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d’Estudis
22
22 Autonòmics
i Federals
Impressió Indexació
Gràfiques Alzamora S.A. Entre altres bases, la REAF està
inclosa a DICE (CSIC-ANECA),
Dipòsit legal: B 32644-2012 IN-RECJ, IN-RECS, Ulrich’s, CARHUS
PLUS 2010, ISOC-Derecho (CSIC),
CIRC (CSIC) i MIAR. Es pot consultar
la relació completa d’índexs en què
apareix la REAF a la web de l’IEA.
Revista
d’Estudis
Autonòmics
i Federals
Núm. 22 - Octubre 2015
ISSN 2014-8658
Comitè Científic
MODIFICACIONES CONSTITUCIONALES
EN BÉLGICA. LA SIXIÈME RÉFORME
DE L’ETAT : UN PROCESO EN MARCHA
Anna Mastromarino. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64
LA (DIFÍCIL) CONSTRUCCIÓN DE
AUTONOMÍAS INDÍGENAS EN EL
ESTADO PLURINACIONAL DE BOLIVIA.
CONSIDERACIONES GENERALES Y UNA
APROXIMACIÓN AL CASO DE LA
AUTONOMÍA GUARANÍ CHARAGUA
IYAMBAE
Pere Morell i Torra. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 94
CONSTITUCIONALIZAR LA SECESIÓN
PARA ARMONIZAR LA LEGALIDAD
CONSTITUCIONAL Y EL PRINCIPIO
DEMOCRÁTICO EN ESTADOS
TERRITORIALMENTE
DESCENTRALIZADOS COMO ESPAÑA
Benito Aláez Corral . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 136
Anna Mastromarino
És investigadora de Dret Públic Comparat a la
Universitat de Torí, on exerceix docència de Diritto
pubblico e governo delle differenze i de Diritto alla
lingua in Europa. Els seus objectes principals de recerca
són el federalisme multinacional, els conflictes ètnics
lingüístics, la representació territorial de les minories
i els processos d’integració constitucional. Entre
les seves publicacions destaquen Belgio (2012), i Il
federalismo disaggregativo: un percorso costituzionale
negli Stati multinazionali (2010).
Alessandro Sterpa
Professor adjunt de Dret Públic de la Universitat de
la Tuscia, anteriorment també havia ensenyat Dret
Regional i Dret Mediambiental a la Universitat de
Roma La Sapienza. És doctor en Investigació en
Teoria de l’Estat i Institucions Polítiques Comparades
per aquesta darrera universitat, on es va llicenciar
en Ciències Polítiques. També va estudiar Dret a la
Universitat de Bremen. Consultor de la Comissió
Parlamentària per a la Implantació del Federalisme
Fiscal, és membre del comitè científic de l’ANCI i
del comitè de redacció de la revista federalismi.
it. Ha estat vicesecretari general i cap de l’Oficina
Legislativa de la Junta Regional del Laci. A Il Sole
24 Ore ha publicat “Le intese tra le Regioni” (2011)
i “L’ordinamento di Roma Capitale” (2014), i ha
supervisat “Il nuovo governo dell’area vasta”
(2014).
IL PENDOLO DEL “FEDERALISMO
ALL’ITALIANA” E LA PROPOSTA DI
RIFORMA COSTITUZIONALE DEL
GOVERNO RENZI
Alessandro Sterpa
Professore aggregato di Diritto Pubblico all’Università degli Studi della Tuscia
1. Il pendolo dell’autonomia
1. Per citare alcuni Autori, A. Chiappetti, Il rebus del “federalismo all’italiana”, Torino,
Giappichelli, 2004 e L. Antonini, Federalismo all’italiana, Venezia, Marsilio, 2013. 11
giudiziario). Sembra qui da condividere la tesi di quella dottrina che, rifiutando di distin-
guere nettamente federalismo e regionalismo sulla base di elementi storici concreti, ha
collocato i due fenomeni lungo una linea di continuità che si muove dallo Stato unitario
e giunge fino alla confederazione di Stati; nel criticare la costruzione di due modelli
teorici differenti, dotati di precipue caratteristiche, tale dottrina ha evidenziato come
“in definitiva, Stato federale e Stato regionale non costituiscono forme o tipi di Stato
distinti e inconciliabili, ma sono due manifestazioni dei processi di decentramento politico
che caratterizzano gran parte degli Stati contemporanei democratici” (M. Volpi, Stato
federale e stato regionale: due modelli a confronto, in Quad. cost., 1995, p. 407). Nello
stesso senso, G. De Vergottini, Stato federale…cit., p. 859 e, anche se in un’ottica monista
e positivista, H. Kelsen, Teoria generale del diritto e dello Stato (1951), Milano, Edizioni
di Comunità, 1952, passim, spec. pp. 308 e ss.
7. Nella nostra analisi assumeremo indifferentemente i concetti teorici e le rispettive
argomentazioni inerenti il federalismo ed il regionalismo come riferite alla più generale
categoria delle autonomie territoriali pubbliche, interne agli Stati, dotate di competenze
normative di livello legislativo. Come è noto, d’altro canto, gli stessi studi sul regionalismo
hanno preso spunto dalle teorie costruite dall’esperienza federale, essendo quest’ultima
molto più remota della prima.
8. Cfr. le osservazioni critiche di C. Schmitt, Dottrina della Costituzione (1928), Milano,
Giuffrè, 1984, pp. 488-489 relativamente a questa dottrina e all’esperienza statunitense.
9. Anche se c’è chi, come H. Kelsen, Teoria generale...cit., ritiene che “le norme centrali
formano un ordinamento giuridico centrale da cui è costituita una comunità giuridica
parziale, comprendente tutti gli individui residenti nell’intero territorio dello Stato fe-
derale. Questa comunità parziale, costituita dall’ordinamento giuridico centrale, è la
«federazione». Essa è parte dello stato federale totale, così come l’ordinamento giuridico
centrale è parte dell’ordinamento totale dello Stato federale. Le norme locali, valide
soltanto per parti determinate dell’intero territorio, formano degli ordinamenti giuridici
locali dai quali sono costituite delle comunità giuridiche parziali. Ciascuna comunità giu-
ridica parziale comprende gli individui residenti in uno di questi territori parziali. Queste
comunità giuridiche parziali sono gli «Stati membri». Ogni individuo appartiene quindi
simultaneamente ad uno Stato membro ed alla federazione. Lo Stato federale, la comu- 13
nità giuridica totale, consiste quindi della federazione, cioè di una comunità giuridica
centrale, e degli Stati membri, cioè di comunità giuridiche locali. La teoria tradizionale
identifica erroneamente la federazione con lo Stato federale totale” (p. 322).
10. A. Hamilton, J. Madison, J, Jay trad. italiana Il federalista, Bologna, Il Mulino, 1980,
p. 303.
11. Dal punto di vista storico, tali teorie sono legate al processo di formazione degli Stati
federali (soprattutto nell’area germanica).
12. Agli inizi dell’esperienza repubblicana, la dottrina, muovendosi proprio dall’imposta-
zione appena descritta, si è soffermata sul problema se esistesse o meno una clausola di
superiorità del diritto dello Stato su quello regionale anche nel nostro ordinamento; cfr.
M. Mazziotti, Studi sulla potestà legislativa... cit., pp. 3 e ss. (già in Id. Considerazioni sul
rapporto fra leggi regionali e leggi statali secondo la Costituzione, Milano, Giuffrè, 1957,
pp. 1 e ss.), che, partendo dai rapporti tra ordinamenti parziali (regionali) e ordinamento
generale (Stato), sostiene “l’esistenza, in un dato ordinamento, del principio secondo cui
le norme locali non cedono alle norme generali […] costituisce dunque qualcosa che con-
trasta con la natura dello Stato federale, perché […] si oppone alla sua unità politica, che
non è mera coerenza logica di un sistema di norme, ma unità funzionale e vitale, unità
dell’azione volta a raggiungere i fini decisivi e supremi dello Stato. Per conseguenza essa
non deve presumersi, ma deve risultare o da un’espressa dichiarazione della Costituzione
federale, o da un insieme di disposizioni da cui possa essere desunta con sicurezza […].
Quanto si è detto per lo Stato federale vale per ogni tipo di Stato che comprenda in sé
14 delle collettività territoriali dotate di poteri normativi” (p. 9).
13. Id., Trends of Federalism in Theory and Practice, New York, 1968.
14. L. M. Bassani, Dalla rivoluzione alla guerra civile. Federalismo e Stato moderno in
America 1776-1865, Soveria Mannelli, Rubettino, 2009.
15. C. Schmitt, Dottrina della Costituzione…cit., p. 486.
16. L’immagine del pendolo è stata usata da B. Caravita in Id., Il pendolo del federalismo,
in federalismi.it, n. 5 del 2004. 15
che, nel tempo, può finanche collocarsi in punti diversi per attestare
le caratteristiche della medesima esperienza; un pendolo, in ogni caso,
che non può uscire dai sui lati estremi perché in uno si sconfinerebbe
nella condizione in cui non esistono le autonomie territoriali (lo Stato
unico soggetto titolare del potere pubblico), nell’altro si porterebbe
l’autonomia territoriale alle sue estreme conseguenze con la fuoriu-
scita dall’ordinamento di un soggetto ormai divenuto a sua volta in-
dipendente e sovrano: insomma un nuovo Stato nato a seguito della
secessione di una porzione del proprio territorio.
Quali regole governano il posizionamento e lo spostamento del
pendolo? Come per i meccanismi di precisione ci sono leve principa-
li che posizionano il pendolo che sono però assistite da leve minori
che permettono di aggiustare l’assetto e raggiungere la posizione più
adeguata.
Quelle principali sono ovviamente le norme costituzionali che
da un lato prevedono che lo Stato sia organizzato (o sia composto)17
da altri ordinamenti giuridici territoriali politici ossia a fini genera-
li. La stessa Costituzione, d’altronde, conferisce contenuto a questa
autonomia ossia la dota del suo bagaglio di poteri. Si è autonomi,
come noto, nel senso che si è relativamente liberi da qualcuno o da
qualcosa. Le Regioni, per l’appunto, sono autonome “dallo Stato” e
il quantum di questa autonomia è formalizzato nella Costituzione
repubblicana. Ciò non significa che l’assetto principale sia risolutivo
per capire il posizionamento dell’esperienza autonomistica esaminata
perché altre leve riescono a “correggere il tiro”. Intervengono così
fattori giuridici ulteriori (come l’assetto della finanza pubblica, le
modalità di esercizio formale e sostanziale della funzione legislativa
statale e il ruolo della Corte costituzionale), ma anche fattori ex-
tragiuridici che però incidono sul funzionamento di fatto (struttura
territoriale e demografica, sistema politico, classe dirigente e cultura
identitaria nazionale o locale). Fattori, quest’ultimi, che proprio un
debole tessuto normativo può far risultare decisivi anche per spostare
in modo significativo il pendolo.
Proviamo a ragionare sul posizionamento del pendolo con ri-
guardo all’autonomia regionale italiana nell’esperienza costituzionale.
17. Come noto, l’art. 114 della Costituzione, nella sua formulazione originaria prevedeva
“La Repubblica si riparte in Regioni, Province e Comuni” mentre, dopo la revisione costi-
tuzionale del 2001, prevede “La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle
16 Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”.
18. Le c.d. “leggi Bassanini” a partire dalla legge n. 59 del 1997 e successivi decreti legi-
slativi di attuazione. 17
rie la competenza è del legislatore regionale che può, nel caso, essere
limitata dai principi statali. Non è più corretto dunque descrivere la
potestà legislativa regionale come “leggi di dettaglio” o peggio ancora
“leggi attuative” dei principi fondamentali statali. Emblematica, sul
punto, la Corte costituzionale che invitò –subito dopo la riforma– il
legislatore regionale ad occupare i nuovi spazi di autonomia.
Le Regioni, poi, trovano finalmente direttamente in Costituzione
anche il loro rapporto diretto con l’Unione europea e un’autonomia
finanziaria più consistente.
Secondo il primo comma dell’art. 117 della Costituzione, come
modificato nel 2001, “la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e
dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli deri-
vanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”; il
“nuovo” testo dell’articolo 117 Cost. prevede una rinnovata distribu-
zione delle competenze tra Stato e Regioni in riferimento all’esercizio
della funzione legislativa che amplia, sulla carta, il novero di materie
nelle quali può intervenire il legislatore regionale.
Nel testo costituzionale entrato in vigore l’1 gennaio 1948, stante
il presupposto della competenza generale del legislatore nazionale,
le Regioni erano titolari della potestà legislativa in tre diverse forme:
a. potestà legislativa regionale esclusiva (Statuti speciali); b. potestà
legislativa regionale concorrente (art. 117, primo comma, Cost., testo
originario);19 c. potestà legislativa regionale attuativa (art. 117, u. c.,
Cost., testo originario). L’ultimo comma dell’art. 117 Cost. prevedeva,
infatti, la possibilità per la legge dello Stato di demandare alla Re-
gione il potere di emanare norme per la propria attuazione. Solo alle
Regioni ad autonomia speciale (Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige,
Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia) era riconosciuta la titolarità
19. L’art. 117 Cost. originario recitava: “La Regione emana per le seguenti materie norme
legislative nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, sempreché
le norme stesse non siano in contrasto con l’interesse nazionale e con quello di altre
Regioni: ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione;
circoscrizioni comunali; polizia locale urbana e rurale; fiere e mercati; beneficenza pubbli-
ca ed assistenza sanitaria e ospedaliera; istruzione artigiana e professionale e assistenza
scolastica; musei e biblioteche di enti locali; urbanistica; turismo ed industria alberghie-
ra; tramvie e linee automobilistiche d’interesse regionale; viabilità, acquedotti e lavori
pubblici di interesse regionale; navigazione e porti lacuali; acque minerali e termali;
cave e torbiere; caccia; pesca nelle acque interne; agricoltura e foreste; artigianato; altre
materie indicate da leggi costituzionali. / Le leggi della Repubblica possono demandare
alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione”. 19
20. Legge costituzionale n. 2 del 1948 (Statuto Sicilia); Legge costituzionale n. 3 del 1948
(Statuto Sardegna); Legge costituzionale n. 4 del 1948 (Statuto Valle d’Aosta); Legge
costituzionale n. 5 del 1948 (Statuto Trentino Alto Adige); Legge costituzionale n. 1 del
1963 (Statuto Friuli Venezia Giulia) e succ. modifiche.
21. Le materie riservate alla legge dello Stato sono: “a) politica estera e rapporti interna-
zionali dello Stato; rapporti dello Stato con l’Unione europea; diritto di asilo e condizione
giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea; b) immigrazione; c)
rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose; d) difesa e Forze armate; sicurezza
dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi; e) moneta, tutela del risparmio e mercati finan-
ziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Sta-
to; perequazione delle risorse finanziarie; f) organi dello Stato e relative leggi elettorali;
referendum statali; elezione del Parlamento europeo; g) ordinamento e organizzazione
amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali; h) ordine pubblico e sicurezza,
ad esclusione della polizia amministrativa locale; i) cittadinanza, stato civile e anagrafi; l)
giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa; m)
determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che
devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; n) norme generali sull’istruzione; o)
previdenza sociale; p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali
di Comuni, Province e Città metropolitane; q) dogane, protezione dei confini nazionali e
profilassi internazionale; r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento in-
formativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale;
20 opere dell’ingegno; s) tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”.
22. Corte costituzionale, sent. n. 313 del 2003; in senso diverso la Corte si è espressa
per le materie oggetto di potestà legislativa concorrente (spec. art. 122, primo comma,
Cost.), perché ha ritenuto che il recepimento di disciplina statale in una legge regionale
non comporta la violazione “del limite territoriale della legge regionale e […] l’art. 117,
secondo e quarto comma, della Costituzione in quanto la legge regionale non potrebbe
sostituire disposizioni di una legge statale, facendo venir meno l’applicabilità delle di-
sposizioni sostituite su tutto il territorio nazionale. In realtà la legge statale continua a
spiegare l’efficacia che le è propria; la legge regionale non fa che introdurre una disciplina
materialmente identica, in cui le disposizioni che vengono dettate in «sostituzione» di
quelle corrispondenti della legge dello Stato esplicano tale effetto sostitutivo solo con
riguardo alla sfera di efficacia della legge regionale di «recepimento», senza intaccare la
diversa sfera di efficacia della legge statale” (sent. n. 196 del 2003).
23. Le materie oggetto di potestà legislativa concorrente tra Stato e Regioni sono: “rap-
porti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; tutela
e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con
esclusione dell’istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scienti-
fica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute;
alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e ae-
roporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione;
produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare
e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica
e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e
organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a
carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale”.
24. P. Caretti, L’assetto dei rapporti tra competenza legislativa statale e regionale, alla
luce del nuovo Titolo V della Costituzione: aspetti problematici, in Le Regioni, 2001, se-
condo il quale l’abrogazione dell’ultimo comma dell’originario art. 117 della Costituzione
comporta l’impossibilità di applicare tale potestà legislativa regionale soprattutto alla
luce dell’art. 117, sesto comma, Cost. (nelle materie di sua competenza legislativa esclusiva,
lo Stato può delegare l’attività regolamentare alle Regioni); tuttavia, secondo la stessa
dottrina, si potrebbe anche argomentare differentemente, pur ritenendo preferibile
una lettura dell’abrogazione nel senso della scomparsa della specifica potestà legislativa
(pp. 1223-1224). 21
26. Un caso a parte, la Regione Molise che è tornata al voto due volte a seguito dell’an-
nullamento delle elezioni nel 2001 (furono annullate le elezioni del 2000) e nel 2013 (nel
2012 furono annullate le elezioni del 2011). 23
27. Cfr. i dati che l’Issirfa del CNR rende disponibili sia sul sito web, sia nei rapporti annuali
24 editi con i tipi Giuffrè e Il Sole 24 Ore.
28. Cfr. M. Stradiotto, L’ultimo miglio del federalismo fiscale, Bologna, Il Mulino, 2014. 25
29. La prima di tali norme è nella Costituzione, la quale, all’art. 5 recita, per l’appunto, che
“la Repubblica, una ed indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei
servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i
principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramen-
to” Cfr. G. Berti, Art. 5, in G. Branca, a cura di, Commentario della Costituzione, Bologna,
Zanichelli, 1975; C. Esposito, Autonomie locali e decentramento amministrativo nell’art.
5 della Costituzione, in E. Rotelli, a cura di, Dal regionalismo alla Regione, Bologna, Il
Mulino, 1978, pp. 67 e ss.
30. Così, l’art. 114 della Costituzione, dopo la legge costituzionale n. 3 del 2001, recita:
“la Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle
Regioni e dallo Stato”. La nuova formulazione si differenzia molto da quella originaria
che, invece, recitava “la Repubblica si riparte in Regioni, Province e Comuni” e reca in sé
profili di innovazione che non si limitano al dato formale.
In base al secondo comma dell’art. 114, Cost., tali soggetti “sono enti autonomi con pro-
pri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione”. Tale secondo
comma dell’art. 114 della Costituzione assorbe, abrogandoli, gli originari artt. 115 e 128
della Costituzione. Il primo dei quali prevedeva che “Le Regioni sono enti autonomi con
propri poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione”; il secondo, che “Le
Province e i comuni sono enti autonomi nell’ambito dei principi fissati da leggi generali
della Repubblica, che ne determinano le funzioni”. Le autonomie territoriali, dunque,
possedevano un diverso grado di garanzia per la propria autonomia; mentre quella re-
gionale, infatti, era direttamente prevista e disciplinata nella Costituzione, quella degli
28 enti locali era fissata nella Carta come principio, ma era rimandata alla legge dello Stato.
La portata innovativa dell’art. 114 della Costituzione per gli enti diversi dalla Regine, ad
ogni modo, pur ampiamente sottolineata dalla dottrina, è stata sensibilmente ridimen-
sionata da quanto prevede la legge n. 131 del 2003 (artt. 2 e 4), con la quale lo Stato ha
tentato di frapporre tra gli Statuti (art. 114, secondo comma, Cost.) ed i regolamenti (art.
117, sesto comma, Cost.) di tali enti la legge statale recuperando tra le fonti una struttura
gerarchica che non appare evidente dal dettato costituzionale.
31. Meglio ancora, della Costituzione intesa come norma positiva nella quale trovano
formalizzazione i valori ed i principi delle forze politiche sottostanti la Costituzione stessa.
32. In ogni caso, occorre ricordare che, per quanto riguarda la crisi delle costituzioni, “lo
stretto collegamento […] fra lo stato e la costituzione ci dovrebbe indurre a intravedere,
accanto alla crisi della statualità, una parallela, meccanicamente connessa, crisi della
costituzione. In realtà, non ogni crisi della sovranità dello Stato comporta, di per sé, una
corrispondente crisi della costituzione”; è solo la crisi della sovranità statale esterna che
“determina inevitabilmente una progressiva perdita di senso delle costituzioni, cui finisce
per sfuggire la materia prima del loro disporre, e cioè il potere” (M. Luciani, L’Antisovrano
e la crisi delle costituzioni, in Riv. Dir. Cost., 1996, p. 163).
33. N. Irti, L’ordine giuridico del mercato…cit., scrive: “si apre così un conflitto di estrema
gravità e di imprevedibili conseguenze. La Costituzione dello Stato, emanata sul presuppo-
sto territoriale, e legittimata dal consenso popolare (da quella sovranità, che si esprime nel
voto), viene in collisione con il diritto dello spazio ultrastatale, ossia con principi e norme
comunitarie, legittimate dal semplice e iniziale consenso parlamentare (il consenso delle
Camere, manifestato nell’approvare l’ordine di esecuzione dei trattati). I trattati europei,
pur derivando da una limitazione di sovranità decisa dal Parlamento, determinano un diritto
dello spazio economico, contrastante con la Costituzione statale” (p. 99). Diversamente, G.
Azzariti, in Aa. Vv., Dibattito…cit., il quale, pur movendosi da premesse simili a quelle di
Irti in ordine alla natura artificiale del mercato, propone una lettura meno conflittuale tra
le scelte europee di libera concorrenza e quelle Costituzionali statali (pp. 9-15); cfr. anche
S. Cassese, La nuova costituzione economica, Bari-Roma, Laterza, 1998, pp. 29 e ss.
34. Sulla possibilità per il diritto comunitario di derogare al riparto delle competenze tra
Stato e Regioni in Costituzione cfr. Corte costituzionale sentenza n. 126 del 1996, mentre
per l’impiego di norme comunitarie come norme interposte nel giudizio di legittimità
costituzionale, cfr. sentt. nn. 348 e 349 del 2007. 29
tà, a livello materiale, ossia colpisce le forze ed i valori alla base della
Costituzione.35
Inoltre, la stessa trasformazione delle forze politiche della Costi-
tuzione materiale ha inciso pesantemente sulla sua capacità di norma
relazionale. Infine, sembra sempre più appurato che le norme relazio-
nali tra Stato ed autonomie territoriali siano rintracciabili non tanto
nella normativa primaria statale, quanto, invece, in atti esterni a questi
due ordinamenti.36
La spinta della globalizzazione, infatti, condiziona i rapporti tra
lo Stato e le Regioni anche nella misura in cui accresce gli elementi di
differenziazione ed aumenta le disuguaglianze territoriali ammissibili
(anzi auspicabili). Durante l’affermazione dello Stato sociale, le istanze
unitarie ed interventiste del potere politico, anche in settori economici,
hanno richiesto inevitabilmente un rafforzamento del potere centrale a
scapito di quelli locali che, invece, hanno visto restringersi (o modularsi
differentemente) le competenze.37 Lo stesso rapporto tra le fonti dei
due ordinamenti, infatti, ha dovuto comporsi su schemi che rendessero
compatibili la programmazione e l’autonomia politica territoriale,38 svi-
luppando un impianto autonomista su basi cooperative (o collaborative)
in luogo del modello duale e competitivo tipico dell’era liberale.
Esiste, inoltre, un ulteriore elemento che incentiva il grado di dif-
ferenziazione, ossia la “pressione” esercitata in via diretta sulle forme
di autonomia politica territoriale dalla globalizzazione.39 Collocandosi
mento nel campo economico porti ad un accentramento politico”, p. 328; così anche G.
Miele, La Regione nella Costituzione italiana, in E. Rotelli, a cura di, Dal regionalismo…
cit., secondo il quale “l’instaurazione di uno Stato federale in Italia […] avrebbe rap-
presentato un deplorevole regresso” rispetto (tra l’altro) all’“integrazione economica
delle varie parti” (p. 87); la stessa idea di Regione, d’altra parte, è un’idea liberale (M. S.
Giannini, Le Regioni: rettificazioni e prospettive, in E. Rotelli, Dal regionalismo…cit., p.
179) anche se, come ricorda la dottrina, tale idea si può atteggiare in termini liberali puri
ovvero liberaldemocratici (quindi organicisti) e la Costituzione italiana si muove proprio
in questa ambiguità (p. 190).
40. Cfr. P. Perulli, a cura di, Neoregionalismo. L’economia arcipelago, Torino, Bollati Bo-
ringhieri, 1998; nei diversi contributi contenuti nel volume, si pone l’accento sulla trasfor-
mazione dei sistemi di produzione e sulle conseguenze che ciò ha in ambito istituzionale.
