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Il Labirinto Antropico Stefano Bettini
Il Labirinto Antropico Stefano Bettini
di
Stefano Bettini
betstef@libero.it
Stefano Bettini
Stefano Bettini ha studiato presso il dipartimento di filosofia dell'Università di Firenze e si è laureato con
Paolo Rossi nel 1990. La sua tesi, dal titolo "Dalla Cabala dei Grandi Numeri ai Principi Antropici", è
dedicata ad una ricostruzione storica della questione delle coincidenze fra grandi numeri adimensionali in
cosmologia e copre un periodo che va dal presentarsi del problema nell'ambito della teoria unitaria di
Weyl (1919) sino alla formulazione dei principi antropici.
Recentemente l'autore ha conseguito il dottorato di ricerca con una tesi dedicata anch'essa alla storia della
cosmologia scientifica. Tale lavoro (titolato: "Immagini dell'universo. Le due genesi della cosmologia")
verte sul passaggio fra una cosmologia filosofica e una cosmologia quantitativa. Esso individua due fasi
cruciali per la formazione di una cosmologia scientifica. La prima coincide con la formulazione dei primi
modelli relativistici dell'universo nel 1917. La seconda coincide con l'accettazione dell'idea
dell'espansione dell'universo attorno al 1930.
email: betstef@libero.it
NOTA: Nel presente saggio l'autore ha un duplice intento: a) mettere in luce la confusione esistente nella
letteratura a proposito dell'uso del "principio antropico" anche nella stessa terminologia tecnica; b)
inquadrare nell'ottica della storia della scienza l'origine del dibattito contemporaneo sui principi antropici
in cosmologia, e l'intima relazione fra tali principi e la concezione di una collezione di universi.
Poiché la stesura del lavoro risale al '97, l'autore ha quindi ritenuto opportuno aggiungere una postilla
(realizzata nel febbraio 2001) in cui sono forniti alcuni aggiornamenti sulle più recenti applicazioni del
"ragionamento antropico" in cosmologia.
I numeri fra parentesi quadra rimandano alle note, disponibili sotto la voce "NOTE".
Tutte le indicazioni bibliografiche fornite nel testo e nelle note sono reperibili sotto la voce
"RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI"NOTA TECNICA: I numeri fra parentesi quadra rimandano alle
note, disponibili sotto la voce "NOTE".
Tutte le indicazioni bibliografiche fornite nel testo e nelle note sono reperibili sotto la voce
"RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI".
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Il Labirinto antropico
Stefano Bettini
betstef@libero.it
Sul finire degli anni settanta un fisico del CERN di Ginevra, Dimitri Nanopoulos, inviò
alle Physics Letters B un intervento che cominciava con un'affermazione altamente
evocativa: "Noi esistiamo!" [1].
Il quel lavoro l'autore constatava che la presenza di "esseri umani" imponeva dei "limiti
severi" al rapporto fra il numero dei fotoni e il numero dei barioni dell'universo e, su
tale base, passava a dimostrare come, per "un'ampia classe di teorie unificate",
l'esistenza di sei sapori dei quark divenisse una "necessità inevitabile".
L'argomentazione addotta da Nanopoulos non era nuova. In particolare, i suoi colleghi
cosmologi avevano già provveduto a coniare una terminologia con cui mettere in risalto
l'esistenza di una "relazione simbiotica" fra l'uomo e l'universo [2]. In questo primo
paragrafo prenderò in esame alcune definizioni molto generali del cosiddetto "principio
antropico". Queste dovrebbero aiutare a fissare alcuni contenuti di fondo sulla natura di
tale principio. La prima definizione è dovuta a George Ellis, secondo il quale il
principio esprime
the issue of why the universe is such to admit the existence of intelligent life such as
ourselves [3]
Nella definizione più elaborata e dal carattere programmatico, di Yuri B. Balashov [5]:
The Anthropic Principle … is an attempt to deduce nontrivial consequences from the rather
trivial consideration that we observe around us not some arbitrary Universe but that
compatible with our existence therein
The Anthropic Principle is a modern attempt to deal with a question as old as mankind:
why does the Universe seem to have special and very peculiar properties supporting our
existence?
Quest'ultima constatazione coincide con quella suggerita dallo storico della scienza
Helge Kragh, secondo il quale il principio antropico è "un'idea metascientifica antica
quanto la scienza ma solo recentemente divenuta una nozione alla moda in alcuni settori
delle scienze fisiche" [7].
La questione diviene più intricata quando si abbandona il livello di generalità,
caratteristico di tutte le definizioni menzionate, e si considerano "precetti espliciti" delle
varie forme del principio antropico [8]. Il confronto fra i diversi enunciati mette infatti
in evidenza l'esistenza di "principi" diversi e difficilmente conciliabili.
La domanda se sia possibile accettare le varie forme del principio antropico come
sfumature diverse di un medesimo criterio fondamentale o se, invece, sia più opportuno
far riferimento esplicitamente a principi diversi è già stata saltuariamente posta [9].
Alcuni filosofi della scienza hanno sottolineato che sotto la denominazione "principio
antropico" sono raccolte un'intera "famiglia di proposte apparentemente unite da una
singola forma di ragionamento" [10]. Ad esempio, John Earman ha scritto che:
the AP is not a single, unified principle but rather a complicated network of postulates,
techniques, and attitudes [11]
There are "anthropic" modes of explaining apparent "fine tuning" but they do not seem to
rest on a common principle [12]
Martin Rees, da parte sua, ha affermato che la scelta stessa del termine "principio" é
piuttosto infelice e che - dal punto di vista del cosmologo - sarebbe più opportuno far
ricorso ad un'"espressione meno pretenziosa" come anthropic reasoning [12a]. In una
situazione del genere, la confusione è inevitabile. Steven Weinberg pertanto testimonia
che:
there are a number of different versions of this principle, ranging from those that are so
weak as to be trivial to those that are so strong as to be absurd [13]
Senza dubbio la confusione esistente è ulteriormente aggravata dal proliferare (ad opera
non solo di autori diversi ma, talvolta, persino del medesimo autore in circostanze
diverse) di versioni non coincidenti. Lo stesso principio antropico debole, che è
1) we must be prepared to take account of the fact that our location in the universe is
necessarily privileged to the extent of being compatible with our existence as observers.
2) the observed values of physical variables are not arbitrary but take on values V(x,t)
restricted by the spatial requirement that x Є L, where L is the set of sites able to sustain
life; and by the temporal constraint that t is bounded by the time-scales for biological and
cosmological evolution of living organisms and life-supporting environments.
3) The observed values of all physical and cosmological quantities are not equally probable
but they take on values restricted by the requirements that there exist sites where carbon-
based life can evolve and by requirement that the Universe be old enough for it to have
already done so.
4) The observed values of all physical and cosmological quantities are not equally probable,
but rather take on values restricted by the fact that these quantities are measured by a
carbon-based intelligent life-form which spontaneously evolved on an earthlike planet
around a G2 type star.
5) A weak principle can thus be formulated in either of two ways:WAP1: Theories of the
universe must take account of the presence in the universe of humans …WAP2: What we
observe is restricted by whatever conditions are necessary to allow the existence of
observers.
6) the necessary conditions for observers to exist restricts [sic] the times and places from
which the Universe can be observed.
7) in un universo che è grande o infinito nello spazio e/o nel tempo, le condizioni necessarie
per lo sviluppo della vita intelligente si troveranno solo in certe regioni che sono limitate
nello spazio e nel tempo. Gli esseri viventi presenti in queste regioni non dovrebbero perciò
sorprendersi nel constatare che la regione in cui essi vivono nell'universo soddisfa le
condizioni che sono necessarie per la loro esistenza.
Una variante del WAP, la cui definizione è proposta da John Leslie, è il "principio
antropico super debole" [18]:
If I have guessed that term 'anthropic principle' would come to be so widely adopted I
would have been more careful in my original choice of words. The imperfection of this now
standard terminology is that it conveys the suggestion that the principle applies only to
mankind. However, although this is indeed the case as far as we can apply it ourselves, it
remains true that the same self-selection principle would be applicable by any
extraterrestrial civilization that may exist [20].
Definizioni del principio antropico forte (Strong Anthropic Principle: SAP) [21]:
1) the Universe (and hence the fundamental parameters on which it depends) must be such
as to admit the creation of observers within it at some stage.
3) the Universe must contain life. An equivalent statement would be that the constants and
laws of Nature must be such that life can exist.
4) The Universe must have those properties which allow life to develop within it at some
stage in its history.
6) it is necessary that intelligent life exist in the Universe; the presence of life is required in
order that a universe model make sense.
La seconda è il principio antropico finale (Final Anthropic Principle: FAP); del quale
riporto una definizione dovuta a Barrow e Tipler [25]:
Intelligent information-processing must come into existence in the Universe, and, once it
comes into existence, it will never die out.
e una del solo Tipler, che è senza dubbio il più tenace promotore del FAP [26]:
the Universe is sufficiently benign so that once intelligence first evolves, the laws of
physics permit its continued existence forever.
Nei lavori dei teorici antropici sono spesso invocate "spiegazioni" o "predizioni"
antropiche di alcuni particolari valori numerici che emergono in fisica o di certe
proprietà cosmologiche prima facie sorprendenti. Secondo i critici, però, le
argomentazioni antropiche non portano ad alcuna predizione concreta e non
costituiscono una spiegazione nel senso dell'usuale modello covering law di Hempel e
Oppenheim [28]. Non è questa la sede per sviluppare questi temi. Mi limito perciò ad
accennare che buona parte dello scontro fra sostenitori e critici del principio antropico
verte proprio attorno al significato di termini chiave come "spiegazione", "predizione",
"retrodizione", "verificabilità" e così via [29]. Per i teorici antropici un esempio
evidente di "predizione" antropica è la determinazione di Hoyle dello stato eccitato del
nucleo dell'atomo di carbonio dodici intorno a 7,6 MeV sopra lo stato fondamentale;
predizione che consente di "spiegare" l'abbondanza cosmica osservata di carbonio e
idrogeno [30]. C'è ampio accordo nell'interpretare la predizione di Hoyle come
un'applicazione del WAP [31], nonostante le opinioni personali dell'astronomo inglese
sul principio antropico [32]. I lavori dei teorici antropici abbondano poi di (presunte)
predizioni e spiegazioni basate sia sul WAP che sul SAP. Nel caso del WAP, le più note
sono la "spiegazione" di Dicke della coincidenza di Dirac (su cui tornerò nel seguito) e
quelle basate sulla cosiddetta "coincidenza dell'età del sole" notata da Carter nel 1983
[33]. Quest'ultima è un'applicazione del WAP indirizzata principalmente ai biologi e
tendente a dimostrare che lo sviluppo progressivo documentato dall'esame dei fossili (e
che porta alla comparsa dell'uomo) rappresenta un esito fortemente atipico dei
meccanismi dell'evoluzione darwiniana. Secondo Carter il fatto che non si osservino
esempi extraterrestri di evoluzione biologica può dipendere da un effetto di selezione
It remains true however that whereas a prediction based only on the weak principle (as used
by Dicke) can amount to a complete physical explanation, on the other hand even an
entirely rigorous prediction based on the strong principle will not be completely satisfying
from a physicist's point of view since the possibility will remain of finding a deeper
underlying theory explaining the relationships that have been predicted [35].
Nel caso del FAP, in particolare, i commenti esistenti sono quasi sempre estremamente
negativi. George Ellis, ad esempio, ha scritto di non considerarlo degno di una
"discussione seria" [37], mentre Martin Gardner ha addirittura sentenziato che "sarebbe
meglio" chiamarlo "CRAP, the Completely Ridiculous Anthropic Principle" [38].
Altri autori hanno invece tralasciato di occuparsi del FAP ritenendolo "collegato alla
teoria dell'informazione e alla computer science" piuttosto che alla fisica [39]. Non a
caso uno dei pochi a sostenere apertamente il principio di Tipler è un esperto di
computazione quantistica come David Deutsch.
Quest'ultimo ha paragonato il principio antropico alla tesi di Church-Turing [40] e ha
dato credito alla teoria sul futuro dell'universo fisico elaborata da Tipler sulla base del
FAP.
Per Deutsch le tesi di Tipler vanno prese sul serio perché rappresentano uno dei pochi
tentativi di soluzione del problema dei limiti della computazione in un universo finito.
La stragrande maggioranza della comunità scientifica ha però giudicato che considerare
seriamente le idee di Tipler è "impossibile" [41].
Quest'ultimo è stato ritenuto colpevole di aver fatto:
a considerable disservice to science by making incredible claims for what science can
achieve way beyond what in fact lies within its capabilities [42].
Queste ultime due denominazioni non sono però che varianti del SAP estrapolate da
alcuni passi del saggio di Barrow e Tipler [45].
Infine, sebbene possa apparire paradossale se si pensa che Carter introdusse la
terminologia antropica come "reazione" contro l'abuso del principio copernicano,
occorre segnalare persino un "principio antropico copernicano" dovuto a Richard J. Gott
III di Princeton.
Dopo aver associato al WAP di Carter l'idea secondo la quale un qualsiasi individuo
intento oggi a valutare le sue "osservazioni dell'Universo" non ha niente di speciale
rispetto a tutti gli osservatori intelligenti, tale autore ha infatti formulato - in un lavoro
apparso nel maggio del 1993 - il seguente enunciato:
the location of your birth in space and time in the Universe is privileged (or special) only to
the extent implied by the fact that you are an intelligent observer, that your location among
intelligent observers is not special but rather picked at random [45a].
Quest'ultima forma del principio antropico è divenuta essenziale nel recente dibattito legato
al cosiddetto Doomsday Argument (per il quale rimando qui alla nota n. 34).
Secondo Vilenkin vi sono infinite regioni del metauniverso che presentano le condizioni
appropriate allo sviluppo di civiltà intelligenti ed è necessario considerare la nostra forma di
vita come una fra le "più comuni del metauniverso". Con "principio di mediocrità" occorre
perciò intendere l'assunto secondo il quale la nostra è una delle "'tipiche' civiltà che vivono
nel metauniverso" [45d]. Questo assunto è sfruttato dall'autore per determinare i valori
"osservabili" più probabili delle costanti di natura nell'ambito della collezione di universi
messa a disposizione da un approccio alla cosmologia quantistica in cui infiniti "universi"
emergono spontaneamente dal nulla per effetto tunnel quantistico [45e].
In questo paragrafo farò ritorno alla forma meno "speculativa o controversa" del
principio antropico: il WAP. Nonostante lo scetticismo di numerosi critici, i teorici
antropici hanno difeso l'importanza del WAP e negato che possa essere considerato "un
enunciato tautologico privo di potere" [46].
Tale atteggiamento riflette l'idea che il principio debole riguardi essenzialmente un
effetto di selezione. Il WAP estende ai nostri corpi, e a fortiori alla nostra esistenza, la
considerazione di quei vincoli, intrinseci agli strumenti d'osservazione, nei cui confronti
ogni scienziato sperimentale è sempre tenuto a cautelarsi. Si fa qui riferimento ad una
"auto-selezione" dovuta al fatto che:
Human bodies are measuring instruments whose self-selection properties must be taken into
account, just as astronomers must take into account the self-selection properties of optical
telescopes [47].
The practical scientific utility of this principle arises from its almost tautological corollary
to the effect that in making general inferences from what we observe in the Universe, we
must allow for the fact that our observations are inevitably biased by selection effects
arising from the restriction that our situation should satisfy the conditions that are necessary
a priori, for our existence [50]
tells us that our astonishment at many properties of the Universe which appear unusual a
priori must be tempered by the recognition that many of them simply must be present if a
universe is to be studied by intelligent observers [51]
In entrambi questi enunciati compaiono comunque dei risvolti che, già ad una prima analisi,
risultano più impegnativi di quanto sia lasciato intendere. Il termine a priori, ad esempio,
(che può essere interpretato nel senso di prima facie, o in quello più delicato di un insieme
di possibilità teoriche alternative) o la dicotomia esistente fra il termine Universo (con la
"U" maiuscola) e gli "universi" che compaiono nell'enunciato di Barrow [51a]. Questo tipo
di constatazioni costituiscono una prima avvisaglia delle difficoltà che si incontrano sul
terreno del rapporto fra il (matematicamente) possibile e il (fisicamente) reale; difficoltà
sulle quali avrò modo di tornare.
Carter e Barrow hanno entrambi specificato che il WAP non è una teoria cosmologica
alternativa, ma semplicemente "un principio metodologico che si può ignorare solo a
proprio rischio" [52], e che:
must be used as a complement to the standard deductive theories, otherwise there is a real
danger of drawing erroneous conclusions or, more commonly, providing elaborate
'explanations' for non-existent problems [53].
Questo punto è in pratica ammesso anche da chi non ha alcuna intenzione di schierarsi
né con la fazione dei sostenitori delle argomentazioni antropiche né con il versante degli
oppositori. Un critico puntuale come John Earman riconosce di avere semplicemente a
che fare con
a special case of a familiar principle for judging the bearing of evidence on theory [54].
I sostenitori del principio antropico si trovano ad affermare con tutte le risorse a loro
disposizione la credibilità, l'importanza e il ruolo di un principio che, allo stesso tempo,
pare sia da intendersi come un nuovo principio peculiare della cosmologia scientifica (al
quale spetta la funzione di complemento e di compensazione dell'usuale principio
cosmologico) e come un principio trascurato o dimenticato della pratica scientifica, al
quale più volte è stato fatto ricorso nella storia della scienza.
È curioso notare la differenza di valutazione fra il filosofo della scienza Earman e due
"cosmologi" come Barrow e Tipler. Questi ultimi sottolineano che, a differenza dei
filosofi e dei teologi (rei, a loro dire, di "possedere un attaccamento emozionale alle loro
teorie e idee") i fisici sono unicamente interessati a "formulare molte possibilità
logicamente consistenti" da sottoporre al vaglio dell'osservazione [55]. Laddove Earman
scrive che il WAP altro non è che:
a variant of the commonsensical observation that finding fishes exclusively of lengths six
inches and greater is not good evidence that all the fish in the sea are longer than six inches
if the nets used are not fine enough to hold smaller fish [56].
the WAP is just a restatement, albeit a subtle restatement, of one of the most important and
well-established principles of science: that it is essential to take into account the limitations
of one's measuring apparatus when interpreting one's observation [57].
Un principio che - a detta dei medesimi autori - fu applicato già dallo stesso Copernico,
il quale:
showed that the epicycle was unnecessary; the retrograde motion was due to an
anthropocentric selection effect: we were observing the planetary motions from the vantage
point of the moving Earth [58].
dalle condizioni iniziali e disponendo di tempi molto lunghi, sono possibili delle
deviazioni occasionali dallo stato d'equilibrio.
Sia procedendo nella direzione positiva che in quella negativa lungo l'asse che
rappresenta il tempo, il grafico della funzione H mostra infatti che:
It is extremely probable that H is very near to its minimum; if it is greater, it may increase
or decrease, but the probability that it decreases is always greater [65].
We assume that the whole universe is, and rests forever, in thermal equilibrium. The
probability that one (only one) part of the universe is in a certain state, is the smaller the
farther this state is from thermal equilibrium; but this probability is greater, the greater the
universe itself is. If we assume the universe great enough we can make the probability of
one relatively small part being in a given state (however far from the state of thermal
equilibrium), as great as we please. We can also make the probability great that, though the
whole universe is so far from thermal equilibrium, our world is in its present state. It may
be said that the world is so far from thermal equilibrium that we cannot imagine the
improbability of such a state. But can we imagine, on the other side, how small a part of the
whole universe this world is? Assuming the universe great enough, the probability that such
a small part of it as our world should be in its present state, is no longer small.
If this assumption were correct, our world would return more and more to thermal
equilibrium; but because the whole universe is so great, it might be probable that at some
future time some other world might deviate as far from thermal equilibrium as our world
does at present. Then the aforementioned H-curve would form a representation of what
takes place in the universe. The summits of the curve would represent the worlds where
visible motion and life exist [68].
Lo scenario che risulta da queste righe è quello di un universo che, nella sua globalità è
nello stato della morte termica, ma contiene disseminate "qui e là" delle regioni speciali
lontane dall'equilibrio: fluttuazioni che hanno alle spalle una "nascita termica" [69] e
procedono verso la morte termica. All'interno di queste regioni si stabilisce una
direzionalità del tempo, testimoniata dal comportamento dei fenomeni
irreversibili.Sebbene senza alcun nuovo accenno a Schütz, questa stessa idea sarà
ripresa da Boltzmann negli anni successivi. In particolare nel corso della celebre
controversia con Ernst Zermelo [70].
proprio come in un certo luogo della superficie terrestre chiamiamo giù la direzione verso il
centro della Terra, così un essere vivente che si trova in un certo intervallo temporale
[Zeitphase] di tale mondo singolo, giudicherà diversamente la direzione del tempo verso
una condizione più improbabile da quella opposta (l'una come il passato, l'inizio, l'altra
come il futuro, la fine). Per via di questa denominazione tali piccole regioni isolate
dell'universo si troveranno "inizialmente" sempre in uno stato improbabile. Questo metodo
mi sembra l'unico secondo cui si può considerare la seconda legge [Hauptsatz], la morte
termica di ciascun mondo singolo, senza un cambiamento unidirezionale dell'intero
universo da un inizio stabilito verso uno stato finale conclusivo [76].
Boltzmann ritiene che possano esservi dei "mondi singoli" - "da noi separati da eoni di
tempo e da distanze spaziali di 1000000000010 volte la distanza di Sirio" in cui la
direzione del tempo è opposta relativamente a quella del nostro mondo [77].
Di fronte a questo tipo di considerazioni, però, si preoccupa di poter suscitare il sorriso
di qualche lettore e cerca di prevenire alcune difficoltà. A cominciare dall'obiezione, ad
ogni modo non ritenuta valida, secondo la quale "non è economico e perciò inadeguato"
supporre morta una parte così grande dell'universo per spiegare la vita di una piccola
regione [78].
Boltzmann puntualizzò che "indulgere in tali speculazioni" rappresentava una
"questione di gusti" e, nelle Vorlesungen über Gastheorie, aggiunse:
Il fisico austriaco non mise mai in dubbio l'importanza della seconda legge ma mostrò
che non vi era disaccordo fra le osservazioni e la "teoria meccanica". Pertanto non vi
erano motivi per rinunciare, come desiderava Zermelo, a tale teoria. Era anzi proprio
sulla base del meccanicismo e dell'atomismo che Boltzmann vedeva profilarsi la
possibilità sia di "nuove osservazioni", che di risposte plausibili ad alcune "questioni
inosservabili" (come: "il comportamento dell'universo o di di un sistema completamente
isolato durante un periodo di tempo infinito") apparentemente in contrasto con le
conseguenze del principio di Carnot-Clausius. In conclusione Boltzmann sottolineava i
meriti del proprio modello cosmologico:
ma si deve ammettere, che l'immagine del mondo [Weltbild] qui sviluppata è una possibilità
libera da contraddizioni interne e davvero utile, poiché ci rivela alcuni nuovi punti di vista e
spesso ci induce non solo alla speculazione, ma anche a esperimenti (ad es.: sui limiti di
divisibilità, sulle dimensioni della sfera d'azione e perciò sulle deviazioni dalle equazioni
dell'idrodinamica, della diffusione, della conduzione del calore ecc...) cui nessun'altra teoria
riesce a dare stimolo [80].
