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Brand purpose: l'esperienza di Sunlight in Indonesia

Article · June 2019


DOI: 10.1431/91417:y:2018:i:3:p:481-502

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3 authors, including:

Giuseppe Bertoli
Università degli Studi di Brescia
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Brand purpose: l’esperienza di Sunlight in Indonesia

Giuseppe Bertoli, Bruno Busacca e Alberto Macciani

Brand purpose: The Sunlight project in Indonesia

Marketing strategies are increasingly challenged in addressing, at


the same time, three types of goals: company profitability, consumer
satisfaction and positive social impact. In this perspective it is impor-
tant to enrich the value proposition and to communicate the ethical
and responsible orientation of the brand and its products. These con-
siderations now find their expression in the concept of brand purpose,
intended as the impact that brand wants to have on the society be-
yond the functional and symbolic benefits. The brand plays a crucial
role in making visible the impact of the company on society. Naturally
that implies a contemporary conception of the brand conceived as a
trust-based resource with various levels of potentiality, enacted by spe-
cific evolutionary vectors. Among these, abstraction vector has a spe-
cial relevance as it is the base of the enlargement of the brand meaning
and value proposition. After having summarized the main implications
connected to the managing of this vector and having clarified the link
between brand purpose and brand equity, the paper presents the case
study, regarding the strategy adopted by Unilever to reengineer the
brand Sunlight (Unilever oldest brand – top global player in the dish-
wash market) in Indonesia, one of the biggest and most important mar-
kets for the company.

Giuseppe Bertoli è ordinario di Economia e gestione delle imprese all’Università di Bre-


scia, C.da S. Chiara 50, 25122 Brescia, Email: giuseppe.bertoli unibs.it.
Bruno Busacca è ordinario di Economia e gestione delle imprese all’Università L. Bocconi
di Milano, via Roentgen, 20136 Milano, Email: bruno.busacca@unibocconi.it.
Alberto Macciani è Global Vice President Unilever Dishwash Unilever House, 100 Victo-
ria Embankment, London Ec4y 0Dy – Uk, Email: alberto.macciani@unilever.com.

anno XXVII, n. 3, dicembre 2018 481


Keywords: brand purpose, brand, corporate social responsibility and
sustainability, Indonesia.

1. Introduzione

Un numero crescente di consumatori va sempre più convincendosi che


la dimensione etica e responsabile dell’offerta aziendale sia un elemento
meritevole di attenta considerazione nelle decisioni d’acquisto (Mohr et
al., 2001; Becker-Olsen et al., 2006; Kotler et al., 2010; Oberseder et al.,
2013). A ciò sono indotti dalla convinzione che l’impegno individuale per
il benessere della collettività possa essere dimostrato anche attraverso la
preferenza per prodotti e/o marche socialmente responsabili (Crane, 2005;
Newholm e Shaw, 2007; Sebastiani et al., 2012; Inoue et al., 2017).
Al fine di rispondere a questa esigenza, le imprese devono quindi
dare prova di essere «cittadini esemplari» agli occhi del consumatore
(Boisdevésy, 1996), il che implica l’assunzione di un modello gestionale
orientato alla produzione di un valore non più solo economico, ma an-
che etico e sociale (Perrini et al., 2006; Baccarani, 2008). Ciò comporta
l’adozione di strumenti di gestione che dimostrino l’orientamento alla
responsabilità sociale e alla sostenibilità, cogliendone il potenziale in
termini di immagine e competitività nel mercato di riferimento (Porter
e Kramer, 2011).
In questo senso, da vari anni è andato affermandosi il concetto di
marketing responsabile e sostenibile (Maignan e Ferrell, 2004; Maignan et
al., 2005; Campbell, 2007), nel cui ambito il compito dell’impresa è quello
di individuare i bisogni, i desideri e gli interessi dei mercati-obiettivo e
di procedere al loro soddisfacimento in modo più efficace ed efficiente
dei concorrenti, secondo modalità che preservino o rafforzino il benessere
del consumatore e della società anche nel lungo periodo (Kotler, 2011;
Zerbini, 2017). In quest’ottica, l’impresa è indotta a definire le proprie
politiche di marketing bilanciando tre tipologie di esigenze: la redditività
aziendale, la soddisfazione del consumatore e l’interesse collettivo (Tencati
e Pogutz, 2015; Hillebrand et al., 2015). Questa convergenza di esigenze
conduce alla scelta di utilizzare strumenti di marketing in grado di arric-
chire «socialmente» l’offerta dell’impresa e di comunicare l’orientamento
etico-responsabile della marca e dei suoi prodotti.
Le considerazioni sopra esposte hanno recentemente trovato nuovo vi-
gore nel concetto di brand purpose, inteso appunto come l’obiettivo che la
marca si propone di perseguire sul piano sociale, ossia l’impatto che essa
si prefigge di esercitare sulla società, al di là dei benefici funzionali, psico-
sociali ed emozionali da essa offerti (Vilà e Bharadwaj, 2017; Hsu, 2017).

482
La marca rappresenta infatti uno strumento fondamentale per ren-
dere visibile l’impatto dell’impresa sulla società, tipicamente agli attori
del sistema competitivo (innanzitutto ai clienti), ma anche all’interno
dell’organizzazione. Naturalmente, ciò postula una concezione «evo-
luta» della marca, che va oltre la sua tradizionale qualifica di attributo
intangibile dell’offerta (il c.d «segno distintivo» di cui tratta la lette-
ratura giuridica), per concentrarsi invece sulla sua natura di risorsa di
fiducia (Busacca e Bertoli, 2010) dotata di diversi livelli di potenzia-
lità, che nascono dal presidio di specifici vettori evolutivi. Fra questi,
assume particolare rilevanza il vettore astrazione che, come si chiarirà
nel paragrafo seguente, è alla base dell’ampliamento dei significati della
marca e della sua proposta di valore.
Il presente lavoro è così strutturato. Dopo aver sintetizzato le impli-
cazioni connesse alla gestione del vettore suddetto, si chiarirà il legame
tra brand purpose e brand equity (par. 2). Nei due paragrafi successivi,
sarà presentato il caso di studio, concernente la strategia posta in essere
da Unilever per potenziare la marca Sunlight nel mercato indonesiano,
uno dei più importanti per l’azienda, da sempre fonte di buone pratiche
in termini di business development e di people development. In conclu-
sione (par. 5), delineeremo alcune considerazioni in ordine ai passaggi
analitici per definire e integrare il brand purpose in un modello di bu-
siness consolidato. Ciò assumendo la prospettiva di una marca che, pur
adottando una condotta socialmente responsabile, non abbia ancora
formalizzato e comunicato uno specifico social purpose.

