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LA “MERITEVOLEZZA” DEL CONTRATTO (E.

Minervini)
La parte speciale del corso di Diritto civile è dedicata al tema della “Meritevolezza del contratto” e dunque all’art.
1322 comma 2.
L’art. 1322 comma 2 recita: “Le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una
disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela
secondo l'ordinamento giuridico”
Secondo il giurista Attilio Guarnieri, la meritevolezza è il problema dei problemi perché è un tema molto delicato a
causa della indeterminatezza: il giudizio di meritevolezza è tanto determinante quanto difficile da determinare perché
consiste in una valutazione molto relativa, dato che ciò che ieri era meritevole di tutela può non esserlo oggi, e
viceversa. Da qui ci spieghiamo perché il giurista Giuseppe Colombo ha parlato della “volatilità” della meritevolezza.
La giurisprudenza soltanto di recente ha mostrato interesse per il tema della meritevolezza, che è giunto anche più
volte all’attenzione delle Sezioni Unite della Cassazione.
Anzi, da ultimo la giurisprudenza ha assunto la meritevolezza come una sorta di grimaldello adoperato dalle Corti per
risolvere le più diverse problematiche. Si è parlato così di “nuova stagione di rinnovato interesse” per la meritevolezza.

La clausola generale della meritevolezza


La meritevolezza è una clausola generale dell’ordinamento prevista dall’art. 1322 comma 2, al pari di altre clausole
generali presenti nel nostro Codice civile quali ad esempio la buona fede, la correttezza, la diligenza, l’equità, ecc.
Nozione: Per clausole generali si intendono quei concetti giuridici indeterminati (o principi valutativi) a cui ricorre il
legislatore per consentire all’ordinamento di recepire l’evoluzione sociale, cioè evitare che l’evoluzione della
realtà sociale sia più veloce della corrispondente evoluzione normativa.
Funzione: La funzione di una clausola generale è quella di consentire di fronteggiare ciò che per il legislatore
è una pratica impossibile, e cioè l’impossibilità di disciplinare in maniera analitica tutti i possibili
casi che possono presentarsi nella prassi e nella sua evoluzione.
Quindi la clausola generale consente che l’eventuale mutamento di valori sul piano sociale possa
essere recepito all’interno dell’ordinamento in funzione valutativa degli atti di autonomia privata.
Discrezionalità del giudice e rischi: Ovviamente è il giudice a dover riempire di contenuto una clausola generale.
E allora qual è il pericolo insito in ogni clausola generale?
Il pericolo è che per riempiere di contenuto le clausole generali venga lasciata al
giudice un’enorme discrezionalità, dunque un significativo margine di spazio alla
sensibilità e all’ideologia del giudice correndo il rischio che la norma contenente
una clausola generale venga interpretata in maniera diversa dai singoli giudici a
seconda dei loro propri valori.
Per cercare di attenuare questo rischio, si è detto comunemente che le clausole
generali devono essere riempite di contenute dai giudici:
- NON alla luce dei valori di cui il giudice è portatore
- ma alla luce dei valori di cui l’ordinamento è portatore, in primis i valori portati
dalla Costituzione e dai Trattati europei.
La clausola generale di meritevolezza: Per quel che riguarda la “meritevolezza”, essendo una clausola generale, tutte
le difficoltà che abbiamo accennato le riscontriamo tutte anche qui.
Tuttavia, quantomeno un problema viene risolto stesso dal codice. Infatti:
- è vero che si tratta di una clausola generale
- però l’art. 1322 comma 2 almeno ci risolve espressamente il problema di
come vada riempita di contenuto tale clausola
generale perché l’art. 1322 comma 2 dice “purché
siano diretti a realizzare interessi meritevoli di
tutela secondo l’ordinamento giuridico”.
Quindi non c’è dubbio che la clausola generale della meritevolezza vada riempita di
contenuto:
- NON in base a considerazioni etiche, morali, religiose, valori, ideali
- ma in base al tenore dell’ordinamento giuridico: quindi il controllo di
meritevolezza è un giudizio
squisitamente giuridico.
La meritevolezza e la sua evoluzione storica
La clausola generale di meritevolezza è stata introdotta col codice civile del 1942.
Tale clausola generale è una novità tutta italiana, infatti NON trova riscontri in altri ordinamenti giuridici.

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1) Il codice del 1942 e l’ideologia fascista
La clausola di meritevolezza è stata introdotta col codice civile del 1942 nell’art. 1322 comma 2. Essa rappresenta una
evidente espressione dell’ideologia del regime fascista.
Il codice civile del 1942 era pieno di clausole generali dotate di una forte carica ideologica fascista, quali ad esempio i
concetti di “ordine corporativo” e di “solidarietà corporativa”, e la meritevolezza è sicuramente una di questa.
Le clausole generali erano finalizzate a trasferire all’interno dell’ordinamento principi etico-politici di stampo fascista.
Ideologia fascista: L’ideologia fascista era fondata sul valore della Nazione, e gli individui dovevano essere portatori
di interessi funzionali alla realizzazione dell’interesse superiore della Nazione.
Relazione del Ministro Guardasigilli: Per comprendere le ragioni dell’introduzione della clausola generale di
meritevolezza nell’art. 1322 comma 2 cc basta leggere la Relazione del Ministro
Guardasigilli al Codice civile (era l’allora Ministro della giustizia).
Precisamente, la Relazione al n. 603 afferma una serie di punti chiave per
comprendere il perché della “meritevolezza” all’interno del codice:
- l’autonomia del volere NON è sconfinata libertà del potere di ciascuno
- il contratto NON è un docile strumento della volontà privata
- è vero che il Codice civile consente alle parti di utilizzare anche contratti atipici,
TUTTAVIA gli interessi che i privati intendono perseguire col contratto
atipico devono essere in linea con i valori superiori della Nazione, in
particolare con tre valori superiori:
- con la “coscienza civile”
- con la “coscienza politica”
- con le “esigenze dell’economia nazionale”
- ecco perché l’ordinamento giuridico NON può apprestare protezione al mero
capriccio individuale, ma presta tutela ai privati soltanto se con il loro atto
di autonomia realizzano interessi in linea con le scelte economiche e
politiche del regime.
Quindi è necessaria la corrispondenza tra interessi privati e interessi
pubblici superiori della Nazione.
Emilio Betti: Questa Relazione del Ministro Guardasigilli era chiaramente ispirata al pensiero di Emilio Betti, un giurista

che aveva aderito convintamente al fascismo.


Emilio Betti sosteneva esattamente ciò che viene poi scritto nella Relazione, aggiungendo alla sua teoria
anche la cd. teoria della doppia valutazione: secondo Emilio Betti, dinanzi ad un contratto bisognava
compiere una doppia valutazione (due controlli):
1) una valutazione in negativo di liceità (validità): bisogna controllare la validità (liceità) (legittimità)
del contratto, accertando che esso non contrasti
con norme imperative, ordine pubblico o buon
costume.
Ad ogni modo, secondo Betti non è sufficiente che
il contratto sia soltanto lecito (= valido) perché va
compiuto anche un secondo tipo di controllo:
quello di meritevolezza
2) e una valutazione in positivo di meritevolezza: il controllo in positivo riguarda la meritevolezza,
cioè bisogna accertare che il contratto sia
meritevole di tutela in quanto funzionale alla
realizzazione degli interessi collettivi della Nazione
sul piano sociale ed economico.
Ciò era chiaramente in linea con l’ideologia fascista

e col concetto di interesse della Nazione.


Oggetto: Ad avviso di Emilio Betti, TUTTI i contratti – sia tipici che atipici – erano necessariamente
soggetti a questo doppio controllo (di legittimità e di meritevolezza).
Nell’ambito del controllo di meritevolezza c’era però una differenza:
- contratti tipici: il controllo di meritevolezza per i contratti tipici è svolto dal legislatore.
Il legislatore svolge il controllo di meritevolezza nel momento in cui
decide di tipizzare un contratto, quindi di inserire il suo modello astratto
nel codice civile. Infatti, l’inserimento nel codice attesta che il contratto è

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meritevole perché è conforme agli interessi collettivi della Nazione
- contratti atipici: il controllo di meritevolezza per i contratti atipici è svolto dal giudice, il
quale compie lo stesso tipo di valutazione che compie il legislatore in
sede di contratto tipico.
È il giudice competente a valutare la meritevolezza del contratto atipico
e quindi l’utilità sociale dello stesso: il giudice deve valutare se il
contratto atipico stipulato dai privati è finalizzato a perseguire anche
interessi socialmente utili alla collettività della Nazione.
Contratti immeritevoli: Alla fine del ragionamento, Emilio Betti afferma che sono immeritevoli quei
contratti che realizzano interessi capricciosi, futili, bizzarri, quindi tutti quegli
interessi non utili alla collettività.
Questi contratti futili sono immeritevoli in quanto sono irrilevanti per la vita
economica e sociale della nazione e quindi sono irrilevanti per l’ordinamento.
In conclusione, la visione conservatrice e restrittiva del legislatore fascista
In conclusione, l’art. 1322 comma 2 inserito nel codice del 1942, letto alla luce dell’ideologia fascista, sembra avere
uno scopo conservatore e restrittivo: se è vero che sono da considerare meritevoli soltanto quei contratti che
perseguono interessi socialmente utili alla collettività della Nazione, allora vengono bloccati, in quanto ritenuti
immeritevoli, tutti quei contratti che non perseguano tali interessi.
Questo perché? Questa visione conservatrice e restrittiva del controllo di meritevolezza si spiega in quanto lo Stato
fascista era preoccupato dell’autonomia privata, come se nell’autonomia privata riscontrasse un
potenziale nemico, e per questo cerca di restringerne il campo di azione: l’autonomia privata viene
salvata SOLO se funzionale a perseguire interessi generali collettivi che coincidano con le esigenze
economiche e politiche della Nazione, quindi in un’ottica di convergenza, e non di conflitto, tra
pubblico e privato.

2) L’ordinamento democratico a seguito della caduta del fascismo


La situazione muta totalmente a seguito della caduta del fascismo quando si instaura l’ordinamento democratico.
Cosa accadde? A seguito della caduta del fascismo, con l’avvento della Repubblica e della Costituzione si cominciò a
smantellare l’ordinamento corporativo e furono eliminati dal Codice civile quelle norme e clausole generali
chiaramente ispirate all’ideologia fascista, quali ad es. quelle che facevano riferimento a “ordine pubblico
corporativo”, “solidarietà corporativa”, ecc.
Curiosamente resta invece immutato l’art. 1322 comma 2: in questa operazione di taglio e di cancellazioni non viene
toccato l’art. 1322 comma 2, restando quindi presente nel codice. Perché? La salvezza dell’art. 1322 comma 2 si spiega
in quanto ’art. 1322 comma 2 dice “purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo
l'ordinamento giuridico”, quindi:
- NON parla di meritevolezza con riferimento a “l’ordinamento corporativo”
- ma parla di meritevolezza con riferimento a “l’ordinamento giuridico”.
Quindi, secondo l’opinione dei più, dato che nel Codice civile del 1942 si parlava di “ordinamento giuridico” e NON di
“ordinamento corporativo”, allora a coloro che furono chiamati ad eliminare dal Codice civile le norme di stampo più
squisitamente fascista sembrava che l’art. 1322 comma 2 potesse essere mantenuto.
TUTTAVIA, il punto è: vero che resta immutato l’art. 1322 comma 2, ma ovviamente dal punto di vista interpretativo
c’era bisogno di una rilettura in chiave diversa da quella fascista. Era evidente che la meritevolezza ex art. 1322
comma 2 dovesse essere letta in un modo diverso perché ovviamente, a seguito dell’instaurazione dell’ordinamento
democratico, era cambiato il quadro dei valori, i quali non erano più quelli fascisti ma erano quelli democratici-
costituzionali.
Quindi, l’art. 1322 comma 2 è una norma che ha avuto un’evoluzione piuttosto particolare perché:
- pur essendo rimasta immutata a livello letterale dal 1942 ad oggi (la formulazione letterale è identica)
- ha comunque subito una evoluzione interpretativa.
Due teorie interpretative
A seguito della caduta del fascismo e dell’instaurazione dell’ordinamento democratico, dalla rilettura dell’art. 1322
comma 2 alla luce dei valori democratici-costituzionali sono emerse due ricostruzioni:
- dapprima è stata appoggiata la teoria della identificazione della meritevolezza con la liceità (tesi vecchia)
- poi nel tempo si è arrivati alla teoria della distinzione tra meritevolezza e liceità (tesi recente).
A) La teoria della identificazione
Subito dopo la caduta del fascismo, negli anni ’50 e ’60 la dottrina maggioritaria fornisce una lettura sostanzialmente
abrogativa della “meritevolezza”. Perché? Perché la dottrina inizia a sostenere la cd. teoria della identificazione in virtù
della quale il concetto di meritevolezza ex art. 1322 comma 2 è una sorta di doppione o di duplicato o di sinonimo del

