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Giuseppe Bertoli
Università degli Studi di Brescia
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All content following this page was uploaded by Giuseppe Bertoli on 11 June 2019.
1. Introduzione
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La marca rappresenta infatti uno strumento fondamentale per ren-
dere visibile l’impatto dell’impresa sulla società, tipicamente agli attori
del sistema competitivo (innanzitutto ai clienti), ma anche all’interno
dell’organizzazione. Naturalmente, ciò postula una concezione «evo-
luta» della marca, che va oltre la sua tradizionale qualifica di attributo
intangibile dell’offerta (il c.d «segno distintivo» di cui tratta la lette-
ratura giuridica), per concentrarsi invece sulla sua natura di risorsa di
fiducia (Busacca e Bertoli, 2010) dotata di diversi livelli di potenzia-
lità, che nascono dal presidio di specifici vettori evolutivi. Fra questi,
assume particolare rilevanza il vettore astrazione che, come si chiarirà
nel paragrafo seguente, è alla base dell’ampliamento dei significati della
marca e della sua proposta di valore.
Il presente lavoro è così strutturato. Dopo aver sintetizzato le impli-
cazioni connesse alla gestione del vettore suddetto, si chiarirà il legame
tra brand purpose e brand equity (par. 2). Nei due paragrafi successivi,
sarà presentato il caso di studio, concernente la strategia posta in essere
da Unilever per potenziare la marca Sunlight nel mercato indonesiano,
uno dei più importanti per l’azienda, da sempre fonte di buone pratiche
in termini di business development e di people development. In conclu-
sione (par. 5), delineeremo alcune considerazioni in ordine ai passaggi
analitici per definire e integrare il brand purpose in un modello di bu-
siness consolidato. Ciò assumendo la prospettiva di una marca che, pur
adottando una condotta socialmente responsabile, non abbia ancora
formalizzato e comunicato uno specifico social purpose.
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Tab. 1. La classificazione dei valori
Valori terminali Valori strumentali
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Terminali
Valori Strumentali
Fig. 1. Una rappresentazione della catena mezzi-fini relativa a una marca.
Fonte: adattata da Peter e Olson (1990).
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Ora, astrarre i significati della marca implica l’esplicitazione dei
nessi cognitivi che la collegano a un definito insieme di valori strumen-
tali e terminali. Si tratta di un passaggio decisivo nella costruzione del
brand purpose, che necessariamente si fonda sulla coerenza fra identità
del consumatore e identità di marca, intesa appunto come l’insieme
di valori che rappresentano il fondamentale criterio di selezione delle
scelte del brand. Essi attribuiscono un senso a tali scelte, costituendo
«un surplus di rimandi ad altre possibilità dell’esperire e dell’agire»
(Luhmann, 1990, pp. 147-151) rispetto a ciò che viene effettivamente
esperito e realizzato. Definiscono pertanto il «codice genetico» della
marca (Kapferer, 1997, pp. 53-56), la sua attitudine evolutiva, il pro-
getto di sviluppo che ha guidato e orienterà i suoi comportamenti di
mercato verso gli obiettivi della consistenza e della continuità.
Come è stato empiricamente verificato (Park et al., 1991), l’estendersi
della correlazione fra product knowledge e self-knowledge si traduce in un
ampliamento dell’orizzonte competitivo della marca, inteso come venta-
glio di combinazioni prodotto-mercato alle quali la stessa può accedere.
Ciò significa che l’utilizzo strategico della marca quale driver aziendale di
sviluppo e di apprendimento implica la costruzione di associazioni via via
più astratte, ancorate a valori strumentali e terminali. A tal fine, un ruolo
di assoluto rilievo è svolto dalle politiche di comunicazione integrata se-
condo logiche omnicanale, alle quali è in larga misura demandato il com-
pito di trasferire ai consumatori contenuti capaci di trasmettere i valori
che guidano i comportamenti della marca, coinvolgendoli in esperienze
caratterizzate da elevate valenze simboliche.