2. Brand purpose e brand equity

Dotare la marca di un definito purpose significa arricchire i signifi-


cati da essa evocati e la proposta di valore offerta, estendendo il suo
ruolo ben oltre le classiche funzioni ad essa attribuite (Kapferer, 2008):
l’identificazione di beni o servizi; la semplificazione dei processi di
scelta (tramite l’attivazione di economie della fiducia); l’orientamento
delle preferenze (attraverso la costruzione di chiare associazioni in me-
rito ai benefici funzionali, psico-sociali o esperienziali da essa offerti).
Questo arricchimento dissolve progressivamente il legame fra pro-
dotto e marca, favorendo l’inserimento di quest’ultima in sistemi creati
dai consumatori non solo per ottenere vantaggi di natura funzionale, ma
anche per conferire significato alla loro vita (Fournier, 1998, p. 367).
Tale dissoluzione è in definitiva il risultato di un processo di astrazione,
che si traduce nell’affievolimento della connessione «marca " prodotto
da essa identificato " utilità primarie e secondarie» e nel trasferimento

483
Tab. 1.  La classificazione dei valori
 Valori terminali Valori strumentali

Una vita serena Ambizione


Una vita eccitante Apertura mentale
Un senso di compiutezza Capacità
Un mondo di pace Dolcezza
Un mondo di bellezza Pulizia e ordine
Uguaglianza Coraggio
Sicurezza familiare Comprensione
Libertà Solidarietà
Felicità Onestà
Armonia interna (personale) Immaginazione
Amore Indipendenza
Sicurezza nazionale Intelligenza
Piacere Logica
Salvezza (in senso religioso) Tenerezza
Rispetto per se stessi Obbedienza
Ammirazione sociale Buona educazione
Vera amicizia Responsabilità
Saggezza Autocontrollo

Fonte: Rokeach (1968, 1973).

di questa connessione a un livello più ampio: «marca " sentimenti di at-


taccamento e di autoidentificazione " benessere psicologico e sociale».
Le catene mezzi-fini rappresentano un utile strumento concettuale per
descrivere il processo di astrazione. Esse, infatti, ricostruiscono la mappa
cognitiva causale sottostante alla rappresentazione mentale della marca,
riconducendo i significati che questa può assumere per il consumatore a
tre livelli, ciascuno propedeutico al successivo. Al livello inferiore della ge-
rarchia, si collocano le associazioni relative agli attributi della marca, clas-
sificabili in product-related e non product-related (personalità della marca,
utilizzatori-tipo, occasioni d’uso caratteristiche). A un livello intermedio, si
situano le associazioni attinenti alle conseguenze di tali attributi, ossia ai
benefici che possono essere ottenuti dalla marca. Anch’essi sono ricondu-
cibili a due fondamentali tipologie, costituite dai benefici funzionali e da
quelli psico-sociali. Infine, ai più elevati livelli di astrazione si collocano le
associazioni relative ai valori evocati dalla marca, definibili come «rappre-
sentazioni mentali di importanti obiettivi che il cliente vuole raggiungere
nella vita» (Peter e Olson, 1990, pp. 75-78). Essi rappresentano elementi
di fondamentale importanza per comprendere le problematiche fondamen-
tali che possono costituire l’essenza del brand purpose. L’amore per il pros-
simo, la libertà, l’uguaglianza sociale, la salvaguardia dell’ambiente, la lotta
alla povertà, la solidarietà sono elementi importanti che guidano le scelte
e i comportamenti quotidiani degli individui, inclusi ovviamente l’acquisto
e il consumo dei prodotti. I valori possono essere distinti in strumentali
e terminali. I primi guidano i comportamenti finalizzati al conseguimento

484
Terminali

Valori Strumentali

Psico-sociali Area della


Crescente
livello di self-knowledge
Benefici
astrazione
Funzionali

Attributi Non product-related

Product-related Area della product


knowledge

Fig. 1.  Una rappresentazione della catena mezzi-fini relativa a una marca.
Fonte: adattata da Peter e Olson (1990).

dei secondi, che si sostanziano in stati finali di esistenza desiderabili. Nella


tabella 1 è riportata la nota classificazione elaborata da Rokeach (1968,
1973) che identifica 18 valori strumentali e altrettanti valori terminali.
Le connessioni esistenti fra gli attributi della marca e le loro conse-
guenze di natura funzionale evidenziano l’area della product knowledge;
quelle, più astratte, che legano i benefici di natura psico-sociale ai va-
lori, l’area della self-knowledge. Quanto maggiore risulta il presidio di
quest’ultima tanto più elevato è il coinvolgimento psicologico e affettivo
nei confronti della marca. La figura 1 illustra le aree citate, i tre livelli
dei significati della marca descritti in precedenza e la loro articolazione.
Le frecce ascendenti evidenziano il percorso analitico sottostante alla ri-
costruzione della catena mezzi-fini, mentre quelle discendenti identifi-
cano i nessi cognitivi che orientano il consumatore nel processo valuta-
tivo precedente e successivo all’esperienza di utilizzo.
Le preferenze accordate dai consumatori a certe marche piuttosto che
ad altre sono sovente indipendenti dai loro attributi product o non pro-
duct-related, derivando piuttosto dal significato che i medesimi assumono
nell’ambito del sistema socio-culturale e cognitivo dell’individuo. Il com-
portamento di consumo riflette infatti determinati aspetti dell’identità per-
sonale, per cui si acquistano beni o servizi che in qualche modo rispec-
chiano i valori in cui si crede e che permettono di comunicarli agli altri.

