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IL MAGO DI OZ

Dorothy viveva in una fattoria nelle grandi praterie del kansas col suo cane Toto, lo zio Henry e la zia Em. La
casa era piccola, formata da un’unica stanza che faceva da cucina, soggiorno e camera da letto. Non c’erano né
soffitte né cantine, e l’unico posto dove potevano rifugiarsi in caso dell’ arrivo di un tornado, era una buca
stretta e buia fatta nel terreno a cui si accedeva tramite una botola nel pavimento della casa. Quando Dorothy
guardava fuori casa, poteva vedere solo la sterminata e piatta prateria fatta di terra e sterpaglie, non c’era un
solo albero e anche l’erba non era verde, ma di colore quasi grigiastro. Non c’era nulla di gioioso in quel posto.
Solo Toto, il suo cagnolino, riusciva a portare un po’ di sorriso in quel posto grazie alle sue feste e i suoi salti.
Quel giorno zio Henry era seduto fuori dalla porta e guardava preoccupato il cielo più grigio del solito, Dorothy
era lì vicino a lui con Toto in braccio. Poco dopo il vento iniziò ad alzarsi e in un attimo l’aria diventò gelida.
– Em! C’è un tornado in arrivo! – gridò zio Henry – vado a sistemare le bestie. E così corse al capanno dove
c’erano le mucche e i cavalli. Zia Em corse fuori casa a vedere.
– Svelta Dorothy, scendi nel rifugio! – gridò alla bambina, ma proprio in quel momento Toto le scappò dalle
braccia e si nascose sotto il letto, Dorothy gli corse dietro mentre zia Em corse alla botola sul pavimento, la aprì
e vi si calò dentro. Finalmente Dorothy acchiappò Toto e fece per scendere nel rifugio, ma la casa colpita dalle
raffiche di vento iniziò a tremare, Dorothy perse l’equilibrio e si ritrovò seduta sul pavimento. A quel punto
accadde qualcosa di straordinario. La casa iniziò a girare su sé stessa e poi si alzò lentamente in aria, quasi fosse
una mongolfiera. I venti del nord e del sud si erano incontrati proprio sopra casa sua, creando quello che si
chiama l’occhio del ciclone. La casa continuava fluttuare dolcemente nell’aria, Toto abbaiava e correva per la
stanza e quasi cadde giù per quello che era il buco della botola del rifugio, ma Dorothy lo afferrò per un
orecchio e lo riportò vicino a sé. Il tempo passava, la casa continuava a fluttuare dolce al centro del tornado, e
lo spavento iniziale piano piano iniziò a passare. Alla fine, stanca e cullata dal dondolio della casa, la bambina
si trascinò fino al suo lettino e si addormentò con Toto accanto. Dorothy fu svegliata da un colpo improvviso, si
mise a sedere sul lettino e si accorse che la casa non si muoveva più. Saltò giù dal letto e corse fuori. La casa
era stata depositata con delicatezza dal tornado in mezzo a una campagna con fiori, prati e alberi verdi, come
non aveva mai visto. Mentre contemplava quella meraviglia di paesaggio, si accorse che un gruppetto di
persone vestite in modo alquanto bizzarro, le stava venendo incontro. Erano tre uomini e una donna di bassa
statura, alti quasi come lei, vestiti con cappelli a cono da cui pendevano dei campanellini che tintinnavano ad
ogni passo. Gli uomini erano vestiti tutti di blu, mentre la donna di un bianco candido. Tutti e quattro parlavano
tra di loro sottovoce. L’anziana donna infine le si avvicinò facendo un inchino, e con voce dolce ed emozionata
disse:
– Benvenuta o nobile maga nel paese dei Munchkin, ti siamo infinitamente grati per aver ucciso la Strega
Cattiva dell’Est e aver liberato questo popolo dalla schiavitù. Dorothy ascoltava senza capire e le rispose:
– La ringrazio gentile signora, ma dev’esserci un errore, io non ho ucciso nessuno!
– Ma la tua casa si! – rispose la donna indicando una parte dell’abitazione da cui sbucavano fuori dei piedi
calzati da scarpette d’argento. Dorothy sobbalzò spaventata – Povera me! La casa deve esserle caduta
addosso… ma io non ne ho colpa è stato il tornado…
– Non devi preoccuparti, anzi! Te l’ho detto era la Strega Cattiva dell’Est, e tu ci hai fatto un grosso favore
liberandoci dalla sua schiavitù! Dorothy era ancora molto confusa, ma l’anziana signora continuò.
– Io sono la Strega del Nord, ma sono buona e benvoluta dai Munchkin. Purtroppo non sono mai stata potente
come la Strega dell’Est e non sono mai riuscita ad aiutarli con i miei poteri… Dorothy rimase sorpresa.
– Ma io ho sempre creduto che tutte le streghe fossero cattive! – le disse.
– Oh no! In tutto il paese di Oz solo le streghe dell’Est e dell’Ovest sono cattive, io del Nord e la Strega del Sud
siamo buone! Adesso grazie a te rimane una sola strega cattiva! – Rispose felice la Strega del Nord. Dorothy
rimase un attimo in silenzio, poi uno dei tre Munchkin gridò indicando là dove spuntavano le gambe della
Strega Cattiva dell’Ovest: la strega si era dissolta in una nuvola di fumo ed erano rimaste solo le sue scarpette
d’argento! La Strega del Nord si accovacciò a prendere le scarpette e le pose gentilmente in mano a Dorothy.
– Ora queste scarpette sono tue. – le disse. Dorothy guardò meravigliata le scarpette e subito le indossò, poi
aggiunse quasi sottovoce:
– Devo tornare a casa da zia Em e zio Henry…
– E dove si trova casa tua?
– Nel Kansas… La Strega del Nord la guardò dispiaciuta piena di tenerezza.
– Non ho idea di dove si trovi il Kansas… non so come aiutarti… Dorothy stava per scoppiare a piangere, poi la
Strega del Nord aggiunse:
– Ma forse il potente Mago di Oz saprà farti tornare a casa! Devi solo andare alla città di Smeraldo, là potrai
chiedergli udienza, sono certa che lui saprà aiutarti a ritrovare la strada di casa. Sul viso di Dorothy si dipinse
un sorriso.
– E come faccio ad arrivare alla città di Smeraldo?!
– Devi solo seguire il sentiero di mattoni dorati che inizia proprio dietro quella collinetta.
– Potete accompagnarmi? – chiese speranzosa Dorothy.
– Oh no, purtroppo no, non possiamo venire con te, però posso darti il mio bacio, nessuno oserà mai fare del
male a chi ha ricevuto il bacio della Strega del Nord – e così prese la sua testa fra le mani e la baciò sulla fronte.
I tre Munchkin e la strega fecero un profondo inchino salutandola, Dorothy prese in braccio Toto e si
incamminò verso il sentiero di mattoni dorati con ai piedi le magiche scarpette argentate della Strega dell’Est.