41. Cfr. A. Picchieri, Città stato. Economia e politica del modello anseatico, Venezia, Mar-
silio, 1997.
42. P. Perulli, Forma-Stato e forma-rete, in Id., a cura di, Neoregionalismo…cit., p. 36.
43. L. Sturzo, Riforma statale…cit., pp. 136-149. 31
che, come noto, impegnò la Convenzione istituita alla fine del 2001 e
produsse nel 2003 la bozza di “Trattato che istituisce la Costituzione
europea” solennemente e simbolicamente firmata a Roma nel 2004.
Tuttavia, come noto, il processo di ratifica e di esecuzione nei singoli
Stati membri (allora 25) fu fermato dal voto contrario dei referendum
di Francia e Paesi Bassi nel 2005 e si decise di apportare ai trattati solo
modifiche più puntuali abbandonando il progetto di respiro costitu-
zionale.
Con il successivo Trattato di Lisbona (entrato in vigore nel 2009)
si è definita una nuova governance europea nella quale il ruolo delle
Regioni (pur formalmente ampliato nelle procedure europee anche
attraverso il Comitato) è fortemente compresso dalla dimensione
multilivello di distribuzione delle competenze. L’Europa, prima tetto
leggero e parziale ai processi normativi statali, raggiunge ora la for-
malizzazione di una serie di competenze in settori crescenti della vita
sociale sia in modo diretto che attraverso nuovi titoli di competenza
trasversali.
Le Regioni, volendo semplificare, sono strette in una governance
che ha cinque se non sei livelli: Ue, Stato, Regioni, Province/Città me-
tropolitane, Comuni e in certi casi enti di decentramento comunale
(ad esempio municipi e circoscrizioni).
Ai sensi del TFUE, l’Unione ha competenza esclusiva su: unio-
ne doganale; definizione delle regole di concorrenza necessarie al
funzionamento del mercato interno; politica monetaria per gli Stati
membri la cui moneta è l’euro; conservazione delle risorse biologiche
del mare nel quadro della politica comune della pesca; politica com-
merciale comune e competenza concorrente (nel senso che gli Stati
possono intervenire solo se consentito dall’Ue) in materia di: a) merca-
to interno; b) politica sociale, per quanto riguarda gli aspetti definiti
nel presente trattato; c) coesione economica, sociale e territoriale; d)
agricoltura e pesca, tranne la conservazione delle risorse biologiche
del mare; e) ambiente; f) protezione dei consumatori; g) trasporti; h)
reti transeuropee; i) energia; j) spazio di libertà, sicurezza e giustizia;
k) problemi comuni di sicurezza in materia di sanità pubblica. Infine,
l’Unione europea può intervenire per “sostenere, coordinare o com-
pletare” l’azione degli Stati in materia di: a) tutela e miglioramento
della salute umana; b) industria; c) cultura; d) turismo; e) istruzione,
formazione professionale, gioventù e sport; f) protezione civile; g)
cooperazione amministrativa.
Come è facile comprendere, l’Unione non solo costituisce ormai
32 un “legislatore” ad ampio spettro, ma anche in settori di crescente rile-
44. “L’art. 1, comma 6, della legge delega n. 62 del 2005, al quale rinvia il comma 5
dell’art. 5, prevede, in relazione a quanto disposto dalla citata norma costituzionale,
che i decreti legislativi eventualmente adottati nelle materie di competenza legislativa
delle Regioni e delle Province autonome entrano in vigore, quando in sede locale non
sia stata emanata l’apposita normativa di attuazione, alla data di scadenza del termine
stabilito per il recepimento della normativa comunitaria e perdono comunque efficacia
a decorrere dalla data di entrata in vigore della normativa di attuazione adottata da cia-
scuna Regione e Provincia autonoma nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento
comunitario e, nelle materie di competenza concorrente, dei principi fondamentali sta-
biliti dalla legislazione dello Stato. Lo stesso comma 6 prosegue disponendo che «A tale
fine i decreti legislativi recano esplicita indicazione della natura sostitutiva e cedevole
delle disposizioni in esse contenute». Orbene, tale essendo il contenuto delle norme alle
quali le ricorrenti fanno riferimento, deve escludersi che esse possano essere invocate a
fondamento delle doglianze volte al riconoscimento dell’esistenza di un vincolo, per il
legislatore delegato, di introdurre la clausola di cedevolezza di norme che, per le ragioni
esposte, intervengono a disciplinare un settore rientrante, nei limiti di seguito precisati,
nell’ambito della competenza legislativa esclusiva statale. Ne consegue che la sussistenza
di un titolo di legittimazione dello Stato a disciplinare, in via esclusiva, i profili di attività
indicati dalla norma impugnata, consente allo Stato, contrariamente a quanto sostenuto,
in particolare, dalle Regioni Lazio e Abruzzo, l’adozione di una normativa non soltanto
di principio, ma anche di dettaglio, avente carattere esaustivo”.
45. Cfr. l’art. 16-bis introdotto nella legge n. 11 del 2005 sul diritto di rivalsa nei confronti
di Regioni o altri enti pubblici responsabili di violazioni del diritto comunitario”. 33
46. Fino alla legge n. 190 del 2014 i Presidenti di Regione erano anche Commissari ad
acta. Cfr. art. 1, comma 569, della legge n. 190 del 2014 secondo la quale “La nomina a
commissario ad acta per la predisposizione, l’adozione o l’attuazione del piano di rien-
tro dal disavanzo del settore sanitario, effettuata ai sensi dell’articolo 2, commi 79, 83
e 84, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, e successive modificazioni, è incompatibile
con l’affidamento o la prosecuzione di qualsiasi incarico istituzionale presso la regione
soggetta a commissariamento. Il commissario deve possedere un curriculum che evidenzi 35
49. Nel corso degli anni ho studiato il tema dei rapporti tra le Regioni e delle macroregio-
ni in più occasioni; mi sia concesso rinviare a pubblicazioni nelle quali alcuni dei passaggi
qui proposti sono stati sviluppati: A. Sterpa, Le intese tra le Regioni, Milano, Giuffrè,
2011; Id., Le premesse costituzionali di un “diritto delle Regioni”, in S. Mangiameli, Il re-
gionalismo italiano dall’Unità alla Costituzione a alla sua riforma, Milano, Giuffrè, 2012,
vol. II, pp. 115 e ss.; Id., La dimensione interregionale del diritto: le intese tra Regioni, in
federalismi.it, n. 11 del 2009.
50. Cfr. S. Mabellini, Identità culturale e dimensione territoriale delle Regioni in Europa,
38 Milano, Giuffrè, 2008, pp. 109 e ss.
culturali o storici ben definiti. Confini, dunque, che già da allora ben
potevano essere oggetto di revisione sia per il mutare delle condizioni
sociali, economiche ed infrastrutturali del Paese sia per il fatto che la
Costituzione conteneva plurimi indizi che individuavano ambiti e in-
teressi sovraregionali quali ad esempio il mezzogiorno (così l’art. 119
originario) e il paesaggio (ex art. 9 Cost.).
D’altronde la nascita della Regione Molise, per separazione
dall’Abruzzo (rectius Abruzzi) con la legge costituzionale 27 dicembre
1963, n. 3, ha rappresentato una conferma della politicità dei criteri
assunti per la delimitazione territoriale delle Regioni tenuto conto
del ridotto numero degli abitanti del nuovo ente: circa trecentomila,
ossia un terzo del limite minimo –pari ad un milione di abitanti– di cui
all’art. 132, comma primo, Cost.
A ciò si aggiunga che i meccanismi di modifica dei confini regionali
originariamente descritti in Costituzione prevedevano sì l’ipotesi della
fusione, ma erano per di più orientati in realtà alla creazione di nuove
Regioni o alla modifica puntuale dei confini attraverso lo spostamento
di enti locali da una Regione all’altra. La IX disposizione transitoria e
finale prevedeva: “fino a cinque anni dall’entrata in vigore della Co-
stituzione si possono, con leggi costituzionali, formare altre Regioni, a
modificazione dell’elenco di cui all’art. 131, anche senza il concorso delle
condizioni richieste dal primo comma dell’articolo 132, fermo rimanendo
tuttavia l’obbligo di sentire le popolazioni interessate”.
L’originario art. 132 Cost., infatti, prevedeva che si potesse “con
legge costituzionale, sentiti i Consigli regionali, disporre la fusione di
Regioni esistenti o la creazione di nuove Regioni con un minimo di un
milione d’abitanti, quando ne facciano richiesta tanti consigli comunali
che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate, e
la proposta sia approvata con referendum dalla maggioranza delle
popolazioni stesse”; il secondo comma del medesimo articolo infine
prevedeva si potesse “con referendum e con legge della Repubbli-
ca, sentiti i Consigli regionali, consentire che Provincie e Comuni, che
ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione ed aggregati ad
un’altra”.
Fino al 2001, ad ogni modo, il dibattito sulle macroregioni non
poteva tener conto di alcune norme costituzionali che oggi invece
condizionano in parte la discussione sul tema: si tratta delle modifi-
che apportate al comma secondo dell’art. 132 e della previsione di cui
all’art. 117, comma 8, Cost. relativa alle intese che le Regioni possono
tra loro adottare (e ratificare con legge) per il migliore esercizio del-
le proprie funzioni anche attraverso l’istituzione di organi comuni. 39
51. La previsione andrebbe in ogni modo coordinata con il comma terzo dell’art. 114
della Costituzione (sia vigente, sia previsto dalla riforma costituzionale A.S. 1429-B) il
quale prevede che “Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina
40 il suo ordinamento”.
53. Così nella sent. n. 199 del 2012: “Questa Corte ha più volte affermato che le Regioni
possono evocare parametri di legittimità diversi da quelli che sovrintendono al riparto
di attribuzioni solo allorquando la violazione denunciata sia «potenzialmente idonea a
determinare una vulnerazione delle attribuzioni costituzionali delle Regioni» (sentenza
n. 303 del 2003; di recente, nello stesso senso, sentenze n. 80 e n. 22 del 2012) e queste
abbiano sufficientemente motivato in ordine ai profili di una “possibile ridondanza”
della predetta violazione sul riparto di competenze, assolvendo all’onere di operare la
necessaria indicazione della specifica competenza regionale che ne risulterebbe offesa e
delle ragioni di tale lesione (sentenza n. 33 del 2011)”. 43
54. Sent. n. 274 del 2003. Cfr. A. Ruggeri, La questione dei vizi delle leggi regionali e
l’oscillante soluzione ad essa data da una sentenza che dice e... non dice in www.forumco-
44 stituzionale.it, 2003.
55. I dati della somma delle pronunce della Corte costituzionale che riguardano impu-
gnative o conflitti tra Stato e Regioni rispetto al totale delle pronunce sono chiari: dal
2009 al 204 il numero di pronunce della Corte costituzionale una parte compresa tra il 27
e il 50% delle pronunce adottate sono frutto dello scontro tra i due legislatori (2009: 94
decisioni pari al 27%; 2010: 154 pari al 41%; 2011: 106 pari al 31%; 2012: 156 pari al 49%;
2013: 158 pari al 48% e 2014: 97 pari al 34%).
56. Sia concesso rinviare a A. Sterpa, “Negoziare le leggi”: quando Stato e Regioni fanno
a meno della Corte costituzionale in B. Caravita, a cura di, La giustizia costituzionale in 45
trasformazione: la Corte costituzionale tra giudice dei diritti e giudice dei conflitti, Napoli,
Jovene, 2012, pp. 159-180.
57. Partecipò al voto del 7 ottobre il 34% dei cittadini e in circa dieci milioni (pari al
65%) si espresse per il si alla riforma contro poco meno di sei milioni di voti contrari. Il
centrosinistra sostenne elettoralmente il voto favorevole contro il centrodestra dopo che
nella primavera dello stesso anno a seguito delle elezioni politiche era stato formato un
nuovo Governo a guida Berlusconi (il secondo dopo quello del 1994) aprendo la strada
alla più longeva esperienza di continuità di governo della Repubblica.
58. Il 25 e 26 giugno 206 partecipò il 52% degli iscritti dei quali il 61% si espresse contro
la riforma costituzionale (quasi 16 milioni di voti) contro i 10 milioni di voti a favore. Il
centrosinistra allora sostenne il voto contrario; si ricordi che il centrosinistra aveva appena
46 vinto le elezioni politiche e si era formato il Governo Prodi II.
più vicino all’estremo dello Stato accentrato di quanto non fosse già
prima del 2001.59
Il testo della proposta di modifica della Carta costituzionale at-
tualmente in discussione al Senato della Repubblica prevede la tra-
sformazione sostanziale del Senato in camera rappresentativa delle
istituzioni territoriali con membri eletti in secondo grado dai Consigli
regionali tra i consiglieri e tra i sindaci. A tale mutamento corrisponde
il superamento del bicameralismo perfetto –che tuttavia rimane per
una serie di materie tassativamente individuate– con l’introduzione
dell’adozione delle leggi ordinarie da parte della sola Camera dei De-
putati. È interessante sottolineare che nel nuovo assetto la fiducia al
Governo dovrà essere accordata soltanto dalla Camera dei Deputati
e che sarà chiamata solo quest’ultima ad approvare annualmente la
legge di bilancio.
La distribuzione delle competenze tra Stato e Regioni sará cam-
biata. Secondo la proposta del nuovo art. 117 della Costituzione, in-
fatti, dovrebbe venir meno la competenza legislativa regionale in
moltissimi settori; si assisterebbe, infatti, all’ampliamento dell’elenco
del comma secondo dell’art. 117 della Costituzione, alla scomparsa
dell’elenco delle materie di legislazione concorrente e alla formaliz-
zazione di una parte delle materie di esclusiva competenza del legi-
slatore regionale.
Vediamo in quali settori si assiste ad un accentramento delle
competenze legislative.60
Nell’elenco delle materie di esclusiva spettanza del legislatore
statale compaiono sia etichette che in precedenza affollavano gli am-
biti oggetto di legislazione concorrente, sia nuove etichette che forma-
lizzano materie di “estrazione” giurisprudenziale o di tipo “residuale”
regionale ex art. 117, comma quarto, Cost.
Lo Stato assume la competenza esclusiva in materia di mercati
assicurativi (l’aveva già nei mercati finanziari) e per quanto riguarda
il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario che
spetta oggi invece alla potestà concorrente. Divengono di esclusiva
competenza del legislatore statale anche le “norme sul procedimento
59. Per i primi commenti alla riforma costituzionale, cfr. S. Pajno, Considerazioni sulla
riforma costituzionale in progress, tra Governo, Senato e Camera dei deputati, in fede-
ralismi.it n. 24 del 2014; Id., Il peso della mitologia politico-giuridica nelle vicende della
revisione costituzionale in itinere in Rivista AIC, n. 3 del 2015.
60. Cfr. anche G. Serges, La potestà legislativa delle regioni nel progetto di riforma della
48 costituzione, in Rivista AIC, n. 3 del 2015.
62. Cfr. sentt. n. 39/1971; n. 95/1986; n. 84/1990. Nella sent. n. 84/1990 si legge “È affer-
mazione costante di questa Corte (sentt. n. 219/1984, n. 192/1987 e n. 1002/1988) che la
qualificazione di una legge o di alcune sue disposizioni come principi fondamentali della
legislazione statale o come norme fondamentali di riforma economico-sociale non può
discendere soltanto da apodittiche affermazioni del legislatore stesso, ma deve avere una
puntuale rispondenza nella natura effettiva delle disposizioni interessate, quale si desume
dal loro contenuto normativo, dal loro oggetto, dal loro scopo e dalla loro incidenza nei
confronti di altre norme dell’ordinamento o dei rapporti sociali disciplinati”. Sul punto
A. Paoletti, Grandi riforme e principi fondamentali nei rapporti tra Stato e Regioni. Il
Problema dell’auto-qualificazione, in Giur. cost., 1991, pp. 3151 e ss.
63. Sia concesso rinviare a A. Sterpa, Le riforme costituzionali e legislative del 2014:
52 quale futuro per la multilevel governance dell’ambiente?, in federalismi.it, n. 22 del 2014.
64. “Su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie non riserva-
te alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica
della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale” (art. 117, comma 4, Cost.). 53
65. Cfr. la precisazione aggiunta, alla fine del comma, per cui “Fino alla revisione dei
predetti statuti speciali, resta altresì ferma la disciplina vigente prevista dai medesimi
statuti e dalle relative norme di attuazione ai fini di quanto previsto dall’articolo 120
56 della Costituzione”.
66. Cfr. F. Pizzetti, La riforma territoriale degli enti territoriali, Milano, Giuffrè, 2015; F.
Fabrizzi e G. Salerno, a cura di, La riforma delle autonomie territoriali nella legge Delrio,
Napoli, Jovene, 2014 e se si vuole A. Sterpa, a cura di, Il nuovo governo dell’area vasta,
Napoli, Jovene, 2014.
67. Sulla pronuncia della Corte costituzionale, cfr. G. M. Salerno, La sentenza n. 50 del
2015: argomentazioni efficientistiche o neo-centralismo repubblicano di impronta sta-
talistica?, in federalismi.it, n. 7 del 2015; M. Barbero e E. Vigato, Il sindaco di diritto e
l’elezione a suffragio universale e diretto nelle città metropolitane, in federalismi.it, n. del
2015; A. Lucarelli, La sentenza della Corte costituzionale n. 50 del 2015. Considerazioni in
merito all’istituzione delle città metropolitane, in federalismi.it, n. 7 del 2015; A. Spadaro,
La sentenza cost. n. 50/2015. Una novità rilevante: talvolta la democrazia è un optional,
in Rivista AIC, 2015; L. Vandelli, La legge “Delrio” all’esame della Corte: ma non meritava
una motivazione più accurata?, in Forum di Quaderni Costituzionali, 2015; D. Mone, La
sentenza della Corte costituzionale n. 50/2015 e la Carta europea dell’autonomia locale:
l’obbligo di elezione diretta tra principi e disposizioni costituzionali, in Forum di Quaderni
Costituzionali e se si vuole A. Sterpa, Un ‘giudizio in movimento’: la Corte costituzionale 57
tra attuazione dell’oggetto e variazione del parametro del giudizio. Nota a margine della
58 sentenza n. 50 del 2015 in federalismi.it, n. 7 del 2015.
68. Cfr. R. D’Amico, S. De Rubertis, Istituzioni per lo sviluppo tra comune e regione.
unione europea e prove di ente intermedio in Italia, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2014;
Commissione Europea, Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale,
23 luglio 2014, www.ec.europa.eu; Coret dei Conti europea, Les fonds de la politique de
cohésion de l’UE consacrés aux routes sont-ils dépensés à bon escient? Rapport spécial
n. 5, 2013, Luxembourg: Publications Office, 2013; P. De Grauwe (et al.), Europe: richesse,
inégalités et solidarité, in Problèmes économiques, n. 3076/2013, pp. 5-48, M. P. Desset
(a cura di), Plein feux sur la politique de cohésion modernisée, in Europe documents, n.
2575, 28 novembre 2013, p. 1-8; F. Barca, Metodi e obiettivi per un uso efficace dei fondi
comunitari 2014-2020, 27 dicembre 2012, in www.dps.tesoro.it. Gli stanziamenti per la
politica di Coesione 2014-2020 ammontano per l’Italia a circa 32,82 milioni di euro, in
http://ec.europa.eu/regional_policy/what/future/eligibility/index_it.cfm. 59
60
RESUM
Aquest article vol proporcionar la clau per entendre els elements legals i
reguladors del regionalisme italià, amb especial referència a la reforma cons-
titucional del 2001 i el projecte de reforma constitucional que s’ha sotmès
a consideració del Parlament el 2015. L'assaig recorre a la figura del pèndol
com a instrument que pot oscil·lar entre dos extrems: autonomia local i estat
centralitzat. El regionalisme italià en aquests darrers anys ha pres posicions
diverses en el recorregut del pèndol, exactament com un pèndol ho faria,
però sempre amb moviments sobtats que han restat estabilitat al sistema.
L’article se centra especialment en l'evolució de l'autonomia regional tant
des del punt de vista formal (la Constitució) com substantiu (la jurisprudència
constitucional i l’aplicació institucional). Avui les regions italianes sembla que
sofreixen un procés de doble erosió competencial: per una banda, el paper
creixent de la Unió Europea, les restriccions pressupostàries i l'enfortiment
resultant per als poders de l'Estat; per l'altra, l'enfortiment de les ciutats
metropolitanes. Podem dir que després d'un període curt de reformes que
han reforçat la política d'autonomia regional, durant els 5 anys passats, ara
la perspectiva és completament contrària i, si s'aprova la reforma constitu-
cional, les regions italianes perdran molta de la seva autonomia. L’article
pretén assenyalar alguns factors estructurals com a causes del debilitament
del regionalisme italià, com per exemple la reduïda mida i població de les
administracions locals. A més a més, després de la reforma constitucional
del 2001, han estat poques les regions que han aprovat legislació en les
noves àrees competencials, mentre que moltes regions han continuat desen-
volupant les seves activitats de naturalesa fonamentalment administrativa,
deixant de banda el seu paper com a legisladors.
RESUMEN
Este artículo quiere proporcionar la clave para entender los elementos le-
gales y reguladores del regionalismo italiano, con especial referencia a la
reforma constitucional de 2001 y el proyecto de reforma constitucional que
se ha sometido a consideración del Parlamento en 2015. El texto recurre a
la figura del péndulo como instrumento que puede oscilar entre dos ex-
tremos: autonomía local y estado centralizado. El regionalismo italiano en
estos últimos años ha tomado posiciones diversas a lo largo del recorrido del 61
ABSTRACT
The paper provides a key to understanding the regulatory and legal affairs
of the Italian regionalism with particular reference to the constitutional re-
form of 2001 and the project of constitutional reform under consideration
in Parliament in 2015. The essay uses the figure of the pendulum that is the
instrument that can position between two extremes: local autonomy and
centralized state. Italian regionalism in recent years has positioned itself,
just like a pendulum, on several points, but always with swings that have
given very few elements of stability to the system. Especially the paper ex-
amines the evolution of regional autonomy both from the formal point of
view (the Constitution) and substantive (the constitutional jurisprudence and
institutional application). Today Italian regions seem to undergo a double
process of erosion of skills: on the one hand, the increasing role of the Euro-
pean Union and the budgetary constraints and the resulting strengthening
62 of the powers of the State; on the other, the strengthening of metropolitan
cities. We can say that after a short period of reforms that strengthened
the regional autonomy policy, over the past 5 years, the path is now com-
pletely opposite and, if the constitutional reform is approved it, the Italian
regions will lose much of their autonomy. The paper aims to highlight some
structural factors that have weakened the Italian regionalism, for example,
the small size and population of the local authorities. In addition, after the
constitutional reform of 2001, only a few regions have tried to adopt laws
in the areas of new jurisdiction, while many regions have continued to plan
activities primarily administrative and have given up their role as legislators.
63
Anna Mastromarino
Investigadora de Derecho Público Comparado de la Universidad de Turín
1. Introducción
2. Kris Deschouwer, Min Reuchamps, “The Belgian Federation at the Crossroad”, Regional
and Federal Studies, vol. 23, n. 3, 2013, 263: “The Belgian state is unfinished and open
ended, but that is exactly the reason why it can exist”.
3. Véase Anna Mastromarino, Il federalismo disaggregativo. Un percorso costituzionale
nello stato multinazionale, Milano, Giuffrè, 2010.
4. Así, Robert Agranoff (ed.), Accomodating Diversity: Asymetry in Federal States, Baden-
Baden, Nomos Verlagsgesellschaft, 1999. 65
firmado en el mes de diciembre del año 2011 entre ocho partidos bel-
gas. Este es el último proyecto de reforma hasta el momento y repre-
senta una etapa esencial en el desarrollo institucional de Bélgica: por
las condiciones políticas que acompañaron su firma, por los cambios
constitucionales que ha conllevado, por su voluntad, en opinión de
quien escribe, de asegurar cierta proporción en el papel que juegan
las regiones respecto de las comunidades en el sistema federal.
7. Puede ser útil recordar que con el término formateur el sistema belga denomina el
sujeto encargado por el rey de presentar una propuesta gubernamental creíble capaz
de alcanzar la confianza de la cámara. Para distinguir el rol del formateur respecto a las
actividades preliminares que preceden a su nombramiento, el sistema belga suele valerse
de otras palabras más o menos usuales como informateur, preformateur, médiateur, con-
ciliateur, explorateur, réconciliateur, comédiateur, négociateur. Estamos ante una mera
distinción terminológica, pero no sustancial. El objetivo a alcanzar es, en todo caso, el
mismo: poner los cimientos de una plataforma de gobierno que pueda ser sostenida por
la confianza parlamentaria.
8. Véase Marc Hooghe, “Does multi-level governance reduce the need for national go-
68 vernment?”, European Political Science, 11, 2012, 90.
y que este acuerdo fuera alcanzado solo al término de una intensa ne-
gociación sobre algunas cuestiones espinosas, entre las que destacaba
la división del distrito (electoral y judicial) de Bruselas-Hal-Vilvorde.
