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36 - Modellazione e Soluzione Di Strutture A Guscio in Materiale Anisotropo - Tesi
36 - Modellazione e Soluzione Di Strutture A Guscio in Materiale Anisotropo - Tesi
α1
α2
Francesco Tornabene
Relatore: Prof. Erasmo Viola Facoltà di Ingegneria
Università di Bologna
DOTTORATO DI RICERCA IN
“MECCANICA DELLE STRUTTURE”
Sede Amministrativa: Università degli Studi di Bologna
Settore Scientifico Disciplinare: ICAR/08
XIX° Ciclo
FRANCESCO TORNABENE
MODELLAZIONE E SOLUZIONE
DI STRUTTURE A GUSCIO IN
MATERIALE ANISOTROPO
© F. Tornabene, 2007
Ai miei genitori e alla mia famiglia
Francesco Tornabene
Indice
Indice
PREFAZIONE .........................................................................................................................XI
ABSTRACT ..............................................................................................................................1
ABSTRACT ............................................................................................................................ 75
INTRODUZIONE .................................................................................................................... 77
2.1 ELEMENTI DI GEOMETRIA DIFFERENZIALE ................................................................. 80
2.1.1 CURVE NELLO SPAZIO............................................................................................ 80
2.1.1.1 Rappresentazione parametrica di una curva................................................... 80
2.1.1.2 Versore tangente............................................................................................. 81
2.1.1.3 Piano osculatore e normale principale ........................................................... 83
2.1.1.4 Curvatura........................................................................................................ 84
2.1.2 SUPERFICI NELLO SPAZIO....................................................................................... 85
2.1.2.1 Curve parametriche: prima forma fondamentale ........................................... 85
2.1.2.2 Normale alla superficie .................................................................................. 87
2.1.2.3 Seconda forma fondamentale ......................................................................... 88
2.1.2.4 Curvature principali e direzioni principali ..................................................... 90
ABSTRACT ..........................................................................................................................285
INTRODUZIONE ...................................................................................................................287
4.1 ANALISI DINAMICA: VIBRAZIONI LIBERE ...................................................................288
4.1.1 EQUAZIONI DI CAMPO E CONDIZIONI AL CONTORNO ............................................288
4.1.1.1 Discretizzazione delle equazioni del moto ...............................................301
4.1.2 SOLUZIONE DEL PROBLEMA AGLI AUTOVALORI ...................................................313
4.1.3 APPLICAZIONI NUMERICHE ..................................................................................315
BIBLIOGRAFIA ....................................................................................................................355
Prefazione
La presente tesi dottorale scaturisce dall’esperienza maturata nel corso dei tre anni del
Dottorato di Ricerca in “Meccanica delle Strutture”. Il titolo, Modellazione e Soluzione di
Strutture a Guscio in Materiale Anisotropo, illustra il tema trattato e la prospettiva seguita
nella scrittura della tesi in parola. Il presente elaborato, nato dall’interesse di approfondire
temi in parte affrontati nel corso di Scienza delle Costruzioni e nella redazione della tesi di
Laurea, si pone come obiettivo quello di analizzare il comportamento dinamico dei gusci
moderatamente spessi in materiale anisotropo attraverso l’applicazione della tecnica di
Quadratura Differenziale (DQ).
La tesi si articola in quattro capitoli, nei quali viene fornita nel dettaglio la teoria
relativa alla statica e alla dinamica degli elementi strutturali analizzati e vengono presentati
i risultati dell’applicazione della tecnica numerica adottata ai diversi problemi affrontati.
All’interno del primo capitolo sono esposti i fondamenti matematici su cui si basa il
Metodo Generalizzato di Quadratura Differenziale (GDQ Method). In particolare, si
illustrano le modalità secondo cui vengono calcolati i coefficienti di ponderazione e le
tipologie di discretizzazione più usate nelle applicazioni. Si descrive il metodo di
quadratura differenziale basato sui polinomi di Lagrange (Polynomial Differential
Quadrature) e quello basato sull’espansione in serie di Fourier (Harmonic Differential
Quadrature).
Partendo dalla Geometria Differenziale, fondamentale strumento per l’analisi delle
strutture in esame, il secondo capitolo presenta la Meccanica dei Gusci in Materiale
Anisotropo. Nella trattazione teorica si fa riferimento al campo di spostamento associato
alla teoria di Reissner-Mindlin, nota nella letteratura scientifica anglosassone come “First-
order Shear Deformation Theory” (FSDT). Una volta introdotte le equazioni di congruenza
e le leggi di legame costitutivo, le equazioni indefinite di equilibrio e le condizioni naturali
al contorno sono dedotte mediante il principio di Hamilton e verificate attraverso il metodo
diretto dell’equilibrio. Le equazioni del generico guscio a doppia curvatura, così ricavate e
sintetizzate nello schema delle teorie fisiche, sono poi specializzate alle strutture di
rivoluzione.
Per quanto riguarda le equazioni di legame elastico, a causa del crescente sviluppo dei
materiali compositi, una particolare attenzione viene riservata ad una nuova classe di
materiali. Come ben noto, i materiali compositi laminati risultano affetti da inevitabili
Chapter 1
ABSTRACT
Capitolo 1
1.1.1 INTRODUZIONE
differenziale con cui viene modellato il fenomeno in esame. In molti casi la soluzione
approssimata, definita soluzione numerica del problema, è rappresentata attraverso i valori
che la soluzione assume in determinati punti del dominio (detti punti della griglia, della
discretizzazione, della collocazione, oppure della mesh).
Il GDQ Method, è un’evoluzione dell’originale DQ Method, conosciuto nella lingua
inglese come Differential Quadrature Method. Rispetto ad altre tecniche numeriche, il
vantaggio del GDQ Method consiste nel raggiungimento di precisioni elevate con un minor
sforzo computazionale. Quando si parla di altre tecniche numeriche si fa riferimento al
Metodo delle Differenze Finite (o FD Method), al Metodo agli Elementi Finiti (o FE
Method) ed al Metodo dei Volumi Finiti (o FV Method).
Nella meccanica strutturale le tecniche numeriche maggiormente impiegate sono il
metodo alle differenze finite ed il metodo agli elementi finiti.
Il Metodo di Quadratura Differenziale appartiene ai metodi spettrali e pseudospettrali.
E’ interessante per la sua estrema semplicità applicativa e fornisce risultati soddisfacenti,
analoghi a quelli ottenuti mediante metodologie numeriche più consolidate. In origine,
detto metodo è nato come solutore diretto di sistemi, lineari e non lineari, di equazioni
differenziali a coefficienti variabili.
Il cuore della tecnica numerica in parola consiste nell’approssimazione della derivata di
ordine generico, di una qualsiasi funzione sufficientemente regolare, valutata in un punto
del dominio di definizione. Tale approssimazione si esprime attraverso una combinazione
lineare dei valori assunti dalla funzione medesima nei vari punti in cui è stato discretizzato
il dominio stesso.
Il metodo agli Elementi Finiti è la più diffusa e sviluppata tecnica numerica, applicata
nella maggior parte dei problemi di interesse scientifico. Permette di ottenere risultati
molto buoni utilizzando un elevato numero di punti nodali. I metodi spettrali e
pseudospettrali, invece, forniscono risultati interessanti anche facendo uso di pochi punti
nodali.
1.1.2.1 Premessa
sviluppate a partire dagli anni ’50. In particolare, a tali anni risale lo sviluppo del Metodo
delle Differenze Finite (FDM), mentre è relativa agli anni ’60 l’affermazione del Metodo
agli Elementi Finiti (FEM) e del Metodo dei Volumi Finiti (FVM). Tra queste tre
procedure, quella più diffusa e sviluppata risulta sicuramente il FEM: un metodo basato su
principi variazionali; il FDM e il FVM sono fondati, rispettivamente, sull’espansione in
serie di Taylor e sull’applicazione diretta della legge di conservazione fisica alle celle
finite.
A partire da queste procedure, sono state sviluppate altre tecniche all’interno della
cosiddetta classe dei metodi spettrali. Tali schemi di discretizzazione sono noti con il nome
di metodi dei residui pesati, i cui elementi fondamentali sono le funzioni base o funzioni
test. Il Metodo agli Elementi Finiti ed i metodi spettrali utilizzano entrambi funzioni base
per approssimare la soluzione. Tuttavia, mentre le funzioni base dei metodi spettrali hanno
proprietà globali, quelle usate nel FEM hanno caratteristiche locali, ossia sono da
specificare per ogni elemento in cui viene discretizzato il dominio, essendo quest’ultimo
suddiviso in piccole porzioni. Le funzioni base con carattere locale risultano utili per
l’analisi di geometrie complesse.
I metodi spettrali si presentano come tecniche di approssimazione sull’intero dominio e
sono in grado di fornire soluzioni numeriche ottimali, impiegando un numero molto
limitato di punti nodali.
Le prime applicazioni del DQM usarono proprio questi criteri per calcolare i
coefficienti di ponderazione. In realtà vi fu un uso prevalente del primo, vista la possibilità
di scegliere arbitrariamente le coordinate dei punti di griglia. Tuttavia, quando l’ordine del
sistema delle equazioni algebriche è elevato, la matrice ad esso associata risulta mal
condizionata. Questa è la ragione per cui le prime applicazioni del DQM vennero svolte
usando solamente un numero di punti inferiore o, al massimo uguale, a 13. Per superare le
difficoltà relative alla valutazione dei coefficienti di ponderazione vennero condotti diversi
studi. Civan (1989), dimostrò che la difficoltà computazionale del primo approccio di
Bellman e Casti era dovuta al carattere della matrice di Vandermonde. Tale matrice è
associata al sistema di equazioni algebriche ed appare comunemente in molti problemi
ingegneristici. La notorietà di tale matrice e del relativo sistema di equazioni aveva già
permesso lo sviluppo di alcuni algoritmi speciali per la sua soluzione, tra cui è da ricordare
quello di Björck e Pereyra (1970). L’algoritmo in parola permise di calcolare
accuratamente i coefficienti di ponderazione con l’uso di più di 31 punti di griglia.
Tuttavia, esso non consentiva ancora di valutare i coefficienti per gli ordini di derivazione
superiore al primo.
Un ulteriore miglioramento nel calcolo dei coefficienti di ponderazione venne proposto
da Quan e Chang (1989), assumendo quali funzioni base i polinomi interpolanti di
Lagrange. In questo modo si aveva una formulazione esplicita per calcolare i coefficienti
relativi alla discretizzazione del primo e del secondo ordine di derivazione.
Una soluzione ancora migliore del problema venne proposta da Shu (1991) e da Shu e
Richards (1992) ed era basata sull’approssimazione polinomiale di ordine superiore e
sull’analisi di uno spazio vettoriale lineare. Con quest’ultimo approccio, i coefficienti di
ponderazione relativi al primo ordine di derivazione sono determinabili attraverso una
semplice formulazione algebrica senza alcuna restrizione sulla scelta dei punti di griglia.
Inoltre, quelli relativi al secondo ed agli ordini superiori sono definibili mediante una
relazione ricorsiva.
La proposta generalizzazione del calcolo di questi coefficienti ha portato a tradurre
l’originale DQM nell’attuale Metodo Generalizzato di Quadratura Differenziale, o GDQ
Method. Tutto il lavoro descritto è fondato sull’approssimazione polinomiale per cui, come
conseguenza di questo fatto, il nominato GDQ Method (GDQM) può essere considerato un
metodo di quadratura differenziale basato su aspetti polinomiali (PDQM). Ulteriori
sviluppi nelle formulazioni algebriche per calcolare i coefficienti di ponderazione, qualora
la funzione o la soluzione delle equazioni differenziali sia approssimabile tramite
l’espansione in serie di Fourier, sono state introdotte da Shu e Chew (1997) e Shu e Xue
(1997). Le formulazioni del DQM sono diverse da quelle classiche polinomiali e tale
approccio può essere denominato metodo di quadratura differenziale basato
sull’espansione in serie di Fourier (FDQM).
Dall’analisi fatta, appare che i fondamenti matematici del GDQM siano da ricercare
nell’analisi di uno spazio vettoriale lineare e nella approssimazione funzionale.
Nella letteratura scientifica e tecnica sono disponibili risultati che mostrano come, il
GDQM si sia proposto come un metodo ad elevata potenzialità nel campo dell’analisi
strutturale grazie alla sua precisione, efficienza, semplicità d’uso e al suo basso costo
computazionale (Civan (1978); Civan e Sliepcevich (1983-84); Jang (1987); Bert (1988);
Jang (1989)).
Nelle applicazioni precedenti le equazioni differenziali non superavano il secondo
ordine; inoltre esse non avevano più di una condizione al contorno per ogni bordo del
dominio di definizione. Nel caso di travi snelle e piastre sottili, invece, l’equazione
differenziale risulta essere del quarto ordine e le condizioni di vincolo sono due per ogni
bordo. Si dice anche che le condizioni di vincolo sono ridondanti, in quanto l’equazione
del problema è una, mentre le condizioni al contorno sono due. L’implementazione di dette
condizioni richiede pertanto una particolare attenzione (Striz, 1988; Loo, 1991; Feng e
Bert, 1992; Shu, 1991). Le problematiche connesse alla meccanica strutturale
contribuirono al perfezionamento della metodologia in parola, come evidenziato dal
notevole numero di pubblicazioni degli ultimi anni. La tecnica in discorso è stata applicata
anche all’instabilità di travi e piastre, all’analisi dinamica di archi e gusci a doppia
curvatura.
Come ben noto, l’integrale della funzione f x su > a, b @ in figura 1.1 rappresenta l’area
³ f x dx # w1 f1 w2 f 2 ... wN f N ¦w f
i 1
i xi (1.1)
a
discretizzazione.
f x
x
x=a x=b
Figura 1.1 – Integrale di f x in un intervallo finito > a, b @ .
sufficientemente regolare sia definita nell’intervallo chiuso > a, b @ e si supponga che esso
1 2 i N 1 N
Figura 1.2 – Rappresentazione del problema monodimensionale.
fatta rispetto ad x nel generico punto nodale x i , può essere approssimata attraverso una
sommatoria lineare pesata di tutti i valori che la funzione stessa assume nell’intero
dominio:
df x N
f c xi f (1) xi # ¦ 9 ij(1) f x j , i = 1, 2,..., N (1.2)
dx x xi j 1
rappresentano i valori della funzione nei punti x j in cui è stato suddiviso il dominio e
9 ij(1) sono contraddistinti dai pedici i e j . Il pedice i indica il punto del dominio in cui si
calcola la derivata generica. L’equazione (1.2) prende il nome di quadratura differenziale
(DQ) e definisce, contestualmente, un operatore lineare.
Da questa semplice applicazione, si può già intuire come le fasi fondamentali della
tecnica numerica in narrativa siano la discretizzazione del dominio in N punti nodali
(definizione della mesh) e la valutazione dei coefficienti di ponderazione della sommatoria.
Il punto chiave della procedura è la definizione dei coefficienti di ponderazione.
In seguito, verrà mostrata la procedura per la determinazione dei coefficienti di
ponderazione attraverso l’analisi di uno spazio vettoriale lineare e l’analisi
dell’approssimazione funzionale. E’ opportuno premettere, però, alcuni concetti e
proprietà che sono alle base delle successive considerazioni.
In questo paragrafo, sono richiamati concetti e proprietà di uno spazio vettoriale lineare,
utili per il calcolo dei coefficienti di ponderazione (1.2).
ab c a bc , ab c a bc
a bc ab ac
a0 a
a1 a
6) Per ogni elemento a di F , esiste uno scalare b (detto opposto) di F tale che:
ab 0
7) Per ogni elemento a di F che non sia lo 0 , esiste uno scalare b (detto inverso) di F
tale che:
ac 1
In base alle caratteristiche appena elencate, si può osservare che l’insieme di oggetti
costituenti il campo può essere un qualunque elenco di elementi; un elenco esteso nella
misura in cui le due operazioni riescono ad essere ancora definite per tali scalari. I campi
che verranno trattati sono quello dei numeri reali e quello delle funzioni razionali a
coefficienti reali. L’addizione e la moltiplicazione all’interno di questi due campi sono
definite nella maniera usuale.
Prima di introdurre il concetto di spazio vettoriale, si consideri un piano geometrico
bidimensionale. Una volta scelta la sua origine, ogni punto appartenente al piano stesso
può essere rappresentato attraverso un vettore posizione, definito da una direzione, da
un’intensità e da un verso. Se all’interno del piano si prendono in esame due vettori, essi
possono essere sommati, ma il loro prodotto non risulta definito. Usando la terminologia
matematica, un piano che presenta tali caratteristiche viene chiamato spazio lineare, o
spazio vettoriale, o spazio vettoriale lineare ed è indicato con la lettera V . Esso è formato
da una serie di elementi chiamati vettori, da un campo F e da due operazioni dette
addizione vettoriale e moltiplicazione scalare. Tali operazioni sono definite in modo da
soddisfare le seguenti condizioni:
1) Ad ogni coppia di vettori D , E di V , corrisponde un vettore D E chiamato somma di
D eE.
2) L’addizione è un’operazione che gode della proprietà commutativa; ossia, per ogni
coppia di vettori D , E di V , risulta:
D E E D
3) L’addizione è un’operazione che gode della proprietà associativa; ossia, per ogni terna
di vettori D , E , J di V , si ha:
D E J D E J
4) Lo spazio V contiene un vettore indicato con 0, chiamato vettore nullo (oppure
origine), tale che, per ogni vettore D di V , si ha:
PhD Thesis: F. Tornabene 11
Modellazione e Soluzione di Strutture a Guscio in Materiale Anisotropo
D 0 D
5) Per ogni vettore D di V , esiste un vettore E di V tale che:
D E 0
6) Per ogni elemento c di F e per ogni vettore D di V , esiste un corrispondente vettore
cD di V chiamato prodotto scalare di c ed D .
ab J a bJ
a E J a E aJ
ab J aJ bJ
reali ci :
N
PN ( x) ¦c x
i 1
i
i 1
(1.3)
¦c x
i 1
i
i 1
¦ di xi 1
i 1
¦i 1
ci di xi 1
(1.4)
§ N · N
a ¨ ¦ ci x i 1 ¸ ¦ aci x i 1
©i1 ¹ i 1
Da quanto è stato detto, è facile verificare che l’insieme ^ PN x ` risulta essere uno
Vengono elencate le proprietà di uno spazio vettoriale lineare che stanno alla base dello
sviluppo della quadratura differenziale.
x Lineare Indipendenza. Un insieme di vettori D1 , D 2 ,..., D N di uno spazio vettoriale
indipendenti definisce una base (composta da N vettori). In altre parole, una volta
scelta la base di uno spazio vettoriale lineare N -dimensionale ( V N ), ogni vettore di
V N può essere rappresentato in modo univoco tramite una serie di scalari d1 , d 2 ,..., d N
nel campo F .
x Cambio di base. In uno spazio vettoriale lineare N -dimensionale ( V N ) esistono molti
insiemi di vettori di base ed ognuno di essi può essere univocamente espresso in
funzione di un altro insieme di vettori base. Ad esempio, se si considerano due insiemi
di vettori base quali D1 , D 2 ,..., D N e E1 , E 2 ,..., E N di V N , tale proprietà indica che:
N N
Di ¦ aij E j
j 1
, Ei ¦b Dj 1
ij j (1.6)
per i = 1, 2,..., N e dove aij e bij sono elementi scalari del campo scalare F .
per qualunque coppia D1 , D 2 dello spazio V N e per qualsiasi coppia a1 , a2 del campo
F.
In base a tale proprietà è facile dimostrare che l’equazione (1.2) definisce un operatore
lineare poiché:
w a1 f1 a2 f 2 N N
# a1 ¦ 9 ij(1) f1 x j a2 ¦ 9 ij(1) f 2 x j (1.8)
wx x xi j 1 j 1
e si considera D a1D1 a2D 2 ... aND N come un vettore arbitrario dello spazio
§ N · N
L D L ¨ ¦ aiD i ¸ ¦a L i Di 0 (1.10)
©i1 ¹ i 1
x Operatore lineare e differenti basi in uno spazio vettoriale lineare. In uno spazio
vettoriale lineare N -dimensionale V N , se un insieme di vettori di base soddisfa la
proprietà dell’operatore lineare, allo stesso modo essa sarà verificata da un altro
insieme diverso dal precedente. Ad esempio, si considerino D1 , D 2 ,..., D N e
E1 , E 2 ,..., E N due basi di V N e si supponga, inoltre, che il primo dei due insiemi
soddisfi l’equazione (1.9). Se si sfruttano le equazioni (1.6) e (1.7) si ottiene:
§ N · N
L Ei L ¨ ¦ aijD j ¸ ¦a L Dij j 0 (1.11)
©j1 ¹ j 1
L’equazione (1.11) indica che anche il secondo insieme di vettori base soddisfa
l’equazione lineare.
Come già affermato in precedenza, non sempre è possibile esprimere in forma chiusa la
soluzione di una equazione differenziale alle derivate parziali (PDE). Tuttavia, mediante
tecniche numeriche (quali ad esempio il DQM) è possibile ottenere soluzioni approssimate.
La soluzione di una PDE si può esprimere mediante una funzione polinomiale, oppure
attraverso una funzione armonica. Quando si ricerca una soluzione con tecniche
numeriche, l’approssimazione funzionale da adottare può essere un’approssimazione
polinomiale di ordine superiore, oppure un’espansione in serie di Fourier (funzione
armonica). Inoltre, si può osservare che esiste uno stretto legame tra la soluzione e la
funzione approssimante adottata.
N all’infinito. Tale teorema può essere anche formulato nel seguente modo: se f x è
una funzione continua a valori reali definita nell’intervallo chiuso > a, b @ allora, per ogni
f x PN x d H (1.12)
N N
f x # PN x ¦ ck pk x
k 1
¦c x
k 1
k
k 1
(1.13)
dove ck sono costanti. Si ricordi che PN x costituisce uno spazio vettoriale lineare V N
pk x x k 1 , k 1, 2,..., N (1.14)
Per ottenere una soluzione numerica di una PDE è necessario conoscere quali sono i
valori della funzione in determinati punti del dominio. Dal momento che si sta
considerando un intervallo chiuso > a, b @ e che ci sono N punti nodali di coordinate
a x1 ,..., xi ,..., x N b , i valori della funzione cercati sono i valori f xi . Ciò significa che
le costanti c k dell’equazione (1.13) possono essere ottenute in base alla soluzione del
seguente sistema di equazioni algebriche:
c1 c2 x1 c3 x12 ... cN x1N 1 f x1
° 2 N 1
°c1 c2 x2 c3 x2 ... cN x2 f x2
® (1.15)
°..........................................................
°c1 c2 xN c3 xN2 ... cN xNN 1 f xN
¯
La matrice associata a tale sistema è detta matrice di Vandermonde. Essa risulta non
singolare, quindi invertibile, garantendo che il sistema stesso abbia un’unica soluzione per
le costanti c1 , c2 ,..., cN . Una volta definite tali costanti è lecito affermare di aver ottenuto
L x
dove: lk x
x xk L (1) xk
N
L x x x1 x x2 x xN (x x )j
j 1
N
L (1) xk xk x1 xk xk 1 xk xk 1 xk xN xk x j
j 1, j z k
dove L (1) xk rappresenta la derivata del primo ordine del polinomio L x valutata nel
Per quel che riguarda i termini lk x , con k 1, 2,..., N , essi sono funzioni per cui vale
la seguente proprietà:
0 k zi
lk xi ® (1.17)
¯1 k i
Tali termini sono funzioni e quindi possono essere considerati vettori (polinomi)
linearmente indipendenti dello spazio vettoriale V N . E’ lecito considerarli come una
Si osservi che nell’equazione (1.18) vi sono anche costanti a k che possono essere espresse
in termini dei valori della funzione nei punti nodali. Dall’analisi dei coefficienti a k si può
notare come a N sia identico al fattore relativo alla potenza più elevata del polinomio
sia un polinomio di grado m 1 che soddisfa i valori funzionali nei punti x1 , x 2 ,..., x m .
Dall’equazione (1.16) si ricava direttamente:
m
f xk
am ¦L (1)
, m 1, 2,..., N (1.20)
k 1 m xk
dove:
m
L (1)
m xk xk x1 xk xk 1 xk xk 1 xk xN xk x j (1.21)
j 1, j z k
*
Tabella 1.1 – Radici dei polinomi shiftati di Legendre LN x .
x N 7 N 9
x1 0.02544604 0.01591988
x2 0.12923440 0.08198445
x3 0.29707742 0.19331428
x4 0.50000000 0.33787329
x5 0.70292257 0.50000000
x6 0.80076559 0.66212671
x7 0.97455395 0.80668572
x8 - 0.91801555
x9 - 0.98408012
1 x 2 L(2)
i x 2 xL(1)
i x i i 1 Li x 0 (1.23)
dove L(1)
i x e L(2)
i x rappresentano, rispettivamente, le derivate del primo e del secondo
ordine del polinomio Li x . Dalla sua soluzione si può notare come i vari polinomi di
2i 1 i
Li 1 x xLi x Li 1 x (1.24)
i 1 i 1
Qui di seguito sono rappresentati i primi sette polinomi di Legendre:
L0 x 1
L1 x x
1
L2 x 3 x2 1
2
1
L3 x 5 x3 3 x
2
1
L4 x 35 x 4 30 x 2 3
8
1
L5 x 63 x5 70 x3 15 x
8
1
L6 x 231 x 6 315 x 4 105 x 2 5 (1.25)
16
I polinomi di Legendre sono polinomi ortogonali nell’intervallo > 1,1@ rispetto al peso
0 se m z n
1 °
³1
Lm x Ln x dx ® 2
se m n
(1.26)
° 2 n 1
¯
Per la determinazione dei polinomi di Legendre L*i x shiftati nell'intervallo > a, b @ ,
ottenuto dal corrispondente polinomio di Legendre di pari grado con la seguente relazione:
Li > x @ Li > 2 x 1@ L*i > x @ (1.29)
L*1 x 2x 1
L*2 x 6x 2 6x 1
L*3 x 20 x 3 30 x 2 12 x 1 (1.30)
N , per N 7 e N 9.
In modo analogo, quando il polinomio viene definito mediante l’interpolazione
polinomiale di Chebyshev:
N
PN x ¦c T
k 1
k k 1 x (1.31)
w 1 x 2 Ti (1) x i 2 Ti x
0 (1.32)
wx 1 x2
dove Ti (1) x rappresenta la derivata prima del polinomio Ti x . Dalla sua soluzione si
può notare come i vari polinomi di Chebyshev soddisfino la seguente relazione ricorsiva:
Ti 1 x 2 xTi x Ti 1 x (1.33)
In base alle precedenti considerazioni si evince che in uno spazio vettoriale polinomiale
V N , ci possono essere diversi insiemi di vettori di base. Gli insiemi di vettori di base,
maggiormente utilizzati, sono:
pk x x k 1 , k 1, 2,..., N (1.35)
L x
pk x , k 1, 2,..., N (1.36)
x xk L (1) xk
p1 x 1, pk x pk 1 x x xk 1 , k 2,3,..., N (1.37)
Si può osservare che l’insieme di vettori di base (1.36) dipende dalla distribuzione dei
punti nodali, ovvero dalle coordinate della discretizzazione. Nel caso in cui tali coordinate
siano assunte quali radici del polinomio di Legendre LN x di grado N nell’intervallo
D’altra parte, se f x è una funzione a valori reali, definita sullo stesso intervallo
forma:
f f
f x a0 ¦ ak cos kx ¦ bk sin kx (1.40)
k 1 k 1
dove:
2S
1
a0
2S ³f
0
x dx
2S
1
ak
S ³f
0
x cos kxdx
2S
1
bk
S ³f
0
x sin kxdx
(dove n n(H ) ) tale che sia soddisfatta la seguente disuguaglianza per tutti i valori di x:
f x Sn x d H (1.43)
L’insieme in parola rappresenta una base dello spazio vettoriale lineare suddetto. Altri
Ricordando che per determinare la soluzione numerica di una PDE è necessario definire
i valori assunti dalla funzione nei vari punti del dominio, l’espansione in serie di Fourier
deve essere usata in forma discreta. In tal caso, se x1 , x2 ,..., xN sono le coordinate degli N
punti del dominio definiti nell’intervallo chiuso > 0, 2S @ e f xi è il valore della funzione
x
dove: g k x (1)
sin x xk 2 xk
§ x x1 · § x x2 · § x xN · N
§ x xj ·
x sin ¨ ¸ sin ¨
© 2 ¹ © 2 ¹
¸ sin ¨
© 2 ¹
¸ sin ¨ ¸
j 1 © 2 ¹
N
§ xk x j ·
(1) xk sin ¨ ¸
j 1, j z k © 2 ¹
E’ facile mostrare che g k xi ha le medesime proprietà espresse dalle equazioni (1.17)
Nel caso di una funzione pari f x definita sull’intervallo chiuso > 0, S @ , l’espansione
dove:
S
1
a0
S ³f
0
x dx
S
2
ak
S ³f
0
x cos kxdx
costituisce uno spazio VN . In tale spazio, un insieme di vettori di base è formato dalla
seguente serie di vettori linearmente indipendenti:
1, cos x,..., cos N 1 x (1.51)
Si noti che l’ultima espressione dell’equazione (1.52) risulta identica alla forma più
convenzionale di approssimazione polinomiale (1.13), per cui è possibile definire la
seguente serie di vettori come base di VN :
Dal momento che per approssimare la soluzione di una PDE è necessario determinare i
valori assunti dalla funzione nei punti del dominio, occorre usare l’espansione in serie di
Fourier in forma discreta. E’ possibile esprimere FN x attraverso la formula
dell’interpolazione di Lagrange:
N
FN x ¦f
k 1
xk ck x (1.54)
x
dove: ck x (1)
cos x cos xk xk
N
x cos x cos x1 cos x cos x2 cos x cos xN
j 1
cos x cos x j
N
(1) xk
j 1, j z k
cos xk cos x j
Nel caso di una funzione dispari f x definita sull’intervallo aperto @0, S > ,
l’espansione in serie di Fourier può essere scritta come:
f
f x ¦b
k 1
k sin kx (1.55)
dove:
S
2
bk
S ³f
0
x sin kxdx
FN x costituisce uno spazio VN . In tale spazio, un insieme di vettori base è formato dalla
+ x sin x
dove: sk x
sin xk cos x cos xk + (1) xk
N
+ x cos x cos x1 cos x cos x2 cos x cos xN
j 1
cos x cos x j
N
+ (1) xk
j 1, j z k
cos xk cos x j
affinché non si abbiano valori di sk x pari ad infinito, ciò capita qualora x assuma i valori
intervallo aperto @0, S > , il che risulta garantito dall’assunzione fatta inizialmente.
applicazioni del metodo di quadratura differenziale si utilizzò il primo dei due approcci,
poiché esso permette una scelta arbitraria dei punti della discretizzazione. All’aumentare
del numero dei punti nodali però, ovvero dell’ordine del sistema algebrico, la matrice
associata ad esso risulta mal condizionata e ciò fornisce grosse difficoltà di valutazione dei
coefficienti (la matrice diventa difficilmente invertibile).
Per superare le difficoltà connesse con il secondo approccio vennero fatti numerosi
tentativi, che portarono ad un nuovo criterio di calcolo dei suddetti coefficienti. Quan e
Chang (1989) adottarono i polinomi interpolanti di Lagrange come funzioni di base,
ottenendo formulazioni algebriche per i coefficienti relativi al primo e al secondo ordine di
derivazione. L’impiego dei polinomi di Lagrange rende libera la scelta dei punti di
discretizzazione del dominio, senza dover assumere come punti le radici dei polinomi
shiftati di Legendre.
Sfruttando le proprietà dello spazio vettoriale lineare polinomiale, Shu (1991) mostrò
che i metodi di calcolo dei coefficienti nel PDQM possono essere generalizzati attraverso
un’adeguata scelta dei vettori di base nello spazio vettoriale stesso.
Una variante del metodo di quadratura originale venne introdotta da Shu e Richards nel
1992. Come caso generale, Shu presentò una semplice formulazione algebrica per
calcolare i coefficienti di ponderazione relativi al primo ordine di derivazione e una
relazione ricorsiva per il calcolo dei coefficienti relativi al secondo e agli ordini superiori
di derivazione, senza alcuna restrizione in merito alla scelta dei punti nodali. La
determinazione dei coefficienti di ponderazione delle derivate di qualsiasi ordine fa uso dei
polinomi di Lagrange. La generalizzazione del metodo di quadratura costituisce il Metodo
Generalizzato di Quadratura Differenziale (Generalized Differential Quadrature Method
oppure GDQ Method).
In questa parte verrà mostrato, in modo dettagliato, il procedimento di valutazione dei
coefficienti di ponderazione descritto nel caso di problemi monodimensionali e l’ulteriore
estensione al caso di problemi multidimensionali.
La (1.61) risulta definita solo quando è stabilito il procedimento con cui vengono
valutati i relativi coefficienti di ponderazione 9 ij(1) . Di seguito si mostrano alcune
formulazioni esplicite.
Dall’equazione (1.61) si può notare che i coefficienti 9 ij(1) hanno entrambi gli indici che
( i 1, 2,..., N ):
N
dpk x
dx
¦9
j 1
(1)
ij x kj 1 (k 1) xik 2 , k 1, 2,..., N (1.63)
xi
Dalla soluzione del sistema algebrico lineare (1.63) si determinano in maniera esplicita i
coefficienti 9 ij(1) , una volta definiti i punti xi del dominio. In altre parole, pretendendo che
l’equazione (1.61) sia verificata per tutti i polinomi (1.62) di grado minore e uguale a
N 1 , si ottiene:
N
°k 1 ¦9
j 1
(1)
ij 9 i(1) (1) (1)
1 9 i 2 !! 9 iN 0
°
° N
°k 2 ¦9 (1)
ij xj 9 i(1) (1) (1)
1 x1 9 i 2 x2 !! 9 iN xN 1
° j 1
°° N
®k 3 ¦9 (1)
ij x 2j 9 i(1) 2 (1) 2 (1) 2
1 x1 9 i 2 x2 !! 9 iN xN 2 xi (1.64)
° j 1
°#
° N
°
°k N ¦9
j 1
(1)
ij x Nj 1 9 i(1)
1 x1
N 1
9 i(1) N 1
2 x2 !! 9 iN(1) xNN 1 N 1 xiN 2
°
°̄
Il sistema algebrico (1.64) assume la forma matriciale:
ª9 i(1)
1
º ª 0 º
« (1) » « »
92» 1
ª 1 1 1 " 1 ! 1 º « i(1) « »
« x «9 » « 2 xi »
« 1 x2 x3 ! xj ! xN »» « i 3 » « »
# # (1.65)
« # # # # # # # » « (1) » « »
« N 1 » 9 »
« « j 1 xij 2 »
¬« x1 x2N 1 x3N 1 ! x Nj 1 ! xNN 1 ¼» « ij » « »
« # » « # »
«9 (1) » « N 1 x N 2 »
¬ iN ¼ ¬ i ¼
dove la matrice dei coefficienti è la matrice di Vandermonde:
ª 1 1 1 " 1 ! 1 º
« x x2 x3 ! xj ! xN »»
Vd « 1 (1.66)
« # # # # # # # »
« N 1 N 1 »
¬« x1 x2N 1 x3N 1 ! x Nj 1 ! xN ¼»
riportati:
L*N x
pk x (1.67)
x xk L*(1)
N xk
dove L*N x rappresenta il polinomio shiftato di Legendre nell’intervallo > 0,1@ di grado N
ed L*(1)
N xk indica la derivata del primo ordine del polinomio medesimo valutata nel punto
xk . In funzione di questa scelta, Bellman, Kashef e Casti (1972) dimostrarono che, con una
applicando l’equazione (1.61) in questi N punti nodali, i coefficienti 9 ij(1) possono essere
1 2 xi
9 ii(1) , i j (1.69)
2 xi xi 1
riguarda la scelta del tipo di discretizzazione del dominio. La valutazione dei coefficienti di
ponderazione diventa assai semplice, ma questo approccio non è flessibile come il
precedente, poiché le N coordinate dei punti nodali non possono essere scelte
arbitrariamente. A causa di quest’ultimo aspetto associato alla scelta dei punti nodali, tale
criterio non ha trovato lo stesso grado di applicazione del primo.
Per definire criteri alternativi nella valutazione dei coefficienti di ponderazione, nel
1989 Quan e Chang adottarono come funzioni base i seguenti polinomi interpolanti di
Lagrange:
L x
pk x , k 1, 2,..., N (1.70)
x xk L (1) xk
dove:
N
L x x x1 x x2 x xN (x x )
j (1.71)
j 1
N
L (1) xk xk x1 xk xk 1 xk xk 1 xk xN xk x j (1.72)
j 1, j z k
In funzione di questa scelta essi dimostrarono che, applicando l’equazione (1.61) negli
N punti nodali in cui è stato discretizzato il dominio, i coefficienti di ponderazione 9 ij(1) si
N
1
9 ij(1)
k
¦ x
1, k z i i xk
, i j (1.74)
In questo caso, come per il secondo approccio di Bellman, il calcolo dei coefficienti di
ponderazione è abbastanza semplice; inoltre, le formule trovate possono essere applicate
senza restrizioni sulla scelta dei punti nodali.
Gli approcci sviluppati da Bellman condussero Shu nel 1991 a definire un approccio
generalizzato. Infatti, mediante esso si riescono a riunire, sotto un’unica forma, tutti i
criteri sviluppati precedentemente.
Secondo il teorema dell’approssimazione polinomiale di Weierstrass, una funzione
f x continua nel suo dominio di definizione può essere approssimata uniformemente con
una successione infinita di polinomi. Ai fini pratici, però, può essere utilizzata solo una
somma finita di polinomi di grado elevato.
Alcuni metodi, come ad esempio quello spettrale, hanno applicato con successo il
concetto dell’approssimazione polinomiale di ordine superiore, per la soluzione delle
equazioni alle derivate parziali. La soluzione di una PDE può essere approssimata
accuratamente tramite un polinomio di ordine superiore. Seguendo tale approccio, si
suppone che una funzione continua in un dominio possa essere approssimata con un
polinomio di ordine N 1 per N abbastanza grande. In base a quanto detto, il polinomio
in questione definisce uno spazio vettoriale lineare N -dimensionale V N , poiché risulta
chiuso rispetto alla somma e alla moltiplicazione per uno scalare, oltre ad essere
esprimibile in diversi modi.
Se pk x , k 1, 2,..., N , è una base dello spazio vettoriale VN , per il teorema
dove d k rappresentano delle costanti che dipendono dalla tipologia di vettori di base scelti.
forma:
N
f x # PN x ¦c x
k 1
k
k 1
(1.76)
diversi insiemi di vettori di base nello spazio V N . Il fatto che i vettori del suddetto spazio
siano, a tutti gli effetti, dei polinomi porta a sostenere che i vettori di base possono anche
essere chiamati polinomi di base.
Nello spazio vettoriale lineare VN , ogni base può essere espressa in maniera univoca
come combinazione lineare di un’altra base. Quattro tipici insiemi di polinomi base di V N
sono elencati di seguito:
pk x x k 1 , k 1, 2,..., N (1.77)
L*N x
pk x , k 1, 2,..., N (1.78)
x xk L*(1)
N xk
L x
pk x , k 1, 2,..., N (1.79)
x xk L (1) xk
p1 x 1, pk x pk 1 x x xk 1 , k 2,3,..., N (1.80)
del primo approccio di Bellman, mentre la seconda rifletta quelle del secondo approccio. In
altre parole, si può osservare che le funzioni base dei due approcci di Bellman sono proprio
due insiemi di polinomi di base per lo spazio V N . A questo punto, ricordando che
l’equazione (1.61) definisce un operatore lineare, per le proprietà dello spazio vettoriale
lineare, se un insieme di polinomi di base soddisfa l’operatore lineare dell’equazione
(1.61), lo stesso si può dire per gli altri polinomi di base. Ciò significa che ogni insieme di
polinomi base deve fornire coefficienti di ponderazione il cui valore dipende dalla scelta
delle funzioni base. D’altra parte, la differenza tra i due approcci di Bellman è dovuta
solamente all’uso di diverse funzioni base. Si può, quindi, dedurre che l’uso di diversi
insiemi di polinomi base indicherà, conseguentemente, l’uso di differenti approcci per il
calcolo dei coefficienti di ponderazione e che, poiché ci sono diversi insiemi di polinomi
base in uno spazio vettoriale lineare V N , esistono molti criteri per calcolare quest’ultimi.
I coefficienti di cui sopra devono essere utilizzati per ottenere una soluzione
approssimata di una PDE, in quanto le proprietà di uno spazio vettoriale lineare forniscono
anche questa capacità. La soluzione di una equazione è approssimabile mediante un
polinomio di grado N 1 (costituente uno spazio vettoriale lineare V N ); polinomio la cui
espressione è ancora sconosciuta. L’equazione (1.75) è definita solo quando sono note le
costanti d k . Inoltre, dalle proprietà di uno spazio vettoriale lineare si evince anche che, se
un insieme di polinomi base soddisfa l’operatore lineare dell’equazione (1.61), allo stesso
modo si comporta ogni polinomio base dello spazio V N . Questo indica che la soluzione
della PDE scritta secondo l’equazione (1.75) soddisfa anch’essa l’equazione (1.61) e cioè,
che i coefficienti di ponderazione ottenuti dai polinomi base possono essere utilizzati per
discretizzare le derivate di una PDE.
Quando l’insieme di polinomi base è dato dall’equazione (1.77), per definire i
coefficienti di ponderazione è possibile ricavare lo stesso sistema di equazioni (1.64) del
primo approccio di Bellman. Se l’insieme di polinomi base è quello fornito dall’equazione
(1.78), si ritrova la stessa formulazione algebrica del secondo approccio di Bellman (1.67).
Attraverso l’approccio generale di Shu si definiscono i coefficienti di ponderazione
usando due differenti insiemi di polinomi di base. In particolare, il primo insieme è quello
dei polinomi interpolanti di Lagrange nella loro scrittura più generale (1.79), mentre il
secondo è quello dei polinomi in forma monomia (1.77).
Per semplicità si pone:
0 i z j
G ij ® (1.83)
¯1 i j
Per la (1.81), l’equazione (1.79) può essere semplificata nella seguente forma:
& x, xk
pk x , k 1, 2,..., N (1.84)
L (1) xk
La (1.83) rappresenta la nuova scrittura per l’insieme dei polinomi di base adottato. Se
si applica a quest’ultima relazione (1.84) la legge di quadratura differenziale (1.61), si può
porre nella forma:
in particolare, il primo può essere facilmente calcolato in base all’equazione (1.72), mentre
per definire il secondo occorre derivare l’equazione (1.81) rispetto alla variabile x . La
generica derivata di ordine n -esimo del polinomio L x risulta esprimibile attraverso la
formulazione ricorsiva:
L (n) x & (n)
x, xk x xk n & ( n 1)
x, xk (1.88)
(1)
è possibile notare come & xi , x j sia esprimibile nel modo seguente:
(1) L (1) xi
& xi , x j , iz j (1.89)
xi x j
(1) L (2) xi
& xi , xi , i j (1.90)
2
(1)
Noti i termini & xi , x j , attraverso la loro sostituzione nell’equazione (1.87) si
L (2) xi
9 ii(1) , i j (1.92)
2 L (1) xi
Si può osservare che, una volta definito il tipo di discretizzazione xi , la valutazione dei
9 ij(1) risulta elementare, in base alla definizione di L (1) xi . L’equazione (1.91) permette di
(1)
calcolare 9 ij , i z j , senza alcuna restrizione sulla scelta dei punti nodali xi . Al contrario,
(1)
il calcolo dei coefficienti 9 ii si basa sulla determinazione della derivata seconda
L (2) xi , che non è facile ottenere. Questa difficoltà può essere superata qualora si passi
dp1 x N N
dx
¦9
j 1
(1)
ij 1 0 9 ii(1) ¦
j 1, j z i
9 ij(1) (1.93)
xi
Le equazioni (1.91) e (1.93) rappresentano due diverse formulazioni per il calcolo dei
(1)
coefficienti di ponderazione 9 ij . In particolare, applicando l’approccio generale di Shu si
(1)
ha che i coefficienti 9 ij vanno calcolati in base all’equazione (1.91) nel caso di i j,
(1)
mentre i coefficienti 9 ii sono da valutare in un secondo tempo attraverso l’equazione
(1.93). Nelle equazioni precedenti i coefficienti di ponderazione dipendono solo dai punti
nodali.