Superata la collina, Dorothy trovò l’inizio del sentiero di mattoni dorati. Rimase meravigliata dal paesaggio che
la circondava, pieni di prati verdi, alberi da frutto e campi di grano. Dopo un po’ Dorothy decise di fare una
pausa, e si sedette su una staccionata a contemplare un buffo spaventapasseri in mezzo al campo di grano. Lo
Spaventapasseri le fece l’occhiolino. In un primo momento Dorothy pensò di essersi sbagliata, ma poi vide che
lo Spaventapasseri le faceva un cenno col capo per salutarla, a quel punto Dorothy scese dallo steccato e andò a
vederlo meglio, seguita dal suo cagnolino Toto.
– Buongiorno! – disse lo spaventapasseri con una voce un po’ rauca.
– Ma tu parli! – rispose meravigliata Dorothy.
– Certo! Ho il cervello pieno di segatura e non sono molto intelligente, ma so parlare – le sorrise. Dorothy era
stupita, non aveva mai visto uno Spaventapasseri parlare – Ma tu te ne stai sempre qui? non puoi scendere?
– Purtroppo sì, ho un palo infilato nella schiena… se tu mi facessi la cortesia di togliermelo mi faresti una
grande cortesia. Dorothy tese entrambe le braccia e lo sfilò dal palo.
– Grazie mia cara bambina, mi sento un uomo nuovo! – disse lo spaventapasseri, poi aggiunse – ma come ti
chiami, e che ci fai qui?
– Mi chiamo Dorothy, e sto andando alla Città di Smeraldo dal Mago di Oz, tu sai dove sono?
– Città di Smeraldo? Mago di Oz? Mai sentiti – disse incuriosito lo Spaventapasseri.
– Ma come non conosci il Mago di Oz?! Lui è l’unico che può farmi tornare in Kansas, dai miei zii… – rispose
Dorothy con lo sguardo triste.
– No purtroppo non so un bel niente, io ho la testa imbottita di paglia e non ho un cervello per capire le cose…
ma dimmi, questo Mago di Oz è molto potente?
– Si è molto potente, almeno così mi hanno detto… – rispose non molto sicura Dorothy.
– E dici che potrebbe darmi un cervello? – chiese lo Spaventapasseri.
– Non ne ho idea, però puoi accompagnarmi fino alla Città di Smeraldo così potrai scoprirlo.
– Va bene, accetto volentieri! – disse entusiasta lo Spaventapasseri, e si incamminarono assieme sul sentiero di
mattoni dorati. Camminarono e camminarono fino ad arrivare dentro un bosco dove c’era un ruscello di acqua
limpida, e lì si fermarono. Dorothy si sciacquò il viso e fece una merenda. Ne offrì anche allo Spaventapasseri,
ma lui la bocca ce l’aveva solo dipinta e non aveva bisogno di mangiare. Ad un certo punto sentirono uno
strano rumore.
– Cosa è stato? – chiese intimorita Dorothy.
– Non ne ho idea – rispose lo Spaventapasseri. Il rumore sembrava provenire da un punto alle loro spalle. Si
volsero e, fatti pochi passi nella foresta, l’attenzione di Dorothy fu attratta da qualcosa che luccicava in mezzo
agli alberi. Davanti a loro c’era un uomo fatto di latta con una scure in mano. Se ne stava immobile in quella
scomoda posizione con la scure alzata, rigido come una statua. Toto gli ringhiò contro abbaiando e
addentandogli la gamba, ma si dovette allontanare subito uggiolando dal dolore ai denti per aver morso un
pezzo di dura latta.
– Sei stato tu a fare quel gemito rumoroso? – chiese Dorothy.
– Si – rispose l’uomo di latta con voce roca – ero proprio io, da quasi un anno mi lamento in continuazione, ma
mai nessuno è venuto qui ad aiutarmi finora…
– Cosa possiamo fare per te? – domandò la bambina.
– Prendi l’oliatore che sta in quel capanno e ungimi le giunture, sono talmente arrugginite che non riesco più a
muovermi… Dorothy corse al capanno, prese l’oliatore e con cura iniziò ad oliare tutte le giunture, collo,
spalle, braccia e gambe, finché l’Uomo di Latta non fu libero di muoversi liberamente.
– Grazie mille amici miei! Sarei rimasto per sempre in quella scomoda posizione se non foste arrivati a
salvarmi! Come mai siete capitati da queste parti?
– Stiamo andando alla Città di Smeraldo per incontrare il Mago di Oz. Io voglio chiedergli di farmi ritornare nel
Kansas dai miei zii, mentre lo Spaventapasseri vorrebbe chiedergli di ricevere un cervello.
– Pensate che il Mago di Oz mi possa dare un cuore? – chiese l’Uomo di Latta
– Be’, non sarebbe più difficile che dare un cervello allo Spaventapasseri… vieni con noi! – gli disse Dorothy.
– Va bene! Però devo portarmi dietro l’oliatore, se dovessi bagnarmi mi arrugginirei di nuovo…
I tre ripresero il cammino sul sentiero di mattoni dorati. Dopo un po’ Dorothy, presa dalla curiosità, chiese
all’Uomo di Latta:
– Ma perché vuoi chiedere al mago di Oz di darti un cuore?
– Perché una volta ero un uomo di carne ed ossa, mi ero innamorato di una ragazza, ma sua madre non ne
voleva sapere di me, quindi ha chiesto alla Strega Cattiva dell’Est di impedire che io e sua figlia ci sposassimo.
Con un incantesimo la strega mi ha trasformato in un uomo di latta, senza più un cuore per essere innamorato
della mia bella… ecco, se potessi riavere un cuore potrei tornare ad essere innamorato di lei. Dorothy e lo
spaventapasseri ascoltarono con attenzione, capendo perché ci teneva tanto a volere un cuore. Intanto
continuavano a camminare sul sentiero di mattoni dorati attraverso il folto bosco. Ad un certo punto si udì uno
spaventoso ruggito, e d’un tratto, con un balzo, dalla foresta sbucò fuori un grosso leone che, con una zampata,
fece volare lo spaventapasseri a bordo strada e, con gli artigli affilati, colpì il Boscaiolo di Latta. Toto iniziò ad
abbaiare forte e il leone spalancò le fauci per azzannarlo, ma Dorothy per paura che il suo caro cagnolino
facesse una brutta fine, si piantò davanti al leone tirandogli due sonori schiaffi sul muso.
– Non azzardarti a toccare Toto! – gridò Dorothy – Vergognati! Un bestione grosso come te che se la prende
con un piccolo cagnolino!
– Ma io non l’ho morso… – rispose piagnucolando il leone, che si stava strofinando il muso con le sue grosse
zampe, per il dolore degli schiaffi ricevuti.
– No, ma ci hai provato, sei solo un codardo!
– Lo so, sono un codardo, ma che ci posso fare se sono fatto così? – disse in tono triste il leone.
– E che cosa ti ha fatto diventare così? – chiese Dorothy con curiosità.
– Non lo so, ci sono nato codardo… di solito per far paura a qualcuno mi basta fare un grosso ruggito, e quello
scappa a gambe levate, ma se qualcuno volesse battersi con me, penso che scapperei io a gambe levate…
– Ma un leone come te dovrebbe essere il re della foresta! – esclamò lo Spaventapasseri, che intanto si stava
rassettando i vestiti mentre l’Uomo di Latta si puliva i graffi.