El acuerdo, llamado también du papillon, en referencia al acce-
sorio habitual usado por Di Rupo –una corbata de lazo–, representa
un acto programático cuyo contenido es imprescindible analizar para
poder comprender la dirección y el alcance de las reformas constitu-
cionales que lo han seguido.
Cuatro son los pilares en los que se centraba el acuerdo: una re-
novación de la imagen de la política belga, que se concreta también
en la voluntad de reformar el bicameralismo y de hacer coincidir las
elecciones federales regionales y europeas en la misma fecha; la divi-
sión por fin del distrito electoral y judicial de Bruselas-Hal-Vilvorde,
causa de una incesante tensión entre las dos comunidades lingüís-
ticas; la revisión del estatuto de la Región de Bruselas-Capital, cuyo
desarrollo ha sido desde hace tiempo bloqueado por la presencia de
aquellos municipios que, en sus alrededores, mantienen un régimen
de facilitación lingüística en el ámbito publico, a pesar de su ubicación
en territorio flamenco, y una importante devolución de competencias,
también en el ámbito financiero, desde la federación hacia las entida-
des federadas, y en particular hacia las regiones.
9. Véase Christian Behrendt, “La révision avant la révision: réflexions sur une nouvelle
formulation de l’article 195 de la Constitution belge”, Actualités du Droit, 2002, 403-
442; íd., “La possible modification de la procédure de révision de la Constitution belge”,
Revue Française de Droit Constitutionnel, 2003, 279-308; Jean-Claude Scholsem, “Brèves
réflexions sur une éventuelle révision de l’art. 195 de la Constitution”, Revue Belge de
Droit Constitutionnel, 1999, 99-105. 71
Después de tantos años, por fin la sexta reforma del Estado promovida
por el acuerdo du papillon parecía haber encontrado una solución a un
asunto que por mucho tiempo ha quitado el sueño a los políticos bel-
gas. El acuerdo, efectivamente, define las bases para la división a nivel
electoral y judicial de la circunscripción Bruselas-Hal-Vilvorde (BHV),
garantizando los derechos lingüísticos de la comunidad francesa. Eso
ha permitido al legislador constitucional, en derogación, así como se
contempla en el reformado artículo 195 Cb, aprobar el 19 de julio de
2012 una ley que parece haber determinado la superación definitiva de
unas tensiones enraizadas en el territorio de los tres municipios, pero
que de hecho afectan a todo el país, al ser el fruto de una mezcla entre
cuestiones de carácter sociológico, político y jurídico al mismo tiempo.
El distrito Bruselas-Hal-Vilvorde no representa un problema me-
ramente institucional, ni tan solo burocrático y técnico. Lo de BHV, an-
tes de ser un problema que involucra las instituciones, es un problema
que afecta a las relaciones entre flamencos y franceses. Concierne a la
posibilidad reconocida a la minoría francesa que vive en los municipios
de alrededor de la capital, Bruselas, de mantener un vínculo de natu-
raleza política y electoral con su comunidad lingüística, lo cual parece
perfectamente coherente con la filosofía que anima el sistema belga
en todas sus partes, a saber, la protección de la identidad cultural de
cada comunidad, si no fuera por el hecho de que el mantenimiento de
72 dicho vínculo ha generado una serie de consecuencias excepcionales
11. Nos referimos a dos sentencias distintas emitidas por la Cour d’Arbitrage: la n. 90/1994,
de 22 de diciembre, y la n. 73/2003, de 26 de mayo, y también al intento de Guy Verho-
fstadt, en el año 2002, de proceder a una “falsa división” a través de una reforma del
sistema electoral.
12. Algo que no sucedía desde el 1994, cuando el rey Alberto II abrió el Palacio Real a
74 políticos y periodistas para celebrar la promulgación de la nueva Constitución belga.
13. Merece la pena recordar que la ley de reforma del distrito judicial BHV fue impug-
nada. En este sentido, véase el pronunciamiento del constitucional belga n. 96, del 30
de junio de 2014. 75
76
14. En particular, suscita cierta preocupación entre los francófonos la devolución a las co-
munidades de competencias en el ámbito del bienestar y la seguridad social, consideradas
prioritarias en un proyecto de ciudadanía igualitaria y solidaria. Véase Kris Deschouwer,
Min Reuchamps, “The Belgian Federation at the Crossroad…”, 2013, 265. 77
15. Véase Johanne Poirier, “Who is afraid of (con)federalism?”, en Kris Deschouwer, Jo-
hanne Poirier, (Con)federalism: Cure or Curse?, Re-bel e-book, 18 de julio de 2015, 27-41.
16. Es decir: Politique en matière d’autorisations concernant les implantations commer-
ciales / Comité socio-économique national pour la Distribution; Maisons de justice et ser-
vices externes; Centre national de surveillance électronique; Droit sanctionnel des jeunes;
Fonds de l’expérience professionnelle; Bien-être animal; Transit des déchets; Agrément
des professions des soins de santé; Activation des allocations de chômage; Titres-servi-
ces; Fonds de formation titres-services; Agences locales pour l’emploi; Congé-éducation
payé; Outplacement; Apprentissage industriel; Conventions de premier emploi – Projets
globaux; Interruption de carrière; Contractuels subventionnés; Comités d’acquisition;
Allocations familiales; Formation à la conduite; Fonds des calamités agricoles; Contrôle
des prix; Accès à la profession – conditions d’établissement ; Homologation des radars;
Baux commerciaux, baux à loyer et baux à ferme; Contrôle des films; Migration économi-
que; Homogénéisation des soins de santé mentale; Homogénéisation de la politique des
hôpitaux; Homogénéisation de la politique des personnes âgées et des soins long care;
Homogénéisation de la politique de prévention (tabagisme, dépendance aux drogues,
actions santé environnementale, plan d’alimentation et de santé); Organisation des soins
de santé de première ligne (services intégrés soins à domicile, cercles de médecins géné-
ralistes, subventions, commissions médicales provinciales, réseaux palliatifs); Modalités de
contingentement des métiers de la santé: sous-quota; Contrôle technique des véhicules;
Code de la route; Fixation des normes de l’infrastructure routière; Navigation intérieure;
Allocation d’aide aux personnes âgées; Accompagnement des bénéficiaires du revenu
d’intégration sur le marché du travail; Fonds d’intégration européen; Economie sociale;
Politique des grandes villes; Pôles d’attraction interuniversitaires; Fonds des calamités; Bu-
reau d’Intervention et de Restitution Belge (BIRB); Institut Belge pour la Sécurité Routière
(IBSR); Fonds d’Equipements et de Services Collectifs (FESC) (section de l’Office national
d’allocations familiales pour travailleurs salariés – ONAFTS); Fonds de Participation ; Office
National de l’Emploi (ONEM) – transfert partiel; Institut National d’Assurance Maladie-
Invalidité (INAMI) – transfert partiel; réduction d’impôts pour dépenses spécifiques en
matière d’habitation.
17. Con los acuerdos de Sainte Emilie, efectivamente, se define, por ejemplo, el traslado
de competencias en tema de ayuda a las personas y salud de la Fédération Wallonie-
Bruxelles hacia la región valona y la Commission Communautaire Commune (COCOM).
El encargado de su gestión es el Organisme d’Intérêt Public (OIP). 79
Entre los muchos cambios que han sido impulsados por la sexta re-
forma del Estado destaca la revisión del bicameralismo. De hecho, no
estamos simplemente frente a un cambio que afecta solo a detalles
funcionales u organizativos. Una lectura entre líneas de la reforma
nos invita a considerar, más bien, que nos encontramos frente a un
cambio que afecta, una vez más, al tipo de Estado y a la idea de Esta-
do federal que el reino belga persigue. En primer lugar, se reduce el
número de miembros que componen el Senado: de 71 a 60. No se trata
de una reducción drástica, pero sí significativa, habida cuenta de las
dificultades que acompañan los intentos de racionalización del órgano
en otros países como España y Italia, donde el número de senadores
suele considerarse excesivo.
La reducción del número de senadores se acompaña de un cam-
bio radical en la composición del órgano. La elección cesa de ser di-
recta y se convierte en indirecta, de modo que serán los parlamentos
de las entidades federadas los que designen entre sus miembros a los
senadores. El Parlamento flamenco designa veintinueve senadores;
diez son designados por el Parlamento de la denominada Fédération
Wallonie-Bruxelles; ocho, por la Asamblea valona, y dos, por el grupo
lingüístico francés que forma parte del Parlamento de la Región de
Bruselas-Capital. Un único senador es designado por el Parlamento
de la comunidad alemana. Permanece el componente de senadores
cooptados, que son diez en total, de los cuales seis serán nombrados
por los flamencos y otros cuatro por los francófonos sobre la base de
los resultados de las elecciones de la Cámara de los Representantes.
Desaparecen también los miembros por ley procedentes de la casa
real.
La reforma lleva consigo también cambios relevantes en lo que
concierne a las funciones y competencias que el “nuevo” Senado es
llamado a ejercer. En primer lugar, el Senado en Bélgica cesa de ser un
órgano permanente, en consideración, también, del doble mandato
que los senadores-diputados de los parlamentos subnacionales están
llamados a desempeñar. Se prevé un mínimo de ocho convocatorias
por año.
A partir de la reforma crece la función de asesoramiento que el
Senado está llamado a ejercer, adoptando, de alguna forma, un papel
de órgano consultivo, mientras que al mismo tiempo su participación
en el proceso legislativo se encoge considerablemente. El bicamera-
80 lismo perfecto permanece solamente en el momento de la revisión
18. Sobre el proyecto confederal del partido nacionalista flamenco N-VA, véase Anna
Mastromarino, “Evaporazione vs solidificazione: la sfida belga”, Le Istituzioni del Fede-
ralismo, 4, 2014, p. 923. 81
19. Aunque haya que decir que hay quien no se espera mucho de esta reforma habida
cuenta que: “le constituant n’a pas choisi de faire du Sénat une véritable chambre des
entités fédérées, en maintenant une logique bicommunautaire tant au niveau de sa
82 composition que de son mode de fonctionnement”. Así, Anne Feyt, Pascale Vandernacht,
8. ¿Y ahora qué?
“La réforme du Sénat, un tableau inachevé”, en Joelle Sautois, Marc Uyttendaele (dir.),
La sixieme réforme de I'Etat 2012-2013. Tournant historique ou soubresaut ordinaire?,
Limal, Anthemis, 2013, 100. 83
interés hacia las reformas. Pero creo que ha de entenderse que se trata
solo de un desinterés contingente y temporáneo.
Contingente, debido a la dificultad que el Gobierno encontraría
en este momento al querer aprobar reformas constitucionales o leyes
especiales, no pudiendo contar con la mayoría requerida. De hecho,
si bien no le faltaría el apoyo del Parlamento en términos absolutos,
no alcanzaría de ninguna manera el sostén de la mayoría del grupo
lingüístico francés, dado que los francófonos del MR representan una
fuerza minoritaria entre los francófonos.20
Temporáneo, porque los nacionalistas consideran importante
concluir el programa de medidas trazado por el acuerdo du papillon a
fin de emprender un nuevo camino de reformas (¿la septième réforme
de l’Etat?), considerando que lo hecho hasta hora no es suficiente.
Esto nos lleva a preguntarnos: ¿suficiente para qué? ¿Para alcan-
zar la independencia de Flandes?
En realidad, hace tiempo que en el debate político belga el pro-
yecto independentista flamenco tout court, sin haber sido totalmente
dejado de lado, ha perdido su empuje. Llama poderosamente la aten-
ción que, durante los meses precedentes a los referéndums de secesión
en Escocia y Cataluña, el caso de Flandes no haya tomado fuerza tam-
bién, ni en la prensa nacional o internacional, ni en la agenda política
belga. Y eso, a pesar del hecho de que hace un tiempo, durante la
crisis institucional de 2010-2011, eran muchos los que apostaban por
la desintegración de Bélgica.21
Pero tan solo quien no tuviese la costumbre de razonar à la
belge, es decir, solo quien descuidara los factores que, como hemos
recordado, constituyen la médula del sistema belga (carácter integral
del debate nacional y lingüístico; naturaleza disgregante del sistema
federal; uso del compromiso como instrumento de preferencia en la
resolución de los conflictos), podría asombrarse del hecho de que en
Flandes ni se reivindica la convocatoria de un referéndum de inde-
pendencia como expresión del derecho a decidir del pueblo flamenco
ni se mira a la secesión en sí misma como meta de la acción de los
nacionalistas.
El objetivo de los nacionalistas de Bart De Wever, de hecho, y por
el momento, no parece ser la independencia de Flandes hic et nunc,
20. Véase Nicolas Dupont, “Il federalismo belga al bivio”, Diritto Pubblico Comparato ed
Europeo, n. 2, 2015, 383 ss.
21. Véase Hooghe Marc, “Does multi-level governance reduce the need for national
84 government?”, European Political Science, 11, 2012, p. 90.
22. Sobre el concepto teórico de confederación y su relación con los demás tipos de or-
ganización territorial, véase John Loughlin, “Federalism, federation and confederation:
towards hybridity”, y Jan Velaers, “The Belgian federalism/confederalim debate in light
of classic constitutional theory”, los dos en Kris Deschouwer, Johanne Poirier, (Con)fede-
ralisme..., 4-16, 17-26.
23. Véase Hugues Dumont, Sebastien Van Drooghenbroek, “Le statut de Bruxelles dans
l’hypothèse du confédéralisme”, Brussels Studies, 10, 2007, 2 : “Dans la bouche de certains
acteurs qui font un usage purement politique du terme le confédéralisme revêt une autre
signification. Il ne vise ni le remplacement de la Constitution belge par un traité conclu
à l’initiative des anciennes composantes de l’Etat belge (ou de certaines d’entre elles)
devenues souveraines et indépendantes, ni une qualification audacieuse de la structure
institutionnelle actuelle”. Hugues Dumont, “Le fédéralisme multinational beige se prête-
t-il a une mutation confédérale? Les onze leçons d'un fédéralisme immature”, en Michel
Seymour, Guy Laforest (dir.), Le fédéralisme multinational. Un modèle viable?, Bruxelles,
Peter Lang, 2011, 191, subraya una cierta ambigüedad en el uso del termino confederal
por parte de los actores politicos. Véase también Jan Velaers, “Quel avenir pour la Belgi-
que ?”, en Joelle Sautois, M. Uyttendaele (dir.), La sexieme reforme... , 568-569. 85
24. …lo cual parece muy improbable: Anna Mastromarino, “Evaporazione vs solidifica-
zione…”, 2014, 931.
25. El artículo 35 se cierra con una disposición transitoria capaz de suspender su eficacia.
Con ella, de hecho, se establece que la aplicación del artículo 35 está subordinada a la
aprobación de una ley especial y a otra de reforma del título III de la Constitución para
la determinación de una detallada lista de competencias asignadas de forma exclusiva
al Estado central. A día de hoy, ni la ley especial ni la reforma constitucional han sido
aprobadas, de forma que la letra del artículo 35 queda tanquam non esset.
26. Véase Hugues Dumont, Sebastien Van Drooghenbroek, “Le statut de Bruxelles…”,
2007, 1 ss.
27. Véase Jean Benoit Pilet, Jean Michel De Waele, Serge Jumain (eds.), L’absence de
86 partis nationaux: menace ou opportunité?, Bruxelles, E. Université de Bruxelles, 2009.
28. Una vez más, Anna Mastromarino, “Evaporazione vs solidificazione…”, 2014, 916.
29. En 2005, un grupo de académicos belgas, asociados en el proyecto denominado
PAVIA, se pronunciaron en favor de la creación de un distrito electoral federal único,
sobrepuesto a las circunscripciones electorales provinciales fundadas en el separatismo
lingüístico: un distrito único capaz de seleccionar quince miembros de la cámara baja
que se sumarían al número actual de parlamentarios. Si la propuesta “a été perçue au
départ comme une initiative, certes sympathique […] mais politiquement peu réaliste,
elle s’est progressivement imposée comme une piste de travail appréciable dans les cadre
des réforme institutionnel”. Cfr. Luc Detroux, “La circonscription fédérale: du mythe à la
réalité… ou à l’histoire?”, Revue Belge de Droit Constitutionnel, 4, 2011, 307. La propues-
ta se basaba en el convencimiento que el progreso de una sociedad democrática pasa
por la necesidad que los que pretenden gobernar un país hablen y actúen en nombre
de toda la población y no tan solo de una lingüísticamente determinada. Resulta difícil
hacer pronósticos sobre las consecuencias que podría llevar consigo a corto plazo la intro-
ducción de un distrito semejante. El debate podría destemplarse, favoreciendo posturas 87
Referencias
32. Véase Bart Maddens, Georges Vogel, “La Belgique à la croisée des chemins: entre
fédéralisme et confédéralisme”, Outre-Terre, n. 40, 2014. 89
91
RESUMEN
RESUM
ABSTRACT
The Accord du Papillon started the Belgium Sexième réforme de l’Etat. After
a long institutional crisis, an agreement between the major parties seemed
the best way to ensure a stable government to the country and to enhance
a new season of constitutional reforms. It consisted, so far, in two sessions
(2012 and 2014) that brought the adoption of both legislative and consti-
tutional acts. Two reforms appear crucial. First and foremost, the Sexième
réforme de l’Etat set forth the criteria to divide the Bruxelles-Hal-Vilvorde
district. Furthermore, it determined the Senate reform. Nonetheless, in the
past months, the reformist enthusiasm has gradually decreased, but probably
this is a temporary situation: in Belgium things are more complicated than
they seem, so it is hard to have the last word.
93
1. Introducción
***
12. Una obra de referencia al respecto es: Tristán Platt, Estado boliviano y ayllu andino:
tierra y tributo en el Norte de Potosí, Lima, Instituto de Estudios Peruanos, 1982.
13. El katarismo es un movimiento político formado en los años sesenta por un grupo de
estudiantes aymaras migrados a La Paz, influenciados por el pensamiento indianista de
Fausto Reinaga, escritor y fundador del Partido Indio a mediados de los años cuarenta, y
que toma el nombre de Tupaj Katari, el líder de un importante levantamiento indígena
anti-colonial en 1781. Los principales líderes del movimiento irán escalando cargos a
partir de los setenta en varios sindicatos, hasta que, con la erosión definitiva del Pacto
Militar Campesino, fundarán en 1977 la CSUTB. Una obra de referencia al respecto es la
de la socióloga boliviana Silvia Rivera, Oprimidos pero no vencidos, La Paz, La Mirada
Salvaje, 2003.
14. En Rivera, Oprimidos..., p. 182.
15. Dona Lee Van Cott, The friendly liquidation of the past: The politics of diversity in
Latin America. Pittsburgh, University of Pittsburgh Press, 2000. 101
16. Para el caso boliviano, ver: Benjamin Kohl, “Stabilizing neoliberalism in Bolivia: po-
pular participation and privatization”, Political Geography 21 (4), mayo 2002, p. 449-472,
o Nancy Postero, Ahora Somos Ciudadanos. La Paz, Ediciones la Muela del Diablo, 2009.
17. El concepto de colonialismo interno fue acuñado en los setenta por el sociológo
mexicano Pablo González Casanova, quien, partiendo de las teorías de la dependencia,
realizó una analogía entre las relaciones de explotación entre metrópolis y colonia propias
del colonialismo aplicada al interior de los países. Ver Peter Wade, Etnicidad y Raza en
América Latina, Quito, Ediciones Abya-Yala, 2000, p. 78-82.
18. Marco Aparicio Wilhelmi, “Los derechos constitucionales de los pueblos indígenas.
Contexto latinoamericano actual. Los límites del constitucionalismo multicultural liberal”,
El Estado ante la sociedad multiétnica y pluricultural. Políticas públicas y derechos de los
102 pueblos indígenas en Venezuela (1999-2010), Caracas, IWGIA, p.14-16.
tan solo algunos de los ejes centrales que acabaron definiendo lo que
Salvador Schavelzon considera como una “Constitución abierta”, a sa-
ber, una Constitución “con visiones diferentes combinadas en un texto
con definiciones estructurales en tensión, que dan lugar a ambigüe-
dades, contradicciones o espacios de indefinición estratégicos, como
forma de dar lugar –coexistiendo– a horizontes y formas normativas
liberales, indígenas e inspiradas por proyectos políticos diversos”.22
En definitiva, en la CPE estaría presente una tensión entre, por
un lado, un proyecto de tradición nacionalista y estatista, que busca
apuntalar un Estado fuerte tras décadas de retiro neoliberal y los ama-
gos separatistas del oriente boliviano, con capacidad de intervención
en la economía para generar excedentes que permitan aplicar políti-
cas redistributivas, y, del otro, un proyecto plurinacional que buscaría
generar transformaciones institucionales que favorezcan una nueva
articulación de los pueblos indígenas basada en su libre determinación.
humanos de los pueblos indígenas en la nueva Constitución de Bolivia, Santa Cruz, CEJIS,
año 14, núm. 20, 2010.
24. “The actual guarantee of the right to self-determination, which lies at the heart of
what indigenous peoples of Latin America are claiming and fighting for, is a pre-requisite
for the fulfillment and enjoyment of other collective rights, such as the right to land,
territories, resources, culture, language and education”, en Aguilar y otros, “The Cons-
titutional Recognition...”, 2010, p. 59.
25. Relacionados con la autonomía y autogobierno indígenas, cabe destacar los siguientes
derechos colectivos de los pueblos indígenas: el derecho “a que sus instituciones sean
parte de la estructura general del Estado” (art. 30.II.5), “al ejercicio de sus sistemas polí-
ticos, jurídicos y económicos acorde a su cosmovisión” (art. 30.II.14), “a la consulta previa
obligatoria, realizada por el Estado, de buena fe y concertada, respecto a la explotación
de los recursos naturales no renovables en el territorio que habitan” (art. 30.II.15).
26. Albert Noguera, “Plurinacionalidad y autonomías .Comentarios en torno al nuevo
proyecto de Constitución boliviana”, Revista Española de Derecho Constitucional, núm.
84, septiembre-diciembre, págs. 147-177, p. 157. 105
28. El artículo 11.II.3 de la CPE define la democracia comunitaria como “la elección, de-
signación o nominación de autoridades y representantes por normas y procedimientos
propios de las naciones y pueblos indígena originario campesinos, entre otros, conforme
a Ley”.
29. Bret Gustafson, “Plurinationalism, Autonomy, and Indigenous Resurgence in Bolivia”,
Anthropological Quarterly, vol. 82, núm. 4, 2009, p. 985-1017, p. 989.
30. Schavelzon, El nacimiento..., p. 473. 107
43. Para un recorrido etnohistórico exhaustivo sobre la región del Isoso, sus capitanes y
sistema de organización, ver Isabelle Combès, Etno-historias del Isoso. Chané y chiriguanos
en el Chaco boliviano (siglos xvi a xx ), La Paz, Fundación PIEB/IFEA, 2005.
44. Según Miguel Valdez, tanto en Charagua Norte como en Parapiguasu la mayoría de
superficie títulada dentro de las TCO fue a favor de terceros: el 70,22% y el 68,50% res-
pectivamente. En Miguel Valdez, “Apuntes para un análisis de la situación de la tenencia
de la tierra en el Chaco boliviano”, Artículo Primero, Revista de Debate Social y Jurídico.
Reforma Agraria y proceso constituyente, CEJIS, año X, núm. 18, septiembre del 2006,
p.441-460, p. 447.
45. Aparte de en múltiples discursos en el marco de asambleas de la organización, el
concepto aparece en varios documentos estratégicos de la APG, por ejemplo: Asamblea
del Pueblo Guaraní, Ore Ñembogeta. Parte I. Propuesta hacia la Asamblea Constituyente,
Chaco Boliviano, 2006; o Asamblea del Pueblo Guaraní, Plan Estratégico de la Nación
112 Guaraní. Situación y estrategias. Plan de vida guaraní, Bolivia, 2008.
46. Esto significa que debe haber terminado todo el proceso de “saneamiento” de tierras
que implica la titulación de los territorios colectivos indígenas como TIOC, un proceso
que aún no ha concluido en todos los casos.
47. Jason Tockman, John Cameron, Wilfredo Plata, “Nuevas instituciones para el autogo-
bierno indígena en Bolivia: un análisis de los Estatutos de Autonomía Indígena Originaria
Campesina”. Ponencia, XV Encuentro de Latinoamericanistas Españoles, Madrid, 2012,
p. 3. 113
48. En lo que respecta a la AIOC por la vía TIOC, solo hay un caso avanzado: el de la
TIOC de Raqaypampa (Cochabamba), que empezó su proceso autonómico en 2009 por
su cuenta, a pesar de que no existía un marco legal definido. Según informaciones del
Viceministerio de AIOC, desde inicios del 2014 hay nuevas solicitudes oficiales para con-
formar AIOC, tanto por la vía municipal (tres de ellos, en municipios guaraníes) como por
la territorial; sin embargo, todavía se encuentran en un momento muy inicial en compa-
ración con los once municipios que celebraron el referéndum el 2009.
49. Los trámites previos para solicitar la celebración del referéndum autonómico indígena
fueron fijados por el artículo del Decreto Supremo núm. 213, del 2 de agosto del 2009:
10% de firmas del padrón electoral, ordenanza del Consejo Municipal y un certificado de
existencia pre-colonial e instituciones propias validado por el Ministerio de Autonomías.