I coefficienti di ponderazione possono essere dedotti anche attraverso l’interpolazione
polinomiale di Lagrange. Si consideri la legge di interpolazione polinomiale di Lagrange:
N
f x ¦p
j 1
j x f xj R x (1.94)
studi di Shu (2000) per l’analisi dell’errore stesso, la derivata prima dell’equazione (1.94)
nel generico punto xi risulta essere:
N N
f (1) xi # ¦ p (1)
j xi f x j ¦9 (1)
ij f xj (1.95)
j 1 j 1
ponderazione relativi a tale derivata e f x j rappresenta il valore della funzione nei punti
Nel 1989 Quan e Chang definirono delle relazioni per il calcolo dei coefficienti 9 ij(2)
usando i polinomi interpolanti di Lagrange come funzioni base. Tali relazioni vengono
riportate qui di seguito:
2 § N
xi xk ·§ N
1 ·
9 ij(2) ¨
x j xi ¨© k
1, k z i , j j xk
x
¸¸ ¨ ¦ x xl
¸, iz j (1.98)
¹© l 1,l z i , j i ¹
N 1 § 1 § N
1 ··
9 ii(2) 2 ¦ ¨¨ ¨
1, k z i © xi xk © l
¦
k 1,l z i xi xl
¸ ¸¸, i j (1.99)
k ¹¹
d 2 pk x & (2)
xh , xk N N & x j , xk
dx 2 L (1)
xk
¦9
j 1
(2)
hj pk x j ¦9 j 1
(2)
ij
L (1) xk
(1.100)
x xh
relazione si evince:
(2)
L (2) xi 2 & (1)
xi , x j
& xi , x j , iz j (1.103)
xi x j
(2) L (3) xi
& xi , xi , i j (1.104)
3
Noti i termini N (2) ( xi , x j ) , la loro sostituzione nell’equazione (1.102) porta a definire le
L (3) xi
9 ii(2) , i j (1.106)
3 L (1) xi
9 ij(1) e 9 ii(1) , oltre alla disposizione dei punti nodali. Ciò che non si presenta facile è il
calcolo di 9 ii(2) , dal momento che la (1.106) richiede la valutazione di una derivata di terzo
ordine L (3) xi . Questa difficoltà può essere superata in base alla proprietà dello spazio
vettoriale lineare V N per la quale, tutti i polinomi di base soddisfano l’operatore lineare
dell’equazione (1.97). Il sistema di equazioni per il calcolo dei coefficienti 9 ij(2) dedotto
dall’uso dei polinomi interpolanti di Lagrange (polinomi di base adottati) è del tutto
equivalente a quello derivato da un altro insieme di polinomi di base come pk x x k 1 ,
d 2 p1 x N N
dx 2 ¦9 j 1
(2)
ij 1 0 9 ii(2) ¦
j 1, j z i
9 ij(2) (1.108)
xi
Con tale approccio i coefficienti 9 ij(2) possono essere calcolati mediante l’equazione
Si è visto come determinare i coefficienti di ponderazione per le derivate del primo e del
secondo ordine. In base alla legge di quadratura differenziale (1.61), si può generalizzare
tale relazione per calcolare le derivate di ordine superiore di una funzione f x , regolare
dn f x N
f ( n ) xi # ¦ 9 ij( n ) f x j (1.110)
dx n x xi j 1
nodale xi , 9 ij( n 1) e 9 ij( n ) rappresentano i coefficienti di ponderazione relativi a tali derivate e
dominio. I coefficienti 9 ij( n ) sono contraddistinti dai pedici i e j . Il pedice i indica il punto
del dominio in cui si vuole calcolare la derivata generica. Lo scopo del metodo è quello di
trovare una semplice espressione algebrica che permetta di calcolare i coefficienti di
ponderazione 9 ij( n ) , per una scelta arbitraria di punti nodali e per un qualsiasi ordine di
dx n
¦9
j 1
(n)
ij x kj 1 (k 1)(k 2)(k 3).....(k n) xik n 1
(1.111)
xi
k 1, 2,..., N , i 1, 2,..., N , N ! n
Il sistema che si ricava dalle (1.111) ha come incognite i coefficienti 9 ij( n ) ed ammette
(1.109) e (1.110):
N
& ( n 1)
xh , xk ¦9 ( n 1)
hj L (1) x j G jk 9 hk( n 1) L (1) xk (1.113)
j 1
d ( n ) pk x & (n)
xh , xk N N & x j , xk
dx ( n ) L xk
(1) ¦ 9 hj( n) pk x j
j 1
¦9
j 1
(n)
ij
L (1) xk
(1.114)
x xh
N
& (n)
xh , xk ¦9 (n)
hj L (1) x j G jk 9 hk( n ) L (1) xk (1.115)
j 1
( n 1)
& xi , x j
9 ij( n 1) (1.116)
L (1)
xj
(n)
& xi , x j
9 ij( n ) (1.117)
L (1)
xj
La prima di queste due equazioni può essere riscritta in altra maniera esplicitando il
( n 1)
termine & xi , x j . Tale relazione è valida per ogni valore di i e j:
& ( n 1)
xi , x j 9 ij( n 1) L (1) x j (1.118)
( n 1) L ( n ) xi
& xi , xi , i j (1.119)
n
(n)
L ( n ) xi n & ( n 1)
xi , x j
& xi , x j , iz j (1.120)
xi x j
(n) L ( n 1) xi
& xi , xi , i j (1.121)
n 1
Ricavando L ( n ) xi dall’equazione (1.119) e sostituendolo nell’equazione (1.120), si
ottiene:
( n 1) ( n 1)
(n)
n & xi , xi & xi , x j
& xi , x j , iz j (1.122)
xi x j
(n)
n 9 ii( n 1) L (1) xi 9 ij( n 1) L (1) x j
& xi , x j , iz j (1.123)
xi x j
§ 9 ( n 1) ·
9 ij( n ) n ¨ 9 ij(1)9 ii( n 1) ij ¸¸ , iz j (1.124)
¨ xi x j
© ¹
dove i, j 1, 2,..., N , n 2,3,..., N 1 .
semplice per valutare i coefficienti di ponderazione 9 ij( n ) , una volta noti i valori di 9 ij( n 1) ,
9 ii( n1) ed 9 ij(1) , oltre alla disposizione dei punti nodali. Il calcolo di 9 ii( n ) richiede di valutare
la derivata L ( n 1) xi di ordine n 1 . Ancora una volta, questa difficoltà può essere
superata qualora si tenga conto della proprietà dello spazio vettoriale lineare V N per la
quale, tutti i polinomi di base soddisfano l’operatore lineare dell’equazione (1.110). Infatti,
analogamente all’analisi effettuata nel caso di derivate del primo e secondo ordine, il
sistema di equazioni per il calcolo dei coefficienti 9 ij( n ) dedotto dall’uso dei polinomi
d n p1 x N N
dx n ¦9
j 1
(n)
ij 1 0 9 ii( n ) ¦
j 1, j z i
9 ij( n ) (1.126)
xi
Come visto in precedenza, la soluzione di una PDE può essere approssimata attraverso
un polinomio di grado elevato, oppure attraverso l’espansione in serie di Fourier e ciò
dipende dal tipo di problema che si intende analizzare. Si vuol far rilevare che le
espressioni dell’approssimazione polinomiale e dell’espansione in serie di Fourier sono
differenti e che questa differenza comporta formulazioni diverse per il calcolo dei
coefficienti di ponderazione. L’unica differenza tra le due metodologie risiede nella
maniera in cui vengono valutati i coefficienti di ponderazione. Precedentemente, si è
mostrato in dettaglio come calcolare i coefficienti di ponderazione per la quadratura
differenziale polinomiale. In questa sezione si intende esporre come ricavare le espressioni
esplicite dei coefficienti di ponderazione per la quadratura differenziale basata
sull’espansione in serie di Fourier.
L’approccio in parola, chiamato Harmonic Differential Quadrature Method (HDQ
Method) o Fourier Expansion-based Differential Quadrature Method (FDQ Method) è
stato proposto da Striz, Wang e Bert nel 1995.
A differenza del PDQ Method, l’HDQ Method utilizza come vettori di base dello spazio
vettoriale V N i polinomi trigonometrici. E’ da notare fin da ora che, nonostante i risultati
promettenti, il calcolo dei coefficienti di ponderazione risulta essere alquanto scomodo.
Infatti, le espressioni che definiscono i coefficienti di ponderazione per la valutazione delle
derivate di ogni grado devono essere determinate esplicitamente attraverso una procedura
ricorsiva. Recentemente, una procedura per calcolare i coefficienti di ponderazione è stata
proposta da Shu e Chew (1997) e da Shu e Xue (1997).
E’ da notare che una funzione f x definita nell’intervallo > 0,1@ si possa approssimare
Si vuol far rilevare che FN nell’equazione (1.127) definisce uno spazio vettoriale
§ N 1 · § N 1 ·
1,sin S x , cos S x ,sin 2S x , cos 2S x ,...,sin ¨ S x ¸ , cos ¨ S x¸ (1.128)
© 2 ¹ © 2 ¹
S x
gk x , k 1, 2,..., N (1.129)
§ x xk · (1)
2sin ¨ S ¸ xk
© 2 ¹
§ x x1 · § x x2 · § x xN · N
§ x xj ·
dove: x sin ¨
© 2
S ¸ sin ¨
¹ © 2
S ¸ sin ¨
© 2
S¸ sin ¨ S¸
¹ ¹ j 1 © 2 ¹
S N
§ x j xk ·
(1) xk sin ¨
2 j 1, j z k © 2
S¸
¹
Si ponga:
N
§ x xk · 2 § x xj ·
x sin ¨© 2
S¸
S
& x, x j sin ¨ S¸ (1.130)
k 1 ¹ © 2 ¹
dove:
N
S §x x ·
& xi , x j & xi , xi sin ¨ i k S ¸
2 k 1,k zi © 2 ¹
L(1) xi , i j (1.131)
& xi , x j 0, iz j (1.132)
S x & x, x j
gj x (1.133)
§ x xj · (1) (1) x j
2sin ¨ S ¸ xj
© 2 ¹
dove la generica derivata n -esima rispetto ad x viene indicata nel seguente modo:
(n) d n x (n)
dn& x, x j
x , & x, x j (1.134)
dx n dx n
2 § x xj · § x xj ·
(1) x & (1)
x, x j sin ¨ S ¸ & x, x j cos ¨ S¸ (1.137)
S © 2 ¹ © 2 ¹
2 § x xj · § x xj ·
(2) x & (2)
x, x j sin ¨ S ¸ 2& (1)
x, x j cos ¨ S ¸
S © 2 ¹ © 2 ¹
(1.138)
S § x xj ·
& x, x j sin ¨ S¸
2 © 2 ¹
2 § x xj · § x xj ·
(3) x & (3)
x, x j sin ¨ S ¸ 3& (2) x, x j cos ¨ S ¸
S © 2 ¹ © 2 ¹
(1.139)
3S § x xj · S 2
§ x xj ·
& (1) x, x j sin ¨ S ¸ & x, x j cos ¨ S¸
2 © 2 ¹ 4 © 2 ¹
2 § x xj · § x xj ·
(4) x & (4)
x, x j sin ¨ S ¸ 4 & (3) x, x j cos ¨ S ¸
S © 2 ¹ © 2 ¹
§ x x j · § x x j ·
3S & (2) x, x j sin ¨ S ¸ S 2 & (1) x, x j cos ¨ S ¸ (1.140)
© 2 ¹ © 2 ¹
S 3
§ x x j ·
& x, x j sin ¨ S¸
8 © 2 ¹
Dall’equazione (1.137), ponendo x xi per i z j e ricordando le (1.131) e (1.132), si
(1) (1)
ottiene & xi , x j in funzione di xi :
(1) S (1) xi
& xi , x j (1.141)
§ x xj ·
2sin ¨ i S¸
© 2 ¹
Sostituendo l’equazione (1.133) nella (1.136) ed impiegando la (1.141), si ricavano i
termini non diagonali della matrice dei coefficienti di ponderazione della derivata del
primo ordine:
(1)
& xi , x j S (1) xi
9 ij(1) , iz j (1.142)
(1) x j § x xj ·
2sin ¨ i S ¸ (1)
xj
© 2 ¹
Dall’equazione (1.137), ponendo x xi per i j , si deduce:
(1) (2) xi
& xi , xi (1.143)
2
Sostituendo l’equazione (1.133) nella (1.136) ed introducendo la (1.143), si ricavano i
termini diagonali della matrice dei coefficienti di ponderazione della derivata del primo
ordine:
& (1) xi , xi (2) xi
9 ii(1) (1.144)
(1) xi 2 (1) xi
(2) (3) xi S
& xi , xi (1) xi (1.147)
3 12
Dalle (1.133), (1.136) e (1.147), si ricavano i termini diagonali della matrice dei
coefficienti di ponderazione della derivata seconda:
& (2) xi , xi (3) xi S2
9 ii(2) (1.148)
(1) xi 3 (1)
xi 12
invece, non si presenta facile è il calcolo dei coefficienti 9 ii( n ) . Ancora una volta, questa
difficoltà può essere superata qualora si tenga presente la proprietà dello spazio vettoriale
lineare V N per la quale, tutti i polinomi di base soddisfano l’operatore lineare
dell’equazione (1.110). Infatti, analogamente all’analisi effettuata per la valutazione dei
coefficienti 9 ii( n ) nella quadratura differenziale polinomiale, il sistema di equazioni per il
calcolo dei coefficienti 9 ij( n ) dedotto dall’uso dei polinomi trigonometrici (1.129) è del tutto
base (1.128):
N N
¦ 9 ik( n)
k 1
0 9 ii( n ) ¦
k 1, k z i
9 ik( n ) , n 1, 2,3, 4, i 1, 2,......., N (1.155)
coefficienti 9 ij( n ) si riferiscono a tale intervallo. Nelle applicazioni, il dominio potrebbe non
essere l’intervallo >0,1@ , ma altresì l’intervallo generico > a, b @ . In tal caso, occorre
prescrivere la trasformazione:
x̂ a
x (1.156)
ba
allo scopo di fare corrispondere a x̂ nell’intervallo > a, b @ , x nell’intervallo > 0,1@ . In
generale, esistono due modi per risolvere un problema definito nel generico dominio
> a, b@ . Il primo consiste nel trasformare tutte le derivate rispetto a x̂ in derivate rispetto a
i coefficienti 9 ij( n ) definiti nell’intervallo > 0,1@ nei corrispondenti coefficienti 9ˆij( n ) definiti
df xˆ df dx 1 df x
(1.157)
dxˆ dx dxˆ b a dx
In maniera del tutto analoga, per le derivate di ordine n , è possibile ricavare la
relazione:
d n f xˆ 1 dn f x
n
(1.158)
dxˆ n ba dx n
dxˆ n ba
n ¦9
j 1
(n)
ij f xj (1.159)
xˆi
9 ij( n )
9ˆij( n ) n
(1.160)
ba
La (1.160) risulta essere generale e valida non solo per la quadratura differenziale
basata sull’espansione di Fourier, ma anche per la quadratura differenziale polinomiale.
dn f x d § d n 1 f · d n 1 § df ·
¨ ¸ ¨ ¸ (1.167)
dx n
dx © dx n 1 ¹ dx n 1 © dx ¹
calcolo dei coefficienti di ponderazione per le derivate di ordine superiore 9 (2) , 9 (3) , 9 (4) a
partire dalla matrice dei coefficienti del primo ordine, è corretto, l’approssimazione
ottenuta risulta sempre meno accurata. Questo fenomeno è dovuto al fatto che, al crescere
dell’ordine di derivazione aumenta l’errore commesso nella valutazione dei coefficienti di
ponderazione per le derivate di ordine superiore.
Nelle applicazioni a problemi formulati in spazi a due, tre o più dimensioni come, ad
esempio nel caso di piastre o gusci, l’approssimazione descritta in precedenza deve essere
estesa al caso multidimensionale.
L’estensione al caso multidimensionale verrà sviluppata con riferimento
all’approssimazione polinomiale. I domini multidimensionali possono essere regolari o
meno, ma in seguito verrà affrontata solo l’espansione diretta ad un dominio regolare,
tenendo comunque presente che per domini irregolari occorre seguire una strada diversa.
y=b
x=a
Figura 1.3 – Distribuzione dei punti nodali in un dominio rettangolare.
La formulazione del GDQM nel caso di problemi in una sola dimensione può essere
direttamente estesa al caso multidimensionale, qualora il dominio di discretizzazione sia
regolare. Nel caso bidimensionale, per dominio regolare si intende un rettangolo o una
qualsiasi altra forma regolare, come ad esempio un cerchio anche se, nella presente
esposizione, si farà riferimento solo ad un dominio rettangolare, per semplicità.
Si consideri una funzione f x, y definita su un dominio bidimensionale rettangolare.
In figura 1.3 il dominio è stato discretizzato, per semplicità, in modo tale che l’intervallo
lungo ogni linea orizzontale rimanga lo stesso, così come lungo ogni linea verticale. In
questo modo, è facile osservare che è possibile usare la medesima distribuzione di
coordinate per ogni linea orizzontale e in maniera analoga per ogni linea verticale.
Si prenda in esame una singola linea orizzontale, corrispondente all’equazione y b,
dove b è un valore costante. Lungo questa linea si può supporre che il valore della funzione
f x, b è approssimabile da un polinomio PN x di grado N 1 che costituisce uno
dove chr sono degli opportuni coefficienti. Scegliendo come polinomi di base i polinomi in
forma monomia (1.77) per entrambe le direzioni coordinate, si può riscrivere l’espressione
(1.169):
N M
f x, y # PN uM x, y ¦¦ d
h 1 r 1
hr x h 1 y r 1 (1.170)
wf x, y N
f x (1) xi , y j # ¦ 9 ik(1) f xk , y j , i 1, 2,..., N (1.172)
wx x xi , y y j k 1
wf x, y M
f y (1) xi , y j # ¦ 9 jl(1) f xi , yl , j 1, 2,..., M (1.173)
wy x xi , y y j l 1
dove f x (1) xi , y j e f y (1) xi , y j sono le derivate parziali del primo ordine, fatte rispetto a
valori della funzione nei punti in cui è stato discretizzato il dominio. Poiché tali espressioni
sono formalmente analoghe a quelle già viste nel caso di problemi monodimensionali,
anch’esse definiscono degli operatori lineari. Inoltre, per le proprietà di uno spazio
vettoriale lineare, è possibile constatare che se tutti i polinomi di base ) hr x, y
soddisfano gli operatori lineari delle equazioni (1.172) e (1.173), allora questo è verificato
per ogni polinomio di VN uM . Sostituendo ) ij x, y nelle equazioni (1.172) e (1.173), si
ricava:
N
¦9
k 1
(1)
ik ph xk ph(1) xi , i, h 1, 2,..., N (1.174)
¦9
l 1
(1)
jl r s yl sr(1) y j , j , r 1, 2,..., M (1.175)
dove ph (1) xi rappresenta la derivata del primo ordine di ph x nei punti xi , mentre
sr (1) yi rappresenta la derivata del primo ordine di sr y nei punti yi . In base alle ultime
equazioni mostrate si evince che i coefficienti 9 ik(1) o 9 jl(1) sono relazionati solamente ai
polinomiale e tenendo presente che analoghe considerazioni possono essere fatte per la
quadratura differenziale basata sull’espansione in serie di Fourier, la formulazione adottata
nel caso monodimensionale per il calcolo dei coefficienti può essere direttamente estesa al
per il calcolo dei coefficienti delle derivate parziali del primo ordine in x e:
P(1) ( y j )
9 jl(1) , j z l, j , l 1, 2,..., M (1.178)
( y j yl )P(1) ( yl )
N
9 jj(1) ¦9
l 1,l z i
(1)
jl , j l (1.179)
per il calcolo dei coefficienti delle derivate parziali del primo ordine in y .
Nelle (1.176) e (1.178) si può osservare la presenza delle quantità L (1) xi e P(1) y j
M
P(1) ( y j ) (y j yl ) (1.181)
l 1,l z j
In modo del tutto simile, si possono ottenere le relazioni per il calcolo dei coefficienti di
ponderazione relative alle derivate del secondo ordine ed a quelle di ordine superiore. Le
relazioni ricorsive per problemi bidimensionali risultano essere:
§ 9 ( n 1) ·
9 ik( n ) n ¨ 9 ii( n 1)9 ik(1) ik ¸ , i z k , i, k 1, 2,..., N , n 2,3,..., N 1 (1.182)
© xi xk ¹
N
9 ii( n ) ¦
k 1, k z i
9 ik( n ) , i 1, 2,..., N , n 1, 2,..., N 1 (1.183)
§ 9 jl( m 1) ·
9 jl( m ) m ¨ 9 jj( m 1)9 jl(1) ¸¸ , j z l, j , l 1, 2,..., M , m 2,3,..., M 1 (1.184)
¨ y j yl
© ¹
M
9 jj( m ) ¦
l 1,l z j
9 jl( m ) , j 1, 2,..., M , m 1, 2,..., M 1 (1.185)
fatte rispetto alla variabile y e calcolate nel punto nodale xi , y j . Indicando le prime
w n f ( x, y ) N
f x ( n ) xi , y j # ¦ 9 ik( n ) f ( xk , y j ) (1.186)
wx n x xi , y y j k 1
w m f ( x, y ) M
f y ( m ) xi , y j # ¦ 9 jl( m ) f ( xi , yl ) (1.187)
wy m x xi , y y j l 1
w n m f ( x, y ) N M
f xy ( n m ) xi , y j # ¦¦ 9 ik( n )9 jl( m ) f ( xk , yl ) (1.188)
wx n wy m x xi , y y j k 1 l 1
In ogni punto non nodale del dominio rettangolare preso in considerazione, la funzione
bidimensionale f x, y può essere espressa nella forma:
N M
f x, y ¦¦ p
i 1 j 1
i x s j y f xi , y j (1.191)
Nx
wp f
# ¦ 9 il( p ) f ( xl , y j , zk ), p 1, 2,..., N x 1 (1.193)
wx p ( xi , y j , zk ) l 1
Ny
wr f
# ¦ 9 jm
(r )
f ( xi , ym , zk ), r 1, 2,..., N y 1 (1.194)
wy r ( xi , y j , zk ) m 1
Nz
ws f
# ¦ 9kn( s ) f ( xi , y j , zn ), s 1, 2,..., N z 1 (1.195)
wz s ( xi , y j , zk ) n 1
Nx Ny
w p § wr f ·
¨ ¸ # ¦
wx p © wy r ¹ ( x , y , z ) l 1
9 ( p)
il ¦
m 1
9 jm( r ) f ( xl , ym , zk ) (1.196)
i j k
Nx N y Nz
w pr s f
# ¦¦¦ 9 il( p )9 jm
(r ) (s)
9kn f ( xl , ym , zn ) (1.197)
wx p wy r wz s ( xi , y j , zk ) l 1 m 1n 1
ponderazione, calcolati nel generico punto dello spazio tridimensionale e utilizzati nella
determinazione delle derivate di qualsiasi ordine della funzione f ( x, y, z ) , nelle direzioni
x , y e z , rispettivamente. N x , N y e N z sono il numero totale dei punti nodali scelti per
L (1) ( xi )
9 il(1) , i, l 1, 2,..., N x (1.199)
( xi xl ) L (1) ( xl )
essendo:
Nx
L (1) ( xi ) (x x ) i l
l 1,l z i
(r )
I coefficienti di ponderazione 9 jm con j z m possono essere ottenuti attraverso la
formula ricorsiva:
( r 1)
§ 9 jm ·
(r )
9 jm r ¨ 9 jj( r 1)9 jm
(1)
¸ , r 1, 2,..., N y 1, j , m 1, 2,..., N y (1.201)
¨ y j ym ¸¹
©
(1)
dove 9 jm risulta:
(1)
P(1) ( y j )
9 jm , j , m 1, 2,..., N y (1.202)
( y j ym )P(1) ( ym )
essendo:
Ny
P(1) ( y j ) ( y j ym )
m 1, m z j
9 jj( r ) ¦
m 1, m z j
(r )
9 jm , j , m 1, 2,..., N y , r 1, 2,..., N y 1 (1.203)
Q(1) ( zk )
9kn(1) , k , n 1, 2,..., N z (1.205)
( zk zn ) Q(1) ( zn )
essendo:
Nz
Q(1) ( zk ) ( zk zn )
n 1, n z k
richieda una preventiva discretizzazione del dominio, oltre al calcolo dei coefficienti di
ponderazione. Questi stadi computazionali sono le due fasi fondamentali del metodo
numerico in parola. Tenendo presente che il punto chiave della tecnica è la definizione dei
coefficienti di ponderazione per ogni ordine di derivazione, occorre ora dare risalto alla
fase riguardante la definizione della discretizzazione del dominio. La scelta dei punti di
griglia risulta un fattore decisivo per la precisione e l’accuratezza delle soluzioni ottenibili
mediante la quadratura differenziale.
Ipotizzando un problema monodimensionale, per semplicità, i punti nodali in cui
suddividere il dominio lineare possono essere scelti secondo due modalità ben precise:
attraverso l’uso di una discretizzazione con punti equidistanti o equispaziati (detta anche
uniforme), oppure mediante una discretizzazione non equispaziata (detta anche non
uniforme). Tra le due classi menzionate viene frequentemente preferita la seconda, dal
momento che il GDQM conduce a soluzioni approssimate più accurate, rispetto a quelle
ottenibili tramite una discretizzazione uniforme.
Una metodologia razionale per la scelta della disposizione dei punti di griglia è fornita
dalle radici dei polinomi ortogonali, che possono essere scelti come vettori base dello
spazio vettoriale polinomiale. I classici polinomi ortogonali risultano suddivisi in tre classi,
dette di Jacobi, Laguerre ed Hermite. Si può effettivamente utilizzare solo quella dei
polinomi ortogonali di Jacobi, dal momento che solo essi risultano definiti in un intervallo
chiuso (quasi tutte le applicazioni di interesse sono ristrette a dimensioni finite). La
discretizzazione con punti non equidistanti può essere ottenuta scegliendo la loro
disposizione in base alle radici dei polinomi di Chebyshev del primo tipo, dei polinomi di
Chebyshev del secondo tipo e dei polinomi di Legendre, essendo tutti questi appartenenti
alla suddetta categoria di polinomi ortogonali.
Una scelta che si è rivelata migliore di quelle effettuabili tramite i precedenti polinomi,
è quella nota come “Chebyshev-Gauss-Lobatto grid distribution”. In essa la posizione dei
punti nodali è definita mediante una discretizzazione armonica di tipo cosenico.
(discretizzazione non uniforme). Caratteristiche simili si riscontrano utilizzando un altro
tipo di suddivisione del dominio nota come discretizzazione quadratica.
La discretizzazione di Chebyshev-Gauss-Lobatto presenta caratteristiche migliori, per
quanto riguarda la velocità di convergenza ed l’accuratezza. Si vuol far rilevare che
l’utilizzo della discretizzazione equispaziata conduce, nella maggior parte dei casi, a
risultati inaccurati e oscillanti, in quanto le matrici dei coefficienti di ponderazione
diventano mal condizionate all’aumentare del numero dei punti nodali.
posizione dei punti di griglia può essere definita in uno dei seguenti modi:
x Discretizzazione equispaziata o uniforme
E’ la scelta più semplice e naturale per la disposizione dei punti nodali. Una sua
interpretazione grafica è già stata proposta in figura 1.2 mentre, a livello analitico, le
posizioni dei punti nodali vengono individuate mediante la seguente relazione:
k 1
[k , k 1, 2,..., N (1.207)
N 1
Pur essendo semplice, tale tipo di suddivisione non viene quasi mai utilizzata.
x Discretizzazione armonica di tipo cosenico o “Chebyshev-Gauss-Lobatto grid
distribution”
Vista l’accuratezza dei risultati ottenuti e le ottime caratteristiche di stabilità e
convergenza, è una tipologia di discretizzazione frequentemente utilizzata, con la quale
è possibile definire un infittimento dei punti nodali in prossimità degli estremi del
dominio. In particolare, le posizioni dei punti di griglia vengono individuate tramite la
seguente relazione:
§ k 1 ·
1 cos ¨ S¸
[k © N 1 ¹ , k 1, 2,..., N (1.208)
2
x Discretizzazione quadratica
E’ una tipologia di discretizzazione che presenta caratteristiche di convergenza simili a
quella precedente. Il posizionamento dei punti nodali viene ottenuto mediante le
seguenti relazioni:
2
§ k 1 · N 1
°[ k 2¨ ¸ k 1, 2,...,
° © N 1 ¹ 2
® 2
(1.209)
° § k 1 · § k 1 · N 1
°[ k 2 ¨ ¸ 4¨
© N 1 ¹
¸ 1
© N 1 ¹
k
2
1,..., N 1, N
¯
Appare evidente che per utilizzare una siffatta tipologia di discretizzazione è necessario
definire un numero dispari di punti nodali, in modo tale che il parametro k assuma
valori interi. Tale assunzione permette la suddivisione del dominio in un numero pari di
intervalli.
x Discretizzazione secondo le radici del polinomio di Chebyshev di prima specie (I tipo)
E’ una tipologia di discretizzazione con la quale è possibile definire il posizionamento
dei punti di griglia attraverso le seguenti espressioni ( rk è la radice del polinomio k -
esimo):
rk r1 § 2k 1 ·
[k , rk cos ¨ S ¸, k 1, 2,..., N (1.210)
rN r1 © 2N ¹
x Discretizzazione secondo le radici del polinomio di Chebyshev di seconda specie (II
tipo)
Utilizzando tale tipologia di discretizzazione, il posizionamento dei punti di griglia è
esprimibile mediante le espressioni seguenti ( rk è la radice del polinomio k -esimo):
rk r1 § k ·
[k , rk cos ¨ S ¸, k 1, 2,..., N (1.211)
rN r1 © N 1 ¹
x Discretizzazione secondo le radici del polinomio di Legendre
In quest’ultimo caso i punti di griglia vengono definiti nella seguente forma ( rk è la
E’ stato più volte affermato che le equazioni che governano diversi problemi
maggiore rispetto a quelli necessari utilizzando la tecnica dei G -points. In altre parole,
quando si considerano distribuzioni rade di punti nodali, conviene utilizzare i G -points per
migliorare l’accuratezza della soluzione. Quando si scelgono distribuzioni con un numero
di punti di griglia abbastanza elevato, invece, risulta possibile non considerare G -points.
L’utilizzo dei G -points modifica leggermente l’interpretazione analitica delle tipologie
di discretizzazione descritte in precedenza. In particolare, le espressioni atte a definire la
posizione dei punti nodali in presenza della tecnica dei G -points sono le seguenti:
x Discretizzazione equispaziata o uniforme
[1 0, [ 2 G , [ N 1 1 G , [ N 1,
k 2 (1.215)
[k , k 3, 4,..., N 2
N 3
x Discretizzazione armonica di tipo cosenico o “Chebyshev-Gauss-Lobatto grid
distribution”
[1 0, [ 2 G , [ N 1 1 G , [ N 1,
§ k 2 · (1.216)
1 cos ¨ S¸
[k © N 3 ¹ , k 3, 4,..., N 2
2
x Discretizzazione quadratica
[1 0, [ 2 G , [ N 1 1 G , [ N 1,
2
§ k 1 · N 1
°[ k 2¨ ¸ k 3, 4,...,
° © N 1 ¹ 2 (1.217)
® 2
° § k 1 · § k 1 · N 1
°[ k 2 ¨
© N 1
¸ 4¨
¹
¸ 1
© N 1 ¹
k
2
1,..., N 3, N 2
¯
E’ da notare che il numero di punti nodali deve essere dispari di modo da definire
valori interi per il parametro k .
x Discretizzazione secondo le radici del polinomio di Chebyshev di prima specie (I tipo)
[1 0, [ 2 G , [ N 1 1 G , [ N 1,
rk r1 § 2k 1 · (1.218)
[ k 1 , rk cos ¨ S ,
¨ 2 N 2 ¸¸
k 2,3,..., N 3
rN 2 r1 © ¹
x Discretizzazione secondo le radici del polinomio di Chebyshev di seconda specie (II
tipo)
[1 0, [ 2 G , [ N 1 1 G , [ N 1,
rk r1 § k · (1.219)
[ k 1 , rk cos ¨ S
¨ N 2 1 ¸¸
, k 2,3,..., N 3
rN 2 r1 © ¹
del G -point ad una distanza G 105 dal punto d’estremità, non visibile nella precedente
figura vista l’estrema vicinanza di tali punti.
Le ultime tre figure 1.7-1.9 mostrano l’influenza della stretching formulation sulle
tipologie di collocazione tradizionali. La discretizzazione ottenuta tramite la stretching
formulation risulta essere più fitta alle estremità rispetto alla distribuzione di partenza per
D 1 , mentre per D ! 1 è più rada alle estremità rispetto alla discretizzazione di partenza.
3 [3 0.200000 0.125000
N = 11 ; į = 10-5
4 [4 0.300000 0.250000
5 [5 0.400000 0.375000
6 [6 0.500000 0.500000
7 [7 0.600000 0.625000
8 [8 0.700000 0.750000
9 [9 0.800000 0.875000
10 [10 0.900000 0.999990
11 [11 1.000000 1.000000
1 0.000000 0.000000
2 [2 0.024472 0.000010
3 [3 0.095492 0.038060
-5
N = 11 ; į = 10
4 [4 0.206107 0.146447
5 [5 0.345492 0.308658
6 [6 0.500000 0.500000
7 [7 0.654508 0.691342
8 [8 0.793893 0.853553
9 [9 0.904508 0.961940
10 [10 0.975528 0.999990
11 [11 1.000000 1.000000
3 [3 0.080000 0.080000
N = 11 ; į = 10-5
4 [4 0.180000 0.180000
5 [5 0.320000 0.320000
6 [6 0.500000 0.500000
7 [7 0.680000 0.680000
8 [8 0.820000 0.820000
9 [9 0.920000 0.920000
10 [10 0.980000 0.999990
11 [11 1.000000 1.000000
rk [k rk [k
1 0.989821 0.000000 0.984808 0.000000
2 0.909632 0.040507 0.866025 0.000010
N = 11 ; į = 10-5
rk [k rk [k
1 0.965926 0.000000 0.951057 0.000000
2 0.866025 0.051712 0.809017 0.000010
N = 11 ; į = 10-5
1 0.000000 0.000000
; Į = 1.5
2 ]2 0.035824 0.000015
3 ]3 0.130430 0.054973
4 ]4 0.254196 0.190641
-5
]5
N = 11 ; į = 10
5 0.380430 0.349488
6 ]6 0.500000 0.500000
7 ]7 0.619570 0.650512
8 ]8 0.745804 0.809359
9 ]9 0.869570 0.945027
10 ] 10 0.964176 0.999985
11 ] 11 1.000000 1.000000
N 11
[1 [ 2 [3 [4 [5 [6 [7 [8 [9 [10 [11
Legendre
N 11
[1 [ 2 [3 [4 [5 [6 [7 [8 [9 [10 [11
Legendre
[1 [2
G -point
N 11, D 0
]1,] 2 ] 3 ] 4 ]5 ]6 ]7 ] 8 ] 9 ] 10 , ] 11
Legendre
] 1 ] 2] 3 ]4 ]5 ]6 ]7 ]8 ] 9 ] 10 ] 11
Chebyshev
(II tipo)
]1 ] 2 ] 3 ]4 ]5 ]6 ]7 ]8 ] 9 ] 10 ] 11
Chebyshev
(I tipo)
]1 ] 2 ] 3 ]4 ]5 ]6 ]7 ] 8 ] 9 ] 10 ] 11
Quadratica
] 1, ] 2 ] 3 ]4 ]5 ]6 ]7 ]8 ] 9 ] 10 , ] 11
Chebyshev-
Gauss-
]1 ] 2 ]3 ]4 ]5 ]6 ]7 ]8 ]9 ] 10 ] 11 Lobatto
Uniforme
N 11, D 0.2
]1,] 2 ] 3 ]4 ]5 ]6 ]7 ] 8 ] 9 ] 10 , ] 11
Legendre
]1 ] 2 ] 3 ]4 ]5 ]6 ]7 ]8 ] 9 ] 10 ] 11
Chebyshev
(II tipo)
]1 ] 2 ] 3 ]4 ]5 ]6 ]7 ]8 ] 9 ] 10 ] 11
Chebyshev
(I tipo)
]1 ] 2 ] 3 ]4 ]5 ]6 ]7 ]8 ] 9 ] 10 ] 11
Quadratica
]1 ] 2] 3 ]4 ]5 ]6 ]7 ] 8 ] 9 ] 10 ] 11 Chebyshev-
Gauss-
Lobatto
]1 ] 2 ]3 ]4 ]5 ]6 ]7 ]8 ]9 ] 10 ] 11
Uniforme
N 11, D 1.5
]1 ] 2 ]3 ]4 ]5 ]6 ]7 ]8 ]9 ] 10 ] 11
Legendre
]1 ]2 ]3 ]4 ]5 ]6 ]7 ]8 ]9 ] 10 ] 11
Chebyshev
(II tipo)
]1 ]2 ]3 ]4 ]5 ]6 ]7 ]8 ]9 ] 10 ] 11
Chebyshev
(I tipo)
]1 ]2 ]3 ]4 ]5 ]6 ]7 ]8 ]9 ] 10 ] 11
Quadratica
Chebyshev-
]1 ] 2 ]3 ]4 ]5 ]6 ]7 ]8 ]9 ] 10 ] 11 Gauss-
Lobatto
]1 ]2 ]3 ]4 ]5 ]6 ]7 ]8 ]9 ] 10 ] 11
Uniforme
Chapter 2
ABSTRACT
problem of shell equilibrium may be reduced to the analysis of its middle surface only, and
the given shell may be regarded as a 2D body. The approximations necessary for the
development of an adequate theory of shells have been the subject of considerable
discussions among investigators [226-247]. Starting from Love’s theory for thin shells,
which dates back to about 100 years ago, many contributions on this topic have been made,
in order to seek better and better approximations of the exact three-dimensional elasticity
solutions for shells. In the last fifty years, two-dimensional linear theories of thin shells
have been developed including important contributions by Sanders [226], Timoshemko-
Kreiger [227], Flügge [228], Gol’Denveizer [229], Novozhilov [230], Vlasov [231], Kraus
[232], Leissa [233,234], Donnel [235], Niordson [236], Markuš [237] and Ventsel at al.
[238]. All these contributions are based on the Kirchhoff-Love assumptions. This theory,
named the Classical Shell Theory (CST), assumes that normals to the shell middle-surface
remain straight and normal to it during deformations and unstretched in length.
It is worth noting that, when the theories of thin shells are applied to thick shells, the
errors could be quite large. With the increasing use of thick shells in various engineering
applications, simple and accurate theories for thick shells have been developed [232,239-
246]. With respect to thin shells, thick shell theories take the transverse shear deformation
and rotary inertia into account. The transverse shear deformation has been incorporated
into shell theories by following the theory of Reissner-Mindlin, also named First-order
Shear Deformation Theory (FSDT). Abandoning the assumption on the preservation of the
normals, a comprehensive analysis for elastic shells was made by Kraus [232], Gould
[238,239], Reddy [241,245], Wang et al. [242] and Soedel [243]. The present work is just
based on FSDT.
The increase in the use of composite materials in all types of engineering structures in
the last decades calls for improved analysis and design tools for these types of structures
[245,246]. Thus, in this chapter, the mechanics of laminated composite shells is widely
presented. Furthermore, due to the significant developments that have taken place in
composite materials and structures, a new class of composite materials [247-269], called
functionally graded materials (FGM), is considered. The mechanical characteristics of
FGM are variable through the thickness of the shell in order to obtain the required
response.
Capitolo 2
INTRODUZIONE
Superficie di riferimento o
superficie media
Spessore h
definita sulla superficie media. I gusci moderatamente spessi, invece, vengono definiti
attraverso la relazione:
§ h h · 1
max ¨¨ , ¸¸ d
© R min L min ¹ 10
I gusci per i quali non è verificata nessuna delle precedenti condizioni vengono
denominati gusci spessi. In questo caso, tutte le dimensioni strutturali sono comparabili tra
loro. Nella maggior parte delle applicazioni ingegneristiche, lo spessore di un guscio risulta
compreso all’interno del seguente intervallo:
1 § h h · 1
d max ¨¨ , ¸¸ d
1000 © R min L min ¹ 10
Per ragioni di completezza, si forniscono alcuni risultati fondamentali relativi alla teoria
delle curve nello spazio tridimensionale. Tali risultati faciliteranno lo sviluppo successivo
della teoria delle superfici.
può essere rappresentata attraverso il luogo dei punti descritti dal vettore posizione x
(figura 2.2):
x x1 [ e1 x2 [ e 2 x3 [ e3 (2.1)
per ogni valore assunto dal parametro [ nell’intervallo chiuso >[1 , [ 2 @ . Nella (2.1) e1 , e 2 , e3
sono i versori degli assi del sistema di riferimento. Se le componenti del vettore posizione
xi , i 1, 2,3 , sono funzioni lineari nel solo parametro [ , allora un dato valore di [
definisce un solo punto della curva.
Si indichi con s l’ascissa curvilinea sulla curva tridimensionale C definita dalla (2.1).
La derivata del vettore posizione x rispetto ad s risulta essere:
dx dx1 dx dx
e1 2 e 2 3 e3 (2.2)
ds ds ds ds
Facendo il prodotto scalare di tale derivata per se stessa, si ottiene:
2 2 2
dx dx § dx1 · § dx2 · § dx3 ·
¨ ¸ ¨ ¸ ¨ ¸ (2.3)
ds ds © ds ¹ © ds ¹ © ds ¹
Per il calcolo differenziale essendo ei e j G ij , ove G ij denota il delta di Kronecker
(1.83), si ha:
2 2 2 2
ds dx1 dx2 dx3 (2.4)
Per la (2.4), il primo membro della (2.3) risulta essere uguale ad uno:
dx dx
1 (2.5)
ds ds
Il vettore dx ds ha modulo unitario e rappresenta, quindi, un versore. La sua
interpretazione geometrica può essere fornita osservando la figura 2.2.
Il vettore 'x è definito in modo tale da unire due punti P e Pc posti sulla curva C
(figura 2.3). Indicando con 's la lunghezza dell’arco tra tali punti, si può osservare che il
vettore 'x 's ha la stessa direzione di 'x . A questo punto, facendo tendere a zero la
lunghezza 's (ovvero, avvicinando il punto Pc a P ) è possibile constatare che il vettore
'x 's diventa il vettore tangente alla curva C nel punto P .
x3
C
x
x3 [
e3
e2
O x2
e1
x1 [
x2 [
x1
Figura 2.2 – Rappresentazione parametrica di una curva.
wx wx ds ds
x t st (2.7)
wt ws dt dt
rappresenta, a tutti gli effetti, una velocità. La differenza sostanziale tra i vettori t ed x è
che il secondo non può essere interpretato come un versore, in quanto non è
necessariamente di lunghezza unitaria (lo scalare ds dt può non essere uguale ad uno).
x3
dx
'x ds
's P c 's
'x
P
x 'x
s
x C
e3
e2
O x2
e1
x1
Figura 2.3 – Interpretazione geometrica di un versore.
In precedenza è stato mostrato che la tangente ad una curva generica in un suo punto P
risulta interpretabile quale posizione limite della retta che congiunge i punti P e Pc al
tendere a zero della lunghezza dell’arco 's qc . Come passo successivo, si può
PP
considerare la posizione limite assunta da un piano passante per tre punti consecutivi e
distinti posti su una generica curva, qualora due di questi punti tendano al terzo. In altre
parole, quello che si vuole definire è il piano oscuratore, ossia il piano contenente l’intorno
del punto P appartenente alla curva C . Esso può essere trovato specificando che il vettore
X x , congiungente un punto generico del piano osculatore (vettore posizione X ) con un
punto generico appartenente alla curva (vettore posizione x ), deve giacere sullo stesso
piano del vettore tangente x e del vettore x , dove quest’ultimo individua la velocità di
variazione del vettore x . In base a quanto detto, si ha che un’espressione analitica per
definire il piano osculatore è data dalla relazione:
X x x
x 0 (2.8)
poiché il prodotto misto di tre vettori complanari è nullo. La normale principale alla curva
nel punto P rappresenta quel vettore del piano osculatore passante per P che risulta
ortogonale alla tangente t della curva nel medesimo punto.
2.1.1.4 Curvatura
Per la (2.5), il prodotto scalare del vettore t per se stesso è uguale all’unità.
