Professional Documents
Culture Documents
Test Bank
Visit to download the full and correct content document:
https://testbankdeal.com/download/organic-chemistry-5th-edition-smith-test-bank/
Organic Chemistry 5th Edition Smith Test Bank
Chapter 2 - Acids and Bases (test bank) KEY
1. Which of the following statements is a correct definition for a Brønsted-Lowry acid?
A. Proton acceptor
B. Electron pair donor
C. Electron pair acceptor
D. Proton donor
3.
Which of the following compounds is both a Brønsted-Lowry acid and base?
A. I, II
B. I, III
C. II, IV
D. I, IV
4. Which of the following species cannot act as both a Brønsted-Lowry acid and base?
-
A. HCO3
-
B. HSO4
-
C. HO
-
D. H2PO4
Accessibility: Keyboard Navigation
Bloom's Level: 3. Apply Difficulty:
Easy Gradable: automatic Section:
02.01
A. BF3
B. NH3
C. H2O
3-
D. PO4
Accessibility: Keyboard Navigation
Bloom's Level: 3. Apply Difficulty:
Easy Gradable: automatic Section:
02.01
6. Which of the following statements about Brønsted-Lowry acids and bases is true?
2-1
Copyright © 2016 McGraw-Hill Education. All rights reserved. No reproduction or distribution without the prior written consent of
McGraw-Hill Education.
Visit TestBankDeal.com to get complete for all chapters
7. Which of the following species is the conjugate base of methanol, CH3OH?
+
A. CH3OH2
-
B. CH3O
-
C. CH3
D. CH4
A. H3O
-
B. H2O
C. H2O
-
D. HO
Accessibility: Keyboard Navigation
Bloom's Level: 3. Apply
Difficulty: Easy
Gradable: automatic
Section: 02.01
Subtopic: Acid/Base definitions
Topic: Acids and Bases
A. H4N
+
B. H3N
-
C. H2N
+
D. H4N
10.
Which is the conjugate acid in the following reaction?
A. I
B. II
C. III
D. IV
A. I
B. II
C. III
D. IV
2-2
Copyright © 2016 McGraw-Hill Education. All rights reserved. No reproduction or distribution without the prior written consent of
McGraw-Hill Education.
12.
Which is the conjugate acid in the following reaction?
A. I
B. II
C. III
D. IV
13.
Which is the conjugate base in the following reaction?
A. I
B. II
C. III
D. IV
A. The stronger the acid, the further the equilibrium lies to the left.
B. The stronger the acid, the smaller the Ka.
C. The stronger the acid, the larger the pKa.
D. The stronger the acid, the smaller the pKa.
15.
Which of the following compounds is the strongest acid?
A. I
B. II
C. III
D. IV
A. CH3OH
B. BrCH2OH
C. CH3NH2
D. CH3Cl
2-3
Copyright © 2016 McGraw-Hill Education. All rights reserved. No reproduction or distribution without the prior written consent of
McGraw-Hill Education.
Another random document with
no related content on Scribd:
Un tale pericolo affliggeva le anime pie, e forse ne morirono di dolore
Agostino Valier cardinale di Verona, Matteo Zane patriarca di Venezia; e
il Bellarmino lasciò da banda le controversie cogli eretici per ribattere i
libelli de’ sette teologi veneziani. Da lui francheggiata e dal Baronio,
Roma raccolse anche armi, finchè l’imperatore e i re di Spagna e Francia
e i duchi di Savoja e di Firenze interpostisi ripristinarono la pace,
consegnando i carcerati al nunzio pontifizio (1607 aprile), che fu
mandato con istruzioni moderatissime [424], derogando gli atti lesivi,
rimettendo alla quieta i frati, eccetto i Gesuiti; e Venezia non fece verun
atto d’umiliazione o ritrattazione, solo usò temperamenti; il doge ritirò la
protesta che avea fatta contro l’interdetto; il papa ricevette cortesemente
l’ambasciadore Contarini, dicendogli che «dalla buona intelligenza fra la
santa Sede e la Repubblica dipende la conservazione della libertà
d’Italia; che non voleva ricordarsi delle cose passate, ma nova sint omnia
et vetera recedant». Giacomo I d’Inghilterra re teologastro, pubblicata
allora l’Apologia pro juramento fidelitatis in senso ereticale, la mandò a
tutte le Corti; il re di Spagna e il duca di Savoja non vollero riceverla; il
granduca di Toscana la fe bruciare: i Veneziani combinarono fosse
presentata dall’ambasciadore in collegio, e dal doge ricevuta come segno
della benevolenza reale, poi trasmessa al gran cancelliere, che la
chiudesse sotto chiave. Il nunzio apostolico Gessi presentò al collegio la
censura che Roma avea proferito contro quel libro, e domandò venisse
proibito; onde il collegio gli espose l’operato, e al capo degli stampatori
comunicò verbalmente di non venderlo. Se ne indispettì l’ambasciadore,
tanto che fu duopo spedir apposta in Inghilterra Francesco Contarini, il
quale sì bene discorse, che il re lodò il procedere de’ Veneziani [425].