50. A parte de Charagua, los once municipios fueron los siguientes (entre paréntesis, los
departamentos a los que pertenecen): Chipaya, Totora, Pampa Aullagas y Salinas de Garci
Mendoza (Oruro); Charazani y Jesús de Machaca (La Paz); Huacaya, Mojocoya y Tarabuco
(Chuquisaca); Chayanta (Potosí).
114 51. Ver, por ejemplo, Postero, Ahora somos..., 2009.
54. Según la resolución emitida por la Corte Nacional Electoral (Resolución 363/2009, art.
28) –actualmente, Tribunal Supremo Electoral, parte del Órgano Electoral Plurinacional–,
en los once municipios en conversión las autoridades electas son consideradas “provisio-
nales” hasta la instauración de las autoridades indígenas; sin embargo, la demora en la
constitucionalización de los Estatutos ha generado que, en la práctica, estas autoridades
116 agoten la totalidad del mandato.
55. Si decimos que hay una “ambigüedad deliberada” es porque puede suponerse que
responde a la voluntad del gobierno nacional de blindar la autonomía departamental
que en su momento exigió de forma beligerante la Media Luna. Para el caso del rango
jerárquico de los Estatutos indígenas respecto a las leyes, el TCP se ha pronunciado re-
cientemente en la Declaración constitucional plurinacional 9/2013 sobre el Estatuto de
Totora Marka, concluyendo que “no es posible distinguir gradación jerárquica alguna,
debiendo entenderse que su aplicabilidad preferente se determinará en razón del marco
competencial y los principios que rigen la organización territorial del Estado” (Tribunal
Constitucional Plurinacional, Declaración constitucional plurinacional 9/2013, p. 12).
56. Tata Gualberto Cusi, aclaración de voto, Sucre, 27 de julio de 2013.
57. Ligia Mónica Velázquez, voto particular disidente, Sucre, 27 de julio de 2013, p. 5. 117
58. Moira Zuazo, ¿Cómo nació el MAS? La ruralización de la política en Bolivia. Entrevistas
a 85 parlamentarios del partido, La Paz, Fundación Ebert, 2009, p. 33-36.
59. A partir de una encuesta, en la gestión municipal del 2000 y 2003 encontraríamos
el 65% de las autoridades municipales (mayormente concejales pero también algún al-
calde) que se autoidentificaban como indígenas, en Xavier Albó y Franz Barrios, Por una
Bolivia plurinacional e intercultural con autonomías. La Paz, PNUD, 2006, p. 30-31. Para
un análisis cualitativo en base a una etnografía de larga duración, donde se analiza el
desplazamiento de élites urbanas por parte de las comunidades rurales en un municipio
de las Yungas, ver Alison Spedding, Chulumani flor de clavel, Transformaciones urbanas
y rurales, 1998-2012, La Paz, Programa de Investigación Estratégica de Bolivia, 2013.
60. En 2004 la Ley de Agrupaciones Ciudadanas y Pueblos Indígenas permite a las orga-
nizaciones indígenas presentarse directamente con sus siglas, sin necesidad de, como en
118 las gestiones anteriores, establecer alianzas con los partidos políticos.
62. Carlos Romero y Xavier Albó también destacan las siete competencias exclusivas del
total de veintitrés reconocidas por la CPE que, a su entender, son las más distintivas y
representativas de las autonomías indígenas. En Romero y Albó, Autonomías indígenas...,
2009, p. 56. Por otro lado, el Estatuto de la Autonomía Guaraní Charagua Iyambae vuelve
a enumerar una por una las competencias exclusivas, compartidas y concurrentes de las
que dispone (art. 50-53, Estatuto).
63. Tribunal Constitucional Plurinacional, Declaración Constitucional Plurinacional 9/2013,
27 de junio del 2013, p. 11.
120 64. Ibíd., p. 75.
65. Este concepto fue utilizado en almenos dos asambleas por un dirigente guaraní de
Charagua.
66. José Ledezma, “Autonomia Indígena Guaraní. El caso de Huacaya”. Urüpe, Revista
del Consejo Educativo del Pueblo Originario Guaraní, Territorio Guaraní, año 4, núm. 6,
diciembre 2011 .
67. Cameron, Identidades conflictuadas..., 2012, p. 5. 121
74. El articulo 16.II del Estatuto establece que “las zonas en la Autonomía Guaraní Cha-
ragua Iyambae son espacios territoriales administrativos conformados de acuerdo a la
estructura sociocultural de la población”. 125
Aguilar, G.; Lafosse, S.; Rojas, H.; Steward, R. “The Constitutional Recognition of
Indigenous Peoples in Latin America”, Pace International Law Review
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2012. 129
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130
132
RESUMEN
RESUM
ABSTRACT
Since the entry into force of the new Constitution (January 2009), Bolivia has
experienced important political and institutional transformations, marked
by the spotlight of indigenous peoples after decades of strong mobiliza-
tions. At, the heart of these transformations, the proclamation of Bolivia
as a “Plurinational State” and the extensive recognition of indigenous peo-
ples’ collective rights feature prominently. Among these rights, the right to
self-determination stands out, opening up the door to the establishment of
indigenous autonomy systems. However, even when the Bolivian Constitu-
tion is the most advanced of Latin America in the field of the recognition
of indigenous peoples’ collective rights, its implementation is facing many
challenges. This situation creates a significant gap between the formal model
of Plurinational State and the Plurinational State in practice, as it is attested
by the existence of multiple burocratic hurdles posed to the indigenous au-
tonomies prior to their full establishment. The long list of administrative
requirements illustrate the lack of political will of the State, despite the fact
that on 6 December 2009, 11 municipalites started the process of “conver-
sion” to the autonomy. In this context, the present paper gives an account of
the distance between the model and its implementation through an analysis
of the system of indigenous autonomies, which draws on the case study of
the Charagua Iyambae Guarani Autonomy and its new governance system.
134
135
3. Mutación constitucional entendida como “la modificación del contenido de las normas
constitucionales sin que haya un cambio en el texto constitucional por el procedimiento a
tal efecto previsto”, E. W. Böckenförde, “Anmerkungen zum Begriff Verfassungswandel”,
en Badura/Scholz (Hrsg.), Wege und Verfahren des Verfassungslebens, Festschrift für Peter
Lerche zum 65. Geburtstag, C. H. Beck, München, 1993, p. 6 ss.
4. Incluso aunque haya disminuido el apoyo al independentismo, en los últimos años
ha llegado a moverse en algunas CCAA históricas entre el 24% (País Vasco) y el 44%
(Cataluña) de la ciudadanía, lo que hace que esta expectativa sea cuando menos me-
recedora de análisis; cfr. Euskobarómetro de mayo de 2014 (http://www.ehu.eus/docu-
ments/1457190/1525260/EB+mayo+14+web.pdf), y Enquesta sobre context polític a Cata-
lunya del Centre d’Estudis d’Opinió de diciembre de 2014 (REO 760 http://ceo.gencat.cat/
ceop/AppJava/loadFile?fileId=23053&fileType=1). Sobre la evolución y el crecimiento de
la opción secesionista desde 2002, véase M. Grau, “Self-government reforms and public
support for Spain’s territorial model”, Revista d’Estudis Autonòmics i Federals, núm. 13,
2011, p. 200 ss.
5. Sin embargo, sensu contrario de lo dispuesto por la STC 42/2014, de 25 de marzo, FFJJ
3º.b)-4º, el derecho a decidir (como el incluido en la Declaración 5/X del Parlamento de
Cataluña de 23 de enero de 2013) solo equivaldría a autodeterminación, y por tanto sería
a día de hoy inconstitucional, si su desarrollo se encauzase fuera de los procedimientos de
reforma constitucional previstos pretendiendo el ejercicio de la soberanía para separarse
138 unilateralmente del resto del Estado español.
6. Como manifestación política concreta del intento de plasmar esta expectativa, recuér-
dese la Propuesta de Estatuto Político de la Comunidad de Euskadi (más conocida como
“Plan Ibarretxe”), que aprobó el pleno del Parlamento vasco el 30 de diciembre de 2004 y
decidió su envío al Congreso de los Diputados por mayoría absoluta, con 39 votos a favor
y 35 en contra, quien no obstante la rechazó el 1 de febrero de 2005. Fue igualmente
declarada inconstitucional, por la STC 103/2008 de 11 de septiembre, la Ley 9/2008, de
27 de junio, de convocatoria y regulación de una consulta popular al objeto de recabar
la opinión ciudadana en la Comunidad Autónoma del País Vasco sobre la apertura de un
proceso de negociación para alcanzar la paz y la normalización política.
También debe recordarse que el 23 de enero de 2013 el Parlamento de Cataluña aprobó
con 85 votos a favor, 41 en contra, 2 abstenciones y 5 diputados que se negaron a votar,
la “Declaración de soberanía y del derecho a decidir del pueblo de Cataluña”, aunque la
misma fuese declarada parcialmente inconstitucional por la STC 42/2014, de 23 de marzo.
7. Véase al respecto la STC 42/2014, de 25 de marzo, FJ 3º.
8. Reference Re Secession of Quebec, [1998] 2 S.C.R. 217.
9. En este mismo sentido, J. Rodríguez-Zapata Pérez, “Sobre el derecho de autodetermi-
nación y su compatibilidad con la Constitución”, Teoría y Realidad Constitucional, núm.
3, 1999, p. 107-108; en contra, R. Viciano Pastor, “El derecho de autodeterminación en
nuestra reciente vida constitucional: análisis y problemática”, Revista de Derecho Político,
núm. 34, 1991, p. 147-153, que se opone a esta interpretación negadora del derecho a la
secesión con base en el tenor literal de los artículos 1 de los pactos de derechos humanos
de las Naciones Unidas, que reconocen el derecho a la autodeterminación de “todos los
pueblos”, confundiendo, en nuestra opinión, el sujeto legitimado con el objeto y conte-
nido del derecho a la autodeterminación de los pueblos, que en unos casos se plasmará 139
16. En un sentido semejante, requiriendo diferenciar las distintas cuestiones que plantea
el análisis del derecho a la secesión, cfr. D. Weinstock, “Constitutionalizing the right to
secede”, The Journal of Political Philosophy, vol. 9, 2001, p. 182-183.
17. Cfr. K. Larenz, Das Problem der Rechtsgeltung (1929), Darmstadt, Wissenschaftliche
142 Buchgesellschaft, 1967, p. 26 ss.
18. Para un análisis del problema de la secesión en el ordenamiento español desde esa
perspectiva material, véase Ruipérez Alamillo, “La nueva reivindicación...”, 2013, p. 89 ss.
19. Sobre la positividad y la autorreferencialidad como características diferenciadoras
del sistema jurídico respecto de otros sistemas sociales, véase N. Luhmann, Das Recht der
Gesellschaft, Frankfurt a. M., Suhrkamp, 1993, p. 131 ss. Y sobre su aplicación a la CE de
1978, véase B. Aláez Corral, Los límites materiales a la reforma de la CE de 1978, Madrid,
Centro de Estudios Políticos y Constitucionales, 2000, p. 101-126.
20. Paradigmático ejemplo de esa forma de entender la democracia en torno a un sujeto
colectivo prejurídico es la de J. Isensee, “Abschied der Demokratie vom Demos. Aus-
länderwahlrecht als Identitätsfrage für Volk, Demokratie und Verfassung”, en Schwabe
(ed.), Staat, Kirche, Wissenschaft in einer pluralistischen Gesellschaft: Festschrift zum 65.
Geburtstag von Paul Mikat, Berlin, Duncker & Humblot, 1989, p. 705 ss. 143
previstos por el propio sistema jurídico).21 Por tanto, dado que el prin-
cipio democrático existe por y para la preservación de la existencia
diferenciada del sistema jurídico, no puede identificarse con la simple
regla de la mayoría, ni puede ser insensible a la potencialidad de los
incumplimientos de la legalidad por parte de una minoría mayori-
taria en una colectividad territorial determinada. Es preciso buscar
un equilibrio entre la imposición de la legalidad y que esa legalidad
trate de acomodar el máximo posible de expectativas minoritarias,
es decir, entre el gobierno de la mayoría y el respeto a las minorías. 22
La búsqueda de ese equilibrio se hace más perentoria, si cabe, si en el
territorio en el que se manifiesta esa expectativa colectiva de autode-
terminación late la idea de que ésta es mayoritaria en su población.
La soberanía políticamente hablando termina en el ejercicio de
la coacción, pero enmarcada en un sistema jurídico democrático debe
tratar de evitar llegar a ella cuando se trata de regular las expectativas
de autodeterminación de las colectividades con identidad territorial
que la componen y sustituirla por la fuerza de la razón surgida del
diálogo, la transacción y el pacto.23 Jurídicamente esto se traduce en
que un ordenamiento jurídico solo puede mantener su legitimidad
en sociedades altamente complejas, como las occidentales del siglo
xxi, si cuenta con los procedimientos normativos adecuados para dar
respuesta al reto que colectivamente y de forma institucional se pre-
sente contra su aplicabilidad general y su eficacia en un determinado
territorio. La imposición contramayoritaria de la eficacia del ordena-
miento en esa parte del territorio (utilizando la coacción estatal del
artículo 155 CE, con recurso incluso a las fuerzas armadas al amparo
del artículo 8 CE) es una alternativa que no garantiza la legitimidad
y, con ello, la estabilidad del propio ordenamiento,24 porque reprime
34. C. Sunstein, “Constitutionalism and secession”, The University of Chicago Law Review,
vol. 58, 1991, p. 634-635; también, aunque menos desarrollado, Sáiz Arnáiz, “Constitución
y secesión”, 2006-2007, p. 42.
35. Weinstock, “Constitutionalizing the right...”, 2001, p. 182 ss.
36. Un análisis detallado de los distintos tipos de chantajes (cínicos unos y realmente
explotables los otros) que podrían plantear las entidades territoriales a las que se re-
conociese un derecho de secesión y su superabilidad con una adecuada configuración
constitucional de dicho derecho puede verse en A. Shorten, “Constitutional Secession
148 Rights, Exit Threats and Multinational Democracy”, Political Studies, vol. 62, 2014, p. 99 ss.
así lo han venido a certificar las recientes STC 31/2015 y STC 32/2015,
de 25 de febrero, junto con la ya mencionada STC 42/2014, de 25 de
marzo.
El debate sobre una posible reforma constitucional que intro-
duzca una cláusula de secesión está íntimamente ligado al propio
concepto y función de la reforma, y a su vez al concepto y función de
la Constitución misma. Desde una caracterización formal-funcional
de la Constitución, que define su posición jerárquico-positiva supre-
ma a partir de la función que ésta cumple en el interior del sistema
jurídico, la reforma constitucional aparece como una consecuencia
estructural de éste que pretende desarrollar autorreferencialmente
su “positividad”, permitiendo interiorizar a través de procedimientos
jurídicamente reglados cualesquiera nuevas expectativas que surjan
en el entorno social, incluidas las que afectan a aspectos nucleares del
sistema constitucional, para así preservar su diferenciación funcional
respecto del resto de los sistemas sociales.41 La existencia diferenciada
del ordenamiento jurídico y su propia validez dependen en buena
medida de su grado de “positividad”, una de cuyas manifestaciones
es la inserción eficaz del sistema en el medio, y ésta requiere la insti-
tucionalización de la posibilidad de cambio,42 pues la misma pacifica el
proceso de garantía de expectativas encauzándolo a través del dere-
cho y domestica incluso el ejercicio del poder constituyente originario
o revolucionario43 sometiéndolo a reglas formales. Por ello, cualquier
contenido constitucional debería, en principio, poder ser objeto de
una reforma constitucional,44 consista esta en la adición, sustitución o
supresión de una, varias o todas las normas constitucionales.45
Para saber si una operación normativa dirigida a alterar el conte-
nido primario del código de validez del sistema jurídico, como podría
ser la constitucionalización de un procedimiento de secesión, puede
y/o debe discurrir por el cauce de la reforma constitucional, se requie-
41. Cfr. Aláez Corral, Los límites materiales..., 2000, p. 133 y ss.
42. Cfr. D. S. Lutz, “Toward a theory of constitutional amendment”, American Political
Science Review, vol. 88, 1994, p. 357.
43. Cfr. W. Dellinger, “The Legitimacy of Constitutional Change: Rethinking the Amend-
ment Process”, Harvard Law Review, vol. 97, 1983, p. 431.
44. Ya I. de Otto y Pardo, Derecho Constitucional. Sistema de fuentes, Ariel, Barcelona,
1987, p. 22.
45. Sobre los posibles contenidos de la reforma constitucional, véase la exhaustiva clasifi-
cación de K. Löwenstein, Erscheinungsformen der Verfassungsänderung, Aalen, Scientia
150 Verlag, 1968 (reimpresion de la edición de 1931), p. 110 ss.
46. Tal y como ha afirmado claramente nuestro Tribunal Constitucional en su DTC 1/2004,
de 1 de noviembre, FJ 4º.
47. Cfr. Luhmann, Das Recht..., 1993, p. 116. 151
48. Lo que no hay que confundir con los límites que se consideran inmanentes a unos
valores o principios constitucionales metapositivos, al margen de que se hallen plasma-
dos en el texto constitucional; al respecto de estos, véase Y. Roznai, “Unconstitutional
Constitutional Amendments — The Migration and Success of a Constitutional Idea”, The
American Journal Of Comparative Law, vol. 61, 2013, p. 670 ss.
49. En el ordenamiento español, véase J. Jiménez Campo, “Algunos problemas de inter-
pretación en torno al Título X de la Constitución”, Revista de Derecho Político, núm. 7,
1980, p. 95 ss.
50. J. R. Vile, “The Case against Implicit Limits on the Constitutional Amending Process”,
en Sanford Levinson (edit.), Responding to imperfection: the theory and practice of cons-
titutional amendment, Princeton, Princeton University Press, 1995, p. 201.
152 51. Véase Aláez Corral, Los límites materiales..., 2000, p. 246 ss.
52. Sobre el concepto de límite material a la reforma constitucional, cfr. Aláez Corral, Los
límites materiales..., 2000, p. 166 ss.
53. Véase el exhaustivo estudio de Roznai “Unconstitutional Constitutional...”, 2013, p.
665-670.
54. Cfr. Aláez Corral, Los límites materiales..., 2000, p. 211-221.
55. Es lo que H. L. A. Hart, The concept of law, Oxford, Clarendon Press, 1994, p. 149 ss.,
denomina “soberanía auto-comprensiva” (self-embracing omnipotence), por oposición
a la “soberanía continuada” (continuing omnipotence). Sobre la relación entre ambos
tipos de soberanía y su articulación con respecto a las cláusulas de reforma, véase Suber,
P., The paradox of self-amendment, New York, Peter Lang, 1990, p. 74 ss.
56. En favor de admitir la posibilidad de superar las cláusulas de intangibilidad a través de
una reforma constitucional en dos grados, uno primero para eliminar la cláusula de intan-
gibilidad y otro después para modificar el contenido afectado por la derogada cláusula de
intangibilidad, véase ya P. Biscaretti Di Ruffia, “Sui limiti della revisione costituzionale”,
Annali del Seminario Giuridico della Universita de Catania, vol. III, Napoli, 1949, p. 165.
57. Texas v White, 74 U.S. 700 (1869).
58. Sobre el derecho de secesión en los EEUU, véase J. de Miguel Bárcena, “Secesión y Cons-
titución en los Estados Unidos”, Cuadernos Manuel Giménez Abad, núm. 8, 2014, p. 20 ss.
59. Dillon v. Gloss, 256 U.S. 368 (1921). 153
60. N. Luhmann, “Positivität des Rechts als Voraussetzung einer modernen Gesellschaft“,
en Die Ausdifferenzierung des Rechts, Frankfurt a. M., Suhrkamp, 1981, p. 144-145.
61. Ver por todos, con base en un concepto (político) racional-normativo de Constitución,
J. Tajadura Tejada, “Referéndum en el País Vasco (Comentario a la STC 103/2008, de 11 de
154 septiembre)”, Teoría y Realidad Constitucional, núm. 23, 2009, p. 380-382.
73. STC 32/1981, de 2 de febrero, FJ 4º; STC 76/1988, de 26 de abril, FFJJ 4º y 5º, y STC
159/1993, de 6 de mayo, FJ 6º.
74. J. Corcuera Atienza, “La constitucionalización de los derechos históricos. Fueros y
autonomía”, Revista Española de Derecho Constitucional, núm. 11, 1984, p. 37-38.
75. Sobre esto, véase J. J. Solozábal Echavarria, “Problemas constitucionales de la au-
tonomía vasca”, Revista del Centro de Estudios Constitucionales, núm. 2, 1989, p. 124.
158 76. En un sentido semejante, Rodríguez-Zapata Pérez, Sobre el derecho..., 1999, p. 120.
86. Tal y como propuso el Consejo de Estado en su Informe sobre las modificaciones de
la Constitución, de febrero de 2006, p. 128 ss.
162 87. STC 42/2014, de 25 de marzo, FJ 3º.
88. En un sentido semejante respecto del poder de veto unilateral que algunas Consti-
tuciones federales pueden preservar a los Estados federados, G. Jellinek, Die Lehre von
den Staatenverbindungen, Berlin, Verlag von O. Haering, 1882, p. 272.
89. En un sentido diverso, Tosi, Secessione e Costituzione…, 2007, p. 308 ss.
90. Tal y como han puesto de relieve los procesos de consulta en Quebec y en Escocia. En
el primero, la Sec. 1.3 de la Clarity Act, Sc. 2000, c. 26, establece que la pregunta debe te-
ner por objeto reflejar una clara expresión de la voluntad de la población de una provincia
canadiense acerca de si esa provincia debe dejar de formar parte de Canadá y convertirse
en un Estado independiente. Por su parte, en el caso de Escocia, de conformidad con el
Agreement between the United Kingdom Government and the Scottish Government
on a referendum on independence for Scotland de 15 de octubre de 2012, la pregunta 163
del referéndum que tuvo lugar el 18 de septiembre de 2014 fue la de si Escocia debía
convertirse en un Estado independiente.
91. Sin perjuicio de que la cláusula de secesión, además de implicar el ejercicio del poder
constituyente-constituido para poner fin a la vigencia del ordenamiento del Estado matriz
en el territorio secesionado, implique como consecuencia fáctica –que no jurídica– la de
constituir la Grundnorm que fundamenta lógicamente el ejercicio del poder constitu-
yente originario que elabore la Constitución del nuevo Estado soberano, siempre que
como consecuencia de la secesión se produzca la exitosa constitución del mismo; cfr. Tosi,
Secessione e Costituzione…, 2007, p. 313 ss.
92. Sáiz Arnáiz, “Constitución y secesión”, 2006-2007, p. 50-51 ss.
164 93. Cfr. Aláez Corral, Los límites materiales..., 2000, p. 385 ss.
102. Cfr. S. Dion, “Why is secession difficult in well-established democracies? Lessons from
Quebec”, British Journal of Political Science, vol. 26, 1996, p. 269 ss.
103. Cfr. Weinstock, “Constitutionalizing the right...”, 2001, p. 196 ss.
104. Cfr. Norman, “Domesticating Secession”, 2003, p. 217-218. En sentido diverso, Suns-
tein, “Constitutionalism and secession”, 1991, p. 666 ss.
105. Como pone de relieve, por ejemplo, la experiencia de Quebec, en palabras de uno
de sus más cualificados observadores, S. Dion, “Un referéndum independentista es un
trauma para la sociedad”, El País, 11 de abril de 2013, http://internacional.elpais.com/
168 internacional/2013/04/11/actualidad/1365705035_291906.html.
110. Sobre esta función de la rigidez constitucional respecto del principio democrático,
véase I. de Otto y Pardo, Derecho constitucional..., 1987, p. 58 ss.
111. O al modo y manera que prevén algunos Estados federales para la reorganización de
sus entidades territoriales, como por ejemplo el artículo 29 de la Grundgesetz alemana
o el artículo 53 de la Constitución suiza. 171
115. En un sentido semejante, Tosi, Secessione e Costituzione…, 2007, p. 313 ss. 173
116. Otra cosa es que se quiera considerar al poder constituyente originario del naciente
Estado tras la secesión como sometido a límites implícitos derivados del derecho natural
o del derecho internacional de los derechos humanos. Más allá de las objeciones de dog-
mática jurídica que se han expresado en otro lugar (Aláez Corral, Los límites materiales...,
2000, p. 246 ss) no parece que sea posible su coerción eficaz sin la colaboración de las
instituciones de dicho Estado en formación: cfr. Y. Roznai, “The Theory And Practice Of
‘Supra-Constitutional’ Limits On Constitutional Amendments”, International and Com-
174 parative Law Quaterly, vol. 62, 2013, p. 557, 571 ss., 583 ss.
Referencias bibliográficas
Libros
117. Sobre los términos en los que la Unión Europea podría exigir el respeto a estos va-
lores democráticos, cfr. M. Medina Ortega, El derecho de secesión..., p. 97 ss.