Differenziando tale prodotto rispetto la coordinata curvilinea s si ottiene:
d
t t 2t t c 0 (2.9)
ds
dove l’apice sta ad indicare la derivata rispetto s . D’altra parte, ricordando la definizione
del versore t , è possibile anche ricavare la seguente espressione:
wx wx dt
t x t c (2.10)
ws wt ds
che, derivata rispetto ad s , porta al risultato:
2
tc x t cc
x tc (2.11)
sempre essere descritta come una funzione di due parametri D1 e D 2 nel modo seguente:
x1 f1 D1 , D 2 , x2 f 2 D1 , D 2 , x3 f 3 D1 , D 2 (2.13)
dove f1 , f 2 , f 3 sono funzioni continue che forniscono un sol valore per ogni coppia di
wr wr
dr dD1 dD 2 r,1dD1 r,2 dD 2 (2.15)
wD1 wD 2
Nella precedente relazione è stata introdotta la notazione:
wr
r, i i 1, 2 (2.16)
wD i
L’equazione (2.15) non rappresenta lo spostamento effettivo sulla superficie dal punto
P al punto Pc , ma è la differenza tra i vettori posizione relativi ai due punti suddetti. Dato
che si tratta di uno spostamento infinitesimo, risulta possibile valutare il quadrato dello
spostamento effettivo attraverso il prodotto scalare di dr per se stesso:
2 2 2
ds dr dr E dD1 2FdD1dD 2 G dD 2 (2.17)
n
D1 a4
r, 2 ds Pc D1 a3
P dr
D1 a2
r,1
x3 S
D1 a1
D2 b4
D2 b3
D2 b2
r D2 b1
r dr
e3
x2
e2
O
e1
x1
Figura 2.4 – Rappresentazione parametrica di una superficie.
dove:
E r,1 r,1 , F r,1 r,2 , G r,2 r,2 (2.18)
L’equazione (2.17) è nota con il nome di prima forma fondamentale della superficie S
definita dal vettore posizione r D1 , D 2 e le grandezze E, F, G sono chiamate prime
essendo ds1 l’arco infinitesimo lungo la curva di costante D 2 e ds2 l’arco infinitesimo
lungo la curva di costante D1 . Inoltre, poiché r,1 ed r,2 sono i vettori tangenti alle curve di
dove:
A1 E, A2 G, F 0 (2.21)
perpendicolare ad r,1 ed r,2 e, quindi, al piano passante per P che contiene i due vettori
r,1 , r,2 . In altre parole, per il punto P passerà un versore n D1 , D 2 ortogonale al piano
tangente ad S nel punto P . Il versore n risulta parallelo al prodotto vettoriale tra r,1 ed
r,2 . Visto che un versore può essere interpretato come un vettore diviso per il suo modulo,
r,1 r,2
n D1 , D 2 (2.23)
r,1 r,2
Indicando con T l’angolo tra i vettori r,1 ed r,2 , sfruttando l’algebra vettoriale e le
sin T EG F2 EG
(2.25)
cos T F EG
r,1 r,2
n D1 , D 2 (2.26)
H
essendo:
H EG F2 z 0 (2.27)
Occorre osservare che la normale principale di una curva posta sulla superficie S non
è necessariamente normale alla superficie stessa. Il verso della normale alla superficie n è
arbitrario per cui si adotterà la convenzione che le curve parametriche siano sempre
sistemate in modo tale che n vada dal lato concavo verso il lato convesso della superficie
oppure coincida con la normale uscente alla superficie.
componente k n viene dato il nome di vettore curvatura normale, mentre alla seconda
quello di vettore curvatura tangenziale. La curvatura normale, essendo orientata come la
normale alla superficie, è proporzionale ad n e può essere espressa come:
kn kn n (2.29)
dove kn è chiamata curvatura normale. Il segno meno tiene conto della convenzione che
considera positivo il verso di k opposto al verso positivo di n .
Poiché n è perpendicolare a t , eseguendo la derivata del prodotto scalare n t 0
rispetto all’ascissa curvilinea s della curva posta sulla superficie, risulta:
dn dt dn dt
t n 0 o t n (2.30)
ds ds ds ds
Essendo n anche perpendicolare a k t (il che significa che n k t 0 ), eseguendo il
prodotto scalare per n di entrambe i membri dell’equazione (2.28), si ha:
dt dt
n kn n kt n o n n kn (2.31)
ds ds
Dato che n n 1 , se si esegue il prodotto scalare dell’equazione (2.29) per n , si ricava:
kn n kn n n o kn n kn (2.32)
2
Tenendo conto che ds dr dr , dalla combinazione delle ultime tre equazioni (2.30),
dr dn
kn (2.33)
dr dr
Notando che dn e dr possono essere definiti:
dn n,1dD1 n ,2 dD 2
(2.34)
dr r,1dD1 r,2 dD 2
Una modalità alternativa per descrivere queste quantità è fornita dalla derivazione delle
espressioni r,1 n 0 e r,2 n 0 , assumendo che r possieda una derivata seconda continua
(ciò assicurerà r,12 r,21 ). Infatti, in questo modo si possono valutare tali grandezze come:
w 2r w 2r w 2r
L n r,11 n, M n r,12 n, N n r,22 n (2.37)
wD12 wD1wD 2 wD 2 2
Per ricercare quelle direzioni (e cioè quei rapporti dD 2 dD1 ) per le quali la curvatura
da cui risulta:
E FO M NO F GO L MO (2.42)
queste soluzioni è quella associata alla curvatura massima, mentre l’altra permette di
definire quella minima. In particolare, tali curvature saranno indicate con kn1 e kn 2 a
vengono definite curvature principali della superficie S , mentre i loro reciproci R1 kn11
Tali curvature sono associate a direzioni di curvatura principale ortogonali. Tale aspetto,
se verificato, consente di dare all’equazione (2.44) la facoltà di individuare, mediante la
sua integrazione, le cosiddette linee di curvatura sulla superficie e cioè quelle linee che
formano una famiglia di curve ortogonali su S .
Quanto descritto risulta osservabile prendendo in considerazione due direzioni tangenti
alla superficie data, ad esempio, dD 2 dD1 e GD 2 GD1 . Si consideri l’angolo T tra le due
direzioni tangenti alla superficie. La variazione del vettore posizione r lungo tali direzioni
risulta:
dr r,1dD1 r,2 dD 2
(2.45)
G r r,1GD1 r,2GD 2
Dalla definizione di prodotto scalare, il coseno dell’angolo compreso tra dr e G r può
essere espresso:
dr G r dD1 GD1 § dD GD dD GD · dD GD 2
cos T E F¨ 1 2 2 1 ¸ G 2 (2.46)
dr G r ds G s © ds G s ds G s ¹ ds G s
dove ds e G s sono ottenute dalla prima forma fondamentale lungo ciascuna direzione
tangente. Quando T S 2 , si ottiene la condizione di ortogonalità tra le due direzioni:
EdD1GD1 F dD1GD 2 dD 2GD1 GdD 2GD 2 0 (2.47)
E F O1 O 2 GO1O 2 0 (2.48)
e dalla condizione dD 2 dD1 0 per cui, affinché ciò sia possibile, si deve avere:
LF ME 0, MG NF 0 (2.51)
Poiché si è supposto che le linee parametriche debbano coincidere con le direzioni di
curvatura principale e poiché si è dimostrato che queste ultime sono ortogonali, il risultato
che ne consegue è l’annullamento di F ( F 0 ). Inoltre, dato che si può dimostrare che
EG F2 ! 0 , associando questo risultato a quello precedente, le restanti prime grandezze
fondamentali E, G devono assumere valori diversi da zero. In base a quanto detto e
sfruttando le equazioni (2.51), si giunge ad affermare che anche M deve essere nulla
(M 0 ). In definitiva, le condizioni, affinché le linee parametriche coincidano con le
direzioni di curvatura principali, sono le seguenti:
F M 0 (2.52)
Ponendo F M 0 nell’equazione (2.35) e considerando poi a turno dD1 0 e
dD 2 0 , risulta:
1 L 1 N
kn1 , kn 2 (2.53)
R1 E R2 G
Si definisce sezione normale alla superficie S , la curva piana staccata sulla superficie
stessa da un piano contenente la normale n . Se si considera un punto generico su di una
superficie, si può interpretare ogni linea coordinata, passante per esso come una sezione
normale, caratterizzata da un raggio di curvatura diretto secondo la normale dal centro di
curvatura verso il punto. E’ ovvio che vi sono infiniti raggi di curvatura per un punto di
una superficie, essendo infinite le orientazioni possibili per le linee parametriche.
Da quanto precedentemente esposto, discende che esiste, per una data superficie, un
sistema di coordinate curvilinee ortogonali avente come raggi di curvatura, puntualmente,
il minimo e il massimo. Tale sistema di coordinate prende il nome di sistema principale ed
i raggi di curvatura sono detti principali. Le linee coordinate sono le direzioni di curvatura
principale. Da ora in poi, si considerano solamente sistemi ortogonali del tipo appena
introdotto. Lo sviluppo della teoria dei gusci elastici risulta notevolmente più semplice e
chiara nel caso in cui le linee di curvatura principale della superficie di riferimento siano
usate come linee parametriche.
Occorre definire alcune espressioni relative alle derivate dei versori lungo le linee
parametriche adottate. Si consideri una terna di versori reciprocamente ortogonali e definiti
in un determinato punto P sulla superficie S . Questi versori, indicati con t1 , t 2 , n , sono
assunti in modo tale che i primi due risultino orientati secondo le tangenti alle direzioni
principali D1 ed D 2 (linee parametriche), mentre il terzo è normale ad S . Comunque si
muova la terna sopra la superficie (ovvero, in qualunque punto venga definita), il modulo
dei versori costituenti si manterrà unitario e le loro direzioni rimarranno sempre ortogonali
a due a due. Ciò che varia, è l’orientamento della terna e, come conseguenza di questo
fatto, si deve prestare attenzione alle derivate di tali versori.
Un vettore unitario può sempre essere definito come il vettore diviso per il suo modulo,
per cui la terna di versori appena illustrata può essere definita analiticamente nel modo
seguente:
r,1 r,1 r,2 r,2 r,1 r,2
t1 , t2 , n t1 t 2 (2.54)
r,1 A1 r,2 A2 A1 A2
Si noti come in tali relazioni sia stata adottata la notazione già introdotta nell’equazione
(2.21) per sistemi ortogonali di linee parametriche.
Siano n,1 , n,2 le derivate del vettore unitario n fatte rispetto ai parametri D1 ed D 2 .
Poiché n,1 , n,2 sono anche vettori perpendicolari ad n , esse giacciono nel piano
individuato dai versori t1 , t 2 e, ognuno di essi può essere decomposto nelle sue componenti
secondo le direzioni di t1 e t 2 :
L A2
n ,2 t2 o n ,2 t2 (2.59)
A2 R2
D’altro canto, si prendano in considerazione i vettori unitari t1 , t 2 di cui t1,1 , t1,2 , t 2,1 , t 2,2
sono le rispettive derivate fatte rispetto alle linee parametriche indicate con D1 ed D 2 . Per
trovare queste ultime si procede in maniera analoga a quanto visto per le derivate di n . In
quest’ultimo caso, i passaggi risultano leggermente più complessi. Per funzioni con
derivate seconde continue, r,12 r,21 , dalle equazioni (2.54) si può scrivere:
1
A1t1 A2 t 2 oppure t 2,1 A1t1,2 t1 A1,2 t 2 A2,1 (2.60)
,2 ,1 A2
necessario osservare che essa è anche un vettore perpendicolare a t1 e, quindi, giacente nel
piano definito dai vettori unitari n, t 2 . Ciò fa sì che tale vettore possa essere decomposto
t1,1 cn dt 2 (2.61)
determinare tali incognite si consideri il sistema di due equazioni costituito dai prodotti
scalari n t1,1 e t 2 t1,1 . Per la reciproca ortogonalità dei vettori unitari t1 , t 2 , n , si ha:
n t1,1 c n n d n t2 c
(2.62)
t 2 t1,1 c t2 n d t2 t2 d
t1 n ,1
t1 n,1 n t1,1 0 . Sfruttando i risultati dell’equazione (2.58), si ha anche:
A1
c n t1,1 t1 n,1 (2.63)
R1
Essendo t 2 t1 0 e, di conseguenza, t 2 t1 ,1
t 2 t1,1 t1 t 2,1 0 , ricordando i
t1 1
d t 2 t1,1 t1 t 2,1 A1t1,2 t1 A1,2 t 2 A2,1 A1,2 (2.64)
A2 A2
A1 1 wA1
t1,1 n t2 (2.65)
R1 A2 wD 2
Si noti come le espressioni delle derivate dei versori t1 , t 2 , n siano espresse in funzione
dei vettori unitari medesimi per cui è possibile raggruppare le equazioni (2.58), (2.59),
(2.65) e (2.66) all’interno di un’unica notazione matriciale:
ª A1,2 A1 º
« 0 »
« A2 R1 »
« A2,1 »
« 0 0 »
ª t1,1 º « A1 »
«t » « »
« 1,2 » « A1,2 0 0 » ª t1 º
« t 2,1 » « A2 »
« » « » «t 2 » (2.67)
« t 2,2 » « A2,1 A2 » « »
« n,1 » « 0 » «¬ n »¼
« » « A1 R2 »
¬« n,2 ¼» « A »
« 1 0 0 »
« R1 »
« »
« 0 A2
0 »
« R2 »
¬ ¼
Fino ad ora non si è stabilita alcuna relazione matematica tra i parametri di Lamè A1 , A2
data superficie. In quanto parte del teorema fondamentale della teoria delle superfici, tali
equazioni vengono usate per accertare che una scelta arbitraria dei quattro parametri in
argomento permetta di definire una superficie reale nello spazio tridimensionale. In
particolare, dette relazioni si possono ricavare sfruttando l’uguaglianza delle derivate miste
del secondo ordine relative alla terna di versori descritta in precedenza. Perché ciò sia
valido, si assume la continuità delle derivate seconde dei vettori unitari.
In base alla supposta continuità delle derivate ed all’uso delle espressioni di n,1 , n,2
§ A § A1 · · §A § A2 · ·
1,2 2,1
t1 ¨ ¨ ¸ ¸ t2 ¨ ¨ ¸ 0 (2.69)
¨ R 2 ¨© R1 ¸¹ ¸ ¨ R1 ¨ R 2 ¸¸ ¸
© ,2 ¹ © © ¹,1 ¹
A1,2 § A1 · A2,1 § A2 ·
¨¨ ¸¸ , ¨¨ ¸¸ (2.70)
R2 © R1 ¹,2 R1 © R 2 ¹,1
Le relazioni (2.70) sono note con il nome di condizioni di Codazzi. Partendo da una
delle due eguaglianze t1,12 t1,21 e t 2,12 t 2,21 , se si procede in maniera analoga, si ricava
condizioni di Gauss-Codazzi, allora esiste una superficie reale che ha come prima e
seconda forma fondamentale le seguenti espressioni:
2 2
I = E dD1 G dD 2
2 2
(2.72)
II = L dD1 N dD 2
curvature principali della superficie. Tale rapporto prende il nome di curvatura gaussiana
ed è una grandezza che svolge un ruolo fondamentale nella caratterizzazione dei gusci. In
particolare, sebbene la curvatura gaussiana sia facilmente calcolabile una volta noti R1 , R 2 ,
C2 C2
C2
R2 R2
R2 D2
D2 D2
C1 R1 f
R1
C1 R1
D1 D1
D1
Curvatura positiva Curvatura negativa Curvatura nulla
Per un guscio generico, quanto è stato descritto a parole può essere rappresentato
graficamente attraverso gli schemi di figura 2.5.
E’ bene notare nella classificazione dei gusci mediante la curvatura gaussiana, che se
essa è positiva o negativa, il guscio risulta essere a doppia curvatura, mentre, se tale
grandezza è nulla, la superficie presenterà un’unica curvatura oppure nessuna curvatura.
Vi sono differenti possibili classificazioni delle superfici che sono comunemente usate
nella pratica ingegneristica. In precedenza si è vista la classificazione basata sulla
curvatura gaussiana. Di seguito, si presentano altre categorie di superfici definite attraverso
la loro forma e il loro sviluppo geometrico.
In base a tale definizione, osservando la figura 2.6 si può notare che il vettore posizione per
x3
Curva Generatrice
(Meridiano)
R0 x3
P
Cerchio di
Latitudine
(Parallelo)
e3 r
e2
O x2
e1
-
x1
Figura 2.6 – Geometria di una superficie di rivoluzione.
dove l’apice sta ad indicare la derivazione fatta rispetto alla coordinata x3 . In base alle
(2.74) è possibile scrivere la prima forma fondamentale delle superfici di rivoluzione.
Sostituendo le relazioni (2.74) nelle equazioni (2.18), si ha:
2
E r,1 r,1 1 R0c , F r,1 r,2 0, G r,2 r,2 R02 (2.75)
Dalle (2.75) si può osservare che i meridiani ed i paralleli definiscono una famiglia
ortogonale di linee parametriche. La prima forma fondamentale assume l’aspetto:
2 2 2 2 2 2
ds dr d r I E dx3 G d- 1 R0c dx3 R0 2 d- (2.76)
La normale (2.26) alla superficie di rivoluzione, tenendo conto delle equazioni (2.74),
risulta essere:
r,1 r,2 R0
n cos - e1 sin - e 2 R0ce 2 (2.78)
H H
dove:
2
H R0 1 R0c (2.79)
Si osservi che l’equazione (2.78) indica un verso per la normale n orientato dal lato
concavo della superficie verso il suo lato convesso così come si era assunto in precedenza.
Una volta definito il versore n , è possibile scrivere la seconda forma fondamentale delle
superfici di rivoluzione. In base alle equazioni (2.37) e (2.78), e alle derivate fatte rispetto
x3 e - delle equazioni (2.74), si ottiene:
R0 R0cc R02
L r,11 n , M r,12 n 0, N r,22 n (2.80)
H H
da cui ne consegue che:
2 2 R0 R0cc 2 R02 2
II L dx3 N d- dx3 d- (2.81)
H H
Poiché le grandezze F ed M risultano entrambe nulle, i meridiani ed i paralleli
definiscono le linee di curvatura principale della superficie di rivoluzione. Quindi, è
possibile dedurre i raggi di curvatura principale dalle equazioni (2.53):
2 32
1 E 1 R0c
R1
kn1 L R0cc (2.82)
1 G 2
R2 R0 1 R0c
kn 2 N
curvatura della curva di meridiano e il segno meno indica solo che esso ha direzione
opposta a quella del versore normale n .
x3
D
n
R0 x3
A P
D
R2 Tangente in P
M
C2 r
t1
Curva Generatrice
R1 (Meridiano)
e3
x2
O e2
C1
Figura 2.7 – Interpretazione geometrica del raggio R2 .
tan D R0c
AC2 AP tan D R0 R0c (2.83)
2 2 2
C2 P AP AC2 R0 1 R0c R2
R2 è la distanza lungo la normale alla curva meridiana disegnata a partire dal punto P fino
ad arrivare all’asse di rivoluzione della superficie.
Per controllare che le quantità caratteristiche A1 , A2 , R1 , R 2 di una superficie di
rivoluzione definiscano una superficie reale, è necessario eseguire il test fornito dal
teorema fondamentale della teoria delle superfici basato sulle condizioni di Gauss-Codazzi.
Una superficie di rivoluzione può essere anche descritta associando ad D1 , D 2 le
x3
n
R0 x3
A P
dR 0
Ac Tangente in P
M R2 Pc
C2 t1
Curva Generatrice
R1 (Meridiano)
dM e3
x2
O e2
C1
Figura 2.8 – Interpretazione geometrica della condizione di Gauss per superfici di rivoluzione.
dove il primo addendo della relazione rappresenta il quadrato della lunghezza infinitesima
dell’arco lungo la curva meridiana, mentre il secondo definisce il quadrato della lunghezza
infinitesima dell’arco lungo un parallelo. Le equazioni (2.21) consentono di scrivere:
A1 E R1 , A2 G R0 (2.85)
Il primo addendo della relazione più a destra della (2.88) rappresenta il quadrato della
lunghezza infinitesima dell’arco lungo la curva meridiana, mentre il secondo definisce il
quadrato della lunghezza infinitesima dell’arco lungo il parallelo. Per le (2.21) si ha:
A1 E R1 , A2 G 1 (2.89)
Dagli esempi riportati appare che i parametri di Lamè possono essere quantità costanti,
oppure funzioni più o meno complicate. La scelta del più appropriato sistema di
riferimento sulla superficie dipende dal tipo di problema, ovvero dalla geometria della
struttura in esame. Nei gusci a torre, essenzialmente strutture verticali, la coordinata x3 è
fisicamente la più indicata. Per gusci chiusi (cupole), abbastanza ribassati, la coordinata x3
non si discosta molto dallo zero, nemmeno per paralleli relativamente distanti dall’apice. In
tali casi anche l’angolo M presenta la medesima proprietà e quindi l’ascissa curvilinea
sembra essere la scelta più sensata. Nel caso in cui la curva meridiana presenti una
inflessione, la scelta della coordinata M potrebbe causare problemi, quali la non
biunivocità nella corrispondenza tra i punti sulla superficie e i valori di M .
La scelta più frequente, comunque, ricade sull’angolo M , poiché le equazioni dei gusci
sferici (inizialmente i più studiati) si semplificano notevolmente.
In questa trattazione, verrà considerato come sistema di riferimento più appropriato per
lo studio dei gusci a doppia curvatura quello definito mediante il sistema di coordinate
sferiche D1 M , D 2 - , mentre per lo studio dei gusci a singola curvatura e dei gusci
degeneri si adotterà il sistema di coordinate curvilinee D1 s1 , D 2 s2 , dove s1 rappresenta
da cui si evince:
A1 E 1, A2 G 1 (2.91)
dove il primo addendo della relazione rappresenta il quadrato della lunghezza infinitesima
dell’arco di curva lungo il profilo, mentre il secondo definisce il quadrato della lunghezza
infinitesima dell’arco di curva lungo una generatrice. Per le (2.21) si ha:
A1 E R1 , A2 G 1 (2.94)
Si può osservare che R1 rappresenta il raggio di curvatura principale del profilo del
( R1 cost ).
x3
r Generatrice
e3
O x2
e1 e2
Profilo o
x1 M Direttrice
R1
C1
Finora sono stati esposti tutti quei concetti e risultati della geometria differenziale che
saranno necessari per la modellazione analitica delle strutture a guscio. In particolare, nel
derivare la teoria dei gusci si farà un uso molto marcato del concetto di prima forma
fondamentale di una superficie e delle associate prime grandezze fondamentali oltre ai vari
aspetti legati all’ortogonalità delle linee di curvatura principale, alle condizioni di Gauss-
Codazzi ed alle proprietà delle superfici di rivoluzione e di traslazione.
Superficie di riferimento o ]
superficie media
Oc
D1
D2
h D1 , D 2
vuol far rilevare che i versori associati al suddetto sistema sono rispettivamente t1 , t 2 , n . I
primi due versori sono tangenti alle linee coordinate D1 , D 2 , rispettivamente, mentre il terzo
è normale alla superficie in parola. La scelta di questo sistema di riferimento consente una
comoda definizione delle equazioni fondamentali.
Nel sistema locale è possibile descrivere il campo di spostamento di un qualsiasi punto
del solido attraverso la terna di componenti U1 ,U 2 ,W . Le componenti di spostamento
riferimento locale posto sulla superficie media (la definizione analitica della superficie di
riferimento può essere fornita attraverso l’espressione ] 0 ). La posizione di un punto
arbitrario P del guscio nello spazio può essere descritta dal vettore posizione (figura 2.11):
R D1 , D 2 , ] r D1 , D 2 ] n D 1 , D 2 (2.99)
( D10 d D1 d D11 e D 20 d D 2 d D 21 ).
Mediante l’equazione (2.99), si può valutare il quadrato della distanza tra un punto
arbitrario P di coordinate D1 , D 2 , ] ed un punto P1 , infinitamente vicino ad esso, di
I primi due termini a secondo membro della (2.101) rappresentano la prima forma
fondamentale di una superficie posta ad una distanza ] dal superficie media, in analogia
alla (2.20).
]
n D1 , D 2
Superficie di riferimento o
superficie media
] Oc
P ]
]n
Pc
D1
x3
R
r D2
h D1 , D 2
e3 x2
O e2
e1
x1
rispettivamente. Le lunghezze degli archi elementari sulle facce laterali che delimitano
l’elemento fondamentale sono, in accordo con l’equazione (2.101):
ds1 ] A1 1 ] R1 dD1
(2.102)
ds2 ] A2 1 ] R 2 dD 2
d 61 ] A1 1 ] R1 dD1d]
(2.103)
d 62 ] A2 1 ] R 2 dD 2 d ]
Superficie di riferimento o ]
superficie media
Oc
d] W 1n
]
W 2n
D1 W 12
W 21
ds2 ] V1
h D1 , D 2
V2
ds1 ] D2
R2
R1
linee coordinate D 2 , D1 , rispettivamente (figura 2.13). Si vuol far rilevare che nel modello
cinematico introdotto è stata trascurata la rotazione attorno alla normale n . Esistono
modelli più sofisticati che tengono in considerazione anche questo contributo, tuttavia in
questa trattazione l’effetto in parola verrà trascurato.
]
n D1 , D 2
Superficie di riferimento o
superficie media
Oc
]
W
U1 P
w U2
u1 u
2
D1 Pc
D2
h D1 , D 2
P
u1 u2
] tan E1 # ]E1
] ] tan E 2 # ]E 2
u1 u2
E1
Pc E2
Come conseguenza di questa assunzione, l’equilibrio alla rotazione attorno alla normale
n dovrà essere identicamente soddisfatto. Dalle relazioni (2.105) si può notare che per gli
spostamenti tangenziali U1 ,U 2 si presume un modello di variazione lineare lungo lo
] ,w
Superficie di riferimento o
superficie media
E2
Oc
E1
D1 ,u 1
D 2 ,u 2
Per definire in maniera completa il campo di spostamento sono state introdotte cinque
nuove quantità u1 , u2 , w, E1 , E 2 riferite alla superficie di riferimento (figura 2.14),
denominate componenti generalizzate di spostamento. Esse sono le reali incognite, o gradi
di libertà, del problema in esame e rappresentano le variabili di configurazione del guscio
generico nel sistema di riferimento adottato. Possono essere interpretate come componenti
del seguente vettore spostamento generalizzato riferito alla superficie di riferimento:
T
u D1 , D 2 , t ª¬u 1 u 2 w E1 E 2 º¼ (2.106)
] D3
W U3
2
A12 1 ] R1 g11 D1 , D 2 , D 3 (2.108)
2
A22 1 ] R 2 g 22 D1 , D 2 , D 3
1 g33 D1 , D 2 , D 3
siano P0c e P1c i corrispondenti punti dopo la deformazione. Le coordinate curvilinee dei
può scrivere:
2 2 2 2
3
w[i
dD i d [ i dD i 2dD i d [ i d [ i dD i 2dD i ¦ dD j (2.111)
j 1 wD j
2
3 3 § § 3
wgii · w[ w[ ·
dsc ¦¦ ¨¨ G ij ¨ gii ¦ [ k ¸ gii i g jj j ¸¸ dD i dD j (2.113)
i 1 j 1 © © k 1 wD k ¹ wD j wD i ¹
dove G ij rappresenta il delta di Kronecker (1.83). Definendo la quantità tra parentesi tonde
più esterne nell’equazione (2.113):
§ 3
wg · w[ w[ j
Gij G ij ¨ g ii ¦ ii [ k ¸ gii i g jj (2.114)
© k 1 wD k ¹ wD j wD i
si ha:
3 3
2
dsc ¦¦ G dD dD
i 1 j 1
ij i j (2.115)
Gij G ji (2.116)
Nella configurazione deformata la lunghezza dello stesso elemento d’arco risulta essere:
dsic Gii dD i (2.118)
La deformazione H ii secondo la direzione D i può essere allora definita nel seguente modo:
deformazione:
S
H ij Tij (2.122)
2
L’angolo Tij tra i due segmenti infinitesimi dsic e dsi può essere valutato nel seguente
modo:
2 2 2
dsc dsic dscj 2 dsic dscj cos Tij (2.123)
Gij
cos Tij (2.124)
Gii G jj
Gij
H ij (2.127)
gii g jj
Ui gii [i (2.128)
w[i 1 3
wgii § Ui · 1
w 3
wgi U k
H ii
wD i 2 gii
¦ wD [k ¨
wD i
¸
¨ g ¸ 2 gii ¦ wD g kk
k 1 k © ii ¹ k 1 k
1 § w[i w[ ·
J ij 2H ij ¨¨ gii g jj j ¸ (2.129)
gii g jj © wD j wD i ¸¹
1 ¨§ w § Ui · w § U j · ¸·
gii ¨ ¸ g jj ¨ ¸
gii g jj ¨ wD j ¨ g ¸ wD i ¨ g jj ¸ ¸
© © ii ¹ © ¹¹
dove i, j 1, 2,3 per la prima ed i, j 1, 2,3 con i z j per la seconda delle due relazioni
(2.129).
Introducendo le posizioni (2.108) nelle equazioni (2.129), si ottengono le relazioni tra
spostamenti e deformazioni per un generico guscio. Si è quindi in grado di scrivere le
equazioni di congruenza:
1 § wU1 1 wA1 A1 ·
H1 ¨¨ U2 W ¸ (2.130)
A1 1 ] R1 © wD1 A2 wD 2 R1 ¸¹
1 § wU 2 1 wA2 A2 ·
H2 ¨¨ U1 W ¸ (2.131)
A2 1 ] R 2 © wD 2 A1 wD1 R 2 ¸¹
wW
Hn (2.132)
w]
1 wW w § U1 ·
J 1n A1 1 ] R1 ¨ ¸ (2.133)
A1 1 ] R1 wD1 w] ¨ A1 1 ] R1 ¸
© ¹
1 wW w § U2 ·
J 2n A2 1 ] R 2 ¨ ¸ (2.134)
A2 1 ] R 2 wD 2 w] ¨ A2 1 ] R 2 ¸
© ¹
A2 1 ] R 2 w § U2 · A1 1 ] R1 w § U1 ·
J 12 ¨ ¸ ¨ ¸ (2.135)
A1 1 ] R1 wD1 ¨ A2 1 ] R 2 ¸ A2 1 ] R 2 wD 2 ¨ A1 1 ] R1 ¸
© ¹ © ¹
Le relazioni (2.130)-(2.135) sono del tutto generali. Pertanto, non tengono in
considerazione nessuna delle ipotesi introdotte dalla FSDT. Inserendo il campo di
spostamento (2.105) all’interno delle equazioni (2.130)-(2.135), si ha:
1 § w u 1 ]E1 1 wA1 A1 ·
H1 ¨ u 2 ]E 2 w ¸
A1 1 ] R1 ¨© wD1 A2 wD 2 R1 ¸
¹ (2.136)
1 § § wu 1 1 wA1 A1 · § wE 1 wA1 · ·
¨¨ u2 w¸ ] ¨ 1 E ¸
A1 1 ] R1 ©¨ ¨© wD1 A2 wD 2 R1 ¸¹ ¨ wD1 A2 wD 2 2 ¸¸ ¸
© ¹¹
1 § w u 2 ]E 2 1 wA2 A2 ·
H2 ¨ u1 ]E1 w¸
A2 1 ] R 2 ¨ wD 2 A1 wD1 R2 ¸
© ¹ (2.137)
1 § § wu 2 1 wA2 A2 · § wE 1 wA2 · ·
¨¨ u1 w¸ ] ¨ 2 E1 ¸ ¸
¨
¨ wD 2 A1 wD1 ¸ ¨ ¸¸
A2 1 ] R 2 ©© R2 ¹ © wD 2 A1 wD1 ¹ ¹
ww
Hn 0 (2.138)
w]
1 ww w § u 1 ]E1 ·
J 1n A1 1 ] R1 ¨ ¸ (2.139)
A1 1 ] R1 wD1 w] ¨ A1 1 ] R1 ¸
© ¹
1 ww w § u 2 ]E 2 ·
J 2n A2 1 ] R 2 ¨ ¸ (2.140)
A2 1 ] R 2 wD 2 w] ¨ A2 1 ] R 2 ¸
© ¹
A2 1 ] R 2 w § u 2 ]E 2 · A1 1 ] R1 w § u1 ]E1 ·
J 12 ¨ ¸ ¨ ¸
A1 1 ] R1 wD1 ¨ A2 1 ] R 2 ¸ A2 1 ] R 2 wD 2 ¨ A1 1 ] R1 ¸
© ¹ © ¹
§ A2 1 ] R 2 w § u2 · A1 1 ] R1 w § u1 ··
¨ ¨ ¸ ¨ ¸ ¸ (2.141)
¨ A1 1 ] R1 wD1 ¨ A2 1 ] R 2 ¸ A2 1 ] R 2 wD 2 ¨ A1 1 ] R1 ¸ ¸
© © ¹ © ¹¹
§ A2 1 ] R 2 w § E2 · A1 1 ] R1 w § E1 ··
] ¨ ¨ ¸ ¨ ¸¸
¨ A1 1 ] R1 wD1 ¨ A2 1 ] R 2 ¸ A2 1 ] R 2 wD 2 ¨ A1 1 ] R1 ¸ ¸
© © ¹ © ¹¹
Svolgendo le derivate e trascurando i termini del tipo ] R1 , ] R 2 rispetto all’unità
1 § § wu 1 1 wA1 A1 · § wE 1 wA1 · ·
H1 ¨¨ u2 w¸ ] ¨¨ 1 E2 ¸ ¸ (2.142)
A1 ¨© ¨© wD1 A2 wD 2 R1 ¸¹ ¸¸
© wD1 A2 wD 2 ¹ ¹
1 § § wu 2 1 wA2 A2 · § wE 1 wA2 · ·
H2 ¨¨ u1 w¸ ] ¨¨ 2 E1 ¸ ¸ (2.143)
¨
A2 ¨© © wD 2 A1 wD1 R 2 ¸¹ ¸¸
© wD 2 A1 wD1 ¹ ¹
ww
Hn 0 (2.144)
w]
1 ww u 1
J 1n E1 (2.145)
A1 wD1 R1
1 ww u 2
J 2n E2 (2.146)
A2 wD 2 R 2
§ A2 w § u 2 · A1 w § u 1 · · § A2 w § E · A1 w § E · ·
J 12 ¨ ¨ ¸ ¨ ¸¸ ] ¨ ¨ 2 ¸ ¨ 1 ¸ ¸ (2.147)
¨ A1 wD1 ¨ A2 ¸ A2 wD 2 ¨ A1 ¸ ¸ ¨ A1 wD1 ¨ A2 ¸ A2 wD 2 ¨ A1 ¸ ¸
© © ¹ © ¹¹ © © ¹ © ¹¹
Le due grandezze J 1n , J 2 n rappresentano gli scorrimenti angolari medi tra la normale e
ciascuna delle due direzioni principali D1 , D 2 . Per comodità, le equazioni (2.142), (2.143) e
(2.147) possono riscriversi:
H1 H10 ]F1
H 2 H 20 ]F 2 (2.148)
J 12 J 120 ]F12
1 § wu 1 1 wA1 A1 ·
H10 ¨¨ u2 w¸ (2.149)
A1 © wD1 A2 wD 2 R1 ¸¹
1 § wu 2 1 wA2 A2 ·
H 20 ¨¨ u1 w¸ (2.150)
A2 © wD 2 A1 wD1 R 2 ¸¹
A2 w § u2 · A1 w § u 1 ·
J 120 ¨ ¸ ¨ ¸ (2.151)
A1 wD1 ¨© A2 ¸¹ A2 wD 2 ¨© A1 ¸¹
1 § wE1 1 wA1 ·
F1 ¨ E2 ¸ (2.152)
A1 ¨© wD1 A2 wD 2 ¸¹
1 § wE 2 1 wA2 ·
F2 ¨ E1 ¸ (2.153)
A2 ¨© wD 2 A1 wD1 ¸¹
A2 w § E 2 · A1 w § E1 ·
F12 ¨ ¸ ¨ ¸ (2.154)
A1 wD1 ¨© A2 ¸¹ A2 wD 2 ¨© A1 ¸¹
1 § A1,2 A1 ·
H10 ¨¨ u 1,1 u2 w¸ (2.156)
A1 © A2 R1 ¸¹
1 § A2,1 A2 ·
H 20 ¨¨ u 2,2 u1 w¸ (2.157)
A2 © A1 R 2 ¸¹
1
J 120 u 2,1 A2 u 2 A2,1 u 1,2 A1 u 1 A1,2 (2.158)
A1 A2
1 § A1,2 ·
F1 ¨¨ E1,1 E2 ¸ (2.159)
A1 © A2 ¸
¹
1 § A2,1 ·
F2 ¨¨ E 2,2 E1 ¸ (2.160)
A2 © A1 ¸
¹
1
F12 E 2,1 A2 E 2 A2,1 E1,2 A1 E1 A1,2 (2.161)
A1 A2
1 § A1 ·
J 1n ¨¨ w,1 u 1 A1E1 ¸¸ (2.162)
A1 © R1 ¹
1 § A2 ·
J 2n ¨¨ w,2 u 2 A2 E 2 ¸ (2.163)
A2 © R2 ¸
¹
* * *
Di seguito vengono dedotte le equazioni (2.142)-(2.147) e (2.156)-(2.163) dalle equazioni (2.136)-(2.141):
1 § wu 1 1 wA1 A · 1 § A1,2 A1 ·
H10 ¨¨ u 2 1 w¸ ¨¨ u 1,1 u2 w¸
A1 1 ] R 1 © wD 1 A 2 wD 2 R1 ¸¹ A1 © A2 R1 ¸¹
1 § wu 2 1 wA 2 A2 · 1 § A 2,1 A2 ·
H 20 ¨ u1 w¸ ¨¨ u 2,2 u1 w¸
A 2 1 ] R 2 ¨© wD 2 A1 wD1 R 2 ¸¹ A2 © A 1
R 2
¸
¹
A2 1 ] R 2 w § u2 · A1 1 ] R 1 w § u1 ·
J 120 ¨ ¸ ¨ ¸
A1 1 ] R1 wD1 ¨© A 2 1 ] R 2 ¸¹ A 2 1 ] R 2 wD 2 ¨ A1 1 ] R1 ¸
© ¹
1 § wu 2 wA 2 · 1 § wu 1 wA1 ·
¨ A 2 u2 ¸ ¨ A1 u 1 ¸
A1 A 2 © wD1 wD1 ¹ A 2 A1 © wD 2 wD 2 ¹
1 § wu 2 wA 2 wu 1 wA1 · 1
¨ A2 u 2 A1 u 1 ¸ u 2,1 A 2 u 2 A 2 ,1 u 1,2 A1 u 1 A1,2
A1 A 2 © wD1 wD1 wD 2 wD 2 ¹ A1 A 2
1 § wE1 1 wA1 · 1 § A1,2 ·
F1 ¨¨ E2 ¸ ¨¨ E1,1 E2 ¸
A1 1 ] R1 © wD1 A 2 wD 2 ¹ A1 © ¸ A2 ¸
¹
1 § wE 2 1 wA 2 · 1 § A 2,1 ·
F2 ¨ E1 ¸ ¨¨ E 2,2 E1 ¸
A 2 1 ] R 2 ¨© wD 2 A1 wD1 ¸¹ A2 © A1 ¸
¹
A2 1 ] R 2 w § E2 · A1 1 ] R1 w § E1 ·
F12 ¨ ¸ ¨ ¸
A1 1 ] R1 wD1 ¨© A 2 1 ] R 2 ¸¹ A 2 1 ] R 2 wD 2 ¨ A1 1 ] R1 ¸
© ¹
1 § wE 2 wA 2 · 1 § wE1 wA1 ·
¨ A2 E 2 ¸ ¨ A1 E1 ¸
A1 A2 © wD1 wD1 ¹ A 2 A1 © wD 2 wD 2 ¹
1 § wE 2 wA 2 wE1 wA1 · 1
¨ A2 E 2 A1 E1 ¸ E 2,1 A2 E 2 A 2,1 E1,2 A1 E1 A1,2
A1 A 2 © wD1 wD1 wD 2 wD 2 ¹ A1 A 2
1 ww w § u 1 ]E1 ·
J 1n A1 1 ] R1 ¨ ¸
A1 1 ] R1 wD1 w] ¨ A1 1 ] R 1 ¸
© ¹
1 ww w § 1 · w § ]E1 ·
1 ] R1 u 1 ¨¨ ¸¸ 1 ] R 1 ¨ ¸
A1 wD1 w] © 1 ] R 1 ¹ w] ¨© 1 ] R1 ¸¹
1 ww 1 ] R1 § 1 · 1 ] R1 § ] ·
u1 2 ¨¨ ¸¸ 2 ¨¨ E1 1 ] R1 E1 ¸
¸
A1 wD1 1 ] R1 © R1 ¹ 1 ] R1 © R 1 ¹
1 ww 1 u1 1 ] R1 ] 1 u1
E1 2
E1 w,1 E1
A1 wD1 1 ] R1 R1 1 ] R1 R1 A1 R1
1 ww w § u 2 ]E 2 ·
J 2n A2 1 ] R 2 ¨ ¸
A 2 1 ] R 2 wD 2 w] ¨ A 2 1 ] R 2 ¸
© ¹
1 ww w § 1 · w § ]E 2 ·
1 ] R2 u 2 ¨ ¸ 1 ] R2 ¨ ¸¸
A 2 wD 2 w] ¨© 1 ] R 2 ¸¹ w] ¨© 1 ] R 2 ¹
1 ww 1 ] R2 § 1 · 1 ] R2 § ] ·
u2 2 ¨¨ ¸¸ 2 ¨¨ E 2 1 ] R 2 E2 ¸
¸
A 2 wD 2 1 ] R2 © R2 ¹ 1 ] R2 © R 2 ¹
1 ww 1 u2 1 ] R2 ] 1 u2
E2 2
E2 w,2 E2
A 2 wD 2 1 ] R 2 R 2 1 ] R2 R2 A2 R2
Si vuol far rilevare che si sono trascurati i termini ] R1 , ] R 2 rispetto all’unità ( ] R1 1, ] R 2 1 ).
Nelle ultime due componenti di deformazione, si è tenuta presente l’indipendenza dalla variabile ] delle
* * *
I materiali per i quali il comportamento costitutivo risulta essere funzione solo dello
stato deformativo, sono chiamati elastici. Nel caso particolare in cui il lavoro compito dalle
azioni esterne durante la deformazione dipende solo dallo stato iniziale e da quello
deformativo finale, il materiale viene denominato iperelastico. Si definisce, poi, corpo
elastico un solido di materiale continuo capace di subire deformazioni che svaniscono
rimuovendo le forze applicate. L’elemento di materia riprende la sua forma iniziale una
volta che siano scomparse le cause che lo deformano.
Un materiale è omogeneo se le proprietà meccaniche sono costanti in tutti i punti del
volume occupato dal corpo (indipendentemente dalla posizione). In un mezzo eterogeneo
le proprietà meccaniche risultano funzione della posizione. Ad esempio, le strutture
composite costituite da strati uniformi di materiale differente sono eterogenei lungo lo
spessore. Un materiale anisotropo presenta nell’intorno di ciascun punto proprietà
meccaniche variabili con la direzione. Un materiale che presenta nell’intorno di un punto le
medesime proprietà meccaniche in tutte le direzioni uscenti dal punto stesso, viene
denominato isotropo. I materiali anisotropi e isotropi possono essere a loro volta omogenei
o non omogenei.
] { ]ˆ
Oc
D1 D̂ 2
D2
D̂1
Figura 2.15 – Sistema di coordinate della geometria e del materiale.
Si supponga che OcDˆ1Dˆ 2]ˆ sia il sistema di riferimento del materiale, denominato
identificarsi con le componenti cartesiane di un tensore del quarto ordine, detto tensore di
elasticità.
I coefficienti Chkij e K hkij prendono il nome di costanti elastiche, poiché non dipendono
dalle componenti di tensione e deformazione nel punto. Nel caso più generale, ossia in
assenza della simmetria delle componenti di tensione e di deformazione, le costanti
elastiche distinte sono 81. I coefficienti Chkij sono denominati rigidezze, mentre i
* * *
Si precisa che per le componenti di tensione e di deformazione è stata adottata la notazione nota come notazione di
Voigt-Kelvin, nella quale si utilizza un pedice per indicare le componenti di tensioni e di deformazione, due pedici
per indicare i coefficienti di rigidezza del materiale:
Hˆ1 Hˆ11 , Hˆ2 Hˆ22 , Hˆ3 Hˆ33 Hˆn , Hˆ4 2Hˆ13 Jˆ13 Jˆ1n , Hˆ5 2Hˆ23 Jˆ23 Jˆ2 n , Hˆ6 2Hˆ12 Jˆ12
* * *
materiale, le cui costanti elastiche indipendenti sono 21, viene denominato anisotropo. Nel
sistema di riferimento del materiale OcDˆ1Dˆ 2]ˆ le relazioni tensioni-deformazioni (2.165)
assumono la seguente forma:
ª Vˆ1 º ª C11 C12 C13 C14 C15 C16 º ª Hˆ1 º
« Vˆ » «C C22 C23 C24 C25 C26 »» «« Hˆ2 »»
« 2» « 12
« Vˆ n » «C13 C23 C33 C34 C35 C36 » « Hˆn »
« » « »« » (2.167)
«Wˆ1n » «C14 C24 C34 C44 C45 C46 » « Jˆ1n »
«Wˆ2 n » «C15 C25 C35 C45 C55 C56 » «Jˆ2 n »
« » « »« »
¬«Wˆ12 ¼» ¬«C16 C26 C36 C46 C56 C66 ¼» ¬« Jˆ12 »¼
Quando i materiali possiedono uno o più piani di simmetria del materiale il numero dei
coefficienti elastici indipendenti si riduce. Se le costanti elastiche nell’intorno di un punto
presentano gli stessi valori per coppie di punti simmetrici rispetto ad un piano, il piano
stesso prende il nome di piano di simmetria materiale. Tale simmetria può essere dovuta,
ad esempio, alla simmetria interna della struttura, dipendente dalla forma cristallografica
oppure da una regolare disposizione di fibre o particelle. Si vuol far rilevare che la
simmetria in parola è una proprietà che dipende dalla direzione e non dalla posizione.