– Hai ragione, sapessi quanto sono infelice per questo! Dovete scusarmi se vi ho spaventato ora vi lascio andare
per la vostra strada… a proposito, dove siete diretti?
– Stiamo andando alla Città di Smeraldo a chiedere udienza al grande Mago di Oz, devo chiedergli di
rimandarmi nel Kansas dai miei zii – disse Dorothy.
– E io devo chiedergli di darmi un cervello – continuò lo Spaventapasseri.
– E io devo chiedergli di darmi un cuore – aggiunse l’Uomo di Latta. Il Leone Codardo li guardò un attimo
incuriosito, poi con un fil di voce chiese:
– Pensate che il Mago di Oz potrebbe darmi del coraggio?
– Se può dare un cervello a me… – disse lo Spaventapasseri.
– E a me un cuore… – aggiunse il Boscaiolo di Latta.
– Se può aiutarmi a tornare dai miei zii nel Kansas… – concluse Dorothy.
– Allora se non avete nulla in contrario, posso unirmi a voi?
– Sei il benvenuto! – risposero tutti in coro. A nche Toto abbaiò con approvazione. Il gruppetto quindi si rimise
felice in viaggio lungo il sentiero di mattoni dorati che portava alla Città di Smeraldo.
Dorothy, il cagnolino Toto, lo Spaventapasseri, il Boscaiolo di Latta e il Leone Codardo, camminarono a lungo
finché non arrivò la notte e si accamparono sotto un grande albero. Al mattino seguente ripresero il viaggio
lungo il sentiero di mattoni dorati, attraversarono un fitto e buio bosco fino ad arrivare alla riva di un fiume. Il
Boscaiolo di Latta prese la sua ascia e si mise a fabbricare una zattera per attraversarlo, ma non appena si
misero in acqua si accorsero subito che la corrente del fiume era molto forte. Lo Spaventapasseri ed il
Boscaiolo di Latta cercarono di tenere la zattera dritta con dei lunghi bastoni che facevano da pertiche, per non
farla ribaltare. Ma il povero Spaventapasseri ci mise talmente tanta foga che la sua pertica rimase impigliata nel
fondo fangoso del fiume. Cercò di estrarre il bastone dal fondo fangoso ma non ci riuscì, e siccome lui era fatto
di leggera paglia, rimase appeso alla pertica in mezzo al fiume mentre la zattera gli scivolava via da sotto i
piedi.
– Addio miei cari amici! – gridò lo Spaventapasseri. Gli altri lo guardarono dalla zattera, allarmati ma
impossibilitati a fare qualsiasi cosa, perché la corrente li stava trascinando velocemente via dal punto in cui lo
Spaventapasseri era rimasto impigliato. Lo salutarono tristemente con la mano, cercando di capire come si
sarebbero potuti mettere in salvo. Dopo molto tempo passato in balia della corrente del fiume, e senza nessuna
speranza di riuscire a salvare lo Spaventapasseri, qualcosa balenò nella testa del Leone Codardo.
– Tenetevi stretti alla mia coda! – esclamò, e si gettò nel fiume nuotando con tutta la forza che aveva in corpo
verso riva. La sua idea funzionò. Tutti quanti, ancora spaventati e stanchi morti, si riposarono a riva.
– E adesso che si fa? – chiese il Boscaiolo di Latta.
– In un modo o nell’altro dobbiamo ritrovare la strada per la Città di Smeraldo – disse Dorothy.
– La soluzione migliore è risalire lungo la riva del fiume finché non la troviamo – consigliò il Leone. La
soluzione piacque a tutti quanti e svelti si incamminarono, finché ad un certo punto il Boscaiolo di Latta non
esclamò: – Guardate! Laggiù!
Tutti si girarono e videro lo Spaventapasseri ancora aggrappato alla pertica in mezzo al fiume. Aveva un aria
triste e sconsolata.
– Come possiamo salvarlo? – Chiese Dorothy. Il Leone Codardo e il Boscaiolo di Latta scossero la testa, non ne
avevano idea… Così si misero tutti a sedere sulla sponda del fiume a guardare lo spaventapasseri. Proprio in
quel momento passò sopra di loro una cicogna.
– Chi siete voi? Dove state andando? – Chiese.
– Io sono Dorothy e questi sono i miei amici il Boscaiolo di Latta e il leone Codardo, stiamo andando alla Città
di Smeraldo, ma abbiamo perso il nostro amico Spaventapasseri là in mezzo al fiume…
– Se non fosse così grande e grosso ve lo riporterei io a riva… – rispose la cicogna.
– Ma non è per niente pesante, è molto leggero perché fatto di paglia!
– Io ci provo, ma se è troppo pesante lo lascio cadere nel fiume… – Così la cicogna si avvicinò allo
spaventapasseri, lo prese per le spalle e senza sforzo lo portò fino a riva. Non appena fu a riva lo
Spaventapasseri iniziò a saltare dalla gioia abbracciando tutti quanti – grazie mille signora cicogna! – gridò –
come posso sdebitarmi?!
– Non preoccuparti, aiutare le persone in pericolo è un dovere! Vi auguro un buon viaggio verso la Città di
Smeraldo, il vostro cammino è ancora lungo… – con un forte battito di ali si allontanò e nessuno di loro riuscì a
sentire l’avvertimento che quella non era la strada giusta per la Città di Smeraldo. L’allegra comitiva, ignara di
andare nella direzione sbagliata riprese il viaggio, fino ad arrivare ad un immenso campo pieno di magnifici
papaveri rossi, il loro profumo era intensissimo. Mentre avanzavano nel campo di papaveri, a Dorothy
iniziarono a diventar pesanti le palpebre e dopo poco, non riuscendo a tenere più gli occhi aperti, si
addormentò, come pure il cane Toto ed i Leone Codardo. Tutti caddero in un sonno profondo, tranne lo
Spaventapasseri ed il Boscaiolo di Latta, che non avendo necessità di respirare, non avevano subito l’effetto
sonnifero del profumo dei papaveri. I due si guardarono in faccia – dobbiamo portarli via da questo campo di
papaveri il più in fretta possibile – disse lo Spaventapasseri, così insieme al Boscaiolo di Latta, presero Dorothy
che aveva ancora Toto in braccio e corsero attraverso lo sconfinato campo di papaveri che sembrava non finire
mai. Arrivarono fino alla riva del fiume, dove deposero Dorothy con dolcezza. Poi pensarono a come
trasportare via da lì il Leone Codardo, ma si resero conto che per loro era troppo grosso e pesante, e a
malincuore dovettero lasciarlo in mezzo al campo di papaveri.
– Dobbiamo ritrovare il sentiero di mattoni dorati – disse lo Spaventapasseri.
– Non dovremmo essere lontani, siamo di nuovo al fiume, basterà ripercorrerlo a ritroso – gli rispose il
Boscaiolo di Latta. Proprio in quel momento sentirono un ringhio non lontano, una lince stava inseguendo un
povero topolino; il Boscaiolo di Latta prese la sua ascia e si mise in mezzo proprio tra la lince ed il topolino a
difesa di quest’ultimo. Alla vista di quello strano uomo tutto di metallo, la lince scappò via a gambe levate.
