>? rossa con
<~auripigmentum>> giallo ( = orpimento) e spiega la prima come derivato dal secondo per effetto di un mag-
gior calore.
L'identificazione col realgar ~ sicura, in quanto si basa anche sull'analisi del contenuto di un vaso rinve-
nuto a Corinto durante uno scavo archeologico (Foster, 1933, p. 276). I1 home realgar, di origine araba, ha
sostituito quello d'origine greca solo nel '700 passando attraverso l'italianizzazione in <<risigailo~. Pero gi~
Cennini ([pre-1437] 1992, p. 51) chiamava <<risalgallo>> un colorante naturale giallo molto tossico, come
I'orpimento, ma distinto da questo: per i rossi usa ocra oppt~e cinabro.

v~r.6~:~0~ [s~ippheiros] (I, 8 ) = lapislazzuk. Pietra rara e piccola usata per intagliarci
IL L I B R O <<SULLE PIETRE>> D I T E O F R A S T O 213

sigilli (IV, 23). t~ s c r e z i a t a c o m e d'oro (IV, 23). H a u n c o l o r e s i m i l e al --+ ~,5~z,;o~


[kT?anos] <~maschio)~ (VI, 37).

citata, oltre che da Teofrasto, da Dionigi Periegeta (1105), da Flavio Giuseppe (Ant. fl;d. III, 7. 5) e
nel Penplus Marz~"Rubrii (39). F. la quinta pietra del <~razionale~ del Sommo Sacerdote {Hex. 39. tl) dove
rappresenta la tribu di Zabulon ed ~: presente anche nel secondo fondamento della Gerusalemme celeste
(Apoc. 21. 19; cfr. Rueo, 1547; Bacci, 1587; Gilmore, 1968).
Per Plinio (Nat. Hist. XXXVIX, 120) il sappin~s ~ una pietra blu, solo raramente colorata di porpora, mai
trasparente, troppo inomogenea a causa delia presenza di puntini d'oro (cfr. XXXI]X, 68) per poter essere
usata per incidere sigilli. Luogo d'origine ne ~ la Media.
Lo zaffiro per Cardano ([1560], VII, p. 457; in Accordi et al., 1981) ~ durissimo, azzurro e ,allegro, uti-
lissimo come contravveleno e per estinguere le ulcere. Per Del Riccio ([1597] 1996, p. 154) <<ilzaffko o sag
firo~ ~ di color azzurro carico, trasparentissimo e lucente e proviene dal Peg/1 (India). Una sua seconda
qualit~ ~ la ~<sir~e~ (o sirite, o pietra santa), proveniente dalla Barberia. In de Boot ([1609] 1636, p. 183) 6
una gemma di colore azzurro identica al cyanus, cio6 al lapislazzuli. Si trova in India e, in una variet'a pith
chiara (lucosaphirus) e pifi tenera, al confine tra Boemia e Slesia. E usata in medicina e se ne estrae un
olio.
La descrizione teofrastea e, in generale, di tutti gli autori antiehi si adatta perfettamente al lapislazzuli,
tanto pi(i che ne risulta chiara l'affinit~ col ~6=,;o.~ [kganos] (q.v.). 1] cambiamento di significato all'attude
corindone azzurro risale alia met'a del '700 ed ~ dovuto a Wallerius (1747, p. 116). Interessante la precisa~
zione di Bromehead (1947) sul colore: blu, da un basso latino b[avus diventato flavus per un eccesso di cor-
rezione dei filologi (cfr. Capelle, 1958, p. 34).

~'~8,~,'~ [ s a r d i o n ] (I, 8) = calcedonio: corniola e sarda. P i e t r a t a r a e p i c c o l a c h e s e r v e p e r


intagliarci sigilli (IV, 23). Si t r o v a s p a c c a n d o c e r t e r o c c e (V, 30). C e n e s o n o di d u e tipi,
entrambi t r a s p a r e n t i : la <<femmina>~ pifi r o s s a s t r a e il <<maschio)~ pi6 s c u r o (V, 30).

Citata da Platone (Phaed. LL"(, lt0d). E la prima pietra del ~<razionale)) (Hex. 39. 10) dove sta a rap-
presentare la tribth di Ruben (Bacci, 1587; Gilmore, 1968). Per Giovanni (Apoc. 21.20) il sesto fondamento
della Gerusalemme celeste 8 di sarda, mcntre il quinto (: di sardonice (Rueo, 1547; Bacci, 1587). Socrate e
Dionigi (in Halieux e Schamp, t985, p. 168) menzionano il -~8,5,~,aa [sard6nyx], come pietra a strati di vari
colori.
In Plinio (Nat. Hist. ,~GXVII, 105) la sarda eil ~;rdonyx sono considerate pierre comuni, tanto pith ap-
prezzate quanto piC~ il loro colore tende al miele o al mattone. Si impregnano di acqua e di olio col1
difficolta. [
Citata da Encelio ([1551] in Lanza, 1984, p. 117) come un tipo di onice e da Cardano ([1560], VII, p.
-164; in Accordi et al., 1981) come pietra rossa affine alia corniola (~<carniolo~ o <~corniolo~)) e particolar-
mente adatta per sigilli in quanto non trattiene la ceralacca. Del Riccio ([1597] 1996, p. 132) menziona un
<<sardonio>~ come pietra chefa lo stesso effetto dell'agata. Per de Boot ([16091 1636, p. 230) la sarda di Pli-
nio ~ il suo corneolus e ne distingue tre tipi: uno rosso (nlbrus), uno color sangue (sanguz)ais rz;bedine tinctus)
e il terzo rosso-gialiastro (subflavescens). 1] migliore si rinviene in Sardegna, ma 8 comunque alquanto
diffuso.
MilJin (1807) e Dutens (in Corsi, 1828, p. 159) l'identificano con la corniola. Corsi (1828, p. 159), oltre
al k;pz} sardius, indicato come corrispondente alia corniola e caratterizzato dall'essere sempre di colore sul
rossiccio, associato tutt'al pith a un po' di bianco, e con una pasta d'aspetto vitreo semitrasparente, cita an-
che il sardachates (sardonica), di colore bianco o fulvo con struttura a macchie o a nuvole, e iJ. sardonyx (nic-
colo), a due strati uno bianco e uno rosso scuro tendente aI nero, usato per i cammei.
La varieth <<femmina,, pith chiara, corrisponde alia nostra <<corniola~> (calcedonio rosso chiaro); quella
<~maschio>~, pith scura, alia nostra ~sarda>~ (calcedonio rosso scuro o rosso giallastro).
214 A. MO'I-FANA - M. NAPOLITANO

~-i8q~o~ [sideros] (11I, 9) =ferro. Diventa fluido col fuoco. N o n riesce a tagliare certe
pietre (VII, 41). Viene corroso dalla --+ &~:6vr, [akdne], che per6 esso ~ in grado di ta-
gliare e sagomare (VII, 44). Ve ne sono miniere a Ceo dalle quali e estratto -+ l,i),:o~
[miltos] (VIII, 52).

ill termine e stato d'uso continuo fin dai tempi di Omero (If. IX, 366); quindi non ci sono dubbi sull'i-
dentificazione di questo metallo. Tuttavia, non corrisponde solo al ferro, ma anche all'acciaio. Stesso signi-
ficato ha in Aristotete (e.g. in Meteor. 1II e IV, passim); importante tra gli altri 8 il passo di Meteor IV, 6
(382b 28-383b 17) con la descrizione del metodo usato per estrarto dai minerali e lavorarlo in acciaio (cfr.
Lee, 1952, pp. 324-329).
Le miniere di ferro dell'isola di Ceo (ora Kea) nelle Cictadi non sono note per ~tri maggiori
motivi.
Plinio (Nat. Hist. ~ V , 138-155) dedica alfem~m spazio molto minore di quello dato al rame e al
bronzo; tuttavia ne cita parecchie varieffi e menziona it fatto che usando diversi tipi di forni se ne ricavano
acciai con caratteristiche diverse: tra tutti il migliore ~ quello detto sericum. Tra le diverse zone minerarie
cita espressamente l'isola d'Elba.
Nel Rinascimento la metallurgia di estrazione e trattamento d d ferro ~ descritta estesamente sia da Bi-
ringuccio ([1540] 1914, pp. 125-127) sia da Agricola ([1556] 1563, IX, pp. 337-369) sia da Encelio ([1551]
in Lanza, 1984, p. 114). Essi descrivono anche la preparazione dell'acciaio e l'uso medicinale che veniva fat-
to della ruggine. Una buona descrizione delle sue proprieth e delle localit~ di provenienza, finalizzata all'a-
zione magnetica indotta, la d'a Gilbert ([1600] 1958, pp. 33-46).

Eig'~,o.~ )d0o~ [S/phnios lithos] (VII, 42) = pietra sifnia, pietra ollare. Pietra rinvenuta a
Sifno in blocchi tondeggianti, che al m o m e n t o dell'estrazione ~ tenera e puo essere tor-
nita e intagliata, ma che diventa dura e scura se impregnata d'olio e infiammata.

Sifno ~ un'isola delle Cicladi costituita in prevalenza di rocce metamorfiche.


PIinio (Nat. Hk't. X~XVI, 159) accenna a un lapk" siphnms usato per lavorazione al tornio come il [apis
comenszs vin'dis, ma pith tenero e tendente ad indurirsi col riscaldamento.
iI lapis comensz~" di Plinio, noto anche a Mercati ([pre-1589] 1719; in Accordi, 1980, p. 6) ~ l'attuale
<<pietra ollare>>, cavata soprattutto in Val Malenco (Sondrio), ma in passato anche in varie altre zone delle
Alpi centrali. Si tratta di un cloritoscisto a grana fine e a tessitura ~ehrata, tenero e tornibile, resistente al
fuoco e quindi usato per la fabbricazione di pentole. Non si conoscono a Sifno pietre del tutto simili a que-
sta (Ktenas. 1908; Davis, 1966), ma sono presenti altri tipi di metamorfiti cloritiche pith o meno micacce che
possono essere state usate allo stesso scopo.

~!-~h~y8oq [sm~ragdos] (I, 4) = <<smeraldo>>.H a il potere di comunicare il suo colore al-


l'acqua (I, 4) su una scala d'ampiezza proporzionale al suo volume (IV, 23). Rarissimo e
piccolo (I, 8), viene utilizzato per intagliarci sigilli, che servono a meglio vedere (IV,
23). Un re d'Egitto ne ebbe in dono da quello di Babilonia un blocco di 4 • 3 cubiti
(IV, 24). In un tempio di Glove ne esistono 4 obelischi lunghi 40 cubiti e con diametro
decrescente da 4 a 2 cubiti (IV, 24). Ce ne sono di vari tipi (IV, 25) --+ A~K~,.vo,~ ~!,~-
0=-i8o; [Lfikainos smfiragdos]. Salda l'oro altrettanto bene quanto la <<crisocolla>> e a
questo scopo se ne usano i frammenti pid piccoli (IV, 26). Si ritrova nelle miniere di ta-
me di Cipro e dell'isola di fronte a Calcedonia (IV, 25). I1 suo colore 8 identico a quello
della <<crisocolla>> (IV, 26). A Cipro fu trovata una pietra fatta per metfi da <<smeraldo>> e
per met~ da diaspro (IV, 27). Da grezzo ~ opaco, e deve essere lavorato per acquistare
lucentezza (IV, 27).
[L LIBRO (<SULI.E PIETPvF>) DI TEOFRASTO 215