Quindi, un materiale può avere una certa simmetria elastica nell’intorno di ogni punto e,
allo stesso tempo, le proprietà meccaniche possono variare da punto a punto. Questa
dipendenza delle proprietà del materiale dalla posizione viene indica come non-omogeneità
del materiale.
Quando i materiali possiedono tre piani ortogonali di simmetria materiale, il numero dei
coefficienti elastici indipendenti si riduce a 9. I materiali caratterizzati solo da 9
coefficienti elastici vengono detti ortotropi. Le relazioni (2.169) e (2.170) per un materiale
ortotropo assumono la seguente forma:
ª Vˆ1 º ª C11 C12 C13 0 0 0 º ª Hˆ1 º
« Vˆ » «C 0 »» «« Hˆ2 »»
« 2» « 12 C22 C23 0 0
« Vˆ n » «C13 C23 C33 0 0 0 » « Hˆn »
« » « »« » (2.171)
«Wˆ1n » « 0 0 0 C44 0 0 » « Jˆ1n »
«Wˆ2 n » « 0 0 0 0 C55 0 » «Jˆ2 n »
« » « »« »
«¬Wˆ12 »¼ «¬ 0 0 0 0 0 C66 »¼ «¬ Jˆ12 »¼
e il coefficiente di Poisson Q . Queste costanti sono misurate attraverso semplici test, come
la prova di trazione monoassiale e di taglio puro. A causa del loro significato fisico, le
costanti ingegneristiche vengono usate al posto dei più astratti coefficienti elastici Cij e
ingegneristiche.
Come conseguenza dell’ipotesi di elasticità lineare del materiale, è lecito applicare il
principio di sovrapposizione degli effetti. Questo vuol dire che se le forze applicate e le
restrizioni geometriche sono indipendenti dalla deformazione, allora la somma delle
deformazioni prodotte singolarmente da due sistemi di forze risulta uguale alla
deformazione prodotta dalla somma di due sistemi di forze applicati contemporaneamente.
In particolare, le deformazioni dello stesso tipo prodotte dall’applicazione di componenti di
tensione differenti possono essere sovrapposte. Per esempio, si considerino le tre
1 2 3 1
dilatazioni Hˆ1 , Hˆ1 e Hˆ1 . La dilatazione Hˆ1 , in direzione D̂1 , prodotta dallo sforzo V̂ 1
che agisce nella stessa direzione, è Vˆ1 E1 , dove E1 indica il modulo di Young del
materiale in direzione D̂1 . La dilatazione Hˆ1 2 , prodotta da un secondo sforzo V̂ 2 che agisce
Vˆ1 § Q 21 · § Q ·
Hˆ1 Hˆ11 Hˆ1 2 Hˆ1 3 ¨ Vˆ 2 ¸ ¨ 31 Vˆ n ¸ (2.173)
E1 © E2 ¹ © E3 ¹
Q 12 Vˆ 2 Q 32
Hˆ2 Vˆ1 Vˆ n
E1 E2 E3
(2.174)
Q 13 Q 23 Vˆ n
Hˆ3 Vˆ1 Vˆ 2
E1 E2 E3
Le prove di taglio puro per un materiale ortotropo forniscono i seguenti risultati:
Wˆ1n Wˆ2 n Wˆ12
Jˆ1n , Jˆ2 n , Jˆ12 (2.175)
G13 G23 G12
trasversale nella j -esima direzione e della deformazione assiale nella i -esima direzione
quando lo sforzo agisce nella i -esima direzione. G13 , G23 , G12 sono i moduli di elasticità
trasversale nei piani D̂1 ]ˆ , D̂ 2 ]ˆ , Dˆ1 Dˆ 2 . Dato che la matrice K , inversa della matrice
Quando le costanti elastiche nell’intorno di un punto presentano gli stessi valori in tutte
le direzioni uscenti dal punto e parallele ad un piano, il piano in parola prende il nome di
piano di isotropia materiale. Se uno dei tre piani di simmetria materiale di un mezzo
ortotropo è anche un piano di isotropia materiale, il numero dei coefficienti elastici
tensioni tangenziali. Quando il carico applicato sulla matrice è di trazione, nella superficie
laterale della fibra si sviluppa l’azione tangenziale di taglio che genera uno sforzo di
trazione nella fibra. I due sforzi bilanciano il carico applicato sulla matrice.
] ]
Oc Oc
D1 D1
D2 D2
] ]
Oc Oc
D1 D1
D2 D2
2.17). Questa terna viene assunta sulla superficie media della lamina. L’asse D̂1 viene
scelto parallelo alla direzione delle fibre, l’asse D̂ 2 trasversale alla direzione delle fibre,
l’asse ]ˆ normale alle linee parametriche della superficie media della lamina. Le lamine
rinforzate con fibre unidirezionali esibiscono la massima resistenza nella direzione delle
fibre, ma presentano un comportamento meccanico insoddisfacente nella direzione
trasversale alle fibre stesse. Scarsi ancoraggi delle fibre nella matrice causano un pessimo
comportamento meccanico in direzione trasversale alle fibre che può sfociare
nell’espulsione delle fibre dalla matrice o nella rottura delle fibre stesse.
]ˆ
Oc
D̂1
D̂ 2
Figura 2.17 – Sistema di coordinate del materiale per una lamina unidirezionale.
Le proprietà meccaniche di una lamina ortotropa possono essere definite sia mediante
un approccio teorico, sia mediante opportune prove di laboratorio. L’approccio teorico,
denominato approccio micromeccanico, può essere usato per determinare le costanti
ingegneristiche di un materiale composito continuo rinforzato con fibre unidirezionali.
L’approccio in parola si basa sulle seguenti assunzioni:
1) esiste un legame perfetto tra matrice e fibra;
2) le fibre sono continue, parallele e uniformemente distribuite su tutta la lamina;
3) la matrice è priva di vuoti o di microfessure e non presenta stati tensionali residui;
4) le fibre e la matrice sono corpi isotropi ed entrambi obbediscono alle leggi di
Hooke (elasticità lineare);
5) le forze applicate sono parallele o perpendicolari alla direzione delle fibre.
Sulla base della teoria delle miscele, le frazioni in volume V f delle fibre e Vm della
vf vm
Vf , Vm (2.183)
vc vc
da cui discende che il volume del materiale composito vc è la somma dei volumi dei
costituenti:
v f vm vc (2.185)
Le frazioni in massa M f delle fibre e M m della matrice sono definite nel modo seguente:
mf mm
Mf , Mm (2.186)
mc mc
da cui discende che la massa del materiale composito m c è la somma delle masse dei
costituenti:
m f mm mc (2.188)
Ricordando che la densità U di un corpo viene definita come rapporto tra la massa m e
il volume v occupato dal corpo stesso, dalle equazioni (2.188) e (2.183) si ricava:
Uc U f V f U mVm (2.189)
dove U f , U m , U c sono la densità del materiale costituente le fibre, la densità del materiale
E1 E f V f EmVm
E f Em
E2
E f Vm EmV f
(2.190)
v12 v f V f vmVm
G f Gm
G12
G f Vm GmV f
esempio un metallo e una ceramica. In seguito per semplicità si farà riferimento a questi
due costituenti, anche se in generale i materiali in parola possono essere ottenuti
miscelando due materiali metallici, oppure due materiali non metallici. La determinazione
delle costanti ingegneristiche di un siffatto materiale può essere ottenuta mediante un
approccio micromeccanico.
] { ]ˆ
Oc
D1 { Dˆ1
D 2 { Dˆ 2
VC VM 1 (2.192)
Si supponga che la variazione delle proprietà meccaniche sia definita attraverso una
legge esponenziale del tipo:
p p
§1 ] · §1 ] ·
VC ¨ ¸ oppure VC ¨ ¸ (2.193)
©2 h¹ ©2 h¹
dove p è il parametro che governa il profilo di variazione lungo lo spessore h della
lamina. Le due differenti leggi introdotte nella (2.193) permettono di individuare se la
superficie inferiore della lamina è costituita da materiale ceramico o da materiale metallico
(figure 2.19 e 2.20). Infatti, se si considera la prima legge (2.193), per ] h 2 , ossia
p 1 20
p 15
p 12
] p 1
h
p 2
p 5
p 20
VC
p
Figura 2.19 – Frazione in volume VC 1 2 ] h al variare di p lungo lo spessore della lamina.
p 20
p 5
p 2
]
p 1
h
p 12
p 15
p 1 20
VC
p
Figura 2.20 – Frazione in volume VC 1 2] h al variare di p lungo lo spessore della lamina.
legge (2.193), invece, il materiale composito presenta sulla faccia superiore le proprietà
proprie della ceramica (per ] h 2 , si ha VC 1 e VM 0 ) e su quella inferiore le
Fino ad ora è stata presentata la legge generalizzata di Hooke per diverse tipologie di
materiali nel sistema di riferimento proprio del materiale OcDˆ1Dˆ 2]ˆ . Nella formulazione di
molti problemi accade spesso che tale sistema di coordinate non coincida con quello della
geometria. Infatti, una lamina può essere caratterizzata da una propria orientazione del
materiale rispetto al sistema di riferimento descrivente il problema geometrico. Per questo
motivo, nasce l’esigenza di introdurre relazioni in grado di trasformare le componenti di
tensione e di deformazione riferite ad uno specifico sistema di riferimento nelle
corrispondenti quantità in un altro sistema di riferimento.
Si consideri una lamina fibro-rinforzata unidirezionale. Sia OcD1D 2] il sistema di
riferimento usato per descrivere le equazioni governanti il problema e OcDˆ1Dˆ 2]ˆ il sistema
di riferimento del materiale costituente la lamina. Considerando la figura 2.21 si nota che i
due sistemi di riferimento hanno la stessa origine Oc e sono definiti entrambi sulla
superficie di riferimento o superficie media della lamina, in modo che gli assi ] e ]ˆ siano
coincidenti. Di conseguenza, le due superfici D1 D 2 e Dˆ1 Dˆ 2 sono tra loro parallele.
all’asse D1 del riferimento del problema. Le coordinate di un punto della lamina nei due
sistemi di riferimento sono legate dalla seguente espressione:
ªDˆ1 º ª cos T sin T 0 º ª D1 º
« » « sin T
«Dˆ 2 » « cos T 0 »» ««D 2 »» (2.196)
« ]ˆ » «¬ 0 0 1 »¼ «¬ ] »¼
¬ ¼
L’inversa dell’equazione (2.196) risulta essere:
ı Tıˆ (2.200)
che in forma estesa risulta essere:
ª V1 º ª cos 2 T sin 2 T 0 0 0 sin 2T º ª Vˆ1 º
«V » « »« ˆ »
» «V 2 »
2 2
« 2» « sin T cos T 0 0 0 sin 2T
«V n » « 0 0 1 0 0 0 » « Vˆ n »
« » « »« » (2.201)
«W 1n » « 0 0 0 cos T sin T 0 » «Wˆ1n »
«W 2 n » « 0 0 0 sin T cos T 0 » «Wˆ2 n »
« » « »« »
«¬W 12 »¼ «¬sin T cos T sin T cos T 0 0 0 cos T sin T »¼ «¬Wˆ12 »¼
2 2
Si noti che la forma matriciale dell’equazione (2.203) può essere ottenuta dalla forma
matriciale (2.201) sostituendo T con T .
Le equazioni di trasformazione delle componenti di deformazione possono essere
ricavate per analogia dalle equazioni di trasformazione delle componenti di tensione. Si ha:
İ HT İH
ˆ , ݈ H İHT (2.204)
In differente notazione si può scrivere:
ª H1 º ª cos 2 T sin 2 T 0 0 0 sin T cos T º ª Hˆ1 º
«H » « 2 »« »
« 2» « sin T cos T 2
0 0 0 sin T cos T » « Hˆ2 »
« Hn » « 0 0 1 0 0 0 » « Hˆn »
« » « »« » (2.205)
« J 1n » « 0 0 0 cos T sin T 0 » « Jˆ1n »
«J 2 n » « 0 0 0 sin T cos T 0 » «Jˆ2 n »
« » « »« »
¬« J 12 ¼» ¬« sin 2T sin 2T 0 0 0 cos 2 T sin 2 T ¼» ¬« Jˆ12 ¼»
] { ]ˆ
Oc
D1 D̂ 2
T
T
D2
D̂1
Figura 2.21 – Lamina con fibre orientate di un angolo T .
tali relazioni è possibile usare le equazioni di legame ıˆ C݈ , unitamente alle equazioni di
C12 C12 cos 4 T 2 C16 2C26 cos3 T sin T C11 C22 4C66 cos 2 T sin 2 T
C16 C16 cos 4 T C11 C12 2C66 cos3 T sin T 3 C26 C16 cos 2 T sin 2 T
C22 C22 cos 4 T 4C26 cos3 T sin T 2 C12 2C66 cos 2 T sin 2 T
C26 C26 cos 4 T C12 C22 2C66 cos3 T sin T 3 C16 C26 cos 2 T sin 2 T
C33 C33
C66 2 C16 C26 cos3 T sin T C11 C22 2C12 2C66 cos 2 T sin 2 T
C14 C14 cos3 T C15 2C46 cos 2 T sin T C24 2C56 cos T sin 2 T C25 sin 3 T
C15 C15 cos3 T C14 2C56 cos 2 T sin T C25 2C46 cos T sin 2 T C24 sin 3 T
C24 C24 cos3 T C25 2C46 cos 2 T sin T C14 2C56 cos T sin 2 T C15 sin 3 T
C25 C25 cos3 T 2C56 C24 cos2 T sin T C15 2C46 cos T sin 2 T C14 sin 3 T
C46 C46 cos3 T C56 C14 C24 cos 2 T sin T C15 C25 C46 cos T sin 2 T C56 sin 3 T
K16 K16 cos 4 T K11 K12 2 K 66 cos3 T sin T 3 K 26 K16 cos 2 T sin 2 T
K 33 K 33
K 34 K 34 cos T K 35 sin T
K 35 K 35 cos T K 34 sin T
D1
D2
k
h
] k 1 ]k 2
] l 1 ] l ]3
2
1
h
]2
D1 2
]1 hk ] k 1 ] k
costanti elastiche (2.209), (2.212). Per la k -esima lamina, le relazioni (2.208) e (2.211)
possono porsi in forma compatta nel modo seguente:
ık Ckİk (2.216)
k k k
İ K ı (2.217)
dove le equazioni di legame sono definite nel sistema di riferimento del problema.
Qualora la k -esima lamina sia costituita da materiale “functionally graded”, le leggi
esponenziali (2.193) assumono il seguente aspetto:
p p
k § ] k 1 ] k · k § ] k hk ] k 1 ·
VC ¨ ¸ oppure VC ¨ ¸ (2.218)
© hk hk ¹ © hk hk ¹
Q k
] Q Ck Q Mk VC k Q Mk per ] k d ] d ] k 1 (2.219)
Ek ]
Gk ]
2 1 v k ]
Per lo studio dei gusci laminati moderatamente spessi, occorre aggiungere alle ipotesi
fondamentali introdotte dalla teoria del primo ordine, o FSDT, le ipotesi qui di seguito
elencate e riguardanti le assunzioni relative al comportamento meccanico dei materiali
compositi.
1) Le lamine costituenti il laminato sono perfettamente incollate tra di loro e durante la
deformazione non si verificano slittamenti relativi tra le lamine.
2) Il materiale di ogni strato è elastico lineare e risulta omogeneo su superfici parallele
alla superficie di riferimento.
3) Ogni lamina ha spessore uniforme e costante.
4) Gli spostamenti, e di conseguenza le deformazioni, sono infinitesimi.
5) Le tensioni tangenziali agenti sulle superfici inferiore e superiore del laminato sono
nulle.
L’ultima assunzione riflette il fatto che il problema inizialmente tridimensionale viene
trasformato in un problema bidimensionale, definito sulla superficie di riferimento del
guscio laminato, non permettendo di considerare gli sforzi tangenziali sulle superfici
inferiore e superiore del laminato.
In base alle ipotesi della FSDT, è lecito trascurare le componenti di deformazione Hˆn e
di tensione Vˆ n . Per tener conto di queste ipotesi occorre modificare le equazioni costitutive
(2.216). Nel sistema di riferimento del materiale la legge di Hooke (2.167) per la k -esima
lamina anisotropa e monoclina si specializza nella seguente forma:
(k ) (k ) (k )
ª Vˆ1 º ª C11 C12 C16 º ª Hˆ1 º
«Vˆ » «C C26 »» « Hˆ »
« 2» « 12 C22 « 2»
«¬Wˆ12 »¼ «¬C16 C26 C66 »¼ «¬Jˆ12 »¼
Vˆ n ( k ) 0 (2.220)
(k ) (k ) (k )
ªWˆ1n º ªC44 C45 º ª Jˆ1n º
«Wˆ » «C C55 »¼ «Jˆ »
¬ 2n ¼ ¬ 45 ¬ 2n ¼
dove Vˆ1 , Vˆ 2 , Vˆ n sono le componenti di tensione normale lungo le tre direzioni mutuamente
ortogonali del sistema di riferimento del materiale e Hˆ1 , Hˆ2 , Hˆn le corrispondenti componenti
di deformazione, mentre Wˆ1n ,Wˆ2 n ,Wˆ12 sono le tensioni tangenziali e Jˆ1n , Jˆ2 n , Jˆ12 le
Visto che i laminati sono costituiti dalla sovrapposizione di diverse lamine, ognuna
della quali può essere arbitrariamente orientata rispetto al sistema di riferimento del
laminato, le equazioni costitutive di ogni lamina devono essere trasformate nelle
coordinate del problema geometrico. Per la k -esima lamina arbitrariamente orientata si ha:
(k ) (k ) (k )
ªV1 º ª Q11 Q12 Q16 º ª H1 º
«V » « » «H »
« 2» «Q12 Q22 Q26 » « 2»
«¬W 12 »¼ «Q16 Q26 Q66 »¼ «¬J 12 »¼
¬
V n(k ) 0 (2.223)
(k ) (k ) (k )
ªW 1n º ªQ44 Q45 º ª J 1n º
«W » « » «J »
¬ 2n ¼ ¬Q45 Q55 ¼ ¬ 2n ¼
Ricordando le definizioni (2.210), se la k -esima lamina è anisotropa o monoclina, i
coefficienti Qijk risultano definiti nel modo seguente:
Qualora la k -esima lamina sia isotropa omogenea oppure non omogenea lungo lo
spessore, come accade per i “functionally graded materials”, dalle equazioni (2.225) si ha:
k
k k k k E k k Q kEk
Q11 Q11 Q22 Q22 2
, Q12 Q12 2
k k
1 Q 1 Q
k
k k k k k k k E
Q66 Q66 Q44 Q44 Q55 Q55 G k
(2.226)
2 1 Q
k k k k
Q16 Q26 Q45 Q45 0
da cui discendono le relazioni:
(k ) (k ) (k )
ªV1 º ª Q11 Q12 0 º ª H1 º
«V » « » «H »
« 2» «Q12 Q11 0 » « 2»
«¬W 12 »¼ « 0 0 Q66 »¼ «¬J 12 »¼
¬
V n(k ) 0 (2.227)
(k ) (k ) (k )
ªW 1n º ªQ66 0 º ª J 1n º
«W » « » «J »
¬ 2n ¼ ¬ 0 Q66 ¼ ¬ 2n ¼
Si vuol far notare che, a differenza di un materiale isotropo omogeneo, per un materiale
“functionally graded” le costanti ingegneristiche del materiale (2.219) dipendono da ] . Di
conseguenza dalle equazioni (2.226), discende che anche le costanti elastiche Qijk
Sono state determinate le leggi di Hooke per la generica lamina, il cui sistema di
riferimento OcDˆ1Dˆ 2]ˆ è arbitrariamente orientato rispetto al sistema di riferimento del
lunghezza ds2 calcolata mediante la seconda equazione (2.102). Analogamente, una forza
generalizzata agente nella sezione ortogonale alla linea coordinata D 2 per una lunghezza
unitaria di linea parametrica D1 è data dal prodotto tra la componente di tensione ad essa
definite lungo lo spessore del guscio. Per un laminato costituito da l lamine, si ottiene:
] k 1
l § l ] k 1 ·
¦³ V 1ds2 ] d] A2 ¨ ¦ ³ V 1 1 ] R 2 d] ¸ dD 2 { N1 A2 dD 2
¨k 1 ] ¸
(2.229)
k 1 ]k © k ¹
] k 1
l § l ] k 1 ·
¦³ V 2 ds1 ] d ] A1 ¨ ¦ ³ V 2 1 ] R1 d ] ¸ dD1 { N 2 A1dD1
¨k 1 ] ¸
(2.230)
k 1 ]k © k ¹
] k 1
l § l ] k 1 ·
¦³W 12 ds2 ] d] A2 ¨ ¦ ³ W 12 1 ] R 2 d ] ¸ dD 2 { N12 A2 dD 2
¨k 1 ] ¸
(2.231)
k 1 ]k © k ¹
] k 1
l § l ] k 1 ·
¦³ W 21ds2 ] d] A1 ¨ ¦ ³ W 21 1 ] R1 d] ¸ dD1 { N 21 A1dD1
¨k 1 ] ¸
(2.232)
k 1 ]k © k ¹
] k 1
l § l ] k 1 ·
¦³ V 1ds2 ] ] d] A2 ¨ ¦ ³ V 1 1 ] R 2 ] d ]
¨k 1 ]
¸ dD 2 { M 1 A2 dD 2
¸
(2.233)
k 1 ]k © k ¹
] k 1
l § l ] k 1 ·
¦³ V 2 ds1 ] ] d ] A1 ¨ ¦ ³ V 2 1 ] R1 ] d]
¨k 1 ]
¸ dD1 { M 2 A1dD1
¸
(2.234)
k 1 ]k © k ¹
] k 1
l § l ] k 1 ·
¦³W 12 ds2 ] ] d] A2 ¨ ¦ ³ W 12 1 ] R 2 ] d ]
¨k 1 ]
¸ dD 2 { M 12 A2 dD 2
¸
(2.235)
k 1 ]k © k ¹
] k 1
l § l ] k 1 ·
¦³W 21ds1 ] ] d ] A1 ¨ ¦ ³ W 21 1 ] R1 ] d]
¨k 1 ]
¸ dD1 { M 21 A1dD1
¸
(2.236)
k 1 ]k © k ¹
] k 1
l § l ] k 1 ·
¦³ W 1n ds2 ] d] A2 ¨ ¦ ³ W 1n 1 ] R 2 d] ¸ dD 2 { T1 A2 dD 2
¨k 1 ] ¸
(2.237)
k 1 ]k © k ¹
] k 1
l § l ] k 1 ·
¦³ W 2 n ds1 ] d ] A1 ¨ ¦ ³ W 2 n 1 ] R1 d] ¸ dD1 { T2 A1dD1
¨k 1 ] ¸
(2.238)
k 1 ]k © k ¹
dove ] k e ] k 1 determinano la posizione delle facce superiore ed inferiore della k -esima
lamina. Nelle definizioni appena mostrate le espressioni fra parentesi tonde rappresentano
le sollecitazioni interne per unità di lunghezza, nelle rispettive direzioni coordinate. Queste
quantità possono essere definite, in modo alternativo, sfruttando le definizioni di area
infinitesima (2.103) e di lunghezza d’arco (2.102). Le azioni risultanti sono esprimibili
anche nel modo seguente:
] k 1 l ] k 1
l d 62 ]
N1 ¦³
k 1 ]k
V1
ds2 0
¦³V
k 1 ]k
1 1 ] R 2 d] (2.239)
l ] k 1 d 61 ] l ] k 1
N2 ¦³ k 1 ]k
V2
ds1 0
¦³V
k 1 ]k
2 1 ] R1 d] (2.240)
l ] k 1 d 61 ] l ] k 1
N2 ¦³ k 1 ]k
V2
ds1 0
¦³V
k 1 ]k
2 1 ] R1 d] (2.241)
] k 1 l ] k 1
l d 62 ]
N12 ¦³W k 1 ]k
12
ds2 0
¦³W
k 1 ]k
12 1 ] R 2 d] (2.242)
] k 1 l ] k 1
l d 61 ]
N 21 ¦³
k 1 ]k
W 21
ds1 0
¦³W
k 1 ]k
21 1 ] R1 d] (2.243)
l ] k 1 d 62 ] l ] k 1
M1 ¦ ³ V]
k 1 ]k
1
ds2 0
¦³V
k 1 ]k
1 1 ] R 2 ] d] (2.244)
] k 1 l ] k 1
l d 61 ]
M2 ¦³
k 1 ]k
V 2]
ds1 0
¦³V
k 1 ]k
2 1 ] R1 ] d] (2.245)
l ] k 1 d 62 ] l ] k 1
M 12 ¦³
k 1 ]k
W 12]
ds2 0
¦³W
k 1 ]k
12 1 ] R 2 ] d] (2.246)
l ] k 1 d 61 ] l ] k 1
M 21 ¦ ³W
k 1 ]k
21 ]
ds1 0
¦³W
k 1 ]k
21 1 ] R1 ] d ] (2.247)
] k 1 l ] k 1
l d 62 ]
T1 ¦³
k 1 ]k
W 1n
ds2 0
¦³W
k 1 ]k
1n 1 ] R 2 d] (2.248)
] k 1 l ] k 1
l d 61 ]
T2 ¦³W
k 1 ]k
2n
ds1 0
¦³W
k 1 ]k
2n 1 ] R1 d] (2.249)
ª N2 º l ] N 1
ªV 2 º
«N » «W » § 1 ] · d]
« 21 » ¦ ³ « 21 » ¨¨ R ¸¸
«¬ T2 »¼ k 1 ]N
«¬W 2 n »¼ © 1 ¹ (2.250)
l ] N 1
ª M1 º ªV 1 º § ] ·
«M » ¦³ «W » ¨¨1 R ¸¸ ] d]
¬ 12 ¼ k 1 ] N ¬ 12 ¼ © 2 ¹
l ] N 1 V
ª M2 º ª 2º§ ] ·
«M » ¦ ³ «W » ¨¨ 1 R ¸¸ ] d]
¬ 21 ¼ k 1 ] N ¬ 21 ¼ © 1 ¹
Dalle relazioni (2.250), si può notare che la simmetria del tensore degli sforzi ( W 12 W 21 )
non implica necessariamente che le sollecitazioni N12 e N 21 siano uguali tra loro o che lo
siano le azioni risultanti M 12 e M 21 . Ciò accade solo per gusci di rivoluzione caricati in
maniera assialsimmetrica, per il guscio sferico e per le piastre. Tuttavia, dal momento che è
lecito risolvere il problema riferendosi alla superficie media del guscio, le equazioni
(2.250) possono essere specializzate imponendo ] 0 . In altre parole, in base all’ipotesi di
guscio moderatamente spesso, è lecito trascurare i termini del tipo ] R1 , ] R 2 rispetto
ª N1 º l ] N 1
ª Q11 Q12 Q16 º ª H10 ]F1 º
« » « »« »
« N2 » ¦³
k 1
«Q12 Q22 Q26 » « H 20 ]F 2 » d ]
«¬ N12 »¼ ] N «Q16 Q26
¬ Q66 »¼ «¬J 120 ]F12 »¼
ª M1 º l ] N 1
ª Q11 Q12 Q16 º ª H10 ]F1 º
«M » « »« »
« 2» ¦³
k 1
«Q12 Q22 Q26 » « H 20 ]F 2 » ] d ] (2.252)
«¬ M 12 »¼ ] N «Q16 Q26
¬ Q66 »¼ «¬J 120 ]F12 »¼
]
ª T1 º l N 1
ªQ44 Q45 º ª J 1n º
«T » N ¦ ³ « » « » d]
¬ 2¼ k 1 ] N ¬Q45 Q55 ¼ ¬J 2 n ¼
]
Superficie di riferimento o
superficie media
Oc
T1
M 12 T2
M 21
D1
N1 N12
N 21 D2
N2
M1 M2
Figura 2.23 – Caratteristiche della sollecitazione agenti sul piano medio dell’elemento di guscio.
Gli elementi delle matrici A , D e B dipendono dai coefficienti elastici Qijk e sono
un materiale avente una distribuzione esponenziale definita dalla prima legge delle
equazioni (2.218), mentre la sigla FGM 2 indica la seconda distribuzione.
]
H
J
FGM 1
hl E
hl 1 h
hk FGM 2
2
D
h3
D1
h
h2
2
h1
Figura 2.24 – Laminato generico.
]
45
45
90
0
h
30
2
D1 15
h
2
Figura 2.25 – Laminato con lamine orientate.
composto da sette lamine fibro-rinforzate costituite dallo stesso materiale, aventi lo stesso
spessore ed orientate diversamente.
Si definisce laminato con lamine orientate un composito costituito da lamine fibro-
rinforzate con diversa orientazione delle fibre. Come già detto, Le orientazioni di ogni
I laminati con lamine incrociate sono invece quei laminati fibro-rinforzati ove
l’orientazione degli strati può assumere solo i valori T 0q o T 90q . Un esempio di
laminato con sei strati incrociati è: 0 / 90 / 90 / 0 / 0 / 90 (figura 2.26). Le lamine che
]
90
0
0
90
h
90
2
D1 0
h
2
Figura 2.26 – Laminato con lamine incrociate.
Quando la sequenza delle lamine, delle caratteristiche del materiale, della geometria
della struttura (come lo spessore della lamina) sono simmetrici rispetto alla superficie di
riferimento, allora il laminato è detto simmetrico (figura 2.27).
]
90
FGM 1
0
h
FGM 2
2
D1 90
h
2
strati incrociati.
]
15
30
0
h
30 2
D1 15
h
2
]
90
FGM1
30
30
h
FGM 2
2
D1 90
h
2
Le rigidezze del laminato Aij dipendono in genere solamente dallo spessore e dalle
rigidezze delle lamine costituenti, ma non dalla disposizione delle lamine nel laminato. Le
rigidezze Bij e Dij , invece, dipendono dalla rigidezza, dallo spessore delle lamine e dalla
disposizione delle lamine rispetto alla superficie di riferimento. Inoltre, a differenza delle
costanti Aij e Dij , le rigidezze Bij possono assumere valori negativi a seconda dello
lamina avente fibre inclinate di T 0q si trova ad una distanza maggiore dalla superficie
media rispetto al laminato 90 / 0 s .
Ricordando le definizioni (2.226), si ottiene che gli unici coefficienti elastici non nulli
sono:
Eh 1 Q
A11 A22 2
, A12 Q A11 , A44 A55 A66 A11
1 Q 2
(2.256)
Eh3 1 Q
D11 D22 2
, D12 Q D11 , D66 D11
12 1 Q 2
Le equazioni costitutive (2.253) per il caso in esame si possono scrivere nella forma
seguente:
ª A11 Q A11 0 0 0 0 0 0 º
«Q A A 0 0 0 0 0 0 »
ª N1 º « 11 11 » ªH0 º
«N » « 1Q »« 1 »
« 0 0 A11 0 0 0 0 0 » « H 20 »
« 2» 2
« N12 » « »« 0 »
« » « 0 0 0 D11 Q D11 0 0 0 » «J12 »
« M1 » « 0 0 0 Q D11 D11 0 0 0 » « F1 »
« M2 » « » « » (2.257)
« » « 1Q » « F2 »
« 0 0 0 0 0 D11 0 0 » «F »
«M12 » 2
«T » « » « 12 »
« 0 1 Q » «J1n »
« 1 » 0 0 0 0 0 N A11 0
«¬ T2 »¼ « 2 » «J »
« » ¬ 2n ¼
« 0 1Q »
0 0 0 0 0 0 N A11
«¬ 2 »¼
equazioni (2.226), discende che anche le costanti elastiche Qij presentano la stessa
Ricordando le definizioni (2.226), si ottiene che gli unici coefficienti elastici non nulli
sono:
h h
2
E ] 2
Q ] E ]
A11 A22 ³ 1 Q 2
d] , A12 ³ 1 Q 2
d]
h ]
h ]
2 2
h
(2.259)
2
E ]
A44 A55 A66 ³ 2 1 Q d]
h ]
2
h h
2
E ] 2
Q ] E ]
B11 B22 ³ 1 Q 2
] d ] , B12 ³ 1 Q 2
] d]
h ]
h ]
2 2
h
(2.260)
2
E ]
B66 ³ 2 1 Q ] d]
h ]
2
h h
2
E ] 2
2
Q ] E ]
D11 D22 ³ 1 Q 2
] d ] , D12 ³ 1 Q 2
] 2 d]
h ]
h ]
2 2
h
(2.261)
2
E ]
D66 ³ 2 1 Q ] 2 d]
h ]
2
Si vuol far rilevare che, a causa della dipendenza delle costanti ingegneristiche (2.219)
da ] , e quindi della non simmetria del materiale rispetto alla superficie media, le rigidezze
flesso-membranali Bij non sono tutte nulle. Le equazioni costitutive (2.253) per il caso in
possono essere espresse in termini delle costanti Qij e dello spessore h . Ricordando le
da cui si ricava:
Per una lamina ortotropa orientata di un angolo T , in cui il sistema di riferimento del
materiale OcDˆ1Dˆ 2]ˆ non coincide con il sistema di riferimento della lamina OcD1D 2] , le
rigidezze Aij , B ij , D ij possono essere espresse in funzione dei coefficienti Qij e dello
OcDˆ1Dˆ 2]ˆ coincide con il sistema di riferimento del problema OcD1D 2] , le rigidezze
Aij , B ij , D ij possono essere espresse in funzione dei coefficienti Cij del materiale e dello
In entrambi i casi, le equazioni costitutive possono porsi nella stessa forma delle equazioni
(2.267).
Quando le proprietà dei materiali, la geometria del laminato (spessori delle lamine) e lo
schema di laminazione sono simmetrici rispetto alla superficie media, il laminato viene
definito simmetrico (figure 2.27 e 2.28). A causa della simmetria dei coefficienti di
rigidezza di ogni singola lamina Qij ( k ) , delle distanze ] k e degli spessori h k rispetto alla
sono identicamente nulle, con notevole semplificazione delle equazioni che governano il
problema.
Le caratteristiche della sollecitazione per un laminato simmetrico, in generale, hanno la
stessa forma di quelle di un laminato costituito da una singola lamina ortotropa
arbitrariamente orientata (2.267). Per alcuni casi particolari le equazioni costitutive (2.267)
possono essere ulteriormente semplificate.
rispetto alla superficie di riferimento simmetricamente dal punto di vista geometrico e dei
materiali, le espressioni (2.254) si trasformano nel modo seguente:
l ] k 1
k 1 l
Aij ¦³Q
k 1 ]k
ij d] ¦ Qijk ] k 1 ] k
2k1
l ] k 1
k 1 l
Bij ¦³Q ij ] d] ¦ Qijk ] k21 ] k2 0 (2.270)
k 1 ]k 2k1
l ] k 1
k 1 l
Dij ¦³Q
k 1 ]k
ij ] 2 d] ¦ Qijk ] k31 ] k3
3k 1
]
0
90
0
h
90 2
D1 0
h
2
1 l 1 l
D11 D22 ¦ Q11k ] k31 ] k3 , D12
3k 1
¦ Q12k ] k31 ] k3
3k 1
(2.271)
1 l
D66 ¦ Q66k ] k31 ] k3
3k 1
Le equazioni costitutive (2.253) per il caso in esame assumono il seguente aspetto:
ª N1 º ª A11 A12 0 0 0 0 0 0 º ª H10 º
«N » «A A11 0 0 0 0 0 0 »» «« H 20 »»
« 2» « 12
« N12 » « 0 0 A66 0 0 0 0 0 » « J 120 »
« » « »« »
« M1 » « 0 0 0 D11 D12 0 0 0 » « F1 »
(2.272)
« M2 » « 0 0 0 D12 D11 0 0 0 » « F12 »
« » « »« »
« M 12 » « 0 0 0 0 0 D 66 0 0 » « F12 »
« T » « 0 0 0 0 0 0 N A66 0 » « J 1n »
« 1 » « »« »
«¬ T2 »¼ «¬ 0 0 0 0 0 0 0 N A66 »¼ «¬J 2 n ¼»
OcD1D 2] e disposte simmetricamente, sia per quanto riguarda le proprietà dei materiali
che la geometria (spessori delle lamine), rispetto alla superficie media del laminato, è
caratterizzato da rigidezze flesso-membranali Bij nulle. Le espressioni (2.254) assumono
lo stesso aspetto delle (2.270). Dalle equazioni (2.270), ricordando le relazioni (2.222), si
ricava:
l l l
k k k
A11 ¦ Q11 hk , A12
k 1
¦ Q12 hk , A22
k 1
¦Q
k 1
22 hk
l l l
k k k
A66 ¦Q
k 1
66 hk , A44 ¦Q
k 1
44 hk , A55 ¦Q
k 1
55 hk
(2.273)
1 l 1 l
D11 ¦ Q11k ] k31 ] k3 , D12 ¦ Q12k ] k31 ] k3
3k 1 3k 1
1 l 1 l
D22 ¦ Q22k ] k31 ] k3 , D66
3k 1
¦ Q66k ] k31 ] k3
3k 1
Di conseguenza le equazioni costitutive del laminato (2.253) sono definite nella
seguente maniera:
ª N1 º ª A11 A12 0 0 0 0 0 0 º ª H10 º
«N » «A A22 0 0 0 0 0 0 »» «« H 20 »»
« 2» « 12
« N12 » « 0 0 A66 0 0 0 0 0 » « J 120 »
« » « »« »
« M1 » « 0 0 0 D11 D12 0 0 0 » « F1 »
(2.274)
« M2 » « 0 0 0 D12 D 22 0 0 0 » « F2 »
« » « »« »
« M 12 » « 0 0 0 0 0 D 66 0 0 » « F12 »
« T » « 0 0 0 0 0 0 N A44 0 » « J 1n »
« 1 » « »« »
¬« T2 ¼» «¬ 0 0 0 0 0 0 0 N A55 »¼ «¬J 2 n ¼»
arbitrariamente orientate è dato dalla seguente notazione 30 / 603 /155 / 603 / 30 dove il
pedice indica il numero di lamine aventi stessa orientazione e spessore. Altri esempi di
laminati simmetrici sono i laminati incrociati regolari, costituiti da lamine aventi uguale
spessore e materiale, ma orientati in maniera alternata di T 0q e T 90q rispetto al
sistema di riferimento del laminato (figura 2.30). Questi laminati sono formati
necessariamente da un numero dispari di lamine, altrimenti si perderebbe la simmetria
rispetto alla superficie media.
Inoltre, si vuol far notare che, qualora siano presenti lamine di “functionally graded
material”, perché il laminato risulti simmetrico rispetto alla superficie media, occorre che
le coppie di lamine corrispondenti siano caratterizzate dagli stessi costituenti e da leggi
esponenziali simmetriche come riportato nello schema di figura 2.27. Infatti, la lamina al di
sotto della superficie di riferimento è caratterizzata dalla seconda legge esponenziale
FGM 2 , mentre la corrispondente simmetrica dalla prima legge FGM 1 . Il laminato risulta
simmetrico anche invertendo di posizione le due lamine. Invece, nel caso in cui lamine
corrispondenti presentino la stessa legge FGM 1 , il laminato non risulta più simmetrico dal
punto di vista del materiale e gli elementi della matrice di rigidezza d’accoppiamento
flesso-membranale B ij non sono identicamente nulli. In tal caso, le equazioni costitutive
del laminato (2.253) possono porsi nella stessa forma delle equazioni (2.267).
tal caso le costanti elastiche Aij , B ij , D ij possono essere valutate mediante le equazioni
Sebbene i laminati simmetrici siano più semplici da analizzare dal punto di vista
teorico, dato che le equazioni costitutive risultano notevolmente semplificate, in molte
applicazioni essi non forniscono il comportamento meccanico desiderato. Per questo
motivo si ricorre ai laminati antisimmetrici.
Una classe di laminati antisimmetrici è quella costituita dai laminati con un numero pari
di lamine ortotrope, simmetriche rispetto alla superficie di riferimento. Esse devono avere
ugual spessore e materiale e presentare orientazione alternata T / T , con 0q d T d 90q . A
causa dell’antisimmetria dello schema di laminazione (figura 2.31) e della simmetria dello
spessore e del materiale di ogni coppia di lamine, i laminati antisimmetrici sono
caratterizzati da rigidezze flesso-membranali Bij non nulle, presentando invece le rigidezze
]
25
35
65
65
h
35 2
D1 25
h
2
matrice di rigidezza sono tutti nulli tranne le costanti B11 , B22 legate dalla seguente
proprietà:
B22 B11 (2.276)
]
90
0
90
0
h
90 2
D1 0
h
2
]
45
0
25
25
h
90 2
D1 45
h
2
denominati quasi-isotropi.
]
25
45
30
25
h
30 2
D1 45
h
2
]
0
36
72
18
h
54 2
D1 90
h
2
volume e forze di superficie. Le sollecitazioni interne sono applicate lungo i bordi laterali
dell’elemento infinitesimo (figura 2.23). Le forze di volume e le forze di superficie, invece,
agiscono in ogni punto del volume e sulle superfici inferiore e superiore dell’elemento
fondamentale, rispettivamente. Le risultanti degli sforzi interni sono definite per unità di
lunghezza sulla superficie di riferimento. Pertanto, risulta opportuno trasformare anche le
azioni esterne in forze staticamente equivalenti agenti sulla superficie media del guscio.
Dette forze, denominate azioni esterne generalizzate, rappresentano le variabili di sorgente
del problema e permettono di definire le equazioni che governano il comportamento di un
guscio moderatamente spesso. Le equazioni indefinite di equilibrio verranno determinate
seguendo due strade diverse: si sfrutta il principio di Hamilton verificandone i risultati
attraverso il metodo diretto, o dell’equilibrio di un elemento infinitesimo.
]
Superficie di riferimento o
superficie media
Oc
qn
m2
m1
D1 q1
q2
D2
Figura 2.36 – Componenti del vettore delle azioni esterne generalizzate agenti sulla superficie di riferimento.
Il vettore delle forze esterne generalizzate include al suo interno tutti i possibili tipi di
forze di volume e di superficie agenti su una porzione d’area unitaria della superficie di
riferimento. Esso è il vettore algebrico duale del vettore degli spostamenti generalizzati
(2.106). Nel riferimento adottato la sua definizione è fornita dalla seguente scrittura:
T
q D1 , D 2 , t ª¬ q1 q2 qn m1 m 2 º¼ (2.280)
dove q1 , q2 , qn sono le componenti delle azioni esterne (agenti su un’area unitaria della
Le equazioni del moto per un guscio moderatamente spesso possono essere ricavate
attraverso il principio variazionale di Hamilton. Esso è estremamente efficace, in quanto
semplice ed elegante, permettendo di ricavare contemporaneamente sia le equazioni
indefinite di equilibrio che le condizioni naturali o statiche al contorno del problema.