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concetto di liceità di cui all’art. 1343 cc (“La causa è illecita quando è contraria a norme imperative, all’ordine
pubblico o al buon costume”).
In virtù di tale teoria, la dottrina riteneva che:
- il concetto di meritevolezza è un sinonimo del concetto di liceità
- controllare la meritevolezza vuol dire controllare la liceità del contratto
- il contratto illecito è immeritevole, quindi è immeritevole se contrasta con norme imperative, con l’ordine
pubblico o con il buon costume.
Giurisprudenza: All’epoca (anni ’50 – ’60) in cui era maggioritaria questa dottrina che sosteneva la teoria della
identificazione, anche la giurisprudenza, influenzata da tale dottrina, finì per intendere liceità e
meritevolezza come sinonimi
E infatti ci sono almeno tre sentenze della Cassazione in cui viene manifestata l’identificazione tra
meritevolezza e liceità:
- Cassazione 1623/1961: il contratto stipulato durante il processo di annullamento del matrimonio
rato ma non consumato
La prima sentenza in cui vediamo che la Cassazione identifica la meritevolezza con la
liceità è quella che aveva ad oggetto una controversia originata da un contratto che era
stato stipulato tra marito e moglie durante il processo di annullamento del matrimonio
rato ma non consumato.
Il caso era questo: il marito si era rivolto al Tribunale ecclesiastico per chiedere
l’annullamento del matrimonio in quanto rato ma non consumato.
Durante il processo di annullamento del matrimonio, il marito aveva
stipulato un contratto con la moglie con cui prometteva alla moglie
un assegno alimentare a decorrere dall’annullamento e in cambio la
moglie prometteva di sottoporsi, ai fini di tale annullamento, ad
ispezioni corporali della sua sfera sessuale allo scopo di accertare la
propria verginità, e quindi l’inconsumazione del matrimonio.
Com’era questo contratto? Dice la Cassazione: il contratto è immeritevole di tutela in
quanto illecito per contrarietà al buon costume (in realtà
secondo altri per contrarietà all’ordine pubblico)
perché ripugna alla comune coscienza che una donna si
sottoponga ad ispezione corporale della sua sfera sessuale.
Quindi, questa è la prima sentenza in cui la Cassazione identifica la meritevolezza con la
liceità, e infatti dice “il contratto è immeritevole in quanto è illecito perché contrario al
buon costume”.
- Cassazione 1248/1967: il caso del prestito cd. a tutto rischio
Seconda sentenza in cui vediamo che la Cassazione identifica la
meritevolezza con la liceità è quella che ha ad oggetto il prestito cd. a tutto

rischio.
Il caso era il seguente: l’aeroclub di Cuneo, autorizzato a costruire nei pressi di Cuneo un
aeroporto da adibirsi al traffico aereo internazionale, si obbligò verso

il Ministero della difesa aeronautica a provvedere, a sue cure e


spese, all’acquisto di terreni per la costruzioni di impianti e fabbricati
necessari per la costruzione dell’aeroporto.
Per disporre dei capitali necessari all’acquisto dei terreni, l’ingegnere
dell’aeroclub proponeva dei contratti particolari ai privati: dato che per
recuperare questi terreni occorreva tantissimo denaro, proponeva un
contratto atipico ai privati (mutuanti) con cui il privato prestava una
somma di denaro e la restituzione di tale somma sarebbe avvenuta nel
seguente modo:
a) se l’affare riusciva (cioè si riusciva a costruire l’aeroporto), allora il privato
mutuante riavrà la somma mutuata con diritto ad un
interesse elevato e ad un premio
b) se l’affare non riusciva, allora il privato mutuante perderà tutta la somma che
aveva prestato.
Era quindi un contratto atipico aleatorio, con un rischio enorme.
Secondo la Cassazione, questo contratto atipico era meritevole di tutela in quanto lecito,

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non urtando contro alcuna norma imperativa.
La Cassazione quindi dimostra per l’ennesima volta di confondere la liceità con la
meritevolezza.
- Cassazione 2091/1971: il caso del “patto di buona entrata”
Terza ed ultima sentenza in cui vediamo che la Cassazione identifica la
meritevolezza con la liceità è quella emanata in tema di “patto di buona
entrata”.
Il patto di buona entrata era un patto che veniva inserito nei contratti di lavoro con
cui il lavoratore corrispondeva al datore di lavoro una somma di denaro a titolo di
buona entrata al lavoro (cioè sostanzialmente era una sorta di omaggio che il
lavoratore faceva al datore per essere stato assunto).
Nel caso concreto cosa era successo? A Napoli una grossa società che aveva
costruito immobili nella zona di Posillipo, doveva assumere un portiere per uno dei
tanti palazzi che aveva costruito. E cosa fa? Assume un signore che dà una somma
di denaro alla società a titolo di patto di buona entrata.
Com’era questo contratto?
La Cassazione dice che il contratto è immeritevole di tutela in quanto illecito per
contrarietà all’ordine pubblico perché in materia lavoristica vige il principio della
incommerciabilità del posto di lavoro.
Anche qui la Cassazione identifica l’illiceità e immeritevolezza.

Giuseppe Stolfi e l’ipotizzata incostituzionalità dell’art. 1322 comma 2


C’è poi chi ha portato all’estreme conseguenze la teoria dell’identificazione. Verso la fine degli anni ’60, il giurista
Giuseppe Stolfi non si è limitato ad affermare l’irrilevanza della meritevolezza in quanto sinonimo di liceità, ma
addirittura ha ipotizzato l’incostituzionalità dell’art. 1322 comma 2 per violazione del principio di parità di trattamento
tra italiani stranieri.
Giuseppe Stolfi sosteneva l’illegittimità costituzionale dell’art. 1322 comma 2 perché fonte di discriminazione tra
cittadini italiani e stranieri in quanto i contratti stipulati tra stranieri poteva produrre effetti nell’ordinamento italiano
qualora non contrastassero con l’ordine pubblico.
Sulla base di ciò, Giuseppe Stolfi riteneva che paradossalmente un cittadino italiano sarebbe stato in una posizione
deteriore rispetto allo straniero perché:
- i contratti stipulati tra cittadini stranieri dovevano semplicemente non contrastare con l’ordine pubblico
- invece i contratti stipulati tra cittadini italiani dovevano non soltanto non contrastare con l’ordine pubblico
(per essere leciti), ma dovevano anche essere meritevoli di tutela.
Questa questione di costituzionalità fu portata all’attenzione della Cassazione, la quale però con la sentenza
2578/1975 ha dichiarato la questione di illegittimità costituzionale manifestamente infondata.

B) La teoria della separazione


Abbiamo visto che dopo la caduta del fascismo nei primi anni ’50 – ’60 la dottrina maggioritaria sosteneva la teoria
della identificazione, ritenendo la meritevolezza come mero sinonimo della liceità.
TUTTAVIA, verso l’inizio degli anni ’70 cominciò a mutare l’orientamento: si iniziò a procedere lentamente ad una
rilettura dell’art. 1322 comma 2 per cercare di riempirla di nuovo contenuto e distaccare il concetto di meritevolezza
dal concetto di liceità.
E infatti lentamente, dapprima la dottrina e poi la giurisprudenza arrivano a teorizzare la teoria della separazione tra
meritevolezza e liceità, fino a che oggi la teoria della separazione è diventata la teoria maggioritaria.
Quindi si arriva ad affermare: il contratto, oltre ad essere lecito, deve essere anche meritevole.
Come si arriva alla separazione tra la meritevolezza e la liceità?
I giuristi, per far sì che la meritevolezza acquistasse uno spazio autonomo rispetto alla liceità, iniziano a leggere la
clausola generale di meritevolezza alla luce della Costituzione e dei Trattati europei.
In particolare si inizia a guardare alla meritevolezza alla luce dei principi costituzionali quali:
- la solidarietà economica e sociale ex art. 2 Cost.: si inizia a leggere l’art. 1322 comma 2 alla luce dell’art.
2 Cost. il quale afferma “La Repubblica riconosce e
garantisce i diritti inviolabili dell'uomo … e richiede
l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà
politica, economica e sociale”.
Quindi, si dice: nell’interpretare il 1322 comma 2,
dobbiamo tener conto dell’obbligo di solidarietà
economica e sociale.

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- la libera iniziativa economica
e l’utilità sociale ex art. 41 Cost.: è vero che l’art. 41 comma 1 Cost. non tratta dell’autonomia privata ma
tratta dell’iniziativa economica privata (= libertà di fare impresa),
ma si inizia a pensare che se si riconosce la libertà di iniziativa economica
privata non può non riconoscersi di rifletto anche l’autonomia privata,
perché il contratto è lo strumento principale per fare impresa.
Inoltre, il comma 2 aggiunge che l’iniziativa economica privata non può
svolgersi in contrasto con l’utilità sociale, quindi l’utilità sociale va
richiamato per agganciarlo alla meritevolezza.
Conseguenze della separazione tra liceità e meritevolezza
Alla luce di ciò, i concetti di liceità e meritevolezza diventano due concetti separati, i quali pertanto richiedono due
controlli separati. Sostanzialmente si fa ricorso ad una argomentazione di stampo bettiano, nel senso che già Emilio
Betti (il giurista fascista) aveva affermato la necessità di un doppio controllo.
Quindi, riprendendo la teoria della doppia valutazione di Emilio Betti, la nuova dottrina maggioritaria ritiene che la
separazione tra meritevolezza e liceità sia sostenibile in quanto si tratta di due controllo diversi:

- il controllo in negativo è il controllo di legittimità (liceità), cioè bisogna accertare che il contratto non
contrasti con le norme imperative, l’ordine
pubblico e il buon costume

- il controllo in positivo è il controllo della meritevolezza.

Il controllo di meritevolezza: Dato che il controllo di meritevolezza ha acquisito una sua autonomia, che cosa significa
“controllo di meritevolezza”?
Col controllo di meritevolezza bisogna accertare che:
- NON il contratto in sè
- ma il “risultato” che il contratto è funzionalmente diretto a realizzare è
compatibile (e quindi non contrasta) con i principi e i valori socialmente
apprezzabili dall’ordinamento giuridico.
È ovvio che quando si parla di ordinamento giuridico, esso:
- NON si identifica più con i principi propri dell’ordinamento fascista
- ma si identifica con i principi della Costituzione e dei Trattati europei,
quali ad es. principi di solidarietà, di parità di trattamento e quello

che più rilevante di non prevaricazione del più forte


sul più debole.
Quindi, il controllo di meritevolezza sarebbe un controllo di adeguatezza del “risultato” del
contratto ai valori della Costituzione e dell’ordinamento.

Questa teoria della separazione viene anche formulata in altro modo, cioè si costruisce anche dicendo:
- il controllo di legittimità (liceità) è un controllo esterno perché è un controllo volto ad accertare che il
contratto non contrasti con le barriere poste
dall’ordinamento (nome imperative, ordine pubblico

e buon costume)
- il controllo di meritevolezza è un controllo interno perché la meritevolezza guarda all’interno del contratto,
cioè è meritevole se è ispirato al perseguimento di certi
valori.

Contratti futili (o inutili): Questa separazione tra i concetti di liceità e meritevolezza viene utilizzata dalla dottrina
anche per spiegare i contratti futili (o inutili).
I contratti futili o inutili sono quei contratti sì leciti ma immeritevoli, in quanto sono
indirizzati a perseguire interessi considerati irrilevanti per l’ordinamento.
Es. Tizio e Caio stipulano un contratto con cui si obbligano a salutarsi l’un l’altro quando si
incontrano usando titoli nobiliari.
Es. Tizio e Caio stipulano un contratto con cui si obbligano uno nei confronti dell’altro a
mantenere nella maniera migliore il proprio animale di affezione (es. gatto).
Questi contratti futili sono:

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- leciti perché NON contrastano con l’ordine pubblico, buon costume e norme imperative
- ma immeritevoli perché funzionali a perseguire interessi ritenuti irrilevanti dall’ordinamento.
Quindi qui emerge ancora la teoria della separazione.

Giurisprudenza: Questa teoria della separazione tra meritevolezza e liceità cominciò a lentamente prendere spazio
anche nella giurisprudenza. Infatti, abbiamo una serie di sentenze in cui la giurisprudenza distingue
tra meritevolezza e liceità.
Un caso emblematico è quello in cui le Corti si sono trovate a pronunciarsi sul contratto della cassetta
di sicurezza.
Il contratto della cassetta di sicurezza è quel contratto con cui un privato prende in
locazione una cassetta di sicurezza (armadio blindato) nel caveau di una banca pagando un
corrispettivo, e questo armadio blindato si apre solo con una doppia chiave – una che ha la
banca e una che ha il cliente.
Questo contratto viene evidentemente stipulato dal cliente per finalità di custodia da parte
della banca, tanto è vero che nel caveau i clienti generalmente mettono beni di maggior
valore (oro, gioielli, contanti).
Il problema sorge in caso di furto nelle cassette di sicurezza: qui la banca deve risarcire il
danno a titolo di responsabilità per inadempimento dell’obbligazione di custodia.
E allora cosa hanno studiato le banche? Le banche avevano cominciato ad inserire nelle condizioni

generali del contratto una clausola con cui obbligavano il cliente a non inserire all’interno nella
cassetta di sicurezza beni di valore superiore ad un certo ammontare.
Ecco, con riferimento a tale clausola inserita nel contratto della cassetta di sicurezza è intervenuta
la Cassazione e ha detto: la clausola con cui si prevede l’obbligo per il cliente di non inserire nella
cassetta beni di valore superiore ad una certo valore:
- è una clausola VALIDA E LECITA perché NON contrasta con norme imperative, ordine pubblico
o buon costume
- ma è IMMERITEVOLE perché ha insita in sé una forte contraddizione sul terreno causale, e
cioè: se il privato prende in locazione una cassetta di sicurezza per
custodire beni di valore ma contestualmente si impegna a non mettere
nella cassetta beni di valore, qui la contraddizione qui è evidente.
Tale clausola è immeritevole in quanto è ritenuta irragionevole,
inadeguata.
In questo modo la giurisprudenza è riuscita di ritagliare un ruolo autonomo alla meritevolezza.

QUANDO UN CONTRATTO È MERITEVOLE?


QUALI INTERESSI PROTEGGE LA MERITEVOLEZZA?
Abbiamo visto che oggi dottrina e giurisprudenza maggioritaria ritengono che i concetti di liceità e meritevolezza
NON siano meri sinonimi, ma siano due concetti diversi.
Ora, il punto da analizzare è: dato che sono due controlli diversi e che la meritevolezza ha un suo spazio autonomo, ci
domandiamo: quando un contratto è meritevole?
Per comprendere quando un contratto è meritevole, dobbiamo partire da una domanda: quali interessi protegge la
meritevolezza? Cioè, il controllo di meritevolezza è diretto a verificare che le parti col contratto abbiano perseguito
quali tipi di interessi?
Sono possibili due chiavi di lettura:
- orientamento maggioritario: ritiene che il contratto è meritevole se è funzionalmente diretto a perseguire
interessi privati dei contraenti. Chi afferma ciò ritiene pertanto che il controllo
di meritevolezza sia diretto a verificare che il contratto abbia perseguito
interessi privati meritevoli.
- orientamento minoritario: ritiene che il contratto è meritevole se è funzionalmente diretto a perseguire
interessi pubblici collettivi generali che vadano oltre la sfera degli interessi privati

dei contraenti. Chi afferma ciò ritiene pertanto che il controllo di meritevolezza
sia diretto a verificare che il contratto abbia perseguito interessi pubblici
collettivi generali.