L’astrazione della catena mezzi-fini assume dunque importanza de-
cisiva nella genesi del potenziale di line e category extension, che rap-
presenta una componente fondamentale della brand equity, ossia del
valore che la marca assume sul piano economico e finanziario (Aaker,
1997). L’attivazione di tale potenziale favorisce infatti l’ingresso in am-
biti di attività anche assai distanti da quelli tradizionalmente presidiati,
agendo quale fattore moltiplicativo delle opportunità di creazione di
valore. In particolare, le strategie di diversificazione attraverso la ca-
tegory extension – fondate appunto sull’utilizzo in nuovi ambiti com-
petitivi della reputazione e della fiducia sedimentate nella marca (Bro-
niarczyk e Alba, 1994) – consentono il conseguimento di molteplici
vantaggi (definizione creativa degli orizzonti competitivi dell’impresa,
miglioramento della fedeltà e delle relazioni con i clienti, ottenimento
di un «effetto leva» nei confronti degli intermediari distributivi, presi-
dio di frontiere tecnologiche, superamento di barriere all’entrata, con-
tenimento dei costi di ingresso in nuovi business, conseguimento di
economie di velocità).
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La capacità della marca di veicolare significati intimamente connessi
all’identità del consumatore, ad aspetti rilevanti nella definizione della
self image offre un ulteriore contributo al rafforzamento della brand
equity. L’intensità della self-connection tra consumatore e marca stimola
infatti il mantenimento della relazione attraverso la generazione di senti-
menti di unicità e di commitment, inteso come determinazione ad adot-
tare comportamenti volti a garantire la longevità della relazione con la
marca. Ciò necessariamente si traduce in un rafforzamento della fedeltà
del cliente, anche attraverso la disponibilità di quest’ultimo a investire
crescenti risorse cognitive nella relazione, aumentandone il carattere
idiosincratico.
Non va peraltro dimenticato che all’ampliamento dei significati
della marca corrisponde un incremento della sua funzione comunicativa
(Kapferer e Laurent, 1991), la quale – facendo leva sulle associazioni di
natura psico-sociale e valoriale – consente appunto all’individuo di atti-
vare, attraverso i comportamenti di acquisto e di consumo, processi di
comunicazione orizzontali e verticali, finalizzati a esprimere la propria
personalità, a esternare i propri obiettivi, ad attestare l’appartenenza a
(o la lontananza da) definiti gruppi di riferimento. Tutto ciò accresce
anche il potenziale di differenziazione della marca, alla base dei van-
taggi di prezzo e di volume che alimentano la brand equity.
Va infine sottolineato che all’astrazione dei significati della marca si
accompagna di norma un ampliamento della proposta di valore, finaliz-
zato a rendere evidente il contributo di questa risorsa al conseguimento
del purpose associato ai valori strumentali e terminali dei consumatori.
Tale ampliamento investe, di fatto, configurazioni di valore differenti,
che devono tuttavia risultare interconnesse e coerenti tra loro. In partico-
lare, al presidio del valore funzionale (riferibile ai vantaggi connessi alla
performance del prodotto), del valore simbolico (vantaggi connessi alla
semplificazione del processo di scelta, a sicurezza, autostima, status ecc.) e
del valore esperienziale (emozioni che derivano dall’esperienza di acquisto
e di consumo) la marca deve aggiungere la gestione del valore sociale, con-
nesso al conseguimento del purpose selezionato. Ciò spesso implica l’attiva-
zione di rapporti di collaborazione, che possono anche tradursi in accordi
di co-branding, finalizzati ad acquisire le competenze necessarie per la ge-
stione della value proposition allargata (Bertoli e Busacca, 2011).
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The Unilever Sustainable Living Plan sets out to decouple our growth from our environmental
footprint while increasing our positive social impact. Our plan has three big goals to achieve,
underpinned by nine commitments and targets spanning our social, environmental and economic
performance across the value chain. We will continue to work with others to focus on those areas
where we can drive the biggest change and support the Un Sustainable Development Goals.
By 2020 we will help more By 2030 our goal is to halve By 2020 we will enhance the
than a billion people take the environmental footprint livelihoods of milions of
action to improve their health of the making and use of our people as we grow our
and well-being. products as we grow our business.
business.