– Non so come ringraziarvi – disse il topolino.
– Figurati! – disse il Boscaiolo di Latta – anche se non ho un cuore sento il bisogno di aiutare chi sta in
pericolo, anche se si tratta di un piccolo topolino.
– Ma io non sono un semplice topolino, io sono la Regina dei Topi di Campagna, e voglio sdebitarmi per il
vostro atto di coraggio – così, richiamò a sé tutta la sua corte di topolini, un centinaio circa, che si inchinarono
di fronte al Boscaiolo di Latta. Allo Spaventapasseri venne un’idea – Regina dei Topi, voi siete centinaia, e noi
abbiamo un nostro amico, un leone, che è rimasto addormentato in mezzo al campo di papaveri, riuscireste a
trasportarlo fin qui? Così vi sdebitereste col Boscaiolo di Latta!
– Un leone?! – gridarono spaventati in coro i topolini – ci mangerà tutti in un sol boccone!
– Oh no, questo è un Leone Codardo, garantiamo noi che non vi farà nulla di male, e poi, ora dorme come un
ghiro… La Regina dei Topi confabulò con i suoi consiglieri, finché non iniziarono ad organizzarsi per andare a
recuperare il leone. Chiesero aiuto al Boscaiolo di Latta e allo Spaventapasseri per costruire un carretto dove
mettere il grosso leone, per poi trasportarlo fin li sulla riva. In men che non si dica il carretto fu pronto, e tutti i
topolini andarono a recuperare il leone, con grandi sforzi lo misero sopra il carretto e lo portarono vicino a
Dorothy e Toto che si stavano lentamente risvegliando. Dopo aver deposto il leone, i topolini corsero via per
paura di essere mangiati. Rimase solo la Regina dei Topi che disse:
– Abbiamo riportato qui il vostro amico, se doveste avere ancora bisogno di noi, non esitate a tornare qui nei
campi a chiamarci, noi accorreremo in vostro aiuto! – e dopo un cenno del capo corse via anche lei in mezzo
all’erba alta. Poi sedettero tutti accanto al Leone Codardo ad aspettare che si svegliasse. Pian piano il leone si
riprese, e il Boscaiolo di Latta e lo Spaventapasseri raccontarono a lui e Dorothy l’incredibile avventura avuta
con i topolini. Ripresero quindi il viaggio verso la Città di Smeraldo, per fortuna riuscirono quasi subito a
ritrovare il sentiero di mattoni dorati. In lontananza iniziavano ad intravedere quella che sembrava proprio la
Città di Smeraldo.
Dopo un lungo cammino, finalmente, raggiunsero le porte della Città di Smeraldo. C’era una piccola campana
da suonare e Dorothy tirò la cordicina. Dopo poco la porta si aprì e si presentò davanti a loro un ometto
piccoletto tutto vestito di verde che li fece entrare in una stanza tutta verde tempestata di sfavillanti smeraldi.
– Cosa vi porta alla Città di Smeraldo? – chiese l’ometto che aveva il ruolo di guardia della città.
– Siamo venuti per incontrare il Grande Mago di Oz – disse Dorothy. La guardia rimase sorpresa dalle parole
della bambina, poi disse – Sono anni che nessuno chiede di disturbare le sagge meditazioni di Oz, lui è un mago
potente e terribile, se si tratta di sciocchezze di sicuro si arrabbierà…
– Ma non si tratta di sciocchezze! – replicò lo Spaventapasseri – sono richieste molto importanti! Vedendo la
convinzione con cui lo Spaventapasseri aveva risposto la guardia decise di condurli all’interno della Città di
Smeraldo, dove tutto era verde: le strade, le case, i vestiti della gente, le caramelle nelle vetrine dei negozi… La
guardia condusse il gruppetto fino al palazzo del Grande Mago di Oz e li fece accomodare in un grande e
sontuoso salone ricoperto di marmi e cristalli verdi.
– Andrò ad annunciare il vostro arrivo al Mago di Oz, aspettate qui il mio ritorno – e la guardia sparì dietro una
porticina. Passò molto tempo prima che la guardia ritornasse, Dorothy, lo Spaventapasseri, il Boscaiolo di Latta
ed il Leone Codardo lo guardarono con il fiato sospeso in attesa che parlasse.
– Oz vi concederà udienza, ma ognuno di voi dovrà presentarsi al suo cospetto da solo e in giorni differenti per
non stancarlo troppo. Vi mostro le stanze dove potrete attendere la sua chiamata – E li condusse ognuno in una
stanza diversa – Ecco, fate come foste a casa vostra, qui potrete riposarvi dalle fatiche del viaggio e domani
mattina verrà chiamato uno di voi per incontrare il Grande Oz – detto questo la guardia sparì. Tutti quanti
riposarono e dormirono profondamente quella notte. Il mattino seguente, una ragazza tutta vestita di verde
svegliò Dorothy per condurla dal Grande Mago di Oz. Attraversarono lunghi corridoi, sale e saloni, fino ad
arrivare ad una porticina con un soldato a farvi da guardia. Poco dopo la porticina si aprì, e Dorothy entrò nella
grande sala del Mago di Oz. Era grandissima e tonda, tutta illuminata dalla luce che colpiva gli smeraldi verdi.
Al centro della stanza stava un enorme trono di marmo verde, con al di sopra una enorme testa fluttuante che la
fissava intensamente negli occhi.
– Io sono Oz, il grande e terribile. Tu chi sei e perché vuoi parlarmi? – la voce profonda ma per niente terribile,
riempì la stanza.
– Io sono Dorothy, e sono qui per chiederti aiuto. Sono arrivata qui per colpa di un tornado che ha fatto volare
via la mia casa, che poi è atterrata sulla testa della Strega Cattiva dell’Est, e purtroppo l’ho uccisa, ma non
volevo… Sono qui a chiedervi di farmi tornare a casa dai miei zii, nel Kansas. L’enorme testa la guardò severa,
poi parlò:
– Dove hai preso quelle scarpette d’argento? E il segno che hai sulla fronte?
– Le scarpette le ho prese alla Strega Cattiva dell’Est, il bacio in fronte me l’ha dato la Strega Buona del Nord
per proteggermi. La testa gigante rimase a lungo silenziosa, infine disse:
– Se vuoi che io ti aiuti a tornare a casa dai tuoi zii, tu in cambio devi fare qualcosa per me: uccidere la Strega
Cattiva dell’Ovest.
– Ma non posso! – urlò Dorothy sconcertata – non ho ucciso di proposito la Strega Cattiva dell’Est! – e si mise
a piangere e singhiozzare.
– Così ho deciso! Finchè la Strega Cattiva dell’Ovest non sarà morta non ripresentarti al mio cospetto, e ora và
– rispose con voce accesa il Grande Mago di Oz. Dorothy uscì dalla stanza triste e sconfortata, e andò a
piangere nella sua stanza. Il mattino seguente fu il turno dello Spaventapasseri incontrare il Mago di Oz.
Quando entrò nella grande sala si ritrovò davanti una bellissima fata che stava seduta sul trono.