Si consideri come corpo elastico un guscio che cambi continuamente il suo stato tra due
istanti consecutivi t1 e t2 e che sia in equilibrio sotto l’azione del vettore delle forze di
superficie risultino note sulla porzione S p del corpo, mentre gli spostamenti siano imposti
G ³ T 3 dt 0 o ³ G T G 3 dt 0 (2.281)
t1 t1
dove T indica l’energia cinetica del sistema, 3 è l’energia potenziale totale e i termini
G T , G 3 rappresentano le rispettive variazioni. In altre parole, l’equazione (2.281) afferma
che l’integrale tra t1 e t2 della funzione T 3 possiede un valore estremo, che si può
dimostrare essere un minimo. Nel caso in cui il processo sia statico (indipendenza del
problema dal tempo), si ottiene il principio di minimo dell’energia potenziale totale:
G3 0 (2.282)
H Le ³ pT Ud S ³ f T UdV (2.285)
S V
³ G T ) dt ³ G Le dt 0
t1 t1
(2.288)
L’integrale di volume (2.286) può essere riscritto come integrale triplo nelle coordinate
ortogonali del sistema locale OcD1D 2] . Sostituendo al vettore U la sua definizione (2.105)
e sviluppando tutte le operazioni e semplificazioni, l’energia cinetica T in termini di
spostamenti generalizzati (variabili di configurazione) assume il seguente aspetto:
1
I 0 u 12 u 22 w 2 2 I1 u 1E1 u 2 E2 I 2 E12 E2 2 A1 A2 dD1dD 2 (2.289)
2 D³1 D³2
T
dove i termini I 0 , I1 , I 2 prendono il nome di masse inerziali e sono definite nel modo
seguente:
] k 1
l § ] ·§ ] ·
Ii ¦³ U k ] i ¨1 ¸¸ ¨¨1 ¸ d] , i 0,1, 2 (2.290)
¨ R1 ¹ © R 2 ¸¹
k 1 ]k ©
dato che si sta considerando un guscio laminato costituito da l lamine. E’ da notare che,
quando la k -esima lamina è costituita da materiale “functionally graded”, occorre eseguire
l’integrazione lungo lo spessore, vista la dipendenza dalla variabile ] della densità del
k
materiale U ] espressa nell’equazione (2.219). In tutti gli altri casi, le equazioni
(2.290) diventano:
] k 1
l ] k 1 §
k ] ·§ ] · l
k
ª ]2 ]2 ]3 º
I0 ¦³ U ¨¨1 ¸¸ ¨¨1 ¸¸ d ] ¦U «] »
k 1 ]k © R1 ¹ © R 2 ¹ k 1 ¬« 2 R1 2 R 2 3R1 R 2 ¼»
]k
] k 1 ] k 1
l § ] ·§
k ] · l
k
ª] 2 ] 3 ]3 ]4 º
I1 ¦³ U ] ¨1 ¸ ¨1 ¸ d ]
¨ R1 ¸ ¨ R 2 ¸ ¦U « » (2.291)
k 1 ]k © ¹© ¹ k 1 ¬« 2 3R1 3R 2 4 R1 R 2 ¼»] k
] k 1 ] k 1
l § ] ·§
k ] · l
k
ª] 3 ] 4 ]4 ]5 º
I2 ¦³ U ] ¨1 ¸ ¨1 ¸ d]
¨ R1 ¸ ¨ R 2 ¸
2
¦U « »
k 1 ]k © ¹© ¹ k 1 ¬« 3 4 R1 4 R 2 5 R1 R 2 ¼»] k
In maniera analoga, dall’equazione (2.284) dell’energia elastica di deformazione )
risulta la seguente relazione:
§1 ·
) ³ ³³¨ V
D D ] ©2
H ¸ A1 A2 1 ] R1 1 ] R 2 dD1dD 2 d] , i, j 1, 2,3
ij ij
¹
(2.292)
1 2
Avendo ipotizzato che tutte le forze di volume e di superficie agenti sul guscio possono
essere sostituite da forze staticamente equivalenti, ma applicate sulla superficie di
riferimento ] 0 , il lavoro compiuto dalle forze esterne (2.280) per gli spostamenti
(2.106) risulta:
T
Le1 ³ ³ q uds 1 0 ds2 0 ³³ q1u 1 q2u 2 qn w m1E1 m 2 E 2 A1 A2 dD1dD 2 (2.293)
D D 1 2 D1 D 2
dove ds1 0 e ds2 0 sono date dalle equazioni (2.102). Nel definire il lavoro delle forze
esterne occorre tenere in conto che le tensioni agenti nelle zone laterali di confine del
guscio compiono anch’esse lavoro. Si dovrà aggiungere, quindi, il loro contributo al lavoro
Le1 . I contribuiti aggiuntivi sono due: uno relativo ai bordi laterali ad D1 costante e l’altro
Le2 ³³ V 1 U1 W 12 U 2 W 1n W ds2 ] d]
D2 ]
(2.294)
³ N1 u 1 N12 u 2 T1 w M 1 E1 M 12 E 2 A2 dD 2
D2
Le3 ³³ W 21 U1 V 2 U 2 W 2 n W ds1 ] d]
D1 ]
(2.295)
³ N 21 u 1 N 2 u 2 T2 w M 21 E1 M 2 E 2 A1dD1
D1
Le relazioni (2.294) e (2.295) sono state ottenute sostituendo le quantità ds1 ] , ds2 ]
* * *
Di seguito vengono ricavate le espressioni dell’energia cinetica T (2.289), dell’energia elastica di
deformazione ) (2.292) e del lavoro delle forze esterne Le (2.296) precedentemente introdotte. Ricordando
le definizioni (2.102), (2.105) ed il fatto che il guscio in materiale composito è costituito da l lamine, per
quanto riguarda l’energia cinetica T si ha:
1 1
T ³U U T U dV ³ ³ ³ U U U ds
T
1
] ds2 ] d ]
2V 2D 1 D2 ]
1
³ ³ ³ U U U 2 2 W 2 A1 1 ] R 1 A 2 1 ] R 2 dD1 dD 2 d ]
2
1
2D 1 D2 ]
1 2 2
1
³³³U u 21 2] u 1 E1 ] 2 E12 u 22 2] u 2 E2 ] 2 E22 w 2 A1 A2 1 ] R1 1 ] R 2 dD1 dD 2 d ]
2D 1 D2 ]
1
2D³³³U
1 D2 ]
u 21 u22 w 2 A1 A2 1 ] R1 1 ] R 2 dD1 dD 2 d ]
1
³³³ 2U] u 1 E1 u 2 E2 A1 A 2 1 ] R 1 1 ] R 2 dD1 dD 2 d ]
2D 1 D2 ]
1
³ ³ ³ U]
2
E12 E22 A1 A 2 1 ] R 1 1 ] R 2 dD1 dD 2 d ]
2D 1 D2 ]
1 § ·
2D³³ ³
1 D2
¨ U 1 ] R1 1 ] R 2 d ] ¸ u 21 u 22 w 2 A1 A 2 dD1 dD 2
¨
©]
¸
¹
1 § ·
³ ³ 2 ¨¨© ³ U ] 1 ] R1 1 ] R 2 d ] ¸ u 1 E1 u 2 E2 A1 A2 dD1 dD 2
2D ¸
1 D2 ] ¹
1 § · 2
³³ ³ ¨ U] 2 1 ] R1 1 ] R 2 d ] ¸ E1 E22 A1 A 2 dD1 dD 2
2D ¨ ¸
1 D2 ©] ¹
1
³³ I 0 u 21 u 22 w 2 2 I1 u 1 E1 u 2 E2 I 2 E12 E22 A1 A 2 dD1 dD 2
2D 1 D2
] k 1 l ]
§ ] ·§
l
] · § ] ] ]2 ·
k 1
dove: I 0
k 1 ]
¦³U
¨¨1 ¸¸ ¨¨ 1
© R1 ¹ © R 2 ¹
¸¸ d ]
k 1 ]
k
U k ¨1
©
¨ R1 R 2 R1 R 2 ¸¸
¹
d] ¦³
k k
l ] l ]
§ ] ·§ ] ·
k 1
§ ]2 ]2 ]3 ·
k 1
I1
k 1 ]
¦³
U k ] ¨1 ¸ ¨1
¨ R1 ¸ ¨ R 2 ¸
© ¹©
¸
¹
d]
k 1 ]
U k ¨]
¨
©
R1 R 2 R1 R 2 ¸¹
¸ d] ¦³
k k
l ] l ]
§ ] ·§
k 1
] · § ]3 ]3 ]4 ·
k 1
I2
k 1 ]
¦³
U k ] 2 ¨1 ¸¨1
¨ ¸¨
© R 1 ¹© R 2 ¹
¸
¸
d]
k 1 ]
U k ¨] 2
¨
©
R 1 R 2 R1 R 2 ¸¹
¸ d] ¦³
k k
Per quanto riguarda l’energia elastica di deformazione ) , ricordando l’equazione (2.284) risulta:
§1 · §1 ·
) ³ I dV ³³³ ¨© 2 V H
V D1 D 2 ]
ij ij ¸ ds1 ] ds2 ] d ]
¹ ³³³ ¨© 2 V H
D1 D 2 ]
ij ij ¸ A1 1 ] R 1 A 2 1 ] R 2 dD1 dD 2 d ]
¹
1
³³³
D1 D 2 ]
2
V 1H1 V 2H 2 V nH n W 12J 12 W 1nJ 1n W 2 nJ 2 n A1 1 ] R 1 A 2 1 ] R 2 dD1 dD 2 d ]
Per quanto riguarda il lavoro delle forze esterne Le , ricordando le definizioni (2.102) e (2.105), si perviene al
seguente risultato:
³ ³ q U D ,D , 0 ds
T
Le Le Le Le
1 2 3 1 2 1
0 ds2 0
D1 D 2
³³
D2 ]
V 1U1 W 12U 2 W 1nW ds2 ] d ] ³³
D1 ]
W 21U1 V 2U 2 W 2 nW ds1 ] d ]
³ ³ q u ds ³³ ³³
T
1
0 ds2 0 V 1U1 W 12U 2 W 1nW ds2 ] d ] W 21U1 V 2U 2 W 2 nW ds1 ] d ]
D1 D 2 D2 ] D1 ]
³³
D1 D 2
q1u 1 q2 u 2 qn w m 1 E1 m 2 E 2 A1 A 2 dD1 dD 2
³³
D2 ]
V 1 u 1 ]E1 W 12 u 2 ]E 2 W 1n w A 2 1 ] R 2 dD 2 d ]
³³
D1 ]
W 21 u 1 ]E1 V 2 u 2 ]E 2 W 2 n w A1 1 ] R1 dD1 d ]
³³
D1 D 2
q1u 1 q2 u 2 qn w m 1 E1 m 2 E 2 A1 A 2 dD1 dD 2
³
D2
N1 u 1 N12 u 2 T1 w M 1 E1 M 12 E 2 A 2 dD 2 ³
D1
N 21 u 1 N 2 u 2 T2 w M 21 E1 M 2 E 2 A1 dD1
* * *
Sulla base delle definizioni (2.288) e (2.296), il principio di Hamilton può essere
riscritto come segue:
t2 t2
³ G T G ) dt ³ G Le G Le G Le dt 0
1 2 3
(2.297)
t1 t1
Per valutare tutte le variazioni indicate nella relazione (2.297), occorre applicare le
proprietà dell’operazione di variazione.
1) L’operazione di variazione e quella d’integrazione sono commutative. Quindi gli
operatori G e ³ possono scambiarsi di posizione:
GT ³³ I 0 u 1 G u 1 u 2 G u 2 w G w
D1 D 2
(2.301)
I1 E1 G u 1 u 1 GE1 E2 G u 2 u 2 GE2 I 2 E1 GE1 E2 GE2 A1 A2 dD1dD 2
§ wG w A1 A2 ·
T1 ¨ A2 G u 1 A1 A2GE1 ¸
¨ wD1 R1 ¸
© ¹
§ wG w A1 A2 ··
T2 ¨ A1 G u 2 A1 A2GE 2 ¸ ¸ dD1dD 2 (2.303)
¨ wD 2 R2 ¸¸
© ¹¹
In maniera analoga le variazioni dei lavori delle forze esterne (2.293)-(2.295)
ammettono la rappresentazione:
G Le 1 ³³ q1 G u 1 q2 G u 2 qn G w m1 GE1 m 2 GE 2 A1 A2 dD1dD 2 (2.304)
D1 D 2
* * *
Di seguito vengono ricavate le espressioni delle variazioni dell’energia cinetica G T (2.301), dell’energia
elastica di deformazione G ) (2.303) e del lavoro delle forze esterne G Le , G Le , G Le (2.304)-(2.306) 1 2 3
precedentemente introdotte. Per quanto riguarda la variazione dell’energia elastica cinetica G T si ha:
§1 ·
GT G¨ ³³ I 0 u 21 u 22 w 2 2 I1 u 1 E1 u 2 E2 I 2 E 12 E 22 A1 A 2 dD1 dD 2 ¸
¨2D ¸
© 1 D2 ¹
1
³ ³G I 0 u 21 u 22 w 2 2 I1 u 1 E1 u 2 E2 I 2 E 12 E 22 A1 A 2 dD1 dD 2
2D 1 D2
La variazione della densità di energia elastica di deformazione per un corpo elastico assume l’aspetto
§ ·
G) G¨
¨D
©
³³³ I A
1 D2 ]
1
1 ] R 1 A 2 1 ] R 2 d D1 d D 2 d ] ¸
¸
¹
³³³ GI A
D1 D 2 ]
1
1 ] R 1 A 2 1 ] R 2 d D1 d D 2 d ]
³³³
D1 D 2 ]
V 1GH1 V 2GH 2 W 12GJ 12 W 1nGJ 1n W 2 nGJ 2 n A1 1 ] R1 A2 1 ] R 2 dD1 dD 2 d ]
§ § wG u 2 wA 2 · § wG u1 wA1 · ·
³³³
D1 D 2 ]
W 12 ¨ ¨
¨ wD
©© 1
A2 G u 2
w D
¸ 1 ] R2 ¨
1 ¹ © wD 2
A1 G u 1
wD2 ¹
¸ 1 ] R1 ¸¸ dD1 dD 2 d ]
¹
§ § wGE 2 wA2 · § wGE1 wA1 · ·
³ ³ ³W
D1 D 2 ]
12
] ¨¨
¨
© © wD1
A 2 GE 2 ¸ 1 ] R2 ¨
wD1 ¹ © wD 2
A1 GE1 ¸ 1 ] R1 ¸¸ dD1 dD 2 d ]
wD 2 ¹ ¹
§ 1 wG w G u 1 ·
³ ³ ³W
D1 D 2 ]
1n ¨¨
A
© 1 wD 1
R 1
GE1 ¸ A1 A 2 1 ] R 2 dD1 dD 2 d ]
¸
¹
§ 1 wG w G u 2 ·
³ ³ ³W
D1 D 2 ]
2n ¨¨
© A 2 wD 2
R2
GE 2 ¸ A1 A 2 1 ] R1 dD1 dD 2 d ]
¸
¹
§ § wG u 1 wA1 A1 A2 · § wGE1 wA1 ··
³ ³ ¨¨© N ¨¨© A
D1 D 2
1 2
wD1
wD 2
Gu2
R1
G w ¸ M 1 ¨ A2
¸
¹ ©
wD1 wD 2
GE 2 ¸ ¸ dD1 dD 2
¹ ¸¹
§ § wu 2 wA 2 A1 A2 · § wGE 2 wA2 ··
³ ³ ¨©¨ N ¨©¨ A wD
D1 D 2
2 1
2
wD1
G u1
R2
G w ¸ M 2 ¨ A1
¸
¹ ©
wD 2 wD1
GE1 ¸ ¸ dD1 dD 2
¹ ¸¹
§ § wG u 2 wA1 · § wG u 1 wA 2 ··
³³
D1 D 2
¨¨ N12 ¨
© © wD 1
A2 G u 1
wD2
¸ N 21 ¨
¹ © wD 2
A1 G u 2
wD1
¸ ¸¸ dD1 dD 2
¹¹
§ § wGE 2 wA1 · § wGE1 wA 2 · ·
³ ³ ¨¨© M
D1 D 2
12 ¨
© wD 1
A 2 GE1
wD
¸ M 21 ¨
2 ¹ © wD 2
A1 GE 2 ¸ ¸ d D1 d D 2
wD1 ¹ ¸¹
§ wG w A1 A 2 ·
³ ³ T ¨¨© A
D1 D 2
1 2
wD1
R1
G u 1 A1 A2GE1 ¸ dD1 dD 2
¸
¹
§ wG w A1 A 2 ·
³ ³ T ¨¨© A
D1 D 2
2 1
wD 2
R2
G u 2 A1 A2GE 2 ¸ dD1 dD 2
¸
¹
Per quanto riguarda la variazione del lavoro compiuto dalle forze esterne G Le , G Le , G Le si ha: 1 2 3
G Le G Le G Le G Le
1 2 3
³³
D1 D 2
G q1u 1 q2 u 2 qn w m 1 E1 m 2 E 2 A1 A 2 dD1 dD 2
³ ³G
D2 ]
V 1 u 1 ]E1 W 12 u 2 ]E 2 W 1n w A 2 1 ] R 2 dD 2 d ]
³ ³G
D1 ]
W 21 u 1 ]E1 V 2 u 2 ]E 2 W 2 n w A1 1 ] R1 dD1 d ]
³³
D1 D 2
q1G u 1 q2G u 2 qnG w m 1GE1 m 2GE 2 A1 A 2 dD1 dD 2
³
D2
N1 G u 1 N12 G u 2 T1 G w M 1 GE1 M 12 GE 2 A 2 dD 2
³
D1
N 21 G u 1 N 2 G u 2 T2 G w M 21 GE1 M 2 GE 2 A1 dD1
* * *
2 t
I1u1 I 2 E1 GE1 I1u2 I 2 E2 GE 2 A1 A2 dD1dD 2
t1
(2.308)
t2
Il primo temine risulta identicamente nullo, visto che per ipotesi, gli spostamenti virtuali
generalizzati vengono assunti nulli negli istanti di tempo t1 , t2 . In altre parole, si sta
§ w T1 A2 w T2 A1 § N1 N 2 · ·
¨ ¨ ¸ A1 A2 ¸ G w
¨ wD1 wD 2 ¨ R1 R 2 ¸ ¸
© © ¹ ¹
§ w M 1 A2 w M 21 A1 wA1 wA2 ·
¨ M 12 M2 T1 A1 A2 ¸ GE1
¨ wD1 wD 2 wD 2 wD1 ¸
© ¹
§ w M 12 A2 w M 2 A1 wA2 wA1 · ·
¨ M 21 M1 T2 A1 A2 ¸ GE 2 ¸ dD1dD 2 dt
¨ wD1 wD 2 wD1 wD 2 ¸ ¸
© ¹ ¹
t2
t2
Integrando nell’intervallo temporale >t1 , t2 @ le variazioni dei lavori G Le1 , G Le2 , G Le3
³ G Le dt
t1
1 ³ D³ D³
t1
q1 G u 1 q2 G u 2 qn G w m1 GE1 m 2 GE 2 A1 A2 dD1dD 2 dt (2.310)
1 2
t2 t2
³ G Le dt
t1
2 ³ D³
t1
N1 G u 1 N12 G u 2 T1 G w M 1 GE1 M 12 GE 2 A2 dD 2 dt (2.311)
2
t2 t2
³G L
t1
e3 dt ³ D³
t1
N 21 G u 1 N 2 G u 2 T2 G w M 21 GE1 M 2 GE 2 A1dD1dt (2.312)
1
* * *
Di seguito vengono ricavate le espressioni dell’energia cinetica T (2.308) e dell’energia elastica di
deformazione ) (2.309) sopra riportate. Partendo dall’energia cinetica T e ricordando che gli spostamenti
virtuali generalizzati vengono assunti nulli negli istanti di tempo t1 , t2 , si ha:
t2 t2
§ t2
§ § t t
t t2 t
·
2 2
¨ I 0 ¨ u 1G u 1 u1G u 1 dt u 2G u 2 u2G u 2 dt w G w t w
³³ ³ ³ ³
2 2
G wdt ¸ 2
¨ ¨ t 1 t t 1 ¸ 1
D1 D 2 © © t t 1 t ¹
1 1
§ t t
t2
t
t
t 2
t
t
· 2 2
³ ³ ³ ³
2 2
¨ t 1 t 1 1 ¸ 1
© t t 1 t 1 t ¹ 1 1
§ t
t
t
t 2
·· 2
¨
©
t
t
t
t
1
³
1
¸¸
¹¹
1
³
1
§ § t 2
· § t 2
·
³³ ¨ I 0 ¨ u1G u 1 u2G u 2 w
³ G w dt ¸ I1 ¨
³ E1G u 1 u1GE1 E2G u 2 u2GE 2 dt ¸
¨ ¨ t ¸ ¨ t ¸
D1 1
D
© ©2 1 ¹ © 1 ¹
§ t 2
··
I 2 ¨ E1GE1 E2GE 2 dt ¸ ¸ A1 A 2 dD1 dD 2
³
¨ t ¸¸
© 1 ¹¹
t2
§ w M 1 A2 · wA1
¨ M 1 A 2GE1 dD 2
³ ³³ GE1 dD1 dD 2 ¸ ³³M 1
GE 2 dD1 dD 2
¨D wD1 ¸ wD 2
© 2 D 1 D2 ¹ D1 D 2
§ w N 2 A1 · wA 2 A1 A 2
¨ N 2 A1G u 2 dD1
³ ³³ G u 2 d D1 d D 2 ¸ ³³N 2
G u 1 d D1 d D 2 ³³N 2
G wdD1 dD 2
¨D wD 2 ¸ wD1 R2
© 1 D 1 D2 ¹ D1 D 2 D1 D 2
§ w M 2 A1 · wA 2
¨ M 2 A1GE 2 dD1
³ ³³ GE 2 dD1 dD 2 ¸ ³³M 2
GE1 dD1 dD 2
¨D wD 2 ¸ wD1
© 1 D 1 D2 ¹ D1 D 2
§ w N12 A 2 · wA1
¨ N12 A 2G u 2 dD 2
³ ³³ G u 2 d D1 d D 2 ¸ ³³N 12
G u 1 d D1 d D 2
¨D wD1 ¸ wD 2
© 2 D 1 D2 ¹ D1 D 2
§ w N 21 A1 · wA 2
¨ N 21 A1G u 1 dD1
³ ³³ G u 1 d D1 d D 2 ¸ ³³N 21
G u 2 d D1 d D 2
¨D wD 2 ¸ wD1
© 1 D 1 D2 ¹ D1 D 2
§ w M 12 A 2 · wA1
¨ M 12 A 2GE 2 dD 2
³ ³³ GE 2 dD1 dD 2 ¸ ³³M 12
GE1 dD1 dD 2
¨D wD1 ¸ wD 2
© 2 D 1 D2 ¹ D1 D 2
§ w M 21 A1 · wA 2
¨ M 21 A1GE1 dD1
³ ³³ GE1 dD1 dD 2 ¸ ³³M 21
GE 2 dD1 dD 2
¨D wD 2 ¸ wD1
© 1 D 1 D2 ¹ D1 D 2
§ w T1 A 2 · A1 A 2
¨ T1 A 2G wdD 2
³ ³³ G wdD1 dD 2 ¸ ³ ³T 1
G u 1 d D1 d D 2 ³ ³ T A A GE dD dD
1 1 2 1 1 2
¨D wD1 ¸ R1
© 2 D 1 D2 ¹ D1 D 2 D1 D 2
§ w T2 A1 · A1 A 2 ·
¨ T2 A1G wdD1 G wdD1 dD 2 ¸ ¸ dt
¨D
©
³ ³³ wD 2 ¸
¹
³ ³T 2
R2
G u 2 d D1 d D 2 ³ ³ T A A GE dD dD
2 1 2 2 1 2
¸
1 D 1 D2 D1 D 2 D1 D 2
¹
t2 §§ w N A w N 21 A1 wA1 wA 2 A1 A 2 ·
³³ ³ ¨¨ ¨©¨
1 2
N12 N2 T1 ¸G u1
wD1 wD 2 wD 2 wD1 R1 ¸
t1 D 1 D 2
© ¹
§ w N12 A 2 w N 2 A1 wA 2 wA1 A1 A 2 ·
¨ N 21 N1 T2 ¸G u 2
¨ wD1 wD 2 wD1 wD 2 R2 ¸
© ¹
§ w T1 A 2 w T2 A1 § N1 N 2 · ·
¨ ¨ ¸ A1 A 2 ¸ G w
¨ wD1 wD 2 ¨ ¸ ¸
© © R1 R 2 ¹ ¹
§ w M 1 A2 w M 21 A1 wA1 wA 2 ·
¨ M 12 M2 T1 A1 A 2 ¸ GE1
¨ wD1 wD 2 wD 2 wD1 ¸
© ¹
§ w M 12 A 2 w M 2 A1 wA 2 wA1 · ·
¨ M 21 M1 T2 A1 A 2 ¸ GE 2 ¸ dD1 dD 2 dt
¨ wD1 wD 2 wD1 wD 2 ¸ ¸
© ¹ ¹
t2
³³
t1 D 1
N 21G u 1 N 2G u 2 T2G w M 21GE1 M 2GE 2 A1 dD1 dt
t2
³³
t1 D 2
N1G u 1 N12G u 2 T1G w M 1GE1 M 12GE 2 A 2 dD 2 dt
* * *
Una volta esplicitati tutti i termini che compaiono nell’equazione (2.297), è possibile
scrivere in forma estesa il principio di Hamilton. Effettuando la sostituzione degli integrali
(2.308), (2.309) e (2.310)-(2.312) nell’espressione (2.297) e raccogliendo si perviene al
risultato:
t2 § § w N1 A2 w N 21 A1 wA1 wA2 A1 A2 ·
³ D³ D³ ¨¨ N12 N2 T1 q1 I 0u1 I1E1 A1 A2 ¸ G u 1
¨ ¨ wD1 wD 2 wD 2 wD1 R1 ¸
t1 1 2 ©© ¹
§ w T1 A2 w T2 A1 § N1 N 2 · ·
¨ ¨ ¸ A1 A2 ¸ G w
A1 A2 qn I 0 w
¨ wD1 wD 2 ¨ R1 R 2 ¸ ¸
© © ¹ ¹
§ w M 1 A2 w M 21 A1 wA1 wA2 ·
¨ M 12 M2 T1 A1 A2 m1 I1u1 I 2 E1 A1 A2 ¸ GE1
¨ wD1 wD 2 wD 2 wD1 ¸
© ¹
§ w M 12 A2 w M 2 A1 wA2
¨ M 21
¨ wD1 wD 2 wD1
©
wA1 · ·
M1 T2 A1 A2 m 2 I1u2 I 2 E2 A1 A2 ¸ GE 2 ¸ dD1dD 2 dt
wD 2 ¸
¹ ¹
t2
³ ³ N 21 N 21 G u 1 N 2 N 2 G u 2 T2 T2 G w
t1 D1
M 21 M 21 GE1 M 2 M 2 GE 2 A1dD1dt
t2
³ ³ N1 N1 G u 1 N12 N12 G u 2 T1 T1 G w
t1 D 2
M 1 M 1 GE1 M 12 M 12 GE 2 A2 dD 2 dt 0 (2.313)
w N1 A2 w N 21 A1 wA1 wA2 A1 A2
N12 N2 T1 q1 A1 A2 A1 A2 I 0u1 I1E1
wD1 wD 2 wD 2 wD1 R1
w T1 A2 w T2 A1 §N N ·
¨ 1 2 ¸ A1 A2 qn A1 A2
A1 A2 I 0 w
wD1 wD 2 ¨ R1 R 2 ¸
© ¹
w M 1 A2 w M 21 A1 wA1 wA2
M 12 M2 T1 A1 A2 m1 A1 A2 A1 A2 I1u1 I 2 E1
wD1 wD 2 wD 2 wD1
w M 12 A2 w M 2 A1 wA2 wA1
M 21 M1 T2 A1 A2 m 2 A1 A2 A1 A2 I1u2 I 2 E2 (2.314)
wD1 wD 2 wD1 wD 2
Si vuol far rilevare che le cinque equazioni (2.314) non riflettono ancora le due ipotesi
di simmetria delle caratteristiche della sollecitazione N12 N 21 e M 12 M 21 . Esiste una
sesta equazione indefinita di equilibrio deducibile dall’annullamento dei momenti attorno
alla normale all’elemento infinitesimo. Quest’ultima equazione non discende dal principio
di Hamilton e risulta identicamente soddisfatta in base all’ipotesi introdotte ed al modello
cinematico assunto:
M 21 M 12
N 21 N12 0 (2.315)
R2 R1
Nella forma attuale l’equazione (2.315) non è verificata, se non per gusci sferici
( R1 R 2 ), per piastre ( R1 R2 f ) e per gusci di rivoluzione caricati in maniera assial-
³ 1 ] R1 1 ] R 2 W 12 W 21 d] 0 (2.316)
]
L’equazione (2.316) risulta verificata per la simmetria del tensore degli sforzi
( W 12 W 21 ). Si vuol far rilevare che questo risultato discende dal modello cinematico
adottato (2.105). Infatti, è stata trascurata la rotazione attorno alla normale n . Pertanto,
l’equilibrio alla rotazione attorno alla normale n deve essere identicamente soddisfatto.
Per quanto esposto, il comportamento di un guscio moderatamente spesso in materiale
anisotropo è completamente definito dalle cinque equazioni del moto (2.314). Le prime tre
equazioni (2.314) rappresentano l’equilibrio lungo le tangenti t1 , t 2 alle linee coordinate
N2 N2 G u 2 0 N1 N1 G u 1 0
N 21 N 21 G u 1 0 N12 N12 G u 2 0
T2 T2 G w 0 T1 T1 G w 0 (2.317)
M 2 M 2 GE 2 0 M 1 M 1 GE1 0
M 21 M 21 GE1 0 M 12 M 12 GE 2 0
N1 N1 oppure u1 u1
N12 N12 oppure u2 u2
T1 T1 oppure w w (2.318)
M1 M1 oppure E1 E1
M 12 M 12 oppure E2 E2
mentre su un bordo ad D 2 costante risultano:
N 21 N 21 oppure u1 u1
N2 N2 oppure u2 u2
T2 T2 oppure w w (2.319)
M 21 M 21 oppure E1 E1
M2 M2 oppure E2 E2
superfici poste ad una distanza h l’una rispetto all’altra, oltre che da quattro sezioni
perpendicolari alla superficie di riferimento nelle direzioni coordinate D1 , D 2 .
Si supponga che sull’elemento infinitesimo agiscano tutte le componenti delle azioni
esterne rappresentate dal vettore delle azioni esterne generalizzate q D1 , D 2 , t e dalle varie
componenti della sollecitazione interna applicate sulle facce laterali lungo i bordi della
superficie di riferimento. Si considerino anche le sollecitazioni indotte dalle forze inerziali
associate alle varie componenti di spostamento generalizzato. L’elemento descritto e
corredato da tutte le azioni considerate è riportato nelle figure 2.37, 2.38 e 2.39.
ds1 0
ds2 0
T2 ]
N2 N 21
Oc T1
N12
wT1 N1
T1 dD1
wD1
wT2
T2 dD 2
D1 wN12 wD 2
N12 dD 1
wD1 wN 21
N 21 dD 2
wD 2
wN1
w ds2 N1 dD 1 D2
ds2 dD1 wD1
wD1 R2 R1
wN 2
N2 dD 2
wD 2
dK w ds1
ds1 dD 2
wD 2
d\
d\ *
dK *
Nella prima sono riportati gli sforzi di membrana e di taglio, nella seconda le coppie
interne flettenti e torcenti e nella terza i carichi esterni unitamente alle forze inerziali.
Le caratteristiche di sollecitazione sono applicate sulla superficie di riferimento
dell’elemento di guscio ed i rispettivi incrementi sono rappresentati sulle facce di normale
positiva. Le azioni interne sono definite per unità di lunghezza dell’arco posto sulla
superficie di riferimento e le loro definizioni sono riportate nelle equazioni (2.250). Come
assunto in precedenza, l’elemento fondamentale viene sostituito dalla superficie media e
tutte le azioni agenti sono riferite ad essa. L’elemento infinitesimo è individuato da quattro
archi di curva posti sulla superficie di equazione ] 0 , e la loro estensione può essere
definita sfruttando le equazioni (2.102). Gli archi di curva lungo le linee coordinate D1 , D 2
presenteranno un incremento infinitesimo rispetto ad essi. Per ogni arco di curva in parola
è possibile definire la rispettiva apertura angolare. Siano dK , d\ le due aperture lungo le
ds1 0
ds2 0
]
M 21
M2 Oc
M1
M 12
D1 wM 1
M1 dD1 wM 2
wD1 M2 dD 2
wD 2
wM 12
M 12 dD 1 D2
w ds2 wD1
ds2 dD 1 R2 R1
wD1 wM 21
M 21 dD 2
wD 2
dK w ds1
ds1 dD 2
d\ wD 2
d\ *
dK *
ds1 0
ds2 0
]
Oc
I 0u2 qn
I 2 E2
I 2 E1 I 0u1
m2
D1 m1
q1
q2
I0w
w ds2 D2
ds2 dD1
wD1 R2 R1
dK w ds1
ds1 dD 2
d\ wD 2
d\ *
dK *
Figura 2.39 – Elemento fondamentale sollecitato dai carichi esterni e dalle azioni inerziali.
somma tra il prodotto delle lunghezze ds1 , ds2 ed altre quantità di ordine superiore che
possono essere trascurate. L’area in parola può essere valutata attraverso il prodotto
ds1 ds2 in modo del tutto lecito, visto che gli incrementi di lunghezza sono infinitesimi. A
questo punto è possibile studiare attraverso il metodo diretto l’equilibrio dell’elemento
infinitesimo. Di seguito, si scrivono gli equilibri alla traslazione lungo le tre direzioni
coordinate D1 , D 2 , ] e gli equilibri alla rotazione attorno agli assi coordinati D1 , D 2 , ] .
ds2 0 B
Oc D2
J1
wN 2
J1 N2 dD 2
ds1 0 wD 2
w ds1
wN 21 ds1 dD 2
N 21 dD 2 wD 2
wD 2
A
J1 w ds1
J2 dD 2
wN12 wD 2
J2 N12 dD 1
wD1 C
J2
D1 wN1
N1 dD 1 w ds2
wD1 dD1
wD1
w ds2
ds2 dD 1
wD1
Figura 2.40 – Interpretazione planimetrica dell’elemento infinitesimo.
dK § wN ·§ wds2 · dK *
N1ds2 cos ¨ N1 1 dD1 ¸ ¨ ds2 dD1 ¸ cos N 21ds1
2 © wD1 ¹© wD1 ¹ 2
§ wN ·§ wds1 · § wN ·§ wds1 ·
¨ N 21 21 dD 2 ¸ ¨ ds1 dD 2 ¸ ¨ N 2 2 dD 2 ¸ ¨ ds1 dD 2 ¸ sin J 1
© wD 2 ¹© wD 2 ¹ © wD 2 ¹© wD 2 ¹
§ wN ·§ wds2 · dK
¨ N12 12 dD1 ¸ ¨ ds2 dD1 ¸ sin J 2 T1ds2 sin
© wD 1 ¹© wD 1 ¹ 2
§ wT ·§ wds2 · dK *
¨ T1 1 dD1 ¸ ¨ ds2 dD1 ¸ sin q1 I 0u1 I1E1 ds1ds2 0 (2.322)
© wD1 ¹© wD1 ¹ 2
w N1 A2 w N 21 A1 wA1 wA2 A1 A2
N12 N2 T1 q1 A1 A2 A1 A2 I 0u1 I1E1 (2.323)
wD1 wD 2 wD 2 wD1 R1
d\ § wN ·§ wds1 · d\ *
N 2 ds1 cos ¨ N 2 2 dD 2 ¸¨ ds1 dD 2 ¸ cos N12 ds2
2 © wD 2 ¹© wD 2 ¹ 2
§ wN ·§ wds2 · § wN ·§ wds2 ·
¨ N12 12 dD1 ¸ ¨ ds2 dD1 ¸ ¨ N1 1 dD1 ¸ ¨ ds2 dD1 ¸ sin J 2
© wD1 ¹© wD1 ¹ © wD1 ¹© wD1 ¹
§ wN ·§ wds1 · d\
¨ N 21 21 dD 2 ¸ ¨ ds1 dD 2 ¸ sin J 1 T2 ds1 sin
© wD 2 ¹© wD 2 ¹ 2
§ wT ·§ wds1 · d\ *
¨ T2 2 dD 2 ¸ ¨ ds1 dD 2 ¸ sin q2 I 0u2 I1E2 ds1ds2 0 (2.324)
© wD 2 ¹© wD 2 ¹ 2
dK § wN ·§ wds2 · dK * d\
N1ds2 sin ¨ N1 1 dD1 ¸ ¨ ds2 dD1 ¸ sin N 2 ds1 sin
2 © wD1 ¹© wD 1 ¹ 2 2
§ wN ·§ wds1 · d\ * dK
¨ N 2 2 dD 2 ¸ ¨ ds1 dD 2 ¸ sin T1ds2 cos
© wD 2 ¹© wD 2 ¹ 2 2
§ wT ·§ wds2 · dK * d\
¨ T1 1 dD1 ¸ ¨ ds2 dD1 ¸ cos T2 ds1 cos
© wD1 ¹© wD1 ¹ 2 2
§ wT ·§ wds1 · d\ *
¨ T2 2 dD 2 ¸ ¨ ds1 dD 2 ¸ cos ds1ds2
qn I 0 w 0 (2.326)
© wD 2 ¹© wD 2 ¹ 2
w T1 A2 w T2 A1 §N N ·
¨ 1 2 ¸ A1 A2 qn A1 A2
A1 A2 I 0 w (2.327)
wD1 wD 2 ¨ R1 R 2 ¸
© ¹
§ wM 1 ·§ wds2 ·
M 1ds2 ¨ M 1 dD1 ¸ ¨ ds2 dD1 ¸ M 21ds1
© wD 1 ¹© wD 1 ¹
§ wM 21 ·§ wds1 · § wM 2 ·§ wds1 ·
¨ M 21 dD 2 ¸ ¨ ds1 dD 2 ¸ ¨ M 2 dD 2 ¸ ¨ ds1 dD 2 ¸ sin J 1
© wD 2 ¹© wD 2 ¹ © wD 2 ¹© wD 2 ¹
§ wM 12 ·§ wds2 · ds dK
¨ M 12 dD1 ¸ ¨ ds2 dD1 ¸ sin J 2 T1ds2 1 cos
© wD 1 ¹© wD 1 ¹ 2 2
§ wT ·§ wds2 · ds dK *
¨ T1 1 dD1 ¸ ¨ ds2 dD1 ¸ 1 cos m1 I1u1 I 2 E1 ds1ds2 0 (2.328)
© wD1 ¹© wD1 ¹ 2 2
w M 1 A2 w M 21 A1 wA1 wA2
M 12 M2 T1 A1 A2 m1 A1 A2 A1 A2 I1u1 I 2 E1 (2.329)
wD1 wD 2 wD 2 wD1
§ wM 2 ·§ wds1 ·
M 2 ds1 ¨ M 2 dD 2 ¸ ¨ ds1 dD 2 ¸ M 12 ds2
© wD 2 ¹© wD 2 ¹
§ wM 12 ·§ wds2 · § wM 1 ·§ wds2 ·
¨ M 12 dD1 ¸ ¨ ds2 d D1 ¸ ¨ M 1 dD1 ¸ ¨ ds2 dD1 ¸ sin J 2
© wD 1 ¹© wD 1 ¹ © wD 1 ¹© wD 1 ¹
§ wM 21 ·§ wds1 · ds d\
¨ M 21 dD 2 ¸ ¨ ds1 dD 2 ¸ sin J 1 T2 ds1 2 cos
© wD 2 ¹© wD 2 ¹ 2 2
§ wT ·§ wds1 · ds d\ *
¨ T2 2 dD 2 ¸ ¨ ds1 dD 2 ¸ 2 cos m 2 I1u2 I 2 E2 ds1ds2 0 (2.330)
© wD 2 ¹© wD 2 ¹ 2 2
ds1 § wN ·§ wds2 · ds ds
N12 ds2 ¨ N12 12 dD1 ¸ ¨ ds2 dD1 ¸ 1 N 21ds1 2
2 © wD1 ¹© wD 1 ¹ 2 2
§ wN ·§ wds1 · ds dK
¨ N 21 21 dD 2 ¸ ¨ ds1 dD 2 ¸ 2 M 12 ds2 sin
© wD 2 ¹© wD 2 ¹ 2 2
§ wM 12 ·§ wds2 · dK * d\
¨ M 12 dD1 ¸ ¨ ds2 dD1 ¸ sin M 21ds1 sin
© wD1 ¹© wD1 ¹ 2 2
§ wM 21 ·§ wds1 · d\ *
¨ M 21 dD 2 ¸¨ ds1 dD 2 ¸ sin 0 (2.332)
© wD 2 ¹© wD 2 ¹ 2
* * *
Vengono di seguito dimostrate le sei equazioni indefinite di equilibrio (2.314)-(2.315) ottenute per via
diretta.
dK § wN ·§ wds2 · dK * § wN ·§ wds1 ·
N1 ds2 cos ¨ N1 1 dD1 ¸¨ ds2 dD1 ¸ cos N 21 ds1 ¨ N 21 21 dD 2 ¸ ¨ ds1 dD 2 ¸
2 © wD1 ¹© wD 1 ¹ 2 © wD 2 ¹© wD 2 ¹
§ wN ·§ wds1 · § wN ·§ wds2 · dK
¨ N 2 2 dD 2 ¸ ¨ ds1 dD 2 ¸ sin J 1 ¨ N12 12 dD1 ¸ ¨ ds2 dD1 ¸ sin J 2 T1 ds2 sin
© wD 2 ¹© wD 2 ¹ © wD 1 ¹© wD 1 ¹ 2
§ wT ·§ wds2 · dK *
¨ T1 1 dD1 ¸¨ ds2 dD1 ¸ sin q1 I 0 u1 I1 E1 ds1 ds2 0
© wD1 ¹© wD1 ¹ 2
§ wds2 wN · § wds1 wN · § wN · wds2
¨ N1 dD1 1 dD1 ds2 ¸ ¨ N 21 dD 2 21 dD 2 ds1 ¸ ¨ N 2 2 dD 2 ¸ d D1
© wD 1
wD 1 ¹ © wD 2
wD 2 ¹ © wD 2 ¹ wD1
§ wN · wds1 § wds2 wT · dK
¨ N12 12 dD1 ¸ dD 2 ¨ 2T1 ds2 T1 dD1 1 dD1 ds2 ¸ q1 I 0 u1 I1 E1 ds1 ds2 0
© wD 1
w
¹ 2D © wD 1
wD 1 ¹ 2
§ wds2 wN1 · § wds1 wN 21 · wds2 wN wds2 wds1
¨ N1 ds2 ¸ dD1 ¨ N 21 ds1 ¸ dD 2 N 2 d D1 2 dD1 dD 2 N12 dD 2
© wD 1
wD 1 ¹ © wD 2
wD 2 ¹ wD 1
wD 2
wD 1
wD 2
wN12 wds1 § § wds2 wT1 · · ds
dD1 dD 2 ¨ 2T1 ds2 ¨ T1 ds2 ¸ dD1 ¸ 1 q1 I 0 u1 I1 E1 ds1 ds2 0
wD1 wD 2 ¨ wD wD ¸ 2R
© © 1 1 ¹ ¹ 1
w N1 ds2 w N 21 ds1 wds2 wN wds2 wds1
d D1 dD 2 N 2 d D1 2 dD1 dD 2 N12 dD 2
wD1 wD 2 wD1 wD 2 wD1 wD 2
wN12 wds1 ds ds w T1 ds2 ds
dD1 dD 2 T1 1 2 dD1 1 q1 I 0 u1 I1 E1 ds1 ds2 0
wD1 wD 2 R1 wD1 2 R1
w N1 A2 w N 21 A1 wA2 wA1
d D1 d D 2 d D1 d D 2 N 2 dD1 dD 2 N12 d D1 d D 2
wD1 wD 2 wD1 wD 2
A1 A 2
T1 dD1 dD 2 q1 I 0 u1 I1 E1 A1 A 2 dD1 dD 2 0
R1
w N1 A 2 w N 21 A1 wA 2 wA1 A1 A 2
N2 N12 T1 q1 A1 A 2 A1 A 2 I 0 u1 I1 E1
wD1 wD 2 wD1 wD 2 R1
w N 2 A1 w N12 A 2 wA1 wA 2
d D1 d D 2 dD1 dD 2 N1 dD1 dD 2 N 21 d D1 d D 2
wD 2 wD1 wD 2 wD1
A1 A 2
T2 dD1 dD 2 q2 I 0 u2 I1 E2 A1 A 2 dD1 dD 2 0
R2
w N 2 A1 w N12 A 2 wA1 wA 2 A1 A 2
N1 N 21 T2 q2 A1 A 2 A1 A 2 I 0 u2 I1 E2
wD 2 wD1 wD 2 wD1 R2
w M 1 A2 w M 21 A1 wA2 wA1
M2 M 12 T1 A1 A2 m 1 A1 A 2 A1 A2 I1u1 I 2 E1
wD1 wD 2 wD1 wD 2
w M 2 A1 w M 12 A 2 wA1 wA 2
M1 M 21 T2 A1 A 2 m 2 A1 A 2 A1 A 2 I1u 2 I 2 E2
wD 2 wD1 wD 2 wD 1
dK § wM 12 ·§ wds2 · dK * d\
M 12 ds2 sin ¨ M 12 dD1 ¸ ¨ ds2 dD1 ¸ sin M 21 ds1 sin
2 © wD1 ¹© wD 1 ¹ 2 2
*
§ wM 21 ·§ wds1 · d\
¨ M 21 dD 2 ¸ ¨ ds1 dD 2 ¸ sin 0
© wD 2 ¹© wD 2 ¹ 2
§ wds2 wN · ds § wds1 wN · ds
¨ 2 N12 ds2 N12 dD1 12 dD1 ds2 ¸ 1 ¨ 2 N 21 ds1 N 21 dD 2 21 dD 2 ds1 ¸ 2
© wD1 wD1 ¹ 2 © wD 2 wD 2 ¹ 2
§ wds2 wM 12 · dK § wds1 wM 21 · d\
¨ 2M 12 ds2 M 12 d D1 dD1 ds2 ¸ ¨ 2 M 21 ds1 M 21 dD 2 dD 2 ds1 ¸ 0
© wD1 wD1 ¹ 2 © wD 2 wD 2 ¹ 2
§ § wds2 wN12 · · ds § § wds1 wN 21 · · ds
¨¨ 2 N12 ds2 ¨ N12 ds2 ¸ dD1 ¸ 1 ¨ 2 N 21 ds1 ¨ N 21 ds1 ¸ dD 2 ¸ 2
wD wD ¸ 2 ¨ wD wD ¸ 2
© © 1 1 ¹ ¹ © © 2 2 ¹ ¹
§ § wds2 wM 12 · · ds § § wds1 wM 21 · · ds
¨ 2M 12 ds2 ¨ M 12 ds2 ¸ dD1 ¸ 1 ¨ 2 M 21 ds1 ¨ M 21 ds1 ¸ dD 2 ¸ 2 0
¨ wD w D ¸ 2R ¨ wD wD ¸ 2R
© © 1 1 ¹ ¹ 1 © © 2 2 ¹ ¹ 2
w N12 ds2 ds1 w N 21 ds1 ds2
N12 ds1 ds2 d D1 N 21 ds1 ds2 dD 2
wD1 2 wD 2 2
ds1 ds2 w M 12 ds2 ds ds ds w M 21 ds1 ds
M 12 dD1 1 M 21 1 2 dD 2 2 0
R1 wD1 2 R1 R2 wD 2 2R 2
A1 A 2 A1 A 2
N12 A1 A 2 dD1 dD 2 N 21 A1 A 2 dD1 dD 2 M 12 dD1 dD 2 M 21 d D1 d D 2 0
R1 R2
M 12 M 21
N12 N 21 0
R1 R2
* * *
spostamento, ossia in funzione dei gradi di libertà del problema. Le equazioni che derivano
da questa serie di sostituzioni concatenate prendono il nome di equazioni fondamentali.