Citato da Erodoto (1I, 44. 2; I[II, 41. 1) e Platone (Phaed. LIX, ll0e). I~ la terza pietra del <<razionate>>
(Hex. 39. 10) in cui rappresenta la tribu di Levi. 1~ citato nella Bibbia in vari libri (Eccl. 32. 8; Tb. 13. 21;
Jdt. 10. 19) e per Giovanni 8 il materiale costitutivo del quarto fondamento della Gerusalemme celeste
(Apoc. 21. 19: cfr. Rueo, 1547; Bacci, 1587). Socrate e Dionigi (cfr. Halleux e Schamp, 1985, p. 166) after-
mano che proviene dadl'India.
Plinio (Nat. Hist. XXXVlI, 62-75) descrive 12 diversi tipi di pietra verde sempre col nome di smaragdus,
ma chiaramente si tratta di pierre diverse (Meadows, 1945): i pi5 duri e stimati sono quelfi della Scizia, poi
quelli della Battriana e per terzi quelli di Copto in Egitto. Seguono queUi delle miniere di tame: di Cipro,
d'Etiopia ecc.
Leonardi (1516) e Dolce (1565) ne parlano estesamente, ma sempre negli stessi termini di Plinio. Car-
dano ([1560], VII; in Accordi et aL, 1981) afferma che nasce dad prasio e qualche volta dad diaspro (p. 436),
dimostrando cosi di recepire l'indicazione di Teofrasto; riferisce poi una serie di leggende (p. 446) e riporta
col nome di <<Peffi>>lo smeraldo recentemente scoperto nelle Indie occidentali (p. 447). Sacondo Del Pdccio
([1597] 1996, p. 146) se ne riconoscono 12 tipi diversi, ma <~s'ha da tenere a mente che ogni pietra pulita
verde e domandata smeraldo>> (p. 147) di cuii mlgliori sono quelli della Scizia e i secondi gli Inglesi. Una
completa sintesi detle informazioni degli antichi 6 data da de Boot ([1609] 1636, pp. 196-204), che ne ridu-
ce pero i tipi a 2 solamente: orientales, durissimi, verdi di un color prato intenso e bellissimi, e occidentales,
distinti in due generi: europei (di Cipro e d'Inghilterra, di poco vadore) e peruviani, questi ultimi betli di co-
lore <<ma come morti netla radiositfi e pieni di ombre,.
Secondo Corsi (1828, p. 164), se si fa riferimento aLia descrizione di Plinio, lo smeraldo di Cipro sareb-
be da identificare col plasma mentre quello di Calcedone sarebbe vero calcedonio (Corsi, 1828, p. 170). In-
vece, per Giardini e Colasante (1986, p. t29) Io smaragdus cyprz~r sarebbe un gabbro eufotide a smaragdite
(,<plasma di smeraldo>> dei lapicidi). Tuttavia, la descrizione del materiale di Cipro fatta da Teofrasto molto
piu probabilmente fa pensare a crisoprasio.
Delle asserzioni di Plinio (probabilmente riprese da Teofrasto) due sono problematiche: oltre che l'esi-
stenza di smeraldi della Battriana, che per molti deriva da una sua scorretta lettura del testo teofrasteo, do-
ve sia effettivamente la localit~ Copto in Egitto. Questa ~ stata ora identificata con Qift e sono state trova-
te le miniere di smeraldo sfruttate dagli antichi egiziani fin dai tempi dei faraoni (Sinkankas, 1981). Come
sia da integrare la lezione :~,~&,~dei codici ~ altrettanto controverso: stando aI passo di Plinio dovrebbe es-
sere lkz~'z~:~,~&v [Baktrianon], (<della Battriana>>, ahri preferiscono .\:~:~:'~&,~ [Lakainon], <<della Laconia>>
(cfr. Eichholz, 1965, p. 104), altri ancora -.~,~&'J [tan6n] (cir. Turnebo, 1578) creando cosi tin lapis tanus
che venne accettato p. es. da Corsi (1828).
In conciusione: II termine <<smeraldo)> c stato usato in modo troppo generico per varie pierre preziose o
semipreziose verdi per poter essere legato con sicurezza a un solo tipo di pietra. Sicuramente vi/e incluso lo
smeraldo p.d. (i tipi della Scizia, della Battriana e dell'Egitto) di cui si hanno evidenze archeologiche e di
parte dei quail si sono ritrovate le miniere. Inoltre vi ~ compresa [a malachite (il tipo egiziano}, il turchese, il
diaspro, la calamina, il porfido, ecc. (cfr. Meadows, 1945, p. 50). Come essi si distribuiscano tra i vari auto-
ri, va per6 risolto caso per caso.

"s-:,[,J0; [ s p i n o s ] (II, 1 3 ) = carbone bituminoso. P i e t r a c h e b r u c i a se e s p o s t a al sole in


frammenti e il cui b r u c i a r e a u m e n t a se v i e n e s p r u z z a t a c o n a c q u a (II, 13).

II termine 8 usato da Aristotele (Mirab. 832b 29) con lo stesso significato litologico, e come provenien-
za vengono indicati la Tracia, la Licia e i l Peloponneso. Aristofane (Av. 1079) e anche Teofrasto stesso (De
sign. 39) altrove 1o usano nel suo significato zoologico di fringuello.
Secondo Nicandro (Ther. 45) e Dioscoride (Mat. Med. V, 128) prende anche il nome di <<pietra di Tra-
cia>>, ma sarebbe diversa dad gagate, con cui invece quest'ultima viene confusa da Plinio (Nat. Hist. XXXVI,
14t).
I~ stata variamente identificata con la lignite (Dana, 1909, p. 1024) o con carbone bituminoso (Forbes,
1936, tavola I) o con carbone contenente pirite in via d'alterazione (Lenz, 1861, p. 18; Mieleimer, 1922, p.
216 A. MOTTANA - M. NAPOLITANO

434) o ancora con una lignite asfaltica (Stephanidis, 1896, p. 211). Quel che e certo h chesi tratta di un tipo
di carbone alquanto bituminoso chesi accende per autocombustione se h accatastato e che scoppietta se ~:
spruzzato d'acqua.

:',~a~ [tephra] (III, 1 9 ) = cenere. E i n c o m b u s t i b i l e in q u a n t o m a n c a di u m i d i t a .

Termine di uso comune per la cenere del focolare, della pira, di un incendio in genere. In Aristotele il
termine ha per 1o pi,5 il suo significato proprio, fuorch6 in Meteor. II, 367a 5, dove si riferisce espressamente
a cenere vulcanica. La teoria aristotelica che la materia non brucia quando non contiene umiditfi e per con-
seguenza non ha port che permettano al fuoco di introdurvisi h riferita in Meteor. IV, 387a 1%23. Inoltre
Aristotele accenna anche (Mirab. 834b 30).a una cenere frigia c h e s i usa per le malattie degli occhi.
Dioscoride (Mat. Med. V, 117) indica invece che per uso oftalmico si usava una cenere prodotta bru-
ciando rami di vite.

TI, dJ).,r }d{)o; [ T m 6 1 i o s l i t h o s ] (VII, 46) = pietra tmolia, pietra diparagone. P i e t r a s i m i l e


alla p i e t r a di p a r a g o n e - + A,~8~ ),i0o; [ L y d 4 l i t h o s ] . 1~. u s a t a p e r s a g g i a r e col m e t o d o d e l -
Io s t r i s c i o i ' o r o , l ' a r g e n t o e a n c h e il r a m e in lega c o n essi. P e r la p r o v a , la s u p e r f i c i e p i h
a s c i u t t a e m i g l i o r e di q u e l l a u m i d a (VII, 47).

II flume Tmolo 6 probabilmente Io stesso del Pattolo (attuale Scrabat), menzionato da Erodoto (V,
101) che. scendendo dal monte Tmolo soprastante Sardi in Lidia, sccnde a confluire nel flume Ermo trasci-
nando con se polvere d'oro (cfr. anche I, 93).
Non ci sono altre menzioni greche di questa pietra, della cut esistenza sembra essere quasi in dubbio
anche Teofrasto "nentre ne riferisce. E pertanto possibile, trattandosi di una pietra proveniente dalla Lidia,
the egli prima semplicemente ne annunci il nome e che qui [a indichi con un sinonimo e ne descriva le
proprietfi.
Plinio (Nat. Hist. ,'C'M'XIII, 126) sembra interpretare proprio in questo modo il passo di Teot:rasto (che
traduce alia lettera); pero confonde pietra lidia e pietra eraclea considerandole sinonime e traducendole cn-
trambe con c~ticula.
Agricola ([1546] 1550, V, p. 272) ripete pedissequamente Plinio ribadendone I'errore, ma richiama an-
che l'attenzione sul termine alternativo [~.v~'~oq [basanosl (cfi'. Migliorini, 1974).
Caley e Richards (1956. p. i57s.) tendono a dimostrare, sulla base dell'cvidenza geologica del monte
Tmolo (attualmente Boz Dagh), the la pietra di paragone dei greet era un argilloscisto nero, mentre l'attua-
le e un diaspro nero.

Tpo:~'b,',or ),i0o; [ T r o i z 4 n i o s lithos] (VI, 33) = pietra di Trezene. P i e t r a v a r i e g a t a a strati


rosso-scuri e bianchi.

Trezene h un'antica citt'a dell'rLrgolide (Strabone, Geogr. VIII, 6. 14) geologicamente situata in am-
biente sedimentario.
Plinio (Nat. H1}t. ,~L-~.'XVII,97) traduce Teofrasto in modo da collegare questa pietra con I'<<antracio>>
(-+-~v%~.~:~,,, [anthr~ikion]) e n e fa una variet~ di esso a vari colori con macchie blanche.
Agricola ([1546] 1550, VI, p. 300) ripete alia Iettera Plinio. de Boot ([1609] 1636, p. 159) la considera
tuaa gemma poco nota che h affine al granato almandino.
Non ci sono altri riferimenti, ne greci n4 latini n4 pigt recenti, a questa pietra, che per le caratteristiche
descritte da Teoffasto non pub essere ne un rubino nd un granato e neppure un quarzo variegato, ma piut-
tosto una pietra dura microcristallina, forse un tipo di agata (cfr. Mieleimer, 1922, p. 438) o di diaspro (cff.
Caley e Richards, 1956, p. 132). In alternativa, dato che ~ messa in relazione con la pietra di Orcomeno
usata per specchi, potrebbe essere una serpentina molto scura, per6 screziata di fasce ossidate e di vene di
IL L I B R O <,~SULLE PIETRE>> D I T E O F R A S T O 217

quarzo come quel lapis lacedaemonius descritto da Corsi (1828, p. 126) come roccia che racchiude <<punti di
calcedonio)~ e <<macchiato di rosso~.

T,J!,~',.'~'~ 77/ [ T y m p h a i k d ghd] (IX, 62) = terra tinfaica, gesso. T e r r a e s t r a t t a sul Tinfa,
usata in T e s s a g l i a p e r t i n g e r e i p a n n i (IX, 64) --+ ,(6,50~ [g,)psos].

La regione del Tinfa (Tinfea) era in Tessaglia (Strabone, Geogr. VII, 7. 8).
Plinio (Nat. Hist. XXXV, 198) afferma che il gypsum lymphaicum era talvolta usato in Grecia in luogo
della creta cimolia per mordenzare i panni.

,3~),0e,.&b~c, [hyaloeidds] (V, 30) = opale (?). P i e t r a da cui si f a n n o sigilli, c h e riflette e d


trasparente.

In Aristotele (Meteor IV, 389a 8) .Se).o~ [hS,alos] significa vetro, per cui questo termine di Teofrasto de-
ve indicare una pietra d'aspetto vitreo. Nel Lapidario Orfico (Halleux e Schamp, 1985, p. 97; Bianco, 1992,
p. 78) il termine ~ un aggettivo attribuito al <<topazio~), mentre esiste una pietra 6r:i),),me, [opfillios] descrit-
ta come rosa delicata e affine all'ossidiana. Per Socrate e Dionigi (Halleux e Schamp, 1985, p. 171) e invece
simile all'ametista, vetrosa e traslucida.
Un'esatta descrizione dell'opale 8 data da Cardano ([1560], VII; in Accordi et al., 1981): egli 1o consi-
dera una gemma tenera, ma piO bella del rubino perche traslucida e fiammeggiante (p. 454), ben differente
dallo ~<pseudopale~ candido e non trasparente (p. 456).

}),"5 [phleps] (IX, 63) = vena. A S a m o , n e v i e n e e s t r a t t a in s o t t e r r a n e o la t e r r a s a m i a


( - + vx!xi= ;,{ [ S a m i a ghd]), t~ i n t e r c l u s a tra d u e r o c c e e d 8 p o t e n t e solo 60 c m . C o n t i e -
neal suo i n t e r n o q u a t t r o livelli di qualit~ diversa, di cui il q u a r t o , c h i a m a t o A s t e r (<da
stella~), e il m i g l i o r e .