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ORIENTAMENTO MAGGIORITARIO: LA MERITEVOLEZZA È FUNZIONALE A VERIFICARE IL PERSEGUIMENTO DI INTERESSI
PRIVATI
Dottrina e giurisprudenza ritengono che la meritevolezza vada agganciata agli interessi privati dei contraenti, nel senso
che il contratto è meritevole se è funzionalmente diretto a perseguire interessi privati apprezzati alla luce dei valori
costituzionali della solidarietà sociale e dell’utilità sociale e dei Trattati europei.
Ciò significa che:
- i privati NON sono obbligati a perseguire anche interessi collettivi generali
- il controllo di meritevolezza è quel controllo finalizzato a valutare se il “risultato” del contratto persegue
interessi privati agganciati ai valori costituzionali dell’utilità sociale e della
solidarietà sociale ispirati ai principi di:
- di giustizia del contratto
- di congruità delle prestazioni
- di equilibrio contrattuale (equo contemperamento degli interessi)
- di ragionevolezza dello scambio.
Quindi, il contratto è meritevole se le parti, nel perseguire i loro interessi privati individuali, abbiano realizzato un
assetto di interessi caratterizzato da giustizia dello scambio e equo contemperamento degli interessi.
Al contrario, se il contratto comporta che tra le prestazioni vi sia uno squilibrio ingiusto e irragionevole e non equo,
allora il contratto è immeritevole di tutela.
Giustizia del contratto: Che significa che per il controllo di meritevolezza bisogna valutare la giustizia del contratto?
- NON significa che le prestazioni del contratto devono essere di identico valore perché ciò
sarebbe contrario al principio di autonomia contrattuale
- significa che lo scambio deve essere economicamente apprezzabile e tendenzialmente
equilibrato
Giurisprudenza: In giurisprudenza riscontriamo numerose sentenze che seguono questa teoria maggioritaria nella
dottrina. Gran parte della giurisprudenza inizia a riconnettere il controllo di meritevolezza alla
verificare della giustizia del contratto, dell’equilibrio contrattuale, dell’equo contemperamento degli
interessi delle parti, pertanto dichiarando immeritevoli di tutela quei contratti che abbiano realizzato

un assetto di interessi squilibrato ed ingiusto, frutto dell’abuso del contraente forte su quello debole.
Vediamo qualche esempio di casistica giunta all’attenzione delle Corti.
- la clausola nel contratto della cassetta di sicurezza
Ne abbiamo parlato prima. La clausola che prevede il divieto per il privato di inserire nella
cassetta beni di un valore superiore ad un certo valore è immeritevole perché, se è vero che
la meritevolezza è collegata alla giustizia dello scambio e alla ragionevolezza di esso,
allora tale clausola è inidonea ad espletare una funzione utile.
- sentenza della Cassazione 7557/2011
Questa sentenza aveva ad oggetto un caso in cui era stato stipulato un contratto di
concessione con cui si prevedeva che:
1) il privato concedente Tizio dava in concessione un proprio terreno ad una società Alfa
(concessionario) per la costruzione di una discarica di rifiuti, la quale
ovviamente si obbligava a versare al privato un canone di concessione
2) alla scadenza del periodo di concessione, il concessionario (la società Alfa) aveva due
obblighi:
1) PRIMA aveva l’obbligo di provvedere alla bonifica del terreno
MA il problema è che non era specificato il termine finale

entro cui doveva essere compiuta la bonifica


2) e poi ovviamente l’obbligo di rilasciare il terreno al proprietario
concedente.
Ora, la controversia tra concessionario e concedente arriva fino in Cassazione.
La Cassazione si sofferma sull’intreccio tra meritevolezza e interpretazione giuridica del
contratto, perché?
- il giudice di merito di primo grado aveva interpretato il contratto di concessione in
questo modo: dato che nel contratto non era stato pattuito un
termine finale entro cui il concessionario doveva provvedere alla
bonifica del terreno, allora il concessionario poteva conservare la
disponibilità del terreno indefinitamente e senza corrispettivo fino a
quando non sarà completata la bonifica del terreno.

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Questo è come aveva ragionato il giudice di merito.
- Cassazione: la Cassazione ritiene che tale interpretazione del giudice di merito sia
erronea. Perché? La Cassazione ritiene che interpretare il contratto nel
senso di consentire al concessionario di trattenere indefinitivamente senza
alcun corrispettivo il terreno per tutta la durata delle operazioni di bonifica
renderebbe il contratto immeritevole, perché:
- comporterebbe uno squilibrio contrattuale inaccettabile
- contrasterebbe coi parametri costituzionali degli artt. 2 – 41 Cost.
a causa dell’indeterminatezza e l’unilateralità del sacrificio
imposto per una delle parti
- contrasterebbe coi principi dell’equo contemperamento degli interessi
delle parti.
- sentenza della Cassazione 4222/2017
Questa sentenza aveva ad oggetto un caso in cui era stato stipulato un contratto di
concessione di derivazione d’acqua da un torrente. In tale contratto era stata inserita una
clausola con cui si specificano due aspetti:
- la concessione era a titolo oneroso, quindi il concessionario doveva versare un canone di
concessione (fino a qui nulla quaestio)
- ma si stabiliva anche che il concessionario dovesse versare il canone di concessione
anche laddove la prestazione di derivazione d’acqua (cioè la prestazione di
prendere l’acqua dal torrente) fosse divenuta impossibile a causa di un fatto
sopravvenuto di un terzo o di una PA, come ad es. una PA che emanava un
provvedimento con cui vietava di attingere acqua dal torrente.
La controversia tra concessionario e concedente arriva fino in Cassazione.
La Cassazione afferma: il contratto è valido ma tale clausola è immeritevole di tutela perché:
- altera l’equilibrio contrattuale, trasformando in aleatorio il contratto perché riversa sul
concessionario il rischio dell'impossibilità sopravvenuta dipesa da un fatto di un terzo
o di una PA
- pertanto lede la libertà di iniziativa economia privata tutelata dall’art. 41 Cost.
- sentenza relativa ai contratti For you (o My way)
Per la giurisprudenza un altro caso di contratto immeritevole è il contratto For you,
denominato anche contratto My way.
Il contratto For you dà vita ad un’operazione finanziaria concordata tra la banca e il cliente
che prevede il seguente schema:
1) la banca eroga un mutuo tramite un finanziamento a lungo termine al cliente
2) il cliente, con questa somma ricevuta dalla banca, acquista immediatamente prodotti
finanziari gestiti o emessi dalla stessa banca
3) tali prodotti finanziari acquistati vengono immediatamente costituiti in pegno a garanzia
dell’eventuale mancato rimborso del mutuo ricevuto dal cliente.
Cosa pensa la Cassazione di questo contratto?
La Cassazione ritiene che tale contratto For you o My way è immeritevole perché il contratto
NON è equilibrato perché l’alea dell’operazione è posta in capo SOLO al cliente,
perciò è totalmente sbilanciata a favore della banca, infatti:
- da un lato SOLO la banca non rischia nulla, anzi riceve vantaggi certi e garantiti:
perché? Perché la banca si limita ad
erogare un mutuo e ne esce senza rischi
sia che il cliente riuscirà a restituirlo sia che

non riuscirà a restituirlo (dato che viene


costituito in pegno a garanzia
dell’eventuale mancato rimborso del
mutuo erogato)
- dall’altro c’è il cliente che, a fronte dell’obbligo di restituire le somme mutuate,
non ha una seria prospettiva di lucro a medio termine
né un vantaggio certo.
Il rapporto è sin dall’inizio interamente sbilanciato a favore della banca.
- il “prontuario” dell’immeritevolezza
Da ultimo, la giurisprudenza ha formulato una sorta di “prontuario” dell’immeritevolezza,

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cioè ha individuato una serie di ipotesi in cui il contratto sarebbe di per sé immeritevole.
Dato che il contratto è immeritevole quando il “risultato” che intende perseguire contrasta ai
principi di solidarietà, parità e non prevaricazione che l’ordinamento pone a fondamento dei
rapporti privati, allora sono immeritevoli quei contratti che:
a) o attribuiscono ad una parte un vantaggio ingiusto e sproporzionato senza contropartita
per l’altra parte
b) o pongono una delle parti in una posizione di soggezione rispetto all’altra, quindi squilibra

le posizioni delle parti perché una è costretta a subire le


determinazioni altrui
c) o costringono una parte a tenere condotte contrastanti con superiori norme di solidarietà
costituzionalmente imposte.

ORIENTAMENTO MINORITARIO: MERITEVOLEZZA È FUNZIONALE A VERIFICARE IL PERSEGUIMENTO DI INTERESSI


COLLETTIVI E GENERALI
La dottrina e la giurisprudenza minoritaria invece appoggiano la tesi opposta. La tesi minoritaria ritiene che il contratto
è meritevole se è diretto a perseguire anche interessi collettivi generali portati dalla Costituzione e dai Trattati
europei, oltre che chiaramente gli interessi privati dei contraenti.
Quindi secondo questo orientamento minoritario, il controllo di meritevolezza:
- NON è finalizzato a verificare se il contratto ha realizzato un equilibrato assetto di interessi tra le
parti, la giustizia dello scambio, l’equo contemperamento tra i
privati contraenti
- è finalizzato a verificare se il contratto realizza interessi generali della collettività tutelati dalla
Costituzione e dai Trattati europei.
Qui vediamo che si sposta l’attenzione: per la valutazione della meritevolezza non si tratta più di stabilire se il
contratto sia equilibrato e solidale tra le parti, ma l’indagine si sposta sui valori costituzionali. È il contrasto con questi
valori che rende immeritevole il contratto.
In quest’ottica, quando il contratto è immeritevole?
In quest’ottica sono considerati immeritevoli quei contratti che comportano la lesione di interessi generali della
collettività, contratti aventi ad oggetto: - la trasmissione di programmi diseducativi
- la pubblicità di prodotti dannosi per la salute
- attività pregiudizievoli per l’ambiente
- comportamenti contrari alla solidarietà sociale
- operazioni elusive di norme fiscali
- contratti che tendano a pregiudicare valori quali l’ambiente, l’occupazione,
l’eguaglianza sostanziale, l’educazione, ecc.
Giurisprudenza: La parte minoritaria della giurisprudenza ha seguito questo orientamento secondo cui il contratto è
meritevole se è funzionale a perseguire anche interessi pubblici e collettivi portati dalla Costituzione o

dai Trattati europei. Infatti, in alcune sentenze (a dir la verità veramente poche) ritroviamo questo
orientamento:
- sentenza della Cassazione 3080/2013
I farmacisti appartenenti all’ordine dei farmacisti della provincia di Caserta avevano stipulato un
contratto atipico con cui vietavano l’apertura delle farmacie al di fuori dei turni minimi.
Una farmacista appartenente all’ordine professionale dei farmacisti disattese le prescrizioni
dell’intesa e decise di restare aperta al di là del turno minimo. Ne nasce una controversia che arriva
fino in Cassazione.
La Cassazione con sentenza 3080/2013 afferma che il contratto siglato dai farmacisti è immeritevole:
- NON perché il contratto è squilibrato, anzi il contratto è equilibrato perché tutti i farmacisti

assumevano i medesimi obblighi e avevo di medesimi diritti, quindi è


pienamente equilibrato
- ma PERCHÉ pregiudica gli interessi pubblici collettivi generali, quali:
- la tutela della libera concorrenza nel settore farmaceutico
- e la tutela del consumatore (per il consumatore tale contratto è un danno perché
per lui sarebbe meglio avere le farmacie aperte al di
là dei turni minimi perché ovviamente rende più
facile l'approvvigionamento di ciò che necessita).

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- sentenza della Cassazione 1343/2009
Il caso traeva origine da un contratto di locazione in cui era stata inserita una clausola atipica che
prevedeva il divieto per il locatario (inquilino) di ospitare in modo stabile nell’appartamento locato
persone estranee al nucleo familiare anagrafico.
La Cassazione analizza tale clausola atipica procedendo in questo modo:
- effettua prima un controllo di liceità e ritiene lecita la clausola perché non contrasta con alcuna
norma imperativa né con l’ordine pubblico né col buon costume
- poi effettua un controllo di meritevolezza: e qui la Cassazione dice che la clausola, pur essendo
lecita, NON è meritevole perché contrasta con
l’adempimento dei doveri di solidarietà nei rapporti tra

privati ex art. 2 Cost. che si può manifestare attraverso


l’ospitalità offerta per venire incontro all’altrui
difficoltà o con l’esplicazione di rapporti di amicizia.
- sentenza del Tribunale di Ivrea del 28 luglio 2000
Il caso riguardava un contratto che era stato stipulato tra due creditori di un medesimo soggetto,
uno dei quali si impegna ad estendere all’altro creditore i benefici che, nell’ipotesi di escussione del
debitore, gli derivano dalla titolarità di un’ipoteca sui beni di quest’ultimo.
Dice il Tribunale di Ivrea: questo contratto è meritevole di tutela perché persegue interessi collettivi
perché:
- consente di ristabilire la par condicio creditorum
- il creditore privo dei benefici ipotecari non ha la necessità di cominciare
un processo esecutivo per ripristinare la par condicio
- c’è un evidente risparmio sia in termini di tempo per il soddisfacimento
dei rispettivi crediti sia in termini di costi.
Il contratto è meritevole di tutela perché consente di realizzare un risultato utile sul

piano collettivo che è quello di evitare un inutile processo esecutivo in concorso tra
più creditori.

Dottrina di Pietro Perlingieri: Nell’ambito di questa dottrina minoritaria che ritiene che il contratto è meritevole
se persegue anche interessi pubblici collettivi si inserisce il pensiero del giurista Pietro
Perlingieri, che afferma: ci sono alcuni contratti, tra cui quelli associativi, per i quali è
come se la meritevolezza fosse in re ipsa.
Dice Perlingieri: se un contratto ha un’immediata copertura da una norma costituzionale,
non sarebbe necessario effettuare un controllo di meritevolezza perché
la meritevolezza è in re ipsa, cioè è già insita nel contratto stesso, quindi
il contratto sarebbe automaticamente meritevole.
Contratti associativi: Perlingieri sosteneva questa tesi in particolare per i contratti associativi.
In sostanza Perlingieri riteneva che la libertà di associazione è esclusa soltanto
se è diretta a perseguire finalità vietata dall’ordinamento (arg. ex art. 18 Cost.),
di conseguenza: in presenza di interessi leciti che colorano la causa, il contratto
associativo è in re ipsa meritevole perché per definizione è funzionale a
realizzare interessi meritevoli di sviluppo della persona umana.
Critica di Minervini: Minervini in realtà è critico nei confronti di Perlingieri e della sua tesi.
Minervini afferma che la tesi di Perlingieri non può essere accolta perché:
- se si sostenesse la tesi di Perlingieri, si giungerebbe così alla conclusione che,
se viene stipulato un contratto costitutivo di un’associazione per la
crescita delle pulci, il contratto sarebbe meritevole in re ipsa, senza che
si possa sindacare la sua meritevolezza, il che pare assai improbabile
- la tesi della meritevolezza in re ipsa finisce per confondere tipo contrattuale e
causa concreta, perché è vero che il contratto associativo è stato
per certi versi tipizzato dal legislatore (si pensi ai consorzi, alle
società), ma ciò non toglie che la causa concreta di quel contratto
associativo potrebbe non essere meritevole.
Il contratto associativo per la crescita delle pulci è sì un contratto tipico
e lecito, ma non è meritevole perché la crescita di un animale-parassita

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quale è la pulce non può essere considerato uno scopo meritevole di
tutela.