118. Sobre los efectos de la secesión de territorios en el derecho de la Unión Europea,
véase A. Mangas Martín, “La secesión de territorios en un estado miembro: efectos en el
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176
Artículos de revista
Legislación
Jurisprudencia
Publicaciones electrónicas
180
RESUMEN
RESUM
debat territorial espanyol. La principal raó per a això rau en el bloqueig del
debat territorial en l'Estat pluriètnic espanyol i la visió del dret a la secessió
com un mecanisme que el mateix sistema jurídic pot introduir per reforçar
l'eficàcia normativa de la Constitució espanyola, amenaçada pels moviments
separatistes. Atès que la funció de la reforma constitucional és coadjuvar a
la preservació de l'existència diferenciada de l'ordenació jurídica, donant
via d'expressió jurídica a la voluntat del poder constituent originari sota la
forma de poder constituent-constituït, i a la vista sobretot que en el nostre
sistema legal no hi ha límits materials absoluts a la reforma de la Constitució
espanyola, i en particular a la unitat nacional, es podria introduir aquest dret
a la secessió a través del procediment agreujat de reforma constitucional de
l'art. 168. La hipotètica clàusula constitucional de secessió, que hauria d'estar
d'acord amb els principis estructurals que mantingui el sistema constitucio-
nal, tindrà per objecte canalitzar el dret a l'autodeterminació externa de les
entitats territorials en les quals s'organitza l'Estat espanyol, a dia d'avui les
comunitats autònomes, permetent-los, mitjançant la seva decisió unilateral,
posar fi a la vigència de la Constitució en el territori que inclouen. I s'articu-
larà a través d'un procediment amb dues fases decisives: una d'iniciativa per
majoria qualificada dels representants parlamentaris de les entitats territo-
rials que optin a la secessió, i una altra decisòria per majoria qualificada dels
electors de l'esmentada entitat territorial, separades per una fase intermèdia
de negociació de dos anys en la qual l'entitat territorial secessionista i l'Estat
matriu haurien de negociar la modificació del marc constitucional com a
alternativa per evitar la secessió, i els termes concrets de la secessió.
ABSTRACT
183
“Pot un poble canviar la seva constitució política quan vulgui? Sobre aquesta qüestió
s’han dit moltes coses, bones i dolentes. Crec que la millor resposta fa així: ‘Qui ho
impediria, si ja ha estat decidit?’”
Lichtenberg
2. Vg. Tomàs de Montagut, “Ruptura i transició a la democràcia com a font de dos tipus
de drets històrics compatibles per a Catalunya”, Autonomies. Revista Catalana de Dret
Públic, número especial sobre la STC 31/2010, 2010, p. 117.
3. En aquest sentit, és indiscutible que amb la Constitució de 1978 s’implanta i consolida
un Estat social i democràtic de dret, amb un projecte substantiu de descentralització po-
lítica, però, en qualsevol cas, no s’impugna la continuïtat històrica del règim franquista
–no hi ha un trencament explícit i terminant amb la legitimitat sorgida del 18 de juliol–,
ni la continuïtat institucional amb el règim anterior, que es personalitza en la figura del
cap de l’Estat –“símbol de la seva unitat i permanència”, d’acord amb l’article 56.1 CE,
que succeeix el cap de l’Estat anterior d’acord amb el que estableix l’article 6 de la Llei
de successió del cap de l’Estat i l’article 1 de la Llei 62/1969, de 22 de juliol, per la qual es
proveeix allò que afecta la successió del cap de l’Estat. Tot plegat no obsta en el canvi
substancial que suposa la Constitució de 1978 des del punt de vista del reconeixement dels
drets fonamentals, apel·lant a la millor tradició constitucional espanyola i, particularment,
a les constitucions de 1869 i 1931.
4. Carlos de Cabo Martín, a Pensamiento crítico, constitucionalismo crítico, Madrid, Trot-
ta, 2014, p. 87, subratlla el fet que les Corts escollides en les eleccions del 15 de juny de
1977 no tenien un mandat constituent clar, sinó que van assumir-lo per elles mateixes,
això sí, sempre des del respecte a la Llei per a la reforma política, amb la qual cosa de-
terminades qüestions essencials, com la forma de govern o l’estructura de les Corts van
quedar definides prèviament, i van condicionar el procés constituent de 1978, que, en
realitat, no només va ser una reforma del règim anterior en sentit formal, sinó també
materialment, ja que bona part de les decisions determinants havien estat preses amb
186 la Llei per a la reforma política.
5. La dualitat entre poble i nació que es troba tant en el preàmbul com en l’article 1.2
de la Constitució espanyola és, segons el meu criteri, fonamental per entendre la na-
turalesa del canvi polític produït el 1978 –això és, un canvi orgànic i axiològic, però no
un canvi substancial; el substrat constitucional és el mateix que en el règim anterior. És
cert, però, que, de la mateixa manera que s’ha tendit a deixar de banda la continuïtat
jurídica i institucional amb el règim anterior en la Transició, la literatura majoritària ha
tendit a difuminar la distinció entre poble i nació que es troba en la Constitució. Vg., per
exemple, Óscar Alzaga Villaamil, Ignacio Gutiérrez Gutiérrez, Jorge Rodríguez Zapata,
Derecho político español, según la Constitución de 1978 (I), Madrid, Centro de Estudios
Ramón Areces, 20013, p. 92.
6. En relació amb la idea del poble com a òrgan representatiu de la nació, vg. Olivier
Camy, Droit constitutionnel critique, París, L’Harmattan, 2007, p. 74. Podríem considerar,
d’acord amb aquesta idea i tot basant-nos en el preàmbul de la Constitució, que el poble
com a òrgan constitucional, del qual emanen la resta de poders constitucionals, deriva de
l’autèntic titular del poder constituent, el subjecte polític últim i fonament del sistema,
això és, la nació espanyola.
7. El reconeixement de la pluralitat de “nacionalitats i regions” és un element clau en la
Constitució de 1978, que trenca amb la tradició uniformista del constitucionalisme espa-
nyol des de la Constitució de 1812, només interrompuda amb la Constitució republicana
de 1931 –i, si es vol, amb el projecte de Constitució federal de 1873. Aquest uniformisme
pren com a matriu, des d’Argüelles, la tradició castellana, que ocupa tot l’espai simbòlic
de la definició de la nació, tant des d’un punt de vista cultural com a jurídic. Vg., en
aquest sentit, Miguel Ángel García Herrera, “Constitución de Cádiz y forma de Estado”,
a José Mª. Terradillos Basoco (coord.), La Constitución de 1812: Reflexiones jurídicas en la
víspera del Bicentenario, Cadis, Diputación de Cádiz, 2006, p. 32-33. En tot cas, aquesta
pulsió uniformista i la centralitat de l’element castellà no desapareixen en la Constitució
de 1978, que, al mateix temps que manté una visió política de la nació, lligada a la idea
de sobirania –única i, en aquest sentit, uniformista en el moment fonamental–, admet
concepcions associades a una nació cultural centrípeta i homogènia, com posa de manifest
Fernando Domínguez García, Más allá de la nación. La idea de España como “Nación de
naciones”, Barcelona, Fundació Rafael Campalans, 2006, p. 59. Aquesta idea uniformista
del fet polític ha estat present en la tradició iuspublicista espanyola des del segle xix , la
qual cosa ha condicionat el desplegament de l’Estat de les autonomies i, en particular, 187
amb la voluntat democràtica d’un determinat grup humà en un determinat moment, més
que no pas a la superació de situacions de submissió colonial. És difícil saber si aquesta
categoria s’ha de consolidar, tot i que s’adapta bastant bé a les necessitats d’autogovern
que impugnen les fronteres existents en societats democràtiques madures i garantistes,
en un marc postcolonial. En tot cas, la idea del dret a decidir ha emmarcat el procés polític
en el qual es troba immersa Catalunya en el moment present, particularment des que el
Parlament de Catalunya va proclamar-lo formalment en la seva Resolució 742/IX, sobre
l’orientació política general del Govern, adoptada el 27 de setembre de 2012. La primera
secció d’aquella resolució tenia la rúbrica “Dret a decidir” i es proclamava explícitament
que “[e]l Parlament de Catalunya expressa la necessitat que Catalunya faci el seu propi
camí i que el poble català pugui decidir lliurement i democràticament el seu futur col·
lectiu, per tal de garantir el progrés social, el desenvolupament econòmic, l’enfortiment
democràtic i el foment de la cultura i la llengua pròpies”. En relació amb això, vg. Joan
Ridao, “El derecho de Cataluña a decidir su futuro político colectivo. Las vías para su pro-
bable ejercicio”, E. Segarra (coord.), ¿Existe el derecho a decidir? Preguntas y respuestas
sobre el proceso abierto en Cataluña, Barcelona, Tibidado, 2014, p. 25-70.
11. Es tracta de la restauració de la Generalitat republicana en la persona del seu presi-
dent a l’exili, Josep Tarradellas, amb el Reial decret llei 41/1977, de 29 de setembre. Tot i
així, és cert que els termes en què es produeix tal restauració no permeten cap dubte en
relació amb l’encaix de la persona i la institució no pas en el seu marc originari, sinó en el
marc polític i constitucional del tardofranquisme, a partir del qual es gesta la Constitució
actual, de la qual derivarà l’Estatut de 1979, que no té cap punt de continuïtat amb el de
1932. En qualsevol cas, el Decret llei 41/1977 planteja problemes jurídics interessants, ja
que, d’una banda, deroga la Llei de 5 d’abril de 1938, on s’abolia l’Estatut de 1932 i se su-
primien les institucions catalanes, però, d’altra banda, no recupera la legalitat republicana
aplicable a Catalunya, tot i que reconeix el president de la Generalitat a l’exili. Aquest
reconeixement es fa d’una manera tortuosa, a través del seu nomenant per part del
president del Govern espanyol. En tot cas, el retorn del president Tarradellas, de resultes
de l’estratègia tant del Govern com de l’oposició democràtica estatal, va desencadenar
un procés d’emulació que va desembocar en el reconeixement generalitzat dels règims
anomenats de preautonomia arreu del territori espanyol (vg. Aja Fernández, “Igualdad
competencial...”, 1995, p. 73).
12. En aquest sentit, cal tenir en compte la lògica federal tant de la proclama del 14
d’abril de 1931 com de l’Estatut de Núria, en contraposició a la idea unitària de la Cons-
titució espanyola de 1931 que es projecta sobre l’Estatut de 1932, aquell que, finalment,
aproven les Corts republicanes, i que implica modificacions essencials en la proposta
catalana. Així, no hi ha diferència substancial des del punt de vista de la unitat del poder
constituent entre les constitucions de 1931 i 1978 –i, per tant, des del punt de vista de la
manca de reconeixement de Catalunya com a partícip. Sigui com sigui, la referència als
190 drets històrics continguda en la disposició addicional primera de la Constitució, els drets
Tot plegat determina els contorns del dret a decidir dels catalans
en relació amb el seu futur col·lectiu, ja que col·loca qualsevol decisió
incondicionada i autònoma fora del marc de la Constitució. Sobirania
i poder constituent són, en aquest context, realitats conceptuals in-
tercanviables.13 Caldria considerar la sobirania no tant com un poder
absolut, com ho havia estat tradicionalment, sinó com un poder polític
originari, el poder legítimament exercit per un subjecte polític que no
deu la seva existència a un altre subjecte polític.14 D’acord amb això,
en la Constitució de 1978 Catalunya no es configura com un subjecte
polític originari, en la mesura que proclama la sobirania del poble es-
panyol a l’article 1.1.15 Així doncs, qualsevol procés polític que parteixi
històrics als quals es refereix la disposició addicional primera són els dels territoris forals,
cosa que, segons el meu criteri, exclou Catalunya, que no és pas ni ha estat mai un territori
foral. Així ho va fer notar també el Tribunal Constitucional en la ja citada STC 31/2010,
de 28 de juny, FJ 10, en pronunciar-se sobre l’article 5 de l’Estatut d’autonomia de 2006.
Vg., en el mateix sentit, el Dictamen 269/2005 del Consell Consultiu, FJ 2.5. En contra, s’hi
van pronunciar els consellers Agustí Bassols, Jaume Vernet i Jaume Camps, en el seu vot
particular al dictamen esmentat, que consideren que els estats de la Corona d’Aragó van
ser titulars d’un règim foral, la qual cosa, segons la meva opinió, és incompatible amb la
seva pròpia naturalesa d’estats, ja que això significa que no gaudien d’una excepció a un
règim comú, sinó que en cadascun d’aquells territoris hi havia un sistema jurídic propi. És
significativa, en aquest sentit, la reserva dels civilistes catalans a l’hora d’utilitzar l’expres-
sió “foral” per referir-se al dret civil de Catalunya. Pel que fa a la doctrina iuspublicista,
s’ha manifestat majoritàriament en favor de l’abast limitat de la disposició addicional
primera als territoris històrics d’Àlaba, Biscaia, Guipúscoa i Navarra. En aquest sentit, vg.
Francisco Fernández Segado, “Disposición adicional primera. Los derechos históricos de
los territorios forales”, Ó. Alzaga Villaamil (dir.), Comentarios a la Constitución española
de 1978 (XII), Madrid, Edersa, 1999, p. 515-609, i Alejandro Saiz Arnaiz, “Hecho diferencial
y reconocimiento nacional en el Estatuto de Autonomía”, Diversos autors, Estudios sobre
la reforma del Estatuto, Barcelona, Institut d’Estudis Autonòmics, 2004, p. 57.
13. Vg. Georges Burdeau, L’État, París, Points, 1970, p. 66.
14. Vg. Paolo Barile, Istituzioni di diritto pubblico, Padova, Cedam, 19916, p. 12.
15. Així ho subratlla el Tribunal Constitucional en la STC 42/2014, de 25 de març de 2014,
quan assenyala que en “el actual ordenamiento constitucional solo el pueblo español
es soberano, y lo es de manera exclusiva e indivisible, a ningún otro sujeto u órgano del
Estado o a ninguna fracción de ese pueblo puede un poder público atribuirle la cualidad
de soberano” (FJ 3). Això no obsta que el Parlament de Catalunya hagi manifestat en
diverses ocasions que el marc constitucional vigent no representava una renúncia per
part de la nació catalana a decidir el seu futur polític, fent referència al que podríem
considerar un poder constituent latent, que estaria en hivernació sota l’actual Constitu-
ció. Així, la Resolució del Parlament de Catalunya 98/III (12 de desembre de 1989), la 229/
III (aprovada el 1991 amb motiu dels processos de constitució de nous estats a l’Europa
postsoviètica), i l’aprovada l’1 d’octubre de 1998, en què el ple del Parlament de Catalu-
nya va proclamar per primer cop el dret a l’autodeterminació de Catalunya, amb motiu
del 50è aniversari de la Declaració Universal dels Drets Humans. Recentment, en relació
amb el procés polític al qual es refereix el treball present, cal anotar les resolucions 742/IX
(setembre 2012), ja citada, i 5/X (gener 2013), que va ser impugnada davant del Tribunal
Constitucional. Més enllà del caràcter discutible de la impugnació, en la mesura que no 191
crec que es pugui considerar una resolució en el sentit de l’article 161.2 CE i dels arts. 76 i
77 LOPG –en aquest sentit, partint del fet que “lo jurídico no se agota en lo vinculante”
i considerant la possibilitat de control parlamentari, que és el normal en el cas d’una
resolució aprovada pel Parlament, el Tribunal Constitucional admet el caràcter jurídic
i, en conseqüència, impugnable de l’acte parlamentari (STC 42/2014, de 25 de març de
2014, FJ 2)–, tot i que el considera constitucional, llevat d’allò que, significativament, fa
referència a la proclamació del poble de Catalunya com a “subjecte polític i jurídic sobirà”.
16. Vg. Pedro de Vega García, La reforma constitucional y la problemática del poder
constituyente, Madrid, Tecnos, 1985, p. 25. Així, “[t]he constitution is made by a pre-
constitutional or extra-constitutional entity (power) and constitution-making can be
revolutionary or state-creating (where there is no previous state whose constitution could
have been considered and the constituent is pre-constitutional)”. Vg. Claude Klein, András
Sajó, “Constitution-making: process and substance”, Michel Rosenfeld, András Sajó, The
Oxford Handbook of Comparative Constitutional Law, Oxford, Oxford University Press,
2012, p. 421-422.
17. Vg. De Cabo Martín, Pensamiento crítico..., 2014, p. 85.
18. Vg. Miguel Ángel García Herrera, “La reforma del Estado autonómico: la propuesta
del Plan Ibarretxe”, Vicente Garrido Mayol, (dir.); Alexandre H. Català i Bas, Ferran García
i Mengual (coords.), Modelo de Estado y reforma de los Estatutos, València, Fundación
192 Manuel Broseta, 2007, p. 402.
27. Vg. Alzaga Villaamil, Gutiérrez Gutiérrez, Rodríguez Zapata, Derecho político es-
pañol..., 2001, p. 171. Tot i això, és cert que els esmentats autors, unes pàgines més enda-
vant, matisen la seva oposició a un canvi constitucional “revolucionari”, tot reconeixent
que, en principi, seria possible la resistència pacífica encaminada a un canvi constitucio-
nal. Cal entendre, en aquest sentit, que això inclouria la manifestació majoritària d’una
voluntat política a través un procediment que en garantís la fiabilitat. 195
qual cosa significa que, més enllà del que preveu l’article 149.1.32 CE
en relació amb l’autorització, cal entendre que existeix una compe-
tència estatal en relació amb la seva regulació, d’acord amb els articles
149.1.1 i 81.1 CE.34
Tot i això, malgrat les limitacions de les comunitats autònomes
en relació amb l’ús del referèndum, l’existència dels referèndums locals
abonaria la possibilitat de referèndums d’àmbit autonòmic, convocats,
si es considera que les institucions autonòmiques no ho poden fer,
pel rei a proposta del president del Govern.35 Una altra possibilitat, és
clar, seria preveure la convocatòria de referèndums en les comunitats
autònomes per part de les seves mateixes autoritats, a través de la
referència corresponent en la Llei orgànica 2/1980 i l’aprovació d’una
llei ad hoc, que faria el paper de la Llei 7/1985, de 2 d’abril, reguladora
de les bases del règim local, en relació amb les consultes en l’àmbit
local. L’ús del referèndum en aquest context, però, ha d’afrontar dues
objeccions importants en relació amb el marc constitucional actual.
D’una banda, l’article 92 CE es refereix a “tots els ciutadans”.
Caldria escatir fins a quin punt això implica necessàriament una convo-
catòria de referèndum adreçada al conjunt del poble espanyol.36 Tot i
així, la literalitat de l’article 92.1 CE no impedeix de preveure i regular
expressament la figura del referèndum d’àmbit autonòmic convocat
pel rei mitjançant una llei diferent de la Llei orgànica 2/1980 –que es
34. Vg. STC 31/2015, de 25 de febrer, FJ 5. Aquesta competència s’hauria exercit mitjançant
la determinació del règim jurídic de la institució en la Llei orgànica 2/1980, de 18 de gener,
reguladora de les diferents modalitats de referèndum, que seria “la llamada por el art.
92.3 CE para regular las condiciones y el procedimiento de las distintas modalidades de
referéndum previstas en la Constitución, siendo además la única Ley constitucionalmen-
te adecuada para el cumplimiento de otra reserva, añadida a la competencial del art.
149.1.32 CE: la genérica del art. 81 CE para el desarrollo de los derechos fundamentales, en
este caso el derecho de participación política reconocido en el art. 23 CE” (STC 103/2008,
d’11 de setembre, FJ 3). D’acord amb això, la Generalitat no podria convocar per si mateixa
referèndums –perquè no en tindria la competència, ni hauria estat autoritzada a fer-ho
per la legislació estatal, com succeeix en el cas dels ens locals. Cal recordar en aquest punt
que la disposició addicional de la Llei orgànica 2/1980, de 18 de gener, sobre regulació
de les diferents modalitats de referèndum, es refereix a les consultes locals, però obvia
la possibilitat de consultes autonòmiques.
35. Vg. Carles Viver Pi-Sunyer i Gerard Martín i Alonso, “Informe sobre els procediments
legals a través dels quals els ciutadans i ciutadanes de Catalunya poden ser consultats
sobre el seu futur polític”, Tres informes de l’Institut d’Estudis Autonòmics sobre el pacte
fiscal, les duplicitats i les consultes populars, Barcelona, Institut d’Estudis Autonòmics,
2013, p. 427-428.
36. Viver Pi-Sunyer, Martín i Alonso, a “Informe...”, 2013, p. 425, consideren que aquesta
era l’opinió majoritària de la literatura iusconstitucionalista abans que esclatés el procés
del dret a decidir a Catalunya. 199
37. La proposta d’introduir la figura del referèndum autonòmic, estenent les possibilitats
de l’article 92 CE més enllà del que explícitament preveu, es basaria en la manca d’una
prohibició constitucional i en l’existència de referèndums d’àmbit no estatal previstos en
lleis diferents de la referida per l’article 92.3 CE –els locals. Un resum sobre la construcció
d’aquesta proposta a la literatura recent a Castellà Andreu, “Democracia...”, 2013, p. 201ss.
38. “La cuestión que ha querido someterse a consulta [...] afecta (art. 2 CE) al fundamento
del orden constitucional vigente (en la medida en que supone la reconsideración de la
identidad y unidad del sujeto soberano o, cuando menos, de la relación que únicamente
la voluntad de este puede establecer entre el Estado y las Comunidades Autónomas) y
por ello solo puede ser objeto de consulta popular por vía del referéndum de revisión
constitucional. [...]. El respeto a la Constitución impone que los proyectos de revisión del
orden constituido, y especialmente de aquellos que afectan al fundamento de la identi-
dad del titular único de la soberanía, se sustancien abierta y directamente por la vía que
la Constitución ha previsto para esos fines. No caben actuaciones por otros cauces ni de
las Comunidades Autónomas ni de cualquier órgano del Estado, porque sobre todos está
siempre, expresada en la decisión constituyente, la voluntad del pueblo español, titular
exclusivo de la soberanía nacional, fundamento de la Constitución y origen de cualquier
poder político” (STC 103/2008, d’11 de setembre, FJ 4). Aquesta idea ha estat reiterada
recentment en la STC 138/2015, d’11 de juny, FJ 4, que resolia la impugnació del procés
participatiu del 9 de novembre de 2014 convocat per la Generalitat de Catalunya.
39. Vg. Iñaki Lasagabaster Herrarte, Consulta o referéndum. La necesidad de una nueva
200 reflexión jurídica sobre la idea de democracia, Bilbao, Lete, 2008, p. 158-159.
40. Castellà Andreu, a “Democracia...”, 2013, p. 179, defensa amb bon criteri que, en les
democràcies representatives, són justament les grans decisions les que es remeten a la
ciutadania, particularment aquelles que tenen a veure amb la determinació de l’abast
territorial del poder i les interseccions de poders concurrents –moment constituent, re-
forma constitucional, integració supranacional, descentralització política.
41. Castellà Andreu, a “Democracia...”, 2013, p. 206, assenyala que, en definitiva, la pre-
tesa consulta seria realment un referèndum, en la mesura que apel·la al cos electoral.
Ara bé, el fet de no utilitzar el procediment electoral obre la possibilitat de diferenciar
aquesta figura de la del referèndum des d’un punt de vista formal (STC 31/2015, de 25
de febrer, FJ 7). 201
42. Vg. la STC 31/2015, de 25 de febrer, FJ 8. Continua dient el Tribunal que “[e]n ese cu-
erpo electoral sui generis (art. 5.1) está sin duda comprendido o integrado el electorado,
estatutario y legal, de Cataluña (art. 56.3 EAC y art. 2 de la Ley Orgánica del régimen
electoral general: LOREG). Por ello, y aun cuando una determinada consulta general se
acotara, exclusivamente, a las ‘personas legitimadas’ que dice el art. 5.1 a), estaría siendo
convocado a las urnas el cuerpo electoral de Cataluña, o de la correspondiente entidad
local, aunque no solo él. Se llamaría a votar, en otras palabras, a un singular electorado:
al que lo es conforme al Estatuto de Autonomía de Cataluña y a la LOREG, desde luego,
aunque acrecido por las incorporaciones personales que esta Ley dispone”. D’això conclou
que “[e]s, por tanto, un llamamiento a un cuerpo electoral más amplio que el configurado
por la legislación electoral general, pero que no por ello deja de ser una verdadera ape-
llatio ad populum. La circunstancia de que la consulta pueda extenderse a menores de
dieciocho años y a los nacionales de Estados miembros de la Unión Europea o de terceros
Estados no obsta para que sus resultados sean imputables al parecer de la ciudadanía de
la Comunidad Autónoma y considerarse expresivos de su voluntad general en relación
con los asuntos que se les planteen en cada caso”.
202 43. Dades oficials: http://www.participa2014.cat/ (última visita: 14 de gener de 2015).
bloqueig sine die de la qüestió per part del Govern de l’Estat, la qual
cosa no sembla gaire saludable des del punt de vista democràtic.