[Boltzmann] provò a spiegare il fatto che siamo in grado di osservare una fluttuazione così
fantastica, dicendo che proprio la presenza di tale fluttuazione è una condizione necessaria
per l'esistenza dell'osservatore (le condizioni favorevoli per l'evoluzione biologica degli
organismi e così via). L'argomento comunque è del tutto falso. Poiché in un tal mondo di
fluttuazioni, l'esistenza di un particolare osservatore senza i cieli che contengono miriadi di
stelle corrisponde a un'entropia molto maggiore, e nondimeno a una probabilità molto più
elevata. Da ciò concludiamo che il mondo che obbedisce alla statistica non mostrerà
fluttuazioni importanti [83].
The crude argument is that at a particular epoch (1934) the chance of a fortuitous deviation
of entropy from its maximum value sufficient to admit the phenomenon is too small to be
considered seriously, and that the fluctuation must therefore ascribed to anti-chance. But
the year 1934 is not a random date between t = -∞ and t = +∞. We must not argue that
because fluctuations of the present magnitude occupy only 1/xth of the time between t = -∞
and t = +∞, therefore the chances are x to 1 against such a fluctuation existing in the year
1934. For our present purpose the important characteristic of the year 1934 is that it is
selected as belonging to a period during which there exist in the universe beings capable of
speculating about the universe and its fluctuations. It is clear that such creatures could not
exist near thermodynamical equilibrium. Therefore it is perfectly fair for the supporters of
this suggestion to wipe out of the calculation all those multillions of years during which the
fluctuations are less than the minimum required to permit of the evolution and the existence
of mathematical physicists [83a].
lo spazio fisico che fa da sfondo per questo o quell'agglomerato di galassie (o altri sistemi
cosmici") non deve avere curvatura positiva [94].
Poiché questo è l'unico modo per evitare strane idee sulle proprietà dello spazio e del
tempo. Sulla base dell'analisi dei dati osservativi, aggiunge quindi che vi sono ragioni di
"supporre che lo spazio metagalattico sia effettivamente uno spazio a curvatura
negativa" o, in altre parole, uno "spazio di Friedman - Lobachevskii".
L'ambito della metagalassia è discusso da Idlis nel V paragrafo del suo lavoro del 1958.
Il fulcro della monografia consiste nelle connessioni esistenti fra i "tratti caratteristici"
dell'universo osservato e le proprietà necessarie all'evoluzione della vita. Per
caratterizzare quest'ultima, Idlis adotta l'interpretazione di Oparin della definizione data
da Engels nella "Dialettica della Natura" [95]. In accordo con la legge dialettica della
trasformazione della quantità in qualità, la vita è pertanto vista come una qualità che
emerge, con le proprie caratteristiche specifiche, a un certo stadio del processo di
movimento della materia. In altre parole: è una forma molto speciale di moto della
materia.
Idlis ribadisce così la tesi secondo la quale la vita è un fenomeno raro (perché necessita
di condizioni ambientali molto speciali) ma altresì comune nell'universo.
A tale proposito è importante notare la vicinanza dello scienziato kazako con
l'astronomo Vasilii Grigor'evich Fesenkov, del quale fu stretto collaboratore [96].
Nel 1956 era stato pubblicato in URSS il celebre volume di Oparin e Fesenkov sulla
"vita nell'universo" dove venivano analizzate le proprietà ambientali e astronomiche
necessarie all'origine e allo sviluppo della vita. Gli autori, interessati a "fornire un'idea
veritiera della possibilità che su un particolare corpo la vita si sia originata e
successivamente sviluppata", avevano concluso che, nonostante la straordinarietà delle
condizioni richieste una stella su un milione aveva "la probabilità di possedere un
pianeta su cui, ad un particolare gradino del suo sviluppo, può formarsi la vita" [97].
Secondo tale stima potevano esserci migliaia di pianeti "idonei alla vita (e parzialmente
popolati)" nella nostra così come in ogni altra galassia tipica [98].
I primi tre paragrafi del lavoro di Idlis ripercorrono in larga misura l'esposizione di
Oparin e Fesenkov ed esaminano quali caratteristiche devono soddisfare gli ambienti
planetari e quelli stellari per garantire proprietà essenziali come la stabilità delle
proteine, la capacità di reazione biochimica o l'esistenza dei coacervati proteici (che è
essenziale nella teoria di Oparin).
Nel quarto paragrafo Idlis considera le caratteristiche necessarie per l'abitabilità di una
galassia e, nel quinto, come già accennato, analizza da vicino le proprietà necessarie allo
sviluppo della vita al livello della metagalassia in espansione. John Leslie, uno dei
pochissimi "occidentali" a riferire del lavoro di Idlis, sottolinea la sintonia fine, notata
dall'astronomo sovietico, fra le condizioni necessarie alla vita e la distribuzione di
densità delle stelle all'interno di una galassia [99].
Idlis sa di muoversi in una direzione opposta a quella usualmente seguita nello studio
dell'universo e sottolinea l'importanza del suo approccio. Nell'introduzione del suo
lavoro si chiede se sia possibile trovare una "soluzione coerente" alla questione della
Una fluttuazione che porti "alla comparsa di un sistema solare abitabile, deve, di regola,
generare una quantità molto maggiore di sistemi planetari non abitabili", di stelle e di
interi sistemi stellari [104]. Idlis conclude pertanto la sua monografia annotando che:
e ribadisce:
non è da escludere che l'attuazione delle gigantesche fluttuazioni da noi studiate (con
un'estensione non inferiore a tutta la parte nota dell'universo) sia necessaria per la comparsa
degli esseri viventi che osservano il quadro del mondo che ci si distende innanzi [105].
7 Il WAP Di Dicke
Per questo generalmente si considera come prima applicazione effettiva del WAP quella
di Robert Henry Dicke; applicazione in cui la relazione fra una scala temporale
astrofisica e una cosmologica è il fulcro stesso dell'argomento.
Spinto dal suo interesse per la teoria della gravitazione e il principio di Mach, Dicke si
occupa - sul finire degli anni cinquanta - dell'Ipotesi dei Grandi Numeri (d'ora innanzi:
LNH, dalle iniziali di Large Numbers Hypothesis) di Dirac e della sua teoria della
gravitazione con G variabile col tempo.
L'ipotesi di Dirac risale alla seconda metà degli anni trenta, quando il fisico di
Cambridge s'interessò della relazione fra microfisica e cosmologia soffermandosi sul
problema dei grandi numeri adimensionali [106]. Egli prese in considerazione, in
particolare, due numeri puri della teoria fisica che erano stati al centro delle
speculazioni di Eddington: il cosiddetto "numero di Eddington", (in breve: il numero dei
protoni N contenuto entro il raggio di Hubble dell'universo, spesso inteso come la massa
M dell'universo osservabile [107]) che ha ordine di grandezza 1078, e il rapporto fra
forza elettrostatica e forza gravitazionale che intercorre fra due particelle elementari (ad
esempio un protone e un elettrone nell'atomo di idrogeno [107a])
e2/(Gmpme) ≈ 1039
rapporto che Eddington aveva chiamato "costante di forza" e che è analogo a quello che
oggi chiamiamo l'inverso della "costante di struttura fina gravitazionale": αG-1 ≡hc/Gmp2.
Dirac notò un'interessante coincidenza fra l'ordine di grandezza di questi numeri e il
numero puro che si ottiene esprimendo in unità atomiche (ad esempio: (e2/mec3) ≈ 10-23
secondi; oppure: h/mpc2 ≈ 0.46 [e2/(mec3)] ) l'età attuale dell'universo (il cui ordine di
grandezza è dato dall'inverso della costante di Hubble: H0-1)[108]. Anche [(mpc2H0-1)/h] è
infatti un numero puro di ordine di grandezza 1039.
Poiché quest'ultima quantità deve ovviamente variare con il tempo, Dirac assunse che
anche gli altri grandi numeri dovevano comportarsi allo stesso modo. Le coincidenze fra
gli ordini di grandezza di questi numeri puri rivelavano infatti, a suo avviso,
"connessioni profonde in natura fra la teoria cosmologica e quella atomica" e dovevano
mantenersi in ogni epoca [109].
Dirac ritenne di aver così stabilito una "nuova base per la cosmologia" che presentò, nel
1938, sotto la forma di un "principio fondamentale": tutti i grandi numeri adimensionali
composti con le costanti fondamentali della fisica e della cosmologia sono funzioni
semplici dell'età dell'universo espressa in unità atomiche.
Secondo il principio di Dirac (che, in seguito, divenne appunto noto come LNH) tutti i
numeri adimensionali di ordine (1039)n devono variare proporzionalmente a (H0-1)n.
La conseguenza più intrigante della LNH consiste nella variabilità temporale di una o
più "costanti" fondamentali. Il fisico di Cambridge sostenne una variazione secolare del
valore della "costante" di gravitazione G, discostandosi così dalla teoria gravitazionale
einsteniana. Nel contesto teorico di Dirac il valore di G era stato maggiore in passato e
avrebbe continuato a decrescere continuamente con l'età dell'universo.
La LNH ebbe una certa risonanza nel contesto della fisica fondamentale e sollevò
notevole attenzione per le sue conseguenze geologiche, astronomiche e cosmologiche.
Negli anni quaranta, Pascual Jordan cercò di generalizzare la teoria gravitazionale
einsteniana in uno schema di relatività proiettiva pentadimensionale in grado di
contemplare la variabilità di G [110]. Nei primi anni cinquanta, le tesi di Dirac e dello
stesso Jordan furono ampiamente discusse nel manuale di Bondi, Cosmology, che
rappresentò un punto di riferimento per le generazioni successive e costituì un primo
punto di contatto con il problema dei grandi numeri anche per Brandon Carter [111].
Nella seconda metà degli anni cinquanta Dicke si impegnò in una profonda analisi delle
fondamenta della relatività generale e di ogni teoria gravitazionale che intendesse porsi
come alternativa a quella einsteniana. Il confronto con l'ipotesi di Dirac divenne
inevitabile [112].
I dubbi principali sulla teoria di Dirac sorgevano dall'assenza di corroborazioni
sperimentali e dal disaccordo con i risultati più recenti della teoria dell'evoluzione
stellare. Il fisico di Princeton dissentiva però anche nella valutazione dei criteri di
"eleganza, semplicità e perfezione" formale che, al contrario di Dirac, non accettava
come validi e affidabili sostituti di argomenti di natura fisica [113].
Dicke rivelò un duplice atteggiamento a proposito del problema dei grandi numeri. Da
una parte, una risposta a domande quali:
Why is the gravitational coupling constant so small? Why does the square root of the
number given by equation [M/mpc3 ≈ 1078] agree with the reciprocal of [αG]?
dovevano trovare, a suo avviso, una risposta nel programma machiano, come appendice
della determinazione della geometria dello spazio/tempo da parte della distribuzione
delle masse [114].
Dicke considerò assai seriamente l'idea di una variabilità delle "costanti" e ritenne che
"un'interazione gravitazionale variabile" non potesse essere "facilmente esclusa" [115].
Una variabilità spazio/temporale di G discendeva però da basi concettuali diverse da
quelle di Dirac e doveva eventualmente dipendere dall'equazione già notata da Sciama
[116]:
Gρ0H0-2 ≈ 1
Dicke tornò ancora su questi temi nella sua Joseph Henry Lecture tenuta di fronte alla
Philosophical Society of Washington il 18 aprile del 1958 [118a]. In tale occasione egli
si soffermò a lungo sulla cosmologia di Dirac, riconoscendo la rilevanza della LNH ma,
notando al tempo stesso, che:
To infer the time dependence of the gravitational interaction requires more than a simple
observation that the reciprocal of the gravitational constant and the age of the universe,
when expressed dimensionlessly, are now nearly equal. It is also necessary to assume that
now is a random time. But is it?
The present epoch is conditioned by the fact that the biological conditions for the existence
of man must be satisfied. This requires the existence of a planetary system and a hot star. If
we assume an evolutionary cosmology starting with the formation of hydrogen 12 billion
years ago, there is an upper limit for the epoch of man which is imposed by the following
two conditions: First, hydrogen is being continually converted to helium and heavier
elements. Perhaps 20% has already been "burned." Second, there is an upper limit on the
radiating life of a star.
If the star is massive (10 times the sun's mass) it lives riotously, burning its hydrogen like a
wastrel. For a light star (1/10 the sun's mass), hydrogen is burned slowly and the star is
capable of living much longer than the sun, 100 times as long. However, if the star is much
smaller than this, its central temperature never rises high enough to cause nuclear reactions
to take place. Such a light star radiates until its gravitational energy is gone and then it
cools off. It is seen therefore that the longest life of a star is very roughly 1014 years and this
puts an upper limit to the epoch of man.
There is also a lower limit on the epoch of man. With the assumption that initially only
hydrogen exists, it is necessary to produce other elements in the stellar caldrons and
distribute them about the universe before a planetary system of our type can be formed. It is
a bit difficult to estimate this time, but it would seem that 1 billion years would be a
reasonable lower bound on the epoch of man.
It is thus seen that the epoch of man is not random but is very roughly delineated [118b].
If the present value of [H0-1] were to be considered conceptually as a random choice from a
wide range of possible values of [H0-1], the present 'choice' would have had a small a priori
probability, and an accidental correspondence of the type exhibited by the three numbers
would have been unlikely. In view of the inexactness of the interrelation between the three
numbers, a very wide range of possible values of [H0-1] and a small a priori probability
must be assumed if Dirac's hypothesis is to receive support from this kind of argument.
It will be shown that, with the assumption of an evolutionary universe, [H0-1] is not
permitted to take one of an enormous range of values, but is somewhat limited by the
biological requirements to be met during the epoch of man.
The first of these requirements is that the universe, hence galaxy, shall have aged
sufficiently for there to exist elements other than hydrogen. It is well known that carbon is
required to make physicists [120].
più pesanti dell'idrogeno e dell'elio siano stati "cucinati" negli interni delle stelle e
diffusi negli spazi interstellari. Il "tempo minimo per l'inizio dell'epoca dell'uomo è
stabilito dall'età delle stelle di vita più breve", poiché è al loro interno che si sono
formati gli elementi pesanti. Il tempo massimo, a sua volta, dal fatto che il fisico
necessita di una "casa ospitale"; ovvero: di un pianeta costantemente illuminato da una
stella, condizione anch'essa determinata da vincoli astrofisici ben noti [121]. L'"epoca
dell'uomo", in un universo in evoluzione, dipende dall'esistenza delle stelle e, quindi, da
scale temporali determinate esclusivamente dalla teoria standard dell'evoluzione
stellare.
La consapevolezza di questo fatto rende meno sorprendente la coincidenza di Dirac di
quanto, prima facie, potesse apparire. Nel linguaggio dei "teorici antropici" essa risulta
anzi, grazie al WAP, prevedibile entro la teoria standard.
-1
Naturalmente questo tipo di ragionamento non dice niente sul particolare valore di G .
First of all, I think that in the form in which I stated the anthropic principle, there isn't a lot
of controversy, because it's rather straightforward question [124].
Inoltre affermerà di non aver fatto niente di "veramente eccitante" a confronto dell'idea di
un "adattamento" (adjusting) fra "tutte le costanti fisiche" contemplata nel SAP di Carter
[125]. Solo in questa forma, che contempla l'idea di una "selezione biologica delle costanti
naturali" [126] e un riferimento a un insieme di universi, il principio potrebbe richiedere
una "rivoluzione nel nostro modo di fare fisica" [127].
Tale atteggiamento emerge, ad esempio, nel celebre articolo scritto da Dicke nel '79
assieme a Peebles e dedicato a "enigmi e panacee" della cosmologia standard del big
bang. In tale occasione il principio antropico è associato indissolubilmente all'idea dei
molti mondi:
Imagine an ensemble of universes of all sorts. It should be no surprise that ours is not an
'average' one, for conditions on the average might well be hostile. We could only be present
in a universe that happens to supply our needs [128].
Molti commentatori e molti critici non sono d'accordo con la valutazione del WAP data
da Dicke. Alcuni hanno infatti giudicato "molto provocatoria" la sua posizione o l'hanno
addirittura annoverata fra "quanto di più importante sia stato scritto dal punto di vista
della metodologia fisica e cosmologica da Galileo a oggi" [129].
La prospettiva indicata da Dicke nel 1961 ha sollevato grandi interrogativi in molteplici
direzioni. Ad alcuni è parsa, almeno in parte, "metafisica" e comunque nient'altro che
una "curiosità filosofica"; ad altri è sembrata favorire "un discostamento da una
posizione realista ... difficile nella migliore delle ipotesi e privo di significato nella
peggiore". Altri ancora, infine, hanno trovato le argomentazioni del fisico di Princeton
adatte a "smussare" la rilevanza di una concezione che vede l'universo come "una
gigantesca macchina indifferente alla vita o all'uomo" [130].
Alberto Masani ha messo in grande rilievo come la nota di Dicke contribuisse a far
rientrare in ambito scientifico il "problema dell'uomo", connettendolo al "fenomeno
evolutivo" dell'universo:
Naturalmente molti autori hanno messo in primo piano il carattere post hoc del WAP di
Dicke e l'inversione rispetto alla direzione usuale della spiegazione scientifica [132]. Su
questo terreno si è prodotta gran parte della confusione che caratterizza il dibattito
attuale sul principio antropico; confusione che, come ha notato Wesley Salmon, è in
parte riconducibile alla "similarità strutturale tra il modello nomologico - deduttivo ...
proposto da Hempel per la spiegazione scientifica ... e il tradizionale schema ipotetico -
deduttivo ... per la conferma scientifica [133]." Confusione, inoltre, senz'altro alimentata
Dicke (1961) has pointed out that the right order of ideas may not be, here is the universe,
so what must man be; but here is man, so what must the universe be? In other words: (1)
What good is a universe without awareness of that universe? But: (2) Awareness demands
life. (3) Life demands the presence of elements heavier than hydrogen (4) The production
of heavy elements demands thermonuclear combustion (5) Thermonuclear combustion
normally requires 109 years of cooking time in a star (6) Several 109 years of time will not
and cannot be avalaible in a closed universe, according to general relativity, unless the
radius-at-maximum expansion of that universe is several 109 years or more. So why on this
view is the universe as big as it is? Because only so can man be here [134].
Considerazioni come queste di Wheeler, ripetute anche dal neurofisiologo John Eccles,
contribuiscono a rendere più controverso il WAP di quanto Dicke e altri teorici
antropici abbiano intenzione di ammettere e fanno sorgere la sensazione che i confini
fra WAP e SAP siano piuttosto sfumati. L'atteggiamento stesso di Dicke (che da una
parte dice di non aver fatto niente di rivoluzionario, ma dall'altra cita il suo lavoro come
il diretto antecedente del principio forte di Carter) non fa che alimentare questa
sensazione [135].
Sebbene assente nel 1961, l'idea dei molti universi si trova infine associata anche
all'argomento originario di Dicke. Basti pensare a Martin J. Rees; il quale nel riferire il
lavoro di Dicke, sostiene - nel 1972 - che la coincidenza fra la costante di struttura fine
gravitazionale e l'età dell'universo" deve essere "automaticamente soddisfatta in ogni
universo "conoscibile" (cognizable)" [136].
La terminologia usata da Rees era d'altra parte ispirata dalle idee di Brandon Carter che,
da alcuni anni, circolavano a Cambridge così come a Princeton. Già nel 1970 Carter
aveva ad esempio notato che
the existence of any organism describable as an observer will only be conceivable for
certain restricted combinations of the fundamental constants, which distinguish within the
world-ensemble an exceptional cognizable subset, to which our own universe must
necessarily belong. (More detailed, but for practical purposes unfeasible, consideration of
the detailed local conditions would distinguish within the cognizable suset a cognate
subset in which observers actually occur) [136a].
Su queste basi, ancora nel 1972, Freeman J. Dyson fa riferimento, forse per la prima
volta in una pubblicazione ufficiale, a quello che di lì a poco sarà ufficialmente
denominato "principio antropico forte", chiamandolo proprio Carter's 'principle of
cognizability' [136b].
Nella seconda metà degli anni sessanta, a seguito della scoperta del fondo di radiazione
cosmica, la teoria del big bang caldo si afferma in maniera definitiva come il modello
cosmologico standard. L'altissimo grado di isotropia manifestato dal fondo a microonde
conduce però ad alcune difficoltà. Attorno al 1969 compaiono così nella letteratura i
primi articoli che pongono in maniera esplicita i cosiddetti problemi della "piattezza"
(perché la densità media è così prossima al valore che separa un universo chiuso e
destinato a ricontrarsi in una singolarità finale da un universo aperto?) e dell'"orizzonte"
(perché regioni distanti del fondo a microonde, che non potevano essere in
comunicazione causale fra loro, possiedono la stessa temperatura e densità di radiazione
entro limiti di precisione impressionanti?) [137].
L'isotropia dell'universo, che fino ad allora aveva rappresentato un assunto di partenza
nella costruzione di un modello cosmologico, diveniva ora, alla luce dei nuovi dati
osservativi, un enigma non indifferente all'interno del modello standard.
Com'è noto, andarono sviluppandosi due indirizzi: da una parte coloro che
interpretavano la situazione osservata come risultato di condizioni iniziali molto
particolari e di un'eccezionale simmetria dell'universo iniziale; dall'altra coloro che
invocavano un qualche meccanismo fisico (ad esempio: la "viscosità neutrinica"
proposta da Misner) in grado di "spianare" le disuniformità [137a].
Parallelamente a questo dibattito andò sviluppandosi anche una "linea di pensiero" in
cui l'esigenza di fornire un sostegno al modello standard del big bang, tramite il ricorso
ad argomentazioni antropiche, conviveva con l'idea di misurare la particolarità del
nostro universo, o di un universo del nostro tipo, rispetto a una collezione di universi
possibili.
Celebre è a proposito il lavoro in cui Collins e Hawking, nel '73, si chiedevano "perché
l'universo è isotropo?"; lavoro diretto contro il programma della "cosmologia caotica" di
Misner e in cui è fatto esplicito riferimento alla "filosofia" di "un numero grandissimo
di universi", o addirittura di "un insieme infinito di universi", che presentano "tutte le
possibili combinazioni di dati iniziali e valori delle costanti fondamentali" [138].