485
Ora, astrarre i significati della marca implica l’esplicitazione dei
nessi cognitivi che la collegano a un definito insieme di valori strumen-
tali e terminali. Si tratta di un passaggio decisivo nella costruzione del
brand purpose, che necessariamente si fonda sulla coerenza fra identità
del consumatore e identità di marca, intesa appunto come l’insieme
di valori che rappresentano il fondamentale criterio di selezione delle
scelte del brand. Essi attribuiscono un senso a tali scelte, costituendo
«un surplus di rimandi ad altre possibilità dell’esperire e dell’agire»
(Luhmann, 1990, pp. 147-151) rispetto a ciò che viene effettivamente
esperito e realizzato. Definiscono pertanto il «codice genetico» della
marca (Kapferer, 1997, pp. 53-56), la sua attitudine evolutiva, il pro-
getto di sviluppo che ha guidato e orienterà i suoi comportamenti di
mercato verso gli obiettivi della consistenza e della continuità.
Come è stato empiricamente verificato (Park et al., 1991), l’estendersi
della correlazione fra product knowledge e self-knowledge si traduce in un
ampliamento dell’orizzonte competitivo della marca, inteso come venta-
glio di combinazioni prodotto-mercato alle quali la stessa può accedere.
Ciò significa che l’utilizzo strategico della marca quale driver aziendale di
sviluppo e di apprendimento implica la costruzione di associazioni via via
più astratte, ancorate a valori strumentali e terminali. A tal fine, un ruolo
di assoluto rilievo è svolto dalle politiche di comunicazione integrata se-
condo logiche omnicanale, alle quali è in larga misura demandato il com-
pito di trasferire ai consumatori contenuti capaci di trasmettere i valori
che guidano i comportamenti della marca, coinvolgendoli in esperienze
caratterizzate da elevate valenze simboliche.
L’astrazione della catena mezzi-fini assume dunque importanza de-
cisiva nella genesi del potenziale di line e category extension, che rap-
presenta una componente fondamentale della brand equity, ossia del
valore che la marca assume sul piano economico e finanziario (Aaker,
1997). L’attivazione di tale potenziale favorisce infatti l’ingresso in am-
biti di attività anche assai distanti da quelli tradizionalmente presidiati,
agendo quale fattore moltiplicativo delle opportunità di creazione di
valore. In particolare, le strategie di diversificazione attraverso la ca-
tegory extension – fondate appunto sull’utilizzo in nuovi ambiti com-
petitivi della reputazione e della fiducia sedimentate nella marca (Bro-
niarczyk e Alba, 1994) – consentono il conseguimento di molteplici
vantaggi (definizione creativa degli orizzonti competitivi dell’impresa,
miglioramento della fedeltà e delle relazioni con i clienti, ottenimento
di un «effetto leva» nei confronti degli intermediari distributivi, presi-
dio di frontiere tecnologiche, superamento di barriere all’entrata, con-
tenimento dei costi di ingresso in nuovi business, conseguimento di
economie di velocità).

486
La capacità della marca di veicolare significati intimamente connessi
all’identità del consumatore, ad aspetti rilevanti nella definizione della
self image offre un ulteriore contributo al rafforzamento della brand
equity. L’intensità della self-connection tra consumatore e marca stimola
infatti il mantenimento della relazione attraverso la generazione di senti-
menti di unicità e di commitment, inteso come determinazione ad adot-
tare comportamenti volti a garantire la longevità della relazione con la
marca. Ciò necessariamente si traduce in un rafforzamento della fedeltà
del cliente, anche attraverso la disponibilità di quest’ultimo a investire
crescenti risorse cognitive nella relazione, aumentandone il carattere
idiosincratico.
Non va peraltro dimenticato che all’ampliamento dei significati
della marca corrisponde un incremento della sua funzione comunicativa
(Kapferer e Laurent, 1991), la quale – facendo leva sulle associazioni di
natura psico-sociale e valoriale – consente appunto all’individuo di atti-
vare, attraverso i comportamenti di acquisto e di consumo, processi di
comunicazione orizzontali e verticali, finalizzati a esprimere la propria
personalità, a esternare i propri obiettivi, ad attestare l’appartenenza a
(o la lontananza da) definiti gruppi di riferimento. Tutto ciò accresce
anche il potenziale di differenziazione della marca, alla base dei van-
taggi di prezzo e di volume che alimentano la brand equity.
Va infine sottolineato che all’astrazione dei significati della marca si
accompagna di norma un ampliamento della proposta di valore, finaliz-
zato a rendere evidente il contributo di questa risorsa al conseguimento
del purpose associato ai valori strumentali e terminali dei consumatori.
Tale ampliamento investe, di fatto, configurazioni di valore differenti,
che devono tuttavia risultare interconnesse e coerenti tra loro. In partico-
lare, al presidio del valore funzionale (riferibile ai vantaggi connessi alla
performance del prodotto), del valore simbolico (vantaggi connessi alla
semplificazione del processo di scelta, a sicurezza, autostima, status ecc.) e
del valore esperienziale (emozioni che derivano dall’esperienza di acquisto
e di consumo) la marca deve aggiungere la gestione del valore sociale, con-
nesso al conseguimento del purpose selezionato. Ciò spesso implica l’attiva-
zione di rapporti di collaborazione, che possono anche tradursi in accordi
di co-branding, finalizzati ad acquisire le competenze necessarie per la ge-
stione della value proposition allargata (Bertoli e Busacca, 2011).