L'uso normale del termine ~: quello di vaso sanguigno, cioe vena e/o arteria (Omero, ll. XIII, 546; Ero-
doto, IV, 2. 187; Platone, Tint. 77; ecc.). E usato anche per i vasi additivi delle piante (• Part.
Atom. 668a 25; Teoffasto, Hist. Plant. I, 2. I). Raro l'uso del termine per sorgente o vena d'acqua sotterra-
nea (Aristotele, ProhL 935b 10; Pol. X~OUV, 9.7). L'uso minerario (: limitato: normalmente si tratta di vena
metallifera (Senofonte, Vect. 1, 5; Aristotele, Gen. Corr. 326b 35; Diodoro Siculo 2, 36); puo pero trattarsi
anche di un particolare livello di pietra speciale (Dionigi Periegeta 1104). Per una vena di terra, si ha que-
st'unica testimonianza di Teofrasto.
Agricola ([1556] 1563) dedica l'intero libro 1II (pp. 37-63) alia descrizione delle venae mineralizzate,
distinguendole in profi~nda, dilatata, cumMata e cosi via a seconda del modo di presentarsi della mineralizza-
zione e delle relazioni del filone con le rocce circostanti. Tra le vene profonde, ne raffigura anche una <dar-
ga~ (fig. 10) avente le caratteristiche alternanze di sciami mineralizzati descritte da Teofrasto.
Eichholz (1965, p. 130s.) cerca di spiegare le affermazioni di Teofrasto in termini stratigrafici, distin-
guendo tra ,;.5or, [h3~psos] (= potenza, spessore) e [5~1)o~ [bfithos] (= profondita), ma con scarsi
risultati.

Z:~),K6; [chalk6s] (II, 9) = rame. M e t a l l o rosso. D i v e n t a fluido al f u o c o . L e sue l e g h e


c o n o r o e a r g e n t o v e n g o n o s a g ~ a t e c o n u n a p a r t i c o l a r e p i e t r a di p a r a g o n e --~ Ti,&),,oc,
)d0o; [ t m d l i o s lithos] (VII, 46). N e l l e sue m i n i e r e si r i n v e n g o n o varie t e r r e u s a t e quali
p i g m e n t i (VIII, 51). L a varietfi rossa h u s a t a p e r p r o d u r r e verderame (VIII, 57).

L'identificazione ~ certa, essendo questo metallo ben descritto fin dai poemi omerici (cfr. Millin de
218 A. MO'['FANA - M. NAPOLITANO

Fig. 10. - Raffigurazione di due <~vene profonde>>: (B) <<stretta)> e (A) <darga~> (da Agricola, [1556] 1563).
Quest'uhima corrisponde da vicino alia descrizione teofrastea della vena costituita da quattro sciami paral-
leli da cui veniva estratta la terra samia (cfr. De lapt~libus L's 63).

Grandmaison, 1789). L'aggettivo ~.~.J0a6; [eD,thr6s], rosso (cfr. Capclle. 1958, p. 26), che gli viene attribui-
to qui e presso altri autori, sta a specificare che si tratta di rame p.d., poich6 col termine in grcco piu fre-
quentemente si indicava il bronzo (che h una lega bruna di tame con stagno) e in qua]the caso anche t'otto-
ne (lega gialla di rame con zinco).
In Platone (Tim. 59c) il tame ~ derivato da un'acqua lucente e condensata che contiene poca terra e
che per se sarebbe piu dura dell'oro, ma, esscndo vacuolare anche se compatta, viene a risultare pid Ieggera
di questo. Stesso significato ha in Aristotele (Meteor IV, passim), che per6 non fornisce alcuna
spiegazione.
Plinio dedica met~ del libro XXXIV della Nat. Hist. al rame e at bronzo, ma limita i suoi riferimenti at
rame naturate ai soil paragrafi 2-4; in essi accenna soprattutto ai luoghi di provenienza (Cipro, Alpi, Spagna,
ecc.) e al favoloso oricalco <<chela terra si e stancata di produrre>> (1988, p. 113).
Agricola ([1546] 1550, passim) ne distingue svariati tipi a seconda della lega, dell'uso che se ne fa e del-
la provenienza. Nel De Re metallica ([1556] 1563, p. 445) accenna inoltre al suo punto di fusione come pid
elevato di quelli deU'argento e del piombo, nonch6 al suo alterarsi in superficie in caso di ricottura (p. 455).
Per Encelio ([1551] in Lanza, 1984, p. 114) ii tame 6 un prodotto impuro dell'unione di zolfo e mercurio;
di esso esistono almeno sei tipi di purezza differente.

7a~'A':'q; [ c h e r n i t e s ] (I, 6) = <<chemite>>. P i e t r a simile a l l ' a v o r i o d ' e l e f a n t e . N e h f a t t o il


s a r c o f a g o di D a r i o .

Termine usato unicamente qui da Teofrasto, di cui Plinio (Nat. Hist. X)CXVI, 132) semplicemente ripe-
te la frase. Strabone (Geogr. XII, 2. 19) riferisce che essa era estratta in Cappadocia.
Per Agricota ([1546] 1550, VII, p. 314) ~ un marmo, in origine affine alla gomma arabica e all'avorio,
ma molto pid duro.
IL L I B R O <<SULLE PlETILE>~, D I T E O F t b \ S T O 219

pu6 trattarsi o di un marmo a grana finissima e bianchissimo (cfr. Hill, 1746, p. 23), oppure di tm ala-
bastro gessoso bianco non traslucido (cfr. Moore, 1859, p. 172). Uno studio specifico sul problema ~ stato
condotto da Ward Perkins (1966-1967) ed ~ risultato non esaustivo.

X~0q ),[0oq [Chios lithos] (I, 7)= marmo di Chio. Pietra traslucida e di color
nero.

Nessun autore greco cita una pietra particolare di quest'isola, fuorche Strabone (Geogr. XIV, 1. 35)
che per6 non la descrive.
Plinio (Nat. Hist. XXXVI, 46) definisce il marmor cht)~m come <~picchiettato dai colori cangian-
ti>~.
Corsi (1828, p. 55) identific6 il marmot chium con il marmo nero detto <<africano~) dagli scalpellini ro-
maN, ma ci6 fu negato da Bruzza (1870, p. 146). 1] ritrovamento nel 1887 delle cave nell'isola di Chio di-
mostr6 che il marmo locale ~ quello che era detto <<Portasanta~ dagli scalpetlini (Borghini, 1989, pp. 133 e
285-287). Tuttavia la Portasanta romana ~ una breccia sut rosso, mentre Teofrasto parla chiaramente di
marmo nero: ~ quindi probabile che il suo X~o~ )dOo~ [Chios 1Rhos] non corrisponda affatto al marmor
chium di Plinio e che sia awenuto un cambiamento di denominazione gi/i nell'antichit'a.

"Lp,Jer)~6),k~ [ c h r y s o k 6 U a ] (IV, 26) = miscuglio di carbonato e silicato di rame, malachite.


P i e t r a c h e s a l d a l ' o r o e c h e si r i t r o v a a b b o n d a n t e nelle m i n i e r e d ' o r o e, s o p r a t t u t t o , in
q u e l l e di r a m e (IV, 26; V I I I , 51) e a n c h e d ' a r g e n t o (VIII, 51). P u 6 e s s e r e a s s o c i a t a a
--+ ~,5a,~or [kT?anos] (VII, 39). Si usa p e r d i p i n g e r e (VIII, 50). t~ g r a n u l a r e c o m e u n a
s a b b i a (VIII, 50).

Aristotele (Mirab. 834b 20) la cita come materia usata per brasare l'oro. Dioscoride (Mat. Med. V, 89)
afferma che 6 color porto (verde chiaro) e n e cita come tipo piu pregiato quella d'Armenia, seguita da quel-
le della Macedonia e di Cipro; come impiego in medicina ne rileva le propriet'a settiche e astringenti, ma an-
che la potenziale pericolosith.
Dall'uso che ne indica Teofrasto, invece, sembra trattarsi di un miscuglio naturale di carbonato e di si-
licato di tame, che veniva usato fin dall'antichitfi per saldare a fuoco (brasare) i metalli nobifi (Maryon,
1936).
Per Plinio (Nat. Hist. XXXIII, 86-88) la chrysocol!a e un liquido viscoso che defluisce lungo le vene d'o-
ro, ma ~ presente anche nelle miniere di tame in una qualita pid pregiata, che ha una struttura tipo grappo-
Io d'uva. Viene usata per tingere i panni, ma anche diluita con olio o cera per sanare le ferite e per collirio.
Gli orafi trattandola con nitro e urina ne ottengono una lega per saldare I'oro (XXXIII, 93).
In alternativa, per saldare si usava il borace (cfr. Maryon, 1936) ed 8 per questo che Agricola ([1546]
1550, lII, p. 210; VIII, p. 364) usa i due termini come sinonimi. Quando il miscuglio naturale era ricco di
malachite, assumeva un bel colore verde; di conseguenza, macinato, veniva usato in pittura (Mercati [pre-
1589] 1719; in Accordi, 1980, p. 20). In questo caso il K.5~,,o~ [k~anos] (q.v.) che Teofrasto descrive come
associato ad essa doveva sicuramente essere azzurrite. Per Encelio ([1551] in Lanza, 1984, p. 115) la criso-
colla ~: una terra secca di colore verde.
Tra i moderni, per Healy (1981) in un punto (p. 174) ~ malachite, ma altrove (p. 175), pi,5 corretta-
mente, ~ un nome generico dato a qualunque minerale verde brillante di tame che costituisce incrostazioni
terrose.
ll termine ha dunque vari significati e comunque ha solo in parte a c h e fare con la crisocolla
attuale, che 8 un silicato di rame idrato di bassa cristallinit/t e di un colore verde-bluastro smorto.
Si trattava probabitmente di un miscuglio di malachite, verde brillante, e di crisocolla con vari
altri minerali verdi e/o azzurri di tame, formatosi in ambiente secondario (cappellaccio) nei giacimenti
di rame, che per il suo basso punto di fusione e la sua reattivith si prestava bene a brasare
220 A. MOTTANA - M, NtKPOLITANO

i metalli nobili come l'oro, con il quale il rame, una volta fusa la matrice carbonatica e silicea,
poteva entrare in lega.

Z~,J~6~ [ c h r y s 6 s ] (I, 1) = oro. V i e n e s a g g i a t o c o n la p i e t r a e r a c l e a (---> "Itp:~c),ai~ ki0o;


[ H e r a c l 4 i a l i t h o s ] ) e c o n la p i e t r a lidia ( - + A,o8h ).E00~ [ L y d 4 l i t h o s ] ) (I, 4). P u 6 e s s e r e
in s t r e t t a a s s o c i a z i o n e c o n a r g e n t o , r i s u l t a n d o il m e n o visibile d e i d u e ; la p i e t r a c h e li
contiene ~ p i u t t o s t o p e s a n t e e di c a t t i v o o d o r e (VII, 39). V i e n e s a g g i a t o o col f u o c o ,
c h e n e c a m b i a il c o l o r e , o p p u r e c o n lo s t r i s c i o sulla p i e t r a di p a r a g o n e (VII, 4 5 ) . N e l l e
sue miniere si r i n v e n g o n o varie terre usate quali pigmenti (VIII, 51).

Non ci possono essere dubbi nell'identificazione, in quanto il termine e di uso comune fin dai tempi di
Omero (cfr. Millin de Grandmaison, 1789) ed 6 stato costantemente ripreso da tutti gli autori greci, inciusa
la Bibbia dei Settanta. Per Platone (Tim. 59c) 6 il metallo pig puro, in quanto deriva da acqua fusibile che
praticamente non contaminata da terra. Per Aristotele (Meteor IV, 389a 1) 6 fatto di acqua in quanto si li-
quefa per riscaldamento (cfr. Baffioni, 1981, p. 156). II suo cattivo odore, dovuto all'alterazione dei solfuri
presenti in associazione con l'oro nella matrice, ~ menzionato anche da Dioscoride (Mat. Med. V,
100-102).
Plinio gli dedica i paragrafi 3-94 del libro ~ della Nat. Hist. In particolare i parr. 58-65 ne descri-
vono le propriet'a chimiche e fisiche, i parr. 66-79 i metodi di estrazione dalle miniere e il modo di raffinarlo
e infine i parr. 80-81 trattano dell'etettro, lega naturale con pi6 del 20% di argento nell'oro gih denominata
da Erodoto (I, 50. 2) per il suo colore chiaro ).a,J~c6q*/.:,,~'6; [Ieuk6s chrysos]. A ~-'GXXIV, 121 Plinio, inohre,
menziona il fatto che un materiale finora non identificato che chiama mz>y viene usato nel processo di
raffinazione.
Una completa descrizione del saggio dell'oro col fuoco (fig. 3) si trova ncl Probz~,r Bz~chlez)z (Anonimo,
1524). Agricola ([1546] 1550, VIII, p. 336) ne cita due tipi di purezza differente: inoltre ([1556] 1563. 'vii,
pp. 217-225) ne descrive dettagliatamente il saggio: col fuoco e col paragone (-+ .\,Jr ).;.0or [Lyde lithos];
T,*&),,.e,; )dt)o; [Tmolios lithos]). Per Encelio ([1551] in Lanza, 1984, p. 114) l'oro ~ iI metallo pi6 puro ed
derivato dall'unione di zolfo e mercurio.

