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MAX NIEDERMANN DELLTUMIVERSITA DI NEUCHATEL (AVIEEERA) ELEMENTI DI FONETICA STORICA DEL LATINO ‘ACURA Dt CARLO PASSERINI TOSL PRESENTAZIONE DI GIACOMO DEVOTO DELL UNIVERSITA DE FINENTE ISTITUTO ITALIANO D'ARTI GRAFICHE - BERGAMO TITOLO DELL:OPERA ORIGIN ALE: «Précis de phonétique historique du latiny ‘radatione del Prof, CANLO PASSERINY Tost TUTTI 1 DIRITTI RISERVATI cine iNet Wa 0 Gat) Oraehe~ Bergna - 1948 PRESENTAZIONE Con soddisfazione projonda, adempio all'incarico di presentare al pubblico italiano il manualetto di Max Niedermann, In tanto mutare di dottrine ¢ di tendenze il vecchio Précis uscito per la prima volta quarant'anni or sono, ha continuato a rispondere 4 esigenze caratteristiche cosi scientficke come didattiche. La perfezione filologica delta documentazione to rende a tutti fidato, ta prudente misura delle dottrine lo rende accetto anche a chi possa su questo 0 quel punto dissentire. La traduzione italiana, che si aggiunge alle tante susseguitest nel” quarantennio, non significa soltanto riconoscimento generico di questi meriti, ma anche consenso consapevole allo sforzo di rendere accessibili dottrine e metodi della linguistica moderna in quegli ambienti pitt vasti, nei quali ta comparazione det greco & impossibile 0 super‘tua. Per questo i linguisti e gli studiosi e gli studenti italiani to satute- anno con piacere. Lo accompagneranno con i migliori auguri perche per molti anni ancora Max Niedermann assista at suo successo. Tra ssi sard io in prima tinea, Vantico scolaro di un tempo, Camico da pitt di un ventennio, oggi pit the mai legato a tui, grato, Giacomo Devoro GAZIONE DI ALCUNI SEGNI ED ABBREVIAZIONI USATI NEL PRESENTE VOLUME erisco (*) collocato davanti ad una parola indice che si a di una forma non attestata, ricostituita per induzione. segni > .€ < significano rispettivamente «@ diventato» ed to da», e> i vuol quindi dire che un’antica ¢ @ venvta ad i mente, i<¢ che una i proviene da un’antica ¢. seconda che’una lettera sia seguita 0 preceduta da una jineetta, ure sia posta tra due lineette, essa indica un fonema iniziale, finale n $s iniziale, -s = s finale, -s- = s mediana. Con “stesso sistema verra designato il posto che determinati guppi di gni alfabetici occupano nella parola di cui fanno parte. In trascrizione fonetica si nota {1 tilde spagnolo (~), collocato sopra un segno vocalico, la nasa- qzazione della vocale in questione; es. d= antrancese in plan e lombardo in Milan, pan, (rispetti- mente pld, Mild), on f, 9 delle ¢, 0, aperte come nell'italiano cento, boseo ¢ nel francese ;, mort, ¢ con ¢, 9 delle ¢, 0 chiuse come nell'italiano pera, dono nel francese nez, dos, y, w, w le forme consonantiche di i, ou, u francese come nellita- ano piede (pyede) uomo (wom), nel lombardo stilista (stivista) © nel cese pied (pye), owest (west), lui (Li), . on B Ia fricativa interdentale sarda corrispondente al th inglese in in sottile », son z Ja fricativa interdentale sonora che si ode in una parola ita- jana come usare e francese come zéle, 1. L. = Corpus inscriptionum .Latinarum consilio et auctoritate aia litterarum Borussicae editum. L. = Grammatici Latini ex recensione H. Ks Cenno storico |. — Il latino forma, con I'osco, I'umbro ed i dialetti sabeltiel ine piccole trib montane deli'Italia centrale, il ‘amo itallco ia indo-europea, i cui principali altri rappresentanti sono riranico, il greco, lo slavo, il baltico, il germanico ed il celtico, Lazio antico, era limitato a nord dal Tevere, inferiore dell’ Ani est dalla ite sul continente italiano, 1a Sicilia, Ia Sardegna ¢ la Corsi Africa settentrionale, la Spagna, la Gallia, e, a partire dall'era cri- ‘stiana, penetrd anche nella Rezia ¢ nella Dacia. In tutti questi paesi, cettuato il litorale africano, si parlano attualmente Ingue aventi ‘col latino lo stesso rapporto ché esiste tra di esso € l'indo-europeo. L’osco, 'umbro ¢ iil sabel modo assai jncompleto e soltanto attraverso testi epigrafici. In compenso, per lo —3 studio del latino, accanto ad una moltitudine innumerevole di iscri« ion provenienti da tutte le parti dell’ immenso impero romano, disponiamo di una letteratura ricca e varia, La pit: antica iscrizione latina & quella_di_una fibula d’oro ritrovata a Prene: essa_risale circa al 600 a. C. La letteratura propriamente detta ha inizio con le opere poetiche di Livio Andronico (condotto a Roma come prigioniero Gi guerra nel 272. C.), di Nevio (morto nel 201 a. C), di Plauto: (dal_251 circa, al 184) e di Ennio (239-169) e con_un‘opera in prosa di Catone iLVecchio (234-149), La lingua letteraria, fondata sulla par- lata di Roma, si fissb a partire dal primo secolo prima dell'era vole gare, in modo quasi immutabite e, strettamente regolata dai gram: conserve questo carattere di unita apparente fino al momento in cui Vimpero romano, minato dall'avvento del Cristianesimo, soccombette allurto delle invasioni barbariche. Allora quella parlata popolare che non aveva mai cessato di evolversi e che si era sempre pitt allontanata dalla norma classica, prese il sopravvento e si generalizzd nell uso della stessa societa colta la quale, finché era esistita la vecchia cul. tura greco-latina, aveva cercato di conformare il suo linguaggio al tipo ufficiale del latino scritto. Quest'ultimo, tuttavia, trova rifugio nei conventi, dove poté mantenersi, durante tutto ill medio evo, a fianco delle lingue romanze nate dal latino popolare o latino volgare, come viene comunemente chiamato: Le scuole monastiche raccolsero Veredita dei grammatici dell'antichitd, e la Chiesa cattolica scelse if latino e fo conserva, fino ai nostri giorni, come lingua liturgica. Ma il bisogno di adattare questo latino medievale alle tendenze encielopediche della civilta nuova, nata sulle rovine del mondo antico, e la vicinanza degli idiomi volgari cui gli ecclesiastici che, per proprio conto, parla- vano 0 scrivevano in latino, erano costretti a ricorrere quando si tivol~ Sevan al popolo, furono motivo di molte alterazioni. Queste altera- ioni, tuttavia, attestano che il basso latino era rimasto una lingua viva. Il Rinascimento, nutrito ad imitazione dell’antichita classica, riuscl a rendergli la sua purezza e la sua correttezza primitive ma, nello stesso tempo, ne fece una lingua morta, arrestandone evolu zione naturale. Tutti i tentativi moderni per restaurare il latino come lingua ausiliaria internazionale sono falliti, ac Oggetto della fonetica —La fonetica & la scienza dei fonemi che costituiscono il io. Per fonemi si intendono tutte le sensazioni auditive deter- te dalle modificazioni che gli organi della parola imprimono alla . dai_polmoni. Tali fonemi, 0 suoni, possono studiati sotto il duplice aspetto delle loro proprieta fisiologiche ‘stato del linguaggio, che analizza fatti contemperanel gli uni altri, ¢ 1a fonetica storica, evolutiva o diacronica, che si muove considerando diverse sviluppo, che analizza le stico, non sono mai altro che apparenti. Si spiegano con perturba-! portate al gioco normale delle leggi fonetiche ca fatti di or- di_perturbamento, & nalogia. Se, ad esempio, é in sillaba interna aperta (ciob uscente ‘suo elemento vocalico) sembra intatta in appétd « ricerco, desidero », 18d « mangio, consumo », subvénid «vengo in aiuto », remédium imedio », mentre invece & diventata tin contined « contengo, man- ego», aligd «scelgo», reprimé « reprimo, respingo », dim‘dius. « mezzo, jet», disogna guardarsi dall'attribuire questa differenza di tratta- mento ad un capriccio della lingua. Effettivamente, il passaggio da € ad i ha avuto luogo in tutte te parole citate, ma landlogia.ha tabilito la é primitiva in appétd, comédd, subvénia, remédium per _ bisogno di chiarezza etimologica, vale a dire per far meglio risaltare Te loro affinita con pété, eda, vénid, médeor. Allo stess> modo se da —5 *isdem & uscito Idem, ma non da ejtisdem, *ejiddem, si vede immedia tamente che @ stata la tendenza a restringere i legame etimologico; tale tendenza, nel secondo caso, ha sospeso, 0 piuttosto in seguito eliminato, leffetto dellevoluzione fonetica. Tuttavia & un fatto degno di nota che dem e contine non siano stati toccati dall'analogia, non ostante che il loro rapporto con Is e t8ned non sia stato affatto meno | stretto di quello tra *ejiidem © *comids con ejiis ed édd. L’analogia, guindi, non agisce affatto con ta medesima fatalith cleca delle legg! fonetiche, Indubbiamente cid dipende dal fatto che essa ha delle cause psicologiche, molto pit complesse delle cause fisiche che condi- zionano i mutamenti fonetici. L’analogia, infatti, agisce sempre in funzione det senso o della funzione grammaticale; le moditicaziont fonetiche, invece, non interessano che immagine acustica, prescin- dendo da ogni considerazione sul valore intrinseco delle parole, Altre deroghe alla costanza delle leggi fonetiche sono dovute ai prestiti, E