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HERITAGE MARKETING: QUANDO IL PASSATO MUOVE IL FUTURO

Il consumo di beni è stato una costante nel processo evolutivo dell’uomo così come della
società. Proprio per questo motivo i mutamenti nei processi e nell’approccio al consumo
hanno viaggiato parallelamente a quelli nella struttura sociale e nell' approccio alla realtà.
Sarebbe limitante parlare di un prima ed un dopo, piuttosto sottolineare come a partire dal XV
secolo la varietà di scelta ha favorito lo sviluppo di una nuova cultura sociale, più dinamica e
propensa al nuovo. È proprio in questo periodo storico che l’economia, fino a quel momento
basata sull’autoconsumo e sul consumo circoscritto ai beni di prima necessità, inizia ad essere
condizionata da un’altra variabile: quella sociale. Vediamo quindi che ciò che era considerato
semplicemente un’oggetto inizia ad essere un vero e proprio fenomeno sociale che non solo
condizionava l’interazione dell’individuo con la collettività ma aveva il ruolo di stabilire un
ordine gerarchico ben definito nella società. Nonostante il sempre crescente interesse per il
nuovo e la sempre crescente importanza per ciò che era da definirsi “esterno”, fino al periodo
della rivoluzione industriale del XVIII secolo l’acquisto di beni preziosi aveva la finalità di
oggettivare il prestigio della famiglia e il loro ceto di appartenenza oltre che consolidarlo per
le generazioni future. Ed infatti l’acquisto era finalizzato all’accumulo piuttosto che alla ricerca
costante di cambiamento , essendo obiettivo principale quello di tramandare nel tempo questi
“oggetti sociali” simbolo di onore e di status .Se da un lato nel contemporaneo ,soprattutto
negli ultimi 50 anni , la velocità ed il cambiamento sono diventate le uniche costanti della realtà
e di tutto ciò relativo ad essa ,vediamo che mai come in precedenza il concetto di
valorizzazione della storicità , di protrarre nel tempo un bene e di portare alla luce il suo valore
rappresentativo è diventato elemento cardine nell’identificazione e definizione di un’impresa
nella società . Questo perché se in passato esisteva un concetto di fedeltà verso l’azienda
produttrice dei beni di consumo, che aveva come unico obiettivo quello di produrre il “bello”,
nel contemporaneo il consumatore avendo una disponibilità economica maggiore è eclettico,
mutevole ed “infedele”. Tutto ciò perché non si cerca più il bene inteso come oggetto, bensì
si cerca di rendere l’acquisto una vera e propria esperienza. La conseguenza di questo
cambiamento è che l’unica costante nelle modalità di acquisto dei consumatori è il desiderio
o quasi la necessità di sentirsi partecipi, “provare” in senso esperienziale prima di acquistare.
Ciò ha portato alla necessità di focalizzarsi sempre più non tanto su ciò che veniva prodotto
bensì sul modo in cui veniva presentato e rappresentato al consumatore. Sempre più le merci,
i prodotti e le marche stanno sviluppando delle caratteristiche di “sensibilità” per far si che il
consumatore li percepisca “umanamente” al fine di stabilire relazioni di tipo continuativo e di
ristabilire la “fedeltà”. Conseguenza di ciò è che il consumo ha ora sempre più un ruolo
simbolico piuttosto che pratico. Non si acquista più per necessità ma per sentirsi parte di
qualcosa e per cercare una costante tra i repentini cambiamenti nel gusto, nelle modalità di
acquisto e di consumo. Si acquista quindi non più un’“oggetto sociale” simbolo di status bensì
un “oggetto psicologico “simbolo di gusto, di stile, di sé. Ovviamente questo mutamento
nell’approccio dei consumatori al processo d’acquisto ha spinto le aziende a modificare il loro
approccio al mercato affinché le richieste dei consumatori venissero appagate
completamente. Compito delle aziende è ora quello di captare ed anticipare cosa cerca il
compratore ma soprattutto quello di rispondere a determinanti domande “chi è il
consumatore? Cosa vuole provare quando acquista? A cosa vuole appartenere?” Ed è proprio
per questo che nasce il fenomeno dell’Heritage marketing.

• HERITAGE MARKETING: CREARE UN IDENTITA’ DISTINTIVA


Per Heritage marketing si intende ogni attività di comunicazione che prevede il racconto del
patrimonio storico di un brand per rafforzarne il suo posizionamento sul mercato. L’Heritage
marketing attiene in primo luogo alla capacità di un’azienda di trasmettere la propria identità
e la propria storia, rendendole pertinenti al contesto attuale. In secondo luogo, attinge al
marketing relazionale, valorizzando il patrimonio storico dell’azienda per instaurare un
rapporto di empatia e fiducia con il consumatore, facendo leva su elementi simbolici ed
emozionali. Questo consente di rievocare nei consumatori immagini legate alla propria storia
personale insieme a un senso di appartenenza. L’obiettivo è quello di affiancare alla vetrina
che mostra ciò che viene prodotto e messo sul mercato ad un altra, che mostra la storia
che si cela dietro ciò che hanno di fronte e che sono in procinto di acquistare. Strumenti per
la concretizzazione di questa strategia di comunicazione e di vendita sono gli archivi storici
ed i musei d’impresa.