> Explore our big goal > Explore the big goal
> Explore the big goal
Health & hygiene Fairness in the workplace
Improving nutrition Greenhouse gases Opportunities for woman
Water use Inclusive business
Waste & packaging
Sustainable sourcing
che, sia globali che locali, molte delle quali rappresentano veri e propri
punti di riferimento nel loro settore merceologico. A livello mondiale,
si stima che sette famiglie su dieci dispongano di almeno uno dei pro-
dotti Unilever. Avvalendosi della profonda comprensione dei consuma-
tori, vero filo conduttore che l’ha caratterizzata fin dalla fondazione, l’a-
zienda persegue la mission di «venire incontro ai bisogni di nutrizione,
igiene e cura della persona, aiutando le persone a sentirsi bene, apparire
sane e ottenere il meglio dalla loro vita».
Alcuni anni fa, a livello corporate, la multinazionale ha adottato
l’«Unilever Sustainable Living Plan», un piano per «il vivere sostenibile»,
finalizzato alla costruzione di un’impresa della quale il mondo possa «es-
sere fiero». Come si vede dalla figura 2, che sintetizza visivamente gli
aspetti fondamentali del programma, esso presenta evidenti collegamenti
con i Sustainable Development Goals approvati nel 2015 dalle Nazioni
Unite nell’ambito dell’Agenda globale per lo sviluppo sostenibile.
Il piano di Unilever si fonda su tre obiettivi fondamentali:
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• ridurre l’impatto ambientale delle attività e dei prodotti, limitando
l’emissione di gas inquinanti e l’utilizzo di acqua, ripensando l’impiego
degli imballaggi nell’ottica dell’economia circolare, garantendo la soste-
nibilità dei rapporti di fornitura;
• migliorare i mezzi di sussistenza per la popolazione, promuovendo
la correttezza dei comportamenti sui luoghi di lavoro (con riguardo in
primo luogo al rispetto dei diritti umani), offrendo concrete opportu-
nità di crescita umana e professionale alle donne, stimolando lo svi-
luppo economico dei piccoli agricoltori.
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rie di traguardi atti a «Garantire alle donne e alle ragazze parità di ac-
cesso all’istruzione, alle cure mediche, a un lavoro dignitoso, così come
la rappresentanza nei processi decisionali, politici ed economici, [che]
promuoverà economie sostenibili, di cui potranno beneficiare le società
e l’umanità intera». A ben vedere, però, l’empowerment delle donne co-
stituisce un «filo rosso» che unisce molti altri «sustainable development
goals». In particolare, è alla base di quelli che mirano a migliorare l’ac-
cesso alle competenze e all’occupazione e la conseguente emancipazione
economica che ciò comporta.
Nelle dichiarazioni di Unilever, l’obiettivo è così enunciato: «We
want to help create a world in which every woman and girl can cre-
ate the kind of life she wishes to lead, unconstrained by harmful norms
and stereotypes. We believe a world where women are economically
empowered will be a fairer, happier and more prosperous place to
live – and that our business will flourish in it» (fonte: Unilever Global
Website www.unilever.com).
In vista di questo obiettivo, l’azienda ha ideato iniziative volte a co-
stituire un’organizzazione gender-balanced, in modo da ridurre, e auspi-
cabilmente eliminare, il divario di genere che ancora oggi rimane pres-
soché ovunque elevato. Di non minor momento sono poi le iniziative
poste in atto nei vari paesi in cui la multinazionale opera e finalizzate a
potenziare l’accesso all’istruzione, a stimolare lo sviluppo delle compe-
tenze, a promuovere condizioni di sicurezza, a prospettare opportunità
lavorative nelle attività legate alla catena del valore aziendale.
Del resto, le donne rappresentano il 70% della base di consumatori
dell’impresa, il 50% del pool di talenti da cui recluta la forza lavoro e,
specie in certi contesti, svolgono ruoli critici nella catena di fornitura
aziendale. Creando e sostenendo opportunità per le donne nella società
e nell’economia, Unilever ha la possibilità di far crescere i propri mer-
cati e le sue marche.
Emblematico, da questo punto di vista, è il caso di Sunlight, una
marca di detersivo per piatti commercializzata in gran parte dei paesi
del mondo tra cui l’Indonesia, che rappresenta per la multinazionale
uno dei mercati più importanti per dimensione di business e qualità di
esecuzione delle attività di marketing.