per questo motivo che s intervocalica, che si @ sonorizzata, poi_passata_ad_r 'ver persiste in_asinus «asino », gaesum «pesante giavellotto di ferro », rosa «rosa», Miisa «Musa », pereh® queste parole non appartengono ad un fondo propriamente latino, ma sono state prese a prestito da diverse lingue straniere, posteriormente alla data sopra indicata. Non esistendo esse ancora in latino al momento in cui si é prodotto il rota- cismo, vi furono sottratte, i Questo ci mostra che te leggi tonetiche non hanno, come Ie legei |\naturali, i carattere dell'universalit&. I rapporto tra un antecedente © (distanza dal centro della terra) ed un conseguente (peso), espresso. dalla legge fisica della gravitazione, é realizzato in modo assoluto sempre ed ovunque. La legge linguistica del rotacismo (cfr. § 47), al contrario, non _ha valore che per il latino ¢ l'umbro, non per I'osco, € neppure per il greco 0 per il sanscrito, ed essa non concerne che Je_s intervocaliche delle parole del vocabolario latino anteriore al 350 a. C. circa. Ne consegue che le leggi linguistiche, a differenza delle leggi naturali, non permettono alcuna previsione dei fatti futuri, Si puo sempre affermare in precedenza che, mettendo del cloro in Presenza di idrogeno, si svilupperd sempre dell’acido cloridrico, Ma it 6— rso la meta del quarto secolo a. C. (cfr. § 47), < | utata in r, non implica come conseguenza che, in ogni nuova parola ontenente una s intervocalica questa ultima abbia dovuto evolversi Infine, certi trattamenti fonetici, in realtd del tutto regolari, ef ibrano essere delle eccezioni perehé essi sono mascherati da un mento ulteriore. Non esiste, ad esempio, alcuna contraddizione tra pepiill (perfetto da pelld «spingo, scaccio» < *pel-nd) lia «complesso degli abitanti di una stessa casa» (in relazione ed il timbro i nellaltra di queste parole. Effettivamente, pepif risale a *pepiilai (cfr. § 23); dove 1 era primitivamente velare, mentre ilia, pit anticamente *famélia, aveva una | palatzle fin dall'in E questa differenza che spiega il diverso risultato dell'apofonia. Teoria generale dei fonemi § 3. — La parola & prodotta dalla corrente d’aria espirata. Espulsa dai polmoni, essa entra dapprima in un canale rigido. la trachea, er penetrare in seguito nella laringe. La laringe ¢ formata da pil_cartilagini, tra le quali sono tese due membrane, le corde vocali, ai lati di una fessura chiamata la glottide. Se la colonna d'aria espirata incontra la glottide chiusa, essa forza il pas- saggio con una serie di scosse che fanno vibrare le corde vocali; se, invece, la trova aperta, passa liberamente senza produrre movimenti vibratori, Nel primo caso, il fonema articolato sara sonora, nel secondo sara sordo. Per accertarsi praticamente se un forema appartiene all'una di queste due categorie o all'altra, basta turarsi le orecchie atticolandolo. Se si avverte una specie di ronzio nella testa, si tratta -7 edbthie ) dina sonora; se non si percepisce aleun ronzio, si tratta di una i F 2 sorda, Dopo essere passata attraverso la glottide, aria sbocca nella . — Le consonanti, cl Sa alc Séemto faringe, da cui stugge o attraverso la bocea, 0 attraverso il naso, ee eecomne ia ngtuer as melas auc cule a Teste © anche attraverso le due uscite contemporaneamente, secondo che il velo palatino, chiusura membranosa che separa le due cavita, orale e nasale, sia alzato, abbassato 0 mantenuto in posizione inter- media dai muscoli costrittori. I compito della bocca, nella fona- zione, ¢ doppio. A volte essa si limita a servire da cassa_armonica JD use én I La dif le altre con- al suono ige0, a volte crea diversi ostacoli_al passaggio del soffio, esemplicemente Ore be nish ee ear heed che gli fanno subire delle fermate 0 dei restringimenti. Di conseguenza, Bie atto che, rie challa cchedie duis a didi codie eee 4ra_i fonemi,_gli_uni_sono essenzialmente delle «tenute» mentre gli to ¢ rialzato, in modo che la corrente si diriga nella " : altri consistono unicamente od essenzialmente in un movimento re, per le occlusive nasali, la chiusura della bocea coincide con i chiusura_o di apertura. Si da ai primi il nome li, ai_ second quello_di_consonanti. Ma @ necessario far ben notare, fin dalt “che @ impossibile fissare limiti_precisi tra queste due serie di fonemi, Cosi, i ed u sono in italiano delle «tenute » in miei, cui, fui; ed i, q 0 meno lungo. E questa la ragione per la quale viene anche Pas ou, u, lo sono in francese in i le, il loue, il tue, ma, poich® richiedono. prime, il nome di momentanee, ed alle seconde quello di continue, un forte rialzamento della lingua, possono fungere anche da movimenti it i _in_tre categorie, chiamate rispe di chiusura e di apertura, TOE 4 oarananti confrontare it. tuono, cate ere ae reer ale Meat te viale e fr. nous lions, nous louons, nous tuons che, nella pronuncia corrente del francese, non costituiscono che una sola sillaba (iy, Ing, ti). Fatta_questa riserva, possiamo conservare, per comodita 4i esposizione, i termini tradizionali di vocale e di consonante. l, di cui alcuni linguisti fanno uso invece che di quello di ive. Le vibranti sono caratterizzate da un rapido movimento torio di un organo flessibile (punta della lingua od ugola) che § 4. — Partendo 1 @ che si pronuncia con la is eiaalioa ee iziale. Le laterali si ottengono sbarrando la parte mediana lingua mollemente distesa sul pa della bocea in posizione di pepinizial inerzia, noi possiamo dividere le vocali in vocali_anteriori e vocall bocca, con la lingua applicata contro il palato, ed obbligando osteriori, secondo che la lingua si trovi raccolta nella parte anteriore . bnella ‘parte posterior della boca: Un alt sleaeoti a ‘laaalficazione Un’altra classificazione delle consonant pud essere stabilita_se- “pd essere stabilito considerando la distanza verticale che separa la condo il punto di articdlazione, fit secondo la parte sommita del rigonfiamento della lingua ¢ la volta del palato. Secondo ‘questo criterio noi distinguiamo le voeali basse ¢ le vocali alte, chiamate it + labiall (pid esattamente bilabial), lablo-dentali, dentali (pit pitt generalmente vocali aperte © vocali chiuse. fono: labial betel, dental (pid, Due vocali di timbro e di intensita differenti, pronunciate in una Hamente nguo-dentall) ¢_patatali (pia esattamente lnguo-pals- i i ' ¢ i 0 dovuti all’av- stessa sillaba in modo continuo, formano un dittongo. ll), secondo che l'occlusione od il restringimento soni ‘av. Vicinamento delle due labbra, del labbro inferiore e degli incisivi pe o Oe debs acaie cella, Fowsbria fabrun . superiori, della lingua e degli incisivi superiori, della lingua e del ee ene eee tel Slasineats secant: palato, II punto di articotazione delle occlusive palatali e della costrit- ce: Toto dl art tiva laterale palatale 1 non & fisso, poiché la lingua tovca it palato ora pitt in avanti, ora pid indietro, secondo il timbro della vocale che segue. Esistono dungue delle palatall anteriori_o prepalatall, © delle palatall_posteriorl_o postpalatall. Spesso il nome di palatali & Fiservato alle sole prepalatali,essendo le postpalatali chiamate velatl (da velum «velo palatino »). Il termine df gutturall, sinonimo di pala- Se tali, nel senso largo di quest'ultima parola, tende ad essere abbando- rato come completamente improprio. ‘lanie ataTAtt cuxouoatarac) Dewraut cunouonentasn) sorde sonore Classificazione dei fonemi latini § 6. — Le vocali lating, classificate secondo i principi stabjliti precedentemente, si riassumono nella tavola seguente che rappresenta le posizioni relative della, lingua: sonore r sorde LINGUA sonore contratta in avanti ——_contratta verso Finditro sorde =3 minima —> 1 a £2 i a 4 — Sembra che i segni ¢, k,¢siano stati dstinti, originariamente, in modo a= 8 a [per cui si scriveva ¢ davantl ad i e ad e (cira, censor), k davanti_ad A ee or, saret«sacer> CTL. 1, ¢ devant SE massima a s fs). Ma gi molto presto l'uso della ¢ fu generalizzato, il k spari non Tasclando: Se Pr oe ol Gen hear (eee provi, Ke e Se ee a pach voadd plas Ue sae oo lice at KX = ea) 6 48 seats ce ce pale alcuna parola propriamente latina, ma soltanto in vocaboli presi a prestito dal . . : a sgreco (cfr. § 7, IV, 3°). Il, — Come viene provato da alcune grafie arcaiche quali com/luont C1L. By < im fronte CIL.