Esse racchiudono, in un unico sistema fondamentale, i tre aspetti del problema
dell’equilibrio elastico di un guscio moderatamente spesso in materiale anisotropo, ovvero
congruenza, legame ed equilibrio dinamico.
Le equazioni di congruenza (2.156)-(2.163) possono essere riscritte in forma matriciale
nel seguente modo:
ª 1 w 1 wA1 1 º
« 0 0 »
« A 1
wD1 A1 A 2 wD 2 R1 »
« 1 wA 2 1 w 1 »
« 0 0 »
« A1 A 2 wD1 A 2 wD 2 R2 »
« »
ª H 10 º « 1 w 1 wA1 1 w 1 wA 2 »
« 0» « A wD A A wD
A1 wD1 A1 A 2 wD1
0 0 0 »
« H2 » « 2 2 1 2 2
» ªu º
« J 120 » « 1 w 1 wA1 »« 1»
« » « 0 0 0 » «u 2 » (2.334)
« F1 » « A1 wD1 A1 A 2 wD 2 »«w»
«F » « »« »
« 2» « 1 wA 2 1 w » « E1 »
0 0 0
« F12 » « A1 A 2 wD1 A 2 wD 2 »« »
«J » « » ¬E2 ¼
« 1n » « 1 w 1 wA1 1 w 1 wA 2 »
0 0 0
¬«J 2 n ¼» « A 2 wD 2 A1 A 2 wD 2 A1 wD1 A1 A 2 wD1 »
« »
« 1 1 w »
« 0 1 0 »
« R 1
A1 wD1 »
« 1 1 w »
« 0 0 1 »
¬« R2 A 2 wD 2 ¼»
ed in notazione compatta:
K Du (2.335)
e la notazione compatta:
S EK (2.337)
(2.339)
ed in notazione compatta ammettono la rappresentazione:
D*S q
Mu (2.340)
l’aspetto:
Lu q
Mu (2.342)
In particolare, sfruttando la notazione compatta (2.16), le equazioni indefinite di
equilibro (2.342) in termini di spostamenti generalizzati possono essere scritte in forma
estesa:
(a) Equilibrio alla traslazione lungo la direzione coordinata D1 :
B 26 § A2,1 · B 66 ·
¨¨ E 2,2 E1 ¸ A E A2,1E 2 A1E1,2 A1,2 E1
¸ A1 A2 2 2,1
¸
A2 © A1 ¸
¹ ¹,2
B 26 § A2,1 · B 66 · 2 A1,2
¨¨ E 2,2 E1 ¸ A E A2,1E 2 A1E1,2 A1,2 E1
¸ A1 A2 2 2,1
¸
A2 © A1 ¸ A1 A2
¹ ¹
B 22 § A2,1 · B 26 · · A2,1
¨¨ E 2,2 E1 ¸ A2 E 2,1 A2,1E 2 A1E1,2 A1,2 E1 ¸¸
A2 © A1 ¸ ¸¸
¹ A1 A2 ¹ ¹ A1 A2
N § A44 § A1 · A45 § A2 ··
¨ ¨¨ w,1 u 1 A1E1 ¸¸ ¨¨ w,2 u 2 A2 E 2 ¸ ¸
¸¸
R1 ¨© A1 © R1 ¹ A2 © R2 ¹¹
B 26 § A2,1 · B 66 ·
¨¨ E 2,2 E1 ¸ A E A2,1E 2 A1E1,2 A1,2 E1
¸ A1 A2 2 2,1
¸
A2 © A1 ¸
¹ ¹,1
1 § A12 § A1,2 A1 · A22 § A2,1 A2 ·
¨ ¨¨ u 1,1 u2 w¸ ¨ u 2,2 u1 w¸
A2 ¨© A1 © A2 R1 ¸¹ A2 ¨© A1 R 2 ¸¹
B 22 § A2,1 · B 26 ·
¨¨ E 2,2 E1 ¸ A E A2,1E 2 A1E1,2 A1,2 E1
¸ A1 A2 2 2,1
¸
A2 © A1 ¸
¹ ¹,2
§ A16 § A1,2 A1 · A26 § A2,1 A2 ·
¨ ¨u u w¸ ¨u u w¸
¨ A1 ¨ 1,1 A2 2 R1 ¸ A2 ¨ 2,2 A1 1 R 2 ¸
© © ¹ © ¹
B 26 § A2,1 · B 66 · 2 A2,1
¨¨ E 2,2 E1 ¸ A E A2,1E 2 A1E1,2 A1,2 E1
¸ A1 A2 2 2,1
¸
A2 © A1 ¸ A1 A2
¹ ¹
§ § A12 § A1,2 A1 · A22 § A2,1 A2 ·
¨¨ ¨¨ u 1,1 u2 w¸ ¨ u 2,2 u1 w¸
¨ ¨ A1 © A R ¸ A2 ¨ A R ¸
©© 2 1 ¹ © 1 2 ¹
B 22 § A2,1 · B 26 ·
¨¨ E 2,2 E1 ¸
¸
A2 E 2,1 A2,1E 2 A1E1,2 A1,2 E1 ¸
A2 © A1 ¸
¹ A1 A2 ¹
B 22 § A2,1 · B 26 ··
¨¨ E 2,2 E1 ¸ A E A2,1E 2 A1E1,2 A1,2 E1 ¸¸
A2 © A1 ¸ A1 A2 2 2,1 ¸¸
¹ ¹¹
qn
I0 w (2.345)
B 66 D16 § A1,2 ·
A2u 2,1 A2,1u 2 A1u 1,2 A1,2u 1 ¨¨ E1,1 E2 ¸
¸
A1 A2 A1 © A2 ¹
D 26 § A2,1 · D 66 ·
¨¨ E 2,2 E1 ¸ A E A2,1E 2 A1E1,2 A1,2 E1
¸ A1 A2 2 2,1
¸
A2 © A1 ¸
¹ ¹,2
B 66 D16 § A1,2 ·
A2u 2,1 A2,1u 2 A1u 1,2 A1,2u 1 ¨¨ E1,1 E2 ¸
¸
A1 A2 A1 © A2 ¹
D 26 § A2,1 · D 66 · 2 A1,2
¨¨ E 2,2 E1 ¸ A E A2,1E 2 A1E1,2 A1,2 E1
¸ A1 A2 2 2,1
¸
A2 © A1 ¸ A1 A2
¹ ¹
B 26 D12 § A1,2 ·
A2u 2,1 A2,1u 2 A1u 1,2 A1,2u 1 ¨¨ E1,1 E2 ¸
¸
A1 A2 A1 © A2 ¹
D 22 § A2,1 · D 26 · · A2,1
¨¨ E 2,2 E1 ¸ A2 E 2,1 A2,1E 2 A1E1,2 A1,2 E1 ¸¸
A2 © A1 ¸ ¸ ¸ A1 A2
¹ A1 A2 ¹¹
§ A44 § A1 · A45 § A2 ··
N ¨ ¨¨ w,1 u 1 A1E1 ¸¸ ¨¨ w,2 u 2 A2 E 2 ¸ ¸
¨ A1 R1 ¸¸
© © ¹ A2 © R2 ¹¹
B 66 D16 § A1,2 ·
A2u 2,1 A2,1u 2 A1u 1,2 A1,2u 1 ¨¨ E1,1 E2 ¸
¸
A1 A2 A1 © A2 ¹
D 26 § A2,1 · D 66 ·
¨¨ E 2,2 E1 ¸ A E A2,1E 2 A1E1,2 A1,2 E1
¸ A1 A2 2 2,1
¸
A2 © A1 ¸
¹ ¹,1
B 26 D12 § A1,2 ·
A2u 2,1 A2,1u 2 A1u 1,2 A1,2u 1 ¨¨ E1,1 E2 ¸
¸
A1 A2 A1 © A2 ¹
D 22 § A2,1 · D 26 ·
¨¨ E 2,2 E1 ¸ A E A2,1E 2 A1E1,2 A1,2 E1
¸ A1 A2 2 2,1
¸
A2 © A1 ¸
¹ ¹,2
B 66 D16 § A1,2 ·
A2u 2,1 A2,1u 2 A1u 1,2 A1,2u 1 ¨¨ E1,1 E2 ¸
¸
A1 A2 A1 © A2 ¹
D 26 § A2,1 · D 66 · 2 A2,1
¨¨ E 2,2 E1 ¸ A E A2,1E 2 A1E1,2 A1,2 E1
¸ A1 A2 2 2,1
¸
A2 © A1 ¸ A1 A2
¹ ¹
B 26 D12 § A1,2 ·
A2u 2,1 A2,1u 2 A1u 1,2 A1,2u 1 ¨¨ E1,1 E2 ¸
¸
A1 A2 A1 © A2 ¹
D 22 § A2,1 · D 26 ·
¨¨ E 2,2 E1 ¸ A E A2,1E 2 A1E1,2 A1,2 E1
¸ A1 A2 2 2,1
¸
A2 © A1 ¸
¹ ¹
§ A45 § A1 · A55 § A2 ··
N ¨ ¨¨ w,1 u 1 A1E1 ¸¸ ¨¨ w,2 u 2 A2 E 2 ¸ ¸
¨ A1 R1 ¸¸
© © ¹ A2 © R2 ¹¹
Lu q Mu
Variabile di Variabile di
Equazioni Fondamentali
Sorgente Configurazione
q D1 , D 2 , t u D1 , D 2 , t
wu
w/ Equazioni Equazioni di u
*
D Sq Indefinite di Congruenza
wt
wt Equilibrio K Du
Equazioni Costitutive
/ D1 , D 2 , t / Mu u D1 , D 2 , t
S D1 , D 2 , t S EK K D1 , D 2 , t
Variabili Variabili
Secondarie Primali
Si vuol far rilevare che l’asse di rivoluzione x3 può non coincidere con l’asse
geometrico x3c , descrivente la curva generatrice. In tal caso la struttura risulta caratterizzata
dM R1 RM
C1
x2
(b)
C2 R2 R-
(a)
x3 xc3
Figura 2.42 – Rappresentazione di un guscio di rivoluzione generico:
sezione di meridiano (a), sezione di parallelo (b).
dove il primo addendo rappresenta il quadrato della lunghezza infinitesima dell’arco lungo
la curva meridiana, ed il secondo definisce il quadrato della lunghezza infinitesima
212 PhD Thesis: F. Tornabene
Meccanica dei Gusci Moderatamente Spessi in Materiale Anisotropo
Si vuol far notare che, per una superficie di rivoluzione, i raggi di curvatura principale
RM , R- ed il raggio di parallelo R 0 sono tutte quantità che dipendono solo dal parametro
1 § wuM ·
H M0 ¨ w¸
RM © wM ¹
1 § wu- ·
H-0 ¨ uM cos M w sin M ¸
R 0 © w- ¹
0 1 wu- 1 § wuM ·
J M- ¨ u- cos M ¸
RM wM R 0 © w- ¹
1 wEM
FM
RM wM
1 § wE- ·
F- ¨ EM cos M ¸
R 0 © w- ¹
1 wE- 1 § wEM ·
FM- ¨ E- cos M ¸
RM wM R 0 © w- ¹
1 § ww ·
J Mn ¨ uM ¸ EM
RM © wM ¹
1 § ww ·
J -n ¨ u- sin M ¸ E- (2.356)
R 0 © w- ¹
ed in notazione matriciale:
ª 1 w 1 º
« R wM 0 0 0 »
RM
« M »
« cos M 1 w sin M »
« 0 0 »
« R0 R 0 w- R0 »
ª H M0 º « 1 w 1 w cos M »
« 0 » « 0 0 0 »
« H- » « R 0 w- RM wM R0 »
« J M-
0 » « 1 w » ª uM º
« » « 0 0 0 0 » «u »
« FM » « RM wM »« - »
«F » « »« w »
« 0 cos M 1 w » «E »
« -» 0 0
« FM- » « R0 R 0 w- »« M»
«J » « » «¬ E- »¼
« 1 w 1 w cos M »
« Mn »
«¬ J - n »¼ « 0 0 0
R 0 w- RM wM R0 »
« »
« 1 1 w »
« 0 1 0 »
« RM RM wM »
« sin M 1 w »
« 0 0 1 » (2.357)
«¬ R0 R 0 w- »¼
Per quanto concerne le equazioni di legame elastico, dalle equazioni (2.253) ponendo
1 M e 2 - , si ricava la seguente forma matriciale:
« » « »« »
« MM » « B11 B12 B16 D11 D12 D16 0 0 » « FM »
(2.358)
« M- » « B12 B22 B26 D12 D22 D26 0 0 » « F- »
« » « »« »
« M M- » « B16 B26 B66 D16 D26 D66 0 0 » « FM- »
« T » « 0 0 0 0 0 0 N A44 N A45 » « J M n »
« M » « »« »
«¬ T- »¼ «¬ 0 0 0 0 0 0 N A45 N A55 »¼ «¬ J - n »¼
ed in notazione matriciale:
T
ª 1 w cos M 1 º
«R 0 0 0 »
wM R0 RM
« M »
« cos M 1 w sin M »
« 0 0 »
« R0 R 0 w- R0 »
« 1 w 1 w cos M »
« 2 0 0 0 » ª NM º
« R 0 w- RM wM R0 » « »
« » « N- » ª q º ª I0 0 0 I1 0 º ª uM º
1 w cos M « NM- » « M » «0 « »
« 0 0 0 0 »
« » « q- » « I0 0 0 I1 »» « u- »
« RM wM R0 »
« » « MM » « q » «0 0 I0 0 0»« w »
« cos M 1 w » «M » « n » « »« »
« 0 0 0 » « - » « mM » « I1 0 0 I2 0 » « EM »
R0 R 0 w- « M M- » « »
« »
« T » ¬ m- ¼
«0
¬ I1 0 0 I 2 »¼ «¬ E- »¼
« 1 w 1 w cos M »
« 0 0 0 2 » « M »
« R 0 w- RM wM R0 » «¬ T- »¼
« 1 1 w cos M »
« 0 1 0 »
« RM RM wM R0 »
« sin M 1 w »
« 0 0 1 »
«¬ R0 R 0 w- »¼
(2.360)
§ cos 2 M sin M · ·
D 66 ¨ ¸ N A55 ¸ E- m- I1u- I 2 E- (2.365)
¨ R0 2
RM R 0 ¸¹ ¸
© ¹
Dalle equazioni (2.361)-(2.365) risultano così definiti gli elementi Lij dell’operatore
fondamentale L :
ed in notazione matriciale:
ª L11 L12 L13 L14 L15 º ª uM º ª qM º ª I0 0 0 I1 0 º ª uM º
«L L 25 »» « u- » « q- » «0
« 21 L 22 L 23 L 24
« » « » « I0 0 0 I1 »» «« u- »»
« L 31 L 32 L 33 L 34 L 35 » « w » « qn » «0 0 I0 0 0»« w » (2.367)
« »« » « » « » « »
« L 41 L 42 L 43 L 44 L 45 » « EM » « mM » « I1 0 0 I2 0 » « EM »
« L 51
¬ L 52 L 53 L 54 L 55 »¼ «¬ E- »¼ «¬ m- »¼ «¬ 0 I1 0 0 I 2 »¼ «¬ E- »¼
Lu q Mu
Variabile di Variabile di
Equazioni Fondamentali
Sorgente Configurazione
q M ,- , t u M ,- , t
wu
w/ Equazioni Equazioni di u
*
D Sq Indefinite di Congruenza
wt
wt Equilibrio K Du
Equazioni Costitutive
/ M ,- , t / Mu u M , - , t
S M ,- , t S EK K M ,- , t
Variabili Variabili
Secondarie Primali
Di seguito vengono ricavate le equazioni dei gusci rotanti a velocità costante attorno
all’asse di rivoluzione, dei gusci soggetti ad azioni viscose ed appoggiati su suolo elastico.
La velocità del generico punto del guscio può essere espressa dalla relazione:
V Voc Vr Z P Oc (2.370)
Z Z t1 Z t 2 Z n (2.371)
Nel caso particolare di un guscio di rivoluzione (figura 2.42) rotante con velocità
angolare costante : attorno al proprio asse di rivoluzione x3 , valgono le seguenti
relazioni generali:
Voc :R 0 t 2
Z :e3 : cos M n sin M t1
Vr U U t U t W n
1 1 2 2
P Oc U U1 t1 U 2 t 2 W n (2.372)
1
U U12 U 22 W 2 U 22: 2 R 02: 2 2U 2:R 0 2 cos M U 2U1 U1U 2
2 D³1 D³2 ]³
= (2.374)
2sin M U 2W WU
2 2 2 2 2 2 2
2 2U1W : cos M sin M U1 : cos M W : sin M
definizioni delle masse inerziali per gusci laminati (2.290) e raccogliendo i vari termini, si
perviene al seguente risultato:
t2 t2
(2.297) si ottengono le equazioni del moto per un guscio di rivoluzione rotante a velocità
angolare costante : attorno al proprio asse. Ponendo D1 M , D 2 - , 1 M e 2 - si ha:
1 wM M 1 wM M- cos M
MM M- TM mM
RM wM R 0 w- R0
I1uM I 2 EM uM I1: 2 cos 2 M wI1: 2 cos M sin M EM I 2: 2 cos 2 M
2u- I1: cos M 2E- I 2 : cos M I1: 2 R 0 cos M
1 wM M- 1 wM - cos M
2 M M- T- m-
RM wM R 0 w- R0
I1u- I 2 E- u- I1: 2 E- I 2 : 2 2uM I1: cos M 2 wI
1: sin M (2.376)
2 EM I 2 : cos M
(2.376) o (2.377) sono dovuti alla forza centrifuga e provocano un’inflessione statica.
Trascurando questi termini, le equazioni (2.376) o (2.377) descrivono le vibrazioni libere
di un guscio, rotante a velocità angolare costante : attorno al proprio asse di rivoluzione,
rispetto alla configurazione di equilibrio statica dovuta alla forza centrifuga.
inerziale della fondazione, definita la sua densità U F , si può aggiungere alla massa del
guscio un terzo della massa per unità di area U F hF della fondazione stessa. Introducendo
Chapter 3
ABSTRACT
It was shown in the previous chapter that the governing equations and relations of the
general theory of thick anisotropic shells are formulated in terms of the Lamé parameters
as well as of the principal curvatures of the shell reference surface. In the general case of
shells having an arbitrary geometry of the middle surface, the coefficients of the first and
second quadratic forms and the principal curvatures are some functions of the curvilinear
coordinates. In this chapter, the Lamé parameters for some shell geometries commonly
encountered in engineering practice are determined and the motion equations of the
relative structures are illustrated.
As shown in the previous chapter, the equations obtained for a generic shell have been
specialized to doubly curved shells of revolution. The reference surface of revolution shell
structures, widely used in structural mechanics, is generated by rotating a plane curve,
called meridian, about the axis of revolution, that not necessarily intersects the meridian.
The parallels are generated from the rotation of the meridian curve. It is worth noting that,
according to the previous definition, the shape of these structures is completely defined
when the equation of the meridian curve is assigned. Starting from the governing equations
Capitolo 3
INTRODUZIONE
Nel capitolo precedente sono riportate le equazioni generali dei gusci a doppia curvatura
in materiale anisotropo. I risultati sono stati specializzati ai gusci di rivoluzione a doppia
curvatura. La superficie di riferimento delle strutture di rivoluzione viene ottenuta per
rotazione di una curva piana (detta generatrice o meridiano) attorno ad un asse
(denominato asse di rivoluzione) appartenente al piano stesso della figura. Da questa
definizione si evince che la forma di tali strutture è completamente assegnata qualora
venga fornita l’equazione cartesiana della curva di meridiano. La figura 3.1 illustra
graficamente le tipologie strutturali che è possibile studiare partendo dalle equazioni
governanti il problema elastico dei gusci a doppia curvatura. Infatti, è possibile dedurre
dalle equazioni in parola, attraverso considerazioni di carattere geometrico, le equazioni
fondamentali per un’ampia classe di strutture a guscio.
Per studiare una particolare tipologia di guscio di rivoluzione, occorre individuare la
forma del meridiano ad essa associata per poi definire le equazioni che ne governano il
comportamento. Si può osservare che il meridiano può assumere diverse forme nel piano,
ossia può essere una linea curva, oppure una linea retta. I gusci di rivoluzione possono
essere suddivisi nelle seguenti categorie:
GUSCIO GENERICO
A DOPPIA CURVATURA
Meridiano
Guscio conico
Circolare
Guscio cilindro
Gusci degeneri o
Piastra Circolare Piastra rettangolare
a curvatura nulla
Alla prima categoria appartengono i gusci a doppia curvatura caratterizzati, oltre dalla
curvatura indotta dalla rivoluzione, anche dalla curvatura di meridiano. In questa tesi,
vengono trattati gusci di rivoluzione a meridiano iperbolico, parabolico, cicloidale, a
catenaria, ellittico e circolare. I gusci toroidali fanno parte di questa classe e sono gusci a
doppia curvatura caratterizzati da un offset dell’asse di rivoluzione rispetto all’asse
geometrico descrivente la curva di meridiano. Alla seconda categoria appartengono i gusci
a singola curvatura come i gusci conici, i gusci cilindrici circolari, come pure i gusci
degeneri (piastre circolari). In particolare, le equazioni dei gusci a generatrice rettilinea si
ricavano rettificando il meridiano dei gusci di rivoluzione a doppia curvatura. Il guscio a
meridiano circolare (guscio sferico) può essere visto come caso particolare del guscio a
meridiano ellittico. Si vuol far notare che, mentre quest’ultimo è caratterizzato da due
curvature distinte, il primo ha anch’esso due curvature, che risultano uguali e costanti. Il
guscio sferico rappresenta un guscio di transizione tra i gusci di rivoluzione a doppia
curvatura e a singola curvatura (guscio conico). Inoltre, dal guscio conico si possono
dedurre le equazioni del cilindro e della piastra circolare.
Rettificando il parallelo di un guscio di rivoluzione a doppia curvatura, è possibile
ottenere le equazioni descriventi il comportamento del cilindri di traslazione a profilo
generico, rappresentati nella seconda colonna di figura 3.1. Queste tipologie strutturali
sono definite da diversi profili. In particolare vengono considerati cilindri a profilo
parabolico, cicloidale, a catenaria, ellittico e circolare.
Piastra rettangolare
y y
Piastra circolare
Cilindro a
profilo generico
s-
O - x1
e2 e1
e3
Guscio di rivoluzione
a doppia curvatura
x2
Guscio conico
x x
sM
Cilindro circolare
x3
Figura 3.2 – Rappresentazione delle principali tipologie strutturali.
viene riportata la sintesi grafica di quanto testé esposto. In definitiva, risulta possibile
ricavare dalle equazioni descriventi il comportamento di un guscio di rivoluzione a doppia
curvatura, ad esempio un iperboloide iperbolico, le equazioni governanti il problema
elastico dei gusci conici e cilindrici, delle piastre circolari e rettangolari e dei cilindri di
traslazione a profilo generico.
Nel seguito vengono determinate le equazioni dei gusci di rivoluzione a doppia
curvatura, dei gusci di rivoluzione a singola curvatura, dei gusci di traslazione a singola
curvatura e dei gusci degeneri.
In base alla prima forma fondamentale (2.88) e alle relazioni (2.89), è possibile
descrivere una superficie di rivoluzione associando ad D1 , D 2 le coordinate curvilinee M , s .
L’ascissa curvilinea s- s lungo il parallelo della superficie risulta definita dalla seguente
relazione:
ds- ds R 0 M d- (3.1)
dove R 0 M è il raggio di parallelo ed è funzione della quota del parallelo, quindi del
parametro M . La relazione (3.1) permette di porre in altra forma le equazioni dei gusci di
rivoluzione. Vengono riscritte di seguito tutte le equazioni ricavate nel precedente capitolo
per i gusci di rivoluzione a doppia curvatura.
Ponendo - s e introducendo la relazione (3.1), le equazioni di congruenza (2.356) per
un guscio di rivoluzione assumono il seguente aspetto:
1 § wuM ·
H M0 ¨ w¸
RM © wM ¹
wus uM cos M w sin M
H s0
ws R0 R0
1 wEM
FM
RM wM
wE s EM cos M
Fs
ws R0
1 wE s wEM E s cos M
FM s
RM wM ws R0
1 § ww ·
J Mn ¨ uM ¸ EM
RM © wM ¹
ww us sin M
J sn Es (3.2)
ws R0
Per quanto concerne le equazioni di legame elastico (2.358), tenendo conto della
posizione - s , si ricava la seguente forma matriciale:
ª NM º ª A11 A12 A16 B11 B12 B16 0 0 º ª H M0 º
«N » «A A22 A26 B12 B22 B26 0 0 »» «« H s0 »»
« s » « 12
« NM s » « A16 A26 A66 B16 B26 B66 0 0 » « J M0s »
« » « »« »
« MM » « B11 B12 B16 D11 D12 D16 0 0 » « FM »
(3.3)
« Ms » « B12 B22 B26 D12 D22 D26 0 0 » « Fs »
« » « »« »
«MMs » « B16 B26 B66 D16 D26 D66 0 0 » « FM s »
«T » « 0 0 0 0 0 0 N A44 N A45 » « J M n »
« M » « »« »
¬« Ts ¼» ¬« 0 0 0 0 0 0 N A45 N A55 »¼ «¬ J sn »¼
§ cos 2 M sin M · ·
D 66 ¨
¨ R 20
¸¸ N A55 ¸ E s ms I1us I 2 Es (3.9)
RM R 0 ¹ ¸
© ¹
A questo punto, occorre definire i parametri geometrici della curva di meridiano RM M
S Mt
C Rb
R0 M
O Oc a
x1 t2 ts
n
C1
RM
dM s
R0 M n -
x1
D M O
R- t1 tM
C2
x2
(b)
d
Mb (a)
x3 xc3
Figura 3.3 – Rappresentazione di un iperboloide iperbolico:
sezione di meridiano (a); sezione di parallelo (b).
della curva di meridiano x3c rispetto all’asse di rivoluzione x3 . Si vuol far notare che per
aC aD
b (3.11)
2 2
c a d 2 a2
a2 a
k 1 o k 2 1 (3.12)
b2 b
Se il parametro k risulta elevato, si avrà a che fare con un maggiore pronunciamento
della curvatura del meridiano, mentre al tendere di k al valore unitario si avrà un
avvicinamento sempre più rilevante al caso degenere. Infatti, per k 1 l’iperboloide
iperbolico degenera in un guscio cilindrico. Una volta definito k , l’equazione (3.10) può
essere riscritta nella seguente forma:
2
R0 Rb k 2 1 x3c2 a2 (3.13)
dx3c R 0 R b RM cos M
(3.18)
dM 2
k 1
2
R0 Rb a 2
k 2 1
R0 M a sin M Rb (3.19)
k sin 2 M 1
2
* * *
Viene di seguito dedotta l’espressione (3.19) del raggio di parallelo R 0 M in funzione di M .
dsM2 dx3c2 dR02 o RM2 dM 2 x3,c2M dM 2 R 20,M dM 2 o 1 x3,c2M RM2 R 20,M RM2
dove: R 0,M RM cos M
1 2
§ 2 · § 2
·
¨ R0 Rb a2 ¸ 1 ¨ R0 Rb a
2
2 R 0 R b R 0,M
x3,c M ¸
¨ k 2 1 ¸ 2¨ k 2 1 ¸ k 2 1
¨ ¸ © ¹
© ¹,M
2 2 2
k 2 1 R0 Rb a2 R0 Rb cos 2 M k 2 1 R0 Rb a 2 cos 2 M
2 2
k 2 1 R0 Rb a 2 1 cos 2 M R0 Rb cos 2 M
2 2
k 2 1 R0 Rb a 2 sin 2 M R0 Rb cos 2 M
2 2
R 0 R b k 2 R0 2 a 2k 2 a 2 sin 2 M R0 Rb cos 2 M
2 2
R 0 R b k 2 sin 2 M R 0 R b sin 2 M cos 2 M a 2 k 2 1 sin 2 M
2 2
R 0 R b k 2 sin 2 M R 0 R b a 2 k 2 1 sin 2 M
2
R0 Rb k 2 sin 2 M 1 a 2 k 2 1 sin 2 M
2 a 2 k 2 1 sin 2 M
R0 Rb
k 2 sin 2 M 1
a 2 k 2 1 sin 2 M k 2 1
R0 M Rb a sin M Rb
k sin M 1
2 2
k sin 2 M 1
2
* * *
scrittura della condizione di Gauss (3.17). Le espressioni finali dei raggi di curvatura
principali di un guscio a meridiano iperbolico sono le seguenti:
k 2 1 Rb k 2 1
R- M a , RM M a (3.20)
k sin M 1 sin M
2 2
k 2 sin 2 M 1
3
Dalle relazioni (3.20) si può osservare che la curvatura gaussiana risulta negativa,
essendo RM negativo ed R- positivo: * 1 RM R- 0 . La derivata di RM rispetto a M si
* * *
Vengono qui di seguito ricavate le espressioni (3.20) dei raggi di curvatura principali RM , R- in funzione di
M.
R0 k 2 1 R
R- M a b
sin M k sin 2 M 1 sin M
2
1 dR 0
RM M
cos M dM
1 § 1 § k 2 sin M cos M · ·
¨ 2 2 ¨ a cos M k 2 1 k 2 sin 2 M 1 a sin M k 2 1 ¸¸
cos M ¨ k sin M 1 ©
¨ k 2 sin 2 M 1 ¸¹ ¸¹
©
1 a cos M k 2 1 § 2 2 k 2 sin 2 M ·
¨ k sin M 1 ¸
cos M k sin M 1 ©
2 2
¨ k 2 sin 2 M 1 ¸¹
a k 2 1 k 2 sin 2 M 1 k 2 sin 2 M a k 2 1 1
k 2 sin 2 M 1 k 2 sin 2 M 1 k 2 sin 2 M 1 k 2 sin 2 M 1
a k 2 1 k 2 1
a 3
k 2 sin 2 M 1
3
k 2 sin 2 M 1
* * *
* * *
Nelle equazioni fondamentali (3.5)-(3.9) si può osservare che le derivate di 1 R 0 e di 1 RM rispetto a M sono
già state sviluppate, in quanto i termini ad esse relativi non compaiono esplicitamente. Questo è stato
possibile poiché le derivate appena descritte possono essere valutate nel seguente modo:
d § 1 · R 0,M RM cos M d § 1 · RM ,M
¨ ¸¸ , ¨ ¸¸
dM ¨© R 0 ¹ R 20 R 20 dM ¨© RM ¹ R 20
dove è stata sfruttata la condizione di Gauss (3.17) per superfici di rivoluzione: R 0,M RM cos M .
§ ·
d § 1 · 1 dRM 1 ¨ a k 2 1 ¸
¨ ¸¸
dM ¨© RM ¹ RM2 dM RM2 ¨
¨
3 ¸
k 2 sin 2 M 1 ¸¹
© ,M
a k 2 1
3
a k 2 1
2
k sin M 1
2 2
* * *
M
RM x2
(b)
dM
C1
a
(a)
xc3
R-
C2
x3
Figura 3.4 – Rappresentazione di un guscio a meridiano a forma di catenaria:
sezione di meridiano (a); sezione di parallelo (b).
§ § R0 Rb ··
x3c b ¨¨ 1 cosh ¨ ¸ ¸¸ (3.22)
© © b ¹¹
dove b è il raggio di curvatura al vertice della catenaria e R0 il raggio di parallelo. Nota
l’equazione del meridiano, il passaggio successivo è quello di definire le quantità
caratteristiche della superficie, ossia i parametri di Lamè A1 , A2 ed i raggi di curvatura
dx3c § R 0 R b · dR 0
sinh ¨ ¸ (3.23)
dM © b ¹ dM
Introducendo la condizione di Gauss (3.17) nell’equazione (3.23) si ricava:
dx3c § R0 Rb ·
sinh ¨ ¸ RM cos M (3.24)
dM © b ¹
Sostituendo le relazioni (3.17) e (3.24) nell’equazione (3.15) si ottiene la seguente
espressione di R0 M in funzione di M :
* * *
Viene qui di seguito dedotta l’espressione (3.25) del raggio di parallelo R 0 M in funzione di M .
dsM2 dx3c2 dR02 o RM2 dM 2 x3,c2M dM 2 R 20,M dM 2 o 1 x3,c2M RM2 R 20,M RM2
dove: R 0,M RM cos M
§ R0 Rb · 2 sin 2 M § R0 Rb · § R0 Rb ·
1 cos 2 M sinh 2 ¨ ¸ cos M o sinh 2 ¨ ¸ o tan 2 M sinh 2 ¨ ¸
© b ¹ cos 2 M © b ¹ © b ¹
R0 Rb
arcsinh tan M o R0 M b arcsinh tan M R b
b
* * *
* * *
Viene ricavata l’espressione (3.26) del raggio di curvatura principale RM in funzione di M .
1 dR 0 b 1 tan 2 M b 1 tan 2 M b
RM M
cos M dM cos M 1 tan 2 M cos M cos 2 M
* * *
Dalle relazioni (3.26) si può osservare che la curvatura gaussiana risulta positiva
essendo RM ed R- entrambi positivi: * 1 RM R- ! 0 . La derivata di RM rispetto a M si
curvatura principali RM , R- , giacciono dallo stesso lato rispetto alla superficie. In figura
rappresenta l’offset dell’asse della curva di meridiano x3c rispetto all’asse di rivoluzione
R0 M
Rb t2 ts n
O Oc x1
n
s
R0 M -
x1
b 2rc t1 tM O
rc
M
RM x2
(b)
dM
C1
a S rc
(a)
xc3
R-
C2
x3
Figura 3.5 – Rappresentazione di un guscio a meridiano cicloidale:
sezione di meridiano (a); sezione di parallelo (b).
* * *
Viene dedotta l’espressione (3.29) del raggio di curvatura principale RM in funzione di M .
* * *
Dalle relazioni (3.29) si può osservare che la curvatura gaussiana risulta positiva
essendo RM ed R- entrambi positivi: * 1 RM R- ! 0 . La derivata di RM rispetto a M si
all’apice del guscio e b è la distanza relativa tra queste due sezioni. La superficie in parola
è dotata di una curvatura gaussiana positiva, poiché i centri di curvatura C1 , C2 ,
corrispondenti ai due raggi principali RM , R- , giacciono dalla stessa parte rispetto alla
a2 d 2
k (3.32)
b
l’espressione (3.31) può essere riscritta nella forma:
2
R0 Rb k x3c 0 (3.33)
R0 M
Rb
t2 ts n
O Oc x1
d
n s
c -
x1
R0 M O
M t1 tM
b RM
C1
dM x2
(b)
C2 R-
a
(a)
x3 xc3
Figura 3.6 – Rappresentazione di un guscio a meridiano parabolico:
sezione di meridiano (a); sezione di parallelo (b).
dx3c R 0 R b dR 0
2 (3.34)
dM k dM
Introducendo la condizione di Gauss (3.17) nell’equazione (3.34), risulta:
dx3c R0 Rb
2 RM cos M (3.35)
dM k
Sostituendo le relazioni (3.17) e (3.35) nell’equazione (3.15) si ricava l’espressione di
R0 M in funzione di M :
k tan M
R0 M Rb (3.36)
2
* * *
Viene qui di seguito dedotta l’espressione (3.36) del raggio di parallelo R 0 M in funzione di M .
dsM2 dx3c2 dR02 o RM2 dM 2 x3,c2M dM 2 R 20,M dM 2 o 1 x3,c2M RM2 R 20,M RM2
dove: R 0,M RM cos M
dRM 3k sin M
(3.38)
dM 2 cos 2 M
* * *
Viene di seguito dedotta l’espressione (3.37) del raggio di parallelo RM in funzione di M .
1 dR 0 1 k 1 k 1 k
RM M 1 tan 2 M
cos M dM cos M 2 cos M 2 cos 2 M 2 cos3 M
* * *
raggi principali RM , R- , giacciono dalla stessa parte rispetto alla superficie. In figura 3.7
rappresenta l’offset dell’asse della curva di meridiano x3c rispetto all’asse di rivoluzione
nella forma:
2 2
R0 Rb k 2 b x3c a2 (3.40)
R0 M
Rb t2 ts
n
O Oc
n x1
s
R0 M -
x1
b t1 tM O
M RM
x2
(b)
(a)
C1 dM
a
xc3
R-
C2
x3
Figura 3.7 – Rappresentazione di un guscio a meridiano ellittico:
sezione di meridiano (a); sezione di parallelo (b).
dove R è il raggio dell’arco circolare. Nota l’equazione del meridiano, risulta possibile
definire le quantità caratteristiche della superficie, ossia i parametri di Lamè A1 , A2 ed i
R0 M
Rb
t2 ts
n
O Oc x1
n s
R0 M -
x1
O
R t1 tM
M
RM R
C1 dM
x2
(b)
R- R
(a)
C2
x3 xc3
Figura 3.8 – Rappresentazione di un guscio a meridiano circolare:
sezione di meridiano (a); sezione di parallelo (b).
dx3c R 0 R b RM cos M
(3.43)
dM 2
k 2 2
a R0 Rb
ak tan M
R0 M Rb (3.44)
1 k 2 tan 2 M
* * *
Viene qui di seguito dedotta l’espressione (3.44) del raggio di parallelo R 0 M in funzione di M .
dsM2 dx3c2 dR02 o RM2 dM 2 x3,c2M dM 2 R 20,M dM 2 o 1 x3,c2M RM2 R 20,M RM2
dove: R 0,M RM cos M
1 2
§ 2
2 · § 2 2
· § 2 R 0 R b R 0,M ·
x3,c M ¨ b a R0 Rb ¸ 1 a R0 Rb
¨ ¸ ¨ ¸
¨ k2 ¸ 2¨ k2 ¸ ¨ k2 ¸
¨ ¸ © ¹ © ¹
© ¹,M
k R 0 R b R 0,M R 0 R b R 0,M R 0 R b RM cos M
2 2 2
k 2 2
a R0 Rb k 2 a2 R0 Rb k 2 a2 R0 Rb
Sostituendo l’ultima relazione nell’espressione ottenuta inizialmente si ricava:
2 2
R0 Rb RM2 cos 2 M RM2 cos 2 M R0 Rb cos 2 M
1 o 1 cos 2 M
RM2k 2 a 2 R 0 R b
2
RM2 k 2 a2 R0 Rb
2
2 2 2
k 2 a2 R 0 Rb R0 Rb cos 2 M k 2 a 2 R 0 R b cos 2 M
2 2
k 2 a2 R0 Rb 1 cos 2 M R0 Rb cos 2 M
2 2
k 2 a2 R0 Rb sin 2 M R0 Rb cos 2 M
2 2
a 2k 2 k 2 R 0 R b sin 2 M R0 Rb cos 2 M
2 2
a 2k 2 sin 2 M k 2 R 0 R b sin 2 M R0 Rb cos 2 M
2
a 2k 2 sin 2 M R0 Rb k 2 sin 2 M cos 2 M
2 a k sin M
2 2 2
R0 Rb
k 2 sin 2 M cos 2 M
a 2k 2 sin 2 M ak sin M ak tan M
R0 M Rb Rb Rb
k sin 2 M cos 2 M
2
k 2 sin 2 M cos 2 M 1 k 2 tan 2 M
* * *
della condizione di Gauss (3.17). Le espressioni finali dei raggi di curvatura principali di
un guscio a meridiano ellittico sono le seguenti:
ak Rb ak
R- M , RM M (3.45)
cos M 1 k tan M 2 2 sin M cos M 3
1 k tan M
2 2
3
Dalle relazioni (3.45) si può osservare che la curvatura gaussiana risulta positiva
essendo RM ed R- entrambi positivi: * 1 RM R- ! 0 . La derivata di RM rispetto a M si
* * *
Vengono qui di seguito ricavate le espressioni (3.45) dei raggi di curvatura principali RM , R- in funzione di
M.
R0 ak Rb
R- M
sin M cos M 1 k tan M2 2
sin M
1 dR 0
RM M
cos M dM
1 § 1 § k 2 tan M 1 tan 2 M · ·
¨ ¨ ak 1 tan 2
M 1 k 2
tan 2
M a k tan M ¸¸
cos M ¨ 1 k 2 tan 2 M ¨© 1 k 2 tan 2 M ¸¹ ¸¹
©
1 ak 1 tan M § k 2 tan M ·
2
¨ 1 k 2 tan 2 M ¸
cos M 1 k tan M ©
2 2
¨ 1 k 2 tan 2 M ¸¹
© ,M
3 3
3ak cos 2 M sin M 1 k tan M ak cos3 M 2k 2 tan M 1 tan 2 M
2 2
1 k 2 tan 2 M
1 2
2 3
RM cos 6 M 1 k 2 tan 2 M
3
1 3ak cos M 1 k 2 tan 2 M sin M 1 k 2 tan 2 M cos M 1 tan 2 M k 2 tan M
2
3
RM2 cos 6 M 1 k 2 tan 2 M
3
1 3ak cos M 1 k 2 tan 2 M tan M 1 k 2 tan 2 M 1 tan 2 M k 2 tan M
3
2 3
RM cos M 1 k 2 tan 2 M
6
3
1 3ak tan M cos M 1 k 2 tan 2 M 1 k 2 tan 2 M 1 tan 2 M k 2
3
2 3
RM cos 6 M 1 k 2 tan 2 M
3 3
1 3ak tan M cos M 1 k tan M 1k 2 1 3ak sin M 1 k tan M 1 k
3 2 2 2 2 2
3
3
RM2 cos6 M 1 k 2 tan 2 M RM2 cos 4 M 1 k 2 tan 2 M
3 3
cos 6 M 1 k 2 tan 2 M 3ak sin M 1 k 2 tan 2 M 1k 2
ak2 2 3
cos 4 M 1 k 2 tan 2 M
3
3cos 2 M sin M k 2 1 1 k 2 tan 2 M
ak
* * *
derivata di una quantità costante. Si può osservare che un guscio a meridiano circolare si
distingue dai gusci a doppia curvatura precedentemente analizzati, poiché RM risulta
§ B 66 w 2 B 66 cos M w w 2 2 B 26 w 2
¨ 2 B
¨ RM wM 2 RM R 0 wM
22
ws 2 RM wM ws
©
§ cos 2 M sin M · A55 sin M ·
B 66 ¨ ¸¸ N ¸ E s qs I 0us I1Es (3.49)
¨ R 20 R R R ¸
© M 0 ¹ 0 ¹
(c) Equilibrio alla traslazione lungo la direzione coordinata ] :
linea retta inclinata rispetto all’asse stesso di un angolo D (figura 3.9). L’angolo D è
costante ed di conseguenza anche l’angolo M ad esso legato ( M S 2 D ). La curvatura di
meridiano è nulla e, di conseguenza, il raggio di curvatura è pari a infinito ( RM f ). La
superficie in parola è caratterizzata da una curvatura gaussiana nulla, essendo uno dei due
raggi di curvatura principali RM , R- infinito ( RM f ). In figura 3.9 sono rappresentati i
infinito: * 1 RM R- 0.