Tale concezione è descritta da Collins e Hawking come l'"idea di Dicke-Carter",
sebbene, come si é visto, non compaia nei lavori di Dicke considerati nel paragrafo
Ad una prima categoria appartengono quei casi per cui è possibile stabilire una
"spiegazione fisica completa basata su certezze oggettive" anziché su "probabilità
statistiche" (ad esempio: la congettura secondo la quale il numero di nucleoni contenuto
in una qualsiasi stella ha ordine di grandezza 1060, che Jordan aveva sostenuto in base a
una teoria cosmologica esotica con "creazione cosmica di materia", era mostrata
"equivalente all'enunciato che le normali masse stellari non differiscono mai molto dalla
massa di Landau" [139b]); in una seconda categoria rientrano "quelle coincidenze la cui
spiegazione, sebbene semplice, richiede considerazioni soggettive e probabilistiche
connesse alla nostra posizione come osservatori nell'universo" (ad esempio la "classica"
coincidenza di Dirac fra αG-1 e [(mpc2H0-1)/h])[139c]; alla terza categoria appartengono
infine "quelle coincidenze alle quali non può essere fornita una spiegazione fisica diretta
dato che dipendono più o meno criticamente dai valori attuali delle costanti
cosmologiche o microfisiche" (ad esempio: la coincidenza di Sciama fra ρ0 e H02)[139d].
Le coincidenze di quest'ultima categoria, al contrario delle altre, possono essere
"spiegate" all'interno della fisica e della cosmologia convenzionale solo con l'ausilio di
una delle seguenti opzioni: un'estensione della teoria a un livello "più profondo" in cui
le costanti "cessano di essere fondamentali e divengono derivabili da qualcosa di più
fondamentale"; oppure, in maniera meno soddisfacente, attraverso "l'adozione di una
qualche specie di statistical world-ensemble philosophy" [139e].
Quest'ultima idea con tutte le relative riserve espresse dall'autore nei suoi confronti, così
come la suddivisione in tre categorie, i dettagli tecnici dei vari casi considerati e interi
spezzoni della nota del 1970, si ritroveranno pressochè immutati in quel celebre talk del
'73 che sarà preso in esame nel paragrafo successivo. In quell'occasione Carter chiamerà
di "genere tradizionale" (che non richiedono cioè il principio antropico) le coincidenze
di categoria I e assocerà quelle delle categorie II e III rispettivamente al WAP e al SAP.
Per il momento basti ricordare che, nel '70, Carter fa già riferimento alla formulazione a
stati relativi della meccanica quantistica e alla "filosofia di Everett" come all'unica
interpretazione sensata della teoria dei quanta in ambito cosmologico. Il fisico di
Cambridge non solo afferma che l'interpretazione di Copenaghen è, a tale proposito,
"manifestamente inadeguata", ma a sostegno del passaggio da un singolo universo a una
collezione di mondi, precisa:
In any case, the use of a statistical ensemble as a fundamental entity in its own right (rather
than merely an approximation device for treating many particle systems) has already been
made for theoretical purposes of a quite different nature connected with the foundations of
quantum theory. Within a quantum statistical world-ensemble (where fundamental
constants are treated as observables on the same footing as all other constants of the
motion) the distinction between individual universes of the ensemble becomes rather
blurred, because even the pure states composing the statistical state operator can
simultaneously have components corresponding many different values of the fundamental
constants [139f].
Sebbene i tempi non fossero ancora maturi per la pubblicazione, le idee esposte da
Carter a Princeton cominciarono a penetrare nell'ambiente degli astrofisici e dei
relativisti. Non a caso, in conclusione della nota del '70, erano ringraziati, per le "molte
utili discussioni" con loro intrattenute, specialisti come Dicke, Misner, Peebles, Saslaw,
Sciama, Rees, Spiegel e Wheeler [139g].
In occasione della commemorazione del settantesimo compleanno di Dirac, Dyson
giudicò promettenti gli "argomenti speculativi" di Carter. In particolare, al contrario di
Dicke, il fisico di Cambridge non aveva semplicemente considerato il limite inferiore
della scala temporale associata alla permanenza sulla sequenza principale delle stelle
più massive, ma aveva ampliato l'argomentazione interessandosi alla scala caratteristica
di stelle che, come il Sole, appartengono al tipo spettrale G. La necessità dell'esistenza
di tali stelle per la presenza di osservatori imponeva vincoli ancora più stringenti ai
valori osservabili dei grandi numeri di Dirac [140].
Martin Rees, da parte sua, riassunse gli argomenti di Carter in un articolo del 1972 e li
ripropose nuovamente (pur citando Wheeler e non Carter) nel suo contributo al volume
Cosmology Now pubblicato dalla BBC nel '73 [140a].
Wheeler fu senz'altro il principale promotore sia dell'idea di una collezione di universi
(che compare non solo nella concezione di un universo che si rigenera ad ogni big
crunch, ma anche nell'idea di superspazio) sia di una connessione fra i valori delle
costanti fisiche e la possibilità della vita.
Già nel dicembre del '67 egli si chiedeva:
But why then do we happen to be living in that part of superspace where we find ourselves?
Nei primi anni settanta Wheeler tornò più volte sulla "filosofia" di Dicke-Carter e sulle
argomentazioni ancora non pubblicate dell'astrofisico di Cambridge; argomentazioni
che, a suo dire, avevano condotto a un successo nella comprensione dell'annoso
problema dei grandi numeri [140c].
Nel settembre del 1972, al simposio on the development of the physicist's conception of
nature tenutosi a Trieste, Wheeler ebbe uno scambio di opinioni con Dirac a proposito
del problema dei grandi numeri e delle idee di Carter. Dirac però confermò di non
sentirsi a suo agio con argomenti del tipo Dicke-Carter che - a suo dire - non fornivano
un'autentica spiegazione della "ragione" per cui compariva un numero puro di ordine
1039:
J. A. Wheeler: How do you feel about the explanation of Brandon Carter that many cycles
of the universe are possible and the constants in this particular cycle are such as will permit
life?
P.A. M. Dirac: That doesn't get over the difficulty that you have to explain this very big
number [140d].
Le idee di Carter conobbero quindi un certa risonanza prima della loro pubblicazione e,
ad esse, fu strettamente associata la concezione di una collezione di universi. Si può
congetturare che, forse, quelle stesse idee facessero parte di una più generale
trasformazione dello status e delle mire della cosmologia; trasformazione che Charles
Misner, pur preferendo la ricerca di una teoria più profonda alle speculazioni sui molti
mondi, ricorda in questi termini:
My main qualitative point was to ask that physics not just find the cosmos consistent with
the laws of physics, but also try to show that no very different cosmos was allowed or was
plausible. I was trying to change the goals of scientific cosmology from describing the
universe to explain it [140e].
Nel volume curato da Alan Lightman e Roberta Brawer, Misner sottolinea anche che,
per la sua consapevolezza dei problemi cosmologici, ebbe grande importanza il
semestre passato con Sciama a Cambridge nel 1966.Cambridge da una parte e Princeton
dall'altra, furono le due università in cui il principio antropico venne maturando la
propria credibilità.
Sciama però non ritiene di aver avuto un ruolo particolare nell'evoluzione delle idee
antropiche a Cambridge, ma sottolinea piuttosto l'importanza del clima psicologico in
cui molti suoi studenti si sentivano incoraggiati a sostenere idee molto speculative
anche se magari nate, come aveva detto Wheeler a proposito delle idee di Dicke, "in
parte per scherzo e in parte seriamente".
Carter, Rees, Hawking, Collins, G. F. R. Ellis provenivano tutti da Cambridge; mentre il
tedesco Reinhard A. Breuer (autore del primo volume interamente dedicato al principio
antropico) ebbe anch'egli l'opportunità di lavorare con Sciama nei primi anni settanta.
Questo, forse, costituisce motivo per riflettere non solo sulla modestia di una "persona
stimolante e incoraggiante" come Sciama, ma anche sull'influsso avuto dalla sua
predisposizione realistica e dal suo atteggiamento risolutamente contrario alla presenza
di accidentalità e arbitrarietà in natura [140ee].
Martin Rees mi ha fatto notare ad ogni modo come l'ambiente di Cambridge ruotasse da
tempo attorno a individualità di grande influenza, fra le quali Bondi, Hoyle e,
naturalmente, Dirac [140f]. Rees ha anche puntualizzato:
I might mention that [the horizon problem] was well-known in the late 1960's (and indeed
before, due to Rindler's very clear paper). Surmointing the horizon problem was the main
motivation of, for instance, Misner in exploring anisotropic 'mixmaxter" models. I mention
this because there is a tendency to believe that nobody worried about these issues before the
Dicke Peebles article in 1979 [140g].
Dicke stesso, peraltro, fu il primo a prendere atto esplicitamente del "problema della
piattezza" nelle sue Jayne Lectures del 1969:
how did the initial explosion become started wich such precision, the outward radial motion
became so finely adjusted as to enable the various parts of the Universe to fly apart while
continuosly slowing in the rate of expansion?
There seems to be no fundamental theoretical reasons for such a fine balance. If the fireball
had expanded only .1 per cent faster, the present rate of expansion would have been 3 X 103
times as great. Had the initial expansion rate been .1 per cent less and the Universe would
have expanded to only 3 X 106 of its present radius before collapsing. At this maximum
radius the density of ordinary matter would have been 10-12 gm/cm3, over 1016 times as
great as the present mass density. No stars could have formed in such a Universe, for it
would not have existed long enough to form stars [140h].
Sebbene il passo appena citato abbia molte risonanze con molti tipici "ragionamenti"
antropici, il fisico di Princeton ha però negato di aver avuto in mente, nella sua
esposizione del problema della piattezza, una qualche spiegazione antropica o una
qualche relazione con il problema dei grandi numeri [140i].
Il "paradosso di Dicke" [140j] consente ad ogni modo di far ritorno allo scritto di
Collins e Hawking del 1973. Questi ultimi autori affermarono che la "filosofia" di
From the existence of the unstable anisotropic mode it follows that nearly all of the
universes become highly anisotropic. However these universes would not be expected to
contain galaxies, since condensations can grow only in universes in which the rate of
expansion is just sufficient to avoid recollapse. The existence of galaxies would seem to be
a necessary precondition for the development of any form of intelligent life. Thus there will
be life only in those universes which tend toward isotropy at large times. The fact that we
have observed the universe to be isotropic is therefore only a consequence of our own
existence [141].
o, in altre parole:
Since it would seem that the existence of galaxies is a necessary condition for the
development of intelligent life, the answer to the question "why is the universe isotropic?"
is "because we are here" [142].
Wheeler fece quindi il punto della situazione e delle prospettive aperte dalle
"considerazioni di Hawking, Dicke e Carter". A suo avviso infatti queste rimandavano a
"un soggetto così interessante" quale
the question whether man is involved in the design of the Universe in a much more central
way that one can previously imagine [142b].
Può sembrare paradossale che Carter, nel rivolgersi a un audience riunitosi per offrire il
proprio "tributo al creatore della prima teoria scientifica", cominciasse il prorio
intervento - che, proprio per questo motivo è stato definito una "messinscena
memorabile" dallo storico della scienza Stanley Jaki [143] - affermando:
Prof. Wheeler has asked me to say something for the record about some ideas that I once
suggested (at the Clifford Memorial meeting in Princeton in 1970) and to which Hawking
and Collins have referred ... . This concerns a line of thought which I believe to be
potentially fertile, but which I did not write up at the time because I felt (as I still feel) that
it needs further development.
However, it is not inappropriate that this matter should have cropped up again on the
present occasion, since it consists basically of a reaction against exaggerated subservience
to the 'Copernican principle' [144].
Il "principio copernicano" a cui si fa qui riferimento ha comunque ben poco a che fare
con le idee dell'autore del De revolutionibus orbium caelestium. Riguarda piuttosto quel
criterio, accettato "da tutti gli uomini di scienza", che invita a non assumere, in maniera
antropocentrica, che la Terra si trovi "in una posizione centrale e favorita" [144a].
Carter aveva ripreso la denominazione dal manuale di Bondi, Cosmology, dal quale - fra
l'altro - sono estratte le parti fra virgolette delle righe precedenti.
Negli anni settanta il problema della relazione fra le osservazioni della struttura di larga
scala dell'universo e il ruolo empiricamente non controllabile degli assunti ideali che
erano alla base dell'usuale approccio alla cosmologia assunse via via un'importanza
sempre maggiore. Il congresso di Cracovia costituì a tale proposito una tappa
importante.
Si stava infatti gradualmente acquistando una sempre maggiore consapevolezza del
problema della verificabilità in cosmologia. Le osservazioni di regioni lontane sono
necessariamente effettuate da una sola postazione all'interno dell'universo e limitate
esclusivamente a quello che, in relatività generale, è detto il nostro "cono di luce
passato" e da altri tipi di orizzonti. L'esistenza di limiti intrinseci alle nostre
was entirely justified by the goal of scientific objectivity, but it soon came to be carried
unduly far as people came to the point of advocating the opposite extreme point of view,
consisting in the assumption that our own situation in the Universe is not in any part
privileged, but is typically representative in a Universe that is entirely homogeneous apart
from minor local fluctuations. This extreme antithesis of the anthropocentric outlook was
most dangerous as a source of biased thinking when it was adopted subconsciously [144g].
La versione "più estrema" del dogma copernicano era consistita nel principio
cosmologico perfetto di Bondi e Gold; ovvero nell'"ipotesi" secondo la quale "l'universo
presenta lo stesso aspetto da ogni luogo in ogni tempo" [144h]. L'enunciato di Bondi e
Diversi anni dopo il congresso di Cracovia, l'autore sosterrà che considerare gli effetti di
selezione che influenzano le osservazioni è di fondamentale importanza se si vuole
avere un'idea chiara di cosa significhi giudicare, in accordo con il rasoio di Occam, la
relazione fra le osservazioni e le opzioni teoriche a disposizione. In particolare: un
principio di simmetria o di omologia non deve costituire un pregiudizio "contro la
possibilità di un'asimmetria intrinseca fra ciò che è osservato o osservabile e ciò che non
lo è" e, pertanto, va bilanciato con un criterio supplementare come il WAP [146].
Nel 1973 Carter afferma che Dicke aveva fornito una "buona illustrazione" dell'uso del
WAP, mostrando come la teoria "convenzionale" [147] (cioè: "la teoria fisica standard
in connessione con il modello dell'universo ortodosso del big bang caldo" [147a]), dove
... a fairly severe restriction not merely on our location within the Universe but on one of
the fundamental parameters of the Universe itself (in this case its lifetime τ) [149].
valore di αG-1 è "prevedibile" nell'ambito della "teoria ortodossa". Ciò è ancora una volta
interpretato come una testimonianza contraria all'"introduzione di teorie fortemente non
convenzionali come quelle di Dirac e Eddington" [153].
Tale conclusione comporta però di accettare (almeno per quelle coincidenze che già nel
'70 Carter aveva definito di categoria III) l'idea di un Universo "confezionato su
misura", con valori dei parametri fondamentali adatti a consentire la "creazione di
osservatori" ad un certo stadio del suo sviluppo.
Neppure lo stesso Carter ritiene che il ricorso al SAP (al quale associa il motto: Cogito
ergo mundus talis est [154]) sia "completamente soddisfacente dal punto di vista di un
fisico". Mentre una "predizione" basata soltanto sul WAP può infatti condurre ad una
"spiegazione fisica completa", una predizione basata sul SAP, anche se "del tutto
rigorosa", non esclude la possibilità e la "desiderabilità" di "una teoria fondamentale più
profonda" (ad esempio: la teoria della "struttura machiana ... sottostante l'ordinaria
teoria gravitazionale" prospettata da Sciama e da Dicke) in grado di render conto delle
relazioni predette [155].
Il SAP rimanda insomma a un approccio molto più speculativo del WAP e Carter
insisterà sempre nel non dirsi pronto, nonostante l'"entusiasmo" provocato "in certi
ambienti", a difendere il principio forte "con lo stesso grado di convinzione meritato dal
suo analogo 'debole'" [156].
È importante sottolineare, ad ogni modo che né Carter, né Collins e Hawking,
propongono una "spiegazione" di tipo teleologico. L'uso del principio antropico in ogni
sua forma da parte di questi autori rimanda, nonostante l'uso insistente del termine
"spiegazione", al "desiderio di preservare la cosmologia standard del big bang tramite
l'impiego di un effetto di selezione" [157].
Almeno nelle varie applicazioni proposte negli anni settanta, il principio antropico -
come ha notato John Earman - non ha mai preteso di sostituirsi ad una spiegazione,
anche quando il termine "spiegazione" è stato, malgrado tutto, chiamato in causa.
Va inoltre notato che, dagli esempi di predizioni basate sul SAP forniti da Carter a
Cracovia, è possibile riconoscere due versioni non coincidenti del SAP: un "SAPa", che
non chiama in causa una variazione delle costanti che regolano le interazioni
fondamentali e un "SAPb" che - come sarà esposto in seguito - invece è incentrato
proprio sul confronto del nostro universo con mondi in cui alcune delle costanti
d'accoppiamento possiedono valori differenti [157a].
Il "SAPa", a cui anche fanno riferimento anche Collins e Hawking, implica una
collezione di universi teorici possibili, di esiti alternativi delle equazioni di Einstein
legati a condizioni iniziali diverse e manifestantisi in proprietà espresse da parametri
cosmologici caratteristici; ma non prende in considerazione la modifica di una
caratteristica che, come αG-1, è da considerarsi immutabile in relatività generale.
L'idea di "un insieme di universi" caratterizzati non solo "da tutte le possibili
combinazioni di condizioni iniziali" ma anche delle costanti fondamentali è, d'altra
parte, presentata da Carter proprio allo scopo di "promuovere" una "predizione" basata
sul SAP "allo status di una spiegazione" [158].
In momenti diversi, Carter tratterà la concezione secondo la quale "possono esistere
molti universi, dei quali solo uno può essere da noi conosciuto", come un'ipotesi "non
particolarmente plausibile", un'idea "filosoficamente indesiderabile" o un'"ultima
risorsa" filosoficamente possibile ma da considerarsi solo in mancanza di un
"argomento fisico più forte" [159]. Nel '73, una volta ribadito che l'esistenza di
osservatori può essere possibile solo in un particolare sottoinsieme conoscibile di una
collezione di mondi, egli aggiungerà che:
Come accennato in precedenza, Carter aveva messo sin dal 1967 in evidenza la criticità
del valore della costante gravitazionale nei confronti di quella di struttura fine a ai fini
della divisione qualitativa fra stelle giganti blu (in cui l'energia è trasportata
radiativamente) e nane rosse (in cui domina il trasferimento convettivo). Dalla
connessione fra quella sua analisi e l'idea di cognizability risultavano scenari in cui una
piccola variazione di αG-1 comportava o universi in cui la gravità è di poco più forte e le
stelle sono tutte giganti blu che consumano velocemente le loro riserve di idrogeno
morendo prima che la vita possa nascere; oppure universi dove, viceversa, la gravità è
più debole e le stelle sono tutte nane rosse, troppo piccole e fredde per consentire la vita.
Questi mondi alternativi non godono della proprietà di essere conoscibili. Negli universi
che godono di tale proprietà (e il nostro Universo ne gode) DEVE esserci una vita che
conosce. In altre parole: la nostra esistenza impone vincoli alla struttura dell'universo.
Carter, ad ogni modo, diffida da interpretare il SAP come un "principio di realtà",
polemizzando apertamente con chi - come il "filosofo Gale" - ha a suo avviso frainteso
che "la scienza non è interessata alla verità sottostante, ma più modestamente (e, per i
propri criteri, più felicemente) a fornire la descrizione dell'apparenza più semplice,
coerente e comprensiva possibile" [161].
In tempi recenti Carter ha poi affermato di avere, con l'introduzione del SAP, ceduto
alla tentazione di immergere un sistema tipicamente "confinitivo" come l'Universo, la
cui unicità contraddistingue il carattere peculiare della cosmologia, in un sistema
"infinitivo" di livello "puramente teorico". Da questo punto di vista il SAP aspira alla
ricerca di una comprensione teorica più generale tramite il riferimento a un "sistema
concettuale di universi", ma non consente di ottenere "alcuna informazione generale di
tipo sperimentale e osservativo" [162].
La pubblicazione dell'intervento di Carter nel 1974 apre (o meglio consolida) la strada a
una lunghissima serie di lavori di "fisica qualitativa". Fra questi quelli di Victor F.
Weisskopf nel '75, Joseph Silk nel 1977, Bernard Carr e Martin Rees nel 1979, Euan J.
Squires nel 1981, William Press e Alan Lightman nel 1983 [163].
Già lo stesso Carter, d'altra parte, propose di considerare "restrizioni a priori sui
parametri fondamentali della fisica nucleare" [164]. Nel '70 a Princeton egli si soffermò
su una serie di coincidenze che coinvolgono (oltre alla carica elementare e alla massa
delle particelle) parametri importanti in fisica nucleare (quali: la costante
d'accoppiamento pseudo-scalare gS delle interazioni forti e il parametro ∆n, che
rappresenta l'eccesso della massa del neutrone su quella protonica) [164a]. Nel '73
appuntò quindi come, con una costante d'accoppiamento dell'interazione forte più
debole, non vi sarebbe stato altro elemento chimico che l'idrogeno, incompatibilmente
"con l'esistenza della vita". In conclusione del suo intervento a Cracovia, Carter si
sofferma sull'utilità (almeno momentanea in assenza di spiegazioni "basate su una
struttura matematica più profonda") di procedere in un'"esplorazione sistematica dei
limiti a priori" che, sulla base del SAP, possono essere assegnati ai parametri fisici
fondamentali. Inoltre insiste nel sostenere che accettare le predizioni basate sul SAP
come spiegazioni implica una certa attitudine nei confronti del concetto di una
collezione di universi.
Egli ritiene che l'interpretazione a molti mondi della meccanica quantistica possa
adattarsi "in modo molto naturale" alla "filosofia" che ha tentato di descrivere. La
"filosofia di una collezione di mondi", infatti, non "va in realtà molto oltre la dottrina di
Everett" che Carter continua a ritenere un prodotto della "logica interna della meccanica
quantistica" [165].
In ultima analisi comunque, per Carter il SAP consiste nella:
combination of the ordinary weak anthropic principle with a hypothesis of the existence of
an ensemble of connected or disconnected branches of the universe over which
'fundamental constants' would have an extended range of values. In such an ensemble the
familiar observed values of the parameters would be interpretable as deriving from
anthropic selection [166].
A partire dal 1983, Carter - seguito in questo da altri teorici antropici [167] - esprimerà
in maniera esplicita la relazione fra la selezione antropica e la "struttura del paradigma
bayesiano" [168]. Così facendo, punterà soprattutto a distinguere l'accortezza familiare
a "tutti gli scienziati empirici in attività" (che sanno molto bene di dover trattare
probabilità a priori "rinormalizzate" attraverso la considerazione dei diversi effetti di
selezione) dall'attitudine di alcuni "teorici puri" che preferiscono "lavorare
esclusivamente al livello ab initio" della teoria astratta, dimenticandosi "facilmente" "la
totalità di tutte le condizioni di selezione che sono implicate dall'ipotesi di applicazione
della teoria a una situazione sperimentale o osservativa concreta" [169].