– Io sono Oz, il grande e terribile. Tu chi sei e perché vuoi parlarmi? – la voce dolce e delicata della fata si udì a
malapena nella stanza.
– Sono uno Spaventapasseri imbottito di paglia, e sono venuto qui a chiedervi un cervello per poter essere più
intelligente.
– Posso esaudire il tuo desiderio solo se anche tu farai qualcosa in cambio per me: uccidere la Strega Cattiva
dell’Ovest – furono le ultime parole della dama. Anche lo Spaventapasseri uscì triste e demoralizzato dalla sala
per poi rinchiudersi nella sua stanza a meditare sul da farsi. Toccò quindi al Boscaiolo di Latta che si trovò
davanti seduta sul grande trono una belva feroce, con testa di rinoceronte, corpo di elefante, cinque braccia e
cinque gambe.
– Io sono Oz, il grande e terribile. Tu chi sei e perché vuoi parlarmi? – la voce potente come un ruggito
riecheggiò per tutta la sala.
– Sono un boscaiolo e sono fatto di latta, perciò mi manca un cuore che sono venuto a chiedervi in dono – disse
con un po’ di timore.
– Se davvero desideri un cuore devi guadagnartelo: devi uccidere la Strega Cattiva dell’Ovest – ruggì la belva.
Il Boscaiolo di Latta tornò mogio mogio nella sua stanza, deluso e triste. Infine toccò al Leone Codardo,
quando entrò nella sala del Mago di Oz di fronte a sé si ritrovò una enorme palla infuocata talmente splendente
che quasi accecava.
– Io sono Oz, il grande e terribile. Tu chi sei e perché vuoi parlarmi? – la voce bassa e calma si diffuse per tutta
la sala.
– Sono il Leone Codardo e manco di coraggio, sono qui a chiedervi di infondermelo per diventare davvero il Re
della Foresta – disse tremante di paura. La palla di fuoco si accese ancora di più – se vuoi che ti infonda il
coraggio, tu devi fare qualcosa per me: uccidere la Strega Cattiva dell’Ovest – rispose diventando ancora più
splendente e calda. Il Leone, sconfortato uscì dalla sala, e si ritrovò finalmente con i suoi amici. Si
confrontarono sul fatto che nessuno di loro aveva visto il Mago di Oz con le stesse sembianze e conclusero che
doveva essere proprio un grande mago per potersi trasformare in tutti quei modi.
– E ora cosa facciamo? – chiese Dorothy tutta triste.
– Non abbiamo scelta, dobbiamo andare a uccidere la Strega Cattiva dell’Ovest… – disse il leone. Tutti, a
malincuore, furono d’accordo. Si rimisero quindi in viaggio il mattino seguente.
La compagnia quindi uscì dalle mura della Città di Smeraldo, e chiese alla guardia che li aveva accolti qualche
giorno prima quale fosse la strada da seguire.
– Non c’è nessuna strada, nessuno vuole andare nel regno della Strega Cattiva dell’Ovest…
– Ma allora come facciamo a trovarla?! – chiese Dorothy.
– Non preoccupatevi, non appena arriverete nel paese dei Winkie sarà lei a trovarvi per farvi diventare suoi
schiavi… comunque dirigetevi verso ovest, dove tramonta il sole, e la troverete di sicuro. Dorothy e gli altri
salutarono e iniziarono la loro marcia verso ovest intimoriti dalle parole della guardia, ma determinati a portare
a termine la loro missione. Man mano che si allontanavano dalla Città di Smeraldo il terreno si faceva sempre
più brullo ed impervio e non c’erano né case né fattorie nei territori dell’ovest. Non c’era nulla che non fossero
pietre e terra bruciata dal sole. Con facilità, quindi, qualcuno da molto lontano si accorse di loro. Era la Strega
Cattiva dell’Ovest, a cui era rimasto un occhio solo, ma potente come un telescopio, e dalla torre del suo
palazzo si era subito accorta che degli stranieri stavano attraversando i suoi aridi e desolati territori. La strega
andò su tutte le furie. Vide che tra quegli stranieri vi era pure un grande e possente leone, quindi senza indugio
prese la magica Cuffia d’Oro e la indossò sulla testa. La Cuffia d’Oro era incantata e permetteva di richiamare
le fortissime Scimmie Alate che avrebbero obbedito a tre desideri che il proprietario della cuffia avesse
impartito loro. Due di questi desideri erano già stati usati, ne restava soltanto uno e la Strega Cattiva dell’Ovest
decise di usarlo. La strega pronunciò la formula magica «Zizzi, Zuzzi, Zik!» a squarciagola. Quasi
immediatamente il cielo si oscurò e si udì il rombo di un tuono, in un attimo arrivarono le Scimmie Alate, il
loro Re si avvicinò inchinandosi alla Strega.
– Cosa ci comandate Strega Cattiva dell’Ovest? – disse il Re delle Scimmie Alate.
– Annientate quegli stranieri che stanno attraversando le mie terre, ma non toccate il leone, lo voglio nel mio
zoo! – gridò con forza la Strega.
– I tuoi ordini saranno eseguiti, ma ricordati mia strega, questo è il tuo ultimo desiderio, dopo di che saremo
liberi dai tuoi comandi – detto questo il Re volò via insieme a tutte le sue scimmie fino a raggiungere Dorothy e
gli altri, che ancora non immaginavano cosa sarebbe successo loro. Alcune scimmie presero il Boscaiolo di
Latta, lo sollevarono in aria e lo trasportarono fino ad un crepaccio pieno di rocce aguzze, dove lo lasciarono
andare a schiantarsi e ammaccare tutto. Altre agguantarono lo Spaventapasseri e con le loro veloci manine
estrassero tutta la paglia dai vestiti, la sparsero sul terreno e appesero quel poco che rimaneva di quegli
indumenti ad un ramo di un albero. Un altro gruppo di scimmie gettò delle corde attorno al leone, legandolo e
catturandolo. Con enorme sforzo lo sollevarono e lo trascinarono al palazzo della Strega. Dorothy era rimasta
immobile, come pietrificata, con Toto tra le braccia, a guardare con gli occhi pieni di lacrime il destino dei suoi
poveri compagni. Il Re delle Scimmie Alate in persona volle occuparsi di lei, e la stava già per colpire quando
si accorse del luminoso bacio della Strega Buona del Nord sulla sua fronte, allora si fermò e non le torse un
capello. Ordinò alle sue scimmie di prenderla dolcemente tra le braccia e ti trasportarla dalla Strega senza farle
alcun male. Quando furono al palazzo il Re delle Scimmie Alate disse:
– Strega Cattiva dell’Ovest, abbiamo esaudito i tuoi desideri, ma alla bambina non abbiamo potuto far nulla
perché è protetta dal bacio della Strega Buona del Nord. Con questo ultimo favore noi ti salutiamo, addio! – E
tutte le Scimmie alate sparirono volando lontano nel cielo. La Strega Cattiva guardò Dorothy, il bacio stampato
sulla sua fronte e le scarpette argentate, e si preoccupò molto. Pensò all’incantesimo custodito dalle scarpette,
ma sapeva che non poteva toccare la bambina nemmeno con un dito. Avrebbe comunque dovuto tenerla
d’occhio giorno e notte.