R0 M
Rb
t2 ts
O Oc x1 n
D n s
R0 x D -
x1
L0 O
M t1 tx
R-
RM f
C2
x (a) x2 (b)
L 0 tan D
x3 xc3
Figura 3.9 – Rappresentazione di un guscio conico:
sezione di meridiano (a); sezione di parallelo (b).
variabile:
dsM RM dM (3.55)
wus wu x us cos M
J xs0
wx ws R0
wE x
Fx
wx
wE s E x cos M
Fs
ws R0
wE s wE x E s cos M
F xs
wx ws R0
ww
J xn Ex
wx
ww us sin M
J sn Es (3.57)
ws R0
indefinite di equilibrio:
wN x wN xs cos M
Nx Ns qx I 0ux I1Ex
wx ws R0
wN xs wN s cos M sin M
2 N xs Ts qs I 0us I1Es
wx ws R0 R0
wTx wTs cos M sin M
Tx Ns qn
I0 w (3.59)
wx ws R0 R0
wM x wM xs cos M
Mx Ms Tx mx I1ux I 2 Ex
wx ws R0
wM xs wM s cos M
2M xs Ts ms I1us I 2 Es
wx ws R0
da una curvatura gaussiana nulla. In figura 3.10 sono rappresentati i principali parametri
geometrici utili a descrivere la superficie. Rb R rappresenta il raggio del cilindro
circolare.
La descrizione della curva generatrice o di meridiano in funzione dell’ascissa curvilinea
x della retta generatrice è la seguente:
R0 x Rb R (3.65)
infinito: * 1 RM R- 0.
R0 Rb R-
O Oc t2 ts
x1 n
M s
Rb R -
L0 C2 n x1
R0 R- O
RM f
t1 tx
(a) (b)
x2
x3 xc3
Figura 3.10 – Rappresentazione di un guscio cilindrico circolare:
sezione di meridiano (a); sezione di parallelo (b).
wus wu x
J xs0
wx ws
wE x
Fx
wx
wE s
Fs
ws
wE s wE x
F xs
wx ws
ww
J xn Ex
wx
ww us
J sn Es (3.67)
ws R 0
§ w2 w2 w2 A55 ·
¨ A66 2 A22 2 2 A26 N 2 ¸ us
¨ wx ws wx ws R 0 ¸¹
©
§ § A26 A45 · w § A22 A55 · w ·
¨¨ N ¸¸ ¨¨ N ¸ ¸w
¨ ¨ R0 R 0 ¹ wx © R 0 R 0 ¸¹ ws ¸¹
©©
§ w2 w2 w2 A45 ·
¨ B16 2 B 26 2 B12 B 66 N ¸ Ex
¨ wx ws wx ws R 0 ¸¹
©
§ w2 w2 w2 A55 ·
¨ B 66 2 B 22 2 2 B 26
¨
N ¸¸ E s qs I 0us I1Es (3.70)
© wx ws wx w s R 0 ¹
(c) Equilibrio alla traslazione lungo la direzione coordinata ] :
§ w2 w2 w2 A55 ·
¨ B 66 2 B 22 2 2 B 26 N ¸ us
¨ wx ws wx ws R 0 ¸¹
©
§ § B 26 · w § B 22 ·w ·
¨¨ N A45 ¸ ¨ N A55 ¸ ¸ w
¨ ¨ R0 ¸ wx ¨ R 0 ¸ ws ¸
©© ¹ © ¹ ¹
§ w2 w2 w2 ·
¨ D16 2 D 26 2 D12 D 66 N A45 ¸ E x
© wx ws wx w s ¹
2 2 2
§ w w w ·
¨ D 66 2 D 22 2 2 D 26 N A55 ¸ E s ms I1us I 2 Es (3.73)
© w x w s wx w s ¹
Le relazioni (3.69)-(3.73) rappresentano le equazioni fondamentali o equazioni
indefinite di equilibrio in termini di componenti di spostamento per il guscio cilindrico
circolare.
ds dy (3.74)
risulta possibile definire le equazioni dei cilindri di traslazione. Ponendo s y , ed
diventano:
1 § wuM ·
H M0 ¨ w¸
RM © wM ¹
wu y
H y0
wy
1 wu y wuM
J M0 y
RM wM wy
1 wEM
FM
RM wM
wE y
Fy
wy
1 wE y wEM
FM y
RM wM wy
1 § ww ·
J Mn ¨ uM ¸ EM
RM © wM ¹
ww
J yn Ey (3.75)
wy
Per quanto concerne le equazioni di legame elastico (3.3), ponendo s y , si ricava la
seguente forma matriciale:
ª NM º ª A11 A12 A16 B11 B12 B16 0 0 º ª H M0 º
«A « »
«N »
« y » « 12 A22 A26 B12 B22 B26 0 0 »» « H y0 »
« NM y » « A16 A26 A66 B16 B26 B66 0 0 » « J M0 y »
« » « »« »
« MM » « B11 B12 B16 D11 D12 D16 0 0 » « FM »
(3.76)
« My » « B12 B22 B26 D12 D22 D26 0 0 » « Fy »
« » « »« »
«MM y » « B16 B26 B66 D16 D26 D66 0 0 » « FM y »
« T » « 0 0 0 0 0 0 N A44 N A45 » « J M n »
« M » « »« »
«¬ Ty »¼ ¬« 0 0 0 0 0 0 N A45 N A55 »¼ ¬« J yn ¼»
O x1
n
R0 x1 t2 ty
b t1 tM
R-
x2
Oc M RM
sM
dM
a
C1
x3
Figura 3.11 – Rappresentazione di un guscio cilindrico a profilo parabolico.
§ D12 D 66 · w 2 ·
¨ ¸ N A45 ¸ E y mM I1uM I 2 EM (3.81)
¨ R RM ¸¹ wM wy ¸
© M ¹
(e) Equilibrio alla rotazione attorno alla direzione coordinata y :
2 D 26 w 2 ·
N A55 ¸ E y m y I1uy I 2 Ey (3.82)
RM wM wy ¸
¹
Per definire i parametri geometrici del profilo del cilindro occorre porre R b 0 . Di
conseguenza, l’asse del profilo coincide con l’asse del riferimento esterno x3 ( x3c { x3 ).
Inoltre, osservando la geometria delle curve di meridiano dei gusci a doppia curvatura, è
possibile porre R 0 x1 .
Sulla base delle posizioni introdotte e dei risultati precedentemente ottenuti per gusci di
rivoluzione a doppia curvatura, di seguito vengono riportate le principali tipologie di
profilo per i gusci cilindrici.
(a) Cilindro a profilo a forma di catenaria
Ricordando quanto esposto per il guscio di rivoluzione a meridiano a forma di catenaria
e facendo riferimento alla curva rappresentata in figura 3.4, per un cilindro avente come
profilo una catenaria si possono scrivere le seguenti relazioni:
§ § x1 · ·
x3 b ¨¨ 1 cosh ¨ ¸ ¸¸ (3.83)
© © b ¹¹
b
R- f, RM M (3.85)
cos 2 M
(b) Cilindro a profilo cicloidale
In base a quanto esposto per il guscio di rivoluzione a meridiano cicloidale e facendo
riferimento alla curva rappresentata in figura 3.5, per un cilindro avente come profilo un
arco cicloidale valgono le seguenti relazioni:
x1 rc 2M sin 2M
(3.86)
x3 rc 1 cos 2M
2
x12 k 2 b x3 a2 , k ab (3.91)
ak tan M
x1 M (3.92)
1 k 2 tan 2 M
ak
R- f, RM M (3.93)
3
cos3 M 1 k 2 tan 2 M
all’asse x3 stesso come rappresentato in figura 3.12. La piastra circolare può essere pensata
come caso degenere del guscio conico. Infatti, osservando la figura 3.9, essa si ricava per
D S 2 . Di conseguenza, si ha anche M 0 . Poiché la generatrice della superficie di
riferimento è una retta, la curvatura di meridiano è nulla e quindi il raggio di curvatura di
meridiano è pari a infinito ( RM f ).
R0 x
t2 ts
n
n
Rb Ri
s
O M 0 Oc t1 tx -
x1 { x x1
O
R0 x
Re
RM R- f (a) (b)
x3 x2
esterno.
La descrizione della curva generatrice o di meridiano in funzione dell’ascissa curvilinea
x della retta generatrice è la seguente:
R0 x Rb x Ri x (3.94)
nulle e l’unica curvatura non nulla è la curvatura del parallelo R 0 x . Essendo le curvature
wus wu x us
J xs0
wx ws R 0
wE x
Fx
wx
wE s E x
Fs
ws R 0
wE s wE x E s
F xs
wx ws R 0
ww
J xn Ex
wx
ww
J sn Es (3.96)
ws
Le equazioni di legame elastico (3.58) rimangono inalterate. Le equazioni (3.59)
assumono il seguente aspetto:
wN x wN xs N x N s
qx I 0ux I1Ex
wx ws R0
wN xs wN s 2 N xs
qs I 0us I1Es
wx ws R0
wTx wTs Tx
qn
I0 w (3.97)
wx ws R 0
wM x wM xs M x M s
Tx mx I1ux I 2 Ex
wx ws R0
wM xs wM s 2M xs
Ts ms I1us I 2 Es
wx ws R0
w2 B 26 ·
B12 B 66 2 ¸ E s qx I 0ux I1Ex (3.98)
wx ws R 0 ¸¹
(b) Equilibrio alla traslazione lungo la direzione coordinata s :
§ w 2 § 2 A16 A26 · w w 2 § A22 A66 · w w2 A26 ·
¨ A16 2 ¨ ¸ A26 2 ¨ ¸ A12 A66 2 ¸ ux
¨
© wx ¨© R 0 R 0 ¸¹ wx ws ¨© R 0 R 0 ¸¹ ws wx ws R 0 ¸¹
§ w 2 A66 w w2 w2 A66 ·
¨ A66 2 A22 2 2 A26 2 ¸ us
¨ wx R 0 wx ws wx ws R 0 ¸¹
©
§ w 2 § B 26 2 B16 · w w2
¨ B16 2 ¨ ¸ B 26 2
¨
© wx ¨© R 0 R 0 ¸¹ wx ws
§ B 22 B 66 · w w2 B 26 ·
¨ ¸ B12 B 66 2 ¸ Ex
¨ R 0 R 0 ¸ ws wx ws R 0 ¸¹
© ¹
§ w 2 B 66 w w2 w2 B 66 ·
¨ B 66 2 B 22 2 2 B 26 2 ¸ E s qs I 0us I1Es (3.99)
¨ wx R 0 wx ws wx ws R 0 ¸¹
©
(c) Equilibrio alla traslazione lungo la direzione coordinata ] :
§ w2 A44 w w2 w2 ·
¨¨ N A44 2 N N A55 2 2N A45 ¸w
© wx R 0 wx ws wx ws ¸¹
§ w w A44 ·
¨ N A44 N A45 N ¸ Ex
¨ wx ws R 0 ¸¹
©
§ w w A45 ·
¨ N A45 N A55 N
¸ E s qn I 0 w (3.100)
¨ wx ws R 0 ¸¹
©
(d) Equilibrio alla rotazione attorno alla direzione coordinata x :
§ w 2 B11 w w2 w2 B 22 ·
¨¨ B11 2 B 66 2 2 B16 2 ¸ ux
© wx R 0 wx ws wx ws R 0 ¸¹
§ w 2 B 26 w w2
¨ B16 2 B 26 2
¨ wx R 0 wx ws
©
§ B 22 B 66 · w w2 B 26 ·
¨ ¸ B12 B 66 2 ¸ us
¨ ¸ wx ws R 0 ¹¸
© R 0 R 0 ¹ ws
§ w w ·
¨ N A44 N A45 ¸ w
© wx ws ¹
§ w 2 D11 w w2 w2 D 22 ·
¨ D11 2 D 66 2 2 D16 2 N A44 ¸ E x
¨ wx R 0 wx ws wx ws R 0 ¸
© ¹
§ w 2 D 26 w w 2 § D 22 D 66 · w
¨ D16 2 D 26 2 ¨ ¸
¨
© wx R 0 wx ws ¨© R 0 R 0 ¸¹ ws
w2 D 26 ·
D12 D 66 2 N A45 ¸ E s mx I1ux I 2 Ex (3.101)
wx ws R 0 ¸
¹
(e) Equilibrio alla rotazione attorno alla direzione coordinata s :
§ w 2 § B 26 2 B16 · w w 2 § B 22 B 66 · w w2 B 26 ·
¨ B16 2 ¨ ¸ B 26 2 ¨ ¸ B12 B 66 2 ¸ ux
¨
© wx ©¨ R 0 R 0 ¹¸ wx ws ©¨ R 0 R 0 ¹¸ ws wx ws R 0 ¸¹
§ w 2 B 66 w w2 w2 B 66 ·
¨ B 66 2 B 22 2 2 B 26 2 ¸ us
¨ wx R 0 wx ws wx ws R 0 ¸¹
©
§ w w ·
¨ N A45 N A55 ¸ w
© wx ws ¹
§ w 2 § 2D16 D 26 · w w2
¨ D16 2 ¨ ¸ D 26 2
¨
© wx ¨© R 0 R0 ¸¹ wx ws
§ D 22 D 66 · w w2 D 26 ·
¨ ¸ D12 D 66 2 N A45 ¸ E x
¨ R 0 ¹¸ ws wx ws R 0 ¸
© R0 ¹
§ w 2 D 66 w w2
¨ D 66 2 D 22 2
¨ wx R 0 wx ws
©
w2 D 66 ·
2 D 26 2 N A55 ¸ E s ms I1us I 2 Es (3.102)
wx ws R 0 ¸
¹
Le relazioni (3.98)-(3.102) rappresentano le equazioni fondamentali o equazioni
indefinite di equilibrio in termini di componenti di spostamento per la piastra circolare.
O { Oc
x1
t2 ty
R0 f
n n Ly
RM R- f Lx
t1 tx
x1
O { Oc
(a) (b)
x2
x3 { x
Figura 3.13 – Rappresentazione di una piastra rettangolare.
Da un punto di vista geometrico, essa può essere vista come caso degenere del guscio
cilindrico circolare. Infatti, facendo tendere all’infinito il raggio R del cilindro si ricava la
piastra rettangolare. Anche la superficie in parola è caratterizzata da una curvatura
gaussiana nulla, essendo entrambi i raggi di curvatura principali RM , R- infiniti
ds dy (3.103)
risulta possibile definire le equazioni della piastra rettangolare. In altre parole, operando in
questo modo, si è rettificato il parallelo del guscio di rivoluzione. In maniera analoga si
può procedere rettificando il meridiano del guscio cilindrico di traslazione.
Essendo R 0 f e s y per la relazione (3.103), ed eliminando i termini aventi
§ w2 w2 w2 ·
A
¨ 16 2 A 26 A12 A 66 ¸ ux
© wx wy 2 wx wy ¹
§ w2 w2 w2 ·
¨ A66 2 A22 2 2 A26 ¸ uy
© wx wy wx wy ¹
§ w2 w2 w2 ·
¨ B16 2 B 26 2 B12 B 66 ¸ Ex
© wx wy wx wy ¹
§ w2 w2 w2 ·
¨ B 66 2 B 22 2 2 B 26 ¸ E y q y I 0uy I1E y (3.108)
© wx wy wx wy ¹
§ w2 w2 w2 ·
¨ N A44 2 N A55 2 2N A45 ¸w
© wx wy wx wy ¹
§ w w ·
¨ N A44 N A45 ¸ E x
© w x wy¹
§ w w ·
¨ N A45 N A55 ¸ E y qn
I0 w (3.109)
© wx wy ¹
(d) Equilibrio alla rotazione attorno alla direzione coordinata x :
§ w2 w2 w2 ·
¨ B11 2 B 66 2 2 B16 ¸ ux
© wx wy wx wy ¹
§ w2 w2 w2 ·
¨ B16 2 B 26 2 B12 B 66 ¸ uy
© wx wy wx wy ¹
§ w w ·
¨ N A44 N A45 ¸ w
© w x w y¹
§ w2 w2 w2 ·
¨ D11 2 D 66 2 2 D16 N A44 ¸ E x
© wx wy wx wy ¹
2 2 2
§ w w w ·
¨ D16 2 D 26 2 D12 D 66 N A45 ¸ E y mx I1ux I 2 Ex (3.110)
© wx wy wx wy ¹
(e) Equilibrio alla rotazione attorno alla direzione coordinata y :
§ w2 w2 w2 ·
B
¨ 16 2 B 26 B 12 B 66 ¸ ux
© wx wy 2 wx wy ¹
§ w2 w2 w2 ·
¨ B 66 2 B 22 2 2 B 26 ¸ uy
© wx wy wx wy ¹
§ w w ·
¨ N A45 N A55 ¸ w
© wx wy ¹
§ w2 w2 w2 ·
¨ D16 2 D 26 2 D12 D 66 N A45 ¸ E x
© wx wy wx wy ¹
2 2 2
§ w w w ·
¨ D 66 2 D 22 2 2 D 26 N A55 ¸ E y m y I1uy I 2 Ey (3.111)
© w x w y wx w y ¹
Chapter 4
ABSTRACT
In the previous chapter, the governing equations of some shell structures commonly
encountered in engineering practice were presented. In this chapter, the analysis of thick
shells and panels is performed by following two different investigations. In the first one,
the solution is obtained by using the numerical technique named Generalized Differential
Quadrature (GDQ) method. The main features and the mathematical fundamentals of the
numerical technique under discussion are illustrated in chapter 1. The solution is given in
terms of generalized displacement components of points lying on the middle surface of the
shell. Then, in order to verify the accuracy of the present method, numerical results are
also computed by using commercial programs. One of the aims of this chapter is to
compare results from the GDQ analysis with those results obtained with finite element
techniques and based on the same shell theory.
The solution procedure by means of the GDQ technique has been implemented in a
MATLAB 6.5 code. The logical scheme used in the implementation of MATLAB code is
exposed in the last chapter. Different FEM commercial codes such as Abaqus, Ansys,
Straus, Femap/Nastran and Pro/Mechanica have been used.
In the GDQ method the governing differential equations of motion presented in the
previous chapter are directly transformed in one single step to obtain the final algebraic
form. In order to demonstrate efficient and accurate applications of the differential
quadrature approach, by solving the equations of motion governing the free vibration of
thick shells, two independent coordinates are taken into account.
For all the examples, the worked out approximate solutions show good convergence
characteristics and appear to be accurate when tested by comparison to finite element
analyses.
Different types of grid point distribution are also considered and their effect on the
solution accuracy is investigated. The Chebyshev-Gauss-Lobatto (C-G-L) grid point
distribution has the fastest convergence and provides more accurate solutions, whereas the
solutions obtained by using Chebyshev I° (C I°), Chebyshev II° (C II°), Legendre (Leg)
and Quadratic (Quad) grid point distributions oscillate much more. It is shown that the
solution accuracy of the non-uniform grid distributions stays steady with increasing
N M and does not decrease due to numerical instabilities even if N M becomes very
large. For all the treated cases the non-uniform distributions are stable if the number of grid
points increases.
The convergence and the stability of some natural frequencies for the considered
structures with different boundary conditions are reported. As shown, to obtain accurate
results for the higher frequencies the number of sampling points does not need to be very
large. It should be noted that the boundary conditions influence the convergence and
stability characteristics. In fact, the solutions for panel type structures show the fastest
convergence and provide more accurate results with a lower number of sampling points.
Instead, the solutions for the complete shells oscillate much more and require a larger
number of sampling points. In these cases, compatibility conditions are introduced and
must be implemented to solve the complete shell of revolution problem. It is worth noting
that, using all the non-uniform grid distributions, the methodology presents good stability
and convergence characteristics. Furthermore, the accuracy depends on the number of
sampling points used.
Different geometries, schemes of lamination and materials are investigated for
anisotropic laminated composite shells and panels. Two different power-law distributions
are considered for functionally graded materials. The numerical results illustrate the
influence of the power-law distribution choice on the mechanical behaviour of functionally
graded doubly curved shells and panels.
Capitolo 4
INTRODUZIONE
partendo dalle equazioni dei gusci di rivoluzione a doppia curvatura ed imponendo di volta
in volta le caratteristiche geometriche proprie della struttura in esame.
§ cos 2 M sin M · · s 2 s s
D 66 ¨
¨ R 02
¸¸ N A55 ¸ B Z I1U I 2 B (4.11)
R R ¸
© M 0 ¹ ¹
Le relazioni (4.7)-(4.11) rappresentano le equazioni fondamentali che governano le
vibrazioni libere dei gusci di rivoluzione in materiale anisotropo. In maniera analoga a
quanto illustrato nel terzo capitolo, da queste ultime risulta possibile dedurre le equazioni
delle vibrazioni libere per gusci a singola curvatura e degeneri.
Bordo ad sM costante
sM
Bordo ad sM costante
NM 0 oppure uM 0
NM s 0 oppure us 0
TM 0 oppure w 0 (4.12)
MM 0 oppure EM 0
MMs 0 oppure Es 0
Meridiano di chiusura
conviene interpretare queste ultime come condizioni di continuità. In altre parole, occorre
soddisfare la continuità strutturale nei punti estremi della direzione coordinata sM o s per
Parallelo di chiusura
NM s M , 0 NM s M , s0 , uM M, 0 u M M , s0
Ns M, 0 N s M , s0 , u s M, 0 u s M , s0
Ts M , 0 Ts M , s0 , w M, 0 w M , s0 (4.14)
MMs M , 0 M M s M , s0 , EM M , 0 EM M , s0
M s M, 0 M s M , s0 , Es M, 0 E s M , s0
mentre lungo il parallelo di chiusura, ossia lungo i due paralleli per M 0 e per M 2S ,
risulta:
N M 0, s NM 2S , s , u M 0, s u M 2S , s
NM s 0, s NM s 2S , s , u s 0, s u s 2S , s
TM 0, s TM 2S , s , w 0, s w 2S , s (4.15)
M M 0, s M M 2S , s , EM 0, s EM 2S , s
M M s 0, s M M s 2S , s , E s 0, s E s 2S , s
Una volta definito il sistema risolvente (4.7)-(4.11), per ottenere la soluzione numerica
attraverso la tecnica GDQ, occorre in primo luogo discretizzare lungo le due direzioni
coordinate M , s . Siano N , M il numero di punti della discretizzazione lungo le coordinate
curvilinee M , s , rispettivamente. In figura 4.4 è illustrata la discretizzazione del dominio
bidimensionale di un pannello di rivoluzione a profilo parabolico. Gli indici i, j
individuano la posizione del punto ( Mi , s j ), i 1, 2,..., N , j 1, 2,..., M , lungo le direzioni
R 2 ¦9 M ik
2
U kjM A11 ¨ 3
¨ RMi R 0i RMi dM
s 2 M
¸¸ ¦ 9 ik U kj A66 ¦ 9 jm U im
Mi k 1 © i¹k 1 m 1
2 A16 N
M1
M
M
§ A12 sin Mi A22 cos 2 Mi A44 ·
¦ 9 ik ¦ jm9 s1
U ¨¨ N 2 ¸ U ijM
RMi ¸¹
km 2
RMi k 1 m 1 © RMi R 0i R 0i
A16 N § A26 cos Mi A16 dRM · N M 1 s M
2 ¦ 9 ikM 2 U kjs ¨ 3 ¸ ¦ 9 ik U kj A26 ¦ 9 sjm2 U ims
RMi k 1 ¨ RMi R 0i RMi dM i ¸¹ k 1
© m 1
2
2 B16 N M § B12 sin Mi B 22 cos Mi A44 · M
¦ 9 ikM 1 ¦ 9 sjm1 Bkm M
¨ N ¸ Bij
RMi k 1 ¨ 2
RMi ¸¹
m 1 © RMi R 0i R 0i
B16 N § B 26 cos Mi B16 dRM · N M 1 s M
2 ¦ 9 ikM 2 Bkjs ¨ 3 ¸ ¦ 9 ik Bkj B 26 ¦ 9 sjm2 Bims
RMi k 1 ¨ RMi R 0i RMi dM i ¸¹ k 1
© m 1
2
§ B16 sin Mi B 26 cos Mi A45 · s 2 M M
¨ N ¸¸ Bij Z I 0U ij I1 Bij (4.24)
¨ RMi R 0i R 2
R
© 0i Mi ¹
RM i2 ¦9 M ik
2
U kjM ¨
¨ RMi R 0i
R R
3
R d M
s 2 M
¸¸ ¦ 9 ik U kj A26 ¦ 9 jm U im
k 1 © Mi 0i Mi i¹ k 1 m 1
M
M
§ B 22 cos Mi B 66 cos Mi · M s 1 M
B 26 ¦ 9 sjm2 Bim ¨ ¸¸ ¦ 9 jm Bim
¨ R 0i R 0i
m 1 © ¹m 1
§ B12 B 66 · N M 1 M s 1 M § § cos 2 Mi sin Mi · A45 sin Mi · M
¨
¨R
¸
¸ ¦ 9 ik ¦ 9 jm Bkm ¨ B 26 ¨
¨ ¨ 2
¸¸ N ¸ Bij
¸
© Mi RMi ¹ k 1 m 1
© © R 0i RMi R 0i ¹ R 0i ¹
B 66 N § cos Mi 1 dRM · N M 1 s
RM2i
¦9 M ik
2
¨ RMi R 0i RMi dM ¸¸ ¦
Bkjs B 66 ¨ 3 9 ik Bkj
k 1 © i¹k 1
M 2 B 26 N M 1 M s 1 s
B 22 ¦ 9 sjm2 Bims ¦ 9 ik ¦ 9 jm Bkm
m 1 RMi k 1 m 1
2
2 A45 N M 1 M s 1 §A 2 A sin Mi A22 sin Mi ·
N ¦ 9 ik ¦ 9 jm Wkm ¨ 112 12 ¸¸ Wij
RMi k 1 ¨ RMi RMi R 0i R 20i
m 1 © ¹
§ B11 B12 sin Mi A44 · N M 1 M § B16 B 26 sin Mi ·M M
¨ 2 N ¸ ¦ 9 ik Bkj ¨ N A45 ¸ ¦ 9 sjm1 Bim
¨ RMi R R R ¸ ¨ R R ¸
© Mi 0i Mi ¹ k 1 © Mi 0i ¹m 1
§ B12 cos Mi B 22 sin Mi cos Mi A44 cos Mi · M
¨ N ¸¸ Bij
¨ RMi R 0i 2
R 0i R 0i
© ¹
§ B16 B 26 sin Mi A45 · N §B B sin Mi ·M
¨ 2 N ¸ ¦ 9 ikM 1 Bkjs ¨ 12 22 N A55 ¸ ¦ 9 sjm1 Bims
¨ RMi RMi R 0i RMi ¸¹ k 1 ¨ RMi R 0i ¸m 1
© © ¹
§ B16 cos Mi B 26 sin Mi cos Mi A45 cos Mi · s 2
¨ N ¸¸ Bij Z I 0Wij (4.26)
¨ RMi R 0i 2
R 0i R 0i
© ¹
(d) Equilibrio alla rotazione attorno alla direzione coordinata sM :
R 2 ¦9 M ik
2
U kjM B11 ¨ 3
¨ RMi R 0i RMi dM
s 2 M
¸¸ ¦ 9 ik U kj B 66 ¦ 9 jm U im
Mi k 1 © i¹k 1 m 1
2 B16 N
M1
M
s1 M
§ B12 sin Mi B 22 cos 2 Mi A44 · M
¦
RMi k 1
9 ik ¦ jm9 U km ¨¨ 2
N ¸ U ij
RMi ¸¹
m 1 © RMi R 0i R 0i
B16 N § B 26 cos Mi B16 dRM · N M 1 s M
2 ¦ 9 ikM 2 U kjs ¨ 3 ¸ ¦ 9 ik U kj B 26 ¦ 9 sjm2 U ims
RMi k 1 ¨ RMi R 0i RMi dM i ¸¹ k 1
© m 1
2
§ D16 sin Mi D 26 cos Mi ·
¨ N A45 ¸ Bijs Z 2 I1U ijM I 2 BijM (4.27)
¨ RMi R 0i 2
R 0i ¸
© ¹
(e) Equilibrio alla rotazione attorno alla direzione coordinata s :
2
RM i
¦9 M ik
2
U kjM ¨
¨ RMi R 0i
B16 ¨
¨ R R
3
R d M
¸¸ ¸ ¦ 9 ik U kj B 26 ¦ 9 jm U im
¸
s 2 M
k 1
© © Mi 0i Mi i ¹¹ k 1 m 1
§ § cos Mi sin Mi ·
2
A45 · M
¨ B 26 ¨
¨
¸¸ N ¸ U ij
¨ 2
RMi ¸¹
© © R 0i RMi R 0i ¹
B 66 N § cos Mi 1 dRM · N M 1 s M
2 ¦ 9 ikM 2 U kjs B 66 ¨ 3 ¸¸ ¦ 9 ik U kj B 22 ¦ 9 jm U im
s 2 s
RMi k 1 ¨ R R R d M
© Mi 0i Mi i¹k 1 m 1
2 B 26 N M 1 M s 1 s § § cos Mi sin Mi ·
2
A55 sin Mi · s
¦
RMi k 1
9 ik ¦ 9 jm U km ¨ B 66 ¨
¨ ¨ 2
¸¸ N
R 0i ¸¹
¸ U ij
m 1
© © R 0i RMi R 0i ¹
§ B16 B 26 sin Mi A45 · N M 1 § B12 B 22 sin Mi ·M
¨ 2 N ¸¸ ¦ 9 ik Wkj ¨¨ N A55 ¸ ¦ 9 sjm1 Wim
¨ RMi RMi R 0i RMi ¹ k 1 ¸m 1
© © RMi R 0i ¹
§ § sin Mi cos Mi cos Mi · § 2 cos Mi 1 dRM · ·
¨ B 26 ¨ ¸¸ B16 ¨¨ 3 ¸¸ ¸ Wij
¨ ¨ 2
¸
© © R 0i RMi R 0i ¹ © RMi R 0i RMi dM i ¹ ¹
D16 N M 2 § D 26 cos Mi § 2 cos Mi 1 dRM · · N M 1 M
2 ¦ 9 ik BkjM ¨
¨ RMi R 0i RMi dM ¸¸ ¸ ¦
D16 ¨ 3 ¸ 9 ik Bkj
RMi k 1 ¨ RMi R 0i
© © i ¹¹ k 1
M
M
§ D 22 cos Mi D 66 cos Mi · M s 1 M
D 26 ¦ 9 sjm2 Bim ¨ ¸¸ ¦ 9 jm Bim
¨ R 0i R 0i
m 1 © ¹m 1
§ D12 D 66 · N M 1 M s 1 M § § cos 2 Mi sin Mi · ·
¨ ¸ ¦ 9 ik ¦ 9 jm Bkm ¨ D 26 ¨ ¸ N A45 ¸ BijM
¨R ¸ ¨ ¨ R 0i 2
RMi R 0i ¸¹ ¸
© Mi RMi ¹ k 1 m 1
© © ¹
D 66 N M 2 s § cos Mi 1 dR · N
2 ¦ 9 ik Bkj D 66 ¨ M
9 ikM 1 Bkjs
¨ RMi R 0i RM3i dM ¸¸ ¦
RMi k 1 © i¹k 1
M 2 D 26 N M
D 22 ¦ 9 sjm2 Bims
m 1 RMi
¦9 M ¦9
k 1
ik
1
m 1
s1
jm
s
Bkm
§ § cos 2 Mi sin Mi · · s
¨ D 66 ¨ ¸¸ N A55 ¸ Bij Z 2 I1U ijs I 2 Bijs (4.28)
¨ ¨ R 20i RMi R 0i ¸
© © ¹ ¹
9 sjm1 , 9 sjm2 sono quelli relativi alle derivate fatte lungo s . Tutte le caratteristiche
geometriche del meridiano Mi , RMi , R 0i devono essere calcolate nel generico punto di
dipendono dalla lunghezza del parallelo s0 j e quindi devono essere valutati per ogni
1 M M0 Mi , s j
s 0 s s0
i
s
N
1 M
sM
j
M M1
Figura 4.4 – Discretizzazione del dominio bidimensionale.
RM a
¦ 9 akM 1 U kjM A16 ¦ 9 sjm1 U amM
k 1 m 1 R 0a
U ajM
RM a
¦9 M
k 1
ak
1
U kjs
m 1
s1
Bkjs B12 ¦ 9 jm Bam
s
R0a
Bajs 0 (4.30)
RM a
¦ 9 akM 1 U kjM A66 ¦ 9 sjm1 U amM
k 1 m 1 R 0a
U ajM
RM a
¦9 M
k 1
ak
1
U kjs
M B 26 cos M a B 66 N M B 66 cos M a
m 1
M
B 66 ¦ 9 jm Bam
s1
R 0a
BajM
RM a
¦9 M
k 1
ak
1
m 1
s1
Bkjs B 26 ¦ 9 jm Bam
s
R0a
Bajs 0 (4.31)
RM a
¦ 9 akM 1 U kjM B16 ¦ 9 sjm1 U amM
k 1 m 1 R 0a
U ajM
RM a
¦9 M
k 1
ak
1
U kjs
m 1
s1
Bkjs D12 ¦ 9 jm Bam
s
R0a
Bajs 0 (4.33)
B16 N M B 26 cos M a B 66 N
RM a
¦9 M
k 1
ak
1
U kjM B 66 ¦ 9 sjm1 U am
m 1
M
R 0a
U ajM
RM a
¦9 M
k 1
ak
1
U kjs
M D 26 cos M a D 66 N M D 66 cos M a
m 1
M
D 66 ¦ 9 jm Bam
s1
R 0a
BajM
RM a
¦9 M
k 1
ak
1
Bkjs D 26 ¦ 9 jm Bam
m 1
s s1
R 0a
Bajs 0 (4.34)
RMi
¦9 M
k 1
ik
1 M
U kb
m 1
M
A66 ¦ 9 bm U im
s1
R 0i
U ibM
RMi
¦9 M
k 1
ik
1
U kbs
M B 26 cos Mi B 66 N M B 66 cos Mi
m 1
M
B 66 ¦ 9 bm Bim
s1
R 0i
BibM
RMi
¦9 M
k 1
ik
1
Bkbs B 26 ¦ 9 bm Bims
m 1
s1
R 0i
Bibs 0 (4.36)
RMi
¦9 M
k 1
ik
1 M
U kb
m 1
s1
A26 ¦ 9 bm M
U im
R 0i
U ibM
RMi
¦9 M
k 1
ik
1
U kbs
M B 22 cos Mi B 26 N M B 26 cos Mi
m 1
M
B 26 ¦ 9 bm Bim
s1
R 0i
BibM
RMi
¦9 M
k 1
ik
1
Bkbs B 22 ¦ 9 bm Bims
m 1
s1
R 0i
Bibs 0 (4.37)
B16 N M B 26 cos Mi B 66 N
RMi
¦9 M
k 1
ik
1 M
U kb
m 1
Ms1
B 66 ¦ 9 bm U im
R 0i
U ibM
RMi
¦9 M
k 1
ik
1
U kbs
M D 26 cos Mi D 66 N M D 66 cos Mi
m 1
M
D 66 ¦ 9 bm Bim
s1
R 0i
BibM
RMi
¦ 9 ikM 1 Bkbs D 26 ¦ 9 bms 1 Bims
k 1 m 1 R 0i
Bibs 0 (4.39)
B12 N M B 22 cos Mi B 26 N
RMi
¦9 M
k 1
ik
1 M
U kb
m 1
s1
B 26 ¦ 9 bm M
U im
R 0i
U ibM
RMi
¦9 M
k 1
ik
1
U kbs
M D 22 cos Mi D 26 N M D 26 cos Mi
m 1
M
D 26 ¦ 9 bm Bim
s1
R 0i
BibM
RMi
¦9 M
k 1
ik
1
m 1
s1
Bkbs D 22 ¦ 9 bm Bims
R 0i
Bibs 0 (4.40)
e per - M 2S ( s0 M 2S R 0 M ), si ha:
U iM1 M
U iM ,U is1 U iM
s
,Wi1 WiM , BiM1 M
BiM , Bis1 s
BiM (4.41)
RMi
¦9 M
k 1
ik
1
U kM1 A66 ¦ 9 1m U im
m 1
M
s1
R 0i
U iM1
RMi
¦9 M
k 1
ik
1
U ks1
M B 26 cos Mi B 66 N M B 66 cos Mi
m 1
M
B 66 ¦ 9 1sm1 Bim
R 0i
BiM1
RMi
¦9 M
k 1
ik
1
Bks1 B 26 ¦ 9 1sm1 Bims
m 1 R 0i
Bis1
RMi
¦9 M
k 1
ik
1 M
U kM
m 1
Ms1
A66 ¦ 9 Mm U im
R 0i
M
U iM
RMi
¦9 M
k 1
ik
1 s
U kM
M B 26 cos Mi B 66 N M B 66 cos Mi
m 1
M
B 66 ¦ 9 Mm Bim
s1
R 0i
M
BiM
RMi
¦9 M
k 1
ik
1 s
BkM B 26 ¦ 9 Mm Bims
m 1
s1
R 0i
s
BiM (4.42)
RMi
¦9 M
k 1
ik
1
U kM1 A26 ¦ 9 1m U im
m 1
M
s1
R 0i
U iM1
RMi
¦9 M
k 1
ik
1
U ks1
M B 22 cos Mi B 26 N M B 26 cos Mi
m 1
M
B 26 ¦ 9 1m Bim
s1
R 0i
BiM1
RMi
¦9 M
k 1
ik
1
Bks1 B 22 ¦ 9 1m Bims
m 1
s1
R 0i
Bis1
RMi
¦9 M
k 1
ik
1 M
U kM s1
A26 ¦ 9 Mm M
U im
m 1
R 0i
M
U iM
RMi
¦9 M
k 1
ik
1 s
U kM
M B 22 cos Mi B 26 N M B 26 cos Mi
m 1
M
B 26 ¦ 9 Mm Bim
s1
R 0i
M
BiM
RMi
¦9 M
k 1
ik
1 s
BkM B 22 ¦ 9 Mm Bims
m 1
s1
R 0i
s
BiM (4.43)
A44 N M
N
RMi
¦9 M
k 1
ik
1 s1
WkM N A45 ¦ 9 Mm M
Wim N A44 BiM
m 1
s
N A44 BiM (4.44)
B16 N M B 26 cos Mi B 66 N
RMi
¦9 M
k 1
ik
1
U kM1 B 66 ¦ 9 1sm1 U im
m 1
M
R 0i
U iM1
RMi
¦9 M
k 1
ik
1
U ks1
M D 26 cos Mi D 66 N M D 66 cos Mi
m 1
M
D 66 ¦ 9 1m Bim
s1
R 0i
BiM1
RMi
¦ 9 ikM 1 Bks1 D 26 ¦ 91sm1 Bims
k 1 m 1 R 0i
Bis1
B16 N M B 26 cos Mi B 66 N
RMi
¦9 M
k 1
ik
1 M
U kM
m 1
M
B 66 ¦ 9 Mm U im
s1
R 0i
M
U iM
RMi
¦9 M
k 1
ik
1 s
U kM
M D 26 cos Mi D 66 N M D 66 cos Mi
s1
D 66 ¦ 9 Mm
m 1
M
Bim
R 0i
M
BiM
RMi
¦ 9 ikM 1 BkMs D 26 ¦ 9 Mm
k 1
s1
Bims
m 1 R 0i
s
BiM (4.45)
B12 N M B 22 cos Mi B 26 N
RMi
¦9 M
k 1
ik
1
U kM1 B 26 ¦ 9 1m U im
m 1
M s1
R 0i
U iM1
RMi
¦9 M
k 1
ik
1
U ks1
M D 22 cos Mi D 26 N M D 26 cos Mi
m 1
M
D 26 ¦ 9 1m Bim
s1
R 0i
BiM1
RMi
¦9 M
k 1
ik
1
Bks1 D 22 ¦ 9 1m Bims
m 1
s1
R 0i
Bis1
B12 N M B 22 cos Mi B 26 N
RMi
¦9 M
k 1
ik
1 M
U kM s1
B 26 ¦ 9 Mm
m 1
M
U im
R 0i
M
U iM
RMi
¦9 M
k 1
ik
1 s
U kM
M D 22 cos Mi D 26 N M D 26 cos Mi
m 1
M
D 26 ¦ 9 Mm Bim
s1
R 0i
M
BiM
RMi
¦9 M
k 1
ik
1 s
BkM D 22 ¦ 9 Mm Bims
m 1
s1
R 0i
s
BiM (4.46)
per i 2,3,..., N 1 , mentre lungo il parallelo di chiusura, ossia lungo i due paralleli per
M 1 0 e per M N 2S , risulta:
U1Mj M
U Nj , U1sj U Njs ,W1 j WNj , B1Mj M
BNj , B1sj BNjs (4.47)
RM1
¦9 M
k 1
1k
1
U kjM A16 ¦ 9 jm U1Mm
m 1
s1
R 01
U1Mj
RM1
¦9 M
k 1
1k
1
U kjs
RM N
¦9 M
k 1
Nk
1
U kjM A16 ¦ 9 jm U Nm
m 1
M s1
R0 N
M
U Nj
RM N
¦9 M
k 1
Nk
1
U kjs
R0 N
M
BNj
RM N
¦9 M
k 1
Nk
1
Bkjs B12 ¦ 9 jm BNm
m 1
s
s1
R0 N
BNjs (4.48)
RM1
¦9 M
k 1
1k
1
U kjM A66 ¦ 9 sjm1 U1Mm
m 1 R 01
U1Mj
RM1
¦9 M
k 1
1k
1
U kjs
R 01
B1Mj
RM1
¦9 M
k 1
1k
1
Bkjs B 26 ¦ 9 jm B1sm
m 1
s1
R 01
B1sj
RM N
¦9 M
k 1
Nk
1
U kjM A66 ¦ 9 jm U Nm
m 1
M
s1
R0 N
M
U Nj
RM N
¦9 M
k 1
Nk
1
U kjs
M B 26 cos M N B 66 N M B 66 cos M N
m 1
M
B 66 ¦ 9 sjm1 BNm
R0 N
M
BNj
RM N
¦9 M
k 1
Nk
1
Bkjs B 26 ¦ 9 sjm1 BNm
m 1
s
R0N
BNjs (4.49)
A44 N M
N
RM N
¦9 M
k 1
Nk
1
m 1
M
Wkj N A45 ¦ 9 sjm1 WNm N A44 BNj N A44 BNjs (4.50)
RM1
¦9 M
k 1
1k
1
U kjM B16 ¦ 9 jm U1Mm
m 1
s1
R 01
U1Mj
RM1
¦9 M
k 1
1k
1
U kjs
RM N
¦ 9 NkM 1 U kjM B16 ¦ 9 sjm1 U Nm
k 1
M
m 1
R0 N
M
U Nj
RM N
¦9 M
k 1
Nk
1
U kjs
R0 N
M
BNj
RM N
¦9 M
k 1
Nk
1
Bkjs D12 ¦ 9 jm BNm
m 1
s
s1
R0 N
BNjs (4.51)
B16 N M B 26 cos M 1 B 66 N
RM1
¦ 91Mk 1 U kjM B 66 ¦ 9 sjm1 U1Mm
k 1 m 1 R 01
U1Mj
RM1
¦9 M
k 1
1k
1
U kjs
M D 26 cos M 1 D 66 N M D 66 cos M 1
D 66 ¦ 9 jm B1Mm
m 1
s1
R 01
B1Mj
RM1
¦9 M
k 1
1k
1
m 1
s1
Bkjs D 26 ¦ 9 jm B1sm
R 01
B1sj
B16 N M B 26 cos M N B 66 N
RM N
¦9 M
k 1
Nk
1
U kjM B 66 ¦ 9 jm U Nm
m 1
s1 M
R0 N
M
U Nj
RM N
¦9 M
k 1
Nk
1
U kjs
M D 26 cos M N D 66 N M D 66 cos M N
m 1
M
D 66 ¦ 9 sjm1 BNm
R0N
M
BNj
RM N
¦9 Mk 1
Nk
1
Bkjs D 26 ¦ 9 sjm1 BNm
m 1
s
R0 N
BNjs (4.52)
per j 2,3,..., M 1 . Si vuol far rilevare che le condizioni di compatibilità sono state
scritte nei soli punti interni del meridiano o del parallelo considerato, visto che nei restanti
due punti devono essere soddisfatte le condizioni al contono strutturali.
Definita la forma discreta sia delle equazioni fondamentali (4.24)-(4.28) che delle
condizioni al contorno (4.29)-(4.40) e di compatibilità (4.41)-(4.52) in termini di
componenti generalizzate di spostamento, è possibile scrivere il sistema risolvente in forma
compatta:
KG Z 2 M G (4.53)
dove K è la matrice di rigidezza globale del sistema di ordine 5 N u M u 5 N u M , M
gradi di libertà appartenenti al contorno della struttura e G d il vettore dei gradi di libertà
interni. In particolare, le componenti di spostamento U ijM , U ijs , Wij , BijM , Bijs per i 1, N e
U ijM , U ijs , Wij , BijM , Bijs per i 2,..., N 1 e j 2,..., M 1 determinano il vettore G d
(figura 4.4).