-1, 1420, la j-Iatina era primitivamente bilabiale (ctr. § 88), trasformd presto in una sibilante labio-dentale, atticolata come {a f italiana, I dittonghi del latino classico erano in numero di quattro, Bere cu eit superar alta eopetcle iateraa del labiyy laterite, imo, cfr. § 32), au, ae, oe. Soothe nowy de beve £.vlee av iy if LGC E oS thy Cont Leder e an atteute N. donne con frbobels Artacert F palates, one Le wekant (0'pulloaat!) emo LR nhs (c,9i), come cniteliowe aealtoren Oe be pene ete el > X pomauth® Ia.a Cr Cetnr> Cems s oN QU > a Wen bat ae 6 Co! goumtnber> sumente eu > ovru Seen eae ee Il. —b designa 1a nasale palatale, scritta nelVortografia latina usuale m avantt alle occlusive palatali (angulus, anceps) e ¢ davanti alla nasale dentale 1 (agnus, digaus, ett. § 25). cio (nato nel 170 a. C.) aveva proposto i_usaie_ anche Tortogratia dggulus, agceps, conformemente alliso. greco, ma nofl riusel a far adottare quest IV. — Nello schema precedente non figurano: che, gla all'inizio del periodo letterario, era muta come nell'italiane e nel ano delle semivocall, cob delle forme consonantiche die di a, che offrivano rispettivamente il suono dl # Haliana in ierd (pronunciato yéri) e francese pierre (pronunciato pyér), © dl u italiana in suene (pronunciato swine) ed ou trancese in échouer (pronunciato échwe). ‘Limpiego dei caratterij ev ¢ moderna; Ia loro introdusione & dovuta agli umanisti € specialmente al filosofo e grammatico francese Petrus Ramus (Pierre La Ramée, 1515-1972), donde il nome die lettereramiste » che talvolta vien loro dato, 3 la fricativa dentale sonora z, estranea alle parole propriamente latine (ctr. ‘Quintiliano, Ans. oral. XUL, 10, 28; namque est ipsis statim sonis durior (sotin- teso Latina facundial, quando et Jucundissimas ex Graecis itteras non habemus, vocalem alteram, alteram consonantem, quibus nullae apud eos dulcivs splrant, quae mutuari solemus quotiens illorum nominibus utimur-quod eum continglt resclo quomodo velut hilarior protinus renidet oratio, ut in zephiris et zophoris: (uae si nostri itteris scribantur, surdum qulddam et barbarum efiient. 4 te occlusive sorde aspirate ch, ph th, rservate, in origine, ai pretit greet come, p. e& chris « coro », machina’ « macchina, ap artfizio», phitrum spoulone magica, romphaea «scimitarras, thesaurus «tesoro, cithara « cetra» sotto Maflasso del quali Vaspirazione si introdotta, & vero, a partie dalla fine del secondo secolo a. C., in un certo mumero di parole di origine latina come pale cer «belo» (la pronuncia non aspirata pulcer era gid veechia al tempo di Cleerone, comélaiceegli stesso nel'Orator 48, 160), sepulcrum x sepolero, tomba » (pronua cia che non era ancora generale allepoca di Cicerone eche, per quanto lo riguard, eli respinge; eft. i passo citato dell Orater), limpha x acqua trasparente », sulphur eolto, ece. (ett. § 40). — La dualita che si oxserva nel denominare i segni alfabeticlrappresen- fant le consonanti — j, J, m, m,r, 5, compitae eff, elle, emme,enne, ere, eae, I italiano ed &, 2, ém, én, er, &, in francese e, daltra parte, by ¢, dy &, ky Bs & ‘compitate b,c dl pi, uy italiano eb, ef d,s, ka, pk, 2 in frances Fale allantchta tranne che, fino alla seconda meta del quarto seclo, le lettre del primo gruppo, f, l,m, ec., si pronunciavano senza vocale dl appoggio. Esse erano dunque, fino a quest epoca «litterae per se nominativae sive quae per se pro- latae nomen suum ostendunt» Carsio G. L. 1, p94 Prjsciano 0. LM, .8, 10), 2 titolo che a, ¢, f, 0, a. F questo I motivo che valse loro, nella termi edi semivocl, pet opposzioné& 5, 4 ite mutae «quod per se sine adminiculo vocalium non possunt enun- de, . L. I, p. 423, 24 e segg.) Si notera, a questo proposito, Mistrut- 9 di Piauto, Mere. 302 sg.: hodie ire occepi in Kidum rium: | Lysimache, ternas scio jam. < Lysimachus > quid terns? < Demi- im 0. (arto). L’accentazione latina Teo dall'altro, ma_prati i_producono quasi sempre insigme, Se dunaue diciamo che so segue l'accentuazione delle parole. La metrice latina, invece, quella dei Greci, basata sulla opposizione di sillabe tunghe i; nel verso, epico e lirico almeno, l'accento non ha alcuna eo est, quod aut sur- aut deorsum; nam in vocis altitudine omnino tatur adeo ut, si omnes syllabae pari fastigio vocis enuntien- 13 (Rae it melts —— eed, mt tanitonie ak, | Tee, BRA, TAA Wp ect peed es tur, prosodia sit nulla, e quella di Cicerone, Orator 18,57: ipsa enim natura quasi modularetur hominum orationem in omni verbo posuit acu tam vocem, Non & che a partire dal V secolo dellera yolgare che sii lla 1s sonat in toto verbo, quae accentum habet, € pag. 127,3 e sg.: finge tibi quasi vocem clamantis ad longe aliquem positum, ut puta finge tibi aliquem illo loco contra stare et clama ad ipsum; cum coeperis clamare, naturalis ratio exigit, ut unam syl- labam plus dicas a reliquis illius verbi, et quam videris plus sonare a ceteris, ipsa habet accentum. Siamo quindi costretti_ad_ammettere determinato_mo- mento, l'accentuazione latina abbia subi iamento_decisivo, “nel senso che accento di altezza si & trasformato in accento di intensita. E, effettivamente, nelle lingue romanze, T'accento ¢, dovun- que, un accento di intensita. It periodo di transizione & caratterizzato da_numerosi errori_prosodici dei poeti delleté posterfore, errori che denotano uno sconvolgimento completo della ripartizione primitiva delle quantita. Perché se il ritmo quantitativo e il ritmo musicale ossono coesistere indipendentemente I'uno dalfaltro, finisce sempre per stabilirsi un compromesso tra ritmo quantitativo e ritmo intensivo, Ancora: da quando l'intervallo musicale tra la sillaba tonica e le ibe_atone era scomparso a profitto della differenza di intensitA, la quale, pur esistendo gid in precedenza accanto all’elemento musicale, inizialmente rimasta in secondo piano, le brevi_intense ebbero tendenza a diventare lunghe e le lunghe non intense ad abbrevi Pare che questa evoluzione sia cominciata prima e sia stata pid rapida nella pronuncia popolare che nella parlata delle persone appar-. tenenti alla societa colta. Nella pronuncia popolare le origini di questa evoluzione debbono risalire fino al primo secolo dopo C., testimonianza; dei casi di sincope attestati dalle iscrizioni murali di Pompei, del tipo di exmuccaut C. 1. L.1V, 1391, pedicaud ibid, 2048 per exmucedvit, 04 | peaicdvit, oppure malaixit 2445 per maledfxit. Sembra + infatti, spiegare la caduta della breve post-tonica o pre-tonica, in questi esempi, se non per mezzo dellintensita della sillaba accentuata. 4 Valtezza musicale non esercita alcuna influenza apprezzabi fonologico, Vintensita, al_contrari ds e particolarmente delle altera- , come si & visto or ora, non segna- ttere nuovo dell'accento latino che a partire dal V secolo ma non vi & che contraddizione apparente; per eliminarla mmettere che essi non modificarono il loro insegnamento tra- in materia, che nel momento in cui la sostituzione di un di intensita all'antico accento musicale si fu generalizzata, uesta, che non ci deve affatto sorprendere. Ma se al tempo di Plauto e di Ennio, 'accento latino id _essenzialmente in una elevazione della voce, deve | tito, nella storia del latino preletterario, un periodo durante | Ja sillaba iniziale di ogni parola che aveva un accento | Portava un accento di intensit&. E questa intensita iniziale | d_determinato il cambiamento di e, a volte, la scom- ipleta delle vocali brevi della seconda sillaba, che si osserva D « sostengo », conficid « termino, eseguisco », {ited « imme- te », imbérbis « imberbe », proméinturium « contrattorte di una gna, promontorio », rispetto a téned « tengo», jdicio «faccio», Twogo», barba sbarba», médnt- (tema di mons « monte»), in reppult, rettull, perfetti di repelld «respingo» referd orto», da *rep(é)puli, *ret(E)tult, quindecim « quindici » ju(@)decim (cfr. §§ 93 € 100). forzamento della prima sillaba_provocay \ pil esa & brove, “it vrenle Cfaata + chant ft +e yen DISCU THB @ realizzato che parzialmente, donde il contrasto di conjtcia ©& & s, cOnféctus Part. perf. pass. Quando una breve in sillaba post- “G¢et? aperta aveva il timbro ¢ fin dallinizio, Vabbreviamento pro- DIT CoA) yo —15 1 Deine "accentuazione preletteraria tendevano on Bronte dothe Ebadi Rwihvofas che ei te eee 2 ane Bert peeting we arinte Ye, la L > 20 ee pines pd allan Bsc | vocato dall'intensita iniziale_lo avvicinava a zero, ciod all’elimina- tione totale; confronta auceps cuccellatore » da *av(i)caps o priidens «prudente, avveduto » da prév(i)déns. In ‘rep(é)puli, *rel(@)tuli ed altri esempi analoghi, la caduta delia vocale della seconda sillaba & stata indubbiamente preceduta dall’apofonia; in altri termini, questa vocale & stata dapprima ridotta ad i, poi, dato che l'intensita iniziale continuava ad esercitare il suo effetto, questa 1 apofonica, come la T primitiva di *av()eaps, prév()dens, & stata eliminata. Ree TSI nee HSH i I — L'accento musicale del latino letterario stava sulla penultima sillaba nelle parole dissillabe. Nelle parole di tre o pi sillabe, il suo posto dipendeva dalla quantita della_penultima. Nel. caso che la penultima fosse lunga per natura o per posizioney era essa che riceveva l'accento; nel caso che la penultima fosse breve, Vaccento si riportava sulla terz’ultima, A parte i casi del tipo adic, dite, di cui si riparlera pid avanti, nessun polisiliabo era accentato sulla finale; come, del resto, mai Maccento storico del latino risaliva oltre la terza sillaba partendo dalla fine della parola. Esempi: . 