3. Unilever e il «Sustainable Living Plan»

Fondata nel 1930, Unilever è una delle principali aziende di produ-


zione di beni di largo consumo al mondo, operando con oltre 400 mar-

487
The Unilever Sustainable Living Plan sets out to decouple our growth from our environmental
footprint while increasing our positive social impact. Our plan has three big goals to achieve,
underpinned by nine commitments and targets spanning our social, environmental and economic
performance across the value chain. We will continue to work with others to focus on those areas
where we can drive the biggest change and support the Un Sustainable Development Goals.

We have three big goals

1. IMPROVING HEALTH AND 2. REDUCING 3. ENHANCING LIVELIHOODS


WELL-BEING FOR MORE ENVIRONMENTAL FOR
THAN 1 BILLION IMPACT BY HALF MILLIONS

By 2020 we will help more By 2030 our goal is to halve By 2020 we will enhance the
than a billion people take the environmental footprint livelihoods of milions of
action to improve their health of the making and use of our people as we grow our
and well-being. products as we grow our business.
business.
> Explore our big goal > Explore the big goal
> Explore the big goal
Health & hygiene Fairness in the workplace
Improving nutrition Greenhouse gases Opportunities for woman
Water use Inclusive business
Waste & packaging
Sustainable sourcing

Fig. 2.  L’Unilever Sustainable Living Plan.


Fonte: adattato da https://www.unilever.com/sustainable-living/.

che, sia globali che locali, molte delle quali rappresentano veri e propri
punti di riferimento nel loro settore merceologico. A livello mondiale,
si stima che sette famiglie su dieci dispongano di almeno uno dei pro-
dotti Unilever. Avvalendosi della profonda comprensione dei consuma-
tori, vero filo conduttore che l’ha caratterizzata fin dalla fondazione, l’a-
zienda persegue la mission di «venire incontro ai bisogni di nutrizione,
igiene e cura della persona, aiutando le persone a sentirsi bene, apparire
sane e ottenere il meglio dalla loro vita».
Alcuni anni fa, a livello corporate, la multinazionale ha adottato
l’«Unilever Sustainable Living Plan», un piano per «il vivere sostenibile»,
finalizzato alla costruzione di un’impresa della quale il mondo possa «es-
sere fiero». Come si vede dalla figura 2, che sintetizza visivamente gli
aspetti fondamentali del programma, esso presenta evidenti collegamenti
con i Sustainable Development Goals approvati nel 2015 dalle Nazioni
Unite nell’ambito dell’Agenda globale per lo sviluppo sostenibile.
Il piano di Unilever si fonda su tre obiettivi fondamentali:

•  accrescere la salute e il benessere della popolazione, anche con ri-


ferimento all’alimentazione e all’igiene personale;

488
•  ridurre l’impatto ambientale delle attività e dei prodotti, limitando
l’emissione di gas inquinanti e l’utilizzo di acqua, ripensando l’impiego
degli imballaggi nell’ottica dell’economia circolare, garantendo la soste-
nibilità dei rapporti di fornitura;
•  migliorare i mezzi di sussistenza per la popolazione, promuovendo
la correttezza dei comportamenti sui luoghi di lavoro (con riguardo in
primo luogo al rispetto dei diritti umani), offrendo concrete opportu-
nità di crescita umana e professionale alle donne, stimolando lo svi-
luppo economico dei piccoli agricoltori.

Su tali fronti, Unilever ha conseguito apprezzabili risultati: ha aiu-


tato più di 600 milioni di persone a migliorare le loro condizioni igie-
niche e di salute; ha ridotto notevolmente l’emissione di gas serra,
il consumo di acqua e i rifiuti associati alla realizzazione dei prodotti
aziendali; ha incrementato in misura significativa l’approvvigionamento
di materie prime (come l’olio di palma, il tè, la carta) da fonti sosteni-
bili; ha migliorato le condizioni di vita di milioni di persone, donne e
uomini, attraverso iniziative sviluppate lungo tutta la catena del valore.
Nella prospettiva dell’azienda, tali risultati si sono tradotti in impor-
tanti vantaggi economici. Ad esempio, le marche per le quali l’impe-
gno sulle questioni sociali o ambientali è più marcato (nel complesso, si
tratta di ventisei «Sustainable Living Brands») hanno evidenziato negli
ultimi anni tassi di crescita superiori rispetto alla media delle marche
Unilever e, nel 2017, hanno concorso per il 70% allo sviluppo del fat-
turato dell’azienda a livello globale. Inoltre, la riduzione dell’impiego di
energia, di materie prime e di risorse naturali ha migliorato il grado di
efficienza, limitando nel contempo l’esposizione alla volatilità dei prezzi
di tali input (le sole misure di efficientamento ecologico applicate alle
fabbriche nel corso dell’ultimo decennio hanno comportato un rispar-
mio complessivo superiore a 800 milioni di euro). Oltre a proteggere
la catena di distribuzione dai rischi associati ai mutamenti climatici e
all’approvvigionamento delle materie prime, operare in un’ottica di so-
stenibilità ha contribuito anche a rendere l’impresa rilevante per i con-
sumatori che scelgono i suoi prodotti e a rafforzare i rapporti con gli al-
tri stakeholder (basti dire che lo scorso anno è stata riconosciuta quale
«datore di lavoro più desiderato» in 44 dei 52 paesi in cui opera, con
un aumento del 25% rispetto all’anno precedente).
In questa sede, di particolare interesse sono le azioni volte a mi-
gliorare la condizione femminile, tassello fondamentale per la trasfor-
mazione della società. Nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile
adottata dalle Nazioni Unite, all’«empowering women and girls» è de-
dicato l’obiettivo n. 5, a supporto del quale vengono indicati una se-