En aquest escenari de bloqueig, s’ha plantejat l’alternativa d’unes
eleccions que constitueixin una manifestació definida i fiable de l’exis-
tència (si és el cas) d’una voluntat constituent per part del poble de Ca-
talunya. És el que s’ha qualificat com a “eleccions plebiscitàries”. Atès
que no es poden convocar unes eleccions “plebiscitàries” d’una manera
diferent a unes eleccions “normals”, el que converteix unes eleccions
en “plebiscitàries” no és pas la convocatòria, ni el procés electoral, ni
la normativa que s’hi aplica, sinó el fet que l’opinió pública reconegui
que el resultat electoral no es tradueix només en una determinada
composició de l’òrgan que s’escull, en aquest cas, el Parlament de
Catalunya, sinó que representa també la manifestació d’una voluntat
constituent. És el reconeixement “polític”, no pas el procediment “ju-
rídic”, allò que és rellevant en aquest cas.
Partint d’aquí, unes eleccions “plebiscitàries” consisteixen en
unes eleccions en què algunes de les forces polítiques que hi concor-
ren es comprometen davant de l’electorat a fer efectiva una voluntat
constituent, en el nostre cas, a fer efectiva, a través del procés que
escaigui, la voluntat de secessió i, en conseqüència, la constitució d’un
nou estat. En tot cas, no seria necessari que tots els concurrents a les
eleccions es posicionessin en relació amb la qüestió, ja que el que
comptaria seria el resultat dels que sí que ho fessin, si bé és cert que
un posicionament clar, en aquest sentit, per part d’un nombre signi-
ficatiu de forces polítiques faria difícil evitar el debat per a les altres,
tot i que, d’altra banda, les forces polítiques favorables a la condició
plebiscitària de les eleccions no podrien evitar que altres debats es
barregessin amb la qüestió constituent, de manera que la condició
“plebiscitària” seria sempre volàtil.
En la situació present a Catalunya, l’avantatge d’unes eleccions
convocades en aquests termes, des del punt de vista de la dilucidació
de la qüestió constituent, és que la crida a la participació seria inequ-
ívoca i, per tant, no es donarien els dèficits de reconeixement de la
consulta/procés participatiu del 9 de novembre de 2014. D’altra banda,
el Govern espanyol difícilment podria impedir-les. D’una banda, entenc
que no es podria impedir la concurrència de les forces polítiques que
defensessin la secessió en un procés electoral.44 Tampoc es podria exigir
procés i que tenen la responsabilitat de donar una resposta al problema polític plantejat
(In the matter of Section 53 of the Supreme Court Act, R.S.C. 1985, Chap. S-26; And in the
matter of a Reference by the Governor in Council concerning certain questions relating
to the secession of Quebec from Canada, as set out in Order in Council P.C. 1996-1947,
dated the 30th day of September, 1996 [1998] 2 S.C.R. 217). En alguns casos, la majoria en
qüestió es fixa més enllà de la majoria absoluta, com hauria estat el cas de Montenegro,
on la majoria exigida per a la secessió d’acord amb les regles fixades per la Unió Europea i
aprovades pel Parlament de Montenegro va ser del 55%. Vg. Susanna Mancini, “Secession
and Self-determination”, Rosenfeld, Sajó, The Oxford Handbook..., 2012, p. 492
48. Es tractaria efectivament d’un procés en el qual la decisió derivada del referèndum,
consulta o eleccions “plebiscitàries” seria una decisió desconstituent, a partir de la qual
el subjecte constituent emergent iniciaria el seu camí per dotar-se d’una decisió. No hi
hauria, per tant, un moment constituent, sinó, més aviat, un procés constituent. Vg., en
aquest sentit, Klein, Sajó, “Constitution-making...”, p. 423.
49. Entenc que el jurista i, particularment, el iusconstitucionalista ha d’actuar com a in-
tèrpret i coadjuvant del consens social, per intentar oferir una resposta satisfactòria que
els actors d’un conflicte puguin reconèixer com a vàlida a l’hora de resoldre’l. En aquest
sentit, el dret constitucional seria el consens bàsic que serveix per resoldre els conflictes
més profunds en una determinada societat, la qual cosa implicaria que en ocasions com
la que ens ocupa el dret constitucional hauria de situar-se més enllà d’una determinada
constitució formal i no, simplement, desaparèixer. Per a la idea del dret constitucional
com a elaboració permanent de consensos bàsics, vg. Peter Häberle, Verdad y Estado
constitucional, Mèxic DF, UNAM, 2006 (versió castellana de G. J. Mañón Garibay), p. 148.
En relació amb la consideració del dret, en general, com a consens social sobre l’haver
d’ésser de l’acció humana, vg. Burdeau, L’État, 1970, p. 59. 205
50. En aquest sentit, caldria considerar que aquest tipus de resposta implica una escis-
sió entre normativitat i consens social que acaba per privar el dret (positiu) de la seva
capacitat d’interpel·lar vàlidament la societat i acaba corroint la mateixa normativitat.
Vg., amb relació a la importància de la sintonia entre normativitat i convenciment de la
societat, Rainer Arnold, “La contribución de los países de la Europa central y oriental al
desarrollo de una cultura constitucional europea”, Francisco Balaguer Callejón (coord.),
Derecho constitucional y cultura. Estudios en homenaje a Peter Häberle, Madrid, Tecnos,
2004, p. 59. Com afirmen Viver Pi-Sunyer i Martín i Alonso a “Informe...”, 2013, p. 399,
“els juristes, fins i tot els que opten pels plantejaments més formalistes, han de partir
de l’existència d’aquest problema polític i de la seva innegable magnitud, permanència i
complexitat [tot referint-se a la voluntat majoritària de la societat catalana de decidir el
seu futur polític de manera incondicionada]”.
51. En aquest sentit, el Tribunal Suprem del Canadà, a l’hora de pronunciar-se sobre una
secessió eventual del Quebec, va considerar que “[...] a system of government cannot
survive through adherent to the law alone. A political system must also possess legiti-
macy, and in our political culture, that requires an interaction between the rule of law
and the democratic principle. The system must be capable of reflecting the aspirations
of the people” (Secession of Quebec from Canada cit.).
52. La legitimitat és fonamental per a l’exercici del poder polític, és el requisit imprescin-
dible perquè aquest estigui dotat d’una base sòlida, com assenyala José Juan González
Encinar, “La Constitución y su reforma”, Revista Española de Derecho Constitucional, 17,
1986, p. 355.
53. La funció legitimadora de la Constitució entenc que és crucial, tant per a la mateixa
Constitució com per a l’organització política que depèn d’ella, ja que, de fet, l’assegura-
ment del poder es fa a través de la convicció majoritària de la població en relació amb la
seva legitimitat. En definitiva, l’ordre polític apel·la a un fonament legítim que invoca la
lleialtat de la comunitat política concernida. D’aquesta manera, la funció legitimadora de
la Constitució és fonamental per a l’estabilització del sistema i per garantir la interrelació
entre sistema institucional i comunitat política, tot fent possible la reproducció social
d’aquesta. Vg., en aquest sentit, Ralph Alexander Lorz, “The Emergence of European
Constitutional Law”, Eibe Riedel, Rüdiger Wolfrum (eds.), Recent Trends in German and
European Constitutional Law, Berlín-Heidelberg-Nova York, Springer, 2006, p. 47. Quan
206 aquesta legitimació s’erosiona fins al punt de perdre capacitat d’interpel·lació a la socie-
tat a la qual s’adreça, sembla evident que cal superar un marc constitucional esdevingut
caduc i construir-ne un de nou, ajustat a les noves necessitats de la comunitat política
concernida.
54. El conflicte entre el principi de constitucionalitat i el principi democràtic és un dels
elements centrals de la reflexió iusconstitucionalista, si no el més important. Vg., per a
tots, Víctor Ferreres Comella, “Justicia constitucional y democracia”, Carbonell, Teoría de
la Constitución, 2005, p. 247-248.
55. Stephen Holmes, a “Precommitment and the paradox of democracy”, Jon Elster, Rune
Slagstad (eds.), Constitution and Democracy, Cambridge, Cambridge University Press,
1988, p. 197, assenyala que “[t]he existence of an irreconciliable ‘tension’ between cons-
titutionalism and democracy is one of the core myths of moder political thought”, per
proposar, més endavant, que, en realitat, democràcia i constitucionalisme es reforcen
mútuament, en la mesura que la constitució normativa permet salvar la mateixa demo-
cràcia. No es pot negligir aquesta observació. En el nostre cas, tanmateix, la salvaguarda
de la Constitució normativa esdevé un obstacle per al desenvolupament democràtic i,
fins i tot, per a la mateixa virtualitat de l’estat de dret substancial quan bloqueja l’emer-
gència d’un subjecte polític legítim, i nega així el mateix desplegament del seu programa
substantiu a través de la defensa aferrissada de l’aplicació del seu text allà on ha deixat
de tenir suport social suficient. 207
plenitud.58 Com diu el Tribunal Suprem del Canadà, les normes consti-
tucionals no han de ser utilitzades per frustrar “the will of a majority
which must be consulted in order to alter the fundamental balances
of political power”.59
Una interpretació integrativa i teleològica de la Constitució espa-
nyola exigeix, segons el meu criteri, prioritzar els valors fonamentals
que la sostenen, més que la identitat del subjecte polític que la crea,
de manera que els instruments de defensa de la Constitució haurien
d’interpretar-se restrictivament en la mesura que els drets fonamen-
tals, els valors superiors o l’existència d’Espanya com a comunitat polí-
tica fossin amenaçats, la qual cosa no és el cas d’una secessió eventual
de Catalunya, que no impugna la continuïtat d’Espanya com a subjecte
polític, sinó que només en modifica l’abast.60 Així, entenc que, en la
mesura que el principi de constitucionalitat està adreçat protegir la
llibertat contra el totalitarisme, no ha d’utilitzar-se per impedir les
manifestacions de llibertat i democràcia.
Per aquest motiu, considero que la utilització dels articles 155
o 116.3 CE per impedir la determinació o la realització de la voluntat
política dels ciutadans i ciutadanes de Catalunya, tot i formalment
correcta, seria incompatible amb la mateixa essència axiològica de la
Constitució espanyola.61 En definitiva, la resposta constitucionalment
correcta seria admetre la legitimitat de la voluntat democràtica de
62. En un sentit anàleg, vg. Hèctor López Bofill, “L’evolució jurídica cap a un estat pro-
pi”, Autonomies. Revista Catalana de Dret Públic, número especial sobre la STC 31/2010,
2010, p. 479.
63. Vg. Alan Patten, “Democratic Secession from a Multinational State”, Ethics, 112, 2002,
p. 562-563. Subsegüentment, el mateix autor exigeix una mancança en el reconeixement
de la comunitat política emergent en el context constitucional de partida. Per raons
d’espai, no em puc ocupar aquí d’això, però crec que pot construir-se una argumentació
plausible en relació amb això justament a partir de la STC 31/2010, de 28 de juny, que és la
que, en la meva opinió, provoca el moviment de la centralitat del catalanisme des del re-
formisme (centrat en Espanya en el seu conjunt) al secessionisme (la pretensió de construir
un estat català independent). L’estat, en les seves decisions fonamentals, que impliquen el
text de la Constitució, però també la interpretació que en fa el màxim intèrpret, això és,
el Tribunal Constitucional, mitjançant una sèrie argumentativa que reposa en la defensa
d’una substància política forta de la identitat pretesament compartida que banalitza i
erosiona les identitats subestatals, particularment aquelles sostingudes com a fortes per
als que s’hi identifiquen, desequilibrat fins a un punt inadmissible l’equilibri identitari en
el sistema. La comprensió de la nació espanyola com a únic subjecte polític que deriva del
text de la Constitució és fonamental a l’hora d’entendre el pronunciament del Tribunal
Constitucional en la STC 31/2010, de 28 de juny, i posterga desproporcionadament i de
210 manera injustificada la naturalesa peculiar amb relació a la seva pluralitat intrínseca que
6. Recapitulació
212 67. Una vegada més, vg. Secession of Quebec from Canada cit.
7. Referències
214
216
RESUM
RESUMEN
ABSTRACT
218
1. Introducción
1. No es este trabajo, por su concreta temática, el lugar adecuado para efectuar una
amplia crítica de este infundado y desacertado planteamiento. Esta se puede encontrar,
entre otros muchos estudios, en Marcos Almeida Cerreda, “La reforma de la planta, es-
tructura competencial, organización y articulación de la Administración local”, en Juan
José Díez Sánchez (coord.), La planta del Gobierno local, Madrid, FDGL-AEPDA, 2013 y en
la bibliografía citada en él.
2. Sobre este tipo de competencias y, en general, sobre la taxonomía de las funciones
municipales tras la LRSAL, vid. Marcos Almeida Cerreda, “La redelimitación de las com-
petencias de los Municipios en materia de educación, sanidad, salud y servicios sociales y
su transferencia parcial a las Comunidades Autónomas”, en Tomás Quintana López (dir.),
La reforma del régimen local, Valencia, Tirant lo Blanch, 2014, p. 115 y ss.
3. Dado que esta es la perspectiva con la que se aborda el objeto del presente estudio,
lógicamente en él no se investigan los conflictos normativos que, como resultado de la
reforma operada por la LRSAL, en ocasiones se puedan producir en el seno de los ordena-
mientos autonómicos, entre las disposiciones de los respectivos Estatutos de autonomía
y las leyes autonómicas, reforzadas o no, y/o entre estos dos últimos tipos de normas, en
aquellos sistemas donde existan. Respecto de esta compleja problemática, en consecuen-
cia, en el presente trabajo tan solo se indica su eventual verificación y, específicamente,
se reenvía para su análisis a solventes obras especializadas. 221
8. En relación con las materias citadas, se debe indicar que este precepto también con-
figuraba como servicios obligatorios: en todos los municipios, cementerio, recogida de
residuos, limpieza viaria, abastecimiento domiciliario de agua potable y alcantarillado
(artículo 26.1.a de la LBRL); en los municipios con población superior a 5.000 habitantes,
además, mercado y tratamiento de residuos (artículo 26.1.b de la LBRL), y en los munici-
pios con población superior a 50.000 habitantes, también protección del medio ambiente
224 (artículo 26.1.d de la LBRL).
9. Hay que señalar aquí, además, por una parte, que la nueva dicción del artículo 26 de la
LBRL ya no impone como servicio obligatorio en los municipios de más de 5.000 habitantes
el servicio de mercado, y, por otra parte, que, consecuentemente, la modificación del
artículo 86 de la antedicha norma borra del catálogo de actividades esenciales reservadas
a las entidades locales el servicio de mercados y lonjas centrales.
10. Respecto de las materias antes mencionadas, se debe poner de manifiesto que esta
norma configura como servicios obligatorios: en todos los municipios, cementerio, reco-
gida de residuos, limpieza viaria, abastecimiento domiciliario de agua potable y alcanta-
rillado (artículo 26.1.a de la LBRL); en los municipios con población superior a 5.000 habi-
tantes, además, tratamiento de residuos (artículo 26.1.b de la LBRL), y en los municipios
con población superior a 50.000 habitantes, también medio ambiente urbano (artículo
26.1.d de la LBRL).
11. Se debe destacar, asimismo, que, en coherencia con esta supresión, la nueva redacción
del artículo 86 de la LBRL excluye del índice de prestaciones esenciales reservadas a las
entidades locales el servicio de matadero. 225
15. Dicho catálogo, y una concisa explicación sobre sus objetivos y metodología de elabora-
ción, se puede encontrar en: https://www.msssi.gob.es/ssi/familiasInfancia/inclusionSocial/
servicios Sociales/Catalogo_Servicios_Sociales/home.htm (consultado en enero de 2015).
16. Vid. Marcos Almeida Cerreda, “Las competencias de los municipios en materia de
servicios sociales”, en Santiago Muñoz Machado (dir.), Tratado de derecho municipal,
tomo III, 3ª ed., Madrid, Iustel, 2011, p. 2714-2716.
17. Estos son aquellos que el Catálogo de Referencia de Servicios Sociales configura
como una “puerta de entrada para los diferentes recursos del propio Sistema Público de
Servicios Sociales y para la orientación y derivación, en su caso, hacia otras prestaciones
y recursos de otros sistemas de protección social”.
18. Se trata de los servicios que, según el Catálogo de Referencia de Servicios So-
ciales, se dirigen a “grupos de población que, por sus singulares características o su
situación de vulnerabilidad, son susceptibles de una atención diferenciada: personas
con discapacidad (física u orgánica, sensorial, intelectual, o por enfermedad mental);
personas mayores; personas en situación de dependencia; víctimas de violencia de
género; víctimas de violencia doméstica; personas sin hogar; menores en situación
de riesgo o desprotección; mujeres en situación o riesgo de exclusión social; jóvenes
en situación o riesgo de exclusión social; personas inmigrantes; minorías étnicas, y
personas con adicciones”. 227
19. No se debe dar a este término el sentido de urgente, ya que inmediatez y ur-
gencia son, de acuerdo con la Real Academia Española de la Lengua, dos conceptos
diferentes.
20. Cfr.: Evaluación de la afectación de la Ley 27/2013, de racionalización y sostenibilidad
de la Administración Local, a los servicios prestados por el Ayuntamiento de Zaragoza
(https://www.zaragoza.es/cont/paginas/noticias/rsal.pdf, consultado en diciembre de
228 2014).
Con la enmienda del punto 3º21 y la adición de los párrafos 4º22 y 5º23 al
artículo 25 de la LBRL, la LRSAL instaura la necesidad de que, en todo
21. El nuevo tenor literal del artículo 25.3 de la LBRL establece: “Las competencias mu-
nicipales en las materias enunciadas en este artículo se determinarán por Ley debiendo
evaluar la conveniencia de la implantación de servicios locales conforme a los principios
de descentralización, eficiencia, estabilidad y sostenibilidad financiera”, frente a la ante-
rior redacción de este precepto, que disponía: “Solo la Ley determina las competencias
municipales en las materias enunciadas en este artículo, de conformidad con los princi-
pios establecidos en el artículo 2 [descentralización y máxima proximidad de la gestión
administrativa a los ciudadanos]”. En definitiva, como se puede apreciar, se introducen
como parámetros para la atribución de funciones los principios de eficiencia, estabilidad
y sostenibilidad financiera, y se elimina de entre los mismos el principio de máxima proxi-
midad de la gestión administrativa a los ciudadanos.
22. Este artículo 25.4 de la LBRL preceptúa: “La Ley a que se refiere el apartado ante-
rior deberá ir acompañada de una memoria económica que refleje el impacto sobre los
recursos financieros de las Administraciones Públicas afectadas y el cumplimiento de los
principios de estabilidad, sostenibilidad financiera y eficiencia del servicio o la actividad.
La Ley debe prever la dotación de los recursos necesarios para asegurar la suficiencia fi-
nanciera de las Entidades Locales sin que ello pueda conllevar, en ningún caso, un mayor
gasto de las Administraciones Públicas.
”Los proyectos de leyes estatales se acompañarán de un informe del Ministerio de Ha-
cienda y Administraciones Públicas en el que se acrediten los criterios antes señalados”.
23. El nuevo artículo 25.5 de la LBRL ordena: “La Ley determinará la competencia muni-
cipal propia de que se trate, garantizando que no se produce una atribución simultánea
de la misma competencia a otra Administración Pública”. 229
24. En principio, dado el tenor literal de estos preceptos, podría parecer que las disposicio-
nes contenidas en los apartados 3º, 4º y 5º del artículo 25 de la LBRL son solo de aplicación
a la atribución de competencias propias necesarias –que son aquellas que el legislador
estatal o autonómico confiere a los municipios en alguna de las materias en las que el ar-
tículo 25.2 de la LBRL establece que estos indefectiblemente han de tener facultades–; no
obstante, si se lleva a cabo una interpretación sistemática, poniendo en relación el citado
artículo 25 y el artículo 7 de la LBRL, resulta evidente que las mismas han de emplearse
también en la asignación específica de competencias propias suplementarias –que son,
por el contrario, aquellas otras que los citados legisladores otorgan a los Ayuntamientos
en asuntos distintos de los contenidos en el antedicho artículo 25.2 de la LBRL–, esto es,
de las que no traigan causa, por ejemplo, en una cláusula general de competencias. Esta
es la única conclusión lógica posible, pues no tendría sentido el sujetar a rígidos requisitos
la concesión de funciones en sectores donde el legislador básico considera que hay un
fuerte interés local y no exigir el cumplimiento de tales requerimientos en la asignación
de facultades por los legisladores sectoriales en otros ámbitos donde no existe tal interés.
En contra de esta interpretación sistemática y a favor de una exégesis literal, vid. José
Ignacio Morillo-Velarde Pérez, “Las competencias de las entidades locales”, en Tomás
Quintana López (dir.), La reforma del régimen local, Valencia, Tirant lo Blanch, 2014, p.
89, y Luis Míguez Macho, “Las competencias locales tras la Ley de Racionalización y Sos-
tenibilidad de la Administración Local”, REGAP, n. 47, 2014, p. 171.
En particular, sobre el concreto régimen jurídico de cada uno de ambos subtipos de
competencias, vid.: Marcos Almeida Cerreda, “La redelimitación de las competencias...”,
2014, p. 115-118.
25. Sin perjuicio, obviamente, de la vigencia y aplicabilidad, en este campo, de los prin-
cipios contenidos en el artículo 2 de la LBRL.
26. Acertadamente, José Ignacio Morillo-Velarde Pérez reprueba esta genérica prohi-
bición de incremento del gasto público, señalando: “Este aspecto me parece criticable
en tanto que puede suponer una injerencia en la política financiera de la Comunidad
Autónoma, que puede ver conveniente un aumento de gasto por razones que sea lícito
apreciar. Hay, pues, un exceso de economicismo injustificable […]” (“Las competencias
230 de las entidades locales”, 2014, p. 87)”.
27. Sobre esta exigencia, Francisco Toscano Gil precisa: “Lo único, pues, que puede ga-
rantizar la Ley que determina la competencia municipal es la no atribución al mismo
tiempo, esto es, simultánea, como dice el precepto, por esa misma Ley, de la competencia
a otra Administración Pública distinta de la municipal. Pero lo que no puede impedir en
ningún caso, de futuro, es que una Ley posterior atribuya esta misma competencia a otra
Administración. El precepto no le pide lo que sabe que no puede hacer, pero, siendo esto
así, la garantía establecida tiene muy poca, o más bien ninguna, virtualidad (‘El nuevo
sistema de competencias municipales tras la Ley de racionalización y sostenibilidad de la
Administración local: competencias propias, competencias distintas de las propias y de
las atribuidas por delegación’, REDA, n. 165, 2014, p. 305)”.
28. Esta afirmación deriva de la posición ordinamental que en la actualidad se le reco-
noce a la LBRL. Así, en un primer momento, por lo que respecta a la naturaleza de la
relación que existía entre dicha Ley y las demás leyes estatales, la doctrina se dividió en
dos bloques: por una parte, se hallaban aquellos autores para los cuales la LBRL era una
ley más, una ley básica que podía ser modificada por cualquier otra ley básica (Jesús Le-
guina Villa, “La autonomía de municipios y provincias en la nueva Ley Básica de Régimen
Local”, REALA, n. 227, 1985, p. 435, o Josep Mir i Bagó, El sistema español de competencias
locales, Madrid, Marcial Pons, 1991, p. 300), y por otra parte se encontraban aquellos otros
autores para los cuales la LBRL tenía una posición cualificada en nuestro ordenamiento
que la hacía inmune a otras leyes estatales (Luciano Parejo Alfonso, Derecho Básico de
la Administración Local, Ariel, Barcelona, 1988, p. 186; Luis Ortega Álvarez, El régimen
constitucional de las competencias locales, Instituto Nacional de Administración Pública,
Madrid, 1988, p. 60-68; Antonio Jiménez Blanco, Manual de Derecho Administrativo, Lu-
ciano Parejo Alfonso (coord.), Barcelona, Ariel, 1990, p. 207-208. Esta tesis fue formulada
originalmente por Rafael Gómez-Ferrer Morant, “Relaciones entre Leyes: competencia,
jerarquía y función constitucional”, RAP, n. 113, 1987, p. 7-38). 231
34. Como señalan Tomàs Font i Llovet y Alfredo Galán Galán, la introducción del nuevo
artículo 135 de la Constitución implica “una nueva y distinta interpretación del contenido
y alcance del reconocimiento y garantía constitucionales de la autonomía local [recogida
en el artículo 137 de la misma]”, lo que lleva a estos autores a afirmar la existencia de
una “mutación constitucional” (“La reordenación de las competencias municipales: ¿una
mutación constitucional?”, Anuario del Gobierno Local 2013, IDP-FDGL, 2014, p. 21). En
contra de la necesidad de realizar esta ponderación, vid.: María Antonia Arias Martínez,
“Las competencias locales...”, 2014, p. 397.
35. Así sucede en el artículo 26 de la LBRL. Vid. Luis Ortega Álvarez, “Las competencias
propias de las corporaciones locales”, en Santiago Muñoz Machado (dir.), Tratado de
Derecho Municipal, tomo I, 3ª ed., Madrid, Iustel, 2011, p. 433.
36. Así, entre otras, vid. las SSTC 32/1981, de 28 de julio; 76/1983, de 5 de agosto; 27/1987,
de 27 de febrero; 214/1989, de 21 de diciembre, y, más recientemente, 103/2013, de 25
de abril. 237
37. Sobre esta cuestión, relativa al valor y eficacia del incremento de la garantía de la
autonomía local en el ámbito autonómico, mediante la inclusión de preceptos ad hoc
en los Estatutos de autonomía y de la aprobación de leyes autonómicas reforzadas, vid.