– Bene! – disse infine la Strega – tu diventerai la mia serva personale! – e la portò in cucina dove le disse di
lavare e sistemare tutte le stoviglie e le pentole. Dorothy, mesta e triste ma sollevata per non essere stata uccisa
dalla Strega, iniziò a lavorare sodo. Iniziò così un lungo periodo in cui Dorothy tutti i giorni doveva obbedire ad
ogni singolo ordine della Strega Cattiva dell’Ovest, mentre la sera, di nascosto andava a scambiare due
chiacchiere col suo amico Leone che era stato rinchiuso in una gabbia. La Strega Cattiva dell’Ovest voleva
impossessarsi a tutti i costi delle scarpette di Dorothy, ma la bambina le indossava anche quando dormiva, le
toglieva solo quando faceva il bagno. Alla Strega Cattiva dell’Ovest però l’acqua faceva paura, di più, ne era
terrorizzata e quindi non si avvicinava mai a Dorothy per rubarle le scarpette quando lei faceva il bagno. Un
giorno alla Strega Cattiva dell’Ovest venne in mente uno stratagemma, prese una sbarra di ferro e la rese
invisibile, poi la poggiò sul pavimento della cucina e attese che Dorothy vi inciampasse. Dorothy cadde a terra,
e nella caduta una delle scarpette le si sfilò dal piede. La Strega subito se ne impossessò.
– Ridatemi la scarpa! – gridò subito Dorothy.
– Nemmeno per sogno! – sghignazzò ridendo la Strega – e prima o poi mi prenderò anche l’altra! Ah! Ah! Ah!
A quelle parole Dorothy si arrabbiò così tanto che prese un secchio pieno d’acqua e glielo rovesciò tutto
addosso. La strega, colpita dall’acqua, lanciò un urlo terribile – Mi sto sciogliendooooo – gridò, e pochi minuti
dopo la Strega era ormai evaporata e sparita come per magia. L’acqua era l’unica cosa che poteva uccidere la
Strega Cattiva dell’Ovest. Dorothy, ancora sorpresa per aver sconfitto la Strega, si rimise la scarpetta d’argento
e corse a liberare il suo amico Leone dalla gabbia. Poi andarono insieme dal popolo dei Winkie, spiegarono loro
che la Strega Cattiva dell’Ovest ormai non esisteva più e che erano finalmente liberi. I Winkie festeggiarono, e
chiesero a Dorothy come poterla ringraziare per averli finalmente liberati dalla schiavitù.
– Potreste aiutarci a ritrovare i nostri amici Spaventapasseri e Boscaiolo di Latta! – disse la bambina, così si
organizzarono delle squadre di soccorso. Dopo mezza giornata di ricerche ritrovarono il Boscaiolo di Latta,
tutto ammaccato, lo presero e lo riportarono al paese dei Winkie.
Lì i fabbri del paese iniziarono a riparare e lucidare tutte le parti del Boscaiolo, quando misero a posto anche la
bocca finalmente riuscì a dire un sonoro ”Grazie!”. Organizzarono quindi le ricerche anche dello
Spaventapasseri. Arrivarono fino all’albero dove erano stati appesi i vestiti, li raccolsero e una volta tornati al
paese dei Winkie li riempirono tutti con paglia fresca e pulita, facendolo tornare più bello di prima. Finalmente
Dorothy, lo Spaventapasseri, il Boscaiolo di Latta, il Leone Codardo e il cagnolino Toto erano riuniti, e fu gran
festa.
– Dobbiamo tornare dal Mago di Oz per dirgli che la Strega Cattiva dell’Ovest è stata battuta e chiedergli di
mantenere le promesse! – disse Dorothy. Il giorno dopo, durante i preparativi per il viaggio, mentre prendeva
un po’ di cibo dalla dispensa, Dorothy notò la Cuffia d’Oro, se la provò e vide che le stava a pennello, così
decise di portarla con sé. Poi partirono alla volta della Città di Smeraldo.
Non c’erano strade per la Città di Smeraldo, sapevano solo che dovevano andare verso est, ma arrivò sera e
ancora della città non c’era l’ombra. Quando erano attaccati dalle scimmie alate, avevano volato velocissimi
sopra i campi, adesso a piedi era tutto molto più complicato. Il giorno dopo il gruppo si consultò sul da farsi.
– Secondo me ci siamo persi – disse lo Spaventapasseri.
– Così non raggiungeremo mai la Città di Smeraldo e io non avrò mai un cuore – disse il Boscaiolo di Latta.
– E io il mio coraggio – aggiunse il Leone.
– E se chiamassimo i Topi di Campagna? – propose Dorothy. Così fecero e dopo poco li raggiunse la Regina
dei Topi di Campagna – Cosa posso fare per voi, miei amici? – chiese.
– Ci potresti indicare la direzione per la Città di Smeraldo? – disse Dorothy.
– Certo! Ma è molto lontana da qui, stavate andando nella direzione sbagliata… – poi notando la cuffia d’oro
indossata dalla bambina, la Regina aggiunse – ma perché non chiamate le Scimmie Alate?
– E come si fa? – chiese Dorothy.
– Basta usare l’incantesimo della Cuffia d’Oro, la formula magica è scritta all’interno.
– Non sapevo fosse magica! – esclamò. Dorothy si tolse la cuffia e lesse la formula magica ad alta voce, in
pochi minuti la banda delle Scimmie Alate era tutta davanti a loro.
– Cosa comanda mia signora? – chiese il Re delle Scimmie Alate con un inchino.
– Vogliamo tornare alla Città di Smeraldo – disse Dorothy – e abbiamo smarrito la strada!
– Vi portiamo noi – e girandosi verso le Scimmie Alate il Re comandò loro di prenderli e portarli alla Città di
Smeraldo. Così lo presero sulle loro spalle e iniziarono a volare per i campi spogli e desolati delle terre
dell’ovest. In poco tempo arrivarono alla Città di Smeraldo, dove le Scimmie Alate li deposero con dolcezza.
– Ricordati che hai ancora a disposizione solo due comandi da impartire a noi Scimmie Alate – disse il Re a
Dorothy prima di volare via con tutta la sua banda. Il guardiano della porta, stupito nel vederli tornare tutti sani
e salvi, li fece entrare nella città.
– Abbiamo ucciso la Strega Cattiva dell’Ovest, adesso il Mago di Oz ci deve ricevere ed esaudire le nostre
richieste – disse Dorothy alla guardia, che subito corse da Oz ad avvertirlo. Tutti si aspettavano di essere
ricevuti immediatamente dal mago e anche in modo trionfale, ma così non fu. Anzi, furono fatti di nuovo
accomodare nelle loro stanze e fatti aspettare, aspettare e aspettare. I giorni passavano ma nulla accadeva. Alla
fine, spazientiti, Dorothy e gli altri fecero recapitare un massaggio a Oz in cui dicevano che se non li avesse
subito ricevuti, avrebbero chiamato in loro aiuto le Scimmie Alate. Oz dopo aver ricevuto quel messaggio li
convocò al suo cospetto per il mattino seguente. Quando finalmente furono portati nella grande sala di Oz,
ognuno di loro si aspettava di vedere il mago sotto le sembianze con cui lo aveva visto prima di partire. E
invece con gran sorpresa di tutti, nella stanza sopra il trono, non c’era nessuno. Ad un tratto sentirono una voce
che proveniva da un punto indistinto della grande sala.