7 S 6 q ;~,aT'<a0:. [ c h u t o s ~irgyros] (VIII, 60) = argento vivo, mercurio. P r o d o t t o artificial-


mente f a c e n d o r e a g i r e c i n a b r o p e s t a t o a s s i e m e c o n a c e t o in r e c i p i e n t i di r a m e (VIII,
60).

Dioscoride (Mat. Med. V, 95) Io considera come un qualcosa di distinto dallo .;,3::i:y,j~,,g [hydr~irb.wrosl,
prodotto artificialmente percombustione del cinabro.
Vitruvio (Arch. VII, 8. 1-3) nota che nella miniera di cinabro presso Efeso si emana argentum vivwn sot-
to i colpi di piccone dei minatori e inoltre che esso si forma per condensa quando si brucia il cinabro. Os-
serva anche (VII, 8.4) che forma amalgama con l'oro e che perci6 viene usato per dorare bronzo e argento,
potendone poi essere recuperato l'eccesso con una filtrazione. Plinio (Nat. Hist. ,'~CXIII, 41) ne riporta il
metodo d'estrazione dal cinabro tramite il trattamento con aceto.
Secondo Biringuccio ([1540] 1914, pp. 157 e 162) l'argento vivo si trova talvolta naturalmente helle
miniere come corpo fluente di lucente bianchezza simile d'aspetto all'argento; 8 considerato <<essere origi-
nal seine di tutti i metalli>~ che non ha potuto coagularsi, restando cosa imperfetta. Riferisce anche che egli
nel suo testo lo chiarner.a, <<secondo che mi verr~ detto>>, mercurio (denominazione di origine alchemica at-
testata in itMiano fin dal XV secolo, cfr. Rodolico, 1955b; Folena, 1963). Questo, mescolato con zolfo e
scaldato, si trasforma in cinabro. Viceversa, dal cinabro arrostito in distillatori chiusi si ricava
mercurio.
Agricola ([1546] 1550: Berman., p. 458; Nat. Foss. VIII, p. 341) ripete le affermazioni di Dioscoride e di
Plinio, incluso il metodo di preparazione per sublimazione. Per Encelio ([t551] in Lanza, 1984, p. 114) ii
IL L I B R O <<SULLE PIETRE>:' DI TEOFRASTO 221

mercurio ~, assieme allo zotfo, uno dei due componenti base dall'unione dei quail prendono origine tutti gli
altri metalli e materiali.

Z,a-:6~ ~,5=,~r~r [ c h y t 6 s k3)anos] (VIII, 5 5 ) = smafto blu. I1 m i g l i o r e p r o v i e n e d a l l ' E g i t t o e


viene preparato artificialmente.

l] blu artificiale preparato dagli egiziani (<<blu egizio>> secondo Devoto e Molayem, 1990, p. 139) e pro-
babilmente uno smalto ottenuto per fusione (fritta) da una mistura di sabbia, calcite e sali di rame; oltre al
colore caratteristico esso ha appunto l'aspetto omogeneo e liscio di un fuso (Fouque, 1889; Laurie et al.,
1914).
Una ricetta assira (VII sec. a.C.) per la sua fabbricazione a fuoco e riportata da Pichot ([1991] 1993, p.
37). Anche Vkruvio (Arch. VII, 11. 1) lo cita, col nome di caeruleum, e n e descrive i] processo di
fabbricazione.

'~:!,60'.o'~ [psimSrthion] (VIII, 5 5 ) = biacca. V i e n e p r o d o t t a artificialmente facendo rea-


gire v a p o r i di a c e t o c o n p i o m b o (VIII, 56)~

La vera biacca a carbonato basico di piombo, 2PbCO3,Pb(OH)2, mentre il prodotto della reazione
descritta da Teoffasto ~ acetato basico di piombo, Ne parla anche Dioscoride (Mat. Med. V, 88,
152).
I1 metodo di preparazione ~ ripreso da Vitruvio {Arch. VI~, 12. 7) e da Plinio (Nat. Hist. )~XXIV, 175),
che chiamano cerussa il prodotto della reazione. Esso rimase noto durante il medio evo (Cennini, [pre-
1437] 1992, p. 20) e l'evo moderno, quando viene descritto via via da Biringuccio ([1540] 1914, p. 101),
Agricola ([1556] 1563, pp. 319 e 329), Gesner (1565, p. 84), ecc. I1 primo che distinse tra i due prodotti di
reazione e Bergman (1774), che limito il nome di biacca alla sola calx pkonhi aerata, cio,~ al carbonato di
piombo.

c'&/3~ [ 6 c h r a ] (VIII, 5 1 ) = ocra gialla. T e r r a gialla e s t r a t t a d a m i n i e r a e u s a t a p e r d i p i n -


g e r e . Si t r o v a , s o t t o f o r m a di m a s s e , h e l l e m i n i e r e d ' o r o , d ' a r g e n t o e di t a m e ( \ ~ i i , 51).
V i e n e u s a t a d a i p i t t o r i c o m e s o s t i t u t o d e l --+ l , i ) , : ~ [ m i l t o s ] , d a cui n o n si d i s t i n g u e p e r
c o l o r e (VIII, 51). I n C a p p a d o c i a si t r o v a a s s o c i a t a a --~ {,D.=og [ m i l t o s ] in g r a n d i q u a n -
tit'a (VIII, 52). Se b r u c i a t a , d'a --~ I,[7,=o~ [ m ~ t o s ] di qualitY, i n f e r i o r e , m a di c o l o r cre-
m i s i (VIII, 53). V i e n e u s a t a p e r o t t e n e r e il c o l o r e r o s s o d e i vasi (VIII, 54).

II termine ~ usato con lo stesso significato, ma in modo pitt generico, da Aristotele (Meteor. LLI, 378a
23). Dioscoride (Mat. Med. V, 93) afferma che il tipo migliore proviene dall'Attica ed ~ giallo, leggerissimo
e friabile; viene usato in medicina per le sue propriet'a settiche ed emollienti.
Vitruvio (Arch. VII, 7. 1) traduce &'/.p= [ochra] con si! e afferma che si estrae in Italia poiche quello at-
rico, che era estratto helle miniere d'argento, ~ diventato introvabile; veniva molto usato per gli intonaci.
Plinio (Nat. Hist. X2XXm, 159) la chiama s/! e afferma che si trova nelle miniere d'oro e d'argento, il miglio-
re essendo quello attico. Ne menziona tre altri tipi di qualit,a via via peggiore: il marmorosum, il pressure, che
proviene da Sciro e daU'Acaia, e il kr proveniente dalla Gallia. Tutti e tre sono usati in pittura per ot-
tenere effetti speciali di lure. Viene facilmente adulterata.
Per Cennini ([pre-1437] 1992, p. 47) l'<<ocria>~ e un colorante naturale giallo, ben distinto dall'orpimen-
to, dal giallorino e dal realgar.
Per Agricola ([1546] 1550, passim) l'ocra ~ di colore luteo (p. 167), ~: magra (p. 171) ed
usata dai pittori al posto dell'orpimento (p. 202). Ne cita poi provenienze tedesche e l'uso che
222 A. MOTTANA - M. NAPOLITANO

se ne fa in medicina. Nel tradurlo, Tramezzino (1550, p. 450) italianizza indifferentemente sia


il termine greco (<<ochra>~) sia quello latino (,sile,).
Teofrasto usa il termine in senso coloristico solo per indicare il colore del minerale e mai nei suoi tavori
botanici (Capelle, 1958, p. 23).

APPENDICE

MANOSCRrlWI

Sigla

A Vaticanus graecus 1302: XT[II secolo


B Vaticanus graecus 1305:2 met~ XV secolo [termina al ~ 43] (Georgios Tzangaropu-
los)
C Vaticanus Urbinas graecus 108:1 metfi del XV secolo (Theodoros)
D Vaticanus Palatinus graecus 162:1442-1459 (Johannes Skutariota)
E Vaticanus Ottobonianus graecus 153: X V secolo [termina al ~ 67] (Theodoros
Gazes)
F Vaticanus Reginensis graecus 123:1499-1501 (anonimo n. 124)
G Ambrosianus P. 80 sup.: XV secolo
H Neapolitanur III D 1:1497 [termina al ~ 43] (Johannes Rhosos)
J Marcianus graecus 260:1442-1472 (Johannes Skutariota: stessa mano di D)
K Bernensis 402: ca. 1480 (Italia settentrionale: anonimo n. 5)
L Vossianus graecus Q 2 5 : 2 met~ XV secolo (Johannes Rhosos)
M Londiniensis, Brit. Mus. Add. 5113:1480-1487
N ParMnus graecus 2277:2 meta XV secolo

NOTE ESPLICaTrCE
La letterazione ~ quella di Wilson (1961, 1962) ripresa da Eichholz (1965, p. 48).
La datazione ~ invece quella preferita da Burnikel (1974, pp. xxviii-xxxvii).
Nel 1956 Richards accert6 che D (gi/t noto come un codice secondario di Aristote-
le) conteneva anche il De lapidibus e n e curo la collazione con gli altri (Richards, 1959;
Eichholz, 1965 p. 48).
Nel 1963 Wilson riscontr6 che otto dei manoscritti aristotelici della Metafisica usati
da Fobes (in Ross e Fobes, 1929) per l'edizione critica contenevano anche il De lapidi-
bus (sono E F G J K L M N) e li trasmise tutti a Eichholz per la collazione (Eichholz,
1965, p. 48).
Net 1965 Richards e Wilson riscontrarono indipendentemente l'esistenza di H, ne
ottennero copia fotostatica e la inviarono a Eichholz per la collazione (Richards, 1963;
Eichholz, 1965, p. 48).
Eichholz (1965, p. 50) ha costruito io stemma, ma non esita a dichiararsene insoddi-
sfatto perchd le sue conclusioni lo portano a considerate tutta la tradizione manoscritta
come appartenente ad un'unica famiglia, di cui per di pit5 A, il pi/~ antico e qudlo che
LL LIBRO <<SULLE PIETRE>> DI T E O F R A S T O 223

solo conserva alcune lezioni corrette, non sembra essere stato pifi copiato da altri. So-
stiene anche che F sembra copiato dalta editio princeps oppure dal manoscritto (perdu-
to) da cui essa 6 stata tratta. Anche L sarebbe stato copiato da questo manoscritto, ma
prima che esso potesse venire utilizzato da Aldo Manuzio.
Burnikel (1974, pp. 145-149) costruisce un secondo stemma partendo dall'800 d.
C., in cui postula l'esistenza di un prototipo unico formatosi poco dopo il X secolo, gi~
lacunoso e ora perduto, da cui discende A, che risulta pertanto essere l'unico codice di
rilievo pur con le sue lacune. Attribuisce inoltre alle varianti che si trovano nei codici
trascritti durante il XV secolo il carattere di emendationes umanistiche.

EDIZIONI A STAMPA

1497
Ar&totelis et Tbeopbrasti Opera, Volumen II. Eorum quae hoc uolumine continentur no-
mina & ordo. Aristotelis uita ex Laertio. Eiusdem uita per Ioannem Philoponum. Theo-
phrasti uita ex Laertio. Galeni de philosopho historia Aristotelis de physico auditu, libri
octo. De coelo, libri quatuor. De generatione & corruptione, duo. Meteorologicorum,
quatuor. De mundo ad Alexandrum, unus. Philonis Iudaei de mundo, liber unus. Theo-
phrasti de igne, liber unus. Eiusdem de Vends liber unus. De signis aquarum & uento-
rum, incerti auctoris. Theophrasti de lapidibus, liber unus. Excriptum Venetiis manu
stamnea i domo Aldi manutii Romani, & graecorum studiosi. Mense Februario.M.III
D. pagine iv+268. (De [apidibus: pp. 254-261).