In quest'ottica il WAP rappresenta un'"applicazione del teorema di Bayes" il cui unico
"elemento nuovo" consiste nel riferimento alle "nostre limitazioni in quanto organismi
viventi" [170]. Il SAP invece contempla non solo le restrizioni alla nostra situazione
particolare, ma al livello globale del nostro universo. Per il SAP "l'esistenza della vita" -
come hanno scritto Garrett e Coles - diviene "essa stessa una legge di natura" e un
universo conoscibile (cognizable) deve rispettare tale legge [171].
Il riferimento alle procedure dell'inferenza induttiva bayesiana (che Carter considera, in
pratica, "la strategia fondamentale del metodo scientifico" [172]) rimanda a un
approccio di fondo verso la cosmologia e, in genere, verso l'attività e la metodologia
scientifica. In lavori recenti sia Carter che Garrett e Coles si soffermano in maniera
specifica sui caratteri salienti di questo atteggiamento, sottolineandone le differenze sia
con l'approccio frequentista e logicista alla probabilità, sia con la scuola popperiana e
post popperiana in filosofia della scienza.
Questi autori considerano l'attività scientifica come un "esercizio di verifica di ipotesi
induttive" e ritengono la prospettiva bayesiana l'unica in grado di costituire un sistema
coerente per formulare ipotesi sull'universo come un tutto, superando il noto problema
dell'unicità dell'oggetto di studio. I dati osservativi sono considerati in quest'ottica
semplicemente dei numeri che possono essere incorporati, in qualità di proposizioni, in
qualsivoglia teoria.
Da qui il dissenso che Carter, Barrow, Garrett e Coles esprimono nei confronti del
punto di vista di Popper sia a proposito dell'influenza della teoria sui dati osservativi, sia
nei confronti della tesi secondo la quale le teorie scientifiche sono falsificabili [173].
Contro Popper (e naturalmente anche contro Kuhn o Feyerabend) questi teorici
antropici ritengono che disporre di prove favorevoli renda inevitabilmente più probabile
una determinata ipotesi o teoria. Essi sostengono quindi che:
The disparaging implication that scientists live only to prove themselves wrong comes from
concentrating exclusively on the possibility that a theory might be found to be less probable
than its challenger. In fact evidence does not confirm, or discount, a theory; it either makes
the theory more probable (supports it) or makes it less probable. For a theory to be useful, it
must be capable of having its probability altered by incoming data, and the appropriate
criterion is therefore testability. Bayes theorem tells us, by inverse reasoning, that a testable
theory will not predict all things with equal facility [174].
Su queste basi non c'è da stupirsi dell'antipatia mostrata da alcuni teorici antropici verso
cosmologie "razionaliste" come quelle dello stato stazionario o la stessa LNH.
Nel 1983, John Barrow torna ad occuparsi della distinzione fra WAP e SAP. Suo scopo
dichiarato è quello di chiarire la confusione che, a proposito del principio antropico, si
era nel frattempo venuta a creare nella letteratura astronomica.
Ho già riportato gli enunciati forniti da Barrow; è molto importante però soffermarsi
sulle osservazioni che fanno seguito alla sua definizione del WAP (vedi la definizione 2
del paragrafo 2) [175]. Il WAP:
Passando al SAP e alle sue "sfumature metafisiche" [176], Barrow espone le possibili
interpretazioni e propone, come alternativa all'idea dei molti mondi, il tradizionale
"argomento del progetto" [177].
L'interpretazione teleologica del SAP, che è fra l'altro collegata a quella idealistica della
meccanica quantistica dovuta a Wheeler, diverrà oggetto di notevoli controversie
interdisciplinari. Questo motivo non sarà però approfondito in questa sede. Mi preme
infatti sottolineare piuttosto come le definizioni di Barrow indicassero un modo
esplicito per discriminare fra WAP e SAP: solo il primo non contempla una "variabilità"
delle costanti fondamentali e non implica l'introduzione di un insieme di universi.
A questo punto la mia domanda è: sono davvero ben distinti WAP e SAP?
la risposta pare essere SI se si considera il WAP come effetto di selezione rispetto a una
scala temporale e lo si associa alla teoria standard; ma è NO se si considera il WAP
come negli esempi di Boltzmann e Idlis: perché negli scenari descritti da questi ultimi si
compie una selezione fra la nostra regione dell'universo e altre regioni non collegate
causalmente.
Non a caso la definizione del WAP di Barrow (analoga a quella di BARROW/TIPLER
1986. Vedi la definizione 3 del paragrafo 2) è stata giudicata, proprio perché collegata
in maniera specifica a un argomento basato su scale temporali, "considerevolmente più
restrittiva del necessario" da parte di G. F. R. Ellis. Quest'ultimo ha aggiunto di trovare
preferibile la definizione molto più generica data in BARROW/TIPLER 1986 a pagina
3 [178].
Anche il WAP pare quindi poter essere inteso secondo due modalità diverse:
WAPa: è una versione più restrittiva che si applica quando si considera
- in accordo con il principio cosmologico
- indifferente la collocazione spaziale ma non l'epoca cosmica in cui si compiono le
osservazioni. Con il WAPa è fondamentale un tempo cosmico universale ed è assunta
una teoria evolutiva dell'intero universo (in cui parametri come l'età, il fattore di scala,
la densità media assumono un significato preciso); è inoltre in genere assunta
un'uniformità della natura tale che le leggi della fisica locale sono le stesse ovunque e
vale l'ipotesi di una distribuzione uniforme della materia/energia anche su scale più
grandi dell'universo osservabile.
WAPb) è una versione meno restrittiva in cui, in genere, sono contemplate scale
temporali che non possiedono un significato globale e un universo che può essere eterno
e infinito.
L'intero universo osservabile, in questa prospettiva, costituisce un'evenienza di carattere
locale [178a]. Oltre il raggio di Hubble vi sono regioni ove la distribuzione della
materia, se non le stesse leggi fisiche locali, possono essere profondamente diverse. In
quest'ultimo caso devono esserci meccanismi fisici che soprintendono al
comportamento delle varie regioni e la differenziazione fra quest'ultime può dipendere
da motivi statistici o stocastici.
In questa versione il WAP giustifica la particolarità dell'universo osservabile tramite un
effetto di selezione, per quanto improbabile "a priori" la nostra regione possa risultare
nel contesto teorico considerato. Il WAPb, pertanto, rappresenta sia un espediente per
evitare il problema delle condizioni iniziali che un'opzione importante di cui tener conto
quando si affronta l'interrogativo "perché il mondo è così com'è?" [179].
È importante notare come, in tempi recenti, Barrow abbia più volte notato un
progressivo allargamento di consensi verso il WAPb. Si pensi a una definizione del
WAP che compare nel volume scritto con Tipler e precedentemente non riportata:
The Weak Anthropic Principle asserts that our Universe is 'selected' from amongst all
imaginable universes by the presence of creatures - ourselves - which asks why the
fundamental laws and the fundamental constants have the properties and values that they
are observed to have
The Anthropic Principle in each of its various forms attempts to restrict the structure of the
Universe by asserting that intelligent life, or at least life in some form, in some ways selects
out the actual Universe from among the different imaginable universes: the only 'real'
universes are those which can contain intelligent life, or at the very least contain some form
of life [180].
Se si confrontano queste definizioni con quella data nel 1983 (o con la definizione 3 del
paragrafo 2), è evidente un notevole cambiamento di prospettiva. Cambiamento che è
sancito esplicitamente nel volume del 1986 dove si parla di una ensemble interpretation
del WAP [181].
... if there is any random element in the initial evolutionary history of the universe then a
correct appraisal of the truth or falsity of cosmological theories must take our existence into
account [184].
Mentre le diverse teorie stabiliscono con quali "probabilità assolute" possano realizzarsi
certi particolari esiti, bisogna interessarsi soltanto alle probabilità condizionate dalle
condizioni necessarie all'evoluzione degli osservatori.
Un grande problema è, a tale proposito, posto dall'origine dei particolari valori delle
costanti fondamentali. Vi sono infatti contesti teorici secondo i quali tali valori
potrebbero essere determinati da elementi "intrinsecamente casuali" contenuti nella
struttura dell'universo primordiale o da processi avvenuti in prossimità dell'origine
stessa dell'universo.
In certi modelli inflazionari, ad esempio, processi del genere possono aver determinato
l'esistenza di domini diversi dell'universo dove almeno alcune costanti fisiche
possiedono un valore diverso da quello che hanno nella regione osservata.
Questo tipo di considerazioni consente un'ulteriore distinzione fra due tipi di approccio
a quello che si è qui definito WAPb:
- un approccio del tipo Boltzmann/Idlis in cui vi è un universo infinito ma non è presa in
considerazione la possibilità di una variazione delle costanti fondamentali (le costanti
The Strong Principle concerns our universe; the Weak, our region or location; but ... there
is just no single correct way of counting universes and thus of distinguishing them from
mere regions or locations. And when one speaker's universe is another's large spatio-
temporal region, the first's Strong Principle matter can be the second's Weak Principle affair
[187].
Garrett e Coles hanno giudicato l'idea dei molti universi come una fonte di confusione
ispirata dall'approccio frequentista alla probabilità. Non per questo hanno però respinto
scenari come quello di Linde, in cui ha senso parlare di regioni diverse dell'unico
Universo.
A loro avviso alcune applicazioni del SAP (e fra esse il "SAPa" di Carter ma anche - in
genere - le "predizioni" che giustificano con una teoria fondata dal punto di vista
bayesiano la considerazione di una variazione spazio/temporale delle costanti
fondamentali nell'Universo) non sono altro che argomenti deboli mascherati e vanno
considerate, a pieno merito, "applicazioni del metodo induttivo".
Altre versioni del SAP (in particolare quelle che necessitano dei molti mondi di Everett)
invece non possiedono né potere esplicativo, né capacità predittiva e vanno relegate
nella categoria delle "speculazioni senza freno" [188].
Si aprono qui problemi molto controversi, che diventano via via più complessi quanto
più ci si spinge a considerare le primissime fasi dell'universo. Nuovi problemi di natura
fondamentale rendono infatti inevitabilmente la fisica speculazione fisica.
Al livello delle grandi teorie unificate e dell'universo inflazionario, diviene così naturale
pensare che:
The search for theories in which the part of the world that surrounds us can have the
properties that we observe is still a difficult problem, but it is much easier than a search for
theories in which the whole world is not permitted to have properties different from those in
the part where we now live [189].
Speculazioni sempre più lontane dagli ambiti caratteristici delle teorie standard della
cosmologia e delle particelle elementari (e che coinvolgono energie dell'ordine di
almeno 1019 GeV, il quesito stesso dell'origine delle leggi della fisica e la ricerca di una
"teoria del tutto") hanno prodotto un interesse crescente verso l'idea di universi
alternativi e per le argomentazioni antropiche.
Molti lavori dedicati al grande problema della costante cosmologica o, in generale, a
questioni poste da scale temporali e energetiche prossime a quelle di Planck, hanno fatto
ricorso, negli ultimi anni, al principio antropico [190].
Steven Weinberg e George Efstathiou, ad esempio, hanno indipendentemente dichiarato
che, mentre si hanno motivi di ritenere che una teoria del tutto sarà in grado di
prevedere i valori di tutte le altre costanti di natura, la costante cosmologica potrebbe
essere determinata solo attraverso argomentazioni antropiche [191]. Weinberg,
comunque, non rinuncia a sperare in una teoria finale capace di predire anche la
costante Λ [192]. A suo parere infatti:
... most physicists would regard the anthropic principle as a disappointing last resort to fall
back only if we persistently fail to explain the constants of nature and other properties of
nature in a purely microscopic way [193].
Nel campo delle speculazioni recenti, d'altra parte, l'idea che le proprietà del nostro
universo siano casuali, o comunque non "particolarmente speciali", ha portato Sciama a
sostenere che l'esistenza dell'intera collezione di tutti gli universi logicamente possibili
potrebbe essere, in linea di principio, sottoposta a verifica osservativa [194].
Gli anni ottanta e novanta sono stati cruciali per il modello standard del big bang. Negli
ultimi quindici anni si sono infatti moltiplicate sia le "sfide empiriche" [195] dovute a
Now it seems more likely that the universe is an eternally existing, self-producing entity,
that is divided into many mini-universes much larger than our observable portion, and that
the laws of low energy physics and even the dimensionality of space-time may be different
in each of these mini-universes. This modification of our picture of the universe and of our
place in it is one of the most important consequences of the inflationary scenario.
We have even gained a new understanding of why it was necessary to write a scenario
when the performance is already over. The answer is that the performance is still going on,
and it will continue eternally. In different parts of the universe different observers see its
endless variations. We cannot see the whole play in all its greatness, but we can try to
imagine its most essential parts, and perhaps ultimately understand its meaning [200].
Sebbene non sia in contraddizione con la credenza di una grande diffusione della vita
nell'universo (diffusione che comunque deve essere avvenuta in infiniti luoghi se
l'universo è infinito [201]) il principio antropico è stato usato più volte a sostegno
dell'idea che l'evoluzione della specie Homo Sapiens costituisce un evento raro, se non
unico, quantomeno al livello dell'universo osservabile [202].
Il primo ricorso esplicito al WAP e al SAP nell'ambito del dibattito sulla vita
extraterrestre è contenuto in appendice a uno degli articoli scritti - nei primi anni ottanta
- da Frank Tipler contro il programma SETI e in difesa dell'idea dell'inesistenza degli
alieni [203].
Le posizioni di Tipler sull'unicità della civiltà terrestre e sul principio antropico, sono
andate evolvendosi di pari passo nel corso degli anni successivi, per maturare nella
proposta del FAP e nella messa a punto di una teoria fisica in grado di garantire la "vita
eterna".
Tipler ha sempre distinto nettamente fra il WAP e il SAP in ogni sua versione. Egli ha
considerato quest'ultimo "MOLTO speculativo" e "indubbiamente, non un principio
fisico ben stabilito" [204]. Ha però anche favorito un accostamento fra il WAP come
principio di auto-selezione e la concezione di un insieme di universi.
In alcuni suoi lavori si ha l'impressione di un contrasto fra quello che qui ho chiamato
WAPb (ad esempio il WAP applicato nel contesto di Linde) e un'interpretazione
teleologica del SAP. In aperto contrasto con la definizione di Barrow del 1983, Tipler
avverte infatti che [205]:
In contrast to the self-selection aspects of Man's Place in Nature, consider the possibility
that in some way, intelligent life is essential to the Universe. This idea is called The Strong
Anthropic Principle (SAP). Note that there is no ensemble in SAP! In fact, the existence
(or lack of) an ensemble is the basic difference between WAP and SAP.
Il fisico di New Orleans parte dal suggerimento di Carter di considerare il SAP più un
"postulato" o una "proposta" che un principio fisico per avanzare una serie di
considerazioni fortemente speculative.
Il FAP si configura così come una particolare versione del SAP da assumersi come
ipotesi di lavoro e da seguire fino alle sue estreme conseguenze. Tale ipotesi conduce a
una teoria sul lontano futuro dell'universo che rientra in quell'ambito di speculazioni
futurologiche ed "escatologiche" che è divenuta "un ramo della fisica" [206] dopo le
pubblicazioni di Martin J. Rees e, soprattutto, di Freeman J. Dyson e Steven Frautschi
[207].
Tipler si chiede in che modo può essere concepibile la sopravvivenza della "vita" nel
lontano futuro e prospetta uno scenario "miglioristico" [208] del cosmo, in cui alla vita
stessa spetta un ruolo di straordinaria importanza: non una semplice comparsa in un
remoto e insignificante pianeta, ma bensì il compito di "colonizzare" l'intero universo e
di intervenire addirittura sul suo comportamento dinamico al fine di prevenirne
l'autodistruzione [209].
IL FAP, l'idea che la vita durerà per sempre, pare in aperta contraddizione con il WAP
di Dicke. Questa constatazione va però vista secondo una duplice prospettiva, poichè se
da una parte è evidente che vi è un atteggiamento di fondo del tutto inconciliabile;
dall'altra non vi è, da parte di Tipler, nessuna intenzione di violare il WAP, ma solo un
tentativo di mostrare come una specie intelligente potrebbe superare le limitazioni
astrofisiche e i vincoli antropici di Dicke riguardanti il futuro.
Il punto nodale della questione concerne il significato da attribuirsi ai termini "vita
intelligente". Tipler avvalora e fa ricorso alle tesi dell'intelligenza artificiale forte e a
una definizione puramente funzionale della vita in cui gli aspetti legati a un particolare
substrato chimico sono irrilevanti. Egli afferma:
I claim that a "living being" is any entity which codes 'information' (in the sense this word
is used by physicists) with the information coded being preserved by natural selection. ...
Thus 'life' is a form of information processing, and the human mind - and the human soul -
is a very complex computer program. Specifically, a 'person' is defined to be a computer
program which can pass the Turing Test [210].
Nella prospettiva di Tipler il WAPa pone dei vincoli esclusivamente alla vita basata sul
carbonio. Per quel che riguarda il passato dell'universo questi valgono per la vita in
genere, ma lo stesso non può dirsi per il futuro.
Ad esempio il momento in cui il Sole abbandonerà la sequenza principale, diventando
una gigante rossa e distruggendo il nostro pianeta, non rappresenta che la prima di una
serie di "scadenze improrogabili" a cui la vita va incontro in un universo evolutivo
[211]. Nell'ottica di Tipler non solo gli esseri umani dovranno abbandonare il pianeta
prima che sia troppo tardi, ma dovranno pensare molto più in grande e provvedere per
tempo a garantirsi una "discendenza" in grado di sopravvivere all'estinzione di tutte le
stelle e agli avvenimenti sempre più catastrofici previsti per il futuro remoto.
I "discendenti intellettuali" dell'uomo saranno in una prima fase degli automi intelligenti
in grado di replicarsi da soli e capaci di colonizzare la galassia in tempi relativamente
brevi su scala cosmologica [212]. Ma a un certo punto anche questi robot dovranno
provvedere a trasferire i programmi che costituiscono le loro menti su hardware
adeguati alle condizioni sempre più inospitali che l'universo riserva; e a preoccuparsi
così di un'ulteriore espansione della biosfera.
La "teoria del Punto Omega" di Tipler è una proposta speculativa sul lontano futuro
dell'universo fondata su due postulati praticamente equivalenti: il FAP e l'assunto che il
flusso di informazione non si interromperà mai, ma si espanderà continuamente fino a
occupare l'intero universo. Pertanto:
The basic problem of physical eschatology is to determine if the forms of matter which will
exist in the far future can be used as construction materials for computers that can run
complex programs, if there is sufficient energy in the future environment to run the
programs , and if there are other barriers to running a program [213].
Le tesi di Tipler rimandano a problemi di grande rilevanza (come quelli legati alle
limitazioni fisiche della computazione o ad alcune questioni classiche di filosofia della
matematica) e hanno un loro interesse intrinseco anche come versione estrema
dell'immagine dell'universo come calcolatore su cui girano i programmi che
costituiscono le leggi fisiche [214].
Tipler sostiene che la sua teoria fornisce delle "previsioni verificabili", pur riconoscendo
talvolta che esse non sono "molto forti né utili" [215]. Queste si presentano come
conditio sine qua non della teoria.
Le più evidenti sono due caratteristiche globali del modello. L'universo di Tipler è
chiuso e quello che - nel linguaggio usuale dei diagrammi di Penrose dello spazio/tempo
- si chiama il suo confine-c futuro consiste in un unico punto che è appunto il Punto
Omega che da il nome alla teoria [215a].
Le altre previsioni "classiche" riguardano la relazione fra la "densità degli stati delle
particelle" e l'energia (che deve essere tale da garantire sempre l'utilizzazione
dell'energia per immagazzinare le informazioni [216]), i vincoli posti alla massa di certe
particelle (come il quark top e il bosone di Higgs) e ad alcuni importanti parametri
cosmologici (come Ω0, H0 e il contrasto di densità ∆ρ/ρ0 che regola l'ampiezza delle
disomogeneità della struttura di larga scala dell'universo).
Questi vincoli alle proprietà attuali dell'universo sono imposte dall'esistenza stessa del
Punto Omega. Cosicché si può parlare non solo di vincoli antropici richiesti dal FAP,
ma anche - prendendo in considerazione gli aspetti quantistici della teoria del Punto
Omega - di una condizione al contorno per la funzione d'onda dell'universo.
Tipler dice di essere costretto dalla matematica e dalla natura deterministica della
funzione d'onda ad assumere l'interpretazione a molti mondi della meccanica
quantistica. Su tali basi egli figura uno scenario nel quale, al raggiungimento del Punto
Omega
life will have gained control of all matter and forces not only in a single universe, but in all
universes whose existence is logically possible; life will have spread into all universes
which could logically exist, and will have stored an infinite amount of information,
including all bits of knowledge which is logically possible to know [217].
Nella sua analisi del modello di Tipler, Willem B. Drees insiste molto nel sottolineare il
duplice approccio di Tipler, il quale da una parte, sulla base del FAP, illustra in che
modo la "vita" può condurre l'universo al Punto Omega; dall'altra pone il Punto Omega
come condizione al contorno che determina e contiene l'intero svolgimento evolutivo
dell'universo [218].
Nella prima accezione vi è un progresso continuo testimoniato dall'incremento
progressivo della biosfera e dell'informazione. La seconda accezione pone invece
l'accento sul fatto che il Punto Omega, che dal punto di vista classico corrisponde alla
singolarità finale del big crunch, è un istante "trascendente e tuttavia immanente rispetto
a ogni punto dello spazio/tempo" [219].
Il Punto Omega non contempla progresso perché include già tutto lo spazio/tempo (e
quindi ogni istante presente, passato e futuro della storia universale) pur essendo fuori
dal tempo. È un concetto che rimanda "all'idea di Aeternitas della filosofia tomista"
[220] e al "tempo di Dio" di Wolfhart Pannenberg.
Tipler afferma che la teologia può essere ridotta, da un punto di vista epistemologico,
alla fisica. Infatti la sua proposta:
...leads naturally to a model of a God Who is evolving in His/Her immanent aspect (the
events in spacetime) and yet is eternally complete in His/Her trascendent aspect. This
trascendent aspect is the Omega Point, which is neither space nor time nor matter, but is
beyond all these [221].
I rimandi alle questioni tradizionali della filosofia e della teologia rappresentano gli
aspetti più intriganti, ma anche più sconcertanti, delle pubblicazioni recenti di Tipler
[221a]. A mio avviso, l'operazione di cucire insieme tesi, speculazioni e credenze fra le
più disparate, costituisce un difetto congenito di fondo dell'intero edificio messo su dal
fisico di New Orleans.
Questa è in sostanza una critica analoga a quella mossa in molte recensioni del volume
The Anthropic Cosmological Principle, ove è soventemente rilevata la disinvoltura con
la quale gli autori si spostano attraverso le "barriere disciplinari", producendo un
"poutpourri unico di aneddoti storici, argomenti filosofici, derivazioni matematiche e
gergo fisico" e accreditando le loro tesi tramite una "fusione di materie scientifiche con
articoli di fede individuale e credenze" [222].
