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La volta scorsa abbiamo presentato l’autore nel difficile contesto storico-letterario in

cui vive ed è attivo. A questo punto, proprio grazie all’argomento del romanzo che
riflette le vicende autobiografiche di Joseph Roth, anche se non è un’autobiografia,
possiamo analizzare più da vicino il testo di Roth.
La volta scorsa abbiamo concluso la lezione parlando di un paradosso perché questo
romanzo è stato considerato dai seguaci della Neue Sachlichkeit come una sorta di
manifesto mentre, proprio il suo autore, la condannava come un movimento incapace
di vera arte cioè come un movimento che nelle sue teorie, nella sua visione estetica,
alla fine faceva a pezzi proprio l’estetica perché insistendo così tanto sul documento,
sull’oggettività del testo narrativo, distruggeva quello che per Roth è proprio di ogni
opera d’arte: nasca da una costruzione inventata, dalla fantasia, dall’immaginario.
Quello che ha dato adito a questa valutazione del romanzo, proprio appunto tra le fila
di coloro che sostenevano o si se sentivamo rappresentanti della Neue Sachlichkeit, è
stata prima di tutto la sua prefazione. Bisogna ricordare che “Die Flucht ohne Ende ”
esce nel 1927 cioè Roth lo scrive durante il viaggio di ritorno dalla Russia, lo
conclude a Parigi e da lì li manda all’editore Wolf (bravo e coraggioso editore che
pubblicava gli autori meno popolari).

Come accadeva nell’altro romanzo anche qui abbiamo un’epigrafe, in particolare una
prefazione “Vorwort” in cui si leggono delle righe che effettivamente sono una

dichiarazione di intenti poetici “Im folgenden erzähle ich die Geschichte meines
Freundes, Kameraden und Gesinnungsgenossen Franz Tunda.
Ich folge zum Teil seinen Aufzeichnungen, zum Teil seinen Erzählungen.
Ich habe nichts erfunden, nichts komponiert. Es handelt sich nicht mehr darum, zu
»dichten«. Das wichtigste ist das Beobachtete” davanti a una dichiarazione così
avevano ragione i sostenitori della Neue Sachlichkeit a pensare di essere davanti a un
romanzo che voleva essere rappresentativo della Neue Sachlichkeit.
Traduzione: in quella che segue racconterò del mio amico e del mio compagno
d’armi e compagno di idee Franz Tunda (è il nome e il cognome del protagonista del
romanzo). In parte seguirò i suoi appunti, in parte i suoi racconti. Non ho inventato
niente, non ho aggiustato niente. Non si tratta più di creare, la cosa più importante è
ciò che si osserva. Parigi, marzo 1927 firmato Joseph Roth.
Qui uno che legge questa dichiarazione di poetica dice che è una poetica della Neue
Sachlichkeit. Uno scrittore che per definizione inventa storie dice chiaramente che
non ha inventato niente, non ha aggiustato niente, sembra uno scrittore davvero
vicino all’oggettività, sembra quasi un naturalista (la scrittura deve assomigliare alla
fotografia, la soggettivi dello scrittore deve sparire e il testo deve far parlare la realtà
come una foto).
Quindi uno può dire che si tratta di un romanzo documentario che si sviluppa su una
base di testimonianze (in questo caso di Franz Tunda); addirittura c’è la firma
dell’autore, solitamente il narratore non coincide quasi mai con l’autore anche se
parla in 1ª persona (scrittore: persona fisica, autore del libro/ narratore: istanza del
testo), che dice di aver scritto questo romanzo basandosi sui racconti di Franz Tunda
peccato però che lui non è mai esistito, non è mai esistito un suo diario, non sono mai
esistiti i suoi appunti come anche l’amicizia tra l’autore e questo personaggio e che
alla fine molte delle esperienze di Tunda riflettono molto quelle che sono state di
Roth medesimo quasi come se si trattasse di un alterego. Quindi, Roth sta giocando
con il suo pubblico di lettori, tra cui ci saranno sicuramente gli esponenti della Neue
Sachlichkeit. Per cui fa finta di scrivere un romanzo alla maniera della Neue
Sachlichkeit senza che questo sia vero. Perché? Come fa ad essere oggettivo un
romanzo che dice di essere la narrazione di una narrazione fatta da un personaggio
inventato? Chi racconta la storia di Franz Tunda lo fa basandosi su un racconto,
quindi lo fa come se fosse una storia vera.
E quindi Roth, che tre anni dopo la pubblicazione di questo libro pubblica l’articolo
“Schluss mit der Neue Sachlichkeit” cioè basta con la Neue Sachlichkeit, ha già
chiuso qui, non è mai stato uno Sachlich anche se è talmente bravo come scrittore che
riesce a far passare per romanzo della Neue Sachlichkeit un romanzo che non vuole
nemmeno esserlo. Quindi l’elogio che è stato fatto a suo tempo di questo romanzo
proprio come tipico di questo nuovo stile si basa su un fraintendimento che Roth per
primo ha inteso creare.

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