489
rie di traguardi atti a «Garantire alle donne e alle ragazze parità di ac-
cesso all’istruzione, alle cure mediche, a un lavoro dignitoso, così come
la rappresentanza nei processi decisionali, politici ed economici, [che]
promuoverà economie sostenibili, di cui potranno beneficiare le società
e l’umanità intera». A ben vedere, però, l’empowerment delle donne co-
stituisce un «filo rosso» che unisce molti altri «sustainable development
goals». In particolare, è alla base di quelli che mirano a migliorare l’ac-
cesso alle competenze e all’occupazione e la conseguente emancipazione
economica che ciò comporta.
Nelle dichiarazioni di Unilever, l’obiettivo è così enunciato: «We
want to help create a world in which every woman and girl can cre-
ate the kind of life she wishes to lead, unconstrained by harmful norms
and stereotypes. We believe a world where women are economically
empowered will be a fairer, happier and more prosperous place to
live  –  and that our business will flourish in it» (fonte: Unilever Global
Website www.unilever.com).
In vista di questo obiettivo, l’azienda ha ideato iniziative volte a co-
stituire un’organizzazione gender-balanced, in modo da ridurre, e auspi-
cabilmente eliminare, il divario di genere che ancora oggi rimane pres-
soché ovunque elevato. Di non minor momento sono poi le iniziative
poste in atto nei vari paesi in cui la multinazionale opera e finalizzate a
potenziare l’accesso all’istruzione, a stimolare lo sviluppo delle compe-
tenze, a promuovere condizioni di sicurezza, a prospettare opportunità
lavorative nelle attività legate alla catena del valore aziendale.
Del resto, le donne rappresentano il 70% della base di consumatori
dell’impresa, il 50% del pool di talenti da cui recluta la forza lavoro e,
specie in certi contesti, svolgono ruoli critici nella catena di fornitura
aziendale. Creando e sostenendo opportunità per le donne nella società
e nell’economia, Unilever ha la possibilità di far crescere i propri mer-
cati e le sue marche.
Emblematico, da questo punto di vista, è il caso di Sunlight, una
marca di detersivo per piatti commercializzata in gran parte dei paesi
del mondo tra cui l’Indonesia, che rappresenta per la multinazionale
uno dei mercati più importanti per dimensione di business e qualità di
esecuzione delle attività di marketing.

4. L’esperienza di Sunlight

Dopo tre secoli e mezzo di colonialismo olandese, l’Indonesia ha ot-


tenuto la propria indipendenza al termine della Seconda guerra mon-
diale e, non senza turbolenze e difficoltà, ha saputo sviluppare un’iden-

490
tità condivisa basata su una lingua nazionale, una diversità etnica e un
pluralismo religioso (all’interno di una popolazione a forte preponde-
ranza musulmana). Grazie alla sostanziale stabilità politica, a un’econo-
mia che da anni sperimenta tassi di crescita elevati, a un processo di
riforme che ha stimolato lo sviluppo interno e attirato ingenti investi-
menti diretti esteri, l’Indonesia si configura come l’economia di mag-
giori dimensioni fra i paesi dell’Asean (l’Associazione che riunisce le
Nazioni del Sud-est asiatico)1.
Con una popolazione di oltre 255 milioni di abitanti, di età relati-
vamente giovane (28 anni in media), e con un tasso di crescita del pro-
dotto interno lordo che negli ultimi anni ha viaggiato intorno al 5%,
l’Indonesia è un mercato fortemente orientato al consumo. I consumi
interni costituiscono più del 60% del Pil nazionale e rappresentano la
principale forza trainante dell’economia: il tasso di crescita dei consumi
è il più alto al mondo dopo quello di India e Cina e l’ampio mercato
interno ha salvaguardato l’economia dalle turbolenze della crisi finanzia-
ria e dalla recessione globale. I consumi sono trainati soprattutto dalla
classe media, composta attualmente da 45 milioni di persone, ma desti-
nata a triplicarsi nei prossimi 15 anni.
Unilever, le cui radici sono anglo-olandesi, è presente in Indonesia
sin dal 1933 tramite una consociata che, per ordine d’importanza, è
ormai una delle principali company al mondo nell’ambito del gruppo,
con un fatturato di circa 2,5 miliardi di euro. Unilever Indonesia rap-
presenta una realtà di grande rilevanza locale (tab. 2), al punto di essere
una delle prime quattro aziende di largo consumo operanti nel Paese,
con nove unità produttive e oltre seimila addetti.
I prodotti offerti dall’azienda si riconducono a due fondamentali
aree di business: 1) i prodotti per la pulizia della persona e della casa
(saponi, detergenti, cosmetici ecc.), che generano circa il 73% del fattu-
rato complessivo della consociata; 2) i prodotti alimentari (gelati, snack,

1
 Nonostante le tensioni che al presente connotano il contesto globale, il Paese conti-
nua a presentare diversi punti di forza: struttura economica abbastanza diversificata; ampia
disponibilità di risorse naturali e minerarie; reddito pro capite in crescita; sistema finanzia-
rio complessivamente solido; alti rating finanziari ed elevati stock di riserve valutarie; debito
estero in rapporto al Pil contenuto; forte determinazione del Governo di perseguire impor-
tanti obiettivi di crescita sino a entrare tra le prime dieci economie mondiali (oggi occupa
la sedicesima posizione) e aumentare in misura significativa il Pil pro capite. L’Indonesia ri-
mane inoltre un Paese dall’elevato potenziale, in quanto – nonostante un programma di pia-
nificazione della popolazione in vigore dai primi anni sessanta del secolo scorso – si stima
che, in base all’attuale tasso di crescita annuo, la popolazione sia destinata a raggiungere i
300 milioni nell’arco del prossimo decennio.