Una volta introdotta la suddivisione in parola, il sistema risolvente (4.53) può essere
riscritto nella seguente forma:
ª K bb K bd º ª G b º ª0 0 º ª Gb º
«K Z2 « (4.54)
¬ db K dd »¼ «¬ G d »¼ ¬ 0 M »« »
dd ¼ ¬ G d ¼
Come conseguenza della suddivisione del vettore dei gradi di libertà G , anche le matrici
di rigidezza K e di massa M risultano partizionate. In forma estesa il sistema può essere
posto nella seguente maniera:
K bb G b K bd G d 0
(4.55)
K db G b K dd G d Z 2 M dd G d
La prima equazione (4.55) racchiude in forma compatta tutte le equazioni al contorno e
di compatibilità, mentre la seconda tutte le equazioni di campo in forma compatta.
Dalla prima equazione (4.55) è possibile ricavare il vettore G b , per poi sostituirlo nella
seconda equazione al fine di eliminare in quest’ultima equazione i gradi di libertà vincolati
G b . Infatti, dalla prima delle (4.55) risulta:
1
Gb K bb K bd G d (4.56)
Sostituendo la relazione (4.56) nella seconda equazione (4.55) e premoltiplicando ambo
i membri per M dd1 , si ricava:
M dd1 K db K bb
1
K bd K dd Z 2 I G d 0 (4.57)
per y 0 e y Ly sono liberi. Analogamente la sigla C-S-C-S implica che i bordi per
Uh
Zk Zk L2x (4.58)
D
dove Zk è la pulsazione naturale, U la densità del materiale e D11 D Eh3 12(1 Q 2 ) la
rigidezza flessionale di una piastra costituita da una singola lamina di materiale isotropo.
Le tabelle 4.1-4.4 mostrano le prime cinque pulsazioni adimensionalizzate al variare del
rapporto tra i lati Lx Ly per quattro differenti condizioni al contorno. La tabella 4.5
h 0.01m , Lx Ly 0.4
Leissa* Shu-Du** Karami et al.*** Risultati Tesi
Modo
(analitica) DQ 12 u 12 DQ 15 u 15 PDQ 15 u 15
Z1 23.648 23.645 23.6437 23.6390
Z2 27.817 27.810 - 27.8004
Z3 35.446 35.414 - 35.4075
Z4 46.702 46.451 - 46.6558
Z5 61.554 62.091 - 61.4692
h 0.01m , Lx Ly 0.66667
Leissa* Shu-Du** Karami et al.*** Risultati Tesi
Modo
(analitica) DQ 12 u 12 DQ 15 u 15 PDQ 15 u 15
Z1 27.010 27.006 27.0049 26.9988
Z2 41.716 41.707 - 41.6906
Z3 66.143 66.130 - 66.0933
Z4 66.552 66.465 - 66.4920
Z5 79.850 79.819 - 79.7603
h 0.01m , Lx Ly 1
Leissa* Shu-Du** Karami et al.*** Risultati Tesi
Modo
(analitica) DQ 12 u 12 DQ 15 u 15 PDQ 15 u 15
Z1 35.992 35.986 35.9852 35.9745
Z2 73.413 73.399 - 73.3550
Z3 73.413 73.399 - 73.3550
Z4 108.27 108.230 - 108.1349
Z5 131.64 131.418 - 131.4675
h 0.01m , Lx Ly 1.5
Leissa* Shu-Du** Karami et al.*** Risultati Tesi
Modo
(analitica) DQ 12 u 12 DQ 15 u 15 PDQ 15 u 15
Z1 60.772 60.763 60.7611 60.7473
Z2 93.860 93.841 - 93.8037
Z3 148.82 148.793 - 148.7098
Z4 149.74 149.547 - 149.6071
Z5 179.66 179.594 - 179.4607
h 0.01m , Lx Ly 2.5
Leissa* Shu-Du** Karami et al.*** Risultati Tesi
Modo
(analitica) DQ 12 u 12 DQ 15 u 15 PDQ 15 u 15
Z1 147.80 147.779 147.7733 147.7443
Z2 173.85 173.815 - 173.7534
Z3 221.54 221.338 - 221.2972
Z4 291.89 290.321 - 291.5996
Z5 384.71 388.317 - 384.1825
* A.W. Leissa, Journal of Sound and Vibration 31 (1973), 257-293 [86, 155].
** C. Shu, H. Du, International Journal of Solids and Structures 34 (1997), 819-835 [155].
*** G. Karami, P. Malekzadeh, International Journal for Numerical methods in Engineering 56 (2003), 847-868 [86].
h 0.01m , Lx Ly 0.4
Leissa* Shu-Du** Risultati Tesi
Modo
(analitica) DQ 12 u 12 PDQ 15 u 15
Z1 11.4487 11.4487 11.4482
Z2 16.1862 16.1826 16.1852
Z3 24.0818 24.0529 24.0794
Z4 35.1358 34.7326 35.1319
Z5 41.0576 41.0592 41.0499
h 0.01m , Lx Ly 0.66667
Leissa* Shu-Du** Risultati Tesi
Modo
(analitica) DQ 12 u 12 PDQ 15 u 15
Z1 14.2561 14.2561 14.2551
Z2 27.4156 27.4161 27.4120
Z3 43.8649 43.8665 43.8560
Z4 49.3480 49.2377 49.3367
Z5 57.0244 57.0258 57.0091
h 0.01m , Lx Ly 1
Leissa* Shu-Du** Risultati Tesi
Modo
(analitica) DQ 12 u 12 PDQ 15 u 15
Z1 19.7392 19.7392 19.7374
Z2 49.3480 49.3495 49.3367
Z3 49.3480 49.3495 49.3367
Z4 78.9568 78.9586 78.9278
Z5 98.6960 98.4154 98.6510
h 0.01m , Lx Ly 1.5
Leissa* Shu-Du** Risultati Tesi
Modo
(analitica) DQ 12 u 12 GDQ (15x15)
Z1 32.0762 32.0762 32.0741
Z2 61.6850 61.6861 61.6772
Z3 98.6960 98.6996 98.6760
Z4 111.0330 110.7848 111.0077
Z5 128.3049 128.3081 128.2709
h 0.01m , Lx Ly 2.5
Leissa* Shu-Du** Risultati Tesi
Modo
(analitica) DQ 12 u 12 PDQ 15 u 15
Z1 71.5564 71.5546 71.5508
Z2 101.1634 101.1641 101.1558
Z3 150.5115 150.3305 150.4947
Z4 219.5987 217.0789 219.5710
Z5 256.6097 256.6205 256.5611
* A.W. Leissa, Journal of Sound and Vibration 31 (1973), 257-293 [155].
** C. Shu, H. Du, International Journal of Solids and Structures 34 (1997), 819-835 [155].
h 0.01m , Lx Ly 0.4
Leissa* Wu-Liu** Karami et al.*** Risultati Tesi
Modo
(analitica) DQ 27 u 27 DQ 27 u 27 PDQ 21u 21
Z1 3.5107 3.4951 3.5036 3.4937
Z2 4.7861 4.7584 4.7721 4.7694
Z3 8.1146 8.0561 8.0701 8.0445
Z4 13.882 13.793 13.8053 13.7954
Z5 21.521 21.638 21.5033 21.5004
h 0.01m , Lx Ly 0.66667
Leissa* Wu-Liu** Karami et al.*** Risultati Tesi
Modo
(analitica) DQ 27 u 27 DQ 27 u 27 PDQ 21u 21
Z1 3.5024 3.4759 3.4918 3.4830
Z2 6.4062 6.3490 6.3916 6.4114
Z3 14.538 14.4316 14.4672 14.4340
Z4 22.038 21.9302 21.8939 21.9116
Z5 26.073 25.9367 25.8927 25.9336
h 0.01m , Lx Ly 1
Leissa* Wu-Liu** Karami et al.*** Risultati Tesi
Modo
(analitica) DQ 27 u 27 DQ 27 u 27 PDQ 21u 21
Z1 3.4917 3.4550 3.4771 3.4707
Z2 8.5246 8.4310 8.5087 8.5481
Z3 21.429 21.3070 21.2633 21.2717
Z4 27.331 27.1590 27.1993 27.1662
Z5 31.111 31.0159 30.9383 31.0094
h 0.01m , Lx Ly 1.5
Leissa* Wu-Liu** Karami et al.*** Risultati Tesi
Modo
(analitica) DQ 27 u 27 GDQ (27x27) PDQ 21u 21
Z1 3.4772 3.4318 3.4595 3.4567
Z2 11.676 11.5491 11.6574 11.7252
Z3 21.618 21.5082 21.4435 21.4554
Z4 39.492 39.4185 39.3121 39.4479
Z5 53.876 53.5260 53.5481 53.5039
h 0.01m , Lx Ly 2.5
Leissa* Wu-Liu** Karami et al.*** Risultati Tesi
Modo
(analitica) DQ 27 u 27 DQ 27 u 27 PDQ 21u 21
Z1 3.4562 3.3935 3.4340 3.4380
Z2 17.988 17.8168 17.9622 18.0772
Z3 21.563 21.4564 21.3742 21.3808
Z4 57.458 57.3558 57.2075 57.4805
Z5 60.581 60.0485 60.1565 60.1110
* A.W. Leissa, Journal of Sound and Vibration 31 (1973), 257-293 [86].
** T.Y. Wu, G.R. Liu, International Journal for Numerical methods in Engineering 50 (2001), 1907-1929 [86, 208].
*** G. Karami, P. Malekzadeh, International Journal for Numerical methods in Engineering 56 (2003), 847-868 [86].
h 0.01m , Lx Ly 0.4
Leissa* Wu-Liu** Karami et al.*** Risultati Tesi
Modo
(analitica) DQ 28 u 28 DQ 29 u 29 PDQ 21u 21
Z1 3.9857 3.9613 3.9778 3.9707
Z2 - - 7.1311 7.1267
Z3 - - 13.0436 13.0315
Z4 - - 21.7165 21.7147
Z5 - - 22.7839 22.7990
h 0.01m , Lx Ly 0.66667
Leissa* Wu-Liu** Karami et al.*** Risultati Tesi
Modo
(analitica) DQ 28 u 28 DQ 29 u 29 PDQ 21u 21
Z1 4.9848 4.9266 4.9722 4.9725
Z2 - - 13.2294 13.2315
Z3 - - 23.2594 23.2770
Z4 - - 30.1235 30.0981
Z5 - - 34.1213 34.1152
h 0.01m , Lx Ly 1
Leissa* Wu-Liu** Karami et al.*** Risultati Tesi
Modo
(analitica) DQ 28 u 28 DQ 29 u 29 PDQ 21u 21
Z1 6.9421 6.8418 6.9246 6.9284
Z2 - - 23.8849 23.8902
Z3 - - 26.5718 26.5905
Z4 - - 47.6296 47.6022
Z5 - - 62.7376 62.6700
h 0.01m , Lx Ly 1.5
Leissa* Wu-Liu** Karami et al.*** Risultati Tesi
Modo
(analitica) DQ 28 u 28 DQ 29 u 29 PDQ 21u 21
Z1 11.216 11.0849 11.1875 11.1879
Z2 - - 29.7661 29.7708
Z3 - - 52.3336 52.3731
Z4 - - 67.7779 67.7205
Z5 - - 76.7728 76.7585
h 0.01m , Lx Ly 2.5
Leissa* Wu-Liu** Karami et al.*** Risultati Tesi
Modo
(analitica) DQ 28 u 28 DQ 29 u 29 PDQ 21u 21
Z1 24.911 24.7579 24.8593 24.8182
Z2 - - 44.5691 44.5444
Z3 - - 81.5223 81.4479
Z4 - - 135.7279 135.7191
Z5 - - 142.3992 142.4893
* A.W. Leissa, Journal of Sound and Vibration 31 (1973), 257-293 [86].
** T.Y. Wu, G.R. Liu, International Journal for Numerical methods in Engineering 50 (2001), 1907-1929 [86, 208].
*** G. Karami, P. Malekzadeh, International Journal for Numerical methods in Engineering 56 (2003), 847-868 [86].
h 0.01m , Lx Ly 0.4
Leissa* Shu-Du** Risultati Tesi
C. C.
(analitica) DQ 12 u 12 PDQ 15 u 15
C-C-C-S 23.439 23.4375 23.4342
C-C-C-F 22.508 22.5083 22.5028
C-F-C-S 22.544 22.4789 22.4742
C-F-C-F 22.346 22.2767 22.2588
C-C-S-S 16.849 16.8475 16.8456
C-C-S-F 15.696 15.6312 15.6336
C-S-S-F 15.589 15.5460 15.5917
h 0.01m , Lx Ly 0.66667
Leissa* Shu-Du** Risultati Tesi
C. C.
(analitica) DQ 12 u 12 PDQ 15 u 15
C-C-C-S 25.861 25.8522 25.8537
C-C-C-F 22.926 22.9282 22.9300
C-F-C-S 22.855 22.7742 22.7779
C-F-C-F 22.314 22.2241 22.2079
C-C-S-S 19.952 19.9512 19.9484
C-C-S-F 16.287 16.2116 16.2225
C-S-S-F 15.998 15.9553 16.0079
h 0.01m , Lx Ly 1
Leissa* Shu-Du** Risultati Tesi
C. C.
(analitica) GDQ (12x12) PDQ 15 u 15
C-C-C-S 31.829 31.8008 31.8179
C-C-C-F 23.912 23.9228 23.9311
C-F-C-S 23.460 23.3676 23.3800
C-F-C-F 22.272 22.1643 22.1488
C-C-S-S 27.056 27.0541 27.0490
C-C-S-F 17.615 17.5358 17.5586
C-S-S-F 16.844 16.7498 16.8114
h 0.01m , Lx Ly 1.5
Leissa* Shu-Du** Risultati Tesi
C. C.
(analitica) DQ 12 u 12 PDQ 15 u 15
C-C-C-S 48.167 48.0818 48.1511
C-C-C-F 26.623 26.6426 26.6600
C-F-C-S 24.775 24.6740 24.7064
C-F-C-F 22.215 22.0889 22.0773
C-C-S-S 44.893 44.8903 44.8840
C-C-S-F 21.035 20.9615 21.0071
C-S-S-F 18.467 18.4281 18.5079
h 0.01m , Lx Ly 2.5
Leissa* Shu-Du** Risultati Tesi
C. C.
(analitica) DQ 12 u 12 PDQ 15 u 15
C-C-C-S 37.561 37.6497 37.6387
C-C-C-F 28.564 28.4610 28.5390
C-F-C-S 22.130 21.9763 21.9693
C-F-C-F 105.31 105.2970 105.2845
C-C-S-S 33.578 33.5243 33.6053
C-C-S-F 23.002 22.9637 23.0898
C-S-S-F 37.561 37.6497 37.6387
* A.W. Leissa, Journal of Sound and Vibration 31 (1973), 257-293 [155].
** C. Shu, H. Du, International Journal of Solids and Structures 34 (1997), 819-835 [155].
h 0.1m , Lx Ly 1m
Modo Z1 Z2 Z3 Z4 Z5
Lanhe et al.*
15 u 15
0.2154 0.3516 0.5066 0.5463 0.6633
Risultati Tesi
PDQ 15 u 15
0.2129 0.3465 0.5011 0.5375 0.6544
Risultati Tesi
HDQ 15 u 15 0.2129 0.3465 0.5011 0.5375 0.6544
* W. Lanhe, L. Hua, W. Daobin, Composite Structures 68 (2005), 319-330 [99].
Le tabelle 4.7 e 4.8 mostrano i risultati ricavati per un guscio toroidale a meridiano
circolare a doppia curvatura (figura 3.8 o figura 4.3). Il toroide in parola è costituito da una
sola lamina di materiale isotropo, le cui proprietà meccaniche sono: E 193GPa ,
-0 90q PDQ
HDQ
Frequency [Hz]
6°, 7°
5°
4°
3°
2°
1° Freq.
Figura 4.5 – Caratteristiche di convergenza e stabilità per le prime dieci frequenze di un toroide sottile C-C.
griglia per ottenere una soluzione accurata, per un guscio sottile occorre utilizzare un
numero di punti pari a N M 25 . Inoltre, a parità di sezione trasversale del toroide, si
osserva che la convergenza risulta più lenta all’aumentare dell’ampiezza angolare di
rivoluzione -0 .
-0 180q PDQ
HDQ
10°
9°
8°
7°
4°, 5°, 6°
Frequency [Hz]
3°
2°
1° Freq.
Figura 4.6 – Caratteristiche di convergenza e stabilità per le prime dieci frequenze di un toroide sottile C-C.
-0 90q PDQ
HDQ
10°
9°
8°
7°
6°
5°
Frequency [Hz]
4°
3°
2°
1° Freq.
Figura 4.7 – Caratteristiche di convergenza e stabilità per le prime dieci frequenze di un toroide
moderatamente spesso C-C.
PDQ
-0 180q HDQ
10°
9°
8°
6°, 7°
Frequency [Hz]
5°
4°
3°
2°
1° Freq.
Figura 4.8 – Caratteristiche di convergenza e stabilità per le prime dieci frequenze di un toroide
moderatamente spesso C-C.
Tabella 4.9 – Tipologia di elementi finiti shell utilizzati nei programmi commerciali.
FEM Abaqus Ansys Straus Nastran Pro/Mech
Num. nodi 8 8 8 8 8 4 4
Tipo elemento S8R6 SHELL93 SHELL99 Quad8 CQUAD8 CQUAD4 GEM-Quad4
Tabella 4.10 – Prime dieci frequenze di un pannello a meridiano iperbolico costituito da una sola lamina
ortotropa orientata di T 30q (C-C-C-C).
Caratteristiche geometriche: a 1m , d 2m , D 4m , C 1m , R b 0m , h 0.1m , -0 120q
Proprietà del materiale: E1 137.9 GPa , E2 8.96 GPa , G12 G13 7.1GPa , G23 6.21GPa , Q 12 0.3 e
U 1450 Kg m 3
Modo PDQ HDQ Nastran Abaqus Ansys Straus Pro/Mech
[Hz] 31u 31 31u 31 100u60 (4 nodi) 60 u 40 (8 nodi) 60 u 40 (8 nodi) 60 u 40 (8 nodi) 31 u 21 (GEM)
Figura 4.9 – Prime forme modali del pannello a meridiano iperbolico di tabella 4.10.
Tabella 4.11 – Prime dieci frequenze di un guscio toroidale a meridiano iperbolico laminato non simmetrico
30 / 60 costituito da due lamine di ugual spessore e materiale (F-C).
Figura 4.10 – Prime forme modali del guscio toroidale a meridiano iperbolico di tabella 4.11.
Tabella 4.12 – Prime dieci frequenze di un pannello a meridiano a forma di catenaria laminato simmetrico
45 / 0 s
costituito da quattro lamine di ugual spessore e materiale (F-C-C-C).
Figura 4.11 – Prime forme modali del pannello a meridiano a forma di catenaria di tabella 4.12.
Tabella 4.13 – Prime dieci frequenze di un guscio toroidale a meridiano cicloidale laminato antisimmetrico
45 / 20 / 20 / 45 costituito da quattro lamine di ugual spessore e materiale (C-F).
Figura 4.12 – Prime forme modali del guscio toroidale a meridiano cicloidale di tabella 4.13.
Tabella 4.14 – Prime dieci frequenze di un pannello toroidale a meridiano parabolico laminato simmetrico
45 / 0 / 45 costituito da tre lamine (C-F-C-F). Le lamine 1 e 3, di spessore h1 h3 0.02 m , sono in
1° modo 2° modo
3° modo 4° modo
5° modo 6° modo
7° modo 8° modo
Figura 4.13 – Prime forme modali del pannello toroidale a meridiano parabolico di tabella 4.14.
Tabella 4.15 – Prime dieci frequenze di un pannello toroidale a meridiano ellittico laminato simmetrico
45 / 0 / 45 costituito da tre lamine (C-F-C-F). Le lamine 1 e 3, di spessore h1 h3 0.02 m , sono in
1° modo 2° modo
3° modo 4° modo
5° modo 6° modo
7° modo 8° modo
Figura 4.14 – Prime forme modali del pannello toroidale a meridiano ellittico di tabella 4.15.
Tabella 4.16 – Prime dieci frequenze di un pannello toroidale a meridiano circolare laminato non simmetrico
30 / 60 costituito da due lamine di ugual spessore e materiale (C-C).
Figura 4.15 – Prime forme modali del pannello toroidale a meridiano circolare di tabella 4.16.
Tabella 4.17 – Prime dieci frequenze di un pannello conico laminato non simmetrico 30 / 60 costituito da
Figura 4.16 – Prime forme modali del pannello conico di tabella 4.17.
Tabella 4.18 – Prime dieci frequenze di un guscio cilindrico circolare laminato non simmetrico 30 / 60
Figura 4.17 – Prime forme modali del guscio cilindrico circolare di tabella 4.18.
Tabella 4.19 – Prime dieci frequenze di un pannello circolare laminato non simmetrico 30 / 60 costituito
1° modo 2° modo
3° modo 4° modo
5° modo 6° modo
7° modo 8° modo
Figura 4.18 – Prime forme modali del pannello circolare di tabella 4.19.
Tabella 4.20 – Prime dieci frequenze di una piastra rettangolare laminata non simmetrica 30 / 60 costituita
Figura 4.19 – Prime forme modali della piastra rettangolare di tabella 4.20.
Tabella 4.21 – Prime dieci frequenze di un pannello cilindrico di traslazione a profilo a forma di catenaria
laminato non simmetrico 30 / 60 costituito da due lamine di ugual spessore e materiale (C-F-C-F).
Figura 4.20 – Prime forme modali del pannello cilindrico di traslazione a profilo a forma di catenaria di
tabella 4.21.
Fin qui si sono considerati gusci laminati costituiti da una o più lamine ortotrope,
oppure isotrope. Di seguito vengono riportati i risultati ottenuti considerando gusci
costituiti da “functionally graded material”, e quindi caratterizzati dalla perdita di
omogeneità lungo lo spessore. Il comportamento delle strutture costituite dai materiali in
parola è determinata, oltre che dai singoli costituenti della miscela, anche dalla legge che
caratterizza la distribuzione delle macroparticelle lungo lo spessore. Si sono analizzate
diverse tipologie strutturali. Per ognuna di esse si sono considerate le due diverse
distribuzioni (2.220) caratterizzate dalle sigle FGM 1 , FGM 2 , rispettivamente. Il primo
esempio si riferisce ad una piastra quadrata moderatamente spessa. Le caratteristiche
meccaniche dei materiali costituenti e le dimensioni geometriche sono riportate in tabella
4.22. La tabella in parola presenta le prime dieci frequenze proprie di una piastra FGM 1
dell’esponente p sia per la legge FGM 1 che per la distribuzione FGM 2 . Come si può
osservare nel caso della piastra rettangolare le varie curve coincidono. La coincidenza dei
risultati è dovuta al fatto che la piastra è un guscio degenere, ossia un guscio a curvatura
nulla. Infatti, per questa sua proprietà, dal punto di vista dinamico, a parità di esponente p ,
risulta indifferente quale materiale costituente sia presente sulla faccia superiore o inferiore
della piastra. In altre parole, a parità di esponente p , le caratteristiche dinamiche non
dipendono dalla distribuzione considerata. Si vuol far rilevare che quanto esposto non
risulta essere valido dal punto di vista statico.
Osservando la figura 4.21, le frequenze partono dal valore corrispondente al materiale
ceramico per p 0 (in questo caso la piastra è costituita solo da materiale ceramico),
all’aumentare di p subiscono un brusco decadimento, più o meno accentuato, fino a p 1
e un successivo innalzamento fino ad un valore massimo. Al progressivo aumentare di p
le frequenze decrescono, tendendo alle frequenze proprie del materiale metallico per
p f.
A differenza della piastra, i gusci sono dotati di curvatura. A causa di questa
caratteristica geometrica, essi presentano caratteristiche dinamiche differenti a seconda che
si utilizzi la distribuzione FGM 1 o FGM 2 . Nelle tabelle 4.23- 4.25 si presentano i risultati
ottenuti, mentre nelle figure corrispondenti si evidenzia il diverso comportamento indotto
dalle due leggi FGM 1 e FGM 2 .
Tabella 4.22 – Prime dieci frequenze di una piastra rettangolare costituita da una singola lamina di
“functionally graded material” FGM 1 (C-C-C-C).
Ceramica p 0 Ceramica p 0
f2 ,f3 [Hz]
f1 [Hz]
FGM 1 FGM 1
FGM 2 FGM 2
Metallo p f
Metallo p f
p p
Ceramica p 0
Ceramica p 0
f4 [Hz]
f5 [Hz]
FGM 1 FGM 1
FGM 2 FGM 2
Metallo p f Metallo p f
p p
Ceramica p 0
Ceramica p 0
f7 [Hz]
f6 [Hz]
FGM 1 FGM 1
FGM 2
FGM 2
Metallo p f Metallo p f
p p
Figura 4.21 – Variazione delle prime frequenze della piastra rettangolare di tabella 4.22.
Tabella 4.23 – Prime dieci frequenze di un guscio conico costituito da una singola lamina di “functionally
graded material” FGM 1 (F-C).
Ceramica p 0 Ceramica p 0
FGM 1
f1, f2 [Hz]
f3, f4 [Hz]
FGM 1
FGM 2
FGM 2
Metallo p f
Metallo p f
p p
Ceramica p 0
Ceramica p 0
FGM 1
f5, f6 [Hz]
f7, f8 [Hz]
FGM 2 FGM 1
Metallo p f FGM 2
Metallo p f
p p
Ceramica p 0 Ceramica p 0
FGM 1
f9, f10 [Hz]
f11 [Hz]
FGM 1
FGM 2
FGM 2 Metallo p f
Metallo p f
p p
Figura 4.22 – Variazione delle prime frequenze del guscio conico di tabella 4.23.
Tabella 4.24 – Prime dieci frequenze di un pannello a meridiano circolare costituito da una singola lamina di
“functionally graded material” FGM 1 (F-F-C-F).
Ceramica p 0 Ceramica p 0
FGM 1
FGM 1
f2 [Hz]
f1 [Hz]
FGM 2
FGM 2
Metallo p f Metallo p f
p p
Ceramica p 0 Ceramica p 0
FGM 1 FGM 1
f3 [Hz]
f4 [Hz]
FGM 2 FGM 2
Metallo p f
Metallo p f
p p
Ceramica p 0 Ceramica p 0
FGM 1
f6 [Hz]
FGM 1
f5 [Hz]
FGM 2
FGM 2
Metallo p f Metallo p f
p p
Figura 4.23 – Variazione delle prime frequenze del pannello a meridiano circolare di tabella 4.24.
Tabella 4.25 – Prime dieci frequenze di un pannello a meridiano parabolico costituito da una singola lamina
di “functionally graded material” FGM 1 (F-F-C-F).
Ceramica p 0
Ceramica p 0
FGM 1
FGM 1
f2 [Hz]
f1 [Hz]
FGM 2
FGM 2
Metallo p f Metallo p f
p p
Ceramica p 0
Ceramica p 0
FGM 1
f3 [Hz]
f4 [Hz]
FGM 1
FGM 2
FGM 2
Metallo p f
Metallo p f
p p
Ceramica p 0 Ceramica p 0
FGM 1
f6 [Hz]
f5 [Hz]
FGM 1
FGM 2
FGM 2
Metallo p f Metallo p f
p p
Figura 4.24 – Variazione delle prime frequenze del pannello a meridiano parabolico di tabella 4.25.
Tabella 4.26 – Prime dieci frequenze di un pannello a meridiano parabolico 45 / FGM 1 / 45 costituito da
tre lamine (F-F-C-F). Le lamine 1 e 3, di spessore h1 h3 0.02 m , sono in materiale ortotropo, mentre la
Metallo p f
Ceramica p 0
Ceramica p 0
p p
(45 / FGM 1 / 45)
f4 [Hz]
Ceramica p 0
Metallo p f
Ceramica p 0
p p
f6 [Hz]
Ceramica p 0
Ceramica p 0
p p
Figura 4.25 – Variazione delle prime frequenze del pannello a meridiano parabolico di tabella 4.26.
Tabella 4.27 – Prime dieci frequenze di un pannello toroidale a meridiano parabolico costituito da una
singola lamina di materiale isotropo (C-F-C-F).
Caratteristiche geometriche: a 3m , c 3m , b 1m , d 0 m , Rb 9m , h 0.1m , -0 120q
3
Proprietà del materiale: E 210 GPa , Q 12 0.3 e U 7800 Kg m
Frequenze
PDQ Abaqus Ansys Straus Nastran Pro/Mech
[Hz]
Tipo elemento - 8-nodi 8-nodi 8-nodi 8-nodi 4-nodi 4-nodi
Mesh 21u 21 28 u 28 28 u 28 28 u 28 28 u 28 50 u 50 28 u 28
Num. Nodi 441 2465 2465 2465 2465 2601 841
f1 44.62 44.65 44.63 44.43 44.58 44.64 44.60
f2 47.18 47.21 47.21 47.02 47.16 47.22 47.19
f3 53.11 53.17 53.13 52.77 52.99 53.09 53.10
f4 62.85 62.82 62.83 62.00 62.42 62.68 62.78
f5 69.28 69.33 69.37 68.77 69.10 69.28 69.30
f6 71.00 70.96 71.01 70.50 70.79 70.95 70.95
f7 75.12 75.13 75.17 74.92 75.06 75.09 75.10
f8 78.01 77.98 78.02 77.17 77.42 77.74 77.93
f9 79.59 79.57 79.63 78.34 79.04 79.31 79.56
f10 85.13 85.12 85.21 83.61 84.04 84.64 85.09
CPU Time 16 sec 35 sec 13 sec 35 sec 17 sec 15 sec 71 sec
Mesh 27 u 27 50 u 50 50 u 50 50 u 50 50 u 50 90 u 90 50 u 50
Num. Nodi 729 7701 7701 7701 7701 8281 2601
f1 44.61 44.63 44.62 44.58 44.47 44.63 44.60
f2 47.19 47.20 47.21 47.16 47.05 47.21 47.18
f3 53.12 53.14 53.13 53.07 52.77 53.12 53.10
f4 62.84 62.80 62.82 62.69 61.93 62.78 62.77
f5 69.31 69.31 69.36 69.27 68.73 69.35 69.30
f6 70.98 70.95 71.00 70.93 70.46 71.00 70.94
f7 75.12 75.12 75.17 75.14 74.86 75.15 75.10
f8 78.00 77.95 78.02 77.95 76.72 77.93 77.93
f9 79.61 79.57 79.63 79.42 78.38 79.53 79.56
f10 85.16 85.10 85.20 85.06 82.78 85.02 85.09
CPU Time 58 sec 68 sec 42 sec 219 sec 28 sec 23 sec 227 sec
Mesh 31u 31 100 u 100 100 u 100 100 u 100 100 u 100 180 u 180 100 u 100
Num. Nodi 961 30401 30401 30401 30401 32761 10201
f1 44.61 44.61 44.62 44.61 44.34 44.62 44.60
f2 47.19 47.19 47.21 47.19 46.91 47.21 47.18
f3 53.12 53.12 53.13 53.11 52.48 53.12 53.10
f4 62.84 62.78 62.82 62.78 61.23 62.81 62.77
f5 69.32 69.30 69.36 69.33 68.13 69.36 69.30
f6 70.98 70.95 71.00 70.98 69.92 71.01 70.94
f7 75.12 75.11 75.17 75.16 74.60 75.16 75.10
f8 78.00 77.94 78.02 78.00 75.78 77.99 77.93
f9 79.61 79.56 79.63 79.57 77.41 79.60 79.56
f10 85.17 85.09 85.20 85.17 80.93 85.15 85.09
CPU Time 132 sec 205 sec 249 sec 3566 sec 138 sec 118 sec 1528 sec
Figura 4.26 – Prime forme modali del pannello toroidale a meridiano parabolico di tabella 4.27.
10°
9°
8°
7°
6°
Freq. [Hz]
5°
4°
3°
2°
1° Freq.
Figura 4.27 – Caratteristiche di convergenza e stabilità per le prime dieci frequenze del pannello toroidale a
meridiano parabolico di tabella 4.27 per diverse tipologie di discretizzazione.
Tabella 4.28 – Prime dieci frequenze di un guscio toroidale a meridiano parabolico costituito da una singola
lamina di materiale isotropo (C-F).
Caratteristiche geometriche: a 0m , c 3m , b 2m , d 0 m , Rb 6m , h 0.1m , -0 360q
3
Proprietà del materiale: E 210 GPa , Q 12 0.3 e U 7800 Kg m
Frequenze
PDQ Abaqus Ansys Straus Nastran Pro/Mech
[Hz]
Tipo elemento - 8-nodi 8-nodi 8-nodi 8-nodi 4-nodi 4-nodi
Mesh 21u 21 28 u 28 28 u 28 28 u 28 28 u 28 50 u 50 28 u 28
Num. Nodi 441 2408 2408 2408 2408 2550 812
f1 43.00 43.09 43.11 41.79 42.86 43.20 43.04
f2 43.00 43.09 43.11 41.79 42.86 43.20 43.04
f3 44.37 44.55 44.52 41.84 43.54 44.51 44.42
f4 44.37 44.55 44.52 41.84 43.54 44.51 44.42
f5 46.63 46.68 46.75 42.75 44.61 46.53 46.63
f6 46.63 46.68 46.75 42.75 44.61 46.53 46.63
f7 46.80 47.05 46.98 46.08 46.71 46.76 46.84
f8 46.80 47.05 46.98 46.08 46.71 46.76 46.84
f9 51.65 51.66 51.82 47.21 49.37 51.77 51.65
f10 52.91 53.27 53.19 47.21 49.37 52.03 52.96
CPU Time 17 sec 34 sec 15 sec 29 sec 15 sec 13 sec 51 sec
Mesh 27 u 27 50 u 50 50 u 50 50 u 50 50 u 50 90 u 90 50 u 50
Num. Nodi 729 7600 7600 7600 7600 8100 2550
f1 43.00 43.04 43.10 42.81 42.59 43.09 43.04
f2 43.00 43.04 43.10 42.81 42.59 43.09 43.04
f3 44.36 44.44 44.48 43.96 42.82 44.44 44.42
f4 44.36 44.44 44.48 43.96 42.82 44.44 44.42
f5 46.63 46.64 46.74 46.26 43.02 46.68 46.63
f6 46.63 46.64 46.74 46.26 43.02 46.68 46.63
f7 46.79 46.87 46.89 46.59 46.55 46.69 46.83
f8 46.79 46.87 46.89 46.59 46.55 46.69 46.83
f9 51.65 51.65 51.82 51.74 46.92 51.72 51.65
f10 52.87 52.98 53.01 52.18 46.92 52.58 52.94
CPU Time 61 sec 54 sec 55 sec 247 sec 28 sec 26 sec 177 sec
Mesh 31u 31 100 u 100 100 u 100 100 u 100 100 u 100 180 u 180 100 u 100
Num. Nodi 961 30200 30200 30200 30200 32580 10100
f1 43.00 43.04 43.10 43.04 41.48 43.06 43.04
f2 43.00 43.04 43.10 43.04 41.48 43.06 43.04
f3 44.36 44.43 44.47 44.36 42.10 44.44 44.42
f4 44.36 44.43 44.47 44.36 42.10 44.44 44.42
f5 46.63 46.63 46.74 46.71 42.33 46.66 46.63
f6 46.63 46.63 46.74 46.71 42.33 46.66 46.63
f7 46.79 46.84 46.88 46.75 44.61 46.81 46.83
f8 46.79 46.84 46.88 46.75 44.61 46.81 46.83
f9 51.65 51.65 51.82 51.81 46.43 51.69 51.65
f10 52.87 52.94 52.99 52.84 46.43 52.86 52.94
CPU Time 139 sec 196 sec 236 sec 2583 sec 205 sec 190 sec 804 sec
Figura 4.28 – Prime forme modali del guscio toroidale a meridiano parabolico di tabella 4.28.
10°
9°
7°, 8°
5°, 6°
3°, 4°
1°, 2° Freq.
Figura 4.29 – Caratteristiche di convergenza e stabilità per le prime dieci frequenze del guscio toroidale a
meridiano parabolico di tabella 4.28 per diverse tipologie di discretizzazione.
Tabella 4.29 – Prime dieci frequenze di un pannello a meridiano parabolico costituito da una singola lamina
di materiale isotropo (F-F-C-C).
Caratteristiche geometriche: a 4 m , c 1m , b 2m , d 0 m , Rb 0m , h 0.1m , -0 120q
3
Proprietà del materiale: E 210 GPa , Q 12 0.3 e U 7800 Kg m
Frequenze
PDQ Abaqus Ansys Straus Nastran Pro/Mech
[Hz]
Tipo elemento - 8-nodi 8-nodi 8-nodi 8-nodi 4-nodi 4-nodi
Mesh 21u 21 28 u 28 28 u 28 28 u 28 28 u 28 50 u 50 28 u 28
Num. Nodi 441 2465 2465 2465 2465 2601 841
f1 65.96 65.98 65.99 65.86 64.58 66.01 65.94
f2 76.27 76.29 76.36 76.19 72.51 76.41 76.28
f3 145.21 145.28 145.39 144.94 143.79 145.41 145.18
f4 156.40 156.44 156.74 156.07 152.23 156.52 156.39
f5 162.80 162.91 163.05 162.60 161.05 162.92 162.79
f6 178.67 178.75 178.99 178.51 176.39 178.67 178.66
f7 191.09 191.19 191.38 190.89 189.18 191.21 191.07
f8 212.17 212.28 212.77 212.01 209.07 211.88 212.17
f9 217.27 217.36 217.79 217.03 214.75 217.49 217.26
f10 232.68 232.70 233.31 232.57 229.02 233.00 232.66
CPU Time 17 sec 33 sec 13 sec 40 sec 13 sec 8 sec 71 sec
Mesh 27 u 27 50 u 50 50 u 50 50 u 50 50 u 50 90 u 90 50 u 50
Num. Nodi 729 7701 7701 7701 7701 8281 2601
f1 65.94 65.96 65.99 65.94 64.17 66.00 65.94
f2 76.25 76.28 76.36 76.29 71.67 76.39 76.27
f3 145.19 145.23 145.38 145.23 143.27 145.39 145.18
f4 156.39 156.41 156.73 156.49 151.11 156.69 156.39
f5 162.80 162.86 163.04 162.89 160.52 163.01 162.79
f6 178.67 178.70 178.99 178.83 175.67 178.89 178.66
f7 191.08 191.13 191.37 191.21 188.61 191.34 191.07
f8 212.18 212.22 212.75 212.50 207.97 212.47 212.17
f9 217.28 217.31 217.78 217.53 213.89 217.70 217.26
f10 232.67 232.67 233.30 233.06 228.03 233.25 232.66
CPU Time 59 sec 55 sec 48 sec 228 sec 24 sec 21 sec 248 sec
Mesh 31u 31 100 u 100 100 u 100 100 u 100 100 u 100 180 u 180 100 u 100
Num. Nodi 961 30401 30401 30401 30401 32761 10201
f1 65.94 65.95 65.99 65.98 63.61 65.99 65.94
f2 76.24 76.28 76.35 76.34 70.44 76.37 76.27
f3 145.19 145.20 145.38 145.34 142.60 145.39 145.18
f4 156.38 156.40 156.72 156.66 149.68 156.73 156.39
f5 162.79 162.83 163.04 163.00 159.81 163.04 162.79
f6 178.67 178.68 178.98 178.94 174.72 178.96 178.66
f7 191.08 191.10 191.37 191.33 187.81 191.38 191.07
f8 212.18 212.19 212.74 212.68 206.64 212.66 212.17
f9 217.27 217.28 217.78 217.71 212.86 217.77 217.26
f10 232.67 232.66 233.29 233.24 226.68 233.32 232.66
CPU Time 134 sec 169 sec 254 sec 3467 sec 144 sec 115 sec 1111 sec
Figura 4.30 – Prime forme modali del pannello a meridiano parabolico di tabella 4.29.
10°
9°
8°
7°
6°
Freq. [Hz]
5°
4°
3°
2°
1° Freq.
Figura 4.31 – Caratteristiche di convergenza e stabilità per le prime dieci frequenze del pannello a meridiano
parabolico di tabella 4.29 per diverse tipologie di discretizzazione.
Tabella 4.30 – Prime dieci frequenze di un guscio a meridiano parabolico costituito da una singola lamina di
materiale isotropo (F-C).
Caratteristiche geometriche: a 4 m , c 1m , b 2m , d 0 m , Rb 0m , h 0.1m , -0 360q
3
Proprietà del materiale: E 210 GPa , Q 12 0.3 e U 7800 Kg m
Frequenze
PDQ Abaqus Ansys Straus Nastran Pro/Mech
[Hz]
Tipo elemento - 8-nodi 8-nodi 8-nodi 8-nodi 4-nodi 4-nodi
Mesh 21u 21 28 u 28 28 u 28 28 u 28 28 u 28 50 u 50 28 u 28
Num. Nodi 441 2408 2408 2408 2408 2550 812
f1 91.24 91.29 91.28 90.76 90.08 91.61 91.21
f2 91.24 91.29 91.28 90.76 90.08 91.61 91.21
f3 131.29 131.39 131.49 129.58 131.08 131.42 131.27
f4 131.29 131.39 131.49 129.58 131.08 131.42 131.27
f5 154.90 155.12 155.29 152.78 154.35 153.92 154.91
f6 154.90 155.12 155.29 152.78 154.35 153.92 154.91
f7 157.99 158.12 158.02 157.65 158.22 158.43 157.99
f8 157.99 158.12 158.02 157.65 158.22 158.43 157.99
f9 169.66 169.84 170.21 167.24 167.59 167.09 169.50
f10 169.68 169.84 170.21 167.24 167.59 167.09 169.50
CPU Time 18 sec 34 sec 15 sec 32 sec 12 sec 8 sec 46 sec
Mesh 27 u 27 50 u 50 50 u 50 50 u 50 50 u 50 90 u 90 50 u 50
Num. Nodi 729 7600 7600 7600 7600 8100 2550
f1 91.24 91.24 91.26 91.09 89.12 91.37 91.21
f2 91.24 91.24 91.26 91.09 89.12 91.37 91.21
f3 131.29 131.30 131.41 130.76 130.15 131.41 131.27
f4 131.29 131.30 131.41 130.76 130.15 131.41 131.27
f5 154.91 154.96 155.12 154.30 153.61 154.72 154.89
f6 154.91 154.96 155.12 154.30 153.61 154.72 154.89
f7 157.99 158.06 158.01 157.89 158.14 158.15 157.99
f8 157.99 158.06 158.01 157.89 158.14 158.15 157.99
f9 169.46 169.52 169.79 168.90 166.68 168.89 169.45
f10 169.46 169.52 169.79 168.90 166.68 168.89 169.45
CPU Time 65 sec 56 sec 54 sec 200 sec 41 sec 30 sec 173 sec
Mesh 31u 31 100 u 100 100 u 100 100 u 100 100 u 100 180 u 180 100 u 100
Num. Nodi 961 30200 30200 30200 30200 32580 10100
f1 91.24 91.23 91.26 91.22 88.60 91.29 91.21
f2 91.24 91.23 91.26 91.22 88.60 91.29 91.21
f3 131.29 131.28 131.41 131.24 129.69 131.41 131.27
f4 131.29 131.28 131.41 131.24 129.69 131.41 131.27
f5 154.91 154.92 155.10 154.89 153.18 154.99 154.89
f6 154.91 154.92 155.10 154.89 153.18 154.99 154.89
f7 157.99 158.02 158.01 157.98 158.00 158.06 157.99
f8 157.99 158.02 158.01 157.99 158.00 158.06 157.99
f9 169.46 169.47 169.75 169.53 166.05 169.52 169.45
f10 169.46 169.47 169.75 169.53 166.05 169.52 169.45
CPU Time 139 sec 201 sec 237 sec 2802 sec 231 sec 226 sec 789 sec
Figura 4.32 – Prime forme modali del guscio toroidale a meridiano parabolico di tabella 4.30.
9°, 10°
7°, 8°
5°, 6°
Frequency [Hz]
3°, 4°
1°, 2° Freq.
Figura 4.33 – Caratteristiche di convergenza e stabilità per le prime dieci frequenze del guscio a meridiano
parabolico di tabella 4.30 per diverse tipologie di discretizzazione.
Tempo complessivo
t [sec]
Tempo di estrazione di 20
autovalori ed autovettori
Figura 4.34 – Variazione del tempo di calcolo della soluzione al variare del numero di punti nodali N M
o del numero di gradi di libertà (ndof ) 5 u N u M .
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