18: Parole di due sillabe: gis, dmas, quidamn, inter, aridax. 2%: Parole con piti di due sillabe: @) a penultima tunga: fidélis, amdtur, legtintur, fortititds, veheménter, 0) a penultima breve: Jacitis, lgitur, fémtna, impétus, subsidium, concédére, Se una parola accentata normalmente sulla penultima lunga, perdeva in seguito la sua finale, il posto dell'accento non era affatto modificato. E per questo che addic, édiic, che stanno per addice, édtice (fr. § 24, 1°), hanno mantenuto Taccento sulla sillaba che lo portava prima della caduta della ¢ finale. ENGI § 11, — Aleune parole accessorie, senza valore indipendente ¢, percid, prive di acento proprio, si univano alla parola precedente 16 — a Boal dal punto di vista dell’accento, corpo con essa. i.chiama enelisl (dal greco/enklisis”eil fatto” di fatto di appoggiarsi sulla parola precedente »). \ , di conseguenza, violazione del principio che regolava_ ‘accento delle parole non seguite da enclitica, Le princi erano_le particelle -que, -ve,_ muliérve, alidve, legisne, huit di aggettivi del tipo di alidve, nigrigue, Vaccento di enclisi ima breve potrebbe essere dovuto allinfluenza analogica li e dei neutri corrispondenti alitisve, alitidve, nigérque, lo stesso modo i neutri turpéve, fortéque si sarebbero ‘per quanto riguarda !’accento, ai maschili e femminili sgue. Poich® i casi di questo genere sono numerosi, si ensare senza difficolt’ che essi abbiano provocato I’accen- “una penultima breve in tutti i gruppi comportanti grenza tra itdgue ce cosix ed itdgue «dunque» dipende Rte dal fatto che, in quest'ultima, noi abtiamo a che gH in gruppo, ma con una parola unica, le cui parti com- ano cessato di apparire distinte e che seguiva, da quel | regola generale dell'accentazione latina invece di quella dell’enclisi. E vero che ci si aspetterebbe anche *plérdque ie, che era la pronuncia realmente esistente, poiche, mancanza di un *plérd, -que non poteva, in le ittgue; esso si trovava strettamente legato a plérique, , di conseguenza, offriva presa all'analogia che fini per A dualita stridente plérique, plerdegue, ma *plerdgue, = IL atino voigare del!"impero p: nto, di cui ecco i ntava, di fronte al latino leterario, —17 J | Pe per | Suonve £dbey, de Bove | | | PUERAQUE )-da_errotidiscansione di alcuni_ post delta posteriore, ‘quali milérem in Draconaio 0 Ardnedla In Sidonio Apollinare, dove la voeale breve della penultima preceduta da io da conta per una tunga nella misura del verso perche, allepoca in cui questi poeti serivevano, il popolo accentava la sillaba in questione € perché, come abbiamo visto, nel latino volgace posterore, tutte le brevi accentate tendevano ad allunga Tating voigare flim, malirem. Probabilmente i ed fe, son diventati dapprima, dei aittonghi discendent fo, 4, pol Velemento pid sonora, che eral secondo, attird Vaccento sopra di s8, doide dittonghi atcendenti 1, i. & in questo modo che ‘to (dal lat. égo)& divenuto yo in spagnolo. ~~ 2 Nelle parle del tio iatgrum, edira, Vaccento st & portato sulla pe breve, donde intégrum, colt tima accentazione romanze (it. inieo, fr. enter, couleume), era considerata normale all'epaca dl sl doro_di Siviglia; ef. Isidoo, rig. 1, 32, 1: si pro media syllaba prima producitur, ut ldtdbra, Undbrae. Si potrebbe esser tentati di accostare il contrasto tra l'accenta~ one det latino lettrario intégrum, eiitya e quella del latino volgare intgrum, coliora al fatto che, nei poet dlleticlassica, a penultima sllaba di queste parole ai tutte le alte dela stessastruttura contava a vote per una breve, a volte per tuna lungs. Ma un tale accostamento non reseteredbe alla critica, Eifettivamente la doppia prosodia in questone sl spiega mediante la division sillabiea, potehe Mt {Eruppo occlusive + r poteva essere 0 unito per intieco alla sllaba seguente, in ‘modo che Ta-illaba precedente era aperta e, di.conseguenca, breve (inf@grum, coli-ira, ¢_diviso tra la sillaba precedente ¢ la sillaba seguente, nel qual caso G) -gucsta ra chisa ¢, pertanto,lunga (inté-rum, eait-ra. Ora il modo in eu ta all- ~ “Taba accentata di intégrum, per esempio, é trattata nelle lingue rumanze, indica che essa era aperta; cf. it.Uniea, tr. enter da tmi-qrum come it. piede, 1. pled da pédem, mentre it, sete, tr. sept da sfp-em, It inferno, tr. enfer da Tnfér-num. 11 posto detfaccento nelle promunce voigartintégrum, eolltraeee.,non ha nulla a che vedere con la scansone lunga della penultima sillaba di quest paroe nla poe~ sla classica del Romani, Per di plo, ¢ universalmente econosciuto, og, che questo allungamento «per posizione » riposava sull'imitaaione dotta della metsica greca ¢ che, in altri termini, ea artificial, non cortispondends afatto ad una pronuncia corrente (ctr. § 104). ‘La vera causa dello spostamento dell'accento, sopravvenuto in integeurm, colubra edn aliei casi simi “Ven snag lum, doppionivolgari Vaceento di una sillaba. Allo stesso modo che una ¢ avventizia st & sviluppata net passaggio dal’antico francese sovrain al francese moderno souverain o che, ogg, owvrier & spesso pronunciato ouvérier nel francese popolare, si pud ammettere che ‘ntegrum, eélubra suonassero intégerum, colibera pur continuando ad essere. scritti 18 — mAeuds ba quik ke vo cali co, meAwrobtd, we 6 amet Sp Mebria ! a ee = nolh2e fotho mupho 9 dibuguore + ebruam. growled , conformemente all'insegnamento scolastico, in quanto che tl ouvérter.non ha, anch’esso, che una esistenza puramente orale, atino volgare pli tardo faceva cadere ‘accento sulla anche quando ne risultava una violazione del prineipio, secondo, stima breve doveva essere atona._E coal che it riceve, dlpiace fait suppongono come antenati latini recfpit, aispldce. Questo sposta- mpromettere in tal modo i! legame etimologico trail verbo pi-composti che si era appena giunti a rinsaldare mediante il pro- (cfr. § 10) era indispensabile avanzare. acc ‘vetbi ricomposti, del resto molto meno numerosi, del latino lett , praepirat, non vi era da temere nulla del genere, poiche V'accento si mantenuto nel latino letterario fino agli ultimi tempi del!"impero, zione di sorta sul timbro delle vocali atone, in modo che non fnconveniente nel tasciare il tono sul prefisso (dppiit, préeparat. dit, displicet, sustEnct porto, di conseguenza, anche Maccentazione ‘ma che erano pertanto pit o meno nettamente sentite come compo- |eontrario, it sentimento della composizione si era perdato 0, almeno, To spostamento d'accento non si produceva, second> quanto atte- ‘couche che risalgono a sépirat, célidcat con Waccente sul prefisso € (OLUZIONE DELLE VOCALI LATINE TRASFORMAZIONI DOVUTE ALL'INTENSITA INIZIALE Gli effetti principali del!'intensita iniziale si riducono wale le bee influenza _del- “opm. SS aE aed tamees Tt amblata In Fin ecdnfl diventato ef, ed ecco per! c, (in sillaba finale aperta & divenuto ¢in *forti > fort, neutro_di— “€ mantenuto immutato In sillaba mediana aperta in fortiter avv. Non | eatamento le vocal al ondaonato alia Inet ine elo | Guclo delle vali interne, lo studieremo in un eapitolo speciale. | | —| 7 >) CASI DI APOFONIA € = age La trasformazione del timbro delle yogali_ brevi interne 0 dell'intensita iniziale ¢ stata diferente a seconda che ii si trovavano in sillaba_aperta o in sillaba chiusa (cfr. iamo quindi esaminare il loro trattamento in ciascuna di izioni, separatamente. Rie ret pow Sf dans babs fam AS hooytn ov siuuana wsrenvn aera Jor i ed ¢, Je vocali brevi sono state tutte ricondotte ad uno dei due timbri piut chiusi fed i, qualunque ne sia stato il timbro primitivo. La ripar- izione di fe di ti era regolata dalla natura dei fonemi vicini. Si o)t davanti ad, i,m, gc: 2°)¢ davanti ad I'palatale, vale a seguita da i, ma a davanti a [ velare, vale a dire seguita da una vocale diversa da i. Tuttavia 1 ee ivo ha conservato questo timbro anche davanti ad J velare; i davanti a ‘4)talvolta ¢ e talvolta i (senza che, sino ad ora, si sia riusci a stabilire 1a formula esatta delle leggi che hanno presiedutp alla(/) scelta delf'uno o deli'altro di questi due timbri) davanti a 8, p, f, m. Esemy 7 (19a) i\ conserva il suo timbro in quanto non & ancora stata colpita dalla Sincope. Conviene, peraltro, non perdere di vista il fatto che aleune i, in apparenza mantenute, potrebbero, in realti, essere state eliminate dalla sincope e ristabilite in seguito dall’analogia (cfr. § 20). vided «io vedo praevided «io prevedo ». évidéns «-visibile, chiaro, evidente », providus « previdente, avveduto », Gilé «io muovo ». excitd «faccio uscire, provoco ectito ». suscitd « sollevo, suscito ». minud « diminuiseo ». = comminud « diminuiseo, spezzetto ». . imintnud « rimpicciotisco, indebotisco ». igo «lego». colliga «attacco assieme ». subligd «attacco al di sotto». mico «mi agito vivamente, brillo » dimicd «io contrasto, combatto ». emicd «mi lancio fuori, spicco, risplendo », love pela