4. L’esperienza di Sunlight
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tità condivisa basata su una lingua nazionale, una diversità etnica e un
pluralismo religioso (all’interno di una popolazione a forte preponde-
ranza musulmana). Grazie alla sostanziale stabilità politica, a un’econo-
mia che da anni sperimenta tassi di crescita elevati, a un processo di
riforme che ha stimolato lo sviluppo interno e attirato ingenti investi-
menti diretti esteri, l’Indonesia si configura come l’economia di mag-
giori dimensioni fra i paesi dell’Asean (l’Associazione che riunisce le
Nazioni del Sud-est asiatico)1.
Con una popolazione di oltre 255 milioni di abitanti, di età relati-
vamente giovane (28 anni in media), e con un tasso di crescita del pro-
dotto interno lordo che negli ultimi anni ha viaggiato intorno al 5%,
l’Indonesia è un mercato fortemente orientato al consumo. I consumi
interni costituiscono più del 60% del Pil nazionale e rappresentano la
principale forza trainante dell’economia: il tasso di crescita dei consumi
è il più alto al mondo dopo quello di India e Cina e l’ampio mercato
interno ha salvaguardato l’economia dalle turbolenze della crisi finanzia-
ria e dalla recessione globale. I consumi sono trainati soprattutto dalla
classe media, composta attualmente da 45 milioni di persone, ma desti-
nata a triplicarsi nei prossimi 15 anni.
Unilever, le cui radici sono anglo-olandesi, è presente in Indonesia
sin dal 1933 tramite una consociata che, per ordine d’importanza, è
ormai una delle principali company al mondo nell’ambito del gruppo,
con un fatturato di circa 2,5 miliardi di euro. Unilever Indonesia rap-
presenta una realtà di grande rilevanza locale (tab. 2), al punto di essere
una delle prime quattro aziende di largo consumo operanti nel Paese,
con nove unità produttive e oltre seimila addetti.
I prodotti offerti dall’azienda si riconducono a due fondamentali
aree di business: 1) i prodotti per la pulizia della persona e della casa
(saponi, detergenti, cosmetici ecc.), che generano circa il 73% del fattu-
rato complessivo della consociata; 2) i prodotti alimentari (gelati, snack,
1
Nonostante le tensioni che al presente connotano il contesto globale, il Paese conti-
nua a presentare diversi punti di forza: struttura economica abbastanza diversificata; ampia
disponibilità di risorse naturali e minerarie; reddito pro capite in crescita; sistema finanzia-
rio complessivamente solido; alti rating finanziari ed elevati stock di riserve valutarie; debito
estero in rapporto al Pil contenuto; forte determinazione del Governo di perseguire impor-
tanti obiettivi di crescita sino a entrare tra le prime dieci economie mondiali (oggi occupa
la sedicesima posizione) e aumentare in misura significativa il Pil pro capite. L’Indonesia ri-
mane inoltre un Paese dall’elevato potenziale, in quanto – nonostante un programma di pia-
nificazione della popolazione in vigore dai primi anni sessanta del secolo scorso – si stima
che, in base all’attuale tasso di crescita annuo, la popolazione sia destinata a raggiungere i
300 milioni nell’arco del prossimo decennio.
491
Tab. 2. Unilever Indonesia: principali dati economico-finanziari (in miliardi di rupie indonesiane)
2014 2015 2016 2017
Fonte: www.unilever.co.id/en/investor-relations/shareholder-information/financial-highlights.html.
492
Fig. 3. Purpose Led Organization – Unilever Indonesia.
Fonte: Unilever Indonesia, presentazione «Together for a brighter future», 1º novembre 2017.