AMBITO DI APPLICAZIONE DEL CONTROLLO DI


MERITEVOLEZZA
Constatato che la meritevolezza ha un suo spazio autonomo dato che non è un mero doppione della liceità, dobbiamo
ora indagare un altro tema: l’ambito di applicazione del controllo di meritevolezza.
L’ambito di applicazione del controllo di meritevolezza è una questione assai rilevante sia sul piano teorico quanto su
quello pratico: il controllo di meritevolezza va effettuato per tutti i contratti? O soltanto per quelli atipici?

Per trattare del tema dell’ambito di applicazione del controllo di meritevolezza partiamo dall’art. 1322 comma 2 che
afferma: “Le parti possono concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare, quindi le

parti possono concludere contratti atipici, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela,
secondo l'ordinamento giuridico”.
Stando ad un’interpretazione squisitamente letterale, sembrerebbe che il legislatore abbia posto un paletto:
il giudizio di meritevolezza sarebbe riservato soltanto ai contratti atipici, mentre sarebbe escluso per i contratti tipici.
Ma è davvero così?

TRATTAZIONE PRELIMINARE
Prima di entrare nel tema, cerchiamo preliminarmente di comprendere questa distinzione tra contratti tipici e i
contratti atipici in generale, così dopo ci sarà più facile comprendere la tematica.
I TIPI CONTRATTUALI
Nozione: Il tipo contrattuale è un modello legale di contratto caratterizzato da astrattezza e genericità più o meno
articolato e con un certo numero di varianti.
Quindi, il tipo contrattuale può essere visto come una sorta di contenitore che disegna i confini di una certa
operazione economica e al suo interno può contenere una articolazione complessa di ipotesi.
Codice: Il codice è strutturato attraverso una contrapposizione tra:
- una parte del contratto in generale (artt. 1321 – 1469 bis)
- una parte speciale, cioè la disciplina dei singoli tipi contrattuali.
Tendenza “tipizzatrice”: Il nostro legislatore sin dal 1942 è stato contraddistinto da una tendenza che definiamo
tipizzatrice, nel senso che il legislatore italiano sin dal 1942 è stato molto propenso a tipizzare
i modelli contrattuali. Che significa?
Il legislatore ha spesso fatto una ricognizione della prassi e, di fronte alle operazioni
economiche più frequenti nella prassi, ha preso questi modelli sociali diffusi e li ha disciplinati
sul piano giuridico creandone il tipo contrattuale legale.
Ecco perché nel nostro codice esiste un elenco ampio ed analitico di tipi contrattuali.
La tendenza tipizzatrice della giurisprudenza: Alla tendenza tipizzatrice del legislatore si affianca anche la
tendenza tipizzatrice della giurisprudenza. Infatti, la stragrande
maggioranza delle Corti, di fronte al singolo contratto concreto,
si sforzano di ricostruire la sua disciplina applicando una logica

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tipizzante: in altri termini, la giurisprudenza, anche di fronte ad
un contratto atipico, cerca sempre di qualificare il contratto in
modo da ricondurlo ad un tipo contrattuale, quindi cerca
sempre di ricostruirne la disicplina contrattuale riconducendo il
concreto contratto ad un tipo legale, ricorrendo in ultima
istanza alla figura del contratto misto.
Conseguenza: Marginalità del contratto atipico: Qual è la conseguenza di questa tendenza tipizzatrice?
È che il ruolo del contratto atipico è un ruolo marginale.
I SOTTOTIPI
Spesso il legislatore non si limita ad individuare il tipo contrattuale legale ma all’interno dello stesso tipo individua dei
cd. sottotipi.
Perché? Abbiamo detto che il tipo contrattuale è un modello caratterizzato da genericità e astrattezza. L’astrattezza
del modello chiaramente deve fare i conti con l’esigenza di indagare in concreto l’assetto di interessi, e infatti uno
stesso modello può conoscere diverse varianti. Ecco perché il legislatore, oltre a disciplinare un tipo contrattuale, può
disciplinare all’interno di tale tipo una serie di cd. sottotipi.
Es. consideriamo il contratto di deposito: è un contratto tipico previsto dal legislatore per disciplinare la fattispecie
della custodia. Es. ho uno zaino pesante e, per poter essere più comodo per
girare il museo, lo lascio al deposito del bagaglio del museo.
Il codice conosce anche un sottotipo del deposito, e infatti esiste una variante del
deposito chiamata deposito irregolare.
Per deposito irregolare si intende che il bene dato in deposito passa dalla proprietà
del depositante al depositario, sicché quando il depositante andrà a ritirare il bene
dato in deposito al termine del contratto di deposito, NON gli spetterà quello
specifico bene, ma un bene avente le stesse caratteristiche: si tratta di “ beni di
genere”.
Es. l’esempio più frequente di deposito irregolare è il deposito di denaro. Tizio va in
banca e deposita del denaro. Ora, nel momento in cui deposita il denaro, questo
si va a confondere con tutto l’altro denaro che circola all’interno della banca.
Pertanto, quando il depositante Tizio andrà a ritirare il denaro, non riceverà le
stesse identiche banconote, ma riceverà diverse banconote pur nello stesso
ammontare di euro che aveva depositato.
CONCLUSIONE
il Codice distingue nettamente contratti tipici e atipici:
- i contratti tipici hanno una disciplina decisamente più ricca, applicandosi sia la parte codicistica del contratto

in generale che la disicplina prevista di volta in volta per i singoli contratti tipici
- i contratti atipici invece hanno una disicplina più scarna, applicandosi soltanto la parte codicistica del
contratto in generale.
TUTTAVIA, quello che emerge è che il legislatore:
- ha individuato un elenco infinito di tipi contrattuali (contratti tipici)
- ma NON ha proceduto in maniera ordinata, in quanto NON ha individuato un solo criterio per discernere i vari

contratti tipici: ciò ha contribuito inevitabilmente a creare problemi di sovrapposizione e di


distinzione.
Quindi i confini appaiono molto più sfumati e le distinzioni non sono poi così nette.

LA TEORIA MINORITARIA: IL CONTROLLO DI MERITEVOLEZZA VA EFFETTUATO SOLO PER I


CONTRATTI ATIPICI E TENENDO CONTO DELLO SCHEMA ASTRATTO
Partendo dalla lettera dell’art. 1322 comma 2, che afferma: “Le parti possono concludere contratti che non
appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare (quindi le parti possono concludere contratti atipici), purché
siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela, secondo l'ordinamento giuridico”, parte della dottrina minoritaria
afferma 3 punti essenziali:
1) il controllo di meritevolezza va effettuato SOLO sui contratti ATIPICI
2) il controllo di meritevolezza ha ad oggetto LO SCHEMA GENERALE E ASTRATTO utilizzato dalle parti
3) il controllo di meritevolezza PRECEDE il controllo di liceità

Vediamo singolarmente i punti essenziali affermati da questa dottrina minoritaria:


1) il controllo di meritevolezza va effettuato SOLO per i contratti atipici

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La dottrina minoritaria parte dal tenore letterale dell’art. 1322 comma 2 e non se ne distacca. Infatti dice: se leggiamo
l’art. 1322 comma 2, la formulazione squisitamente letterale dice “le parti possono concludere contratti che non
appartengono ai tipi aventi una disicplina particolare”, quindi letteralmente si fa riferimento SOLO ai contratti atipici.
Quindi, in base ad una interpretazione squisitamente letterale dell’art. 1322 comma 2, il controllo di meritevolezza:
- NON va effettuato sui contratti tipici
- va effettuato SOLO sui contratti atipici.
Perché? Perché il controllo di meritevolezza sui contratti tipici è stato già effettuato a monte dal legislatore, quindi
non ci sarebbe alcuna necessità per il giudice di indagare sulla meritevolezza del contratto tipico.
Invece, per i contratti atipici il giudizio di meritevolezza è affidato al giudice, cui spetta di accertare se lo
schema di contratto sia giuridicamente rilevante oppure no

2) il controllo di meritevolezza ha ad oggetto lo schema generale ed astratto utilizzato dalle parti


Secondo tale dottrina minoritaria, il controllo di meritevolezza sui contratti atipici:
- NON ha ad oggetto la causa concreta del singolo concreto contratto portato all'attenzione del giudice
- ma ha ad oggetto il tipo sociale, cioè lo schema generale ed astratto dell’operazione compiuta dalle parti,
A PRESCINDERE dalle particolarità del
caso concreto.
Secondo questa teoria, il giudice in un certo senso è come se si trovasse allo stesso posto del legislatore, perché di
fronte ad un contratto atipico il controllo della meritevolezza lo deve compiere considerando lo schema contrattuale
generale e astratto utilizzato dalle parti, PRESCINDENDO completamente dalle particolarità del caso concreto.
Secondo questo orientamento, il giudice dovrebbe ragionare nello stesso modo in cui ragiona il legislatore quando
decide di rendere tipico un contratto, quindi in sede di controllo della meritevolezza di un contratto atipico il giudice
deve chiedersi: - qual è lo schema generale del contratto utilizzato?
- qual è l’ossatura in astratto del tipo di operazione compiuta?
- quali sono le linee essenziali dell’affare, cioè quegli elementi essenziali suscettibili di fornire uno
schema per una serie indefinita di casi simili.

3) il controllo di meritevolezza è ANTERIORE rispetto al controllo di liceità


Infine, tale dottrina minoritaria afferma: partendo dall’assunto ormai pacifico che controllo di meritevolezza e
controllo di liceità sono due controlli distinti sia sul piano logico che cronologico, qual è l’ordine tra i due controlli?
Secondo tale dottrina minoritaria viene prima il controllo di meritevolezza e soltanto dopo il controllo di liceità:
1) PRIMA il giudice deve effettuare il controllo di meritevolezza. Se questo controllo ha esito negativo, allora
vuol dire che lo schema generale ed astratto
non è meritevole, quindi NON ha alcuna
rilevanza per l’ordinamento
2) SOLO SE il contratto viene ritenuto meritevole, allora il giudice può passare al secondo step: effettuare il
controllo di liceità del contratto atipico, finalizzato a distinguere gli atti validi da quelli
invalidi.

Giurisprudenza
Parte della giurisprudenza ha seguito questa tesi dottrinale minoritaria, infatti vi sono alcune sentenze che
riconnettono il controllo di meritevolezza al tipo sociale, cioè a quei contratti legalmente atipici ma socialmente diffusi
nella prassi:
- sentenza del Tribunale di Vigevano del 1972 in tema di leasing
Questa sentenza è molto importante perché è la prima sentenza in Italia che si occupa del contratto
di leasing. Vediamo prima cos’è il leasing e le sue caratteristiche, e dopo vediamo la sentenza del
Tribunale di Vigevano.
All’epoca della sentenza, quindi nei primi anni ’70, il contratto di leasing era un contratto atipico
(oggi invece è stato disciplinato dal legislatore) che presentava caratteristiche che non consentivano
un inquadramento netto né nello schema della locazione né nello schema della vendita di riserva
della proprietà.
L’operazione di leasing consisteva in una operazione che prevedeva questo meccanismo:
- un soggetto (ad es. nel caso dinanzi al Tribunale di Vigevano si trattava di un imprenditore) non
che non ha liquidità necessaria o non ha la volontà di acquistare un bene, può rivolgersi ad
una società di leasing
- la società di leasing acquista il bene dal produttore
- il produttore consegna il bene direttamente al soggetto interessato (primo soggetto)
- il soggetto (es. imprenditore), una volta ricevuto il bene, assume l'obbligo di pagare alla società

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di leasing dei canoni mensili.
Alla fine del pagamento aveva la possibilità di riscattare il bene
(diventandone proprietario), pagando una rata supplementare.
Schema: Il contratto di leasing all’epoca era un contratto atipico con un meccanismo nuovo perché:
- era difficilmente inquadrabile nello schema della locazione perché nella locazione al
termine del periodo di locazione NON è previsto che il bene possa essere riscattato
dal locatario
- ed era difficilmente inquadrabile anche nello schema della vendita con riserva della
proprietà, perché la vendita non ha finalità di consentire il godimento ad altri per
un certo lasso di tempo, ma ha finalità traslative.
Quindi il contratto atipico di leasing era di frequente utilizzato per consentire ad un
imprenditore l’uso e la disponibilità di beni e servizi strumentali alla sua produzione
ma senza acquistarne necessariamente la proprietà, contro il pagamento in corrispettivo di
un canone mensile.
Sentenza del Tribunale: Nel 1972 per la prima volta il contratto atipico di leasing giunge
all’attenzione di una Corte, in particolare si trattava del Tribunale di
Vigevano.
Il Tribunale di Vigevano si occupò del problema della meritevolezza del contratto
atipico di leasing. E come ragionò? Il Tribunale ragionò:
- NON ragionando sul singolo concreto contratto sottoposto alla sua attenzione
- ma ragionò a livello di schema generale e astratto, chiedendosi: “questo
modello generale ed astratto utilizzato dalle parti è meritevole e
rilevante in generale per il nostro ordinamento giuridico?”.
Il tribunale di Vigevano concluse che lo schema generale e astratto dell’operazione
economica di leasing era meritevole di tutela. Perché? Perché lo schema generale e

astratto del leasing è funzionale ad una serie di interessi rilevanti per


l’ordinamento:
- è utile per l'economia perché consente alle imprese, che non vogliono o non
possono acquistare macchinari per la produzione, di poter utilizzare questi
macchinari contro il pagamento di un canone mensile
- con tale schema di leasing gli imprenditori possono organizzare i fattori necessari
per la loro produzione e avviare/continuare il processo produttivo.
Ecco dunque che il Tribunale ritiene il contratto di leasing meritevole perché
realizza la crescita della piccola impresa ad accedere all’acquisto di beni e prodotti
utili per il suo processo produttivo.
- sentenza della Pretura di Roma del 1986 in tema di contratto autonomo di garanzia a prima domanda,
denominato performance bond
Ritenuto meritevole di tutela è anche il contratto autonomo di garanzia a prima domanda
denominato performance bond.
Il contratto autonomo di garanzia a prima domanda (performance bond) è quel contratto di garanzia
con cui l'acquirente o il committente si garantiscono per il rischio di inadempimento della
controparte (il fornitore o l'appaltatore). In caso di inadempimento, l'acquirente otterrà un
indennizzo da parte del soggetto che ha prestato la garanzia, solitamente una banca (garante).
Es. In un contratto di compravendita internazionale, l’acquirente (ad es. una società inglese) si
impegna ad acquistare una certa quantità di merce da un fornitore (ad es. una società italiana).
L'acquirente chiederà al fornitore di far emettere da una banca un performance bond, cioè una
garanzia di buona esecuzione del contratto in modo tale che, in caso di inadempimento del
fornitore, l’acquirente, anziché iniziare un processo per il risarcimento dei danni, si rivolgerà alla
banca che ha emesso la garanzia e ne richiederà il pagamento.
È un contratto meritevole di tutela?
Secondo la Pretura di Roma, lo schema generale e astratto del contratto autonomo di garanzia a
prima domanda (performance bond) è meritevole di tutela perché:
- è utile per gli imprenditori perché possono partecipare ad affari che presentano seri fattori di
imponderabilità e che conseguentemente potrebbero non essere conclusi ove
detta garanzia non venisse concessa
- riesce a soddisfare le esigenze del commercio internazionale per due motivi:
- facilita il commercio