1541

Zz,. ,G,~ qo~6!zz,J~ ~a,~xa. Theophrasti primum quidem Platonis, mox Aristotelis quo-
que discipuli, & in philosophiae professione successoris, omnium vero philosophorum,
M. Tullij quoque testimonio, elegantissimi atque eruditissimi, opera, quae quidem a tot
saecutis adhuc restant, omnia: summo studio partim hinc inde conquisita, atque in
unum veluti corpus nunc primum redacta: partim a multis quibus etiam hactenus scate-
bant mendis, doctorum virorum industria ac meliorum exemplarium ope repurgata.
Eorum turn praestantiam, turn singolorum rationem ac ordinem, ex praefatione, & su-
biecto eidem catalogo abunde cognosces... Basileae, Johannes Oporinus (la praefatio
di H. Gemusaeus), pp. 291.

1552
Theophrasti Historiam de plantis, et De causis plantarum, et quosdam alios ipsius libros con-
tinens tomus VI. Venetiis, apud Aldi filios. Expensis uero nobilis uiri domini Federici de
Turrisanis eorum auunculi. M.D.LII., pp. viii+ 652~

1578
Theophrasti De lapidibus Liber, ab Adriano Tumebo Latinitate donatus. Lutetiae, ex of-
ficina Federici Morelli, pp. 15.
224 A, MOTTANA - M. NAPOLITANO

1605

Theophrasti Eresii peripateticorum post Apqstotelem principis, pleraque antehac Latine nun-
quam, nunc Graece et Latine simul edita. Interpretibus Daniele Furlano Cretensi, Adria-
no Turnebo. Accesserunt liber De innato spiritu, Aristoteli attributus, et Danielis Fur-
lani uberes ad omnia commentarii. Hanoviae, typis Wechelianis, apud Claudium Mar-
nium, M.DC.V., pp. 397.

1613

(:)eo}phr -:o~ 'Eaa~io,o ~i=='~n~. Theophrasti Eresii Graece & Latine opera omnia. Daniel
Heinsius textum Graecum locis infinitis partita ex ingenio partim e libris emendauit:
hiulca suppleuit, male concepta recensuit, interpretationem passim interpolauit. Cum
indice locupletissimo. Lugduni Batavorum, ex typographio Henrici ab Haestens, im-
pensis Iohannis Orlers, And. Cloucq, et Ioh. Maire, anno M.D.CXIII., pp. 568. (Theo-
phrasti de Lapidibus liber Danide Furlano interprete: pp. 391-401).

1647

Gemmarum et lapi~ktm historia. Quam olim edidit Anselmus Boetius de Boot Brugensis,
Rudolphi II. Imperatoris Medicus. Nunc vero recensuit, 'a mendis repurgavit, Com-
mentario & pturibus, melioribusque Figuris illustravit & multo locupletiore in(lice auxit
Adrianus Tollius Lugd.-Bat. M.D. Tertia editio longe purgatissima cui accedunt Ioannis
de Laet, Antwerpiani, De gemmis & lapidibus Iibri II. Et Theophrasti fiber De lapidibus
Graece & Latine cum brevibus notis. Lugduni Batavorum, ex officina toannis Maim. M
D C XTC-M~'(VII, pp. 6 n.n. + 210 fogti + indice n.n. (De lapidibus: fogli 24 non
numerati).

1746

(-)~o~&~=o,J -o; "E~'~o,~ 11~ -.(o,~ ),[0o),~ [5,.[5).~ov. Theophrastus's Histo~ of Stones. With
an English version, and critical and philosophical notes, including the Modern history
of the Gems, &c. described by that author, and of many other of the native fossils. By
John Hill. To which are added, two letters: one to Dr. James Parsons, F.R.S., on the
Colours of the Sapphire and Turquoise. and the other, To Martin Folkes, Esq., Doctor
of Laws, and President of the Royal Society; upon the effects of different menstruums
on Copper. Both tending to illustrate the doctrine of the Gems being cotoured by me-
talline perticles. London, printed for C. Davis; against Grays-Inn in Holborn; printer to
the Royal Society. MDCCXLVI, pp. xxiii+211 (De lapidibus: pp. 2-159; testo greco
sulle pagine pari; traduzione sulle pagine dispari a fronte; note in calce su entrambe le
pagine).
IL L I B R O <<SULLE PIETfLE>> D I T E O F R A S T O 225

1754
Trait8 des pierres de Th&phraste. Traduit du grec; avec des notes physiques et critiques,
traduites de l'anglois de M. Hill; auquel on a ajout4 deux lettres du meme auteur, l'une
au docteur Parsons, sur les couleurs du saphir et de la turquoise; et l'autre a M. Folkes,
... sur les effets des diff4rens menstrues sur le cuivre. Paris, Herissant, 1754, pp.
mxiv+ 287.

1770
Theophrastus yon den Steinen aus dem Gn'echischen. Nebst Hills physicalischen und
critischen anmerkungen u. einigen in die naturgeschichte u. chymie einsch]agenden
briefen, aus dem englischen (ibersetzt. Mit anmerkungen u. einer abhandlung yon der
kunst der alten in steine zu schneiden vermehrt. Von Albrecht Heinrich Baumg~irtner.
NOrnberg, Bei Johann Adam Lochner, 1770, pp. 384.

1774
Theophrastus's History of Stones. With an English version and critical and philosophical
notes, including the modern history of the gems, etc., described by the author, and of
many other of the native fossils. By John Hill. To which are added, two letters: One to
Dr. James Parsons, F.R.S., On the colours of the sapphire and turquoise. And the
other, to Martin Folkes, Esq., Doctor of Laws, and President of the Royal Society;
upon the effects of different menstruums on copper. Both tending to illustrate the doc-
trine of gems being coloured by metalline particles. 2d ed., enlarged by the addition of
a Greek index of all the words in Theophrastus. Also, Observations on the new Swedish
acid, and of the stone from which it is obtained; and with an Idea of a natural and artifi-
cial method of fossils. By Sir John Hill. London, printed for the author, 1774, pp.
viii + 342.

1807
Traduzione tedesca del testo inglese di J. Hill ad opera di C. Schmieder, pubblicata a
Freiberg (non vidimus).

1818-1821
Theophrasti Eresii quae supersunt opera et excerpta Iibrorum quatuor tornis comprehensa. Ad
fidem librorum editorum et scriptorum emendavit, Historiam et libros VI De causis
plantarum coniuncta opera D.H.F. Linkii, excerpta solus explicare conatus est Io. Got-
tlob Schneider, Saxo. Lipsiae, sumptibus Frid. Christ. Gull. Vogelii, 1818 (Tom. I-IV).
Lipsiae, sumptibus Frid. Christ. Gull. Vogelii, 1821 (Tomus V), pp. xl + 896; vi+ 630;
843; 873; lxvi+549. (De lapidibus: Tom. I: Graece, pp. 686-705; Tom. II: Latine, pp.
424-435. Curae secundae ad excerpta de lapidibus: pp. 578-580; Tom. IV: Annotationes ad
excerpta libri de lapidibus, pp. 535-593; Tom. V: Emend. et add. in primo vohlmine: p. Iv;
denuo comm., pp. 146-148).
226 A. MOX'TANA * M. NAPOLITANO

1862
Theophrasti Eresii opera quae supersunt omnia. Ex recognitione Friderici Wimmer. To-
mus Tertius Fragmenta continens. Accessit Prisciani Lydi Metaphrasis in Theophrasti
libros De Sensu et De Phantasia. Lipsiae. Sumptibus et typis B.G. Teubneri, MDCC-
CIOUI, pp. xxxiii+330 (Fr. IL Per[ llthon: pp. 34-59).

1866
Theophrasti Eresii opera, quae supersunt, omnia. Graeca recensuit, latine interpretatus
est, indices rerum et verborum absolutissimos adjecit Fridericus Wimmer Doct. Philos.
Parisiis, editore Ambrosio Firmin Didot, instituti imperialis Franciae typographo, via
Jacob, 56, M DCCC LVI, pp. xxviii+547 (Perf lithon. Libellus de lapidibus: pp.
340-35O).

1896
Stephanidis, M. K., 'Opu~c-:oT,o,/i=~o,5 Oso+~A~':o,J (in greco moderno). Atene, Anestis
Constantinidis, pp. 226.

1897-1899
Mdly, F. de, Ruelle, Ch. Em., Les lapidaires de l'antiquitc; et du moyen dge. T. II: Les la-
pidaires grecs (texte grec). Paris, Ernest Leroux, dditeur, pp. xxi+318 (Per? lithon: pp.
1-12).

1902
Mdly, F. de, Les lapidaires de l'antz?Iuitd et du moyen dge. T. III, premier fascicule: Les la-
pidaires grecs - traduction. Paris, Ernest Leroux, dditeur, pp. Ix.w+ 140 (Thdophraste. Le
livre des pierres: pp. 1-I2).

1922
Zur Geschichte der Mineralogie. Geschichte der Mineralogie im Altertum und im Mittelal-
ter. Von Karl Mieleitner, Mfinchen. Fortschritte der Mineralogie, Kristallographie und
Petrographie. Hrsg. yon der Deutschen Mineralogischen Gesellschaft unter der Reda-
ktion yon Dr. A. Johnsen Professor der Mineralogie an der Universitiit Berlin. Sieben-
ter Band. Jena, Verlag yon Gustav Fischer, 1922, pp. 429-480 (Theophrastos <<{Jberdie
Steine>>: pp. 431- 445).

1956
Theophrastus. On Stones. Intr., Greek Text, Engl. Transl., and Comm. by Earle R. Ca-
ley & John F. C. Richards. Columbus, Ohio. The Ohio State University, 1956, pp.
vi+238.
IL L I B R O <<SULLE PIIZTRE>> DI T E O F R A S T O 227

1965

Theophrastus. De lapidibus. Ed. with Intr., Transl. and Comm. by D.E. Eichholz.
Oxford, Clarendon Press, 1965, pp. vii+ 141.

NOTE ESPLICATIVE

L'edizione 1497 (Aldina) 6 basata su un manoscritto ora scomparso, ma molto affi-


ne a F e L (Eichholz, 1965, p. 50).
L'edizione 1613 (Heinsius) sarebbe basata in parte su un manoscritto perduto della
biblioteca di Heidelberg, ma ci6 ~ contestato da Hort (1916) (cfr. Richards,
1959).
L'edizione 1647 (De Laet) incorpora una serie di correzioni proposte da Claudius
Salmasius (Claude de Saumaise) nelle sue Plinianae exercitationes in Caii Julii Solini
Polyhistor, Parisiis, 1629.
Nel 1801-1807 C. A. Schwarze pubblica un commentario in latino rimasto incom-
pluto dopo la settima parte.
Nel 1807 C. Schmieder pubblica a Freiberg una seconda traduzione in tedesco del
testo inglese di Hill (fide Schneider, 1818, vol. LI, p. 578, vol. IV, p. 535; e inoltre
Adams, 1938, p. 21).
L'edizione 1818 (Schneider) ~ preparata sulla base della collazione effettuata da un
certo Brandis dei codici A B C che per6 risultarono sostanzialmente simLii all'Aldina
(fide Schneider, 1821, vol. V, p. 146).
Nel 1821 J. G. Schneider (vol. V) corregge il testo greco tenendo conco di una serie
di proposte avanzate da KoraSs nel commento alia sua edizione della Geograf;a di Stra-
bone (Paris, 1819).
Nel 1861 Lenz pubblica una traduzione tedesca parziale di numerosi passi che ~ an-
cora basata sulla traduzione in inglese di Hill (1746) ed e corredata con le identificazio-
ni di vari minerali e di varie localitY.
L'edizione 1862 (Wimmer) incorpora in un testo unico tutte le correzioni sopra ri-
cordate. Nel 1866 riproduce il testo greco cosl collazionato e lo correda di una tradu-
zione latina.
Nel 1948 Cohen e Drabkin, prendendo a base l'edizione di Wimmer, traducono in
inglese 17 sezioni scelte.
L'edizione 1956 (Caley e Richards) include gli emendamenti proposti da Stephani-
dis (1902); ~ inoltre basata sulla collazione di A B C con le edizioni 1497, 1577, 1605,
1613, 1647, 1746, 1818-21 e 1862.
L'edizione 1965 (Eichholz) 8 il risultato della collazione di tutti e 13 i manoscritti e
delle edizioni precedenti.
228 A. MOTI'ANA - M. NeMDOLITANO