493
Al fine di contrastare la perdita di quota, Unilever ha condotto
alcune ricerche di mercato, quantitative e qualitative. Le prime, volte
a comprendere le cause dell’erosione di Sunlight, hanno evidenziato
che la transizione verso il rivale concerne prevalentemente i clienti
basso acquirenti, che passano a Mama a causa del prezzo inferiore
ma anche per il benefit sgrassante del prodotto, sapientemente comu-
nicato con l’impiego di testimonial locali. Le ricerche sull’equity della
marca hanno inoltre evidenziato una crescita significativa, pur consi-
derando la base di partenza molto bassa, di tutte le tre misure chiave
che, nel modello di business di Unilever, qualificano la forza di una
marca:
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funzionali del prodotto, ma di collegarli al tema emotivo («spend less
time doing dishes so you can do more meaningful things») e a quello
sociale («saving time on dishwash helps empowering women for a more
inclusive society»). Riguardo invece alla strategia media, la scelta è stata
quella di realizzare una campagna basata su tre pilastri: televisione, di-
gital e relazioni pubbliche. La prima con l’obiettivo di creare la più am-
pia awareness per il messaggio. Il secondo per stimolare engagement,
ossia coinvolgere i consumatori più attivi a condividere le loro storie e
creare una community di scambio di idee. Le relazioni pubbliche per
elevare il messaggio sociale ai massimi livelli istituzionali, così da farlo
diventare parte dell’agenda del Governo.
Rilevata la necessità di cambiare il modello di comunicazione sia dal
punto di vista creativo che dei media, il primo passo ha riguardato la
definizione del brief tramite il modello «Art». Si tratta di un modello,
sviluppato da Unilever, che basa lo sviluppo strategico e creativo della
marca su tre «pilastri»:
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Fig. 4. Multimedia activation.
496
Fig. 5. L’engagement dei consumatori.
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in meno tempo) ma anche emozionale (meno tempo per lavare i piatti
più tempo per te) e sociale (tempo che permette una crescita personale
e professionale al target più vulnerabile, le donne casalinghe). In tal
modo, Sunlight si riposiziona non solo come top performer di prodotto
ma anche e soprattutto quale marca leader che accompagna la colletti-
vità in cui opera nel suo percorso di crescita individuale e sociale. Le
consumatrici di Sunlight non sono quindi mere utilizzatrici passive del
prodotto ma diventano ambasciatrici di marca riconoscendosi nei valori
sociali veicolati dalla campagna.
5. Conclusioni
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Tali associazioni definiscono il significato della marca e, come chiarito
nel paragrafo 2, possono avere forme diverse e riflettere attributi del
prodotto o aspetti indipendenti da esso, benefici di natura funzionale,
simbolica o esperienziale, tratti valoriali. Esse devono poi risultare forti,
desiderabili e uniche (ossia non condivise con le marche concorrenti).
In generale, la definizione del brand purpose richiede che l’immagine di
marca sia sufficientemente astratta, cioè non ancorata in modo esclusivo
ad associazioni legate al prodotto;
2. perceptual fit: in secondo luogo, è fondamentale verificare il grado
di consonanza percettiva fra l’identità della marca e i temi sociali che
potrebbero caratterizzare il brand purpose. Tale consonanza va verifi-
cata in relazione ai valori condivisi dai consumatori (self-knowledge), ma
deve investire anche l’area della product knowledge considerando la sua
rilevanza nella definizione dell’autenticità e dell’heritage della marca.
Nel caso di imprese multibrand, l’analisi della coerenza va estesa all’in-
tero portafoglio di marche, in quanto potrebbero verificarsi incoerenze
fra i posizionamenti e i messaggi veicolati dai diversi brand;
3. competitive leverage: un ulteriore passaggio di grande importanza
richiede di valutare se la scelta di un definito purpose sia in grado di
consentire l’acquisizione di un difendibile vantaggio competitivo. Il
tema selezionato potrebbe infatti essere già presidiato da altre marche
e va pertanto compresa la valutazione dei consumatori sulla rilevanza
dello stesso e sulle capacità del brand di perseguirlo in modo più ade-
guato rispetto ai concorrenti;
4. stakeholder reaction: come è stato opportunamente evidenziato
(Vilà e Bharadwaj, 2017), la definizione di un brand purpose espone la
marca al rischio di critiche, per cui è importante sondare le reazioni
degli stakeholder chiave. Tali critiche sono in genere fondate sull’incoe
renza fra il purpose selezionato dalla marca e le azioni dell’impresa, su
dubbi in merito alle reali motivazioni della marca e sulla «politicizza-
zione» del tema sociale considerato.
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