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- nessun contraente si assumerebbe il rischio di andare in un paese straniero e agire in
giudizio per conseguire quanto gli spetta.
- contratto di trasferimento di know how
Il contratto atipico di trasferimento del know how contro corrispettivo è quel contratto che:
- attribuisce a colui che è privo di know how le conoscenze delle quali necessita, e gli consente di
superare una situazione di svantaggio economico
- e al contempo priva il precedente titolare (cedente) di una situazione di superiorità produttiva e
commerciale che costituiva per lui una fonte di ricchezza.
Quindi è un contratto che determina un arricchimento del cessionario a danno del cedente ma è una
situazione giustificata dal fatto che a carico del cessionario è previsto un corrispettivo che vale a
ricomporre l’equilibrio tra le due prestazioni.
Comunque il contratto di trasferimento del know how è un modello generale ritenuto meritevole di
tutela.

Critica: qual è il rischio di questa ricostruzione della dottrina minoritaria?


Questa ricostruzione della dottrina minoritaria secondo cui il controllo di meritevolezza è limitato ai SOLI contratti
atipici è stata ampiamente criticata nel tempo. Perché? Perché è vero che limitare il controllo di meritevolezza ai soli
contratti atipici rispetta il tenore letterale dell’art. 1322 comma 2 ed è fedele all’intenzione del legislatore del 1942,
ma tale ricostruzione soffre di un rischio evidente: tale ricostruzione rischia di emarginare e depotenziare il rimedio
della meritevolezza. Perché?
- la tendenza tipizzatrice del legislatore ha fatto sì che sia stato creato un elenco ampio e analitico di tipi
contrattuali sia nel nostro Codice civile sia in alcune leggi speciali
- la tendenza tipizzatrice della giurisprudenza: abbiamo visto che la giurisprudenza, quando è chiamata ad
analizzare un contratto atipico, nella stragrande maggioranza
dei casi inquadra lo schema di quel contratto in uno dei tipi
contrattuali legali, o in ultima istanza ricorrendo alla categoria
del negozio misto.
Ma allora il punto è che se il controllo di meritevolezza lo si limita ai soli contratti atipici, allora, a causa di questa
tendenza tipizzatrice sia del legislatore che della giurisprudenza, si rischia di non trovarsi mai dinanzi ad un contratto
atipico o comunque in rare ipotesi, con la conseguenza che si corre il rischio elevato di marginalizzare il controllo
meritevolezza stesso perché c’è il rischio che il controllo di meritevolezza non si applichi mai perché è difficile trovare
un contratto che sia totalmente atipico.
Quindi, si è cominciato a dire: attenzione, se noi limitiamo il controllo di meritevolezza ai soli contratti atipici, noi
rischiamo di renderlo un’ipotesi alquanto residuale.

Ma c’è anche un’altra argomentazione che mette in crisi la ricostruzione della dottrina minoritaria secondo cui il
controllo di meritevolezza è limitato ai soli contratti atipici. Se si vuole dire che il controllo di meritevolezza è limitato
ai soli contratti atipici, si dovrebbe saper dire cos’è un contratto atipico: se io so agevolmente distinguere un contratto
tipico da un contratto atipico, allora potrei azzardare a dire che il controllo di meritevolezza sia limitaot ai contratti
atipici.
Ma il problema è proprio questo: noi viviamo in un sistema in cui NON c’è una linea netta e precisa che consenta di
distinguere tra contratti tipici e contratti atipici.
Si fa presto a dire che il contratto atipico è quello che non è stato disciplinato dal legislatore, a differenza del contratto
tipico. Questo in via di prima approssimazione è vero, però il problema è che l’espressione “contratto atipico” è una
espressione equivoca e polisensa, in quanto essa ricomprende tre diverse accezione:
1) sia il contratto atipico in senso assoluto: una prima accezione di “atipico” fa riferimento al contratto
atipico inteso come schema contrattuale assolutamente originale
ed unico. Sono quegli affari irripetibili inerenti ad una singola
vicenda particolare, da cui NON potrebbe costruirsi uno schema
generale da applicarsi nella normalità dei casi.
2) sia il contratto atipico inteso come
modello socialmente diffuso (= socialmente tipico): una seconda possibile accezione di “atipico” fa
riferimento al contratto:
- atipico in quanto non disciplinato dal codice
- ma socialmente tipico, nel senso di schema o struttura
socialmente diffuso nella prassi.
Sono quei modelli contrattuali che nascono soltanto sul
piano sociale (della prassi) e che poi magari, a distanza di

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anni, vengono disciplinati dal legislatore, diventando
quindi tipici.
Esempio tipico è il contratto di leasing: prima era un
contratto atipico ma socialmente diffuso e poi è
diventato un contratto tipico quando il legislatore ha
deciso di disciplinarlo.
3) sia il contratto tipico contenente una clausola atipica: un’altra possibile accezione di “atipico” fa
riferimento a quei contratti tipici ma contenenti una
clausola atipica in quanto deroga alla disciplina del
tipo utilizzato.
Alla luce di questo discorso, capiamo che non basta distinguere tra:
- contratti tipici: quelli disciplinati dal Codice civile
- contratti atipici: quelli NON disciplinati dal Codice civile
perché in realtà questa contrapposizione è molto meno nitida: questa contrapposizione conosce tante tonalità di
grigio, infatti non esiste un punto di confine netto tra tipico e atipico.
Quindi, questa distinzione tra tipico e atipico NON può essere il perno su cui ricostruire il controllo di meritevolezza
limitandolo ai soli contratti atipici perché il problema è proprio che la linea tra tipico ed atipico è sottile.
Ecco perché oggi l’orientamento prevalente in dottrina e in giurisprudenza estende il controllo di meritevolezza anche
ai contratti tipici.

LA TEORIA MAGGIORITARIA: IL CONTROLLO DI MERITEVOLEZZA VA EFFETTUATO ANCHE PER I


CONTRATTI TIPICI E SI DEVE TENERE CONTO DELLA CAUSA CONCRETA
Proprio per evitare di marginalizzare il controllo di meritevolezza, oggi la dottrina e giurisprudenza maggioritaria
arrivano a conclusioni diametralmente opposte rispetto a quelle della dottrina minoritaria.
Per la tesi maggioritaria:
1) il controllo di meritevolezza va effettuato su TUTTI i contratti: sia tipici che atipici
2) il controllo di meritevolezza ha ad oggetto LA CAUSA CONCRETA DEL CONTRATTO
3) il controllo di meritevolezza è POSTERIORE rispetto al controllo di liceità

Vediamo singolarmente i punti essenziali affermati da questa dottrina minoritaria:


1) il controllo di meritevolezza va effettuato SIA SUI CONTRATTI TIPICI SIA SUI CONTRATTI ATIPICI
L’orientamento prevalente in dottrina e in giurisprudenza, distaccandosi dal tenore letterale dell’art. 1322 comma 2,
ritiene che il controllo di meritevolezza vada compiuto su TUTTI i contratti, sia tipici che atipici.
Perché? Perché il fatto che un contratto sia tipico NON assicura che quel contratto in concreto sia sempre meritevole.
Però c’è un punto da chiarire: come abbiamo già detto, se leggiamo letteralmente l’art. 1322 comma 2, esso limita il
controllo di meritevolezza ai soli contratti atipici. E allora la domanda è: in che modo
dottrina e giurisprudenza sono riusciti a giustificare l’estensione del controllo di
meritevolezza anche ai contratti tipici, nonostante il tenore dell’art. 1322 comma 2?
La giurisprudenza ha utilizzato un espediente verbale: vedremo tutto ciò tra poco nella
sentenza 22437/2018 in che modo la Cassazione ha esteso il controllo di meritevolezza
anche ai contratti tipici.

2) il controllo di meritevolezza ha ad oggetto LA CAUSA CONCRETA DEL CONTRATTO


Tale dottrina maggioritaria aggiunge che il controllo di meritevolezza sui contratti:
- NON ha ad oggetto il tipo sociale, cioè lo schema generale ed astratto dell’operazione compiuta dalle parti
- ma ha ad oggetto la causa concreta del singolo concreto contratto che viene portato di volta in volta
all'attenzione del giudice.
Ciò significa che il giudice, nel valutare la meritevolezza del contratto, deve controllare la meritevolezza del singolo
concreto contratto alla luce delle particolarità del fatto in concreto, quindi valutando tutto il contenuto del singolo
caso concreto, tenendo conto: - della causa concreta
- delle modalità dello scambio
- della qualità delle parti
- della forza contrattuale delle parti: cioè la simmetria (la parità di forza) o la
asimmetria (la disparità di forza) tra i contraenti.
Ciò consente di risolvere il problema teorico rappresentato dal rapporto tra meritevolezza e causa del contratto. La
meritevolezza è un carattere o una qualità della causa, ovvero si sovrappone alla causa, sicché meritevole va
qualificata la causa e NON l’interesse.
3) il controllo di meritevolezza è POSTERIORE rispetto al controllo di liceità

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Infine, tale dottrina maggioritaria ribalta totalmente quanto affermato dalla dottrina minoritaria sul piano logico e
cronologico. Infatti, per l’attuale dottrina maggioritaria:
1) PRIMA il giudice deve effettuare il controllo di liceità
2) SOLO DOPO, se il controllo di liceità è stato positivo, il giudice valuta la meritevolezza del contratto.

Giurisprudenza
Di recente, nel 2018 è intervenuta una sentenza della Cassazione a Sezioni Unite che ha provveduto a precisare questa
teoria maggioritaria. In particolare, la Cassazione a Sezioni Unite nella sentenza 22437/2018 (è una delle sentenze che
ha ad oggetto le clausole claims made) ricorre ad un espediente verbale per estendere il controllo di meritevolezza
anche ai contratti tipici, consapevoli del fatto che l’art. 1322 comma 2 letteralmente limiti il controllo di meritevolezza
ai soli contratti atipici.
Quindi la Cassazione riesce, tramite questo espediente nominalistico (verbale) a bypassare quello che sembra essere il
limite posto dall’art. 1322 comma 2, che letteralmente limita il controllo di meritevolezza ai soli contratti atipici.
E qual è questo espediente verbale? La Cassazione costruisce il sistema in questo modo:
- in caso di contratto ATIPICO, si deve effettuare un controllo di meritevolezza sulla causa concreta del
contratto atipico stipulato.
Tale controllo di meritevolezza è quello previsto ai sensi dell’art. 1322 comma 2
- in caso di contratto TIPICO: in questo caso, la Cassazione doveva conciliare l’esigenza di non contrastare con
la lettera dell’art. 1322 comma 2 (che limita il controllo di meritevolezza ai soli
contratti atipici) e l’esigenza di estendere il “controllo di meritevolezza” anche ai
contratti tipici. E come ha fatto?
La Cassazione ha detto che per i contratti tipici:
- NON si può parlare di controllo di meritevolezza in senso stretto ex art. 1322
comma 2 perché tale norma si riferisce
solo ai contratti atipici
- ma si tratta di un controllo ex art. 1322 comma 1, quindi la Cassazione usa questo
espediente, dicendo: NON lo possiamo chiamare

“controllo di meritevolezza”, ma
sostanzialmente si tratta di un controllo sulla
causa concreta del contratto tipico che di fatto
partecipa alla stessa tensione ispiratrice del
controllo di meritevolezza di cui all’art. 1322
comma 2, quindi sostanzialmente si
raggiungerebbero gli stessi risultati.
Quindi, per la Cassazione, sui contratti tipici il giudice deve svolgere un’indagine simile o quasi identica a quella che
farebbe nei contratti atipici, quindi comunque si guarda alla causa concreta e la si deve valutare attraverso lo spettro
delle norme costituzionali e sovranazionali (dei trattati europei).
Perché la Cassazione arriva a costruire così il sistema?
La Cassazione con questo sistema cerca di bilanciarsi tra queste due esigenze:
- da un lato rimanere fedele al testo del comma 2 dell’art. 1332 che limita il controllo di meritevolezza ai soli
contratti atipici
- dall’altro lato si vuole estendere il controllo di “meritevolezza” anche ai contatti tipici, e lo si fa dicendo che
tale controllo avviene ai sensi dell’art. 1322 comma 1, quindi il
comma precedente al 2.