BIBLIOGRAFIA

Accom~ B., 1977. Contributions to the Histo~ of Geologzcal Sczences: the Musaeum Calceolarium (XVIth Cen-
tury) of Verona Illustrated in 1622 by C~n'uti and Chiocco. Geotogica Romana, 16: 21-54.
ACCORDt B., 1980. Michele Mercati (I54i - 1593) e la Metallotheca. Geotogica Romana, 19: 1-50.
ACCORDZB , STaCCHIO'VnL , TAGL~,WERr~OC., 1981. Traduzione e commento del De lapidibus di Gerolamo Car-
dano (dal libro VH del De Subtilitate, edizione del 1560). Geologica Romana, 20: 125-169.
AD,v'~ls F. D., 1938. The Birth and the Development of the Geological Sczences. Baltimore, Williams & Wilkins,
pp. 506 (rist. 1954, New York, Dover).
Ac;RzCOt,a G., [1546] 1550. De ortu et causis subterraneorum h~. V. De natura eorum quae effluunt ex terra lib.
iIII. De natura fossilium lib. X De ueteribus et novis metallis lib. II. Bermannus szve De re metallica dialo-
gus. Interpretatio germanica uocum rei metallicae, addito indice foecundissimo. Basileae, per Hiero-
nymum Frobenium et Nic. Episcopium, pp. 487 (trad. it. di Michiele Tramezzino: De la generatione de
le cose, che sotto terra rono, e le cause de' loro effetti e nature. Lib. V. De la natura di quelle cose, che da !a
terra scorrono. Lib. HII. De la natura de le cose fossik; e che sotto la terra si cauano. Lib. X. De le minere
antiche e moderne. Lib. II. Il Bermanno, o de le cose metallice, dialogo. Vinegia, Sybilla, M D L, pp.
n.n. + 468).
A<R:col,\ G., [1556] 1563. De Re Metallica libri XII. Quibus Officza, Instmmenta, Machmae, ac omma dem~lue
ad Metalk2"am spe~::antia, non modo loculentissbn6 describuntur, sed & per effzgies, suis loczs mfertas, adiun-
etA" Latbm, Gemzanicisque appellationibus ita oh oculos ponuntur, ut clarius tradi non possint. Eiusdem De
Am)nant:~us Subterraneis Liber, ah Autore recognitus: cum IndA'ibus diuersis, qur in opere tmctatum
est. puk'hr8 demonstrantibus. Basileae M.D.LVI. (l.s. Froben), s.i.e., pp. xxiv+538+varie (trad. it. di
Michdangelo Florio: De l'arte de metalli partita in XH. libn', ne quah" si descrivano tutte le sorti, e q~wlit~
degli uff}~zty, de gli strumenti, delle macchine, e di tutte l'altre cose attenenti a coral artc; non pure con paro-
le ch&re, ma eziandio si mettano a kr loro le f~iRure di dette cose, ritratte ai naturale, con la~iunta de
nomi di quelle, cotanto ch&ri, e ~pediti, the meglio non si puo deffdemre, o havere. Agg&ngesi il libro de[
medesimo autore, che tratta de gl am)nali di sotterra, da kd stesso corretto, & rzueduto. Basilea, per Hiero-
nimo Frobenio et Nicolao Episcopio, pp. n.n.+542; rist. anast, a cura e con intr. di P. Macini e E.
Mesini. Segrate, Edizioni ANIM, 1994, pp. xxxii+542 +varie n.n).
A.xoNZMO [attribuito a U. ROlein yon Kalbe, ca. 15051, 1527. Em niitzlich Berght~chlin yon allen Metallen, a's
Golt, Silher, ZL3,n, Kup/er Er~, El~'en Stet)~. B[co'ertz. vnd yore Quec~ilber Erffurd, durch [ohan Loer-
sfe[t, 24 fogli n.n.
ANONIMO, 1524. Probier Biichlein, auff Gokl, Sdber, Kupffer vnd Ble~.. Auch allerlay Metall wie man die, zii nutz
arhayten u*~ Proh&ren soll. Allen MtTnt:enaystern, Warde~,n, Goltwerckern, Berckleiiten u~ kaz~leiitd der
Metall zzi nu< mit grossem flc3,ss z*~sammengehracht. Augsburg, Heinrich Steyner, 64 fogli n.n.
AN'roH~.LZ M., BORGO E., P,X~Z~NZONaA., 1983. I nostrf mineraIi. Geologia e Mineralogia della Lr Genova,
SAGEP, pp. 295 (aggiornamento 1988 a cura di E. Borgo e A. Palenzona, pp. 48; aggiornamento
1990 a cura di A. Palenzona, pp. 48).
ARTI>It E., 1929. Le rocce. Milano, Hoepti, pp..'x.x+778 (4" rist. 1979).
AvG~s-N S., 1967. I colori pompe&nL Roma, De Luca, pp. 163.
Auc;us'r~ S., 1968. Terminologia tecnica dei colon' antichi. Pitture e vemici, 44/6: 204-211.
B,\cc~ A., 1587. Le XII pa2"trepretiose, le quali per ordine di D~o nella santa legge, adornauano i vest#nenti del
sommo sacerdote. Ag~iunteui il d~amante, la margarie, e l'oro, poste da S. Giovanni nell'apocalisse, in figura
della celeste Gierusalemme: con un sommario dell'altre pierre pretiose. Discorso dell'alicorno, et delle sue
singo[an}sa)ne virtir Et della gran bestia detta alce da gli antichi. Roma, Martinelli, pp. 130.
BaFF~o.~t C., 1981. Il I V libro dei <<Meteorologica>> di An}totele. Napoli, Bibliopolis, pp. 459.
Bat~ev K. C., 1929-1932. The Elder Pk'ny's Chapters on Chemical Subjects (2 voll.). London, Arnold, pp.,
249+287.
Bam~ A. A., 1969. Lapis adamas. Der Blutstein. In: Mdanges M Renard. Vol. I, Bruxelles, Colt. Latomus,
101: 66-82.
[L L I B R O <<SULLE PtETRE>> D I T E O F R A S T O 229

BERGMAN T., 1774. Variae c~.stallomm formae a spatho ortae t~'plicatae. Nov. Act. Soc. Scient. Upsal.,
Uppsala, vol. I.
BLv'~co L., 1992. Le pierre mirabili. Magia e scienza nei lapidari greci. Palermo, Sellerio, pp. 261.
Bn~INGt3CCZOV., [1540]. De la pirotechma libri X dove ampzamente d tratta non solo di ogni sorte e diversita di
Miniere, ma anchora quanto si ricerca intorno a la prattica di quelle cose di quel ehe si appartiene a l'arte de
la fusione ouer gz?to de metalli come d'ogni akra cosa sz)nile ~ questa. Venetia, per Venturino Roffinello,
pp. VIII+ t68 (citato nett'ed, crit. condotta sulla 1~ ed. a cura di A. Mieli: Bari, Societ~ Tipografica
Editrice Barese, 1914, pp. txx.w+ 198).
BLOMNER H., 1875-1912. Technologie und Terminologie der Gewerbe und Kiinste bei Gr~chen und RSmern (4
voU.). Leipzig, Teubner, pp. ~xxix + 1732 (rist. anast.: Hildesheim, Olms, 1969).
B o o t A. B. r)e, [1609] 1636. Gemmarum et lapidum historia. Nunc veto recensuit, a mendis repurgavit, com-
mentariis, & plurimis, melioribusque figuris illustravit & multo locupletiore indice auxit Adrianus
Toll. Lugduni Batavorum, ex officina Joannis Make, pp. 576 + index.
BoacHzM G., 1989. Marmi antichi. Roma, De Luca, pp. 342.
BO~GNET A., 1890-1899. Alberti Magni Opera omnia. Ed. A. B. (38 roll.: il Liber mmeralium e nel vol. 5), Pa-
risiis, apud Ludovicum Viv~s; trad. ingl. di D. Wyckoff: Albertus Magnus. Book qic Minerals. Oxford,
Clarendon Press, 1967, pp. 309.
B~o~m~ mad C. E. N., 1947. Flavus or Blavus: A Diffic~dty in Understanding Early Descriptions of Mb~erals. Mi-
neralogical Magazine, 28: 104-107.
Bkuzza L., 1870. Iscnzioni sui marmi grc~zi. Annali dell'Instituto di Corrispondenza Archeologica, 42:
106-178.
BURNZKELW., 1974. Textgesehi6htliche Untersuchungen zu neun Opuscuk~ Theophrasts. Wiesbaden, Steiner, pp.
:cxxix + 172.
CAz,tmLi-'. W., 1958. Die Farbenbezeichnungen bei Theophrast. Rheinisches Museum, 101: 1-41.
Calv)aNo G., [1560]. De Subtik?ate libri XXI. Norimbergae, apud Ioh. Petreium, pp. 371 (citato nella trad.
di Accordi et al., 1981).
C,xssoLa F., Izzo ~)'AcciNNI A., Faus'rz D., 1984. Erodoto. Storie. Testo greco a ffonte, intr. di F. C., trad. it.
di A. I. d'A., prem. al testo e note di D. F. Voll. I-IV, Milano, BUR, pp.
531 +373 +489+294.
CEL,.INt B., 1568. Due Trattati. Uno intorno alle otto princzpali arti dell'ore~erta. L'altro in materm dell'Arte
della Scultura; dove si v<ggono infiniti segreti nel lavorar le Fzgure di Marmo, & nel gettarle di Bron:o. In
Fiorenza, per Valente Panizzij, & Marco Peri, pp. 62 (il Trattato dell'orc~'ceria occupa le pp. 1-45).
Trad. ingI. in: The Treatzses of Benvenuto Cellini on Goldsmithing and Sculpture. New York, Dover,
1967, pp. t64.
C~-;NNINr C., [pre-1437] 1992. [l libro dell'arte (commentato ed annotato da F. Brunello con una intr. di L.
Magagnato). Vicenza, Neri Pozza, pp. xxx+243.
C~sa~pzNo A., 1596. D~~ metallicis libri tres. Romae, Aloyisii Zannetti, pp. 222.
C~.xR~ A. M., 1992. Hey's Mineral Index. Mineral Species, Vanities and Synonyms. London, Chapman & Hall,
pp. xii + 850.
Cotton M. R., DaA~KqN I. E., 1948. A Source Book in Greek Science. Cambridge-London, Harvard University
Press, pp. 579.
Co~sz F., 1828. Delle p~etre anu~he. Roma, Salviucci, pp. 224 (fist. anast., Verona, Zusi, 1991, pp. 224; 2 "
ed. in alcune patti corretta, in moire accresciuta con l'aggiunta dell'indicazione e descrizione di tutte
le colonne e ragguardevoli massi di pietre antiche che sono in Roma. Roma, Salviucei, 1833, pp. 432:
3" ed. con notabi]e aggiunta al III libro in cui sono indicate e discritte tutte le colonne ed alcuni massi
di pietre antiche ragguardevoli per grandezza o per rariva esistenti in Roma. Roma, Puccineili, 1845,
pp. 448).
C o , s o A., I~iUGELLESIR., RosNn G., 1988. Plinio. Storia natural< Vol. V: libri 33-37. Mineralogia e storia del-
l'arte (trad. e note di A. C., R. M. e G. R.). Torino, Einaudi, pp. 966.
D'A~'~uco C., I>a~oceN~ F., Sass* F. P., 1987. Magmatismo e metamo~ismo. Torino, UTET, pp.
xi+535.
230 A, MOTTANA - M. N.adPOLITANO