– Io sono Oz, il grande e terribile, perché mi cercate?
– Abbiamo Eliminato la Strega Cattiva dell’Ovest e siamo venuti a chiedervi di mantenere le vostre promesse –
disse Dorothy.
– Quali promesse? – rispose Oz.
– A me avete promesso di riportarmi a casa nel Kansas! – disse con fermezza la bambina.
– E a me avete promesso un cervello! – aggiunse lo Spaventapasseri.
– E a me avete promesso un cuore! – continuò il Boscaiolo di Latta.
– E a me avete promesso di darmi il coraggio! – concluse ruggendo il Leone Codardo. Nella sala ci fu silenzio.
– Tornate domani, ho bisogno di riflettere – disse Oz.
– No! Non aspetteremo un minuto di più! – urlò Dorothy. A quel punto il Leone ruggì così forte che per lo
spavento il cagnolino Toto fece un balzo e andò a nascondersi dietro un paravento che stava proprio lì accanto.
Il paravento cadde, e dietro stava nascosto un vecchino calvo e pieno di rughe.
– Chi sei tu?! – disse il Boscaiolo di Latte che con l’ascia pronta a colpire gli fu subito addosso.
– io sono Oz, il grande e terribile… ma ti prego non farmi del male… farò tutto quello che volete… Tutti quanti
lo guardarono sbalorditi e sorpresi – adesso spiegaci tutto – dissero. Oz chinò il capo e iniziò a raccontare.
– Non sono un mago, sono un illusionista e lavoravo per il circo. Un giorno durante uno dei miei spettacoli in
mongolfiera, la fune che la teneva legata a terra si spezzò, e io volai e volai lontano, fino ad atterrare qui a Oz.
Gli abitanti del posto, vedendomi arrivare dal cielo credettero subito che io fossi un potente mago e quindi mi
proclamarono re per poterli difendere dalle Streghe Cattive.
– Ma quindi sei un impostore! – disse Dorothy.
– Si, sono un impostore… – rispose a capo chino Oz mentre sul loro volto si dipingeva la delusione – ma non
abbiate paura, recito la parte del mago da così tanti anni, che forse posso ancora aiutarvi. Negli occhi di
Dorothy e gli altri si riaccese la speranza.
– Se manterrete il segreto sulla mia identità, venite qui domani mattina, ed esaudirò i vostri desideri. Così il
mattino dopo si ripresentarono tutti quanti nella grande sala davanti ad un Mago di Oz pensoso e silenzioso.
– Sono qui per il mio cervello – disse lo Spaventapasseri.
– Per darti un cervello dovrò levarti la testa – disse con solennità teatrale Oz. E così tolse la sua testa, levò un
poco di paglia e prese da una scatoletta un po’ di crusca e una manciata di chiodi con cui la riempì. Rimise a
posto la paglia e riattaccò con cura la testa al corpo dello Spaventapasseri.
– D’ora in poi sarai un grande uomo, perché ti ho dato un cervello pieno di acume! – esclamò Oz. Lo
Spaventapasseri, felice ed orgoglioso del suo nuovo cervello, ringraziò di cuore il Mago.
– Ora è il mio turno! Sono venuto a prendermi un cuore! – disse il Boscaiolo di Latta.
– Siediti, dovrò fare un buco nel tuo petto per metterci un cuore – gli rispose Oz indicandogli una sedia su cui
sedersi. Oz prese un paio di cesoie e fece un foro nel petto di latta del Boscaiolo, poi frugò in una borsa e ne tirò
fuori un cuore di pezza che sistemò con cura al suo interno, infine richiuse tutto al meglio che poteva.
– Ecco fatto! Adesso hai un cuore di cui qualunque uomo andrebbe fiero. – disse Oz mentre il Boscaiolo non
finiva più di ringraziarlo. Venne il turno del Leone Codardo – sono qui per il coraggio! – disse.
– Vado subito a prenderlo, aspetta un attimo – gli rispose Oz, che aprì un armadio e ne estrasse una bottiglietta
che porse al Leone – bevila – gli disse, e il Leone bevve tutto il contenuto.
– Ora sei pieno di coraggio – aggiunse Oz, e il Leone ruggì forte sentendo il nuovo coraggio che si stava
infondendo in lui. Infine toccò a Dorothy – ora devi farmi tornare nel Kansas – disse a Oz. Il Mago di Oz
sorrise, le prese la mano e la accompagnò alla finestra, dicendole di guardare fuori. Sul piazzale di fronte al
palazzo stava gonfiata una enorme mongolfiera.
– Quella è la mongolfiera che mi ha portato qui al paese di Oz, ora sono stanco di far finta di essere un grande
mago e voglio tornare a casa, come te, quindi oggi stesso partiremo!
Dorothy saltò dalla felicità insieme a Toto. Oz la accompagnò fino alla mongolfiera e iniziò i preparativi per la
partenza al viaggio slegando le grosse funi che tenevano la mongolfiera ancorata al suolo, poi salì nella cesta
salutando i suoi sudditi.
– Sto andando a trovare un grande mago che abita tra le nuvole – disse loro – fino al mio ritorno sarà il saggio
Spaventapasseri a governarvi! – tra gli applausi della gente, lo Spaventapasseri gonfiò il petto d’orgoglio per
l’incarico ricevuto. Intanto la mongolfiera iniziava a staccarsi dal suolo. Le grida di gioia della gente furono
così forti che Toto per la paura scappò via dalle braccia di Dorothy nascondendosi. La bambina che proprio in
quel momento stava salendo nella cesta della mongolfiera corse subito a cercare il cagnolino.
– La mongolfiera sta per partire Dorothy! – le urlò Oz. Proprio in quel momento una folata di vento iniziò a
spingere la mongolfiera che si staccò definitivamente dal suolo e iniziò piano piano l’ascesa verso le nuvole.
Dorothy riacciuffò Toto e guardò verso la mongolfiera – torna indietro! Voglio venire anche io! – strillò la
bambina.
– Non posso mia cara… Addio! – gridò di rimando Oz mentre si faceva piccolo piccolo nell’azzurro cielo. Fu
l’ultima volta che videro il Mago di Oz.
Dorothy, vedendo ogni sua speranza di ritornare a casa dagli zii sfumare, si mise a piangere disperata. Tutti
corsero a consolarla. Quando si fu calmata, lo Spaventapasseri cercando di rincuorarla le disse che avrebbero
potuto vivere tutti felice assieme lì a Oz, e che non le sarebbe mai mancato nulla.
– Ma io voglio tornare nel Kansas dai miei zii – piagnucolò ancora Dorothy. Ci fu silenzio per un lungo
momento, poi lo Spaventapasseri riprese la parola dicendo:
– Perché non chiami le Scimmie Alate e non chiedi loro di portarti nel Kansas?