only sole pe teolle chateau ay fermed2e” Arco. pve x isto seduto », sto seduto davanti, assedio ». esided « presiedo, sto seduto al primo posto », erfetto «io diedi » ff «ho reso», cho rimesso, ho consegnato ». ‘che sta nel mezzo, centrale ». aidius « diviso per meta, mezzo ». ‘ceppo». @ «presento, tendo, porgo ». da *av(i)-spéc-s) nom. «colui che osserva gli ucceli, «cado dall'alto di @ «cado dentro, mi getto su...» — 23 ) iy (Ade Qo La Pott) Se ep 27 72 4:8 < | hoped p26) erse “Olrcn. aT # I « faceto ». _succs «che cade, che si afoscla» Bis pot, sean epi, seco itd «cosi, in questo modo ». i: : itédem «proprio cosi, allo stesso modo ». ‘«luogo, Jocalitd » (anticamente sfldcus secondo Quintiliano, fateor «riconosco, contesso », it, orat. 1, 4, 16). diffiteor « nego ». da *in sflécéd cimmediatamente » (cfr. § 44, b). aan on altamente, dichiaro », Geritto novus a partire dai primi tempi delfimpero; ft. restitud «rimetto a posto, ristabilisco, restituisco ». i a Snovi-tds «novitd ». substitud « pongo al di sotto, sottometto, sostituisco ». deétus Part. perf. pass. « dato » éditus « dato alla luce, pubblicato », a ets tad, consegrato Z (tema cornit-) « corno ‘Nira «non raieato, non vaevale, nll, vano » etal ee q le, nullo, (tema manit-) «mano» céind cio canto», a «manica di tunica» ¢ emanetta », concin® « canto con, sono d’accorda.. praecind «canto 0 suono uno strumento davanti a qualcuno ». cecint perfetto «ho cantato » tibicinium «arte di suonare il flauto », » Ggd «spingo, conduco ». ‘abigd callontano, caccio ». transigd «conduco daiPaltra parte, conduco a buon termine, termino », rodigus «che getta (il suo denaro) davanti a se, prodigo » pang (radice pag) « stipulo, convengo », pepigt perfetto. taingé (radice tig) « toceo ». 4 ae perfetto. carne di cane»; cfr. i cognomi < «faccio », cénficid « compio, termino, eseguisco », officid « ostacolo, nuoccio », __aedificium « costruzione, edifcio Bimile » tice’ « taccio ». conticesco «smetto di parlare, taccio », reticed « passo sotto silenzio», «asiliato, esule ccinsieme degli abitanti di una casa», in particolare ¢com- jlesso dei servi soggetti ad uno stesso padrone » rendo simile, imito, rappresento ». 24 — Confrontare ancora: desilio «salto dall’alto di. e sediild clealmente, coscienziosamente », da *séd dblod « senza frode » (cir. § 44 bc 64). In tutti gli esempi precedenti, si tratta di antiche é, d, 3, divenute i davanti ad I palatale ed i davanti ad l velare. In compenso una f primitiva & stata mantenuta intatta anche quando era seguita da ¢ velare, donde caguila « aquila » mutilus «mutilato, tronco ». niibilus « nuvotoso ». ppestiléns «insalubre, malsano, pernicioso », », composto di sdilid «io salto». (30) [dvd « avo, bagno ». eee abliid «tolgo lavando, <0 callitd « risciacquo », ia névus «nuovo déntid da *dé nbvéd «di nuovo» (cfr. § 44 b). Confrontare ancora: domiii, pertetto da domd «io domo», da *domévt (il tema domd- sta anche alla base del Part. perf. pass. domitus da *domatos; *domitos sta a domadre come stitus sta a stare). a Dietro le grafie abluo, colluo, denuo, domui si nascondono le pro- nunce abliiv, collivo, deniiva, domiivt; cfr. in proposito quanto verra detto pitl avanti, al § 22, sulla tendenza delVortografia latina 1] evitare la ripetizione del segno V. 4° ‘ideo «io ho, io tengo ». “adhibes « avvicino, applico ». prohibed «tengo lontano, separo, proibisco, vieto ». tdberna « capanna, tenda ». contiibernalis « che alloggia sotto a medesima tenda, compagno » luibet « piace, fa piacere » quodlibet « qualsivoglia, qualunque cosa » (dai composti di questo fenere si & tratto un libet che & entrato in concorrenza con 26 — a forma primitiva liibet ed ha finito per toglierla dall'uso liibet_ed ha finito per togli qreitbus dat. abl. pl. ips nom. «uceellatore » nom. «compratore, appaltatore's, ipis gen. arcaico e manctpis, gen. classico, «prendo », iperd ¢ rectiperd «rientro in possesso di..., ricupero ». rriiput perfetto in Plauto e, come arcaismo del linguaggio di cancelleria, in un testo di legge del 58 a. C., C. J. L. P? 756. d_auritfex « orefice, gioielliere ». afia classica) ¢ mantsfestus (grafia arcaica) « evidente, us «noi possiamo» e voltimus « noi vogliamo », nen « prova, saggio, campione » entum «informazione, esempio » quanto riguarda i superlativi in -imus, -timus, come optimus, #8, Quintiliano ci informa che la_vocale_apofonica vi rappresen- termedio tra_i ed ii (Instit. Orat., 1,4, 8: medius sm u et { litterae sonus: non enim sic optumin dicimus vel e che u era la grafia arcaica ed { quella classica (ibid. 1, jam optimus maximus ut mediam i litteram, quae veteribus AA D 4 gratia delle iserizioni e dei migliori manoscritti, ortografia che permette di estenderla ad un certo numero di altre parole appartenenti_a questa, ‘stessa categoria (cfr. p. ei genitivi manciipis, manetpis e mannifestus ‘manifestus gid citati). E degno di rilievo, tuttavia, il fatto che, per minimus, la forma in -timus non sia mai attestata, e questo fatto, aggiunto al contrasto di ferimus, legimus e di possiimus, voltimus € quello di specimen e dociimentum, sembra tradire un'influenza det aselvaggio, feroce » Brus con lo stesso significato. nom. «frusta» € «colpo di frusta ». vocalismo_iniziale_sul_timbro_delt ri6 « trovo, scopro, invento ». altri casi, come quello di accipio nei Figuar come qh t rfetto. vocalismo della sillaba seguente che sembra aver determinato il colore Ee della vocale apofonica, arciabus, arttibus, partitbus, dat. abl. pl. di arcus «arco», artus « giuntura, articolazione, arto », partus, « parto, procreazione » di fronte a gradibus, manibus, sumptious, dat. abl. pl. di gradus « passo, gradino, grado », manus « mano », sumptus « spesa » sembrano spiegarsi con la tendenza ad evitare la confusione con arctbus, artibus, parttbus, dat. abl. pl. di arx «rocca, cittadella », ars carte», pars «parte, lato» Bisogna notare, tuttavia, che si ha anche lacttbus, quercitbus, tribizbus, dat. abl. pl: di lacus «bacino, lago », quercus « quercia , tribus stribit», quantunque ‘lacibus, *quercibus, *tribibus non.avrebbero dato Iuogo ad alcun incontro omonimico. e : ima fibula d’oro, trovata a Preneste, C.J. 4. # 3; per vulnéris, gen, da vulnus « ferita » Ja_vocale_apofonica ha _preso_un_timbro speciale fas! -€ clot # avanti ad { velare ed é davanti a | 1/7" 2 tra_consonante, a a sande tbsalome 4 § 16, — Davanti ad_r, primaria o secondaria, qualunque vocale \ breve interna ha il timbro é: | Esempi (| cinés nom. «cenere ». cinéris gen. (da *cinisis, *ciniris; cfr. § 47). pulvis nom. « polvere ». pulvéris gen. Falisci «i Falisci» (popolo dell’ Etruria). witds « novita». ‘gen. di lin «milza », rispetto a pectinis, genit.vo di peetén tine ». , gen. da hiéms «inverno » ariétis, paridtis, gen. di abies cabetes, ariés cariete », «parete» (la @ del nominativo di queste parole & esat- *Falérii «Faleria» (capitale dei Falsci; da *Faliit, *Fattrit Bee cas sy canta a ibe gen dk tide eatnda = an i raverso, limite », stipitis, gen. di siipés « tronco, ceppo% ie eer ie Jes oma ches in Pasig Psa avere la bocca spalancata », di fronte a cldmitare « gridare osa >. nasconde dietro la lezione alterata lege rumpam). — 29 28 — GB arvnpabial® porche arucrce come «hee Ah bye Capi Da madeline cevsculs aft 420 (sad) et Sena He tise, dull) Pirmome Cyueee Qcwuts «qlee fer dad, 2 bse | } B. APOFONIA IN SILLABA INTERNA CHIUSA «x barba >. imbérbis «senza barba, imberbe » ‘«appropriato, proprio a, atto a», . § 18. — In sillaba interna chiusa, @ @ diventata @ qualsivoglia fossero i fonemi vicini, 6 si & mutato in i dalla fine del terzo secolo a. C., ma si é mantenuto nell ortografia fino all'inizio dell’epoca impe~ \ jale quando era preceduto da u vocale 0 consonante allo scopo di evitare la grafia ambigua VV (efr. in proposito, quanto sara detto pitt avanti ai §§ 22, 5° © 26), Le altre vocalt sono rimaste immutate, Esempiz raid Greed «impedisco, tengo lontano » coerced « costringo, Teprimo, trattengo » exérced cio esercito, facia muovere ». cdirpd «io colgo, lacero », discérpd «io lacero, sparpaglio » excérpd «io estraggo ». sedindd «salgo su, ascendo» ascéndd « ascendo ». déscBndd «discendo ». trictd «tratto, maneggio, trascino » deiréctd x tiro in basso, deprezzo » at. “endéstruos «ingegnoso, attivo, laborioso » (propriamente struisce internamente, che combina nella propria testa », end6 «dentro» e strud «costruisco »; cfr. Paolo Diacono industrium antiqui dicebant endestruom quasi a di data antichissima, C. /. L. 1*, 550 e 558). istus « grazioso ». obiréctd « combatto, critico, denigro ». fetus Part. perfetto pass. «fatto ». po frudntur «essi fruiscono », sequdntur « essi crivere_o durante tutto-il_periode_repub- efféctus « compiuto, terminato », reféctus «rifatto, ristabilito », jdctus Part. perf. pass. «gettato, lanciato » ‘abjéctus « gettato lontano, abbandonato » subjéctus «posto