491
Tab. 2.  Unilever Indonesia: principali dati economico-finanziari (in miliardi di rupie indonesiane)
2014 2015 2016 2017

Net Sales 34,511 36,484 40,054 41,205


Gross Profit 17,207 18,649 20,459 21,220
Profit Before Tax 8,013 7,829 8,572 9,372
Ebitda 7,928 8,444 9,258 10,150
Total Assets 8,388 15,730 16,746 18,906
Total Liabilities 14,281 10,903 12,042 13,733
Basic Earning per Share 776 766 838 918
Cash Dividend per Share 707 758 799 870

Fonte: www.unilever.co.id/en/investor-relations/shareholder-information/financial-highlights.html.

salse e condimenti, piatti pronti, tè, succhi di frutta ecc.), ai quali si


deve il restante 27% del fatturato.
Si stima che ogni famiglia del Paese consumi annualmente almeno
uno dei prodotti commercializzati da Unilever. Si tratta di un dato di
assoluto rilievo, tanto più se si considera la peculiare conformazione
geo­grafica del Paese (un arcipelago formato da 17.508 isole, circa 2.342
delle quali abitate), che rende particolarmente complessa l’attività distri-
butiva. Basti dire che la rete commerciale dell’azienda annovera più di
un milione di punti di vendita, oltre la metà dei quali serviti diretta-
mente, mentre gli altri sono raggiunti attraverso 800 distributori indi-
pendenti che coprono tutta l’Indonesia.
L’attività nel mercato indonesiano si fonda su un portafoglio di mar-
che variegato, in grado di rappresentare al meglio la capacità azien-
dale di bilanciare importanti brand globali con brand locali di valore.
Nel complesso, il portafoglio annovera 39 marche (che contraddistin-
guono quasi mille stock keeping unit), tutte con posizioni di leadership.
Sunlight, Pepsodent, Lux, Lifebuoy, Dove, Sunsilk, Clear, Rexona, Va-
seline, Rinso, Molto, Wall’s, Royco, Bango sono le più importanti e de-
tengono quote di mercato del tutto significative.
Anche in Indonesia sono state realizzate significative attività volte a
conseguire gli obiettivi indicati nell’Unilver Sustainable Living Plan, in
modo da ottenere «the love and respect of every Indonesian, everyday».
La figura 3 sintetizza visivamente la logica seguita dall’azienda per rag-
giungere tale obiettivo.
In buona sostanza, a seguito del «Sustainable Living Plan» i signi-
ficati del corporate brand Unilever hanno raggiunto un alto livello di
astrazione. Tali significati sono stati poi declinati a livello di specifiche
marche, a partire da Dove per la quale già a livello mondiale era stato
elaborato un purpose legato allo sviluppo dell’autostima delle donne,
lanciato con la «Campaign for Real Beauty». In Indonesia il progetto

492
Fig. 3. Purpose Led Organization – Unilever Indonesia.
Fonte: Unilever Indonesia, presentazione «Together for a brighter future», 1º novembre 2017.

è stato declinato con l’obiettivo di «aiming 100 million Indonesian stu-


dents educated & empowered about self-esteeem and confidence». Al-
tre iniziative hanno coinvolto Lifebuoy («educating personal hygiene
reaching 88 million healthy hands»), Pepsodent («creating a healthy
smile reaching 14 million children»), Bango («enhancing livelihoods of
10.5k malika soy beans farmers»).
Un ulteriore caso di successo, più recente e sul quale intendiamo
soffermare l’attenzione in questa sede, è rappresentato da Sunlight, una
marca di detersivo leader nel mercato dei prodotti per la pulizia delle
stoviglie (dishwash) con una quota del 51%, ma con segnali di erosione
a scapito di brand locali. Fra questi, Mama è il competitor più vicino
con una quota del 14%, in crescita costante grazie a un modello ba-
sato su benefici funzionali in termini di superiore potere sgrassante,
sostenuto con messaggi comunicativi molto aggressivi, con un prezzo
inferiore a Sunlight anche del 30-40% (in funzione della pressione pro-
mozionale) e con forti politiche push nei confronti degli operatori della
distribuzione. In pratica, Mama – da prodotto a basso prezzo/bassa
qualità – è andato progressivamente configurandosi quale prodotto
«smart», in grado di offrire la prestazione di Sunlight a minor prezzo.

493
Al fine di contrastare la perdita di quota, Unilever ha condotto
alcune ricerche di mercato, quantitative e qualitative. Le prime, volte
a comprendere le cause dell’erosione di Sunlight, hanno evidenziato
che la transizione verso il rivale concerne prevalentemente i clienti
basso acquirenti, che passano a Mama a causa del prezzo inferiore
ma anche per il benefit sgrassante del prodotto, sapientemente comu-
nicato con l’impiego di testimonial locali. Le ricerche sull’equity della
marca hanno inoltre evidenziato una crescita significativa, pur consi-
derando la base di partenza molto bassa, di tutte le tre misure chiave
che, nel modello di business di Unilever, qualificano la forza di una
marca:

•  presence, con riferimento alla numerosità delle persone che cono-


scono il prodotto e lo acquistano almeno una volta all’anno;
•  relevance, intesa quale riconoscimento della qualità del prodotto,
in termini di coerenza delle prestazioni offerte rispetto a quelle dichia-
rate;
•  convinction, riferita alla superiorità della proposta di valore ri-
spetto a quella dei concorrenti.