Dileguarono dunque le speranze di riforma, e frà Paolo si moderò,
benchè non cambiasse sentimenti. Invero egli fu nimicissimo ai Gesuiti;
dice che «è sicuro assolverebbero d’ogni colpa anche il diavolo, quando
con loro volesse accordarsi»; e «che essi si vantano di dovere fra poco
poter tanto a Costantinopoli quanto in Fiandra» [426]; e al signor
Dell’Isola scriveva: — De li Gesuiti ho sempre ammirato la politica e le
massime nel servar li secreti. Gran cosa è che hanno le loro costituzioni
stampate, nè però è possibile vederne un esemplare. Non dico le regole
che sono stampate in Lione; quelle sono puerilità; ma le leggi del loro
governo, che tengono tanto arcane. Sono mandati fuori, ed escono dalla
loro compagnia ogni giorno molti e mal soddisfatti ancora, nè per questo
sono scoperti li loro artifizj. Non vi sono altrettante persone nel mondo
che cospirino tutte in un fine, che siano maneggiate con tanta
accuratezza, e usino tanto ardire e zelo nell’operare».
Si trovò infatti chi finse i Secreta monita, ma l’accannimento non
toglieva al Sarpi il lume della ragione sicchè non ne avvertisse
l’assurdità: — L’ho scorso, e m’è parso contenere cose sì esorbitanti che
resto con dubitazione della verità: gli uomini sono scellerati certo, ma
non posso restare senza meraviglia che tante ribalderie sarebbero
tollerate nel mondo. Al sicuro, di tali non abbiam sentito odore in Italia:
forse altrove sono peggiori; ma ciò sarebbe con molta vergogna della
nazione italiana, che non cede a qual altra si voglia».
Chi dunque fa tutt’uno i Gesuiti e santa Chiesa, dovrà sentenziare al rogo
frà Paolo: ma vogliasi in lui vedere un patrioto infervorato, perciò
nimicissimo alla Spagna, e in conseguenza a’ Gesuiti, che credeva
incarnati con questa; mentre ben sentiva de’ Protestanti perchè, nelle
guerre d’allora, contrabilanciavano Casa d’Austria. Pur jeri (1856) il
mondo non parteggiava pei Turchi, sol perchè nemici alla Russia?
inferiremmo da questo che l’Europa propendeva all’islam? Alla curia
romana, che bisogna ben distinguere dalla Chiesa, frà Paolo professava
un’ostilità, accannita da puntiglio; repugna dal Baronio e dal Bellarmino,
campioni di quella, quanto è morbido al Tuano, al Perkinson; celia sui
miracoli, mentre applaudisce agli Ugonotti: ma resta ancora un gran
passo al rinnegare. La riforma che egli bramava consisteva nella
disciplina più che nei dogmi, intorno ai quali, com’è probabile credesse
di poter impegnare l’attenzione d’una Signoria tanto positiva, tanto
nemica dei cambiamenti? Più che luterano o calvinista, il Sarpi può dirsi
razionalista, tendendo a venerare la propria ragione più di qualsiasi
autorità, e quindi a cercare continuo la verità, senza trovar mai dove
riposarsi.