DANA E. S[, 1892. A System of Mineralogy (6th ed.). New York, Wiley, pp. 1134.
DANA J. D., 1868. A System of Mineralogy (5th ed.). New York, Wiley, pp. 827.
DANA J. D., 1909. Manual of Mineralogy and Petrography (12th ed.). New York, Wiley-London, Chapman &
Hall, pp. 517.
D'ARGENtO B., [NNOCEN'n F., SassI F. P., 1994. Introduzione allo studio delle rocce. Torino, UTET, pp.
viii + 162.
Daws E.N., 1966. Der geologische Bau der Insel Siphnos. Geological and Geophysical Research, 10:
161-220.
DEE R~ccio A., [1597] 1996. [storia delle pierre (a cura di R. Gnoli e A. Sironi). Torino, Allemandi, pp.
253.
DEVOTO G., MOLaYeM A., 1990. Archeogemmologia. Pierre antiche - Glittica Magia e Litoterapia. Roma, La
Meridiana, pp. 247.
DOLCE L., 1565. Libri tre nei quali si tratta delle diuerse sorti delte Gemme che produce la Natura, delle qualita,
grande~a, belle~a e virt~ loro. Venetia, appresso Gio. Battista, Marchio Sessa, et Fratelli, pp. 99.
D0VaNG I., 1944. AriStotle's Chem*cal Treatise: Meteorologica, Book IV. Acta Universitatis Gotoburgensis:
18-106.
D0mNG L, 1966. ArTstoteles. DarstelIung und Interpretatzbn seines Werkes. Heidelberg, Winter, pp. 360 (trad.
it.: Aristotele. Milano, Mursia, 1976, pp. 748).
Du~o A., 1986. Vocabolario della lingua italiana (6 voil.). Roma, Istituto dell'Enciclopedia haliana, vol. I,
pp. xl+ 1037.
E1cmIoLz D. E., 1944. Theophrastus on =d~or (~c~or Classical Review, 58: 18.
EI(:Ht IOLZ D. E., 1949. Aristotle's Theory of the formation of Metals and Minerals. Classical Quarterly, 43: 141-
146 (ristampato in Eichholz, 1965: 38-47).
EI(:HHOLZ D. E., 1967. Some Mineralogical Problems in Theophrastus' De" Lapidibus. Classical Quarterly, 17:
103- t04.
ELLIS J., 1755. An essay towards a natural history of the coralh)~es, and other marine productions of the like kind,
commonly found on the coasts of Great Britain and Ireland. London, for the author, pp.
,wii + 103.
ENCEHUS C., [s.d. ma 1551]. De Re Metallica, hoc est, de Orzgine; Vank,tate, e Natura Corpomm Metallicomm,
Lapidum, Gemmatum, atq[ue]; alianr quae cx fodinis eruuntur, rerum, ad Medicinae usum deseruien.-
tium, libri IH. Franc.[ofurti], apud Chr. Egenolphum, pp. 271 + index.
FOLENA G., 1963. Argento vivo, mercurio. Lingua nostra, 24: 116-1t7.
FORBES R. J., 1936. Bitumen and Petroleum & Antiquity. Leyden, Britl, pp. 109.
FORI'ENB,.~UC~HW. W., HUBY P. M., SnARPLES R. W., GuTas D. (eds.), 1992. Theophrastus of Eresos. Sources of
his life, writings, thought and influence. Voll. I-II, Leiden - New York - K61n, Brill, pp. viii-465 i- vii-705.
FOSTE~ W., 1933. Chemistry and Grecian Archeology. Journal of Chemical Education, 10: 270-277.
Fos3w_a W., 1934. Grecian and Roman Stucco, Mortar and Glass. Journal of Chemical Education, 11:
223-225.
FooQUg F., 1889. Sur le bleu ~gyptien ou vestorien. Comptes Rendus Hebd. des Seances de ['Acad6mie des
Sciences, 108: 325-327.
F ~ c c ~ w o u A., 1906. Platone. Timeo (trad. di A. F.). Torino, Bocca (19692).
GESNE~ C., 1565. De omni rerum fossilium genere, gemmis, lapidihus, metallis, et huiusmodl; libri aliquot, pleri-
que nunc prz)num editi, opera Conradi GesnerzL"quorum catalogum sequens folium continet. Tiguri, excude-
bat Iacobus Gesnerus, anno M.D.LXV (8 volumi eli diversi autori; pp. 495 complessive).
Gtaea)iNi G., COt~XSa~'aTES., 1986. Le collezioni di pierre decorative antiche r Pescetto, e r de Santis~
de/Servizio Geologico d'Itaha. Studio critico sl}tematico illustrato e ragionato. Parte Prima. Memorie per
servire alia descrizione della Carta Geologica d'Italia, 15: 5-232.
GIGAN~ M., 1987. Diogene Lae~io. Vite deifilosofi (2 ~ ed. in 2 voll., trad. di M. G.). Roma-Bari, Laterza.
pp. cxviii + 642 complessive (fist. parzialmente in Platone. Opere complete, vol. 1, Roma-Bari, Laterza,
1990, pp..vxvi-lxxi).
GmUE~T W., [1600] 1958. De magnete (trad. ingl. a cura di P.F. Mottelay di: Guilielmi Gilberti Concestrensz},
IL L I B R O <<SULLE PIETRE>> D I T E O F R A S T O 231

medici londonensis, De magnete, magneticisque corporibus, et de magno magnete tellure; Physiologia nova,
plurimt~ et argumentis, et experimentis demonstrata. Londini, excudebat Petrus Short anno MDC). New
York, Dover, pp. 1iv+368.
Gm,~IORE E. L., 1968. Gemstones of the First Biblical Breastplate. Lapidary Journal, 22: 1130-1134.
GNOLI R., 1971. Marmora romana. Roma, Edizioni dell'Elefante (1988z), pp. 291.
GO'rrSC~LK H. B., 1961. The Authorship of Meteorologica, Book IV. Classical Quarterly, n.s 11:
67-79.
GOWL~'~D W., 1917-1918. Silver in Roman and Earlier Times. Archaeologia, 69: 121-160.
GRmLI A., 1983. La documentazione sulla provenienza dell'ambra in Plinio. Acme, 36: 5-17.
HALLEUXR., SCAMP J., 1985. Les lapidaires grecs. Lapidaire orphique. Kd'rygmes Lapidaires d'Orphde. Socrate et
Denys. Lapidaire nautt~lue. Damig&on-Evax. Paris, Les Belles Lettres, pp. xxxiv+ 347.
H_~MER-JENsEN I., 1915. Das sogenannte IV. Buch der Meteorologie des An~toteles. Hermes, 50: 113-
136.
H,~p H., 1965. Der chemische Traktat des Aristoteles. Meteorologie IV. In: H. F L a s ~ , K. G~SER, Synusia.
Festgabe fiir 9Z Schadewaldt. Pfiallingen, Neske: 289-322.
HF~XLY J. F., 1981. Pk'ny the Elder and Ancient Mb~eralogy. Interdisciplinary Science Reviews, 6:
166-180.
H~NTZE C., 1897-1971 (in collaborazione parziale con K. Cbudoba). Handbuch der Mineralogie (7 voll. + 3
app. + ind. gen.). L Band. Elemente - Sulphide - Oxyde - Haloide - Carbonate - Sulfate - Borate - Pho-
sphate (3+2 voll. + 2 appendici). Leipzig, Veit, 1904, 1915, 1930, 1933, pp. 4565 compl. + 1454; [I.
Band. Silicate und Tt~anate. Leipzig, Veit, 1897, pp. x + 1842; Ergdnzungsband (3 roll.). Berlin, De Gru-
~er, 1938, 1960, 1968, pp. 2402 compl.; Gesamtregister, Berlin, De Gruyter, 1971, pp. 145.
HOFF,'VbX.NNC. A. S., 1811-1818. Handbuch der Mineralogie (4 roll.). Fortgesetzt yon A. Breithaupt. Frey-
berg, Craz & Gerland.
Hocalrm D. D., Gt~VFIN W. L., 1976. New Data on Lazurite. Lithos, 9: 39-54.
Hoe,'~l A., 1866. Beitrage zur Ben~ht(~ung der Karte des alten Siciliens. L/~beck, Abdruck aus dem Oesterpro-
gr. des Catharineums, pp. 40 (trad. it.: Della geograf& antica di Sicilia. Palermo, Tipografia del Gior-
nale di Sicilia, 1871, pp. 102).
ItORT A., 1916. Theophrastus Enquby into Plants (Historza plantan~m) ... (2 roll.). London, Heinemann (rist.
in: Theophrastus Enquiry into Plants and Minor Works and Weather Signs. Cambridge, Mass.-London,
Harvard University Press & Heinemann, 1948-1949, 2 voll., pp. xxviii-475+ix-499).
HUNT T. S., 1886. Mineral Physiology and Physiography. Boston, S.E. Cassino, pp. 710.
KIRWaN R., 1794-1796. Eh,ments of Mz)~eralogy (2 ~ edition, 2 voll.). London, Nichols, pp. 452+459.
Kl~xM,x, U., 1976. The Coticule Rocks (Spessartine Quar~ites) from the Venn-Stavelot Masstf Belgian Ardennes.
Contributions to Mineralogy and Petrology, 69: 387-395.
K~wsKo W. W., 1979. Blei in Geschz~hte und Kunst. Stuttgart, Birkh~iuser, pp. 310.
K-~NaS K. A., 1908. Die Einlagerungen im krt~tallinen Grundgebirge der Kykladen auf Syra und S~los. Tscher-
maks mineralogische und petrographische Mitteilungen, 26: 257-320.
KOHN C. G., 1821-1833. Galeni Opera omnia (Medicorum Graecorum Opera quae exstant, volI. I-XX). Rec. C.
G. K. (22 voll.). Lipsiae, Knobloch, pp. cdx~19772 complessive (fist. anast. Hildesheim, Olms,
1964-1965).
JANSEN J. B. H., SCHUmIN~ R. D., 1976. Metamorphism on Naxos: Petrology and Geothermal Gradients. Ameri-
can Journal of Sciences, 276: 1225-1253.
LAMENSJ., GEUKENS F., 1984. Volcanic Activi~ in the Lower Ordovician of the Stavelot Massif, Belgium. Me-
ded. Kon. Akad. Weten., 46: 1-13.
LANZa V., 1984. [l r162 Re Metallica...?~ di Christophorus EnceIius, 1517-1583. Le prz)ne illustrazioni esplicatwe
difossili. Geologica Romana, 23: 111-120.
LAURIE A. P., McL~NTOCKW. F. P., MinES F. D., 1914. Egyptian Blue. Proceedings of the Royal Society of
London, 89A: 418-429.
LEE H. D. P, 1952. Ars~totle. Metereologica. With an Engl. Transl. by H. D. P. L. Cambridge, Harvard Uni-
versity Press & London, Heinemann, pp. xxxiv+433.
232 A. MO'PTANA - M, NAPOLITANO