La clausola atipica
Abbiamo prima detto che “atipico” è un’espressione polisensa, nella quale rientrano non soltanto il contratto atipico
in senso assoluto e i contratti atipici socialmente diffusi, ma anche il contratto tipico in cui sia stata inserita una
clausola atipica.
La clausola atipica è quella clausola inserita in un contratto tipico che deroga lo schema del tipo utilizzato.
Esempi: Esempi di clausola atipica li abbiamo già visti:
- in un contratto di locazione è atipica la clausola con cui il locatario (inquilino) aveva assunto l'obbligo di
non ospitare stabilmente nella sua abitazione presa in locazione soggetti
diversi dai componenti del suo stato di famiglia
- nel contratto può essere prevista una clausola cd. claims made che prevede una differente individuazione

del sinistro soggetto ad assicurazione

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- nel contratto di cassetta di sicurezza è atipica la clausola che limita il potere di inserire beni di valore
superiore ad un certo ammontare.
Ora, la domanda è: se in un contratto tipico è stata inserita una clausola atipica, il controllo di meritevolezza va
effettuato oppure no?
- parte della giurisprudenza ritiene che il controllo di meritevolezza investa tutto il contratto,
quindi ovviamente anche la clausola atipica
- parte della giurisprudenza ritiene che il controllo di meritevolezza investa solo la clausola
atipica, dato che il contratto è tipico (ricordiamo che la dottrina
minoritaria ritiene che il controllo di meritevolezza non investa i
contratti tipici)
- parte della giurisprudenza afferma: se il contratto tipico contiene una clausola atipica, allora
tale clausola atipica comporta la fuoriuscita del contratto
dal tipo e quindi il contratto diventa atipico, perciò il
controllo di meritevolezza sarà necessario.
Sentenza 9140/2016: Nel 2016 la Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza 9140/2016 ha cercato di dare una
risposta che cercasse di mettere d’accordo i vari orientamenti della giurisprudenza stessa, ma
secondo Minervini ha soltanto creato un grande equivoco.
In questa sentenza (che si occupa del contratto con la clausola atipica claim made, che vedremo
più avanti), la Cassazione dice: la valutazione di meritevolezza di una clausola atipica va
condotta in modo da stabilire:
- fino a che punto le parti si possono spingere a variare il contenuto del contratto tipico che
hanno utilizzato
- e quale sia il limite oltre il quale la manipolazione dello schema tipico sia in concreto
idoneo ad “inquinare” la causa del contratto.
Quindi, il contratto resta tipico se la clausola atipica non ha inquinato la causa di esso. Viceversa,
il contratto sarà tutto atipico.
Ad ogni modo, resta vivamente dibattuto e nient’affatto pacifico se il giudizio di meritevolezza
abbia ad oggetto il singolo contratto nella sua interezza o invece se vada compiuto in relazione a
ciascuna clausola atipica che lo compone.

CRITERI DI VALUTAZIONE DELLA MERITEVOLEZZA


Partendo dalla dottrina e giurisprudenza maggioritaria che concordano sulla distinzione del giudizio di meritevolezza
dal quello di liceità, il tema adesso è: in base a quali parametri il giudice effettua il controllo di meritevolezza sul
contratto?
Se leggiamo l’art. 1322 comma 2, dice “… purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo
l'ordinamento giuridico”, quindi parla genericamente di “ordinamento giuridico”.
La giurisprudenza è ormai pacifica nel ritenere che la nozione di “orientamento giuridico” vada letta alla luce del fatto
che dopo l'entrata in vigore del Codice civile venne promulgata la Costituzione che a sua volta consente limitazioni alla
sovranità italiana da parte di una legislazione sovranazionale come quella europea.
Quindi la giurisprudenza è pacifica nel ritenere che il controllo di meritevolezza sia un controllo costituzionalmente
orientato, e che quindi i parametri a cui agganciare il controllo di meritevolezza siano:
- i valori e i principi portati dalla Costituzione, in particolare dagli artt.
- i principi portati dai Trattati europei (in quanto legislazione sovranazionale).

Rapporto tra meritevolezza e norme imperative (inderogabili)


Un tema molto discusso è stato quello del rapporto tra meritevolezza e norme imperative (= inderogabili).
In particolare il problema è stato esaminato con riferimento alle norme imperative contenute NON nella parte
generale sul contratto, ma nella disciplina speciale dei singoli contratti tipici.
In generale sappiamo che se il contratto contrasta con una norma imperativa: - il contratto è nullo (= illecito)
- e NON immeritevole
Fin qui sembra tutto semplice.
Tuttavia, una parte della giurisprudenza complica il discorso perché ha detto la valutazione di meritevolezza può
consentire di disapplicare una norma imperativa laddove la posta in gioco sia la realizzazione di valori conformi

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all’ordinamento. Perché? Perché nel nostro ordinamento esistono norme imperative che sono limitate solo ad un
certo tipo contrattuale, pertanto tali norme imperative possono essere disapplicate se le parti hanno stipulato un
contratto atipico: questo è considerato meritevole perché quelle norme inderogabile che si applicano al contratto
tipico non si applicano al contrato atipico.
Esempio: L’esempio che porta tale giurisprudenza è in tema di fideiussione: in materia di fideiussione c’è una norma
inderogabile che stabilisce che il fideiussore (garante) può opporre al creditore le stesse eccezioni che può
opporre il debitore garantito: questa è una norma inderogabile, pertanto laddove ci fosse un contratto di
fideiussione che derogasse tale norma inderogabile, il contratto sarebbe nullo.
Però, dice la giurisprudenza: questa norma:
- è inderogabile SOLO in caso di contratto tipico di fideiussione: quindi è
inderogabile solo se si resta
nello schema del tipo
contrattuale della fideiussione
- se invece si esce fuori dal tipo contrattuale della fideiussione, questa
stessa norma sarà derogabile.
Es. se si stipula un contratto autonomo di garanzia e si inserisce
una clausola in cui si dice che il fideiussore (garante) non può
opporre le stesse eccezioni del debitore garantito,
tale clausola è valida e meritevole di tutela perché con essa si
realizzano interessi e valori conformi all’ordinamento.

Rapporto tra meritevolezza e norme dispositive (derogabili)


L’altro tema discusso è stato quello del rapporto tra meritevolezza e norme dispositive (= derogabili).
Il punto è: quando il legislatore pone una norma dispositiva, è come se la norma dispositiva (derogabile)
rappresentasse in astratto una sorta di punto di equilibrio tra le diverse posizioni delle parti.
Es. in caso di contratto di vendita, il legislatore ha posto una certa disciplina in caso di vizi della merce venduta e ha
regolato questo tema cercando in astratto di trovare un punto di equilibrio ottimale che consenta di contemperare
l'esigenza del venditore e l’esigenza del compratore.

Ora, il punto è che: è vero che una norma dispositiva rappresenta in astratto il punto di equilibrio trovato dal
legislatore, però è pur sempre una norma dispositiva, quindi liberamente derogabile dalle parti.
Su questo punto è intervenuta la Cassazione a Sezioni Unite 9140/2016 (che si occupa delle clausole claims made, che
vedremo più avanti) che ha detto: se le parti pattuiscono una clausola atipica che deroga una norma dispositiva:
- la clausola atipica è valida (= lecita) perché la norma dispositiva era liberamente derogabile, quindi non si
pone un problema di validità o nullità
- però NON è detto che sia sempre meritevole. Ecco perché è necessario un controllo di meritevolezza.
Perchè? Perché abbiamo detto che la norma dispositiva è per
definizione il punto di equilibrio ottimale tra le parti in astratto

trovato dal legislatore, pertanto il giudice deve indagare nel


caso concreto se la clausola atipica che deroga ad una norma
dispositiva sia o non sia meritevole secondo l'ordinamento
giuridico.
Il controllo di meritevolezza del giudice sulla clausola atipica che
deroga una norma dispositiva può avere due esiti:
a) se la clausola atipica risponde ad esigenze oggettive del contratto dello
scambio, allora tale clausola è meritevole
b) se la clausola atipica altera in modo ingiustificato l'equilibrio dello
scambio, allora tale clausola potrebbe
essere immeritevole perché comporta
uno squilibrio contrattuale o comunque

fa perdere razionalità e ragionevolezza


allo scambio contrattuale.
I contratti sportivi
Nella parte iniziale del discorso abbiamo detto che la giurisprudenza è pacifica nel ritenere che i parametri a cui
agganciare il controllo di meritevolezza siano:
- i valori e i principi portati dalla Costituzione, in particolare dagli artt.

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- i principi portati dai Trattati europei (in quanto legislazione sovranazionale).
TUTTAVIA, c’è un settore in cui la giurisprudenza assume un atteggiamento diverso: il settore dei contratti sportivi.
Secondo la giurisprudenza, in tema di contratti sportivi, il giudizio di meritevolezza è agganciato:
- NON a valori e principi di rango costituzionale né sovranazionale
- ma alle regole dell’ordinamento sportivo, e quindi norme sottoordinate rispetto alla legge
ordinaria.
Perché la giurisprudenza afferma ciò?
In generale sappiamo che le singole federazioni sportive che aderiscono al CONI (Comitato olimpico nazionale italiano)
hanno una fitta rete di precetti per disciplinare i rapporti interni all’ordinamento sportivo: infatti ci sono regolamenti
federali che disciplinano tra l'altro i contratti del mondo sportivo in vario modo, ad es. disciplinano i requisiti formali e
i contratti sportivi devono essere fatti su particolari moduli forniti dalle leghe dalla Federazione, il contenuto deve
avere un certo contenuto, ecc.
Ora, qual è il problema che la giurisprudenza si è trovata a dover affrontare?
Il problema è questo: spesso vi sono contratti sportivi che rispettano le norme dell'ordinamento statale ma
non rispettano le norme dell’ordinamento sportivo.
Le possibili letture sono:
a) prima tesi: si potrebbe dire che le norme dell’ordinamento sportivo (emanate dalle federazioni sportive)
sono norme imperative, pertanto il contratto sportivo che contrasta con norme dell’ordinamento
sportivo sta violando norme imperative, pertanto è un contratto nullo per contrasto con una norma
imperativa.
b) giurisprudenza: la giurisprudenza invece non se la sente di qualificare come imperative le norme
dell’ordinamento sportivo emanate da federazioni sportive. E allora usa un espediente, dicendo:

il contratto sportivo che contrasta con norme dell’ordinamento sportivo:


- è valido (perché NON contrasta con alcuna norma imperativa)
- ma è immeritevole perché contrasta con una norma di ordinamento sportivo e dunque
non è idoneo ad attuare la sua funzione proprio in quell’ordinamento
sportivo nel quale detta funzione deve esplicarsi.
Quindi sostanzialmente la giurisprudenza arriva a dire: un contratto sportivo, quand’anche
sia valido e meritevole per l’ordinamento statale, può essere comunque immeritevole
laddove contrasti con norme di ordinamento sportivo.
Critica: A pensarci bene, la soluzione della giurisprudenza è un po’ una contraddizione perché così
dicendo la meritevolezza di un contratto viene valutata:
- NON più alla luce dei principi ordinamentali fondamentali superiori della Costituzione
- ma alla luce di norme di rango inferiore rispetto alla legge ordinaria, quali sono i
regolamenti emanati dalle federazioni sportive.
La contraddizione è palese in questo tentativo di neutralizzare contratti, dichiarandoli
immeritevoli, quando poi tali contratti sono di per sé validi e non contrastano con alcuna
norma se non con norme di rango inferiore.
Come si arriva a tale tesi? Da quale principio è partita la giurisprudenza per arrivare a questa
soluzione? Come fa la giurisprudenza ad affermare l’immeritevolezza dei
contratti sportivi laddove questi, pur validi e meritevoli per l’ordinamento
statale italiano, non lo siano per l’ordinamento sportivo?
La Cassazione per arrivare a tale tesi muove dalla principio di sussidiarietà

orizzontale: bisogna distinguere tra:


- ordinamento statale
- ordinamento sportivo.
L’ordinamento sportivo:
- NON è un ordinamento indipendente dall’ordinamento statale
- ma è un settore (branca) dell’ordinamento statale.
Esso è costituito da tutto il sistema che fa capo al CONI (Comitato Olimpico
Nazionale Italiano) e in particolare è composto dalle norme federali.
La giurisprudenza parte dall’art. 118 comma 4 Cost. che, a seguito della riforma del
2001, ha positivizzato il principio di sussidiarietà orizzontale.
Che significa sussidiarietà orizzontale?
Significa che l’ordinamento statale riconosce anche all’autonomia privata un potere
normativo nella misura in cui si ritine che l’autoregolamentazione privata si riveli

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più efficace a regolare gli interessi da disciplinare.
Quindi, per il principio di sussidiarietà orizzontale, l’ordinamento statale “delega” le
federazioni sportive a normare in materia sportiva, quindi si riconosce potere normativo
alle federazione sportive di emanare norme nel settore dello sport in quanto si ritiene che
queste possano meglio tutelare gli interessi sportivi.

LE CONSEGUENZE DELLA DICHIARAZIONE DI


IMMERITEVOLEZZA
Terminiamo la parte speciale analizzando quali sono le conseguenze della valutazione di immeritevolezza.
Cosa accade se il giudice dichiara immeritevole il contratto?
Su questo punto il Codice civile tace, quindi c’è una lacuna perché non specifica quali siano le conseguenze
dell’immeritevolezza. Ecco perché la questione è stata molto dibattuta.
Dottrina e giurisprudenza hanno utilizzato i termini più vari, spesso anche in senso atecnico e indeterminato:
- 1° orientamento: una parte della dottrina collega l’immeritevolezza alla NULLITÀ, quindi ritiene che il
contratto/clausola immeritevole sia nullo.
La dottrina che afferma la nullità del contratto/clausola immeritevole ci arriva con due
costruzioni diverse, partendo comunque dall’art. 1418 (sulla nullità):
a) una parte della dottrina ragiona sull’art. 1418 comma 1.
Tale dottrina ritiene che l’immeritevolezza comporta la nullità del contratto/
clausola ex art. 1418 comma 1 perché l’immeritevolezza viola una norma
imperativa (inderogabile) quale è l’art. 1322 comma 2.
Quindi, se un contratto o una clausola è immeritevole, allora ciò contrasta con l’art.

1322 comma 2 e quindi il contratto/clausola è nullo ex art. 1418 comma 1 per


contrarietà a una norma imperativa.
b) altra parte della dottrina invece sposta il problema, ragionando NON sull’art. 1418
comma 1 ma sull’art. 1418 comma 2, quindi sul comma seguente.
L’art. 1418 comma 2 parla della “nullità del contratto per mancanza di uno dei
requisiti indicati dalla legge”. E quale requisito mancherebbe? La causa.
Quindi, secondo tale dottrina, se un contratto o una clausola è immeritevole, allora
tale contratto/clausola è nullo in quanto mancherebbe la causa.
Infatti, il nostro ordinamento non si contenta della presenza della causa,
ma vuole una causa che sia funzionale a realizzare interessi meritevoli di
tutela: se la causa non è funzionale alla realizzazione di interessi
meritevoli, allora la causa difetterebbe.
Sostanzialmente entrambe le dottrine, con costruzioni diverse, arrivano alla stessa
conclusione: il contratto/clausola immeritevole è nullo.