Le ricerche qualitative hanno invece evidenziato il crescente vantag-


gio di Mama quale marca locale non solo legato al basso prezzo, ma
sempre più «affiliativa» sia sul piano funzionale («pulisce tanto e bene»)
che emozionale («è un brand vicino a me del quale mi posso fidare»).
Sulla base di questi risultati, il problema strategico è stato indi-
viduato nella necessità di riconquistare la leadership «mentale» di
Sunlight quale unica alternativa di qualità per la pulizia delle stoviglie,
recuperando in tal modo i clienti persi senza necessità di dover scadere
nella guerra di prezzo. In pratica, convincere i consumatori che lenta-
mente si stavano allontanando dalla marca che il premium price era più
che giustificato dal miglioramento della sua performance.
In quest’ottica, si è coerentemente intervenuti a livello di marketing
strategico e operativo, con riferimento essenzialmente al prodotto e alla
comunicazione. Per quanto concerne il primo, si è proceduto a un’at-
tenta riformulazione, in modo da ottenere concreti miglioramenti (atte-
stati da una serie di test ciechi) rispetto ad attributi e benefici critici
(potere sgrassante, schiuma, profumo, delicatezza, rapidità nelle opera-
zioni di lavaggio, risultato finale) che supportassero il claim pubblicita-
rio individuato («the best solution for dishwash»).
L’intervento sulla comunicazione ha poi avuto un ruolo cruciale. In
merito alla strategia creativa, che trova il suo epicentro nel messaggio,
la scelta è stata quella di non puntare più in via esclusiva sugli aspetti

494
funzionali del prodotto, ma di collegarli al tema emotivo («spend less
time doing dishes so you can do more meaningful things») e a quello
sociale («saving time on dishwash helps empowering women for a more
inclusive society»). Riguardo invece alla strategia media, la scelta è stata
quella di realizzare una campagna basata su tre pilastri: televisione, di-
gital e relazioni pubbliche. La prima con l’obiettivo di creare la più am-
pia awareness per il messaggio. Il secondo per stimolare engagement,
ossia coinvolgere i consumatori più attivi a condividere le loro storie e
creare una community di scambio di idee. Le relazioni pubbliche per
elevare il messaggio sociale ai massimi livelli istituzionali, così da farlo
diventare parte dell’agenda del Governo.
Rilevata la necessità di cambiare il modello di comunicazione sia dal
punto di vista creativo che dei media, il primo passo ha riguardato la
definizione del brief tramite il modello «Art». Si tratta di un modello,
sviluppato da Unilever, che basa lo sviluppo strategico e creativo della
marca su tre «pilastri»:

•  Authenticity, intesa quale capacità della comunicazione di essere


allineata ai valori autentici della marca;
•  Relevance, ossia l’idoneità a comunicare un messaggio appunto ri-
levante per il consumatore (tanto dal punto di vista funzionale che emo-
zionale);
•  Talkability, cioè la capacità di sviluppare un messaggio che i con-
sumatori a loro volta possano condividere perché ne apprezzano la ca-
pacità di impatto virale. In qualche modo, essi diventano così portavoce
della marca e non meri fruitori passivi del messaggio.

Una volta definito il brief in modo specifico, il lavoro strategico ha


portato alla definizione di una idea creativa denominata «spend less
time with Sunlight», basata sull’insight del risparmio di tempo quale
asset fondativo del messaggio. In buona sostanza: «Meno tempo per
lavare i piatti, più tempo per le cose che valgono per te». In questo
modo, Sunlight non solo esplicita il fatto che lavare i piatti è un pro-
cesso che va reso efficiente tramite un prodotto super efficace, ma co-
raggiosamente lo lega a un obiettivo personale e sociale molto più am-
pio in termini di miglioramento della condizione femminile. Il fatto,
cioè, che anche pochi minuti al giorno (Sunlight quantifica in 15 minuti
il risparmio temporale quotidiano, rispetto a una media di 90 minuti
dedicati alla pulizia delle stoviglie – media Indonesia) possono cambiare
la vita delle donne se adeguatamente impegnati.
In questa prospettiva, la consociata indonesiana di Unilever ha isti-
tuito la «Sunlight Academy», che fornisce alle donne moduli formativi

495
Fig. 4.  Multimedia activation.

volti a migliorare varie competenze sia professionali che personali (ge-


stire un piccolo negozio, accudire i bambini, imparare una lingua, ma
anche meditazione ecc.) che in tre mesi possono trasformare la vita di
una persona il cui destino sarebbe stato probabilmente di passare la
vita ad occuparsi dei lavori domestici.
L’idea creativa (non ancora declinata a livello di esecuzioni specifi-
che) ha poi partorito diverse «storie», tutte testate con grande successo
sia come purchase intent che come relevance, cosa assai rara nelle cam-
pagne «purpose-led», che per loro natura sono spesso più focalizzate
sul messaggio sociale che non sulla «vendita» del benefit.
Il positivo risultato ottenuto ha poi portato all’ideazione di un piano
media con tre esecuzioni televisive (destinate a creare awareness, se-
condo le linee indicate nella fig. 4) e un piano digitale predisposto per
coinvolgere i consumatori nel raccontare le loro esperienze di trasfor-
mation. In particolare, i consumatori sono stati chiamati a condividere
le loro passioni, in modo da costituire dei gruppi in cui riunire persone
che condividono il medesimo interesse (fig. 5).
Oltre a ciò, è stato creato un piano di relazioni pubbliche volto a
sensibilizzare sia gli «opinion former», ossia quei soggetti i cui atteg-
giamenti, comportamenti e comunicazioni sono in grado di esercitare
un’influenza diretta e indiretta su quelli di altri individui, sia le autorità
politiche, che reputano il tema del women empowerment come strate-
gico per l’obiettivo di crescita economica del Paese.