238 Francisco Toscano Gil, “El nuevo sistema de competencias...“, 2014, p. 291-292.
38. Cfr. Tomàs Font i Llovet y Alfredo Galán Galán, “Racionalización y sostenibilidad de la
Administración local: ¿es esta la reforma?”, Anuario del Gobierno Local 2012, IDP-FDGL,
2013, p. 20.
39. Vid. SSTC 214/1989, de 21 de diciembre; 159/2001, de 5 de julio; 31/2010, de 28 de
junio, y 103/2013, de 25 de abril. Vid. Francisco Velasco Caballero, “Títulos competenciales
y garantía constitucional de autonomía local en la Ley de Racionalización y Sostenibilidad
de la Administración Local”, en Juan Alfonso Santamaría Pastor (coord.), La reforma de
2013 del régimen local español, 2ª ed., Madrid, Fundación Democracia y Gobierno Local,
2014, p. 91 y ss.
40. Sobre la escasa vinculación del legislador estatal sectorial a estas cláusulas –no así
de los autonómicos–, debido a la falta de especialidad de la posición ordinamental de la
LBRL, se remite a la nota 28 del presente estudio.
41. Como recuerda María José Alonso Mas, en el caso de Cataluña “[…] el TC declaró la
constitucionalidad del precepto; si bien realizó una declaración interpretativa, de la sen-
tencia se deduce que el Estatuto se superpone a las normas básicas estatales en cuanto
a la atribución al municipio de competencias en materias correspondientes al legislador
autonómico” (“Normas básicas sobre régimen local, estatutos de autonomía y normas
autonómicas de desarrollo”, en Manuel J. Domingo Zaballos (coord.), Reforma del Régi-
men Local, Aranzadi, Cizur Menor, 2014, p. 113-115). 239
42. Sobre el discutible valor de estas cláusulas frente al legislador autonómico sectorial,
vid. Alfredo Galán Galán, “Naturaleza de la Ley de régimen local de Andalucía y su rela-
ción con las Leyes autonómicas sectoriales”, Anuario del Gobierno Local 2009, Barcelona,
IDP-FDGL, 2010, p. 45-107.
43. Vid. Francisco Velasco Caballero, “Títulos competenciales y garantía constitucional...”,
2014, p. 92-93.
240 44. Cfr. nota 37 del presente trabajo, en la que se ha apuntado ya esta eventualidad.
45. Así, como señala la STC 103/2013, de 25 de abril: “Tal y como recordamos en las SSTC
32/1981, de 28 de julio, FJ 4; 76/1983, de 5 de agosto, FJ 19; 27/1987, de 27 de febrero, FJ
2; 214/1989, de 21 de diciembre, FJ 2, existe una conexión entre la garantía constitucional
de la autonomía local (arts. 137, 141 y 142 CE) y la competencia que ostenta el Estado
sobre ‘las bases del régimen jurídico de las Administraciones públicas’ (art. 149.1.18 CE),
de tal forma que debe ser el legislador estatal, con carácter general y para todo tipo de
materias, el que fije unos principios o bases relativos a los aspectos institucionales (orga-
nizativos y funcionales) y a las competencias locales, con cobertura en el art. 149.1.18 CE.
En aplicación de esta doctrina solo podría concluirse que la regulación estatal impugnada
excede del ámbito material de lo básico si no fuera necesaria para garantizar la autonomía
de los municipios […]”.
46. Cfr. nota 40 de este estudio.
47. En el FJ 3º de esta Sentencia, este alto tribunal afirma: “En contestación a las alega-
ciones de los recurrentes, cabe decir que el art. 2 de la LRBRL contiene dos previsiones
bien diferenciadas, aunque dirigidas a idéntico fin. Fin que no es otro que el de concretar
el alcance de la garantía constitucional de la autonomía local desde la perspectiva de las
competencias locales. La Ley se ajusta así, en principio, a la propia doctrina constitucional,
según la cual ‘la garantía constitucional (de la autonomía local) es de carácter general
y configuradora de un modelo de Estado’, correspondiendo al Estado ‘la fijación de
principios o criterios básicos en materia de organización y competencia’ de las Entidades
locales constitucionalmente necesarias.
”a) A esta idea responde el párrafo 1º. del art. 2:
”‘Para la efectividad de la autonomía garantizada constitucionalmente a las Entidades
locales, la legislación del Estado y de las Comunidades Autónomas reguladora de los dis-
tintos sectores de acción pública, según la distribución constitucional de competencias,
deberá asegurar a los Municipios, Provincias y las Islas su derecho a intervenir en cuantos
asuntos afecten directamente al círculo de sus intereses, atribuyéndoles las competencias
que proceda en atención a las características de la actividad pública de que se trate y a 241
49. Sobre la vinculación del legislador estatal sectorial a las disposiciones de la LBRL, se
remite, de nuevo, a la nota 28 del presente estudio.
50. En este sentido, vid.: Francisco Velasco Caballero, “Nuevo régimen de competencias
municipales...”, 2012, p. 48. 243
Así las cosas, dependerá de las decisiones que adopten los le-
gisladores sectoriales, estatal y autonómicos, el que, efectivamente,
se produzca, o no, una reducción de las competencias municipales.51
Por otra parte, para dar solución al segundo problema hay que
partir de la idea de que la enumeración contenida en el artículo 25.2
de la LBRL no constituye un elenco cerrado, sino un conjunto mínimo
de campos en los que, para garantizar una mínima autonomía local
común en todo el territorio del Estado, los Ayuntamientos han de
tener competencias propias, por lo que en consecuencia, como se ha
argumentado en el apartado precedente, tal elenco, naturalmente,
puede ser ampliado en el ámbito autonómico.52
Así pues, las normas de las Comunidades Autónomas que, a la
entrada en vigor de la LRSAL, preveían una cláusula de competencias
mínimas, comprensiva de un conjunto de ámbitos en los que era ne-
cesario atribuir intervención a los municipios, idéntico a la redacción
original de la LBRL o incluso más amplio, no entran en conflicto con
el nuevo artículo 25.2 de la citada Ley, siendo por ello plenamente
constitucionales.
51. En el caso del legislador estatal, se analizará más adelante si este, en el ámbito de sus
competencias, ha podido utilizar ya la LRSAL para reducir las facultades de los municipios.
52. Una exégesis literal de la nueva redacción de este artículo 25.2, como indica Francisco
Toscano Gil (“El nuevo sistema de competencias...”, 2014, p. 300), puede llevar fácilmente
a entender que la LRSAL ha establecido una cláusula de competencias máximas de los
municipios. No obstante, esta interpretación, que, incluso, es la que a priori puede parecer
más acorde con la voluntas legislatoris –y que ha sido avalada por el Consejo de Estado
(cfr. Francisco Velasco Caballero, “Títulos competenciales y garantía constitucional...”,
2014, p. 94)–, vulnera, sin duda alguna, la Constitución, por cuanto el Estado, al fijar una
cláusula máxima de competencias municipales, excedería de su competencia legislativa
básica en materia de régimen local (cfr. Tomàs Font i Llovet y Alfredo Galán Galán, “La
reordenación de las competencias...”, 2014, p. 40). En consecuencia, con el fin de evitar
una lectura inconstitucional del antedicho precepto, se debe realizar una interpretación
sistemática del mismo, poniéndolo en relación con el 2.1 (según el cual “la legislación del
Estado y la de las Comunidades Autónomas […] deberá asegurar a los Municipios […] su
derecho a intervenir en cuantos asuntos afecten directamente al círculo de sus intereses,
atribuyéndoles las competencias que proceda […]”), y teleológica, a la luz del principio
de autonomía local (el cual sirve, como se ha explicado, de fundamento a este precepto
básico estatal), de modo que se ha de entender que, en este caso, la voluntas legis es no
impedir a los legisladores autonómicos la posibilidad de ampliar esta cláusula de compe-
tencias, ni prohibir el otorgamiento por los mismos de facultades a los Ayuntamientos
en otros sectores no previstos en el antedicho artículo 25.2 de la LBRL. En este sentido,
se ha pronunciado también María José Alonso Mas, “El nuevo régimen de las competen-
cias municipales”, en Manuel J. Domingo Zaballos (coord.), Reforma del Régimen Local,
244 Aranzadi, Cizur Menor, 2014, p. 163-165.
53. Por las mismas razones, tampoco incurren en inconstitucionalidad las cláusulas de
competencias mínimas estatutarias que sean más amplias que la incluida en la legislación
básica estatal. En estos casos, como ha señalado el Tribunal Constitucional, en el FJ 37º
de su Sentencia 31/2010, de 28 de junio: “[…] el elenco competencial que el precepto
estatutario dispone que tiene que corresponder a los gobiernos locales en modo alguno
sustituye ni desplaza, sino que, en su caso, se superpone, a los principios o bases que dicte
el Estado sobre las competencias locales en el ejercicio de la competencia constitucional-
mente reservada por el art. 149.1.18 CE […]”.
54. Hipotéticamente, también cabría que se incrementase el número de sectores com-
prendidos en las mismas, pero en el contexto actual parece que esta posibilidad se halla
de forma exclusiva en el plano de la ciencia-ficción y no en el de la ciencia jurídica.
55. Vid. Francisco Velasco Caballero, “Títulos competenciales y garantía constitucional...”,
2014, p. 92 y 93.
56. Vid., entre otras muchas, las SSTC 4/1981, de 2 de febrero; 32/1981, de 28 de julio;
84/1982, de 23 de diciembre, o 214/1989, de 21 de diciembre.
Como demuestra Francisco Velasco Caballero, en concreto, el precepto supera el pertinen-
te juicio de recognoscibilidad. Vid. “Títulos competenciales y garantía constitucional...”,
2014, p. 95 y 96. 245
246
57. Este artículo 126, que regula la composición de los consejos escolares, preceptúa: “1.
El Consejo Escolar de los centros públicos estará compuesto por los siguientes miembros:
[…] c) Un concejal o representante del Ayuntamiento en cuyo término municipal se halle
radicado el centro”.
De acuerdo con las disposiciones finales quinta y séptima de esta norma, se trata de un
precepto básico y orgánico.
58. Esta disposición literalmente establece: “1. Las Corporaciones locales cooperarán
con las Administraciones educativas competentes, en el marco de lo establecido por la
legislación vigente y, en su caso, en los términos que se acuerden con ellas, en la creación,
construcción y mantenimiento de los centros públicos docentes, así como en la vigilancia
del cumplimiento de la escolaridad obligatoria.
”2. La creación de centros docentes públicos, cuyos titulares sean las Corporaciones lo-
cales, se realizará por convenio entre estas y la Administración educativa competente, al
objeto de su inclusión en la programación de la enseñanza a que se refiere el artículo 27.
”Dichos centros se someterán, en todo caso, a lo establecido en el Título Tercero de esta
Ley. Las funciones que en el citado Título competen a la Administración educativa corres- 247
pondiente, en relación con el nombramiento y cese del director y del equipo directivo,
se entenderán referidas al titular público promotor”.
59. La antedicha disposición señala: “1. Las Administraciones educativas podrán estable-
cer procedimientos e instrumentos para favorecer y estimular la gestión conjunta con las
Administraciones locales y la colaboración entre centros educativos y Administraciones
Públicas.
”En lo que se refiere a las corporaciones locales, se establecerán procedimientos de con-
sulta y colaboración con sus federaciones o agrupaciones más representativas.
”2. La conservación, el mantenimiento y la vigilancia de los edificios destinados a centros
públicos de educación infantil, de educación primaria o de educación especial, corres-
ponderán al Municipio respectivo.
”Dichos edificios no podrán destinarse a otros servicios o finalidades sin autorización
previa de la Administración educativa correspondiente.
”3. Cuando el Estado o las Comunidades Autónomas deban afectar, por necesidades de
escolarización, edificios escolares de propiedad municipal en los que se hallen ubicados
centros de educación infantil, de educación primaria o de educación especial, dependien-
tes de las Administraciones educativas, para impartir educación secundaria o formación
profesional, asumirán, respecto de los mencionados centros, los gastos que los Munici-
pios vinieran sufragando de acuerdo con las disposiciones vigentes, sin perjuicio de la
titularidad demanial que puedan ostentar los Municipios respectivos. Lo dispuesto no
será de aplicación respecto a los edificios escolares de propiedad municipal en los que
se impartan, además de educación infantil y educación primaria o educación especial, el
primer ciclo de educación secundaria obligatoria. Si la afectación fuera parcial se estable-
cerá el correspondiente convenio de colaboración entre las Administraciones afectadas.
”4. Los Municipios cooperarán con las Administraciones educativas correspondientes en
la obtención de los solares necesarios para la construcción de nuevos centros docentes.
”5. Las Administraciones educativas podrán establecer convenios de colaboración con las
corporaciones locales para las enseñanzas artísticas. Dichos convenios podrán contem-
plar una colaboración específica en escuelas de enseñanzas artísticas cuyos estudios no
conduzcan a la obtención de títulos con validez académica.
”6. Corresponde a las Administraciones educativas establecer el procedimiento para el
uso de los centros docentes que de ellas dependan, por parte de las autoridades munici-
pales, fuera del horario lectivo para actividades educativas, culturales, deportivas u otras
de carácter social. Dicho uso quedará únicamente sujeto a las necesidades derivadas de
la programación de las actividades de dichos centros.
”7. Las Administraciones educativas, deportivas y municipales, colaborarán para el esta-
blecimiento de procedimientos que permitan el doble uso de las instalaciones deportivas
pertenecientes a los centros docentes o a los Municipios”.
”De conformidad con las Disposiciones Finales Quinta y Séptima de esta norma, se trata
248 de un precepto básico solo en sus puntos 2 y 3 y no orgánico”.
60. Así sucedió, aunque en sentido inverso, cuando, para dar cumplimiento al Pacto de
Toledo, se amplió el número 1 de la Disposición Adicional Segunda de la Ley Orgánica
8/1985, de 3 de julio, reguladora del derecho a la educación, a través de la Ley Orgánica
10/1999, de 21 de abril, de modificación de la misma.
61. En este sentido, cabe destacar que se podría haber aprovechado la tramitación de Ley
Orgánica 8/2013, de 9 de diciembre, para la mejora de la calidad educativa, para llevar
a cabo la modificación pretendida. Vid. María José Alonso Mas, “El nuevo régimen...”,
2014, p. 167.
De hecho, realmente dicha norma, por una parte, modificó el artículo 126.1.d de la Ley
Orgánica 2/2006, de 3 de mayo, de educación, sobre la composición de los consejos esco-
lares de los centros públicos, y, por otra parte, cambió el artículo 56 de la Ley Orgánica
8/1985, de 3 de julio, reguladora del derecho a la educación, sobre la composición de los
consejos escolares de los centros privados, en particular, eliminando la representación
municipal en los mismos. 249
62. En este sentido, por ejemplo, en el artículo 159 de la Ley 12/2009, del 10 de julio,
de educación de Cataluña se dispone: “Artículo 159. Competencias de los entes locales
”1. Los municipios participan en el gobierno de los centros educativos que prestan el
Servicio de Educación de Cataluña a través de la presencia en los consejos escolares, y
también en la programación general de la enseñanza, sin perjuicio de las otras compe-
tencias que les atribuye el apartado 3.
”2. Los entes locales pueden crear centros propios mediante convenios con el Departa-
mento, de acuerdo con la programación de la oferta educativa.
”3. Corresponde a los municipios:
”a) Participar en las funciones que corresponden a la Administración de la Generalidad
en los distintos aspectos del sistema educativo y, en especial, en las siguientes materias:
”Primero. La determinación de la oferta educativa del ámbito territorial a través de los
procedimientos establecidos por reglamento.
”Segundo. El proceso de admisión en los centros que prestan el Servicio de Educación de
Cataluña de su territorio, a través, si procede, de las oficinas municipales de escolarización.
”Tercero. El establecimiento de medidas que permitan a los centros llevar a cabo activida-
des extraescolares promovidas por la Administración educativa, así como la coordinación
de dichas actividades.
”Cuarto. La programación de las enseñanzas de formación profesional y la coordinación
con el entorno territorial y empresarial, y el fomento de la implicación de los agentes
territoriales y sociales en el compromiso educativo de toda la sociedad.
”Quinto. La vigilancia del cumplimiento de la escolarización obligatoria.
”Sexto. La aplicación de los programas de evaluación, y el conocimiento de los resultados.
”Séptimo. La promoción y aplicación de programas dirigidos a alumnos de familias de
inmigrantes o transeúntes.
”Octavo. El establecimiento de programas y otras fórmulas de colaboración con las aso-
ciaciones de madres y padres de alumnos para estimular y apoyar a las familias en el
compromiso con el proceso educativo de los hijos.
”Noveno. El desarrollo de programas de cualificación profesional inicial.
”Décimo. La determinación del calendario escolar.
”b) Organizar y gestionar los centros propios.
”c) Gestionar la admisión de alumnos en las enseñanzas del primer ciclo de educación
infantil, fijando el procedimiento y los baremos correspondientes, de acuerdo con lo
establecido en el artículo 47.6.
”d) Cooperar con la Administración de la Generalidad en la creación, construcción y
mantenimiento de los centros educativos públicos.
”e) Garantizar la coordinación de los servicios sociales con los servicios educativos con el
objetivo de velar por el interés superior del niño o niña.
”f) Velar por el cumplimiento de la presente Ley y de la normativa que la desarrolla.
”4. A petición de los entes locales, y de acuerdo con la programación educativa, pueden
delegarse competencias para crear, organizar y gestionar centros públicos que impartan
el primer ciclo de educación infantil, enseñanzas artísticas o educación de adultos.
”5. Los consejos comarcales pueden asumir la gestión de los servicios de transporte, de
los servicios de comedor escolar y de otros servicios escolares, de acuerdo con lo que se
establezca por reglamento.
”6. Los municipios, para ejercer las competencias en materia de educación, pueden re-
250 cibir apoyo, sin perjuicio de lo establecido en el apartado 5, de los demás entes locales”.
63. En caso de ausencia de tales títulos, y para evitar eventuales supuestos de inactividad
administrativa, por ejemplo, la Comunidad Autónoma de La Rioja, mediante el párrafo
segundo del artículo 4.1 de la Ley 2/2014, de 3 de junio, de medidas para la garantía y la
continuidad de los servicios públicos, ha establecido: “Las competencias que, con carác-
ter previo a la entrada en vigor de la Ley 27/2013, de 27 de diciembre, se preveían como
propias de los municipios en materia de educación continuarán siendo ejercidas por estas
corporaciones locales en los términos previstos en la Ley Orgánica 2/2006, de 3 de mayo,
de Educación, en tanto no hayan sido asumidas formalmente por parte de la Comunidad
Autónoma de La Rioja para la totalidad de los centros docentes públicos de educación
infantil, educación primaria y educación especial”.
64. En este mismo sentido: Luis Míguez Macho, “Las competencias locales tras la Ley de
Racionalización y Sostenibilidad de la Administración Local”, 2014. 251
65. Vid., sobre esta cuestión, Marcos Almeida Cerreda, “La redelimitación de las compe-
tencias...”, 2014, p. 153 y ss.
66. Vid. también, como ejemplo, el artículo 13 de la Ley 33/2011, de 4 de octubre, general
de salud pública.
67. Este artículo ordena: “1. Las normas de las Comunidades Autónomas, al disponer
sobre la organización de sus respectivos servicios de salud, deberán tener en cuenta las
responsabilidades y competencias de las provincias, Municipios y demás Administraciones
Territoriales intracomunitarias, de acuerdo con lo establecido en los Estatutos de Auto-
nomía, la Ley de Régimen Local y la presente Ley.
”2. Las Corporaciones Locales participarán en los órganos de dirección de las Áreas de
Salud.
”3. No obstante, los Ayuntamientos, sin perjuicio de las competencias de las demás Ad-
ministraciones Públicas, tendrán las siguientes responsabilidades mínimas en relación al
252 obligado cumplimiento de las normas y planes sanitarios:
69. En este sentido, por ejemplo, los artículos 67 y 68 de la Ley 15/1990, de 9 de julio, de
ordenación sanitaria de Cataluña, disponen: “Art. 67. Participación
”Los Ayuntamientos participarán en los órganos del Servicio Catalán de la Salud de la
manera prevista en la presente Ley.
”Art. 68. Competencias
”1. En el marco del sistema sanitario público de Cataluña, los Ayuntamientos serán com-
petentes para:
”a) Prestar los servicios mínimos obligatorios establecidos en la legislación que regula
el régimen municipal en lo referente a los servicios de salud y demás regulados en la
presente Ley.
”b) Prestar los servicios necesarios para dar cumplimiento a las siguientes responsabili-
dades mínimas en relación al obligado cumplimiento de las normas y planos sanitarios
relativos a:
”Control sanitario del medio ambiente: contaminación atmosférica, abastecimiento de
aguas, saneamiento de aguas residuales, residuos urbanos e industriales.
”Control sanitario de industrias, actividades y servicios, transportes, ruidos y vibraciones.
”Control sanitario de edificios y lugares de vivienda y de convivencia humana, especial-
mente de los centros de alimentación, peluquerías, saunas y centros de higiene personal,
hoteles y centros residenciales, escuelas, campamentos turísticos y áreas de actividad
físico-deportiva y de recreo.
”Control sanitario de la distribución y suministro de alimentos, bebidas y otros productos,
directa o indirectamente relacionados con el uso o el consumo humano, así como de sus
medios de transporte.
”Control sanitario de los cementerios y policía sanitaria mortuoria.
”c) Promover, en el marco de las legislaciones sectoriales, aquellas actividades y prestar
los servicios sanitarios necesarios para satisfacer las necesidades y aspiraciones de su
comunidad de vecinos y en particular:
”La defensa de los consumidores y usuarios de la sanidad.
”La participación en la gestión de la atención primaria de la salud.
”La protección de la sanidad ambiental.
”La protección de la salubridad pública.
”d) Realizar actividades complementarias de las que sean propias de otras Administra-
ciones públicas en las materias objeto de la presente Ley, y en particular, respecto a la
educación sanitaria, vivienda, protección del medio y del deporte en los términos esta-
blecidos en la legislación que regula el régimen municipal.
”e) Prestar los servicios relacionados con las materias objeto de la presente Ley derivados
del ejercicio de las competencias que en ellos puedan delegar la Generalidad de Cataluña
según los términos establecidos en la legislación que regula el régimen municipal.
”2. Para el desarrollo de las funciones a que se refiere el apartado anterior, los Ayunta-
mientos podrán solicitar el apoyo técnico del personal y de los medios de las Regiones y
Sectores Sanitarios en cuya demarcación se encuentren comprendidos. El personal sanita-
rio del Servicio Catalán de la Salud que preste apoyo a los Ayuntamientos en la realización
de las referidas funciones tendrá la consideración, solo a dichos efectos, de personal al
servicio de los Ayuntamientos”.
Hay que destacar que este precepto no atribuye, expresa y específicamente, competencias
254 a los municipios en materia de mataderos.
75. Vid. sobre esta polémica: Marcos Almeida Cerreda, “Las competencias de los muni-
cipios...”, 2011, p. 2719 y 2720, y la bibliografía allí citada.
76. El artículo 12 de esta norma deja la participación de las entidades locales en este sub-
sistema de asistencia social en las manos de las Comunidades Autónomas, estableciendo:
“1. Las Entidades Locales participarán en la gestión de los servicios de atención a las per-
sonas en situación de dependencia, de acuerdo con la normativa de sus respectivas Comu-
nidades Autónomas y dentro de las competencias que la legislación vigente les atribuye.
”2. Las Entidades Locales podrán participar en el Consejo Territorial del Sistema para la
Autonomía y Atención a la Dependencia en la forma y condiciones que el propio Consejo
disponga”.
77. Así lo ha hecho, por ejemplo, al dictar la Ley 40/2006, de 14 de diciembre, del Estatuto
de la ciudadanía española en el exterior. Vid. también el FJ 13º de la STC 13/1992, de 6 de
febrero, donde se justifica el uso del título “relaciones internacionales” en este ámbito. 257
78. Vid. Marcos Almeida Cerreda, “Las competencias de las Comunidades Autónomas
españolas en materia de servicios sociales”, Direito Regional e Local, n. 18, 2012, p. 20-24.
79. Vid., sobre esta cuestión, Marcos Almeida Cerreda, “La redelimitación de las compe-
258 tencias...”, 2014, p. 158.
80. Otra valoración de los efectos de esta norma se puede encontrar en: María Antonia
Arias Martínez, “Las competencias locales...”, 2014, p. 406-407.