LENZ H. O., 1861. Mineralogie der alten Griechen und RFmer Gotha, Thienemarm, pp. 194.
LEONARDI C., 1516. Speculum lap12tum clarissz)ni artium et medicinae doctons C.L. Pisaurensz}. Venetils, per
Melchiorem Sessam et Petnlrn de, Rauanis sociz}, pp. LXVI (N.B.: la prima edizione h del 1502).
LEONARDO D,\ VINCI, 1995. Libro di pittura (2 voll.) (a cura di C. Pedretti; trascrizione critica di C. Vecce).
Firenze, Giunti.
L~NDSAVW. M., 1911. Isz~tori Hispalensis Episcopi Etymologiarum sire Originum libri XX. Rec. brev. adn. crit.
instr. W. M. L. Voll. 1-1I. Oxford, Clarendon Press (senza numeraz, di pagine).
NLxRvON H., 1936. Soldering and Welding in the Bronze and Early Iron Ages. Technical Studies in the Field of
Fine Arts, 5: 75-108.
MEar)ows J. W., 1945. Ph)~y on the Smaragdus. Classical Review, 49: 50-51.
MEDAC,LIA S. M., Russo L., 1995. Sulla prima definizione dell'Ottica di Euclide. Bollettino dei Classici, 16:
41-54.
MEi/CaTI M., [pre-1589] 17 t 9. Metallotheca in Vaticano metallis lapidibus gemmis terris aliisq, fossilibus instruc-
taet ordine quem sequens pagina demonstrat conlocata. Opus posthumum, auctoritate, & munificientia
Clementis undr Pontificis Maximi e tenebris in lucern eductum; opera autem, & studio Joannis
Mariae Lancisii archiatri pontificii illustratum. Cui accessit appendix cure XIX. recens inventis iconi-
bus. Romae, apud Jo. Mariam Salvioni, pp. :dii-lxiv + 378.
MIGLIOIUNI B., 1974. Basalto. Lingua nostra, 35: 36.
NhG()'rro L., 1990. Marco Vitnwio Pollione. De architectura libri X (testo latino a ffonte; trad. it. di L. M.).
Pordenone, Studio Tesi, pp. xxxvii+592.
.NIu.LIN DI~ GI~XNI).~.I~.ISONA. L., 1789. Mindralogie home~rklue, ou Essai sur les mindraz~, dont il est fait mentz~m
dans les Po~'mes d'HomSm. Paris, s.i.s., pp. x i v + l l 8 (2 ~' ed.: Paris, Wassermann, 1816, pp.
147).
Nhla.IN A. L., 1807. [ntro~kLzione allo studio delle pierre mta gliate. Palermo, Dalle Stampe del Solli, pp.
v i i + 119.
Nh)()Rl~ N. F., 1859. Ancient Mineralo,,~, or an b~quiry Respecting Mineral Substances Mentz?Jned /~' the
Ancients. New York, Harper, pp. iv+250 (2" ed.).
M()'I'rANA A., 1988. Fondamenti di mineralcJ,,,kl '~eologica. Bologna, Zanichelli, pp. x + 553.
Nh~'I'I'aNA A., 1995. Stonkl della mmeraloqz~l. Museologia scientifica, It: 333-349.
Nh~i.ll,xui: R., 1958. The Bc'ghming of Mineralogical Cheml~t~3,. Isis, 49: 50-53.
NxssalJ K., [1984] 1989. Gemstone Enhancement. London, Butterworths, pp. 296 (trad. it. di M. d'Adamo e
G. Mangiagalli: L'abhellimento arttficiale delle gemme. Teorekl e pratica. Sesto San Giovarmi, Istituto
Gemmologico Italiano, 1989, pp. x+ 323).
O~;NII~I;N L., 1960. Nora illustrativa dello schema geologico della Sicilia nord-orientale. Rivista mineraria sicilia-
na, 11 [n. 64-65]: 183-212.
P..~;AN() L. A., 1958. Sp(golature stolqche sulle pierre p~z,giate di Sicilia. Rivista Mineraria Siciliana, 51:
114-122.
P,xL,X~:lle C., B~s H., Fl~oaDl-t. C., 1944-1951. The System of M#:eralogy (2 voU.). New York-London,
Wiley, pp. 834 + 1124.
PERI~C,I~INt~'SP. OF ,Nl,\l~iCoul<'r, 1902. Epistle" of Peter Peregrinus of Maricourt to Svgems of Foncaucourt soldier
concernh~g the magnet (trad. ingl. di Sylvanus P. Thompson da originale latino del 1269). London,
Whittingham, 16 fogli.
Pt(;Ho'r A., [1991] 1993. La naissance de la science,. I. Me"sopotamie, Egypte 2. GrOceprdsocratz)lue Paris, Gal-
limard (trad. it. di M. Bianchi: La nascita della scienza. Mesopotamia, Egitto, Grecz2~ antica. Bari, Deda-
Io, 1993, pp. 646).
PH.L\ L., 1840. Studi di Geologia ovvero Conoscenze elementari della Scienza della Terra. Napoli, All'insegna di
Aldo Manuzio, pp. xiii+ 136.
Poa'rA G. B. DeLLa, 1589. Io. Bapt. Portae Neapolitani Magtae naturalis libri XX. Ab ipso authore expurgati, &
superaucti, in quibus scientiarum naturalium divitiae, & delitiae demonstrantur ... Neapoli, apud Ho-
ratium Salvianum, pp. 303.
IL L I B R O (<SULLE PIETRE>> IDI T E O F R A S T O 233

R,v'aous M., PL~NEZZOt~ E., BIONDEa*n L., 1992. Ovidio. MetamooCosi. A cura e trad. di M.R., con
un saggio di E.P. e note di L. B. Milano, Garzanti, pp. lx.xxiii+ 943.
RENV~W C., PEaCEV J. S., 1968. Aegean Marble. A Petrological Study. Annals of the British School of Athens,
63: 45-66.
Pmuss F. A., 1798. Neues Mineralogisches W&terbuch - Dictionnaire de Mindralogie contenent tousles mots en
Allemand, Latin, Franf4is, Italien, Suedois, Danols, Russe et Hongrois relatifs ~ l'Oryctognosie eta la Geo-
gnosie avec l'explication de leur vrai sens eonform8ment d la nouvelle nomenclature de Mr. Werner. Hof,
Grau, pp. 503.
RIc>uxP,DS J. F. C., 1959. Heinsius and a New Manuscript of Theophrastus. Classical Philolo~, 54:
118-119.
~C~XRDS J. F. C., 1963. Nine New Manuscrzpts of Theophrastus" ~On stones~. Classical Philology, 58:
34-36.
RODOUCO F., 1955a. Vecchi nomi neIl'industrta del corallo. Lingua nostra, 16: 28.
RODOLICO F., 1955b. Argento vivo e mercurio, Spastoso. Lingua nostra, 16: 87.
RoDoHco F., 1959. Nomi di pietre: trave~tino. Lingua nostra, 20:26-28 (con un'aggiunta nel 1981 in 42: 63).
RODOLt<O F., 1961. Nomi di pzetre: selce. Lingua nostra, 22: 20-22.
ROM~ DE L'IsLE [J.B.], 1783. Crz~tallographie ou Descrzption des formes propres d tous les corps du regne minSral,
,.land l'~tat de comhinatson sahne, pierreuse ou m~tallique, avec ftgures et tableux synoptt~tues de tousles cri-
staux connus (4 voll.). Paris, Imprimerie de Monsieur, pp. xxxviii + 623 + 659 + 611 + xvi + 82.
Ross W. D., FouEs F. H., 1929. Theophrastus Metaphysics. Oxford, Clarendon Press, pp. 87 (fist. anast.:
Chicago, Ares, 1978, pp. xxxii+ 87).
Ross! F., [1984] 1995. La pittura di pietra. Firenze, Giunti, pp. 174.
Rousv W. H. D., 1937. Lucretius. De Rerum Natura. With an EngL Transl. by W. H. D. R. London, Heine-
mann & Cambridge, Harvard University Press, pp. xxi+538.
R~,l~o F., 1547. De gemmk aliquot, iis presertim quarum diuus Ioannes Apostok~s in sua Apocalypsi memm#. De
alijs quoque quarum usus hoc haeui apud omnes percrebuit, kbri duo. Parisiis, ex officina Christiani We-
cheli, pp. 183.
Russ() L., 1992. Sulla non autenticitd delle definizioni degli enti geometrici fondamentak contenute negk' Elemen-
ti di Euckde. Bollettino dei Classici, 13: 25-44.
S..WtNO E., 1974. Tucidide. Guerra del Peloponneso (trad. di E. S.). Milano, Garzanti, pp. xxvi+607.
SctmELt, K. W., 1778. Chemische Abhandkmg yon der Lufi und dem Feuer ... Upsala und Leipzig, verlegt yon
M. Swederus ... zu finden bey S. L. Crusius, pp. 155.
ScHLOTEI< J., WEn'SCHaT W., 1991. Bohemian Garnet-Today. Gems & Gemology, 27: 1~8-173.
SCHMU)T Dl FRmDBERGP., 1964-1965. Litostratt[grafia petrolifera della Sic'ilia. Rivista mineraria siciliana, t5 In.
88-90]: 198-2t7; 16 [n. 91-93]: 50-71.
SCUW.-XRZEC. A., 1801-1807. De Theophrasti lapktibus commentationes. Gorlicii, Ex Officina Burghartiana (in
sette patti distinte, ciascuna con autonoma numerazione di pagine).
SrN~XNm.XSJ., 1981. Emerald and Other Beo, ls. Readnor Penn., Chilton, pp. 665.
SMrm C. S., Folmes R. J., 1964. Metallurgza e assaggm. In: C. StN(;V:~,E.J. HOL,\P,',\t~D,A.R. tLxLL, T. L Wm
HAMS, Ston~a della tecnologza (6 voLi.). Torino, Boringhieri, vot. HI: 29-76.
S'I'E*XME'I~ P., 1964. Die Physik des Theophrastos yon Eresos. Wiesbaden, Steiner, pp. 367.
Saqz~.'<,aef-z P., 1967. D.E. Eichholzs Theophrastus De lap~dz'bus. Gymnasium, 74: 264*266.
S'rExo~v. N., 1995. Su un corpo solido contenuto naturatmen/e entro un altro solido. Prods>too a una dissertazio-
ne (trad. di L. Paretti, a cura di A. Mottana). Roma, Teknos, pp. xxx+64.
S'rEP~r M. K., 1902. _~0~0o~':.~:i (in greco moderno). Athena, t4: 367-371.
S'WLLStaN J. M., 1924. The Story of Early Chem#try. New York-London, Appleton, pp. xiii+566.
T. C. I., 1968. Guida d'Italia. Sicilia (5 ~ ed.). Milano, Touring Club Italiano, pp. 791.
T~SC~LE~ J., 1978.'12~Cr(~)OC. Glotta, 56: 50-61.
TRo'r-ra F., Bte,asc~ti A. M., 1988-1996. Strabone. Geografia. Milano, BUR. Iberta e Gallza (libri LR e IV:
intr., trad. e note di F. T.), 1996, pp. 388; L'Itaha (libri VI-VI: intr., trad. e note di A. M. B.), 1988,
pp. 356; Il Peloponneso (libro VffI: a cura di A. M. B.), 1992, pp. 310.
234 A. MO'I-FANA - M. N A P O L I T A N O

Vo'rrERO D , 1989. Seneca. Questioni naturah" (a cura di D. V.; testo latino a fronte). Torino, TEA-UTET,
pp. 867.
WALLEeaUS J. G., 1747. Mineralogia, eller Mineralnket. Stockholm, Uplagd pfi L. Salvii egen Kostnad, pp. 479
(trad. fr. del Baron d'Holbach, 2 voll., Paris, Durand/Pissot, 1753, pp. 592+540.
Ward) PERKINS J. B., 1966-1967. r162 Afn~'ano, e ,Lapz~ Sarcophagus,. Rendiconti della Pontificia Acca-
demia Romana di Archeologia, s. 3, 39: 127-133.
WaTsON W., 1759. Some ObservatzonsRelating to the Lyncunum of the Ancients. Philosophical Transactions of
the Royal Society of London, 51: 394-398.
WE~s~r~ R., [1983] 1994. Gems (4th ed. rev. by B. W. Anderson). London, Butterworth, pp, 980 (trad. it.
di A. Suvero, a cura di C. Trossaretli: Gemme. Giacimenti. Descrizione. Identlficazione. Bologna, Zani-
chelli, 1994, pp..,cxxii+ 1231).
WELLXt~V'VM., 1906-1914. Dioscoridis Pedanii Anazarbei De materia medica libn"quinque. Ed. M. W. (3 yoU.).
Berlin, Teubner (fist. anast. Berlin, Weidmann, 1958).
WmSON J. N., 1935. Milowite - an Unusual Form of Silica. Chemical Trade Journal, 97: 127-130.
WILSON N. G., 1961. Some Manuscripts of Theophrastus. Classical Philology, 46: 109.
WmSON N. G., 1962. The Manuscripts of Theophrastus. Scriptorium, 16: 96-102.
~v~ryCHERLEYR. E., 1974. Poros. Notes on Greek Buildb~g-Stones. In: AA.W., ~P6~or Tribute to Benjamlh Dean
Mera?t. Locust Valley (New York, Augustin): 179-187.
ZADRO A., MINIO-PALUELLO L., VALGIMIGLIM., S,u~TO~a F., GtA~U~,XTANOC., 1990. Platone. Opere complete (9
voll.). Vol. II: Cratilo, Teeteto, Sofista, Poh?ico (trad. di L. M.-P., M. V. e A. Z.), pp. xii+331. Vol. VI:
Ck}ofonte, La Repubbhca, Timeo, Cr~'zia (trad. di F. S. e C. G.), pp. xii+469. Roma-Bari,
Laterza.

A. Mottana:
Dipartimento di Scienze Geologiche
Universit'5. degli Studi di Roma Tre
Largo S. Leonardo Murialdo, 1 - 00146 Ro,,aA

M. Napolitano:
Facolt.a di Lettere e Filosofia
Universit'a degli Studi di Cassino
Via Zamosch, 43 - 03043 Ca~,SINO FR

You might also like