496
Fig. 5.  L’engagement dei consumatori.

Il ritorno della comunicazione è stato eccellente, portando Sunlight


a guadagnare quota di mercato in misura superiore al 2% in 18 mesi
(partendo da una base già altissima, 51%) e migliorandone sensibil-
mente l’equity. Stanti i risultati ottenuti in Indonesia, dove la campagna
è stata lanciata nel 2017, Unilever ha deciso di estenderla in tutti i pae­
si-chiave di Sunlight entro la fine del 2018. Dopo anni di bassa crescita
e profitti erosi, la marca cresce oggi del 12% a livello globale con un
incremento di profitto di 120 punti base anno su anno.
In buona sostanza, come emerge da quanto esposto, il grado di con-
sonanza percettiva fra l’identità della marca e il tema sociale alla base
del brand purpose è stato garantito connettendo la product knowledge
alla self-knowledge. In particolare, la catena mezzi-fini sottostante alla
rappresentazione mentale della marca è stata arricchita collegando il po-
tenziato potere sgrassante del prodotto (attributo product-related) alla
maggiore efficacia e velocità di azione (benefici funzionali), alla mag-
giore disponibilità di tempo per se stessi (beneficio psicologico), da uti-
lizzare per perseguire valori sia strumentali (ambizione, apertura men-
tale, pulizia e ordine, indipendenza, intelligenza) sia terminali (compiu-
tezza, libertà, felicità, rispetto per se stessi).
L’esperienza di Sunlight dimostra dunque come l’integrazione del
social purpose nella proposta di valore sia in grado di agire sui mec-
canismi di brand penetration e di loyalty perché differenzia la marca
non solo a livello funzionale (Sunlight è l’unico prodotto che sgrassa

497
in meno tempo) ma anche emozionale (meno tempo per lavare i piatti
più tempo per te) e sociale (tempo che permette una crescita personale
e professionale al target più vulnerabile, le donne casalinghe). In tal
modo, Sunlight si riposiziona non solo come top performer di prodotto
ma anche e soprattutto quale marca leader che accompagna la colletti-
vità in cui opera nel suo percorso di crescita individuale e sociale. Le
consumatrici di Sunlight non sono quindi mere utilizzatrici passive del
prodotto ma diventano ambasciatrici di marca riconoscendosi nei valori
sociali veicolati dalla campagna.

5. Conclusioni

Come ha acutamente affermato Peter Drucker (1958): «Market-


ing is the process through which economy is integrated into society to
serve human needs». In questa prospettiva, si inseriscono certamente gli
sforzi aziendali volti a conferire alla marca un purpose in linea con l’o-
biettivo di migliorare la vita degli individui e dell’intera società, ben ol-
tre quanto connesso ai benefici funzionali offerti dai prodotti.
Un brand purpose adeguato offre alla marca molteplici vantaggi
(Hsu, 2017, p. 375). Innanzitutto, diventa una sorta di «stella polare»,
in grado di prospettare alla marca un senso di direzione. Diventa cioè
un filtro che la supporta nel decidere cosa dovrebbe o non dovrebbe
fare. In un mondo sempre più affollato di messaggi, un purpose ade-
guato aiuta inoltre a superare il rumore di fondo, stimolando i con-
sumatori a prestare attenzione, condividere e parlare della marca e
del messaggio che essa intende veicolare. Nella misura in cui il brand
purpose sensibilizza consumatori socialmente consapevoli, esso aiuta
la marca nello sforzo di creare autentiche connessioni emotive con gli
stessi, stimolando le loro intenzioni di acquisto, migliorandone la fedeltà
e, di conseguenza, creando un vantaggio competitivo in grado di soste-
nerne la redditività. Infine, ma non da ultimo, esso ispira, coinvolge e
motiva non solo i clienti, ma anche le risorse umane e gli altri portatori
di interessi, guadagnandone la fiducia.
Naturalmente, il conseguimento di questi vantaggi potenziali è su-
bordinato all’efficacia del tema sociale da porre al centro del brand pur-
pose. La scelta di tale tema sociale implica un percorso analitico artico-
lato in quattro stadi fondamentali, rispettivamente finalizzati alla verifica
dei seguenti aspetti:

1.  brand knowledge: occorre in primo luogo ricostruire l’insieme


delle associazioni evocate dalla marca nella memoria dei consumatori.

498
Tali associazioni definiscono il significato della marca e, come chiarito
nel paragrafo 2, possono avere forme diverse e riflettere attributi del
prodotto o aspetti indipendenti da esso, benefici di natura funzionale,
simbolica o esperienziale, tratti valoriali. Esse devono poi risultare forti,
desiderabili e uniche (ossia non condivise con le marche concorrenti).
In generale, la definizione del brand purpose richiede che l’immagine di
marca sia sufficientemente astratta, cioè non ancorata in modo esclusivo
ad associazioni legate al prodotto;
2.  perceptual fit: in secondo luogo, è fondamentale verificare il grado
di consonanza percettiva fra l’identità della marca e i temi sociali che
potrebbero caratterizzare il brand purpose. Tale consonanza va verifi-
cata in relazione ai valori condivisi dai consumatori (self-knowledge), ma
deve investire anche l’area della product knowledge considerando la sua
rilevanza nella definizione dell’autenticità e dell’heritage della marca.
Nel caso di imprese multibrand, l’analisi della coerenza va estesa all’in-
tero portafoglio di marche, in quanto potrebbero verificarsi incoerenze
fra i posizionamenti e i messaggi veicolati dai diversi brand;
3.  competitive leverage: un ulteriore passaggio di grande importanza
richiede di valutare se la scelta di un definito purpose sia in grado di
consentire l’acquisizione di un difendibile vantaggio competitivo. Il
tema selezionato potrebbe infatti essere già presidiato da altre marche
e va pertanto compresa la valutazione dei consumatori sulla rilevanza
dello stesso e sulle capacità del brand di perseguirlo in modo più ade-
guato rispetto ai concorrenti;
4.  stakeholder reaction: come è stato opportunamente evidenziato
(Vilà e Bharadwaj, 2017), la definizione di un brand purpose espone la
marca al rischio di critiche, per cui è importante sondare le reazioni
degli stakeholder chiave. Tali critiche sono in genere fondate sull’incoe­
renza fra il purpose selezionato dalla marca e le azioni dell’impresa, su
dubbi in merito alle reali motivazioni della marca e sulla «politicizza-
zione» del tema sociale considerato.

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