Bensì a quella ch’e’ chiamava meretrix, bestia babylonica, diede uno de’
colpi più micidiali colla Storia del Concilio di Trento. Da fanciullo dovea
sentire discorrere di quel fatto come capitalissimo nella Chiesa; poi a
Mantova usò famigliarmente con Camillo Olivo, segretario al cardinale
Gonzaga uno dei presidi al sinodo; in Venezia con ambasciadori di
principi: e parendogli le storie già stampate, fin quella che a tutte
antepone di Giovanni Sleidan, fossero insufficienti per dar a conoscere
l’Iliade del secol nostro, si propose di raccontare «le cause e i maneggi
d’una convocazione ecclesiastica, nel corso di ventidue anni per diversi
fini e con varj mezzi da chi procacciata o sollecitata, da chi impedita e
differita, e per altri anni diciotto ora adunata, ora disciolta, sempre
celebrata con varj fini, e che ha sortito forma e compimento tutto
contrario al disegno di chi l’ha procurata, e al timore di chi con ogni
studio l’ha disturbata: chiaro documento di rassegnare li pensieri in Dio,
e non fidarsi della prudenza umana. Imperocchè questo concilio,
desiderato e procurato dagli uomini pii per riunire la Chiesa che
incominciava a dividersi, ha così stabilito lo scisma ed ostinate le parti,
che le ha fatte discordi ed irreconciliabili; e maneggiato dai principi per
riforma dell’ordine ecclesiastico, ha causato la maggior diformazione
che sia mai stata da che vive il nome cristiano. Dalli vescovi sperato per
riacquistar l’autorità episcopale passata in gran parte nel solo pontefice
romano, l’ha fatta loro perdere tutta intieramente, riducendoli a maggior
servitù. Nel contrario, temuto e sfuggito dalla corte di Roma, come
efficace mezzo per moderarne l’esorbitante potenza, da piccioli principj
pervenuta con varj progressi ad un eccesso illimitato, gliel’ha talmente
stabilita e confermata sopra la parte restatale soggetta, che non fu mai
tanta nè così ben radicata».
Vi lavorò con attentissima pazienza; come costumavasi allora, si valse a
man salva degli storici precedenti, Giovio, Guicciardini, Tuano, Adriani,
principalmente dello Sleidan perchè ostilissimo a Roma, e che sovente
traduce; ma li completò con documenti preziosi e colle relazioni de’
legati veneti; rialzò i fatti con osservazioni proprie; in tempo
d’impetuose diatribe conservò un’apparente calma, quasi non ragionasse
che su fatti e su documenti, col che irretisce gl’inesperti; e più con quella
sua dettatura limpida e facile, e coi frizzi onde rianima l’argomento;
colle mordaci capresterie e colla vivacità continua sbandì la noja che
annebbia gli altri, ed abbagliò in modo che non apparissero le ignoranze
e le contraddizioni sue; tutto poi dispose non a chiarire la verità, ma ad
ottenere effetto, sin alterando i documenti per trarli alla sistematica sua
opposizione e ai politici interessi del suo paese. Se in quell’opera non
abbraccia risolutamente un simbolo protestante, staccasi dal dogma
cattolico, e conduce all’eresia ed al razionalismo volendo la personale
interpretazione delle sacre Scritture senza badare alla tradizione; ripudia
i libri deuterocanonici; disprezza la vulgata; separa l’esegesi dalla
dottrina patristica, come i Riformati; riguardo al peccato originale, alla
Grazia, alla Giustificazione, ad altri dogmi, copia alla lettera Martino
Chemnitz, uno dei teologi più arrabbiati contro il concilio. Alla Chiesa
primitiva, nella quale solo vuol egli trovare il vero cristianesimo, revoca
sempre la credenza e la disciplina, condannando come intrusioni umane
tutte le istituzioni che essa trae dalla sempre fresca sua vitalità. Vuol la
Chiesa sottomessa alla territoriale direzione, come nei primi tempi, nei
quali le relazioni fra la Chiesa e lo Stato, o pagano o giudaico, doveano
certo essere ben altre da quando acquistò compiuto sviluppo. Perciò nè
storica, nè ecclesiastica è la sua intuizione della gerarchia, della
giurisdizione spirituale, del primato, della scolastica, del monachismo, e
via discorrendo. La gerarchia non si consolidò che per ambizione de’
papi, e debolezza ed ignoranza dei principi; nè portò giovamento ai
popoli, bensì oppressione e tirannia; non che il clero favorisse il sapere,
l’arte, l’umanità nel medioevo, usufruttava a puro suo vantaggio i collegi
e le scuole. Sverta ad ogni proposito la Corte romana e le rinnovate
pretensioni di essa, nè tampoco avvedendosi ch’erano l’espressione del
restauramento religioso allora iniziato. Prevenne insomma que’ concetti
che nel secolo passato ingrandirono, dell’indipendenza de’ principi da
ogni autorità ecclesiastica, e che furono dottrinalmente esposti da
Febronio e attuati da Giuseppe II: laonde disse il Ranke, che i principi
devono aver somma grazia al Sarpi, il quale ne consolidò l’assolutezza;
altrettanta i nemici del cattolicismo, cui affilò le armi, più micidiali
quanto che somministrate da un Cattolico.