William Press, in particolare, ha accusato Barrow e Tipler di "disonestà intellettuale" ed
è apparso chiaramente irritato per come i due autori abbiano fatto ricorso al principio
antropico come ad un "tappeto magico intellettuale" capace di condurli nelle più ardite
speculazioni [223].
Questo vale, anche a maggior motivo, per la produzione recente del solo Tipler e
legittima il dissenso e il biasimo manifestato dalla maggioranza dei suoi colleghi. Per
molti di essi infatti egli si è spinto troppo oltre! Fino a proporre "considerazioni
For scientists to take God-talk seriously, a book on science and religion would have to
contain statements such as: "If God exists, then the top quark must have a mass of 185 ± 20
GeV; if God is a Person, then the Higgs boson must have a mass of 220 ± GeV; and if She
will one day raise us all to live forever in Heaven, then the temperature fluctuations T/T0 of
the cosmic background radiation must be less than 6 X 10-5 " [227].
With my assumption they [i pianeti abitabili] could exist indefinitely and life need never
end.
There is no decisive argument for deciding between these assumptions. I prefer the one that
allows the possibility of endless life [229].
A quasi tre decenni di distanza, Carter continuava ancora a chiedersi come mai Dirac
potesse essersi appellato a motivi extrascientifici contro gli "inattaccabili" argomenti di
Dicke; e come avesse fatto il fisico di Cambridge a cadere e perpetrare "in un così
evidente errore a causa di un pio desiderio" [230].
Carter trovava tutto ciò "sbalorditivo" e l'unica risposta che sapeva darsi riguardava
l'impreparazione mentale, tipica dei teorici puri, di confrontarsi adeguatamente con un
"sistema scientificamente confinitivo" come l'universo.
Carter giunge a scrivere che, non accettando il WAP, Dirac non si è dimostrato certo
irrazionale, ma semplicemente unempirical.
Tipler, per contro, invoca Dirac fra i precursori della teoria del Punto Omega e lo
ricorda come "il primo fisico ad addurre argomenti a favore del postulato della vita
eterna" [231]. Egli propone anche un modo alternativo di chiamare il FAP: il "principio
di Dirac - Dyson della vita eterna" [232].
Some partecipants maintained that the whole issue is not a real scientific question; others
that it is a key issue in cosmology. It was clear, particularly during informal discussions,
that this controversy has a philosophical as well as a scientific nature: opinions are based
not only on the speakers' scientific knowledge or extrapolations thereof, but also to a great
extent on their Weltanschauung [235].
What is the status of the anthropic principle? Is it a theorem? No. Is it a mere tautology,
equivalent to the trivial statement, "the universe has to be such as to admit life, at some
point in its history, because we are here?" No. Is it a proposition testable by its predictions?
Perhaps. Then what is the status of the anthropic principle? [238]
Wheeler lascia libero il lettore di dare una risposta a quest'ultima domanda. Da parte
mia credo che un qualsiasi tentativo di risposta debba spingersi a contemplare
globalmente una situazione che coinvolge attitudini e ambizioni dell'intera ricerca fisica
e cosmologica più avanzata e che ha radici nel problema profondo della relazione fra
necessità e possibilità.
A seconda dei casi le argomentazioni antropiche sono state viste come una sterile
riproposta di idee obsolete e come un vuoto gioco di prestigio fatto per stupire [239],
come un sussidio per problemi che non riusciamo a spiegare, come stimoli "per fare un
po' di utile ginnastica mentale" [240], come sintomi di un sentimento di "disperazione"
che pare pervadere certi ambiti della fisica fondamentale [240a], come metaprincipi di
natura extrascientifica con una loro (autentica o presunta tale) utilità euristica o come
enunciati che rivelano la loro importanza fondamentale quando è richiesto di giudicare
opzioni teoriche concorrenti nell'ambito straordinario della cosmologia.
Spesso il principio antropico è stato messo in alternativa a spiegazioni più profonde ma
mancanti. Hawking, fra gli altri, ha detto che per evitare l'appello al principio occorre
una "teoria di unificazione che dia conto delle condizioni iniziali dell'universo e dei
valori delle costanti fisiche" [241].
Il grande problema sottostante all'intera discussione resta quello del significato di
termini come statistica o probabilità in cosmologia dove ci si deve confrontare con il
problema dell'unicità dell'Universo o, in maniera ancora più esplicita, quello della
natura "peculiare" della cosmologia come scienza [242].
Tale problema è divenuto ancora più delicato dopo l'avvenuto connubio con la fisica
fondamentale. Se infatti la concezione dell'universo come "acceleratore di particelle dei
poveri" [243] ha condotto lo studio della cosmologia a un grado di dignità scientifica
molto più elevato rispetto agli anni in cui McCrea, Bondi, Sciama, Whitrow, Munitz e
altri si occupavano dei problemi filosofici di tale scienza; le questioni irrisolte hanno,
d'altra parte, indirizzato la speculazione fisico-cosmologica verso schemi
matematicamente consistenti ma estremamente lontani dalle energie disponibili alla
pratica sperimentale.
A proposito della grande questione dell'apparente "sintonia fine" (fine tuning) fra le
diverse costanti di natura o fra le proprietà dell'universo osservato, alcuni fisici sono
rimasti incerti fra considerare una qualche forma del principio antropico come la miglior
"spiegazione" possibile o come un "tappabuchi momentaneo" [244]. Alcuni hanno
riconosciuto al principio antropico principalmente (e forse esclusivamente) la capacità
di "alleviare" lo stato di perplessità e sorpresa sollevato dalle molte strane coincidenze
che si manifestano nello studio della natura [245]. Altri hanno interpretato tali
coincidenze come la testimonianza di un universo fatto a misura d'uomo e hanno
considerato l'eventuale "rilevanza" o essenzialità della mente per l'esistenza stessa del
cosmo [246].
Nella prima pagina del loro saggio Barrow e Tipler hanno scritto che il principio
antropico è "un mezzo per collegare direttamente la Mente e l'osservazione ai fenomeni
tradizionalmente compresi entro le scienze fisiche".
Ciò porta inevitabilmente a entrare nel tema della metafisica e dell'eventuale aspirazione
alla trascendenza rivelata in generale dalla fisica più recente e, in particolare, proprio
all'interno del dibattito sul principio antropico.
Occorre comunque fare grande attenzione a non confondere fisica, metafisica e
metafisiche personali che, su vari livelli, contraddistinguono le proposte dei fisici.
3 does the possibility exist of the eternal (without any beginning) creation of "universes",
tied together in a topological sense but totally unobservable to us;
5 connected with the previous question, is our Universe (or our part of the Universe)
distinguished by conditions conductive to life and human civilization (the anthropic
principle)? [254]
Le vicende storiche attraversate dai modelli inflazionari consentono di illustrare tre fasi
in cui si svolge tale dicotomia: nella prima vi è l'alternativa rigida fra la selezione
antropica e una "soluzione possibile" (più profonda) dei problemi dell'orizzonte e della
piattezza [256]; nella seconda - dpo aver "trascinato" i vecchi enigmi "oltre l'orizzonte"
[257] - sorge il problema di un certo parametro (il potenziale del campo scalare che
regola le transizioni di fase) che: o rimanda al WAP o a una spiegazione ancora più
profonda; nella terza fase, infine, il WAP "spiega" perché siamo qui, mentre gli esiti
delle leggi comportano un universo caotico.
Il fatto che oggi "nelle ricerche cosmologiche ci si imbatte in un interrogativo insistente
e non facilmente eliminabile" come quello dell'unicità costituisce quantomeno un
sintomo delle aspirazioni e delle ambizioni dei cosmologi contemporanei [258]. Essi
molto spesso, anche se in modi diversi, hanno avvertito la necessità di "superare il
confine" che sancisce la distinzione fra la cosmologia fisica e il tradizionale significato
di Cosmologia. Quest'ultima (della quale la cosmologia fisica rappresenta un aspetto)
"fa riferimento" - come scrive Ellis - "a una visione globale del mondo" in cui le
domande sul significato del mondo non solo hanno diritto di cittadinanza ma sono il
motore stesso che guida l'indagine [259].
Nel dibattito sul principio antropico si confrontano e si confondono prospettive
radicalmente diverse. Accanto alle forme più estreme del riduzionismo militante (in cui
l'ambizione a una teoria del tutto coincide con la dimostrazione dell'irrilevanza di
immotivate creature quali noi siamo [260]) trovano spazio la concezione di osservatore
partecipante di Wheeler e quella di "osservatore cosmico universale" di Zabierowski, la
Boundless Existence di Munitz, il "requisito etico" di Leslie, la dimensione verticale di
Dallaporta e la "sintesi più profonda" a cui allude Ellis [261]. Il materialismo ortodosso
di Idlis convive con l'idealismo assoluto insito nell'immagine dell'universo come
Programma Universale Astratto [262]. Le risposte agli interrogativi che si incontrano in
questo intricato labirinto possono essere e sono molteplici, i punti di vista possono
essere e sono divergenti e molto lontani l'uno dall'altro, ma è la considerazione stessa di
certi interrogativi entro l'ambito comune della ricerca cosmologica che rappresenta un
dato saliente con il quale è divenuto indispensabile confrontarsi.
RINGRAZIAMENTI
POSTILLA (2001)
Questo lavoro è stato scritto nel 1997. Originariamente destinato a una rivista che nel
frattempo pare aver sospeso le pubblicazioni, è stato oggetto di varie traversie ed ha
seriamente rischiato di cadere nell'oblio.
A distanza di quasi quattro anni ho avuto finalmente la possibilità di pubblicarlo sul sito
dello SWIF.
Come spesso avviene, oggi avrei certamente scritto in modo diverso alcune parti del
testo. Ho comunque preferito attenermi alla stesura originale, limitandomi
semplicemente ad apportare alcune minime correzioni stilistiche o ortografiche in
occasione della ri-scrittura del testo in formato html.
Naturalmente, in questi quattro anni sono avvenute varie cose attorno ai "principi
antropici" e agli altri temi discussi. Fra le altre cose, agli argomenti antropici sono stati
dedicati vari siti web molto ben curati e facilmente raggiungibili a partire dal sito
http://www.anthropic-principle.com/ Anche la letteratura si è espansa e, in questa
postilla, cercherò di fornire una rassegna generale di alcuni dei lavori realizzati negli
ultimi quattro anni.
Preliminarmente, ritengo però necessario notare come la rete abbia introdotto delle
novità sostanziali per quel che riguarda la comunicazione fra gli scienziati e la
comunicazione del sapere in genere. Gran parte dei preprint dei fisici e degli astrofisici
sono infatti oggi disponibili in rete e spesso accade che i suggerimenti o le critiche dei
colleghi comportino revisioni dei testi originari in una sorta di continuo work in
progress.
Una simile interazione e la facilità di acquisizione di molti documenti rappresenta
senz'altro una situazione senza precedenti della quale lo storico o il sociologo della
scienza non può che prendere atto.
Proprio in rete (o, se non altro, in prima istanza in rete) è possibile così prendere visione
di una nutrita serie di lavori in cui sono state invocate o comunque discusse le
applicazioni dei principi antropici alla cosmologia.
Uno dei temi centrali discussi in questi ultimi anni da astronomi e cosmologi è stato
quello delle anisotropie del fondo di radiazione cosmica. Non stupisce perciò che una
delle più rilevanti applicazioni recenti del ragionamento antropico in cosmologia sia
consistita nella determinazione dei vincoli imposti dalla nostra esistenza ai valori di
esplicitamente, di sub-universi. Non entrerò qui nei dettagli perché ciò porterebbe
lontano dalle prerogative di questa postilla. Gran parte degli articoli segnalati nella nota
282 sono comunque accessibili in rete e il lettore può scaricarseli senza problemi in
formato PDF disponendo di Acrobat Reader.
Tornando al contesto della cosmologia inflazionaria, e in particolare a quegli scenari
che implicano Ω ≠ 1, sono a sua volta da segnalare una serie di lavori che - per un
motivo o per l'altro - hanno contribuito ad alimentare il dibattito sui principi antropici e
sulle loro applicazioni. Anche in questo caso il tema ricorrente riguarda la distribuzione
di probabilità delle costanti di natura (inclusa ovviamente Λ).
Un dibattito di una certa rilevanza si è ad esempio svolto a proposito dello scenario di
inflazione aperta (dalla quale cioè può emergere un universo aperto con Ω ≠ 1) proposto
da Hawking e Neil Turok nel febbraio del 1998 [283].
Sfruttando l'approccio di Hartle e Hawking alla cosmologia quantistica [284] e alle
condizioni iniziali dell'universo (approccio, detto "privo di confini" [no boundary], che
presume il ricorso ai metodi euclidei per quantizzare la gravità e fa corrispondere ad un
integrale di percorso la probabilità della creazione dal nulla di un universo con
determinate proprietà) Hawking e Turok hanno costruito un modello inflazionario
caratterizzato da un potenziale piuttosto semplice e che non richiede la presenza di uno
stato di "falso vuoto".
Tale modello consente l'evoluzione di un universo aperto creato dal nulla attraverso una
regione finita in cui la coordinata temporale diviene immaginaria (tecnicamente
l'instanton [285]). Questa regione si evolve nello spazio/tempo con sezioni spaziali di
geometria iperbolica e finisce per essere raffigurabile come l'interno di una bolla che
appare però di estensione infinita a un osservatore in essa collocato.
Il punto è che l'instanton proposto da Hawking e Turok possiede una singolarità [286],
la cui presenza è risultata assai controversa [287]. Solo in un secondo tempo Turok e
collaboratori hanno infatti dimostrato che la singolarità in questione può essere
eliminata con una particolare scelta del sistema di coordinate [288].
Già in precedenza, ad ogni modo, Hawking e Turok erano riusciti - attraverso gli
instanton da loro proposti - a calcolare la probabilità che un universo inflazionario
avesse inizio con un particolare valore del campo scalare. In maniera piuttosto
sconcertante, essi avevano però trovato che gli universi più probabili generati attraverso
la loro proposta erano caratterizzati da un valore assai basso di Ω.
Per ovviare al problema i due autori hanno allora fatto ricorso (sia pur "con una qualche
riluttanza") a un approccio bayesiano fondato su un "argomento antropico" [289].
Anche in questo caso hanno però calcolato che il valore attuale più probabile di Ω deve
essere prossimo a 0,01; un valore decisamente troppo basso [290] per accordarsi con
quello dell'universo osservabile [291].
Lo scenario di inflazione aperta presentato da Hawking e Turok e la loro "stima
antropica di Ω0" [292] sono state al centro di un intenso scambio di vedute che ha
coinvolto autori quali Alexander Vilenkin, Andrei Linde, Jaume Garriga e Vitaly
Vanchurin. Tali autori hanno messo in discussione sia l'approccio di Hartle/Hawking
alla funzione d'onda dell'universo, che alcuni degli assunti da loro adottati nella stima di
Ω 0.
In particolare, Vilenkin si è fatto portavoce di un modello di inflazione eterna in cui
nuovi domini inflazionari aperti vengono continuamente a crearsi attraverso un effetto
tunnel quantistico [293]. Nello scenario da lui proposto non solo vi è un numero infinito
di bolle inflazionarie, ma ogni bolla (pur possedendo ovunque i medesimi valori delle
costanti fondamentali e di altri parametri cosmologici) contiene a sua volta "un numero
infinito di regioni con valori differenti di Ω" [294].
Un tale approccio è globale poiché figura un'immagine del "metauniverso" in cui
l'inflazione non rappresenta semplicemente una breve fase di espansione accelerata
avvenuta nei primi istanti dell'evoluzione di una certa bolla, bensì un processo che si
ripresenta continuamente nelle regioni che presentano le opportune condizioni (quelle
regioni, cioè, in cui il campo scalare assume valori sufficientemente elevati).
Su queste basi, Vilenkin ha da una parte sottolineato che l'instanton di Hawking e Turok
implica "conseguenze fisiche inaccettabili" [295] e - dall'altra - ha suggerito il ricorso ad
una versione del principio antropico differente da quella usata dai suoi due colleghi.
Secondo il cosmologo russo, infatti, il "fattore antropico" che fa la sua comparsa nei
calcoli non deve essere proporzionale alla densità spaziale (come richiesto da Hawking
e Turok), ma piuttosto "al numero di osservatori che misurano il corrispondente valore
di Ω [296].
Questa richiesta è una conseguenza di quella che lo stesso Vilenkin ha definito la sua
"versione favorita del principio antropico" e chiamato "principio di mediocrità [297]. Si
tratta, come accennato in chiusura del paragrafo 3 (nella parte I del presente lavoro), di
una versione del principio antropico che costituisce un'"estensione del principio
copernicano" [298] e che vine presentata come "molto più quantitativa" [299] di quella
adottata da Hawking e Turok e da altri autori in circostanze analoghe [300].
Nel '98 Vilenkin ha riformulato il principio di mediocrità richiedendo che "i valori dei
parametri cosmologici che stiamo andando a misurare non [siano] speciali" [301] (in
altre parole: assumendo che "siamo osservatori tipici che devono osservare ciò che
osserverebbe la grande maggioranza degli osservatori" [302]) ed ha quindi ridiscusso le
caratteristiche del "fattore antropico" che entra nella stima del parametro Ω [303].
Nello scenario proposto da Vilenkin la probabilità di trovare un certo valore di Ω in un
certo intervallo dΩ deve essere "proporzionale al numero delle civiltà che misureranno
Ω in quell'intervallo" [304]. Ne consegue che non dobbiamo stupirci di vivere in
un'epoca in cui, nella nostra regione di un universo aperto, il parametro Ω differisce
"sostanzialmente" sia da 0 che da 1 e in cui, allo stesso tempo, il contributo della
curvatura sta per assumere un ruolo dominante.
Fra le altre cose Vilenkin nota che, nel contesto del suo modello, non si può fornire
un'ulteriore spiegazione della coincidenza antropica fra l'ordine di grandezza dell'epoca
attuale, il tempo necessario alla formazione delle galassie tG (compreso fra 109 e 1010
anni e dipendente dal valore del parametro Q) e l'arco di vita caratteristico di una stella
della sequenza principale tS (tempo di circa 1010 anni che dipende dai valori delle
costanti fondamentali [305]). Sulla base del principio di mediocrità egli mette quindi in
evidenza che vi è invece un'alta probabilità di osservare una coincidenza fra il tempo tG
(che è fisso nel contesto del suo modello) e l'epoca in cui la curvatura sta per divenire
dominante (che risulta una variabile nel modello proposto).
Aggiungo che Vilenkin è tornato sul calcolo della distribuzione di probabilità di Ω nel
contesto dell'inflazione aperta in un lavoro scritto insieme a Garriga e Takahiro Tanaka.
In quest'ultimo saggio i tre autori hanno precisato che la probabilità ricercata dipende da
almeno tre fattori: un fattore legato all'effetto tunnel del campo scalare che determina la
formazione di una bolla; un fattore legato all'entità del periodo inflazionario in diverse
preferito l'espressione "ipotesi antropica finale" (FAH) a FAP ed hanno distinto quindi
fra un'interpretazione "individualistica" ("Vi è almeno una razza intelligente
nell'universo che continuerà indefinitamente ad esistere") e un'interpretazione "olistica"
("Ogni particolare razza intelligente potrebbe infine estinguersi, ma la vita intelligente
nella sua interezza esisterà indefinitamente") della FAH.
Dopo aver riformulato la FAH stessa in modo da renderla applicabile al contesto di una
collezione di universi, Bostrom e Cirkovic hanno quindi mostrato che essa potrebbe
avverarsi solo se: a) un modello di inflazione caotica fornisse una "descrizione
soddisfacente della realtà"; b) fosse possibile "la migrazione fra domini non
causalmente connessi del multiverso"; c) il tempo a disposizione prima dell'inizio della
futura fase inflazionaria risultasse sufficiente allo sviluppo di una tecnologia adeguata al
viaggio fra i differenti domini (inter-domain travel) del multiverso.
In un lavoro congiunto di Garriga, Mukhanov, Olum e Vilenkin sono state invece
affrontate le implicazioni per la sopravvivenza di lungo termine nel contesto
dell'inflazione eterna e il problema dell'eventuale trasmissione di informazioni da parte
di una civiltà destinata all'estinzione a civiltà collocate in altre regioni del metauniverso
[336].
Tale tema è stato quindi elaborato in un recentissimo contributo di Garriga e Vilenkin,
dove i due autori hanno ribadito che la sopravvivenza indeterminata di una civiltà è
estremamente improbabile. Ancora una volta i due autori hanno considerato
l'eventualità di perpetuare "la nostra eredità inviando messaggi a nuove regioni
termalizzate nel nostro futuro" [337].
Il tema più discusso degli ultimi anni è stato però il cosiddetto "argomento del giorno
del giudizio" (Doomsday Argument) al quale si è qui già accennato nella nota 34.
All'argomento probabilistico reso celebre dal libro di Leslie The End of The World sono
state dedicate svariate analisi e numerose obiezioni [338]. Non mi soffermerò però su di
esse poiché è già disponibile in rete, sul sito http://www.anthropic-principle.com/,
un'ampia documentazione sul tema.
Curato dal filosofo della scienza Nick Bostrom, il sito in questione mette a disposizione
molti dei principali saggi dedicati al Doomsday Argument e contiene inoltre alcune
rassegne curate dallo stesso Bostrom sulle questioni probabilistiche sollevate da Carter,
Gott III e Leslie e sul "ragionamento antropico" in generale [339].
Bostrom si è rivelato negli ultimi anni come uno degli autori più prolifici sia per quel
che riguarda i temi legati al principio antropico (al quale ha fra l'altro dedicato la sua
dissertazione di dottorato, titolata Observational Selection Effects and Probability) che
alle questioni legate all'intelligenza artificiale e ad un futuro "postumano". Non a caso è
stato nel 1998 fra i fondatori della World Transhumanist Association [340]:
un'associazione (alla quale aderiscono attualmente oltre mille iscritti) che promuove lo
sviluppo di un'intelligenza superumana e l'avvento di una specie "postumana" libera
dalla sofferenza, dall'invecchiamento e dalle malattie.
Naturalmente questi temi porterebbero qui troppo lontano. Grazie ala rete il lettore
interessato ha però a disposizione la possibilità di un ulteriore approfondimento.
Tornando all'argomento del giorno del giudizio, vale la pena di constatare come esso sia
stato uno degli aspetti del dibattito sul principio antropico che più ha interessato i
filosofi.
La cosa non suona affatto strana se si considera che i paradossi legati alla teoria della
probabilità sono da sempre uno dei temi che più intrigano i filosofi della scienza.
In molti degli scritti dei filosofi sul Doomsday Argument, d'altra parte, la cosmologia (e
spesso la stessa espressione "principio antropico") è soventemente del tutto ignorata.
Questo è un segno che un principio di selezione fondato sul teorema di Bayes ha ormai
una sua autonomia al di là delle sue applicazioni cosmologiche.