- 2° orientamento: altra parte della dottrina e della giurisprudenza invece:


- NON collega l’immeritevolezza alla nullità
- ma collega l’immeritevolezza all’irrilevanza giuridica o, secondo altri, alla inefficacia.
Secondo questa teoria, il giudizio di immeritevolezza NON è un giudizio di nullità,
ma è un giudizio di irrilevanza (indifferenza) dell’ordinamento.
Quindi, il contratto/clausola immeritevole:
- NON è nullo
- ma è irrilevante per l’ordinamento
- secondo altri è inefficace.
Comunque, ciò che è importante è che, a prescindere dal se si tratti di irrilevanza o di
inefficacia, secondo questa tesi comunque non si tratterebbe di nullità.

Rilevabilità d’ufficio?
Ci si è chiesti: l’immeritevolezza del contratto/clausola è rilevabile d'ufficio dal giudice in mancanza di un’apposita
domanda in tal senso da una delle parti?
Il tema è ancora molto discusso perché si ricollega al problema degli interessi protetti dall’immeritevolezza:

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- chi aggancia la meritevolezza a interessi pubblici collettivi, risponde affermativamente alla rilevabilità
d’ufficio della immeritevolezza
- chi invece aggancia la meritevolezza a interessi privati si trova più in difficoltà a rispondere perché è più
difficile da spiegare perché il giudice senza
domanda di parte dovrebbe dichiarare
l’immeritevolezza del contratto.
L’immeritevolezza può essere parziale
L’orientamento abbastanza pacifico ritiene che l’immeritevolezza può essere anche parziale (come la nullità).
Se consideriamo la disicplina della nullità parziale ex art. 1419 cc, ricordiamo che:
- il comma 1 dice che la nullità di una singola clausola non si estende all’intero contratto a patto che le parti
non considerassero essenziale tale clausola (quindi il giudice deve fare una valutazione ipotetica
sulla volontà delle parti all’epoca della stipula del
contratto).
- il comma 2 dice che in ogni caso la nullità è sempre parziale in ipotesi di sostituzione della clausola nulla con
una norma imperativa (sostituzione ipso iure).
Ora, chiediamoci cosa succede nel caso in cui una singola clausola del contratto sia immeritevole.
Gli orientamenti sono diversi:
- parte della giurisprudenza: in caso di declaratoria di immeritevolezza parziale (cioè se viene dichiara
immeritevole una clausola del contratto), allora:
1) il contratto resta in piedi
2) + semplicemente si elimina quella singola clausola immeritevole.
- altra parte della giurisprudenza: nella sentenza 9140/2016 (che si sofferma sulla clausola claims made) la
giurisprudenza ha fornito una soluzione diversa: in caso di declaratoria di
immeritevolezza parziale, il giudice può anche intervenire in senso modificativo
o integrativo sul contratto qualora ciò sia necessario per garantire l’equo
contemperamento degli interessi delle parti o reprimere l’abuso del diritto.
Quindi, per questa giurisprudenza, in caso di immeritevolezza parziale, il
contratto resta sì in piedi, ma non è che semplicemente si eliminala clausola
immeritevole e basta, perché in realtà il giudice potrebbe intervenire sul
contenuto del contratto.

Poi c’è un’altra questione: ci si è chiesti se la clausola è immeritevole per contrasto con una norma dispositiva
(derogabile), si può applicare una sorta di art. 1419 comma 2, sostituendo la clausola immeritevole con la norma
dispositiva violata?
- parte della giurisprudenza ritiene di NO perché l’art. 1419 comma 2 cc disciplina la sostituzione automatica
di una clausola nulla con una norma imperativa inderogabile.
Se abbiamo una clausola immeritevole che contrasta con una norma dispositiva
derogabile, NON si può applicare il 1419 comma 2 perché si tratta di una norma
dispositiva derogabile, mentre invece il comma 2 richiede una norma imperativa.
- altra parte della giurisprudenza: ritiene di SI, cioè ritiene che per analogia iuris si possa applicare il
meccanismo sostitutivo dell’art. 1419 comma 2 in caso di clausola
immeritevole.
Ma comunque il discorso è aperto e molto dibattuto.

Prescrittibilità?
Un’altra questione dibattuta è se l’azione volta a dichiarare la immeritevolezza sia imprescrittibile. Non ci sono
risposte definitive in merito.

Convalida?
Sul se il contratto immeritevole sia convalidabile:
- alcuni dicono di NO perché dicono: dato che non si può convalidare il contratto nullo, non si può convalidare

nemmeno il contratto immeritevole.


- altri dicono di SI: questo lo pensa per lo più chi aggancia la immeritevolezza alla tutela di interessi privati di
giustizia e equilibrio del contratto. Questi dicono: la parte che è penalizzata dal contratto
squilibrato può far valere l’immeritevolezza, ma, come può farla valere, così può anche
decidere di non farla valere e quindi di convalidare il contratto.

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Conversione?
Altro tema discusso è se il contratto immeritevole possa essere convertito. Anche su questo punto la giurisprudenza
non si è mai pronunciata e la dottrina è piuttosto silente.
Minervini ritiene si debba consentire la conversione del contratto immeritevole in altro contratto meritevole, sempre
che ne sussistano i requisiti previsti dalla legge.

CONTRATTO DI ASSICURAZIONE E CLAUSOLE CLAIMS MADE


Negli ultimi anni il dibattito sulla meritevolezza si è sviluppato soprattutto con riferimento al contratto atipico di
assicurazione con la presenza di clausole claims made.
Proprio per tale motivo, nell’appendice della parte speciale si trovano ben tre sentenze che, a distanza di pochi anni
l’una dall’altra (2016 – 2017- 2018) cercano di fornire delle risposte al problema della meritevolezza nei contratti di
assicurazione, a volte arrivando anche a conclusioni opposte, proprio a riprova del fatto che la giurisprudenza oscilla
su questo tema.
Affronteremo il tema in questo modo: vediamo prima in generale il contratto di assicurazione e la clausola claims
made, dopodiché analizzeremo le tre sentenze.
Contatto di assicurazione sulla responsabilità civile
In generale, nell’ambito del contratto di assicurazione, noi distinguiamo due macro categorie:
- contratto di assicurazione sulla vita: è strumentale a riservare un patrimonio ad un parente, nel caso di
morte del soggetto o in caso di altri determinati eventi relativi alla vita
del contraente
- contratto di assicurazione contro i danni: è quella che tende a preservare il patrimonio dell’assicurato contro

un evento avverso (per es. l’assicurazione per furto o incendio di


un’autovettura o per sinistro stradale).
Proprio nell’ambito dei contratti di assicurazione contro i danni si ritrova la categoria del contratto di assicurazione
della responsabilità civile. Ciascun privato nella sua vita personale o professionale può arrecare danno ad altri soggetti,
e ciò comporta il sorgere di una responsabilità (contrattuale o extracontrattuale) che comunque esporrà il patrimonio
del danneggiante ad una perdita patrimoniale in caso di eventuale domanda di risarcimento che il danneggiato può
presentare.
Ecco, il contratto di assicurazione della responsabilità civile è chiamato a trasferire sulla compagnia assicurativa i costi
del danno patrimoniale causato dal danneggiante assicurato, quindi non sarà il danneggiante (assicurato) a risarcire il
danneggiato ma sarà la compagnia assicurativa (assicuratore), ovviamente nei limiti del contratto di assicurazione.
Questo è il contratto di assicurazione sulla responsabilità civile.

Art. 1917 cc: Il contratto di assicurazione sulla responsabilità civile è un contratto tipico disciplinato dall’art. 1917 cc.
L’art. 1917 cc afferma: “Nell’assicurazione della responsabilità civile, l’assicuratore è obbligato a tenere
indenne l’assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante
il tempo dell’assicurazione, deve pagare a un terzo in dipendenza della
responsabilità dedotta nel contratto.”
Quindi dei fatti dannosi compiuti dall’assicurato durante il periodo di vigenza del contratto di
assicurazione ne risponderà l’assicuratore.
“Fatto accaduto”: Un primo problema che pone la formulazione dell’art. 1917 è che cosa si intende per “fatto
accaduto durante il tempo dell’assicurazione”?
Quando si parla di “fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione”, quindi del fatto dannoso (o
fatto illecito), questo può avere due significati:
- ci si può riferire al fatto che cagiona il danno
- o ci si può riferire direttamente al danno cagionato, inteso come il risultato del fatto dannoso
Ora, dobbiamo capire che il fatto dannoso e il danno possono sì coincidere sul piano temporale,
ma possono anche divergere. Infatti, è possibile che ci sia una scissione temporale tra il momento in
cui si è verificato il fatto dannoso e il momento in cui si verifica il danno, il quale potrà verificarsi
anche a distanza di anni dal fatto dannoso.

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Es. se l’avvocato il 7 gennaio 2020 in un determinato processo dimentica di citare i testi determinanti

ai fini della vittoria della causa, in questo caso: - il fatto dannoso si è verificato il 7 gennaio 2020
- ma il danno si verificherà quando il cliente
perderà la causa, ad es. il 14 marzo 2021.
Giurisprudenza maggioritaria: La giurisprudenza maggioritaria ritiene che per “fatto accaduto”
bisogna intendere:
- il fatto che ha cagionato il danno
- e NON il danno in sé.
Quindi, secondo la giurisprudenza, la copertura assicurativa opera in
relazione a tutte le condotte insorte nel periodo del contratto di
assicurazione, a prescindere da quando si verificherà il danno.
Quindi, il momento in cui si verifica il fatto dannoso è il momento da
considerare ai fini della copertura del contratto di assicurazione.
Es. io medico commetto un errore sanitario il 20 gennaio 2020 mentre
sono assicurato con l’assicurazione X.
L’anno successivo cambio assicurazione, quindi nel 2021 stipulo un
contratto con l’assicurazione Y.
Ora, immaginiamo che il paziente scopre il danno nel 2023 e quindi
decide di proporre domanda di risarcimento.
Quale assicurazione copre i danni cagionati dall’errore (fatto dannoso)
compiuto nel 2020?
L’assicurazione X che avevo nel 2020 perché:
- rileva quando si è verificato il fatto dannoso (nel 2020 sotto la
copertura assicurativa

dell’assicurazione X)
- NON rileva quando si è verificato il danno, quindi NON rileva che il
paziente soltanto nel 2023 ha scoperto il danno e
proposto domanda di risarcimento.
I danni lungolatenti
Abbiamo quindi visto che per la giurisprudenza maggioritaria rileva quando si è verificato il fatto dannoso e NON il
danno in sé. Quindi, quand’anche vi sia una scissione temporale tra fatto dannoso e danno, comunque rileva il
momento del fatto dannoso.
Nell’ambito di questo discorso si inserisce il tema dei danni cd. lungolatenti.
Nozione: Per danno lungolatente si intende quel danno che resta in un lungo stato di latenza, cioè rispetto a quando si

è verificato il fatto dannoso il danno lungolatente è quel danno che:


- o non si è ancora verificato
- o sì è già verificato ma non si è ancora manifestato.
Es. un famoso caso giurisprudenziale che spiegava il danno lungolatente riguardava le trasfusioni di sangue
infetto. Delle persone che anni prima furono beneficiarie di una trasfusione di sangue, molti anni dopo
scoprirono che tale sangue era infetto e che, a causa di questo fatto dannoso, avevano contratto
l’epatite. La scoperta di ciò avvenne anni dopo rispetto al momento in cui si era verificato il fatto
dannoso.
Problema: Il problema dei danni lungolatenti sorge sotto il profilo assicurativo quando ci si pone il problema di
stabilire quale compagnia assicurativa dovesse rispondere del danno causato dal fatto dannoso:
- in alcuni casi è molto facile capire quando il danno è stato commesso
- in altri invece è molto difficile.
Allora, per ovviare alla difficoltà che in alcuni casi sussiste di individuare il momento in cui si è verificato il
fatto dannoso, la prassi assicurativa si è inventata questa clausola che prende il nome di clausola claims
made (a richiesta fatta).

Clausola claims made


La clausola claims made (che significa “a richiesta fatta”) è una clausola ATIPICA che può essere inserita nel contratto
tipico di assicurazione derogando alla disicplina codicistica dell’art. 1917 cc.
Vediamo in cosa consiste la differenza:
- schema classico previsto dall’art. 1917: se il contratto di assicurazione NON è inserita alcuna clausola claims

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made, allora rientriamo nello schema classico previsto dall’art. 1917 cc.
Lo schema classico dell’art. 1917 cc prevede che l’assicuratore assume il
rischio per quei fatti dannosi ascrivibili alla colpa dell’assicurato compiuti
nel periodo di vigenza del contratto di assicurazione, a patto che il terzo
danneggiato proponga la richiesta di risarcimento comunque durante la
vigenza del contratto di assicurazione.
Quindi, lo schema classico dell’art. 1917 cc prevede 2 presupposti:
1) che il fatto dannoso si sia verificato durante la vigenza del contratto di
assicurazione: quindi è rilevante la data di commissione del fatto dannoso
2) che la richiesta di risarcimento da parte del terzo danneggiato venga proposta
durante la vigenza del contratto di assicurazione.
Quindi, se ad esempio il terzo viene danneggiato da un fatto
dannoso commesso dall’assicurato Tizio durante la vigenza del
contratto assicurativo, ma lui propone richiesta di risarcimento
quando il contratto è già scaduto, allora Tizio NON sarà
assicurato.
- schema con la clausola claims made: se nel contratto di assicurazione si inserisce la clausola atipica claim
made, con questa clausola si deroga lo schema classico dell’art. 1917 cc.
Con la clausola claims made l’assicuratore assume il rischio per TUTTE le richieste di

risarcimento del danno che pervengano dal terzo danneggiato durante la vigenza
del contratto assicurativo A PRESCINDERE dalla data di commissione del fatto
dannoso, quindi anche laddove la richiesta di risarcimento faccia riferimento ad un
fatto dannoso verificatosi PRIMA della vigenza del contratto di assicurazione,
magari in vigenza di altra assicurazione.
Quindi il vantaggio per l’assicurato è che con la clausola claims made può assicurare anche
danni pregressi rispetto alla stipula del contratto, purché la richiesta di risarcimento de
terzo danneggiato venga proposta durante la vigenza del contratto assicurativo.
Es. Tizio stipula un contratto di assicurazione il 1° gennaio 2020 contenente la clausola
atipica claims made. Se un terzo mi cita in giudizio con una richiesta di risarcimento per
un fatto accaduto un anno prima (es. il 1 gennaio 2019), io ho la copertura assicurativa
dell’attuale assicurazione perché con la clausola claims made inserita nel contratto di
assicurazione si è pattuito che l’assicurazione copre tutte le richieste risarcitorie che
pervengano durante la vigenza del contratto di assicurazione, anche laddove il fatto
dannoso si sia verificato prima della stipula del contratto di assicurazione.