Rappresentante e tipo del partito antiecclesiastico, il sorpassò se non per
accannimento, almen per ingegno e per l’originalità di vestire apparenza
cattolica a un’opera, dove ogni periodo fosse un dardo contro la cattolica
Chiesa: anzi la sua è la prima storia diretta di proposito alla
denigrazione, applicata a tutti i fatti, che il narratore non pondera, ma
accumula [427]. Onde dal suo esempio può chiarirsi quanto vadano
collegati il dogma e la Chiesa, e come s’illudano coloro che questa
combattono a fidanza, dichiarando rispetto a quello.
Marcantonio De Dominis dalmato (1556-1624), a vent’anni gesuita,
professore a Padova d’eloquenza, filosofia, matematica, da Rodolfo II fu
destinato vescovo di Segna in Dalmazia, poi arcivescovo di Spalatro. Le
sue vivezze gli procacciavano brighe dappertutto; scrisse a difesa de’
Veneziani contro Paolo V; e vedendo le proprie opere riprovate
dall’Inquisizione romana, passò ne’ Grigioni, poi ad Eidelberga, infine a
Londra, dicendo voler faticarsi a rannodare le divergenti sêtte cristiane:
ma nel fatto vi cercava libertà di studj e di professione. Fu lui che
pubblicò la storia del Sarpi col nome anagrammatico di Pietro Soave
Polano, e con prefazione e note che l’invelenivano, ed ebbe favorevole
accoglienza da re Giacomo I. Ma per rimorsi o per naturale leggerezza,
montò un giorno in pulpito disdicendosi; col che scadde d’ogni credito.
Gregorio XV, già suo scolaro, l’invitò al ritorno, ed egli venne, ed abjurò
in concistoro di cardinali per ricuperare il vescovado. Succeduto però il
rigoroso Urbano VIII, come incostante e recidivo il fe chiudere in Castel
Sant’Angelo, ove morì durante il processo, e il cadavere ne fu arso col
trattato suo Della repubblica ecclesiastica, nel quale impugna la
primazia del papa e l’autorità de’ concilj in materia di fede: opera che da
molti fu confutata.
Il Sarpi ci è dipinto come uomo integerrimo, continuo allo studio ed a
raccogliere da ogni parte, ma per poi pensare a modo proprio. Cinque
volte tentato ed una volta colpito da assassini, esclamò, — Conosco lo
stile della romana curia»; motto che fece fortuna, onde, non osandosi
imputare il papa che n’attestò vivo rammarico, restò vulgare opinione
che il colpo venisse dal cardinal Borghese o dai Gesuiti, capri
emissarj [428].
Roma però pensava altro modo di ribattere i colpi di lui, e commise
un’altra storia d’esso concilio a Terenzio Alciato gesuita romano.