sotto, soggetto, sottomesso ». JaUlé etaccio inciampare, svio, io inganno », isc0-« disimparo, dimentico », {ef@Ur perfetto. fiscd cimparo completamente » piircd «io sisparmio, io perdono ». pepérct pertetto. Ginnus «anno». biénnium « biennio ». , nella pronuncia, questa d si fosse cambiata in_i tT ia pronu i irmus « debole, sofferente ». so sento, penso », i id «sono dello stesso parere, sono d'accordo, consento », 30 — —3 disséntid «sono di diverso parere, sono in disaccordo con, dissento », sérvus « schiavo ». cansérvus «compagno di schiavitd'». fiindd «io verso, spando ». effitnds « effondo ». trdnsfiindd « travaso, trastondo, riporto su». ctirvus «cutvo, ricurvo ». rectirvus «ricurvo, ritorto », Leap gi rag, ctasb ANALOGIA E CASI PARTICOLARI § 19. — Le eccezioni alle legei di indebolimento delle brevi_interne no dovute a cause differenti. Anzitutto un certo numero di composti & sfuggito alfapofoataperen® sono fformazioni recenti,) nate dopo la scomparsa dell'intensit& iniziale. In tal guisa si spiegano, pare, p. es. addmé «prendo in affezione », perdgro « percorto », démédidé « affido », Edémd « soggiogo » In seguito, gli effetti dell’apofonia sono stati spesso [ : .) Cosi, obféigd «io nascondo ricoprendo », sonra ‘«disonore », compéiro «mi procuro, acquisto », efftigid « evito sfuggendo » sono rifatti sui semplici 1ég0 « copro », dectis « onore », he | wreparo », fii «fuggo », Nella terminologia linguistica questo \ | | ristabilirsi del vocalismo primitive dei composti sotto Vinfluenza_ana- Togica dei semplici-corrispondenti, viene chiantato ricomposizione. Lav > \'forma apofonica si & talvolta mantenuta nella parlata popolare. Per non citare che un esempio, mentre la lingua letteraria impiegava esclusivamente la restituzione analogica sipdrd «sepsro, disgiungo » > (propriamente «io spariglio, io sdoppio », da séd) prefisso denotante Ja disunione + piird cappariglio », cfr. § 64), alcuni testi volgari ‘offrono_sépérd, e 1a loro testimonianza si trova corroborata da quella delle lingue romanze (cfr. fr. sevrer; sépdirare avrebbe dato *severer). Cosi pure si attribuira all'analogia intéger «intatto, intiero, probo, integro invece di *intiger, e celéber « frequentato, celebre» invece di *celiber; questi nominativi maschili si sono evidentemente modellati sulla vicinanza associativa dei femminili e neutri intégra intégrum, 2 — intégré, celébris celébri, dove aismo & della sillaba mediana era regolare. Infine, in corpéris, s, tempéris, gen. di corpus «corpo», decus eonore », tempus 6 ‘provi i *carpas, *decds, iT_voealismio tegolare si & conservato nell’avverbio temperi_ ipo, tempestivamente, al momento opportuno» che era al delle influenze analogiche per il fatto che non_apparteneva paradigma della flessione. casi, To stato che risultava dalle leggi dell'apofonia si mascherato da alterazioni secondarie, indipendenti dall'inten- ale. Cosi, ill tema di casi che mon siano il nominativo det di ands «anitra» dovrebbe, normalmente, avere la forma effettivamente, si legge antites in Plauto, Capt, 1003 ed anitum one, De nat. deor. II, 124. Ma molto pitt spesse si diceva € veva anditis, andi, anétem ecc., in seguito alla assimilazione ferna con quella della sillaba iniziale. La stessa_armonia osserva in alacer « vivo, pronto, giocondo, pieno di slancio », cris, invece della fiessione regolare *alécer, gen. *alécris, di cui fe ramanze conservano la traccia (cfr. it. allegro da un_doppione to talécrum), vegétus « vigoroso », caldmus «canna», farférus S é d’asino (pianta)» accanto a farférus (in Plato, Poen.478) °)* trattamento fonetico della breve interna. Allo stesso modo “—*/ insélsos, *sécléudd, usciti da *attingd, *insitlses, *séeldudd, jente, in attingd craggiungo » (cfr. § 25), insitisus «non 22° ipito, insulso» (cfr. § 26), séeliido «chiudo a parte, isolo» . Per quanto concerne quest'ultimo esempio, & necessario — ——— dei due elementi costitutivi del dittongo au di clan tenso era il primo. Ne conseguiva che la posiz one articola- secondo, u, invece di essere tenuta, era abbendonata non in altri termini, questa w si mutava in consonante passando semivocale (cfr. § 7, nota IV, 2°). Poiché '@ di cldudd posta davanti a due’ consonanti (vd), i compesti di questo mndevano regolarmente la forma - dovee » dice dade ~ dotihe > Ludo — 3 Prien sit ei Stcliidé gid citato, conclidd « termino, concludo », exclitdd « escludo, tengo lontano », incliidd erinchiudo, comprendo, includo », occliid® «turo, occludo », reclitd® « apro », : Confrontare ancora: caus(s)a « causa, processo » (vedi § 65). accls(s)P « accuso »; tappa intermedia *adceus(s)0. aestimd (anticamente *aistimd, cfr. § 30) «stimo, apprezzo », exEstimd «stimo, considero »; tappa intermedia *exeistimd (ei >T secondo il § 29). caedd (anticamente caida, cfr. § 30), «uccido, ammazzo, abbatto » cecidt perfetto; tappa intermedia *ceceédt. laedo (anticamente Jaida, cfr.§ 30), «io spezzo, ledo, frantumo », illtds « frantumo, spezz0 contro», tappa intermedia *illeidd. Talvolta analogia del verbo semplice corrispondente ha annullato nei composti del genere, Meffetto dell'apofonia. Secondo Cicerone, pertisus «disgustato » era, al suo tempo, abbastanza_generalmente sostituito da pertaesus; cf. Cicerone, Orator 48, 159: ex quo quidam pertisur etiam volunt, quod eadem consuetudo non probavit. Gia Lucilio qualifica pertisus come una affettazione; cfr. v. 963 € seg.t (debes tamen) | quo facetior videare et scire plus quam cetefi, | pertisum hominum, non pertaesus dicere humanum genus. Infine, in Plauto, i manoscritti recano a lezione exqutsivero Capt. 251, ma al verso 203, della medesima commedia, essi danno evguaesivero. Inversamente, nei verbi che, come ad esempio claudd, avevano numerosi composti, il vocalismo di questi ultimi tendeva ad introdursi nella forma sem- plice, donde clitdd, attestato spesso accanto a claudd e supposto dal- italiano chiudere. Per la spiegazione del vocalismo apparéntemente irregolare della sillaba mediana di pepitlt, perfetto di pelld «spingo, scaccio », eft. §2, CASI DI SINCOPE § 20. — La riduzione delle brevi interne sotto l'azione dell’inten- sit& iniziale andd talvolta fino all'assorbimento_completo (cfr. § 9). Questo assorbimento 0 sincope, come quello della ¢ «muta » francese, cv ra essere una conseguenza_anzitutto_della rapiditA pio. meno Sa%cope ws della_dizione e del grado di chiarezza dell'articolazione, nel a¢éabe p che essa era pit frequente nella conversazione familare corrents apeua jon nel linguaggio oratorio sostenuto, Da cid numerosi_ doppi cals ecaldus caldo «(quest ultimo era qualifeats come arma ante ed affettata dall'imperatore Augusto; cfr. Quintiliano, Instt, 1, 6, 19: sed Augustus quoque in epistulis ad C, Caesarem tis emendat, quod is calidum dicere quam caldum malit, non quia on sit Latinum, sed quia sit otiosum), soldus e soltdus « compatto, jo», lardum e laridum « tardo », postus e positus, Part. pert. pass. (< *pos(i)nd, ctr. §§ 96 € 35, 1) «io pongos, balneum e bagno.»,-porg igi « stendo, tendo, presento, porgo» une parole la forma sincopata é passata nell'uso generale, mentre, Bee) artigiano » proper csecanto, vino» (< *prop(ir, drivato pe vicino »), ma braver «brevemente », audacter «rditamente » da aud@x), ma tendciter « tenacemente, ostinatamente » (avv. GX), surgd «sorgo, mi levo » (da *surr(t)gd, *subriga), ma érigd elevo » fonetica sperimentale ha fornito la dimostrazione che a parita midizioni, una_vocale é tanto pid breve, quanto pili la porzione ite della parola cui_essa_appartiene ¢ lunga, e che per es-| {ls miliaritd ha una durata inferiore a quella di a in famiglia, come @ in habituel ha una durata inferiore a quella di @ in Questo fatto ci spiega il contrasto tra jumiorés «i pitt giovani» un(8)nidses, *juunidsés; cfr. innanzi) e juvénés xi giovani », «officina, laboratorio » (da op(i)fictna, cfr.