Perché nasce la clausola claims made? La clausola claims made nasce per fronteggiare eventuali fatti dannosi per i
quali non è chiaro il momento in cui si sia verificato il fatto dannoso.

Sottocategorie: Nella prassi le clausole claims made conoscono diverse articolazioni, ma volendo schematizzare al
massimo possiamo dividerle in due grandi categorie:
- le claim made PURE: la clausola claim made pura è destinata a manlevare l’assicurato di tutte le
richieste di risarcimento proposte dal terzo danneggiato durante il periodo di
vigenza del contratto di assicurazione, A PRESCINDERE dalla data di
commissione del fatto illecito.
Quindi semplicemente l’assicuratore dice all’assicurato: “ti copro tutte le
richieste di risarcimento del danno che ti perverranno nel corso del contratto
di assicurazione, anche laddove queste si riferiscano a fatti verificatisi prima
del contratto assicurativo, a prescindere dalla data di commissione”,
quindi magari anche a fatti che risalgono a 8 anni prima.
Sostanzialmente la clausola claim made pura prevede una garanzia di
retroattività illimitata.
- le claim made IMPURE (o miste): la clausola claim made impura è destinata a manlevare
l’assicuratore di tutte le richieste di risarcimento proposte dal
terzo danneggiato durante il periodo di efficacia del contratto di
assicurazione:
- ma NON a prescindere dalla data di commissione del fatto
dannoso

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- nel contratto di assicurazione con la clausola claim made
impura l’assicurato e l’assicuratore stabiliscono un limite
temporale all’esposizione della copertura assicurativa,
che in genere è di 2 o 3 anni prima della stipula del
contratto di assicurazione.
Quindi sostanzialmente la clausola claim made impura prevede
una garanzia di retroattività limitata.
Che significa? In questo caso l’assicuratore dice all’assicurato: “ti copro tutte le
richieste di risarcimento del danno che ti perverranno, a condizione
che il fatto dannoso risalga al massimo a 2 o 3 anni prima della
stipula di questo contratto di assicurazione”.
Es. nel contratto di assicurazione è inserita una clausola claim made impura che
dice “io assicuratore e tu assicurato stipuliamo oggi 1 gennaio 2020 un
contratto di assicurazione e io ti copro tutte le richieste di risarcimento
proposte da un terzo entro il periodo di vigenza di tale contratto di
assicurazione, MA ATTENZIONE: è vero che ti copro anche richieste che si
riferiscano a fatti verificatisi prima della stipula del contratto assicurativo
(perché è sempre una clausola claim made), ma ti copro i fatti fino a 2 anni
prima della stipula del contratto, ad es. se arriva una richiesta di risarcimento
per un fatto commesso nel 2015, io NON te lo copro, perché nel contratto di
assicurazione che abbiamo stipulato il 1 gennaio 2020 io ti ho detto che ti
coprivo i danni commessi da fatti verificatisi nel 2018-2019-2020 e seguenti, ma
non più indietro del 2018.

Problemi delle clausole claims made: Quali erano i problemi delle clausole claims made che si sono verificati nella
prassi?
- 1° questione: se leggiamo gli artt. 1892 – 1893 cc, deduciamo che la copertura assicurativa funziona

a condizione che l’assicurato nel momento in cui stipula il contratto di assicurazione


NON deve essere a conoscenza di aver già commesso un fatto che può dar luogo ad
una richiesta di risarcimento.
Perché? Perché se ne è a conoscenza, allora non deve essere reticente e quindi deve
informarne la compagnia assicurativa per consentire a questa di effettuare una
valutazione di opportunità sul se stipulare o meno il contratto.
Se invece l’assicurato resta reticente (quindi resta in silenzio pur sapendo di aver
commesso un fatto dannoso), allora la compagnia assicurativa potrà chiedere
l’annullamento del contratto di assicurazione.
Ora, il punto è: ci sono settori e casi in cui è credibile che l’assicurato abbia
conoscenza di aver commesso un fatto che può dar luogo ad una richiesta di
risarcimento, ad es. è impensabile sostenere che il medico che ha eseguito
l’intervento e ha ucciso il paziente non se ne sia reso conto.
Quindi, in alcuni casi, la clausola claim made è una fregatura perché assicura un
vantaggio meramente eventuale, nel senso che è vero che va ad assicurare i danni
pregressi, ma poi richiede anche che siano fatti dannosi di non cui non si era a
conoscenza. Es. se sono un avvocato e mi iscrivo oggi all’albo degli avvocati, è
logico che precedentemente non posso aver commesso fatti
dannosi a dei clienti, quindi è chiaro che la claim made in questi
casi è una fregatura.
- 2° questione: l’altra cosa folle di questo meccanismo è che si verificavano buchi di copertura
assicurativa.
Es. immaginiamo che io nel 2014 ho stipulato un contratto di assicurazione e stesso
nel 2014 commetto un fatto dannoso. Immaginiamo che il terzo danneggiato
NON faccia alcuna richiesta di risarcimento.
Arriva il 2019 e, dato che mi è scaduta l’assicurazione che avevo stipulato nel
2014, stipulo con un’altra compagnia assicurativa nel 2019 un contratto di
assicurazione con una clausola claims made impura con cui la compagnia
assicurativa del 2019 dice che mi assicura i danni a condizione che il fatto dannoso

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sia avvenuto entro 3 anni dalla stipula del contratto (quindi mi copre dal 2016 in
poi, non prima del 2016).
Ora, il punto è: immaginiamo che nel 2020 il danneggiato del 2014 si sveglia e
propone domanda di risarcimento per quel fatto dannoso verificatosi del 2014.
Cosa accade?
- la polizza assicurativa che avevo stipulato nel 2014 NON copre perché è
scaduta senza che fosse stata avanzata richiesta di risarcimento a
quel tempo
- la polizza assicurativa che ho stipulato nel 2019 NON copre perché
questa con la clausola claim made impura copre soltanto i tre
anni precedenti alla stipula del contratto.
Quindi capiamo bene che c’è proprio un buco della copertura assicurativa.

Sentenze che si sono occupate delle clausole claims made


Ci sono state almeno 4 significative sentenze che si sono occupate della clausola claims made
- sentenza del 2005
La prima sentenza che si è occupata della tematica delle clausola claims made è stata emanata nel
2005. Tale sentenza si è concentrata in particolare sul tema: la clausola claims made è una clausola
vessatoria oppure non è vessatoria?
La sentenza del 2005 ritiene che la clausola claim made sia una clausola vessatoria ex art. 1341,
pertanto sia necessaria la specifica sottoscrizione per iscritto da parte dell’assicurato.

- sentenza della Cassazione a Sezioni Unite 9140/2016


Nel 2016 viene emanata un’importante sentenza da parte della Cassazione a Sezioni Unite
9140/2016, che approfondisce il tema della meritevolezza della clausola claim made.
Tale sentenza afferma una serie di punti: la clausola claim made:
- è una clausola atipica che deroga la disicplina dell’art. 1917
- è una clausola valida (quindi NON è nulla)
- NON è una clausola vessatoria
- è necessario un controllo di meritevolezza da parte del giudice sulla clausola claim made di

volta in volta inserita nel contratto di assicurazione.

Controllo di meritevolezza: Se le parti hanno deciso di derogare la norma dispositiva (derogabile)


dell’art. 1917 inserendo la clausola claim made, allora è NECESSARIO
effettuare un controllo di meritevolezza sulla clausola atipica.
In particolare, quando è meritevole la clausola claim made?
La sentenza del 2016 ha concluso con uno schema molto netto:
- le clausole claims made PURE  sono MERITEVOLI di tutela.
Perché? Perchè esse prevedono una garanzia
di retroattività illimitata, quindi
senza alcuna limitazione temporale.
- le clausole claims made IMPURE  sono IMMERITEVOLI di tutela.
Perché? Perché esse prevedono delle
limitazioni temporali alla
retroattività, e ciò risulta
penalizzante per l’assicurato in quanto
viene esposto a probabili vuoti di
copertura in caso di danni lungolatenti.
In caso di immeritevolezza? Un altro punto toccato dalla sentenza del 2016 è: in caso di
immeritevolezza, cosa accade alla clausola claim made e al contratto di
assicurazione?
La sentenza a Sezioni Unite 2016 afferma: l’immeritevolezza della
clausola claim made conduce sempre a due conseguenze:
- la clausola claim made immeritevole è nulla
- ma la nullità è parziale: la clausola claim made immeritevole:
- NON porta alla nullità dell’intero contratto
- la clausola claim made immeritevole viene sostituita

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automaticamente con la clausola legale
loss occurrence ex art. 1917 cc.
Quindi la Cassazione del 2016 ha appliccato
analogicamente l’art. 1419 comma 2 (sostituzione ipso iure).

Critica: La dottrina è stata molto critica nei confronti da questa soluzione fornita dalla
sentenza 9140/2016 perché dice la dottrina: l’art. 1419 comma 2 in generale dice
che la clausola nulla viene sostituita dalla norma imperativa violata.
Ma allora nella soluzione offerta dalla sentenza del 2016 c’è un errore, perché la
sentenza dice che la clausola claim made viene sostituita dalla norma ex art. 1917
(con la clausola legale loss occurrence) la quale però NON è una norma imperativa,
ma è una norma dispositiva derogabile.
Quindi la sentenza pretende di applicare il meccanismo di sostituzione della
clausola ma al di fuori dei casi in cui tale sostituzione è espressamente prevista.

- sentenza gemelle della Cassazione 10506 - 10509/2017


L’anno dopo la Cassazione ritorna sul tema delle clausola claim made e sul tema della meritevolezza
con due sentenze gemelle 10506 - 10509 del 2017.
In queste sentenze la Cassazione afferma i seguenti punti:
- ci si sofferma sulla immeritevolezza della clausola claim made che esclude le richieste postume.
Che significa? La clausola claim made che esclude le richieste postume è quella clausola
che prevede che l’assicurato NON ha diritto alla copertura assicurativa
laddove il fatto dannoso sia stato sì commesso durante la vigenza del
contratto ma il terzo danneggiato abbia chiesto il risarcimento del danno
soltanto dopo la scadenza del contratto (perciò “richieste postume”).
La clausola claims made che esclude le richieste postume è immeritevole di tutela
perché attribuisce all'assicuratore un vantaggio ingiusto e sproporzionato,
senza contropartita, all’assicuratore. Infatti, non accade sempre che il terzo
danneggiato abbia la prontezza di chiederne il risarcimento illico et immediate
al responsabile.

- sentenza della Cassazione a Sezioni Unite 22437/2018


Con la sentenza a Sezioni Unite 22347/2018 la Cassazione stravolge completamente il quadro finora
costruito, compiendo un grosso dietrofront. Finora, sia con la sentenza del 2016 che con la sentenza
del 2017, era stato detto che, dato che le clausole claims made erano delle clausola atipiche,
allora fosse necessario il controllo di meritevolezza.
La Cassazione del 2018 invece nega questa premessa. Perché? Perchè nel 2018 la Cassazione parte
da una premessa del tutto opposta, dicendo: il legislatore in questi anni ha tipizzato la clausola claim
made, soprattutto ne settori professionale, sanitario e ambientale, perciò la sentenza del 2018 dice:
- PRIMA la clausola claim made rappresentava una clausola atipica
- OGGI invece dal 2018 la Cassazione dice che bisogna prendere atto che il legislatore ha
tipizzato la clausola claim made in tanti settori, quindi oggi la
clausola claim made è una clausola tipica.
Il modello claims made ormai si inserisce nell'area della tipicità legale ed è
un modello praticato «per la copertura dai rischi per danni da eziologia
incerta e/o caratterizzati da lungolatenza».
Infatti dice la Cassazione: il modello dell'assicurazione della responsabilità
civile con clausole claims made partecipa al tipo legale del contratto di
assicurazione contro i danni.
E la conseguenza quale è secondo la Cassazione del 2018?
La conseguenza è che:
- NON è possibile il controllo di meritevolezza ex art. 1322 comma 2, dato che questo è
ancorato al presupposto dell’atipicità contrattuale
- però cosa ha detto la Cassazione? Diciamo che la Cassazione ha fatto uscire dalla porta il giudizio
di meritevolezza e lo ha fatto entrare dalla finestra, perché ha
detto: il controllo di meritevolezza sulla clausola claim made:
- è vero che NON è quello ex art. 1322 comma 2
- ma è quello dell’art. 1322 comma 1, quindi comunque si deve verificare

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la causa concreta del contratto,
quindi valutare se la clausola claim
made rispetti i limiti imposti dalla
legge e persegua interessi meritevoli

di tutela.
Quindi comunque la Cassazione dice: rimane vivo,
invece, il controllo sul contratto e sulla clausola claim
made che non devono violare i limiti imposti dalla legge
(art. 1322 comma 1) e siano diretti a realizzare interessi
meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico.
Occorre chiedersi quindi se il contratto sia conforme
all’ordinamento giuridico in ragione della concreta
regolamentazione degli interessi ovverosia secondo la
causa in concreto.
- altro punto in cui la sentenza del 2018 supera la sentenza del 2016 è:
- sentenza del 2016: se la clausola claim made è immeritevole, allora:
- è nulla
- essa viene sostituita automaticamente con la clausola
legale loss occurence ex art. 1917 cc
- sentenza del 2018: all’opposto rispetto alla sentenza del 2016, la sentenza del
2018 dice: la clausola claim made immeritevole:
- è nulla
- ma: - NON viene sostituita con la clausola legale loss occurence
- ma viene sostituita con le clausole reperibili dalla
regolamentazione legislativa in riferimento alle claims
made.
Es. è immeritevole la clausola claim made inserita nel contratto di
assicurazione sanitaria? Bene, allora essa sarà sostituita
NON con la clausola legale loss occurence ex art. 1917,
ma sarà sostituita dalla clausola claim made dettata
specificamente in materia di responsabilità dei sanitari.

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