Non a caso, in occasione di un'intervista da lui concessami presso l'osservatorio di
Meudon (Parigi) il 9 novembre 1998, Brandon Carter sottolineò [341] che, a dispetto
delle molte applicazioni cosmologiche del principio antropico e del titolo del volume di
Barrow e Tipler (The Anthropic Cosmological Principle), il principio antropico non
andava considerato un principio cosmologico ma un principio della scienza con (fra
l'altro) le sue applicazioni in cosmologia.
IL LABIRINTO ANTROPICO
NOTE
1: NANOPOULOS 1980
4: TIPLER 1989b, p. 27
5: BALASHOV 1990, p. 19
17: Dfn. 1: CARTER 1974, p. 293; dfn. 2: BARROW 1983, p. 147; dfn. 3:
BARROW/TIPLER 1986, p. 16; dfn. 4: TIPLER 1989b, p. 27; dfn. 5: McMULLIN
1993, p. 372/3; dfn. 6: ELLIS 1993b, p. 93; dfn. 7: HAWKING 1988, tr. it. p. 146. Tutti
i corsivi sono degli autori.
18: LESLIE 1989, p. 132; corsivi e maiuscole di Leslie. Anche in LESLIE 1986a, p.
113.
19: Cfr. rispettivamente CARTER 1988, p. 184; CARTER 1993, p. 38. Si noti che in
WESSON 1978 è usato sempre il termine anthropomorfic anziché anthropic mentre in
una delle traduzioni di ZEL'DOVICH 1981 è usato anthropogenic. ZABIEROWSKI
1988a, p. 191, afferma che in alcune traduzioni è talvolta preferito il termine
anthropological per esprimere il trasferimento di caratteristiche umane (ad es. la
percezione o anche la volontà) alla Natura 'esterna'".
21: Dfn. 1: CARTER 1974, p. 294; dfn. 2: TIPLER 1982, p. 37; dfn. 3: BARROW
1983, p. 149; dfn. 4: BARROW/TIPLER 1986, p. 21; dfn. 5: TIPLER 1989b, p. 32; dfn.
6: ELLIS 1993b, p. 93. Tutti i corsivi sono degli autori. Sulla presenza in queste
citazioni del problematico termine "dovere" vedi: MUNITZ 1986, cap. 7; SMART
1987, LESLIE 1986b, KIRSCHENMANN 1992, GALE 1997.
22: LESLIE 1982, p. 144; CARTER 1983, p. 352. Si noti inoltre che in GALE 1997, p.
207, è proposta una definizione del SAP applicata a un "dominio super-Universale"
denominata super-SAP: "The ensemble of all universes must have those properties
which allow life to develop within it at some stage in its history".
24: BARROW 1983, p. 150; anche BARROW/TIPLER 1986, p. 22. Si noti che Barrow
denota qui come un "precetto esplicito" l'idea di genesis through observership che Jonn
A. Wheeler [WHEELER 1977, p. 7/8] aveva posto in forma interrogativa, come una
possibilità e non come una proposta. Su questo cfr. EARMAN 1987, p. 312/313.
Si confronti anche BLODWELL 1985 dove è discussa la distinzione fra WAP e PAP in
relazione al problema dell'esistenza di una collezione di mondi che coesistono in un
superspazio. Blodwell propone una "versione alternativa del PAP" (p. 271) basata
sull'idea di una pregeometria antecedente alla costruzione di un qualsiasi spazio-tempo.
Un'altra peculiare elaborazione del PAP è proposta in ZABIEROWSKI 1988b, 1993 e
GRABINSKA 1993, 1996. Miroslaw Zabierowski, dell'Università di Breslavia, ha
definito "sensualistica" l'interpretazione di Wheeler e ha suggerito di rimandare il
concetto di partecipazione a un "osservatore globale" a cui spetterebbe la funzione di
preservare l'unità e la continuità del nostro mondo e dell'intera collezione di universi che
discendono dall'"interpretazione dendrologica del vettore di stato dell'universo".
26: TIPLER 1989b, p. 32; corsivo di Tipler. Nota che nel loro saggio Barrow e Tipler
figurano anche la possibilità di interpretare il PAP come FAP tramite l'introduzione del
concetto di "Osservazione Finale" da parte di un Ultimate Observer cfr.:
BARROW/TIPLER 1986,p. 471. Cfr. questa tesi con l'idea di "superosservatore" di
Zabierowski a cui si é fatto riferimento sopra.
27: Cfr.: GOULD 1983; ROWAN ROBINSON 1983 e 1993; PAGELS 1985a;
GRATTON 1987
28: Cfr. KANITSCHEIDER 1985a, 1985b e 1988; LEWIS 1986 (in part. § 2.7); Mc
MULLIN 1981; WILSON 1991. Tipler [TIPLER 1983, p. 222] ha scritto che
l'incapacità di fornire predizioni non è dovuta tanto allo "stile di ragionamento
antropico" quanto alla cattiva volontà generale" di andare alla ricerca di tali predizioni.
29: Per una varietà di punti di vista su questi temi v. ad es.: LESLIE 1982, 1983a,
1983b, 1986a, 1986b, 1989, 1994a, 1994b, 1997; GALE 1986a, 1986b, 1997;
EARMAN 1987; CRAIG 1988; HESSE 1988; KATZ 1988; KIRSCHENMANN 1992,
1994; DELTETE 1993; DEMARET/LAMBERT 1994; BERGIA 1994, 1995, 1997;
AGAZZI 1995; GHINS 1995; REBAGLIA 1996.
30: Hoyle ha messo in evidenza che il C12 possiede un livello energetico di poco più
alto della somma dell'energia della massa a riposo del Be8 e del nucleo dell'atomo di
elio. Ciò comporta che l'abbondanza osservata di C12 dipende dall'esistenza di una
reazione di risonanza particolarmente favorevole (che accelera la combustione dell'elio
negli interni stellari, compensando l'instabilità caratteristica del Be8) e dalla
contemporanea assenza di una risonanza che avrebbe potuto favorire la conversione del
C12 in O16 per cattura di una particella α. Vedi: HOYLE 1965a, cap. VI; cfr. HOYLE
1975, p. 400 e ss. e, per una ricostruzione autobiografica, HOYLE 1997, cap. XVIII.
Cfr. inoltre DAVIES 1982; JAKI 1990; DEMARET/LAMBERT 1994, p. 127 e s..
I contributi di Hoyle vanno inquadrati, da un punto di vista storico, nelle ricerche sulla
nucleosintesi dei primi anni cinquanta. Su tale argomento si può vedere ad es. KRAGH
1996a, p. 295 e ss. e riferimenti bibliografici lì riportati. L'annuncio di un livello di
risonanza del C12 attorno a 7,68 MeV fu fornito per la prima volta in
DUNBAR/PIXLEY/WENZEL/WHALING 1953. Gli autori in questione riferirono di
aver avuto notizia del "significato astrofisico" di quel livello del C12 attraverso una
"comunicazione privata" di Hoyle. Tre di loro trattarono quindi l'argomento
congiuntamente con Hoyle in occasione del meeting dell'American Physical Society
tenutosi ad Albuquerque nei primi giorni del settembre 1953
(HOYLE/DUNBAR/WENZEL/WHALING 1953).
31: Cfr. ad es. BARROW 1981; BARROW/TIPLER 1986; DAVIES 1982; REEVES
1993; LESLIE 1989 e 1994; JAKI 1990; per un'analisi specifica dell'argomento di
Hoyle v. LIVIO/HOLLOWELL/WEISS/TRURAN 1989.
33: CARTER 1983; cfr. anche CARTER 1982; MADDOX 1984. BARROW/TIPLER
1986; DAVIES 1994. Per una critica radicale degli argomenti di Carter v. WILSON
1994.
Carter sottolinea che sebbene il corso seguito dall'evoluzione sulla terra sia
estremamente improbabile se lo si considera come una genuina "combinazione di
In pratica, la relazione sopra riportata è usata da Carter per fornire una valutazione di n;
mentre Barrow e Tipler - dopo aver fissato una stima di n sulla base di certe ipotesi - vi
ricorrono per fornire una stima della scala temporale esterna inferiore a τ.
Piuttosto sorprendentemente Carter trova che, inserendo nella formula i valori da lui
indicati di tev e τ solo i valori n = 1 e n = 2 risultano "del tutto consistenti", mentre quelli
"da n = 3 in avanti divengono rapidamente più difficili da conciliare con il periodo
comparativamente lungo durante il quale le condizioni terrestri sembrano rimanere
favorevoli" (Ibid., p. 361).
Se si accetta questa conclusione per il suo valore testuale (e si esclude inoltre, come fa
Carter, il caso n = 0), se ne deduce che - secondo il modello stocastico adottato - vi sono
al massimo due passi "critici" nell'evoluzione che ha condotto all'Homo Sapiens. Come
candidati l'autore indica: la formazione originaria del codice genetico e lo sviluppo
cerebrale. Altri passi sebbene apparentemente molto importanti (ad esempio: lo
sviluppo della placenta) sembrano invece da considerarsi o "meno difficili di quanto si
potrebbe supporre oppure soltanto secondari e non così essenziali com'è ampiamente
supposto" (Ibid., p. 362).
In quest'ottica molti degli sviluppi salienti della nostra evoluzione parrebbero
semplicemente incidentali e inessenziali per lo sviluppo dell'intelligenza, la quale
sembrerebbe così poter essere l'esito di molti percorsi evolutivi alternativi.
Ciò contrasta con l'opinione comune dei biologi, secondo i quali (in accordo col fatto
che i fossili testimoniano un "trend consistente in direzione di un'evoluzione a lungo
termine verso il nostro stato presente") n è invece un numero piuttosto grande.
Proprio per questo motivo, Barrow e Tipler suggeriscono che il valore di n sia compreso
fra 10 a 110000 e propongono di utilizzare tale stima per fissare l'adeguata scala
temporale esterna da inserire al posto di τ nella formula di Carter.
I dieci passi critici indicati per il caso del limite inferiore dell'intervallo sopra riportato,
rispondono tutti a tre criteri che stabiliscono una definizione: un "passo critico può
accadere una sola volta in tutta la storia evolutiva; ha carattere poligenetico; ed è
essenziale per l'esistenza di una specie intelligente". Secondo un'evidente gerarchia i
dieci candidati indicativamente proposti da Barrow e Tipler sono: lo sviluppo del codice
genetico, la respirazione aerobica, la glicolisi negli eucarioti, la fotosintesi autotropica,
l'origine dei mitocondri, la formazione del complesso centriole/kinetosome/undolipodia,
sviluppo della teoria sintetica ma sulle quali il giudizio dei biologi evoluzionisti non è
unanime.
In risposta a Carter, Paul Davies ha proposto addirittura un allontanamento consapevole
dalla "tesi darwiniana della contingenza" (DAVIES 1994, p. 80), invocando a sostegno
delle proprie idee le tesi di Stuart Kauffman sull'organizzazione dei polimeri catalitici.
34: Questi argomenti avvalorano l'idea, solo accennata in CARTER 1983, che le
condizioni geofisiche che continueranno a consentire la presenza della vita sulla Terra
potrebbero essere "incredibilmente brevi" rispetto agli standard astronomici o geologici
[cfr. BARROW/TIPLER 1986, p. 566; LESLIE 1996, p. 192/197]. Mentre il fine
principale di Barrow e Tipler è però quello di mettere in dubbio la conclusione di Carter
sui "passi critici", Gott e Leslie propongono invece - fondandosi sul teorema di Bayes -
un drastico "argomento del giorno del giudizio" (Doomsday Argument) secondo il quale
la fine della specie umana potrebbe essere questione di pochi secoli.
Tale argomento è divenuto un tema frequentemente discusso nella letteratura di matrice
filosofica specialmente dopo la pubblicazione del libro di John Leslie The End of the
World. Proprio nelle pagine iniziali di quel saggio Leslie presenta il Doomsday
Argument con le seguenti parole:
"Suppose that many thousand intelligent races, all of about the same size, had been more or
less bound to evolve in our universe. We couldn't at all expect to be in the very earliest,
could we? Very similarly, it can seem, you and I couldn't at all expect to find ourselves
among the very first of many hundred billion humans - or of the many trillions in a human
race which colonized its galaxy. We couldn't at all expect to be in the first 0.1 per cent, let
alone the first 0.001 per cent, of all humans who would ever have observed their positions
in time. While technological advances encourage huge population explosions, they also
bring new risks of sudden population collapse through nuclear war, industrial pollution, etc.
If the human race came to an end soon after learning a little physics and chemistry, what
would be remarkable in that? Suppose we were extremely confident that humans will have
a long future. You and I would then simply have to accept that we are exceptionally early
among all humans who would ever have been born. But mightn't it make more sense to
think of ourselves as living at the same time as, say, 10 per cent of all humans? And
shouldn't this consideration magnify any fears which we had for humanity's future, making
our risk-estimates rather more pessimistic? The doomsday argument aims to show that we
ought to feel some reluctance to accept any theory which made us very exceptionally early
among all humans who would ever have been born."
Sul tema vedi ad es. ad es. GOTT 1993, 1994; LESLIE 1990, 1992a, 1992b, 1994a (p.
132/139), 1996 e cfr. NIELSEN 1989, p. 454/459.
37: ELLIS 1991, p. 589 e 1993, p. 143, nota 2; cfr. anche EARMAN 1987 p. 313.
39: Ad es.: KANITSCHEIDER 1991 p. 381; COVENEY/HIGHFIELD 1990, tr. it. nota
84, p. 395/396.
40: In DEUTSCH 1992, p. 61, l'autore chiama la tesi di Church-Turing "una specie di
principio antropico senza l'esplicito riferimento antropico".
42a: PAGE 1987; cfr. DREES 1990, p. 277, nota 8. Secondo Page il SWAP richiede
che la vita deve evolversi non in tutti ma almeno in uno degli universi che fanno parte di
una qualche collezione di mondi. Con questo l'autore intende precisare che, entro gli
ambiti caratteristici dell'interpretazione a molti mondi della meccanica quantistica e
della cosmologia quantistica, l'accezione del SAP di Barrow e Tipler - secondo la quale
"sono inesistenti mondi possibili senza vita intelligente" - comporta una condizione
troppo "restrittiva sullo stato dell'universo (cioè, sull'insieme di probabilità per tutti i
mondi possibili)". Drees ritiene però che non vi sia alcuna distinzione fondamentale fra
il SWAP e il SAP.
Il FWAP è una variante del SWAP secondo la quale "la vita deve svilupparsi e
persistere senza fine" in almeno uno dei molti universi (e non in ciascuno di essi come
pare richiedere il FAP di Tipler).
44: SMOLIN 1992; cfr. ROTHMAN/ELLIS 1993; HARRISON 1994; BYL 1996;
DAVIES 1992, tr. it. p. 274/276, REES 1997, p. 261 e ss.
44a: KIRSCHENMANN 1992, p. 29. La sigla TAP è usata in DREES 1990, p. 85,
come abbreviazione di un Theistic Anthropic Principle che rimanda ad "una prospettiva
metafisica, che ben si adatta con la credenza in un Creatore a cui piacciono gli esseri
viventi e che perciò creò uno o più 'universi'".
45a: GOTT 1993, p. 316. A questa definizione fa eco quella, rintracciabile in rete fra le
tante pagine web dedicate al principio antropico, che afferma:
Observers must assume (as far as is possible) that they occupy an unexceptional
location in the Universe and may infer statistical properties of like observers from this
assumption.
Per questa definizione v. PROVENZANO/PROVENZANO 1996 (gli autori usano
l'acronimo CAP per Copernican Anthropic Principle).
Si noti comunque che un'interpretazione "copernicana" del WAP è suggerita in
BARROW/TIPLER 1986, p. 4 ed è implicita già nell'accostamento con un "principio di
mediocrità" a cui si fa cenno in TIPLER 1981b.
45c: V. ad es. VILENKIN 1995b, p. 3365, Cfr. LINDE 1988; VILENKIN 1995a,
1995c). Cfr. anche BALASHOV 1992, in part. nota 2, p. 130 e PAGE 1997.
45e: Nella sua comunicazione apparsa sul numero del 6 febbraio 1995 delle Physical
Review Letters, Vilenkin ha ad esempio "predetto" che le caratteristiche più probabili
degli universi osservabili sono (Ibid., p. 848): possedere "potenziali inflaton molto
piatti, termalizzazione e bariogenesi alla scala elettrodebole, fluttuazioni di densità
disseminati di difetti topologici e un [contributo alla densità dovuto alla costante
cosmologica] non trascurabile".
47: BARROW/TIPLER 1986, p. 3; corsivi degli autori; cfr. la nota 178 sotto
58: Ibid p. 4. Il prof Arcangelo Rossi ha richiamato la mia attenzione su come, non
molto diversamente, anche Kant avesse già interpretato la "rivoluzione copernicana"
come presa in considerazione del punto di vista del soggetto conoscente per la
conoscenza dei fenomeni. Un approfondimento della relazione fra il criticismo kantiano
e l'attuale dibattito sul principio antropico elude dai limiti del presente lavoro, ma è
affrontato, ad es., in: BALASHOV 1992, HALLBERG 1988 e McLAUGHLIN 1985.
59: ad es.: BARROW/TIPLER 1986; BARROW 1988a; DAVIES 1982, 1986, 1991;
BALASHOV 1991; KANITSCHEIDER 1991; McCALL 1994. Cfr. anche
ZABIEROWSKI 1988a, p. 337/338.
62: Cfr. Boltzmann in BRUSH 1966, p. 188 e ss. (in particolare p. 192).
63: CULVERWELL 1890. Si noti che occorre tenere distinti i termini "paradosso" e
"obiezione"; cfr. BRUSH 1983, p. 92.
67: BLACKMORE 1995 (nota 16, p. 48) riferisce che la corrispondenza esistente
mostra come Boltzmann fosse "piuttosto critico" riguardo alle capacità di Schütz
70: Vedi ad es. BRUSH 1966 (che contiene la traduzione inglese dei due articoli di
Zermelo e delle due risposte di Boltzmann) 1974 e 1983; STECKLINE 1983; KLEIN
1970 e riferimenti bibliografici forniti da questi testi e in BLACKMORE 1995.
72: Per l'enunciazione di Zermelo del teorema di Poincaré v. ZERMELO 1896a, p. 485;
cfr. BRUSH 1966, p. 208/209.
75: Ibidem. Boltzmann usa qui il termine Sternenraum che Brush traduce, piuttosto
impropriamente, come la "nostra galassia". In precedenza Boltzmann aveva parlato
delle "dimensioni del nostro cielo di stelle fisse" (Fixsternhimmel).
77: BOLTZMANN 1898, p. 258; cfr. a proposito REICHENBACH 1956, p. 139 e ss..
82: Ad es.: Von WEIZSÄCKER 1939; FEYNMAN 1965, tr. it. p. 130 e ss.; ZANSTRA
1968, p. 33; Popper in SCHILLP 1974, p. 127/128. Cfr. inoltre DAVIES 1986 per una
connessione esplicita con il principio antropico e LESLIE 1989, p. 99/100, per una
critica della concezione di Boltzmann nella prospettiva delle teorie cosmologiche che
ricorrono a una collezione di universi. Si noti inoltre che argomenti antropici contro
l'idea di universi dove la direzione del tempo è rovesciata sono invocati in HARRISON
1981, p. 139/140.
83: BRONSTEIN/LANDAU 1933, p. 117, tr. ing. p. 72. È interessante notare che una
critica analoga è fondata, in ZANSTRA 1968 p. 42/43, su un argomento che chiama in
causa "l'influenza dell'Osservatore" e che fa riferimento al confronto fra l'abbondanza di
idrogeno in diversi universi osservabili.
85: Il ricorso al WAP è presentato generalmente come sostegno del modello del big
bang. Grazie al WAP, infatti, si ha una "spiegazione" naturale della coincidenza fra
l'ordine di grandezza dell'età dell'universo e quello dell'età tipica delle stelle più antiche.
Su queste basi, Barrow - seguendo un'idea di Martin J. Rees [REES 1972] - ha sostenuto
che il WAP avrebbe potuto essere usato come argomento contro il modello dello stato
stazionario anche prima che questo venisse smentito su basi osservative [BARROW
1983 p. 147; BARROW/TIPLER 1986, p. 17].
86: In una comunicazione personale l'ex vicedirettore dell'Istituto per la storia della
scienza e della tecnologia di Mosca, Alex Gurschtein, ha affermato che a Idlis stesso
"piace dichiarare di essere stato il primo a formulare il principio antropico". Cfr ad es.
anche IDLIS 1985, p. 58.
Ho trovato tracce di IDLIS 1958 nella letteratura "occidentale" solo in:
BARROW/TIPLER 1986 (che dedicano a Idlis sette righe a p. 16, quattro righe nella
nota 27 di p. 451 e sorprendentemente non considerano il suo lavoro nel capitolo
dedicato alla "riscoperta del principio antropico"); LESLIE 1989, p. 32; FRACASSINI
et al 1988; oltre naturalmente alla traduzione di ZEL'DOVICH 1981 a cui si fa
riferimento nel testo. Un'ulteriore citazione è in IDLIS 1987 (abstract dell'intervento al
congresso internazionale di logica, metodologia e filosofia della scienza tenutosi a
Mosca nell'87) che, pur essendo in inglese, è una fonte per lo più sconosciuta.
È molto strano che l'articolo di Idlis non sia ricordato nella "guida alla letteratura sul
principio antropico" stilata dal russo Yuri Balashov in BALASHOV 1991. Balashov mi
ha comunque personalmente assicurato che la sola ragione di tale omissione fu dovuta
alla necessità editoriale di citare un "minimo ragionevole" di materiale con la preferenza
per le voci più facilmente accessibili al pubblico americano. Particolare è anche notare
come Zel'dovich associ il principio antropico, oltre a Idlis, a Carter, Wheeler e Rees -
tutti autori in cui il principio è associato all'idea di una collezione di universi - ma non a
Dicke.
89: Le due citazioni sono prese rispettivamente da MERLEAU PONTY 1965, tr. it. p.
369 e MIKULAK 1958 p. 49.
91: Maxim W. Mikulak [MIKULAK 1958] ha sostenuto che l'infinità e l'eternità del
mondo rappresentano dei cardini di un punto di vista che offre pochi "contributi
positivi" alla modellistica cosmologica. Nella sua analisi, che prende in esame i lavori di
natura cosmologica apparsi sull'Astronomicheskii Zhurnal dal 1930 agli inizi del 1957,
egli constata che "l'infinità dello spazio e del tempo" non veniva mai negata. L'universo
finito era infatti ovviamente associato all'idealismo e respinto al pari dell'idea di un
origine dell'universo. Helge Kragh ha comunque sottolineato che nei lavori di Mikulak,
ove è espresso un atteggiamento antisovietico che riflette il clima della guerra fredda,
sono deliberatamente ignorati molti lavori di cosmologia relativistica apparsi in URSS
fra gli anni trenta e gli anni cinquanta [KRAGH 1996a, p. 259 e ss. e nota 198, p. 432].