§ 72) ed opifex « ope- igizno », postridié « 'indomani » e postérus « che viene in se- guente, successivo ». Poiché laliungamento del gruppo agisce $0 senso dell'intensita iniziale, si concepisce, eff:ttivamente, questi due fattori, la breve post-tonica x a opificina > officina, *postéridié > postridi juvénis, optjex, postérus. o Rana tinepe ~ (age, Sie gid notato in precedenza (§ 9) che le brevi interne delle sillabe 4 . ‘ “ : usnt chiuse resistevano meglio all'abbreviamento provocato dallintensita, La sincope, in esempi come abicid da *abj(a)cid o bigae da *bij(ii)gae fale che quelle delle sillabe aperte e che, in sillaba chiusa, 1’ eve essere stata preceduta dall'apofonia, in altri termini, *abj | |e si quindi, in_un certo senso, arrestala a meta strada. A| bijiigae sono divenuti abicio © bigae, attraverso le tappe intermedie ‘maggior ragione 1a sincope non si é risolta che raramente in questa cid e *bijigae. Nell’epoca classica, ~icid, nei compost. di jécid & stato posizione. Come esempi plausibili si possono citare jistus « giusto, tituito da -jicid, se non nell’ortografia almeno nella pronuncia come Fett» da jow@sas, *jousos (ft. jovestod « justo» nella antichs a fede la scansione metrica di-cbicid, adicid, conicid, inted, ect, sima iscrizione del Foro, C. 1. L. 1 1; per ou > d, eft. § 33), faustus ‘cui prefisso & sempre lungo per posizione nella lirica e nell’epopea, «di buon augurio, propizio » da *fav(é)stos (che sta con favir « favore », irgitio, per esempio, in En. Vi, 421 e Vil, 480, inizia un esametro con anticamen:e *favds, nello stesso rapporto che honéstus « onesto » con jicit, ed Aulo Gellio, Noctes Aiticae, IV, 17, 8 osserva esplicitamente, honér wonore», anticamente fonds), séstertius « sesterzio, moneta del fo di subicit, che 1a i interna «vim consonantis capit et S¢__ Yale di due asi e merzo da *sem(stertins lett. «i eu il terzo &X% — (asse) non & che un mezzo (asse) » (cfr. §§ 88 ¢ 97). Gar. “Quando la sincope aveva luogo dopo j ov, queste si_vocalizzavano, pots i verificava, secondo la natura del fonema antecedente, ed allora oe uno di questi tre casi \\ ; I poste dope consonante j e v vocalizzate diventavano il centro ilaba di composti del ti “ : “ane ipo adicid, canicid, indubbia- della-sillaba in modo che, per effetto della sincope, iL numero delle Fiesto dipende da una reazi ° A . a_sinec q e snde da una reazione dell 5 sillabe, della parola in questione non era diminuito; p. es.: = azlone delVortogratia sulla pronuncl, m _— ; a on iche,.come je v,ecano suscettibili | abicid «rigetto abbandono » da *abj(d)cid. il o-dl-ana votale-seguente ssamoarsa_persincape, | concutid «scuoto fortemente » da’ Seongu( dy j lizzandosi_a_loro volta, e cio’ r, l,m, nr, l,n\vocali. (annotate 2 tollocate dopo una vocale di timbro differente j e v vocaliz- “zate_formavano con quest'ultima Un_dittongo che, nella maggior |parte dei casi, sf riduceva in seguito ad_una_voeale Tunga, conforme= | mente ajle leggi enunciate octre (6§ 29 e sgg.); p. es.: raucus «rauco » da *rav(i)cos (derivato da ravis 1. « raucedine »), briima «solstizio dinverno » da torev(iiymd o *brev(tymé, *breuma, fibellus «libretto, quaderno» (diminitive di liber «libros), da “libr-@)los (derivato mediante lo stesso suffisso che figura nel tedesco Ferkel « porcello »), *libylos, *literlos (con assimilazione -rl- in -Il- secondo il § 79). lum « piccola coppa » (diminutivo di pdclum «vaso per bere ») *broumd «il giorno pitt breve». S Hee in on priidens «pradente, accorto» da prBv(den, *proudéns. ie ee etal acl al ahem (G Sollocate dopo una vocale dello stesso timbro j-e v vocalizzate S tigalom, “iginlom (con -nle-> -ll in vista del§ 78). aaa & sa Mae Reg si contraevano-con questa (eft. § 37); p. es. bigae «tiro a due cavalli» da *bij(ti)gae, *biigae. | jiinior « pitt giovane » da *jun(énids, *juunias (cfr. §§ 49 e 24, 3°). AD x pongo, colloco » da *pos(t)nd (cfr. il Part. perf. pass. posttus ' € il perfetto arcaico posivi, cfr. §§ 96 € 35, 1°) Ine si possono ancora .citare, a titolo di_esempi di 36 — . Opera Rnom Cobia ola since 2k nephin: sv RrandG 4h “intr xe sem Pee praccd «banditore, araldo» da *praed(t)co («qui praedicat », onsale soreagrbfh § 83 € 64). : out quernus «che & di legno di quercia » da *querqu(t)nos (derivato juercus « quercia », anticamente *guerguus, come faginus « 2 legno di faggio » da fgus «faggion; =r > -Ton- > ot TRASFORMAZIONI CONDIZIONATE secondo i §§ 93 ¢ 100). SOLO IN PARTE DALLA INTENSITA INIZIALE quindecim « q tindici » da *quingu(é)decim (cfr. § 93 € 100). reccidi, repperi, reppuli, rettult, perfetti da recidd reperié «io trovo, io scopro», repellé «io respingo», ref TRATTAMENTO DEUCE TENA cio riterisco », da *rec(@)cidt, *rep(®)pert, *rep(éypult, *ret@yt : (tetutr come perfetto di ferd & spesso attestato nel latino arcaico ac erst tmser aL eearivi ink Sec ERA EL reccidere in Lucrezio 1, 857, 1063, V, 280, reccidimus (presente) in Ovidio, Met. X, 18 sono stati forgiati da questi_poeti_sul_model a 21, — irsillaba finale aperta, & ed d si sono mantenute intatte; ddel_perfetto reccidi_per_ragioni metriche, poiché récidére, réctdtma mpi non rl a eas ‘oi cc € stato esteso anche a forme pe a) equé, wcat. di equos « cavallo » (cfr. § 38). le quali il metro non lo esigeva, cfr. reecidat Ovidio, Met. VI, 212. b) generé. ‘rior, nom., ace. pl. di genus n, e genere, razza » tuli che, nel latino classico, ha sostituito fetull, & tolto dai compost frigus 1. « treddo », attuli (< *ad-{(tuli, cfr. § 91), contult (< *eont(@ytult, eft. § 63,3), it8 eco, detult (< *de4(6)tult, cf. § 64). dove la quar=ri breve dell'a finale & garantita come primitiva dalla sectus, Part. perf. pass. da secdre « tagliare », da *sec(t)tus, *secittas testimonianzz elle altre lingue indo-europee. In altri casi, d finale (cfr. domitus, part. pert. pass. di domére « domare », da *domdtos secondariz, zue dovuta all'abbreviamento di un’@; cf. plild § 24, 4°. secondo il § 15, 19 ¢.). 4, in quesa stessa_posizione, ha_preso il timbro é; esempi: Willum evirel’o, vinetto's da *vir-(2}lom (cfr. § 78). Se cc gp eee sapctis ¢ next tent, ase pl lend, neu=1 rispetto a leni-s maschile e femminile «dolce », anté «devin-i» rispetto a anti-stes « preposto » (eoprattutto alla guard ci un tempio), Questo stexxo trattamento si applicava aiche alle é finali di origine econdaria, cis divenute finali successivamente, in seguito alla caduta -T secondo il § 23) dopo Vabbrevia- mento della -T in virti della legge delle parole giambiche, Nota. — quasi con i, 1a dove questa parola ha Il valore di due brevi come per ‘es. in Plauto, Capt. 77 (senario giambico): qudst mires semper édimus alientim ‘bum, oppure in Lucrezio 1V, 22: et qudsl muszeo dutci contingere melte, & it Fisultato di un compromesso tra quasé e quast con i resttuita sul sf. Det resto ta ‘ptafia quasi applicata nel manoscritti a un quast plrricchio non riflette sempre fedel- fnente la pronuncia dell'autore. Secondo la testimonianza di Quintitiano riportata pitt sopra, egli stesso pronunciava quasf, ma la pronuncia e Vortografia di Tito Livio erano qdasé, quantunque a tradizione manoscritta di questo autore non cconosea che quasi. In Plauto, Sich. 648 (senario giambico), dove gli editori stam= Dano: posted accumbam. qudsi nix tabescit dies, 1 manoscritti della famiglia pala- {ina (2a testimonianza del palingesto ambrosiano & purtroppo insutficiente in questo ‘passaggio) portano quasenex, cla che sembra essere un indizio che Plauto usava la ~ forma guasé ¢ che la grafia quasi, in cast di questo tipo, é stata introdotta da 7) opis net testo i queste comme, J) Lesatto riscontro del trattamento della T in régi(s), divenuto régé (| (vedi pit sopra) @ data da quello della xi nelle desinenze iis ¢ -iim, -O(w)} divenuto in casi di caduta della s e della jn, deboli nel latino pre- 3") Giassieo ed anche nella lingua popolare delle etA posteriori (vedi §§ 48 ) 72 | 652, 49), Cir. Terebonio, nom. sg. C.1.L. P, 33, per. Tereboniit(s) | {nella medesima iscrizione si legge donum, ¢ cid prova che Terebonio sta per Terebiniii(s) e non per Terebonid(s)); in montem Lemurino| infumo C. 1. L. P, 584, r. 14, da mettere in parallelo con in montem Lemurinum summum r. 16 della medesima iscrizione (sentenza dei fratelli Minucii dell'anno 117 a. C.); annoro C.1.L. Vy 896 per annorii(m); hune titulo C. 1. L. It 7553. Per i primario in sillaba finale aperta ed ugualmente per -d, si manea di esempi conclusiv : § 22. — In sillaba finale chiusa, il trattamento delle vocali brevi @ stato completamente differente. Tranne nel caso in cui non sono state colpite dalla sincope (cfr. § 24, 2), ted @ hanno conservato il loro timbro e cosi pure & eccetto che davanti ad una occlusiva,o ad 40 — vyory Caipaatss iu nana ch rohit’ He " wm, odie Optra * sh deswnl) O86 S Po. 7 SSE ass dente» ah tutt / SPL car duhle + b,% dl peat mt bee Rd imbiafe come in sillaba interna cl @ed it, Tuttavia 4, preceduto da uo da y, si é mantenuta nel ortografia fino ai primi tempi dell’Impero. Esempi: cali, Ie énsis (tema énsi-; cfr. il gen. pl. énst-um) espada», agilts (tema agilt-) «agile » is «calice ». turtiir « tortorella ». reditx, -iicis «che flamén « fiume ». decém « dieci». sempér « sempre ». @ di ritorno, reduce », hhiéms, hiémis «inverno », ‘haruspéx, -icis «indovino clie prevede Vavvenire dall’osservazione delle viscere dell la vittima » (spécio lécit, 3* pers. sg. del perfetto di facid, da della desinenza primaria -f alFantica di isa, risolvendosi rispettivamente mantis (tema manit-, cfr. il gen. pl. manit-um) «mano », lécéd (con sostituzione jenza secondari feced si legge in una delle pid antiche iscrizioni che risale al IV sec. a. C., C. I. L. P 4, jecid © ugualmente dedif in un’altra della fine del IV secolo o del principio del Ill a. C., C. 1. L. I - 561, cid che ci permette di datare T'evoluzione. : ardints da *ordinés, gen. di ord0 cordine salatis da salatés, gen. di salus « salute, salvezza », Si legge nelle iscrizioni arcaiche Apolones (C. I. L. |*, 37) = Apol- IL. I, 612, dove ints, Cereres (C. 1. L. *, 973) = Cereris, Junones (C. I. L. ¥, 444) fanonis, Salutes (C.J.L. 1%, 450) = Saliitis, Veneres (CLL B, 1) = Veneris. La testimonianza epigrafica pit antica in favore della desinenza -is @ fornita da un’iscrizione dell’anno 193 a. Cc, trova honoris causa, gio da & ad f & dunque sensibilmente pid dentale, Davanti ad s finale, il ) Fecente che non} —4t We @ < ceo » non 11 vocalismo primitivo & attestato da numerose testimorianze epi- fiche (p. es filios, consentiont nel'epitatfio duno Scipione, console fell'anno 259 a. C., C. I. L. B, donom C.1.L. , H. 60. 