• L’ARCHIVIO STORICO: UN PATRIMONIO DOCUMENTARIO DA SVELARE


Per archivio storico d’impresa non si intende solo la memoria economica, giuridica,
imprenditoriale di un'azienda, ma anche l'anima, i valori fondamentali dell'azienda stessa,
quelli immutati nel tempo e quelli che cambiano a seconda della sensibilità di ogni epoca.
Cruciale è la capacità dell’azienda di aver colto l’importanza della loro storia e di
conseguenza di aver gestito intelligentemente la conservazione del patrimonio d’impresa.
Tutto ciò non soffermandosi semplicemente alla fase della raccolta bensì elaborando in
forma sperimentale nuove forme di trattamento del materiale documentale ed investendo
capitali e risorse umane per creare un unicum in grado di conservare la propria memoria
aziendale. L'archivio, una volta strutturato, è il bacino nel quale ricercare e prelevare i
materiali da utilizzare per un altro strumento dell’Heritage marketing: il museo d’impresa.

• IL MUSEO D’IMPRESA: COME RENDERE TANGIBILE LA MEMORIA


Il museo d’impresa è il luogo in cui si materializza l’identità dell’azienda e si palesa la sua
memoria. Ha il compito di conservare e diffondere il patrimonio di tecnica e di arte, di
rimettere in circolo la memoria storica del fare. In Italia vediamo che inizialmente la cultura
d’impresa e di conseguenza il riconoscimento di valore degli oggetti industriali ha faticato
ad emergere data la ricchezza del patrimonio artistico del nostro territorio. Solo
successivamente, quando il marchio assume il ruolo di portatore di una storia, della
personalità di un’azienda e del territorio nel mondo che prendono piede esponenzialmente
nuove realtà museali. L’approccio è focalizzato sulla narrazione di una storia, alla sua
contestualizzazione, che spesso ha come protagonisti l'impresa e la comunità che
rappresenta. La modalità è quella partecipativa che tende a coinvolgere il visitatore,
legittimandolo come parte attiva di un vissuto collettivo che lo riguarda spesso da vicino.
Dietro quella che è la realizzazione di un museo d’impresa c’è uno studio che non è
riassumibile nella selezione di ciò che si ritiene “caratteristico” e di posizionarlo in una
stanza. Così come un brand, un museo deve essere interessante, stimolante, un crescendo
di emozioni ed una continua scoperta per i visitatori ai quali si vuol far fare un viaggio nel
tempo e si vuole far conoscere l’essenza di ciò che a volte anche distrattamente hanno
acquistato. L’obiettivo è far si che i visitatori quando interagiranno nuovamente con
l’azienda non staranno più acquistando merce ma veri e propri ricordi. Naturalmente ciò
avviene solo nel caso in cui si è riusciti a far sentire il visitatore partecipe, di colpire la sua
memoria per far si che questa “relazione” non cessi nel tempo. È proprio qui che prende
corpo l’unione tra la necessità dell’impresa di nuove opportunità di dialogo con il
consumatore e il serbatoio di senso che detiene il patrimonio storico.

• IL CASO GUCCI
Nell’affascinante e magica città di Firenze ha sede forse tra i più amati e affascinanti musei
d’impresa nel contemporaneo italiano, il Gucci Garden. Il museo è stato inaugurato nel
2011, secondo spazio della città allestito in forma museale dedicato ad una casa di moda
dopo il Museo Salvatore Ferragamo, aperto al pubblico nel 1995. Il processo di
valorizzazione del patrimonio storico è stato curato nei minimi particolare, nulla è lasciato al
caso partendo dalla stessa collocazione del museo nel Palazzo della Mercanzia che rievoca
la lunga tradizione dell'artigianato fiorentino al fine di sottolineare le radici fiorentine di un
marchio divenuto globale. Vi è inoltre la presenza di un cinema da camera, in cui vengono
proiettati film sperimentali, ed un piccolo ristorante, che porta la firma del famoso chef
Massimo Bottura, la Gucci Osteria. Infine, al piano terra si trovano poi un bookshop ed una
boutique, in cui è possibile acquistare articoli targati Gucci Garden non disponibili in alcun
negozio dell'azienda. Vediamo quindi una perfetta combinazione tra marketing, storia ed
innovazione ed è proprio qui che si affaccia l’idea che l’archivio sia luogo della
conservazione ma anche di immaginazione. Sotto la curatela di Maria Luisa Frisa, viene
trasformato di volta in volta in un luogo che trasmette i codici di Gucci in maniera sempre
differente, per dimostrare come sia possibile trasportare nel tempo e nello spazio ciò che
rende un marchio “quel” marchio. Il Gucci Garden diventa così un centro di pensiero che
oltrepassa il concetto di “museo d’impresa” e affronta i vari linguaggi relativi di un’estetica
a forte riconoscibilità.

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