Gli anni successivi alla morte di Stalin, e in particolare quelli in cui si ebbero le riforme
di Kruscev, furono contrassegnati da un certo "liberismo" e da una certa apertura verso
temi culturali non discussi in precedenza, nuove pubblicazioni e numerose traduzioni di
autori occidentali. Nei primi anni sessanta, in particolare con le pubblicazioni di
Novikov e Zel'dovich, fecero comunque il loro ingresso sulle principali riviste
scientifiche sovietiche anche modelli di universo finito. È interessante inoltre notare che
le pubblicazioni di SOVIET ASTRONOMY - AJ in inglese cominciano, col corrispettivo
del vol. 34, nel 1957.
92: La non uniformità della materia che negli anni precedenti qualche autore aveva
interpretato nell'ambito dei modelli gerarchici di Lambert e di Charlier, pareva inoltre
un assunto necessario per sfuggire, nell'ambito di un universo infinito, sia al paradosso
di Olbers che alla sua versione gravitazionale [cfr. ad es.: MIKULAK 1958, p. 43 e ss.;
BRONSHTEN/McCUTCHEON 1995, p.334 e ss.]. Fra gli autori sovietici che presero
parte all'elaborazione del modello gerarchico vi furono Fesenkov, Idlis [IDLIS 1956],
Eigenson [cfr. ad es. EIGENSON 1939, che contiene anche una pagina riassuntiva in
lingua inglese] e Zel'manov.
92a: Cfr. ad es. BAKULIN/KONOKOVICH/MOROZ 1984, in part. tr. it. p. 181 e 512.
Il termine "metagalassia", a suo tempo introdotto da Lundmark e Shapley, è
caratteristico di alcuni modelli cosmologici in cui compare una concezione gerarchica
della struttura di larga scala. Alcuni di tali modelli, come quelli proposti da Oskar Klein
e da Hannes Alfven, ebbero una certa notorietà - a cavallo fra gli anni cinquanta e
sessanta - come proposte di spiegazione dell'asimmetria fra materia e antimateria
nell'universo conosciuto [cfr. ad es. ALFVEN 1966]. Anche in precedenza il termine in
questione fu comunque sporadicamente adottato nella letteratura di lingua inglese. Vera
Rubin, ad esempio, lo usò in sostituzione della troppo impegnativa parola "universo" nel
celebre RUBIN 1951 [Cfr. LIGHTMAN/BRAWER 1990, p. 291].
93: Per un'analisi delle idee di Fock v.: GRAHAM 1981 e 1982. Graham nota che la
posizione di Fock fu, negli anni cinquanta, di isolamento anche rispetto agli altri fisici
sovietici; in particolare per lo "status preferenziale" assunto nella sua interpretazione da
un sistema di coordinate armoniche contro l'idea di covarianza generale.
95: "La vita è il modo d'esistenza delle sostanze proteiche" cfr.: OPARIN/FESENKOV
1956, tr. it. p. 20/21 e p. 55; IDLIS 1958, p. 40; i termini Eiweiß o Eiweißkörper usati
da Engels sono tradotti come sostanze albuminose o proteiche. È importante ricordare
che la definizione di Engels era mirata a sostenere il ruolo dei corpi proteici come
portatori materiali della vita contro l'idea di Liebig di una vita eterna e antica come la
materia stessa.
96: La collaborazione fra Fesenkov e Idlis fu molto stretta. Nel 1941 - durante la
seconda guerra mondiale - Fesenkov fu estradato nell'allora capitale del Kazakinstan,
Alma Ata. Lì riuscì a organizzare un nuovo istituto d'astronomia del quale fu direttore
fin quando, giunta la possibilità di far rientro a Mosca, non lasciò l'incarico al suo
giovane collaboratore Idlis. Più tardi anche quest'ultimo si trasferì a Mosca dove entrò a
far parte del personale dell'Istituto per la storia della scienza e della tecnologia. Fra le
altre cose, Fesenkov e Idlis presentarono un lavoro comune al X simposio della IAU
tenuto a Mosca nell'agosto del 1958 e proprio Idlis curò poi la biografia di Fesenkov per
la grande enciclopedia sovietica (edizione inglese vol. 27, p. 169/170, 1981, Mac
Millan, New York). Ringrazio A. Gurshtein per le preziose informazioni biografiche.
97: Le due citazioni sono rispettivamente in: OPARIN/FESENKOV 1956, tr. it. p. 23 e
p. 237. Nel volume in questione il primo capitolo è dovuto a Oparin, mentre gli altri
sono scritti da Fesenkov. Cfr. anche OPARIN 1964.
101: Ibid., p. 52
103b: Occorre notare che anche Abram Leonidovich Zel'manov (un altro studente di
Fesenkov) ha espresso idee che sono state considerate anticipazioni del principio
antropico [v. ad es. SHKLOVSKIJ 1985; LINDE 1990a, p. 309]. Anch'egli si è
soffermato in particolare sulla "predisposizione" delle proprietà della metagalassia nei
confronti dello sviluppo della vita.
A causa delle sue origini ebraiche Zel'manov ebbe grandi difficoltà a pubblicare sulle
usuali riviste astronomiche sovietiche ma, ciononostante, esercitò una grande influenza
su molti dei cosmologi russi contemporanei. Negli anni cinquanta sfruttò le tesi del
materialismo dialettico sull'"inesaustibilità della materia" e sull'"infinita multiformità
della natura" per respingere il principio cosmologico. In quegli anni figurò quindi lo
scenario di un "metauniverso" in cui sono realizzate tutte le condizioni e i fenomeni
possibili ammessi dalle teorie note di fisica fondamentale. Zel'manov parlò, inoltre, di
aree "qualitativamente differenti" dell'universo notando che altri universi "(se esistono)
si evolvono 'senza testimoni'". Cfr: GRAHAM 1987, p. 416/421; KAZUTINSKI 1971,
p. 343/346 e riferimenti bibliografici lì riportati.
105: Ibidem
105a: Negli anni ottanta Idlis è tornato a parlare del suo lavoro del 1958 interpretando il
"principio antropico cosmologico-cosmogonico dell'armonia dell'universo" [così
chiamato in IDLIS 1987] entro un progetto più ampio di unità delle scienze della natura.
Si possono vedere i due volumi in russo IDLIS 1985 e 1986. Ringrazio Y. Balashov per
avermi segnalato queste fonti.
106: DIRAC 1937a, 1937b, 1938. Per una trattazione storica dell'argomento v. ad es.:
KRAGH 1982; MERLEAU PONTY 1965; BARROW 1981, 1990; BETTINI 1990. Per
gli sviluppi della cosmologia di Dirac, v.: WESSON 1978
108: Ciò vale anche nella cosmologia di Dirac in cui è assunto il principio cosmologico,
Λ = 0 e sono presenti, dal punto di vista dinamico, molti caratteri in comune con il
modello di Einstein/de Sitter con k = 0 e Ω = 1. Dirac non abbandonò mai la LNH e
ripropose più volte un modello cosmologico basato su tale ipotesi durante gli anni
settanta, specialmente fra il 1972 e il 1975 [ad es.: DIRAC 1972a, 1972b, 1973a, 1973b,
1974, 1975] e fra il 1978 e il 1979 [ad es.: DIRAC 1978a, 1978b, 1979; v. anche
DAVIES 1974, GAUTREAU 1985 e cfr. BETTINI 1990.]. Il suo principio
110: La versione finale della teoria di Jordan è in JORDAN 1959 che segue a una
nutrita serie di articoli (cfr. BETTINI 1990)
111: BONDI 1961 cfr: CARTER 1974, p. 291 e CARTER 1988, p. 186
115: Cfr. DICKE 1957a. Com'è noto, Dicke mise a punto insieme a Carl Brans
[BRANS/DICKE 1961] una teoria gravitazionale in cui erano sviluppate le tecniche
matematiche di Jordan ed era prevista la variabilità spazio/temporale di G tramite
l'introduzione di un campo scalare determinato dalla distribuzione della materia/energia.
Un confronto fra le scale temporali tipiche della cosmologia standard e quelle del
modello di Brans-Dicke è dato in DICKE 1961b.
116: SCIAMA 1953, 1959. Sciama [SCIAMA 1959, tr. it. p. 114] riporta l'equazione
data nel testo. Se in essa poniamo (a prescindere da fattori numerici non significativi)
ρ0 = M/V = M/R3 e H0-2 = (c/R)-2 = R2/c2, si ottiene Gr0H0-2 = G (M/R3) (R2/c2) =
(GM/c2R) ≈ 1, che è la forma data in BRANS/DICKE 1961, p. 926.
118: DICKE 1957b, p. 375/376. ε è qui la permittività (una costante che si incontra
nella descrizione delle proprietà dielettriche dei materiali) ed è introdotta da Dicke per
essere in grado (trascurando gli effetti quantistici) di trattare il vuoto come un medium
dielettrico classico. Cfr. anche BARROW/TIPLER, nota 20, p. 282; KRAGH 1996a, p.
347.
118a: DICKE 1959b. Il testo fu però originariamente pubblicato nel volume 48 del 1958
del Journal of the Washington Academy of Sciences.
120: DICKE 1961a, p. 440. Si noti ad ogni modo che, nella lettera del 1961, Dicke
presenta il proprio argomento senza collegarlo a quello della natura delle interazioni
atomiche. L'indipendenza dalla posizione spazio/temporale della costante
d'accoppiamento dell'interazione forte e la questione di un'eventuale variabilità
temporale della costante d'accoppiamento dell'interazione debole avevano ricevuto
grande rilievo nei suoi scritti di fine anni cinquanta (ad es.: DICKE 1957a e 1959a).
121: È inutile soffermarsi qui nei dettagli quantitativi di questa parte dell'argomento
(che furono approfonditi da Martin J. Rees e Freeman J. Dyson [REES 1972; DYSON
1972, p. 232/235; v. anche DEMARET/BARBIER p. 467 e ss.; WESSON 1978 p. 94 e
ss.]) e dei quali mi sono occupato altrove [BETTINI 1990, vol. 1, p. 317 e ss.].
125: Ibidem
136b: DYSON 1972, p. 235. Edward Harrison, ancora ignaro della terminologia usata
da Carter a Cracovia, criticò il principio di conoscibilità per la sua natura metafisica e
per la "concezione antropomorfica dell'intelligenza" a cui dava adito. in HARRISON
1974, p. 30/31.
138a: CARTER 1967. Riferimenti a questo lavoro sono rintracciabili ad es. in: REES
1972, nota a p. 183; MISNER/THORNE/ WHEELER 1973, p. 1216; WHEELER 1974,
nota 42, p. 691; BARROW/TIPLER 1986, p. 452, nota 48; CARR 1982. La descrizione
di Carter data nell'inciso è in OVERBYE 1991, tr. it. p. 122.
138b: È stata scarsamente notata l'influenza delle idee di Hoyle sulla concezione di
Carter. Quest'ultimo, già nell'aprile del 1966, accennò alle idee ancora non pubblicate da
Hoyle e Narlikar concernenti "una catena infinita di universi connessi successivamente
nel tempo da wormholes" (CARTER 1966, p. 424). Una simile concezione derivava
dalla "nuova teoria della gravitazione" esposta in HOYLE/NARLIKAR 1964 e fu
all'origine del modello proposto in HOYLE/NARLIKAR 1966. In quest'ultimo lavoro i
due autori, al fine di ottenere una spiegazione delle altissime energie delle quasar,
proposero una "deviazione radicale" dall'usuale concezione dello stato stazionario
fondata su un processo non omogeneo di creazione della materia e risultante appunto
nello scenario di una serie di regioni isolate (bubbles) in cui si alternavano fasi di
espansione e contrazione.
139: Wheeler nel 1972 attribuirà tale idea a Carter stesso [MEHRA 1973, p. 58], ma la
concezione di un universo chiuso ciclico è tipica del fisico di Princeton. Si vedano ad
es.: MISNER/THORNE/WHEELER 1973; PATTON/WHEELER 1975; WHEELER
1977; DICKE in LIGHTMAN/BRAWER 1990, p. 205. Cfr. anche BARROW 1981, p.
412; BARROW/TIPLER 1986, p. 248 e ss.. Si noti che la concezione di un universo
chiuso ciclico è stata abbandonata da Wheeler per motivi fisici ed è stata criticata dal
punto di vista logico in HACKING 1988. Le tesi di quest'ultimo sono state, a loro volta,
al centro delle critiche di WHITAKER 1988, McGRATH 1988 e LESLIE 1986b e
1988.
139a: CARTER 1970. Di questo lavoro non pubblicato riferiscono ad es.: DYSON
1972; CARR 1982; GREENSTEIN/KROPF 1989, p. 747.
139b: Jordan aveva esposto le sue tesi ad esempio in JORDAN 1949; v. BETTINI 1990
per una prospettiva storica. Il limite superiore caratteristico delle masse stellari (circa
1060 protoni) appariva connesso alla potenza 3/2 dell'età dell'universo espressa in unità
elementari di tempo. Come sottolineato da Bondi [BONDI tr. it. p. 172], Jordan ritenne
di aver ricondotto l'esistenza di tale limite superiore "alle operazioni della cosmologia
piuttosto che alle leggi astrofisiche", sebbene quelle leggi offrissero "eccellenti
spiegazioni della distribuzione osservata della massa". Stimolato dalla lettura del libro
di Bondi, Carter concluse già nel 1967 [CARTER 1967, p. 3] che la coincidenza notata
da Jordan è problematica solo se non si prende atto del fatto che l'ordine di grandezza
1060 è anche quello del numero di nucleoni caratteristici della cosiddetta "massa di
Landau", ben nota nell'usuale teoria della struttura stellare come limite superiore della
massa che spetta a un corpo sferico freddo in grado di opporsi, per via del principio di
esclusione, al collasso gravitazionale [cfr.: CARTER 1970]. Cfr. anche CARTER 1974,
p. 292; CARTER 1973; SALPETER 1966, WEISSKOPF 1975, p. 610/612;
CARR/REES 1979, p. 607; REES 1983.
139d: Ibid. p. 4.
In chiusura del suo intervento a Princeton, Carter si chiede se con l'assunzione di ipotesi
specifiche sul vettore di stato fondamentale non sia possibile giungere anche a una
quarta categoria di "spiegazioni". Egli immagina di poter anche escludere, seguendo
questa via e considerando che αG possiede il "minimo valore estremo compatibile con
l'esistenza di osservatori", che la costante di struttura fine gravitazionale possa assumere
un valore ancora più piccolo.
139e: Ibid. p. 5
139f: Ibid. p. 10
139g: Ibid. p. 11
140a: REES 1972 e in "Il lontano futuro" (saggio contenuto in: LAURIE 1973, tr. it.: p.
175/197), in part. p 195 e ss.
140d: Cfr. la discussione che fa seguito a DIRAC 1973a, in MEHRA 1973, p. 58.
140ee: Ho preso qui spunto da una conversazione avuta con Dennis Sciama il 18
novembre 1997, e ho citato, su Sciama, parole riferite da M. Rees in
LIGHTMAN/BRAWER 1990, p. 156. Ho inoltre fatto riferimento a BREUER 1981.
140f: Non si può fare a meno di ricordare fra le grandi personalità di Cambridge anche
Eddington: nonostante il suo influsso sulla nuova generazione di astrofisici dei primi
anni settanta sia relativo, la sua influenza sulla formazione della generazione di Hoyle e
Sciama è enorme ed è naturalmente riconosciuta dagli autori in questione (cfr. ad es.
Sciama e Hoyle in LIGHTMAN/BRAWER 1990 e HOYLE 1997). Hoyle, da parte sua,
si è soffermato su alcune delle tematiche caratteristiche del dibattito sul principio
antropico in diverse occasioni. Ad es. in: HOYLE 1965b e HOYLE 1975, un manuale
quest'ultimo in cui l'autore espone "strani pensieri" [cfr. p. 603] su alcune delle peculiari
coincidenze che si incontrano in astrofisica.
Hoyle favorisce una visione in cui le costanti di natura possono assumere valori diversi
in altre regioni dell'universo e immagina l'esistenza di "un'infinita varietà di chimiche"
e, quindi, di forme di vita.
Rilevanza alle idee di Dicke, di Carter e di Rees fu attribuita, ad esempio, anche in
ELLIS 1975 (in part. p. 258 e ss.). Gale [GALE 1990, p. 194 e ss. e nota 26, p. 204]
congettura inoltre un'interessante relazione storica fra le idee di Carter e quelle analoghe
contenute in TRYON 1973. Anche Tryon, dell'Hunter College di New York, associava
l'idea di "universi multipli contemporanei" con un "principio di selezione biologica"
che, a tutti gli effetti, costituisce una versione del principio antropico. Su quest'ultimo
punto cfr. anche: LESLIE 1989, p. 79.
140h: DICKE 1970, p. 62. Si noti che Hawking [in LIGHTMAN/BRAWER 1990, p.
397] ha detto di essere stato consapevole del problema della piattezza sin dal 1967,
indicando Misner come il primo ad averlo reso noto. Lo stesso Misner però ritiene che
la prima esposizione del problema sia da rintracciarsi nel passo riportato di Dicke.
Hawking comunque afferma chiaramente che "a quel tempo, la sola spiegazione
sembrava essere il principio antropico" discusso da Carter nel '70.
In tempi recenti l'argomentazione antropica di Dicke è stata riconsiderata in TRIAY
1997. Triay ha messo in discussione l'intera impostazione tradizionale del problema
della piattezza e ha suggerito che i punti sollevati da Dicke e i vincoli osservativi paiono
favorire un universo chiuso.
"buona base" anche per una conclusione di questo genere. L'argomento di Dicke impone
infatti al fisico di osservare l'universo prima che siano trascorsi 1012 anni dall'inizio
dell'espansione. Cfr. ad es.: BARROW 1982, 1984; BARROW/SONODA 1985, 1986;
BARROW/TIPLER 1986. Barrow cominciò ad interessarsi del problema dell'isotropia
già negli anni settanta. In BARROW 1976, p. 369 egli concluse che la soluzione del
problema dell'isotropia dipendeva o da qualche "processo quantistico esotico" avvenuto
alle scale di Planck, oppure da "una qualche forma di effetto di selezione antropico o
machiano".
142a: HAWKING 1974, citazioni rispettivamente da p. 286 e 285. Per un'analisi e una
ricostruzione storica dei problemi delle singolarità e degli orizzonti in cosmologia v.
TIPLER/CLARKE/ELLIS 1980, dove è riportata anche un'ampia bibliografia che
include gli studi di Hawking e di Carter.
143: JAKI 1990, tr. it. p. 105. L'altra citazione riportata nel testo è tratta dall'Inaugural
Address rivolto ai partecipanti al congresso da Ya. B. Zel'dovich [v. LONGAIR 1974, p.
IX/XI]. Dal discorso di Zel'dovich si avverte che la comunità degli astrofisici e dei
cosmologi sentiva di stare attraversando, grazie alla "struttura definita" fornita dal
modello dell'universo caldo, un "punto di svolta".
144b: ELLIS 1975, p. 246. Ellis ha fornito dei notevoli contributi sul ruolo degli assunti
filosofici e non verificabili in cosmologia. Le sue analisi sono assai rilevanti anche per
altri punti toccati nel presente lavoro, dove sono presi in considerazione modelli e
scenari in cui la struttura dell'universo è profondamente diversa al di là dell'orizzonte
dell'universo osservabile. Cfr. ad es. ELLIS 1978, 1979, 1984, 1987, 1991, 1993b;
ELLIS/MAARTENS/NEL 1978.
144d: Due rassegne, che coprono aspetti diversi, sono ad es.: BARROW 1989b e
TRIMBLE 1992.
148: CARTER 1974, p. 293. Un'estensione del genere dell'argomento di Dicke era stata
implicitamente suggerita anche in HARRISON 1972. Harrison (a p. 32) aveva
comunque notato che l'"ingegnosa spiegazione" di Dicke lo lasciava con "un sentimento
vago e spiacevole che fosse forse ancora in agguato una qualche relazione fondamentale
150: Vale la relazione t ≈ [(hmp K)/T2]-3/2 con t maggiore o uguale a H0-1. Carter fa
ricorso al sistema di unità di Planck con c = G = h/(2π) = 1. Per le temperature sono
usate le unità corrispondenti, ponendo anche la costante di Boltzmann K = 1.
153: CARTER 1974, p. 295. Per dei controargomenti vedi WESSON 1978, p. 96 e ss..
157a: Nel 1970 Carter aveva annotato che la distinzione fra condizioni iniziali e costanti
fondamentali risultava poco chiara per via del fatto che le prime facevano "riferimento a
caratteristiche essenzialmente locali e le seconde a caratteristiche essenzialmente
globali". In tale occasione Carter aveva giudicato che l'obiettivo di ridurre tutte "le
principali costanti globali da uno stato fondamentale a uno derivato tramite la
costruzione di teorie fisiche e cosmologiche più profonde" avrebbe anche potuto non
essere mai soddisfacentemente raggiunto proprio a causa "della mancanza di una
distinzione rigida e salda (hard and fast) fra parametri globali e locali" [CARTER 1970,
p. 5/6].
161: CARTER 1983, p. 352. Cfr. GALE 1981, tr. it. p. 68; GALE 1990. Vedi però
ELLIS 1993b, p. 96. Considerando l'idea che un insieme di universi si realizzerà "nella
realtà", perché "tutto ciò che è possibile, si verificherà" (cfr. SCIAMA 1993), Ellis
distingue il SAP ("se si verifica tutto ciò che è possibile , allora deve verificarsi anche la
vita") da quello che qui chiamerò WAPb ("la vita si verificherà soltanto in alcune delle
possibilità che si sono realizzate"). Su questo punto v. anche BARROW/TIPLER 1986,
p. 503 e cfr. EARMAN 1987, p. 310, PAGE 1987.
162: CARTER 1988, p. 190. Alla conferenza di Venezia sul principio antropico,
tenutasi nel novembre 1988, Carter ha considerato "antiquata" la posizione da lui tenuta
negli anni settanta. Ha usato questo termine nella discussione successiva all'intervento
di Sciama che non è riportata negli atti, ma il suo cambiamento di prospettiva risulta
evidente sia dal suo contributo, che dal suo intervento nella discussione di ELLIS
1993a.
164a: Nel 1970 Carter sviluppò alcuni temi affrontati nel preprint del '67. Egli
concentrò la propria attenzione su quattro coincidenze quali:
- a): gS2 ≈ (2mN)/mπ
che mette in evidenza l'"uguaglianza aprossimativa" fra la cosiddetta "course structure
constant", gS2 ≈ 15, e il rapporto fra una grandezza caratteristica dello stato legato di due
nucleoni e il raggio tipico del'intervallo massimo d'azione effettiva dell'interazione forte
(che è determinato dalla massa del mesone π.
- b): ∆n/me ≈ 2
dalla quale discende che, sebbene i neutroni isolati siano instabili poiché decadono
tramite il decadimento β, possono esistere neutroni in presenza di un gas degenere
relativistico di elettroni.
- c): α ≈ ∆n/mπ
dove α è la costante di struttura fina e la coincidenza in questione illustra come l'energia
elettrostatica nei nuclei leggeri (pari a circa αmπ) sia paragonabile alla differenza di
massa fra un neutrone e un protone ∆n.