976 & 1 casi come désés,sidis « indolente, ozioso », divés, itis « fanno eccezione che in apparenza. Effettivamente il primo sta per ‘sassdd-s, *déséss e il secondo per *divet-s, *divéss (cfr. §§ 73 € 63, 4°). La é delle parole di questo tipo non era dunque posta davanti ad semplice fin dal pr come in saliité (> salitis) ed altri esemy simili, E questo che ci spiega perché € rimasto,immutata. 49 ibieén « suonatore di flauto » da *tibi-cdin (tibia «flauto» + cdind (p. es. Quintiliano, Instt, ora 1, 4, 16: quid 0 atque scriberentur... dederont et probaveront). Mieune parole come equds, servés, mortuds, vivo, biduém, vivént, io canto» 0 «io suono uno strumento »). fazione della o della sillaba finale durante t ateD aucéps « uccellatore» da *av(ijcdip-s (avis «uccello» + cépia anche nell’epoca_imperiale (cfr. p. €s. «prendo). ‘om, rivom, confiovont a fianco di ferminus, agrum, ium, deorsum, habuerunt in una iscrizione del 117 a, Cy C. 1. Le aurijéx «orefice » da *auri-fée-s (aurum «oro, oggetto d’oro» + facid «io faccio, io tabbrico »). raméx « rematore » da *rém-tig-s (remus «temo » + gd «io conduco, io manovro »). ‘84, mortuos 3 volte accanto a acceptus, sepultus, Faustum in una favoletta di esecrazione del I secolo a. C., C. 1. L, 1 10125 Primitivos fn unaltra tavoletta di esecrazione del Il secolo dopo C., C. I. L. ‘ , . - ‘ 1, 12506) & un_semplice [artificio grafico|che trova_la_sua_ragione L'a della sillaba finale di ands «anitra si splega come, Quelle lambiguita derivante dalla successione immediata delle due V. della sillaba mediana del genitivo andtis per influenza assimilatrice cesperone » (gen. ealedris) € animal « essere vivente, animale» (gen. fr -mancanza di un segno speciale per notare la uw consonantica. animélis), 'a della sillaba finale continua un’antica d (cfr. § 24, 39), di cid fanno fede due passaggi di Quintiliano e di Velio Longo, che non si & abbreviata che dopo il passaggio da @ ad. in parole jot Quintiliano Jnstit. orat. 1, 7, 26: nostri pracceptores servum cer- come *iibicdn > tibicén, La conservazione dell'@ in Caesdir e in jubdir fumaue u eto itteris seripserunt, quia subjecta sibi vocals in unum esplendore dei corpi celesti», che @ stato il punto di partenza delle Kon coatescere et confund’ nequiret; nunc « gemina seribuntur € ricostituzioni analogiche Caesdris, jubdris che sostituiscono le forme one quam reddidi; neutro sane modo vox quam sentimus afcitur, fonetiche Caeséris, *jubéris (cfr.§ 16; Caeséris & attestato p.es. C.J. Le “nec inutiliter Claudius Aeolicam illam ad hos usus litteram (il F greco) TV, 2308 € VI, 9492), non si spiega facilmente. E necessario ammet- “adjecerat; Velio Longo; G. L. Vil, p.58, 4 e sgg.: 2 plerisque supericrum tere che r finale di parola aveva la proprieta di conservare ad una d Prinitvas et adoptivus et rominativus per u et o scripta sunt, quia precedente il suo timbro originale? " sciebant, vocales inter se confundi non posse, ut unam syllabam faciant, 50 filitis da filids nom. sg. «iglio ». " apparetque eos hoc genus riominum aliter scripisisse, aliter enuntiasse. viriim da virdm, ace. sg. di vir «womo eyir dénitm da dondm, nom, acc. sg. « dono, regalo ». 23. — Le vocali langhe non hanno subito alterazione qualitativa né in sillaba finale aperta, n€ in ‘illaba finale chiusa. Al contrario i ‘oplis da opés, nom, acc. sg. «opera » cinsentitint da consentidnt, 3% pers. pl. del pres. Ind, di cdnsentid " dittonghi_che si trovano posti 0 ‘tell'una o nell'altra di queste posi- ‘cio sono d’accordo con, concordo ». Toni si sono trasformati_in_vocali lunghe. Si tratta, in particolare, dedéritnt da dedérént, «3° pers. pl. del perf. Ind, di dd «io do». di ei, ai, oi, che sono diventati Z, e di ou che si é risolto in @. Q— — 48 ® enclgivwm sacar fanimals ? Y uw rbcoge pesso altrove; opos C.J. L. P 546; dederont C. 1. L. 1, 383) € da “or tri termini, si continuava_a_scrivere VO pur. ronur cial dal ||| + a della si i parole del tipo cal Fs si continaava- a seivere_ VO _pur-pronuccande-da ella_@ della sillaba_iniiales eft. § 19. Nelle’patole del tipo ealedr Pea ee ec aifinconeriente. che rsllava|| Ca ee DiTwovan FIVAul evolvtt |) Sieece EVoluzene Del DIT NUH) Esempi: sibt, dat. sg. del pronome riflessivo, da sibet. abts, 2 pers. sg, del pres, divabed «io me ne vado.», da abeis, rosts, dat. abl. pl. di rosa «rosa », da *rosais, tutudi, pertetto di tundd «io batto, io pesto» da *tutu virt, nom. pl. di vir «uomo », da *virok doris, dat. abl. pl. di dénum «dono, regalo » da *dénois, currtis gen, sg. di currus «carro» da *currous. Talvolta il dittongo primitive ci @ attestato da alcuni documenti gpigrafici (Fil caso di7sibet) che si legge nel Senatoconsulto dei Bac- canal delt'anno 186 a.C., C. 1. L. 1%, 581, practereis C. 1. L. P, 2138, >peparai, antenato del latino classic pepert, perfetto di parid «io Produco, io genero; io metto al mondo », sopra un'utna cineraria falisca del VI sec. a. C.)0 da alcune citazioni di grammatici (pilumnoe poploe in carmine saliari, secondo Festo, p. 224, 4 [il testo del canto dei Salii, un po’ modernizzato da Festo, deve aver portato pilumnoi poploi}; ab_oloes dicebant pro ab illis, Paolo Diacono, p. 17, 22 [stessa osservazione che per pilumnoe e poploe)); is esistenza_non ci rivelata che dal_confronto delle altre lingue ind europe. eee L'evoluzione di ei in 1, e di ou in @ si é operata attraverso le tappe intermedie ¢ ed 9. Riguardo ad ai ed oi, essi sono dapprima divenuti ei, confondendosi_cosi con ei primitivo, di cui hanno diviso [a sorte successiva. Testimoni delle gratie come soveis aastutieis (abl.) summeis (dat.) C. I. L. P, 364 (inizio del Il sec. a. C.) © ploirume «plurimi» (nom. plur.) C.1.L. F, 9 (fine del sec. Ill a. C), Essendo dunque ai_in_sillaba finale rappresentata da 7, la desi- nenza (a@)del gen,, dat., loc. sg. e del nom., voc. pl. delle parole della prima Geclinazione non_pud provenire da_ai. Infatti essa continua un @ antico. Ng song testimoni alcuni gen. sg. arcalcizzanti, come Albai longai (fiie dell'esametro in Ennio, Ann, 33) che sono rimasti ancora a lungo nell'uso dei poeti; eft. animat (Lucrezio 1, 112), terra (ibid. 1, 212), aulat (Virgilio, En. IM, 354); aguat (ibid. VIN, 464), a“ Nese mg orc ob fe [4 crvibline fre Eno © wae ner fidtes ule Greer a hel fejconf we Se re Aeeanfront aha, B, CAMBIAMENTI QUANTITATIVE IN SILLABA FINALE § 24. — La parte vocalica delle sillabe finali di parola tendeva a subire una diminuzione di durata, Questa tendenza si manifesta nei “casi seguentiz 1 8 (sia antico, che uscito da i, in virtit del § 21) in sillaba “ape coggetta_a cadere, ma le cond in cai questa V's verificava, sono difficili_da definire. Di ‘fronte a anfé «davanti», propé « vicino a», siné «senza», legé Im- perat. « leggi, dominé vocat. «o signore », maré «mare », che hanno sempre conservato la loro ~é, si ha: ae f «dopo », da posté, di cui la lingua antica offre ancora degli Be cumpt, the. Pouto, Asin. 015, Men. 839, Enaio, Ann. 230. (ac ver, nec ee non, doppioni di aigué e nequé (vei §§ 93, 83 —e 63, 40). ; a dein edipoi», proin «dunque, percid, parimenti», doppioni di deindé, proind8 (con caduta della d divenuta finale dopo la scomparsa della -2). re vin «vuoi? », da visnd (ctr. § 96), ndstin « sai? » da ndstiné ed altre espressioni analoghe frequenti nel linguaggio familiare ¢ della commedia antica. Presso gli autori classici, la @ dela particella -né sussiste normalmente. Si trova tuttavia a titolo di eccezione, vidén « vedi? » per vidésné (con abbreviazione della @ secondo la legge delle parole giambiche, vedi pit sotto 4°) in Virgilio, Aen. Vi, 719. hhic, haec, hoc nom. sg. del pron. dimostrativo «questo, questa, ‘questa cosa», une, hare, hoc ace. sg. ecc., da hb, haecé, iced (< *héd-cé, vedi § 83 ¢ 63, 4°), huncé, honcé. hance, hace (< *hdd-cé, hdceé, ctr. § 83) si_leggono “come_arcaismi del linguaggio di cancelleria nella legge di Bantia, redatta tra 133 e il 118 a. C,, C.1.L. F, 582, € hoce (che trascrive la pronuncia hocce poiché le .consonanti doppie in questa iscri- zione erano notate dalla semplice) nel Senatoconsulto dei Baccanali del 186 a, C., C. J. L. 1, 581. ® — 45

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