81. Estas normas son: Decreto-Ley castellano-leonés 1/2014, de 27 de marzo, de medidas
urgentes para la garantía y la continuidad de los servicios públicos en Castilla y León de-
rivado de la entrada en vigor de la LRSAL; Decreto-Ley andaluz 7/2014, de 20 de mayo,
por el que se establecen medidas urgentes para la aplicación de la LRSAL; Decreto-Ley
extremeño 3/2014, de 10 de junio, por el que se modifica la Ley 17/2010, de 22 de di-
ciembre, de mancomunidades y entidades locales menores de Extremadura; Decreto-Ley
catalán 4/2014, de 22 de julio, por el que se establecen medidas urgentes para adaptar
los convenios, los acuerdos y los instrumentos de cooperación suscritos entre la Adminis-
tración de la Generalitat y los entes locales de Cataluña a la disposición adicional novena
de la LRSAL (el cual substituye al Decreto-Ley catalán 3/2014, de 17 de junio, por el que
se establecen medidas urgentes para la aplicación en Cataluña de la LRSAL, que quedó
derogado tras su falta de convalidación por el parlamento autonómico); Decreto-Ley
murciano 1/2014, de 27 de junio, de medidas urgentes para la garantía y la continuidad
de los servicios públicos en la Comunidad Autónoma de la Región de Murcia, derivado
de la entrada en vigor de la LRSAL, Decreto-Ley balear 2/2014, de 21 de noviembre, de
medidas urgentes para la aplicación a las Illes Balears de la LRSAL, y Decreto-Ley valen-
ciano 4/2015, de 4 de septiembre.
82. Estas Leyes son: Ley gallega 5/2014, de 27 de mayo, de medidas urgentes derivadas
de la entrada en vigor de la LRSAL; Ley riojana 2/2014, de 3 de junio, de medidas para la
garantía y la continuidad de los servicios públicos en la Comunidad autónoma de La Rioja;
Ley madrileña 1/2014, de 25 de julio, de adaptación del régimen local de la Comunidad
de Madrid a la LRSAL, Ley foral navarra 23/2014, de 2 de diciembre, de modificación de
la Ley Foral 6/1990, de 2 de julio, de la Administración Local de Navarra y Ley 7/2015, de
1 de abril, de los Municipios de Canarias. 259
85. Este hecho merece una valoración diferente según el sector de que se trate. Así, el que
los Ayuntamientos puedan, eventualmente, perder algunas de las facultades estudiadas
en materia de sanidad y educación es coherente, desde el punto de vista organizativo-
funcional, con la actual distribución de competencias, en esos ámbitos, entre los tres
niveles territoriales, y no parece muy lesivo para la autonomía local, por la baja ratio que
resulta de la ecuación nivel de autogobierno/esfuerzo económico aplicada a cada una
de ellas. Por el contrario, una posible reducción de la intervención de los municipios en
la ordenación y gestión de los sistemas de servicios sociales, donde estos son –y han de
ser necesariamente– el punto central de referencia –más allá del fuerte impacto que tal
decisión tendría en el grado de autonomía de la que disfrutan en nuestro ordenamiento
estos entes–, constituiría, sin duda alguna, un factor de empobrecimiento de los servicios
que los ciudadanos podrían recibir en este campo, lo cual, indiscutiblemente, no sería un
resultado deseable. 261
RESUMEN
El presente artículo tiene por objeto analizar en qué medida la Ley 27/2013,
de 27 de diciembre, de racionalización y sostenibilidad de la Administración
local, incide directamente en la regulación estatal sectorial y en la normativa
autonómica, sea ésta estatutaria u ordinaria, local o sectorial, en los ámbitos
de la educación, la sanidad, la salud y los servicios sociales. Con esta finali-
dad, en primer lugar se expondrán, de forma detallada, las variaciones que
la citada norma trata de implantar en el marco competencial de los ayunta-
mientos españoles, tanto mediante la modificación de los apartados 2º y 3º
del artículo 25 de la LBRL y la adición de los parráfos 4º y 5º al mismo, como
a través de sus disposiciones adicionales decimoquinta y transitorias prime-
ra, segunda y tercera; y, en segundo lugar, se estudiará no sólo la viabilidad
constitucional de la limitación y condicionamiento del sistema de atribución
de competencias a los municipios que la citada Ley incluye en el antedicho
artículo 25, sino también la legitimidad y el eventual alcance –tanto en el
plano jurídico como en el práctico– de la pretensión de transferir determi-
nadas funciones, en los campos indicados, de aquéllos a las comunidades
autónomas, sobre dicha nueva base normativa.
RESUM
ABSTRACT
The objective of this paper is to analyse to what extent Law 27/2013, of De-
cember 27th, on the Rationalisation and Sustainability of the Local Adminis
tration, has a direct influence on sectorial state regulation and on regional
regulations, whether statutory or ordinary, local or sectorial, in the fields
of education, healthcare, health and social services. To that end, the paper
first of all expounds, in a detailed way, on the changes that the cited Law
aims to introduce in the powers of Spain’s Municipalities, by modifying the
2nd and 3rd sections of Article 25 of the LBRL and by adding the 4th and
5th paragraphs to it, and also by means of the Additional Fifteenth and Pro-
visional First, Second and Third Dispositions. Secondly, it examines not only
the constitutional viability of the limitation and conditioning of the system
for attributing powers to Municipalities, which the cited Law includes in the
aforementioned Article 25, but also the legitimacy and possible scope –both
legally and in practice– of the intention to transfer certain functions, in the
indicated fields, from Municipalities to Autonomous Regions, in accordance
with the new regulatory basis.
263
1. Presentació
1. OIT, (1) La crisis del empleo juvenil: Un llamado a la acción. Resolució i conclusions de
la 101a reunió de la Conferència Internacional del Treball, 2012. (2) Tendencias mundiales
del empleo juvenil 2013. Una generación en peligro, 2013.
OCDE, Panorama de la Educación 2013 sobre España, 2013.
Unió Europea, Propuesta de la Comisión de Recomendación del Consejo relativa al es-
tablecimiento de la Garantía Juvenil. COM (2012) 729 final de 5 de desembre de 2012.
264 2. Dades facilitades per Eurostat al desembre de 2014.
les administracions locals i els agents socials. Des del punt de vista
competencial convé destacar que les comunitats autònomes (CA) ja
van tenir l’oportunitat de pronunciar-se respecte a aquest Pla en la
Conferència Sectorial d’Ocupació i Afers Laborals, dos dies abans, el
18 de desembre de 2013.8
A Catalunya, el Govern de la Generalitat, el mes de setembre de
2013, va aprovar el pla Inserjoves, que conté un conjunt de mesures
que seran el preàmbul de l’aplicació de la garantia juvenil. Cal tenir
present que la situació laboral de la joventut catalana és deutora, en
part, dels drets (articles 40.4 i 42.2) i de les competències que estableix
l’Estatut d’autonomia de Catalunya (EAC) en polítiques de joventut
(article 142) i en matèria de treball i relacions laborals (article 170). I
en aquest marc competencial, un any més tard el consell de direcció
del Servei d’Ocupació de Catalunya (SOC) va aprovar les Bases per a
l’estratègia d’ocupació juvenil a Catalunya. Garantia Juvenil 2014-2020
(GJ 2014-2020).
L’objectiu principal d’aquest treball és analitzar si les mesures de
transposició de la Recomanació sobre Garantia Juvenil adoptades per
la Generalitat de Catalunya configuren un model específic i diferenciat
del model estatal d’implantació de la garantia juvenil, atenent el marc
competencial de Catalunya –cal assenyalar que la Unió Europea instà
els estats membres a implementar la garantia juvenil d’acord amb les
circumstàncies nacionals, regionals i locals–, o bé, al contrari, si la su-
praterritorialitat pròpia d’aquesta Recomanació europea comporta, a
través de la regulació del Sistema Nacional de Garantia Juvenil (SNGJ)
realitzada en la Llei 18/2014, un desapoderament de les competències
d’execució de la Generalitat a favor de l’Estat, i una recentralització
d’aquestes competències a partir de la creació d’un fitxer “únic” i
d’una llista “única”, l’admissió a la qual de la persona jove marca l’inici
de les actuacions previstes en les Bases per a l’estratègia d’ocupació
juvenil a Catalunya. Garantia Juvenil 2014-2020.
2. La garantia juvenil
el sistema educatiu, sinó que varen anar més enllà plantejant actua-
cions que incidien directament en el mercat de treball. Per exemple,
a Dinamarca els destinataris foren joves menors de 30 anys en atur i
sense accés a aquest subsidi, i les actuacions se centraven en formació i
educació. A Finlàndia s’adreçaven a joves menors de 25 anys o acabats
de llicenciar menors de 30 anys i desocupats, presentant-los una oferta
de treball en un termini de tres mesos des de la seva entrada a la llista
d’atur o des de la seva sortida del sistema educatiu, i també incloïen
programes educatius personalitzats segons el perfil del jove.9 La seva
experiència ha estat determinant per dissenyar la proposta europea
de garantia juvenil.
9. Vegeu Una Garantía Juvenil para Europa. Hacia una política juvenil basada en los
derechos. Brussel·les, Foro Europeo de la Juventud, 2012, p. 9 i 10. La garantia juvenil va
ser impulsada en el marc de la UE per la Confederació Europea de Sindicats i el Fòrum
Europeu de la Joventut.
10. NOEF és l’acrònim de “no està ocupat, no estudia i no es forma”.
11. Recomanació del Consell de 22 d’abril de 2013 sobre l’establiment de la Garantia
Juvenil. Diari Oficial de la Unió Europea C120/1, de 26 d’abril de 2013. 267
2.2. Finançament
per a un període de set anys i oberta a totes les regions amb una taxa
d’atur juvenil superior al 25%.
Espanya disposarà d’un total de 1.887 milions d’euros, en termes
corrents, que suposen un 31,5% del total dels 6.000 milions d’euros
que la UE destina a la garantia juvenil. D’aquests, 943,5 milions d’euros
procedeixen de la línia pressupostària específica per a l’ocupació ju-
venil que figura en el MFP 2014-2020, i la resta, 943,5 milions d’euros,
procedeixen de la inversió específica del FSE (Fons Social Europeu).
L’activació de la Iniciativa sobre ocupació juvenil obliga que s’acoti el
col·lectiu de les persones joves destinatàries de la garantia juvenil (me-
nors de 25 anys) i que es concentrin obligatòriament els 1.887 milions
d’euros en el període 2014-2015.
D’aquesta quantitat, Espanya rebrà un prefinançament de l’1%,
i en conseqüència haurà d’anticipar el 99% restant per executar les
actuacions previstes en compliment de l’aplicació de la garantia juvenil,
i només podran acollir-se a cofinançament actuacions finalitzades i
pagades, una vegada conclòs el procés de verificació i certificació de la
despesa.15 Davant d’aquesta situació, Espanya haurà de compatibilitzar
el compliment del dèficit públic amb l’avançament d’uns recursos no
pressupostats.16 I el retard que s’ha produït en l’establiment del fitxer
únic (octubre de 2014), a partir del qual s’han d’inscriure les futures
persones joves destinatàries de la garantia juvenil, planteja dubtes
respecte a quines seran les actuacions que es finançaran a càrrec dels
fons europeus durant l’any 2014.
El primer bloc conté: tarifa plana per a joves autònoms (article 1);
compatibilitat de la percepció de la prestació per desocupació quan ho
estableixi un programa de foment de l’ocupació (article 2); compatibi-
litat de la percepció de la prestació per desocupació amb l’inici d’una
activitat per compte propi (article 3); ampliació de les possibilitats
d’aplicació de la capitalització per desocupació (article 4); millora de 271
b) Estímuls a la contractació
18. Per altra part, la Llei 14/2013, de 27 de setembre, de suport als emprenedors i la seva
internacionalització, continua amb la mateixa línia de foment de l’emprenedoria que la
Llei 11/2013.
19. S’observa que les persones joves aturades menors de 25 anys registrades el 2013 re-
272 presentaven el 3% del total d’aturats del seu col·lectiu, segons dades del SEPE.
20. Serracant, Pau (coord.), Enquesta a la joventut de Catalunya 2012, Barcelona, Gene-
ralitat de Catalunya, p. 118-119.
21. Dades procedents de l’EPA, quart trimestre de l’any 2014.
22. L’estadística Mercado de trabajo y pensiones en las fuentes tributarias és una recerca
de caràcter censal basada en la relació de perceptors de salaris, pensions i prestacions per
atur que presenten els ocupadors mitjançant la declaració anual de retencions i ingressos
a compte sobre rendiments del treball (model 190). 273
25. El desplegament del POEJ va ser objecte de debat al Ple del Congrés dels Diputats de
10 de desembre de 2014 a través d’una pregunta formulada del Grup Parlamentari Socia-
lista. Vegeu http://www.congreso.es/public_oficiales/L10/CONG/DS/PL/DSCD-10-PL-247.PDF.
26. Les despeses de la modernització van a càrrec del FSE, que inclou la recapacitació del
personal encarregat específicament de l’atenció adreçada a les persones joves. 275
27. Reial decret 1543/2011, de 31 d’octubre, pel qual es regulen les pràctiques no laborals
276 en empreses.
B. Inscripció en el SNGJ
33. La Generalitat de Catalunya va assumir, a partir del Reial decret 1050/1997, les funcions
de gestió i control de les polítiques actives d’ocupació; les actuacions de gestió i control a
Catalunya de les subvencions i les ajudes públiques que atorgava l’INEM..., en definitiva,
a partir d’aquell moment la Generalitat va passar a exercir les funcions en matèria de
polítiques actives d’ocupació atribuïdes fins aleshores a l’INEM.
34. La cessió de dades prevista en l’article 111.g) s’ha de fer també a la Direcció General
de la Policia i a la Tresoreria General de la Seguretat Social per comprovar la veracitat
de la informació.
35. A més, l’article 111.3 faculta el Ministeri d’Ocupació i Seguretat Social per a la modi-
ficació o supressió del fitxer del sistema. 281
36. La modificació de dades i la baixa del SNGJ estan regulades en els articles 101 a 103.
37. Segons es posa de manifest en el punt 8 de la Recomanació europea d’aplicació de
la Garantia Juvenil: “Que los Estados miembros diseñen estrategias eficaces para llegar
a los jóvenes, incluidas campañas de información y concienciación, con vistas a su cap-
tación y registro en los servicios de empleo, centrándose en los jóvenes vulnerables con
múltiples obstáculos (exclusión social, pobreza, discriminación, etc.) y en los «ni-nis», y
teniendo en cuenta sus antecedentes diversos (condicionados, en particular, por la po-
breza, la discapacidad, el bajo nivel de estudios o la pertenencia a una minoría étnica o a
la población inmigrante)”. En l’article 98.3 es constata com Espanya exigeix a les persones
joves en risc d’exclusió social que acreditin la seva situació mitjançant un certificat dels
serveis socials pertinents.
38. Els requisits es poden consultar al web oficial de la garantia juvenil: http://garantia-
282 juvenil.gencat.cat/index.html.
39. Vegeu l’apartat 3.2 (“Pla nacional d’implantació de la garantia juvenil”) d’aquest
article. 283
1. Desocupat ≥ 30 dies
2. Sense formació (≥ 40 h/mes) ≥ 30 dies entre 16 i 25 anys
3. Sense educació (≥ 40 h/mes) ≥ 90 dies
–––––––––––
Total 4 mesos
• Treball
Inscripció Atenció Oferta • Educació
• Formació
––––
44. Vegeu E. Rojo Torrecilla, “A vueltas con el reparto competencial en materia laboral”, a
288 http://www.eduardorojotorrecilla.es/2014/10/a-vueltas-con-el-reparto-competencial.html.
45. El CGE en el Dictamen 26/2014 conclou (conclusió 6a) que l’article 92.3 i 4; l’article 98.5;
l’article 101, en els termes i amb l’abast indicats en el FJ 4.2.B.b; l’article 102, i la disposició
final segona, apartat 4, de la Llei 18/2014 vulneren les competències de la Generalitat
previstes als articles 152.2 EAC i 170.1 EAC i no troben empara en l’article 149.1.7 i .13 CE.
46. Consell de Govern de 30 de desembre de 2014.
47. El professor Eduardo Rojo Torrecilla, en el seu blog, ja adverteix d’aquest perill de
recentralització de competències en matèria de polítiques actives d’ocupació a partir
d’una determinada jurisprudència del TC, i es pregunta si no es corre el risc d’un buidatge
de les competències executives de les CA i també quin marge d’actuació els resta per a
l’elaboració de polítiques pròpies que atenguin la seva realitat territorial.
Vegeu http://www.eduardorojotorrecilla.es/2014/10/a-vueltas-con-el-reparto-compe-
tencial.html. 289
48. Si el contracte indefinit dura menys de sis mesos s’haurà de procedir al reintegrament
de la bonificació.
49. En aquests supòsits de contractació a temps parcial la referència és la d’un treballador
a temps complet comparable, d’acord amb el que estableix l’article 12.1 de la LET.
50. L’article 107.1 conté una modificació respecte al Reial decret llei 8/2014, ja que en
aquest no es reconeix que l’excedent es pugui aplicar per reduir la cotització que resulti
290 en la liquidació.
51. STC 22/2014, de 13 de febrer de 2014 (FJ 4). BOE d’11 de març de 2014. 291
52. Pla Nacional de Joventut de Catalunya 2020, Departament de Benestar Social i Família,
Generalitat de Catalunya, 2013.
53. Butlletí Oficial del Parlament de Catalunya, núm. 132, de 31 de juliol de 2013.
54. Vegeu http://www.ccoo.cat/noticia/184259/el-consell-nacional-de-la-joventut-de-
catalunya-cnjc-accio-jove-ccoo-de-catalunya-i-avalot-joves-de-la-ugt-valoren-el-ple-
292 monografic-del-parlament-sobre-la-situacio-de-la-joventut#.VDZvgFck8S8.
55. Vegeu Bases per a l’estratègia d’ocupació juvenil a Catalunya. Garantia Juvenil 2014-
2020, document aprovat pel consell de direcció del SOC de 10 de setembre, p. 19.
56. Conselleria d’Economia, Innovació, Ciència i Ocupació. Junta d’Andalusia. Sevilla, 29 d’abril
de l’any 2014. http://www.juntadeandalucia.es/export/drupaljda/1398771579903Empleo_2.
pdf. 293
57. Ordre EMO/278/2013, de 28 d’octubre, per la qual s’aproven les bases reguladores per a la
concessió de subvencions per a la realització del programa “Fem ocupació per a joves”, i s’obre
la convocatòria per a l’any 2013 i la convocatòria anticipada per al 2014. I correcció d’errades
en l’Ordre EMO/278/2013, de 28 d’octubre, per la qual s’aproven les bases reguladores per a
la concessió de subvencions per a la realització del programa “Fem ocupació per a joves”, i
s’obre la convocatòria per a l’any 2013 i la convocatòria anticipada per al 2014 (DOGC núm.
6498, d’11 de novembre de 2013). Les entitats beneficiàries són les entitats locals (ajunta-
ments, organismes autònoms, organismes de promoció de l’ocupació) i les entitats jurídiques
d’àmbit supramunicipal (de més de deu mil habitants). També les organitzacions empresarials
i sindicals intersectorials més representatives de Catalunya podran ser-ne beneficiàries.
58. Ordre EMO/270/2013, de 28 d’octubre, de modificació de l’Ordre EMO/293/2012, de
25 de setembre, per la qual s’estableixen les bases reguladores per a la concessió de
subvencions per a la realització del Programa d’experiència professional per a l’ocupació
juvenil a Catalunya “Joves per l’ocupació” i s’obre la convocatòria per a l’any 2013 i la
convocatòria anticipada per al 2014. Les persones destinatàries d’aquest programa estan
definides en l’article 3 de les bases reguladores que figuren a l’Ordre EMO/272/2012, i
l’únic requisit que se’ls exigeix és estar ocupades, amb baixa qualificació i/o amb dèficits
294 formatius, i estar inscrites a l’oficina de treball com a demandants d’ocupació.
59. Les entitats sindicals membres del Consell de la Joventut de Barcelona es van posi-
cionar respecte al pla Inserjoves 2013. Avalot, joventuts de la UGT, consideren que “su-
posa una fugida cap endavant, que arriba tard i que representa una dotació clarament
insuficient, tenint en compte que a Catalunya hi ha 260.000 joves d’entre 16 i 29 anys
que es troben en situació de desocupació”. D’altra banda, Acció Jove, joves de CCOO de
Catalunya, celebren en primer lloc que el Govern entengui que la lluita contra la deso-
cupació juvenil és una prioritat, però demanen “pressupost, serietat, rigor i que fugi de
grans aparicions merament estètiques”. Segons el sindicat, “no és un pla de xoc contra
la desocupació, sinó que són programes de caràcter ordinari que ja estaven previstos i
que s’han treballat en el marc del consell de direcció del SOC”. També destaquen que “és
important potenciar la dimensió formativa de la gent jove, però que sobretot cal un pla
de xoc que abordi la inserció laboral”. El Consell de la Joventut de Barcelona es va sumar
a les exigències del sindicalisme juvenil de més actuacions i “dotació pressupostària per a
les mesures polítiques destinades a combatre el caràcter estructural de l’atur juvenil”. En
resum, van denunciar que la dotació destinada al pla Inserjoves 2013 és clarament insufi-
296 cient, i que és un programa de caràcter ordinari i no un pla específic de xoc com caldria.
60. Criden l’atenció les declaracions del conseller d’Empresa i Ocupació de la Generalitat
de Catalunya de 26 de maig de 2014 quan confirma que “Catalunya comptarà amb un to-
tal de 165,2 milions d’euros per donar compliment a la garantia juvenil europea durant el
període 2014-2015. Aquesta dotació permetrà mantenir l’esforç del Govern en polítiques
impulsades l’any 2013 (com el pla Inserjoves o la reserva per al col·lectiu juvenil del 25%
de places en la resta de convocatòries del SOC) i impulsar noves mesures específiques”.
Segons aquesta xifra, la Generalitat de Catalunya només rebrà el 8,8% del total de re-
298 cursos procedents tant de la Iniciativa d’Ocupació Juvenil com del FSE.
61. Diario de sesiones de la Cortes Generales, núm. 112 de 2014 (sessió de la Comisión
Mixta para la Unión Europea celebrada el 3 de juny de 2014). 299
64. El BOE de 13 d’agost de 2013 va publicar la Resolució de la Direcció General del Servei
Públic d’Ocupació Estatal per la qual s’anuncia la licitació d’un acord marc per a la selecció
d’agències de col·locació per a la col·laboració amb els serveis públics d’ocupació en la
inserció al mercat laboral de persones desocupades.
65. Projecte de llei d’ordenació del sistema d’ocupació i del Servei d’Ocupació de Catalu-
nya. En el preàmbul d’aquest projecte es magnifica el paper de les agències de col·locació
i les possibilitats que dóna la col·laboració publicoprivada en la intermediació laboral. Així
mateix, al capítol II, en referir-se als serveis ocupacionals, s’assenyala que la intermediació
en el mercat de treball s’ha de fer a través del Servei d’Ocupació de Catalunya o a través de
les entitats que hi col·laborin. De forma complementària, i per atendre els col·lectius de més
dificultat, el SOC pot utilitzar també les agències de col·locació, degudament autoritzades.
66. Ordre EMO/381/2014, de 22 de desembre, per la qual s’aproven les bases reguladores
de les subvencions destinades a la Xarxa d’Impulsors del Programa de Garantia Juvenil a
Catalunya, i s’obre la convocatòria avançada per a l’any 2015 (DOGC de 30 de desembre
de 2014). 301
Mesures específiques
Destinataris Organisme Origen de les accions
de Catalunya
Ajuda equivalent al 50% del salari Totes les persones jo- Pendent PNIGJ
mínim interprofessional durant un ves destinatàries GJ
màxim d’un any
67. “Les ajudes a l’ocupació per a la contractació de joves durant un període superior a
sis mesos es poden establir des de les comunitats autònomes”. 303
Mesures específiques
Destinataris Organisme Origen de les accions
de Catalunya
Servei d’assessorament per a Totes les persones jo- Departament d’Em- EEEJ 13-16: Mesura
l’autoocupació i la iniciativa ves destinatàries GJ presa i Ocupació 10
empresarial
Programa de preincubació d’idees Totes les persones jo- Direcció General de
ves destinatàries GJ Joventut del Depar-
tament de Benestar
Social i Família
Xarxa Catalunya Emprèn Totes les persones jo- Departament EEEJ 13-16 / Mesura
ves destinatàries GJ d’Empresa i Ocu- de xoc: Mesura 8
pació i entitats
col·laboradores
Els serveis d’emprenedoria de les Totes les persones jo- Xarxa Nacional
oficines joves ves destinatàries GJ d’Emancipació de la
Direcció General de
Joventut
5. Reflexions finals
6. Bibliografia consultada
309
RESUM
Paraules clau: desocupació juvenil; persones joves; NOEF; Unió Europea; ga-
rantia juvenil; polítiques actives d’ocupació; competències de la Generalitat
de Catalunya; recentralització.
RESUMEN
310
ABSTRACT
The dire situation of unemployed youth between 16-25 requires specific and
effective policies from public administrations. This paper analyses: a) whether
the implementation in Catalonia of the Council Recommendation on the
establishment of a Youth Guarantee under the framework of the Spanish
National Youth Guarantee Implementation Plan entails a recentralisation of
powers in favour of the State with the creation of a “single” reference file,
registration to which is the “one doorway” to the Youth Guarantee System;
and b) whether measures adopted by the Government of Catalonia under
the Basis for a Youth Employment Strategy in Catalonia, Youth Guarantee
2014-202, respond to a specific and differentiated State model according to
the current statutory framework.
311