Raccolse egli una congerie di materiali; che, essendo egli morto, furono
affidati all’altro gesuita Pallavicino Sforza (1607-67) pur di Roma, uno
dei migliori in quello stile leccato che per alcuni è il solo bello. Ebb’egli
aperti gli archivj più ricchi, cioè i romani, e, a differenza del Sarpi,
indica continuamente la natura dei documenti e i titoli; dà un catalogo
degli errori di fatto del Sarpi fin alla somma di trecensessantuno, oltre
infiniti altri (dic’egli) confutati di transenna. Il più vantato storico della
odierna Germania, il protestante Ranke, confrontò le asserzioni di lui coi
documenti a’ quali s’appoggia, e lo trovò di scrupolosa esattezza; bensì
alcune volte s’appose in fallo, e come avviene nella polemica, eccedette;
vuole scagionar tutto, perchè tutto accagionava frà Paolo; affievolisce
dove non può negare; dissimula qualche objezione, qualche documento;
sta poi a gran pezza dal brio del Sarpi, oltre il disavvantaggio di chi è
ridotto a schermirsi, e ribattere ogni tratto l’opinione altrui. Dove il Sarpi
è sottile, maligno e di felice talento nell’esposizione, quantunque
scorretto nella lingua, il Pallavicino è ingegnoso, ma fa sentire sempre
l’arte, paniccia i pensieri nelle frasi, e per istudio d’armonia casca
talvolta nell’oscuro, spesso nell’indeterminato, e convince del quanto
l’eleganza resti inferiore alla naturalezza. Frà Paolo suppone sempre
distinta la verità dalla probità, donde bassezze e ipocrisie; mentre il
Pallavicino rivela caratteri nobili, salde persuasioni, generose resistenze;
istruisce meglio, ma il Sarpi è letto più volentieri, come avviene di chi
attacca; nè l’uno nè l’altro hanno l’imparzialità di storici, volendo questo
denigrare ogni atto, quello difenderli tutti; e ai cercatori della verità
riesce doloroso il trovarsi costretti a ricorrere a due fonti, entrambe
sospette per opposto eccesso.
La storia era stata chiamata dai Protestanti a coadjuvarli, e nelle Centurie
di Magdeburgo pretendevasi osteggiare il cattolicismo, raffacciando le
antiche alle credenze e alle pratiche odierne. Vi si oppose dunque una
storia ecclesiastica tutta in senso cattolico e propugnatrice della primazia
papale, per opera di Cesare Baronio (1538-1607) da Sora nel
Napoletano. Dagli archivj pontifizj trasse egli documenti importanti alla
storia di tutta la civiltà, della quale Roma era fin allora stata il centro; e
noi già l’indicammo come la fonte migliore per la conoscenza del
medioevo (tom. , pag. 351). Arrivò solo al fine del secolo, donde lo
continuarono poi il Rainaldi e il Laderchi. Piissimo uomo, lavorava
l’intera giornata all’opera sua, e mangiava colla servitù; nè cambiò
tenore dopo ornato cardinale. Non iscusa mai il delitto, e ne’ successi
vede sempre il castigo o il premio di Dio: tema eccellente per prediche,
ma fallace perchè suppone che la retribuzione tocchi quaggiù. Ignorava il
greco, e facea tradurre dal Muzio. Frà Paolo esortava il dottissimo
Casaubono a scrivere contro del Baronio, del quale non è mal che non
dica; lo scaltrisce però di nol tacciare di fraude o malafede, chè nessuno
gli crederebbe di quanti il conobbero, essendo uomo integerrimo; se non
che bevea le opinioni di chi stavagli attorno [429]. Neppur la venerazione
alla santa Sede nol fa dissimulare i vizj di qualche pontefice, e «ben
ponderate (dice) le sconvenienze del metterne a nudo le colpe, stimo
meglio esporle francamente, anzichè lasciar credere agli avversarj che i
Cattolici siano conniventi alle debolezze de’ papi». Anche il cardinale
Pallavicino, a chi l’appuntava d’aver rivelato le loro azioni biasimevoli
rispondeva: — Lo storico non è panegirista; e lodando meno, loda assai
più di qualunque panegirista» [430]. E ai dì nostri il più avventato lodatore
dei papi diceva, che a questi non si deve se non la verità.
CAPITOLO CXLVIII.
Guerre religiose. I Valdesi. La Valtellina.