- d) gS ≈ (1/3)α1/2
che, alla luce della coincidenza a), mostra come l'energia elettrostatica sia piccola a
confronto di quella di legame nucleare per i nuclei leggeri. Il fatto che la parte destra
del'equazione sia di poco inferiore a 1 implica anche che l'energia elettrostatica assume
un ruolo rilevante nei nuclei degli atomi con numero atomico Z > 30, i quali divengono
instabili rispetto a una scissione elettromagnetica.
Nel '70 Carter affermò che queste quattro coincidenze comportano "restrizioni
necessarie" sulle costanti coinvolte in ogni universo conoscibile. In particolare, dalla a)
segue che se gS fosse di poco più debole esisterebbe "soltanto idrogeno"; mentre se
fosse di poco più forte "probabilmente ... potrebbero esistere nuclei stabili di una
dimensione quasi illimitata" (CARTER 1970, p. 6a del preprint. Su questo cfr. anche
CARR/REES 1979, p. 611).
A Cracovia l'autore dedicò quindi solo poche righe alle "restrizioni a priori" che
possono essere imposte sui "parametri fondamentali dalla fisica nucleare". Come riferito
nel testo egli ribadì ad ogni modo che se gS fosse stata "più debole" non sarebbe stato
possibile altro elemento che l'idrogeno.
Ulteriori coincidenze legate a gS furono discusse ad es. in SALPETER 1966 e in
CARR/REES 1979. Sull'argomento cfr. anche BARROW/TIPLER 1986, p. 398/400.
168: CARTER 1993, p. 33. Per un punto di vista critico v. KIRSCHENMANN 1992, p.
79 e ss. e 1994, p. 478 e ss.; HACKING 1987.
170: BARROW/TIPLER 1986, p. 17. Si noti che, affrontando il tema delle applicazioni
antropiche del teorema di Bayes, Demaret e Lambert hanno parlato esplicitamente di
una "formula di Carter-Bayes". V. DEMARET/LAMBERT 1994, p. 292.
173: Cfr: GARRETT/COLES 1993, p. 3o e ss.; CARTER 1983, p. 352; CARTER 1993,
p. 51 e ss.; BARROW 1988a, p. 4; Barrow dissente comunque soprattutto da Kuhn
[BARROW 1988a, p. 334 e ss.] e rivendica un approccio whig alla storia della scienza
[cfr. BARROW/TIPLER 1986, p. 9 e ss.]. Per una presa di posizione di Popper sul
problema dell'induzione in cosmologia v. SCHILLP 1974, in particolare p. 1027.
È curioso ad ogni modo notare che in ZABIEROWSKI 1995 si è tentata una
connessione fra l'interpretazione popperiana della meccanica quantistica e una
particolare prospettiva antropica.
177: La considerazione del contesto quantistico conduce Barrow a due ulteriori possibili
interpretazioni del SAP. La prima è l'elaborazione dell'idea di genesis through
observership di Wheeler; l'altra implica "un'intera classe di altri mondi reali", che va
ricercata nel contesto dell'interpretazione a molti mondi di Everett o in approcci del tipo
"somma sulle storie" alla gravità quantistica. È in questo contesto che Barrow introduce
le definizioni di PAP e di FAP.
178: ELLIS 1988a, p. 508. La definzione a cui si fa riferimento è quella data qui nella
prima citazione del par. 4 (Human bodies ...).
178a: Vale la pena a proposito ricordare che in BARROW 1983 l'autore dedica parte
della trattazione a quella che lui chiama (p. 146) "una nuova base per l'esistenza di
'molti mondi'"; base che definisce "puramente fisica" e "verificabile, in via di principio,
tramite esperimenti di fisica delle alte energie".
Ciò a cui fa riferimento è lo scenario delle cosiddette "teorie caotiche di gauge" o
"teorie stocastiche di gauge". Ovvero: quelle teorie secondo le quali le leggi e le
181: Ibid. p. 19. Cfr. anche McCALL 1994, p. 62 dove si sostiene che il WAP e l'idea di
una collezione di universi eliminano la necessità del SAP in cosmologia. Si noti però
che altri autori [ad es. ZABIEROWSKI 1993 e GRABINSKA 1996] in pratica
sostengono che l'esistenza di una collezione di universi è tacitamente assunta in
qualsiasi forma del WAP.
183: BARROW 1988a, p. 15. Cfr. BARROW 1993b; Barrow nel meeting della Royal
Astronomical Society del 9/10/1992 (in: Observatory 113, p. 105/114).
185: Cfr. DREES 1990, p. 83; su questi temi v. DALLA CHIARA/TORALDO 1988.
188: GARRETT/COLES 1993, p. 34 e ss.. Gli autori includono in tale categoria gran
parte delle proposte attuali nell'ambito della cosmologia quantistica.
194: SCIAMA 1993; cfr. SCIAMA 1980 (in part. p. 395), 1995 e 1996;
ABRAMOWICZ/ELLIS 1989 195: OLDERSHAW 1990. Cfr. ad es.: PEEBLES/SILK
1990; KASHLINSKY et al 1991; sullo stato attuale del modello standard, vedi ad es.
PEEBLES/SCHRAMM/TURNER/KRON 1991; BARROW 1987.
198: Confronta i lavori di Linde citati in bibliografia. Vedi anche BARROW 1988b e
1993a. Per un'esauriente panoramica dei problemi dell'universo inflazionario nelle sue
verie versioni v. OLIVE 1990.
203: TIPLER 1981b. Altrove [BETTINI 1991] mi sono occupato da vicino della
polemica fra Tipler e i sostenitori di SETI, ma è curioso notare in questa sede come uno
dei più autorevoli fra i promotori della ricerca di messaggi di civiltà extraterestri, Carl
Sagan, ritenesse il principio antropico più un ostacolo che un sostegno per la posizione
di Tipler. Cfr.: Sagan comunicazione personale a F. Tipler citata in TIPLER 1981b p.
288.
207: REES 1969 (cfr. anche Rees in LAURIE 1973); DYSON 1979a, 1979b;
FRAUTSCHI 1982. Per una rassegna sul problema del futuro dell'universo v.
ADAMS/LAUGHLIN 1997. Il tema della vita (sebbene considerato dagli autori
"seducente") non è però considerato in tale lavoro. Si veda anche PAGE/McKEE 1983:
a p. 23 i due autori chiamano biotic principle quell'"estensione fortemente speculativa
del principio antropico" secondo la quale "poiché le condizioni dell'universo sono tali
che la vita può esistere adesso, la vita deve continuare per sempre".
214: Cfr. ad es. BARROW/TIPLER 1986, p. 154 e ss.; DAVIES 1992, cap. 5. In
particolare si veda TIPLER 1986: qui Tipler non usa esplicitamente il termine "vita" ma
si limita a far riferimento a computer o, in altre parole, a "un'autentica macchina di
Turing universale" che "in via di principio potrebbe essere costruita" se si accetta che il
nostro universo sia chiuso e abbia una singolarità finale del tipo Punto Omega.
215a: Cfr. in particolare TIPLER 1986. Oltre che a Teilhard de Chardin, Tipler rimanda,
con questa scelta terminologica, alla concezione di Schelling di una divinità che evolve
insieme al cosmo. Cfr.: BARROW/TIPLER 1986, p. 156/157.
221a: A fare le spese del carattere sconcertante dei temi toccati da Tipler sono stati ad
esempio G. F. R. Ellis e D. H. Coule, i quali si sono visti rifiutare un loro articolo di
risposta a Tipler sia dalle Physics Letters B che da un'altra rivista di fisica teorica della
quale i due autori preferiscano non fare il nome. ELLIS/COULE 1994 fu infine
pubblicato su General Relativity and Gravitation. Una delle tesi centrali di quel lavoro
fu che nessun tipo di computer fisico o di sistema di immagazzinamento delle
informazioni potrebbe continuare a operare alle energie caratteristiche di una fase di
estrema contrazione dell'universo. Gli autori posero seri dubbi sul meccanismo
suggerito da Tipler per ammettere l'esistenza di una "vita" intelligente "incorporata"
nella materia a simili energie e aggiunsero che, vista la difficoltà nel distinguere le idee
di Tipler su questo punto dalla fantascienza o dalla fantasia, sarebbe stato più opportuno
se il fisico di New Orleans avesse evitato di pubblicare simili tesi su una rivista
scientifica.
223: Citazioni rispettivamente da: PRESS 1986, p. 316 e 315. Cfr. anche le conclusioni
tirate in GALE 1987, p. 490/491.
224: Citazioni rispettivamente da: SKLAR 1989, p. 50 e ELLIS 1994, p. 115. Cfr. però
BIRTEL 1995 ove è proposta una "critica delle critiche del lavoro di Tipler" [p. 315] e
che, comunque, ritiene TIPLER 1994a "il miglior tentativo sinora offerto di integrare
scienza e religione" [p. 327].
227: TIPLER 1994b, p. 198; si noti che i recenti risultati del Tevatron Collider Project
accreditano una massa del top quark di 175 ± 8 GeV. Cfr. CAMPAGNARI/FRANKLIN
1997, p. 198.
229: DIRAC 1961, p. 441. Si noti che, secondo Overbye [OVERBYE 1990, tr. it. p.
110], anche Sciama - negli anni sessanta - avrebbe affermato di preferire la teoria dello
stato stazionario perché era "l'unica" a incarnare "un ideale così bello" come quello
secondo il quale "la vita sarà sempre possibile da qualche parte".
239: PAGELS 1985a e 1985b, GOULD 1983, MEROPE 1989, GRATTON 1987.
243: OVERBYE tr. it. ad es. p. 250. Cfr. LINDE 1987a, p. 61. Per una panoramica
recente sull'intima connessione fra fisica delle particelle e cosmologia v. ad es.: KOLB
et al 1996.
246: Ad es. BARROW/TIPLER 1986, p. 125. Un punto di vista diverso è reperibile nei
lavori di Miroslaw Zabierowski e Teresa Grabinska [ZABIEROWSKI 1986, 1988b e
1993; GRABINSKA 1993]. Costoro affrontano anzitutto la questione della relazione fra
soggetto e oggetto nella fisica contemporanea e, quindi, interpretano il principio
antropico - associato apertamente all'idea di una collezione di universi - come uno dei
motivi che - insiemi a quelli provenienti da certe interpretazioni della meccanica
quantistica e della termodinamica dei processi irreversibili - conducono a una critica e a
un'emancipazione del concetto "newtoniano/cartesiano" della relazione fra soggetto e
oggetto. Zabierowski ha indicato nella "modificazione antropica della cognizione fisica
oggettiva" un "punto di svolta" sia della cosmologia che della filosofia. A mio avviso,
comunque, la tendenza assai diffusa di accostare le argomentazioni antropiche con la
critica mossa in certi ambienti verso l'intero "paradigma cartesiano/newtoniano" [questa
traspare ad es. in HARRIS 1991 e MORIN 1988] può essere assai fuorviante. Non è
possibile affrontare in questa sede tale questione poiché essa necessita di un'indagine
profonda sul ruolo giocato, nelle scienze fisiche, dalla metafisica nelle sue varie
accezioni.
247: ROSEN 1985, 1986, 1988. Per altri punti di vista v.: GALE 1986c, 1997;
PACHOLCZYK 1984; POLLARD 1984; JAKI 1987; KANITSCHEIDER 1991;
BALASHOV 1992.
249: TIPLER 1994a, tr. it. p. 280. Tipler chiama "riduzionismo ontologico" quello che
Weinberg chiama "riduzionismo oggettivo". Altrove (TIPLER 1988, p. 315) Tipler ha
affermato chiaramente di credere nel riduzionismo ontologico e nell'anti-riduzionismo
epistemologico.
251: WEINBERG 1977, tr. it. p. 170. Forman ha scritto di recente, citando K. Knopp,
che "per gli scienziati la trascendenza è inseguita considerando l'umanità 'soltanto un
effimero abbellimento che ravviva per un momento il grande paesaggio del cosmo'".
Questo può essere associato alla "dignità di una tragedia" di cui parla Weinberg. Cfr:
FORMAN 1991, p. 84.
255: Cfr.: LINDE 1987a, p. 62, 1987b, p. 169. Cfr. ad es. DAVIES 1992, cap. VII. Per
una prospettiva filosofica v. ad es.: RESCHER 1984; NOZICK 1981; un volume
quest'ultimo di cui Barrow e Tipler significativamente sconsigliano la lettura
[BARROW/TIPLER 1986, p. 121, nota 244].
261: WHEELER 1977; ZABIEROWSKI 1988b, 1993; MUNITZ 1986; LESLIE 1970,
1978, 1979, 1986a; DALLAPORTA 1986; ELLIS 1993b, cap. 9.
264: Questi temi sono stati già accennati sopra nel cap. 11, in particolare in
corrispondenza della nota 227.
266: Svolte da Tegmark e Rees alle p. 530/531 del lavoro nominato nela nota
precedente.
271: EARMAN/MOSTERIN 1999; citazioni da p. 1 e 10. Più avanti (p. 35) Earman e
Mosterin parlano di "zoo di modelli cosmologici che incorporano l'inflazione".
272: Per tradurre "inflaton field" ho adottato l'espressione "Campo inflaton". In questo
seguo, ad esempio, la traduzione italiana di BUCHER/SPERGEL 1999.
273: Fra le altre cose, una simile identificazione comporterebbe infatti un valore del
parametro Q troppo elevato per essere accettabile.
277: Il plurale è qui usato da Weinberg che, come si vedrà sotto, distingue un "vecchio"
e un "nuovo" problema della costante cosmologica. V. WEINBERG 2000b. Un'analoga
terminologia è adottata ad es. anche in GARRIGA/VILENKIN 2000b. Per una rassegna
generale sullo status delle ricerche concernenti la costante cosmologica v.:
CARROLL/PRESS/TURNER 1992 e SAHNI/STAROBINSKY 2000.
281: Fra le altre cose, è stata suggerita una connessione fra l'accelerazione dell'universo
implicata dale supernovae e una variabilità del valore della costante di struttura fina α
dipendente dai redshift. V. ad es. BARROW/MAGUEIJO 1999.
Barrow e Maguejio poggiano le loro idee sull'eventualità che la luce potesse propagarsi
più velocemente nelle fasi iniziali dell'universo. Una teoria che propone una simile
"velocità della luce variabile" (Varying Speed of Light, VSL) è stata sviluppata da
Andreas Albrecht e dallo stesso Maguejio (ALBRECHT/MAGUEIJO 1999).
Barrow, Bean e Magueijo hanno anche avanzato la possibilità che l'accelerazione
dell'universo sia un fenomeno che, sebbene oggi dominante, non durerà per sempre
(BARROW/BEAN/MAGUEIJO 2000).
Per una rassegna generale sullo status delle teorie che invocano una variazione di α
come soluzione di vari problemi cosmologici v. BARROW/MAGUEIJO 1998 e
riferimenti bibliografici lì riferiti.
speciali fu avanzato nel '95 da Luca Amendola, Carlo Baccigalupi e Franco Occhionero
(AMENDOLA/BACCIGALUPI/OCCHIONERO 1995).
285: Gli instanton sono soluzioni delle equazioni della relatività generale e della materia
che descrivono le condizioni iniziali dell'universo (o, per meglio dire, la probabilità che
si formino certi universi). Hawking e Turok hanno da parte loro sfruttato una serie di
soluzioni instanton che hanno la forma della proposta di Hartle e Hawking.
Come ammesso dai medesimi autori tali instanton sono peculiari sotto diversi aspetti (v.
la nota successiva).
In ogni caso Hawking e Turok hanno esteso, nel loro lavoro del 1998, un concetto
inizialmente presentato in COLEMAN/DE LUCCIA 1980 (anche se il nome instanton
non compare in quel lavoro), escludendo però dalla loro trattazione la presenza del falso
vuoto che caratterizzava l'instanton di Coleman e de Luccia.
Anche Vilenkin, nel 1982, ricorse ad un instanton per illustrare la creazione dal niente
di uno spazio/tempo di de Sitter (cioè: di un universo in espansione esponenziale).
Nell'ottica di Vilenkin però l'universo doveva essere chiuso. V. VILENKIN 1982.
286: Gli instanton di Hawking e Turok riescono ad evitare il ricorso al falso vuoto solo
al prezzo dell'introduzione di singolarità in cui la curvatura e il campo scalare
divengono infiniti. Secondo gli autori, ad ogni modo, ciò non pregiudica il modello
perché la singolarità risulta integrabile e l'azione dell'instanton finita.
291: Nel '98 essi suggerirono il ricorso a "più campi o dimensioni extra" per risolvere il
problema.
297: Ibid., p. 2. Cfr. VILENKIN 1995a, 1995c (in particolare p. 3/4 del preprint) e
l'articolo "divulgativo" VILENKIN 1998b.
299: Ibid., p. 3
eterna (dove, nel metauniverso, ogni cosa che puà accadere accadrà in effetti infinite
volte. Per avvicinare questi problemi e i metodi di Vilenkin e collaboratori si può vedere
ad es. GUTH 2000, TUROK 2000 VILENKIN 2000.
309: Turok, ad esempio, ha scritto che una formulazione del principio antropico
rappresenta "per molti fisici un passo indietro dall'obiettivo di spiegare l'Universo da
principi matematici fondamentali" (v. TUROK 2000, p. 15 del preprint).
Si tenga presente inoltre la posizione di Lee Smolin, il quale - nel capitolo titolato "al di
là del principio antropico" di SMOLIN 1997 - ha affermato che il principio antropico (o,
meglio, quello che ho qui chiamato WAPb) è una di quelle "idee sbagliate eppure utili e
necessarie in certi stadi di sviluppo della scienza". Secondo Smolin, è necessario da una
parte riservare "grande rispetto" nei confronti degli inventori del principio antropico
poiché esso ha "fino ad oggi giocato un ruolo utile nello sviluppo della cosmologia", ma
- dall'altra - è nondimeno giunto il momento di lasciare le argomentazioni antropiche
"alle spalle". Questo sia perché il WAP non è in grado di produrre una predizione che
possa essere falsificata dall'osservazione"; sia perché - forse - nei contesti delle teorie
fondamentali che "postulano l'esistenza di un gran numero di universi alternativi" si può
"far di meglio" che limitarsi (ricorrendo al ragionamento antropico) a tentare di "salvare
le sorti della battaglia".
310: BARVINSKY 1998. Barvinsky aggiunge che il principio antropico "può spiegare
praticamente qualsiasi cosa senza essere in grado di prevedere alcunché" (p. 2 del
preprint). V. anche BARVINSKY 1999.
Si noti che un'alternativa agli argomenti antropici per spiegare l'eventualità di un
universo attualmente in espansione accelerata è stata avanzata in ARMENDIRAZ-
PICON/MUKHANOV/STEINHARDT 2000 ricorrendo al concetto di "essenza-k".
312: GREENE 1999, tr. it. p. 346. Ad onor del vero Greene ammette comunque che il
"concetto di multiverso ... ci mette in guardia dal rischio di pretendere troppo da una
[teoria del tutto]". Auspica in ogni caso che qualora la teoria ultima non fosse in grado
di spiegare "le specifiche proprietà delle masse delle particelle, delle cariche di gauge e
delle forze", si potrebbe comunque ottenere una "'teoria ultima estesa' in grado di
spiegare come e perché i valori dei parametri fondamentali si distribuiscano nella
moltitudine di universi che costituiscono" (p. 347).
Il rapporto fra teorie del tutto e il WAP come principio di selezione è indagato anche in
TEGMARK 1998. Tegmark si è chiesto se il mondo fisico può essere considerato
"isomorfo a una qualche struttura matematica" e ha discusso la tesi estrema secondo la
quale "tutte le strutture che esistono in senso matematico ..., esistono anche in senso
fisico". Le idee di Tegmark sono discusse ad es. in STENGER 2000 e in STANDISH
2000a, 2000b.
Infine, l'opposizione fra tendenze riduzioniste e antropiche negli scienziati
contemporanei è considerata in KING 1999.
325: DONOGHUE 1998. Ai lavori nominati nel testo aggiungo qui: - una memoria
degli estoni Palgi e Kaanik dedicata all'applicazione del principio antropico al
rompicapo dei neutrini solari (PALGI/KAANIK 1999);
- un tentativo di fornire una risposta antropica di alcune proprietà del sole (incluse la sua
massa e la sua età) firmato dallo svedese B. Gustafsson (GUSTAFSSON 1998);
- la proposta di un modello cosmologico in cui l'introduzione di una particolare funzione
per la creazione di materia è accompagnata da considerazioni antropiche (JOHRI 1999).
328: FEOLI/RAMPONE 1998. Per motivi diversi, fra gli scritti dedicati alla
connessione fra principi antropici e biologia v. anche: HOYLE/WICKRAMASINGHE
1999 e AKIFIEV/DEGTYAREV 1999.
330: The Transhumanist FAQ (di Nick Bostrom et al) è disponibile presso il sito
http://www.transhumanist.org/; I principi extropiani e le relative frequently asked
questions sono disponibili ad es. presso il sito dell'Extropy Institute o presso il portale
www.extrodot.org/eo/.
332: Ciò si deduce ad es. dalla bibliografia consigliata sul testo degli Extropian
Principles reperibile sul sito dell'Extropy Institute ed è in un certo senso piuttosto
autoevidente viste le posizioni sulle "illimitate potenzialità dell'universo" tipiche
dell'autore di "infinito in ogni dirrezione". Cfr. DYSON 1988 (citazione da p. 119 della
traduzione italiana).
Colgo l'occasione per notare che il tema della "resurrezione scientifica" ha una sua
storia alle spalle; storia che affonda nella corrente filosofica del cosmismo russo e negli
scritti di Nikolai Federovich Fedorov. Purtroppo la letteratura non in cirillico
sull'argomento è assai esigua. Si v. ad es. LYTKIN/FINNEY/ALEPKO 1995; PERRY
1995 e i riferimenti bibliografici riportati in tali lavori.
333: Oltre alle fonti già citate nel cap. 11 del presente lavoro, v. ad es.
ADAMS/LAUGHLIN 1999 e i lavori citati nella nota successiva.
338: Inter alia: GOTT 1997; LESLIE 1997*; BOSTROM 1998a, 1998b, 1999a, 1999b,
2000a, 2000b, 2001b, 2001c, 2001d, 2001e; BARTHA/HITCHCOCK 1999, 2000;
HANSON 1998a; FERRIS 1999; GROSMANN/LIPTON 1999; FRANCESCHI 1999;
GREENBERG 1999; KORB/OLIVER 1999; CAVES 2000; OLUM 2000; SOBER
2001.
339: Alle voci citate nella nota precedente va aggiunta ad es. la rassegna BOSTROM
2001a.
340: I lavori di Bostrom dedicati alla filosofia analitica e al futuro sono reperibili sul
sito www.nickbostrom.com dove sono anche disponibili i link con la World
Transhumanist Association e il Journal of Transhumanism.
341: Come aveva d'altra parte già fatto in occasione della conferenza di Venezia sul
principio antropico.
IL LABIRINTO ANTROPICO
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