Così fece Dorothy, e le Scimmie Alate arrivarono in un battibaleno, ma alla richiesta della bambina il Re delle
Scimmie dovette scuotere il capo.
– Purtroppo non possiamo, noi apparteniamo solo a questo magico paese, e non abbiamo possibilità di andare
dove tu ci chiedi. Arrivederci mia signora… – e volarono via lasciando ancor più triste sconsolata e Dorothy,
pensando che aveva pure sprecato il secondo dei tre desideri della Cuffia d’Oro per niente. Lo Spaventapasseri
nel frattempo si era rimesso a pensare e pensare, finchè chiamò la guardia della Città di Smeraldo e gli chiese:
– Dorothy deve tornare a casa nel Kansas, conosci qualcuno che può aiutarla?
– Forse Glinda, la Strega Buona del Sud… – rispose la guardia – è una potente maga e regna sul popolo dei
Quadling, il suo castello è al limite del deserto, forse lei vi può dire come attraversarlo.
– Come posso raggiungerla? – chiese Dorothy.
– Basta andare verso sud – e salutando, la guardia se ne andò. Dorothy era pronta a partire, ma con gran
sorpresa si accorse che anche tutti gli altri lo erano!
– Noi veniamo con te! – dissero in coro lo Spaventapasseri, il Boscaiolo di Latta e il Leone. E così partirono. Il
viaggio fu tranquillo e sereno, finché non si ritrovarono in una fitta foresta piena di alberi secolari.
– Che luogo magnifico! – esclamò il leone – è proprio il posto dove vorrei passare il resto dei miei giorni! Dopo
pochi passi si ritrovarono in una radura dove un rumore forte e cupo li colse d’improvviso. Centinaia di animali
feroci di ogni tipo erano lì radunati: tigri, orsi, lupi e molti altri, Dorothy ebbe molta paura. Ma il Leone,
sentendo i latrati degli animali li tranquillizzò, e spiegò loro che erano in assemblea per discutere di un pericolo
tremendo. Il Leone si avvicinò loro per capire meglio cosa stesse succedendo, tutti gli animali nel vederlo
arrivare si inchinarono.
– Benvenuto Re degli animali! – esclamò una tigre.
– Cosa succede, vi vedo preoccupati – rispose il Leone.
– E’ così, una creatura orribile ci sta minacciando, si tratta di un ragno gigante che sta seminando terrore in tutta
la foresta… – continuò la tigre.
– Ma non ci sono leoni a difendervi? – proseguì il Leone.
– Si c’erano ma sono stati tutti mangiati dal ragno. – disse la tigre.
– Allora, se mi farete diventare il vostro re, io ucciderò il ragno!
Tutti gli animali radunati gridarono di gioia acclamando il Leone che poco dopo partì alla caccia del ragno. Non
ci mise molto, lo trovò mentre stava dormendo sonoramente e, con una zampata ben assestata lo eliminò.
Quando ritornò nella radura fu portato in trionfo per tutta la foresta. Tutti gli animali si inchinarono al suo
cospetto e lo proclamarono Re della foresta. Il leone promise che sarebbe tornato presto, prima doveva
mantenere la promessa di accompagnare Dorothy fin dalla Strega Buona del Sud, così ripartirono tutti insieme.
Purtroppo, dopo qualche ora di cammino, si trovarono davanti ad un muro altissimo ed invalicabile, che
sembrava non avere confini.
– E adesso come facciamo a scavalcare questo muro? Il castello della Strega Buona del Sud deve essere giusto
dall’altra parte… – disse Dorothy.
– Perché non chiami le Scimmie Alate per farci trasportare dall’altra parte? – chiese il Boscaiolo di Latta.
– Buona idea! – Dorothy si mise la Cuffia d’Oro in testa, pronunciò la formula magica e in un attimo le
scimmie furono lì da loro – portateci dall’altra parte del muro! – chiese la bambina.
– Sarà fatto! – disse il Re delle Scimmie, così li presero e li trasportarono dall’altra parte del muro, dove
finalmente si poteva vedere il castello della Strega Buona del Sud – questa era l’ultima volta che potevi
chiamarci, ti auguriamo buona fortuna, addio! – disse il Re prima di sparire definitivamente nel cielo con tutta
la sua banda. Non molto lontano, davanti a loro si stagliava il castello di Glinda, la Strega Buona del Sud. Felici
per aver raggiunto finalmente la meta si avviarono di buon passo. Arrivati sotto le mura del castello furono
accolti da una guardia che dopo aver ascoltato la loro storia li fece accomodare in una stanza in attesa di essere
accolti dalla Strega. La guardia ritornò presto e li accompagnò alla grande sala di Glinda. Entrarono e
finalmente videro la Strega che li accolse con un sorriso.
– Cosa posso fare per te bambina mia? – disse con un tono gentile e premuroso. Dorothy le raccontò tutta la sua
storia, dal tornado fino alla mongolfiera di Oz, infine disse:
– Sono qui a chiederle se può aiutarmi a tornare a casa dai miei zii, nel Kansas.
– Posso aiutarti bimba mia, ma in cambio devi darmi la Cuffia d’Oro – disse Glinda.
– Certamente! Tanto ormai a me non serve più… – Dorothy gliela porse, e la Strega la guardò brillare fra le sue
mani.
– Penso che avrò bisogno dei servigi delle Scimmie Alate per le tre volte che mi sarà concesso – disse Glinda –
una per riportare lo Spaventapasseri a Oz, dove dovrà regnare con saggezza, una per portare il Boscaiolo di
Latta nei regni dell’ovest, dove i Munchkin aspettano una persona che li possa governare con cuore e l’ultima
per riportare il Leone nella sua amata foresta. Tutti, sentendo queste parole furono immensamente felici, Glinda
era proprio una strega buona. Poi Dorothy chiese – Ma io come faccio a ritornare a casa dei miei zii?
La strega sorrise – Bimba mia, tu sei completamente all’oscuro degli straordinari poteri racchiusi nelle tue
scarpette d’argento, saranno loro a riportarti a casa, oltre il deserto. Dorothy rimase stupita, avrebbe potuto
ritornare subito a casa e non lo sapeva! Però a ripensarci non avrebbe vissuto una fantastica avventura assieme
allo Spaventapasseri, il Boscaiolo di Latta e il Leone Codardo. Poi guardò la Strega in cerca di spiegazioni.
– Non devi far altro che battere tre volte i tacchi e comandare di essere portata ovunque tu desideri – disse
Glinda. Dorothy guardò le scarpette, poi guardò i suoi compagni di avventure e li abbracciò affettuosamente
uno per uno. Poi prese un grosso respiro e batté tre volte i tacchi delle scarpette d’argento. In quel momento
d’istinto chiuse gli occhi stringendo forte al petto Toto, e chiese con un filo di voce di essere riportata a casa,
nel Kansas. Per un momento ebbe paura di riaprirli e avere di nuovo la delusione di essere ancora a Oz con lo
Spaventapasseri, il Boscaiolo di Latta ed il Leone. Ma zia Em era lì davanti a lei e le corse incontro a braccia
aperte. Finalmente era tornata a casa.
Fine della fiaba

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