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Ammine: L'azoto Organico
Ammine: L'azoto Organico
Le ammine sono composti largamente diffusi in natura: la maggior parte delle piante sintetizza ammine
complesse, chiamate alcaloidi, molte delle quali hanno proprietà tossiche oppure fisiologiche. Ne sono un
esempio la morfina e la chinina, che sono state isolate e utilizzate dall’uomo, la prima come antidolorifico e
la seconda come farmaco antimalarico; la nicotina, componente fondamentale del tabacco, è un alcaloide
impiegato per la sua tossicità come insetticida. La serotonina e l’acetilcolina sono semplici ammine che nel
nostro organismo hanno una funzione fondamentale come neurotrasmettitore.
I più semplici composti del carbonio contenenti anche azoto sono le ammine.
Le ammine si possono considerare derivate dell’ammoniaca (NH 3) per sostituzione di
uno o più atomi di idrogeno con altrettanti gruppi alchilici o arilici.
Nelle ammine, l’azoto, ibridizzato sp3, utilizza tre orbitali per legarsi all’idrogeno o a
gruppi idrocarburici, mentre nel quarto ospita la sua coppia di non legame.
Ne risulta una struttura piramidale trigonale (analoga a quella dell’ammoniaca) con
angoli di legame di poco inferiori a quelli del metano (107,3°).
Il nome delle ammine primarie, secondo la nomenclatura IUPAC, è composto dal nome della catena
idrocarburica legata all'atomo di azoto aggiungendo come prefisso il termine -ammino.
A partire dal termine con tre atomi di carbonio è necessario indicare la posizione del gruppo funzionale,
poiché si verifica isomeria di posizione. La catena è numerata a partire dall'atomo più vicino al gruppo
amminico e il numero della posizione è indicato prima del nome.
Per le ammine alifatiche secondarie e terziarie si assegna il nome, come quelle primarie, alla catena
idrocarburica più lunga presente. Gli altri gruppi alchilici presenti sono indicati prima del nome preceduti
dalla lettera N, a indicare la sostituzione degli atomi di idrogeno sull’azoto:
La nomenclatura delle ammine aromatiche fa riferimento all’anilina. L’anilina è l’ammina aromatica più
semplice, ossia l’amminobenzene, nota materia prima per la produzione di numerosi coloranti sintetici. La
preparazione del primo colorante sintetico, la malveina (nota anche come violetto di Perkin), fu realizzata
casualmente dal giovane chimico inglese William Perkin nel 1856, durante le sue ricerche sulle sintesi della
chinina, utile a combattere la malaria che aveva prodotto molte vittime fra le truppe delle colonie inglesi.
Per dare il nome alle ammine aromatiche si sceglie come sostituente in posizione 1 il gruppo ammino e si
numera la posizione degli altri sostituenti seguendo le regole enunciate per la nomenclatura dei composti
aromatici:
La nomenclatura IUPAC è molto complessa: al suo posto è possibile utilizzare la nomenclatura sistematica
della rivista specializzata Chemical Abstracts, indicata pertanto come “nomenclatura CA”. In base a essa, le
ammine alifatiche vengono considerate come derivati dell’alcano a catena più lunga e chiamate
alcanammine, indicando la posizione dell’azoto se diversa da 1.
Altri eventuali radicali sono considerati come sostituenti del gruppo amminico —NH 2 e indicati con il loro
nome preceduto dal simbolo N dell’azoto, come per ammine alifatiche secondarie e terziarie.
Per semplicità, le ammine aromatiche sono considerate derivati dell’anilina (“benzenammina” nella
nomenclatura sistematica).
Un altro modo è con le immine prodotte per reazione tra un composto carbonilico e l’ammoniaca se si
effettua una riduzione con idrogeno e si utilizza un catalizzatore:
La reazione nel suo insieme è detta amminazione riduttiva dei composti carbonilici. La riduzione, effettuata
con LiAlH4 oppure idrogeno e catalizzatore, è un buon metodo per ottenere ammine anche da ammidi e
nitrili:
Per esempio:
Le ammine alifatiche sono leggermente più basiche dell’ammoniaca grazie ai gruppi alchilici (e perché
esercitazione effeto +I verso l’azoto) che sostituiscono gli atomi di idrogeno sull’azoto. Viceversa, le
ammine aromatiche lo sono meno, poiché gli anelli fenilici prendono su di sé, per effetto mesomerico, la
coppia dell’azoto. Il numero dei sostituenti, inoltre, contribuisce a rendere più o meno difficile l’accesso al
doppietto elettronico e la solvatazione da parte dell’acqua del catione positivo ottenuto. Ecco perché
un’ammina terziaria alifatica, pur se arricchita di elettroni da tre gruppi alchilici, è meno basica di una
secondaria.
Ammine comuni
Le ammine più importanti sono:
metilammina: gas incolore, infiammabile, fortemente caustico; viene prodotta a partire dal
metanolo per reazione con ammoniaca in presenza di catalizzatori; si usa come prodotto
intermedio per la preparazione di coloranti, prodotti farmaceutici e antiparassitari;
monoetanolammina (MEA, nome IUPAC 2-amminoetanolo): contiene contemporaneamente la
funzione amminica e quella alcolica che la rendono completamente solubile in acqua; la sua
basicità la rende adatta all’allontanamento di sostanze acide come H 2S presenti nel gas naturale e
per questo è usata in impianti pilota per la cattura della CO 2 dai fumi di combustione;
etilendiammina (nome IUPAC 1,2-diamminoetano): un liquido incolore infiammabile e velenoso che
reagisce facilmente con CO2; viene utilizzata per la produzione di fungicidi e come additivo nella
produzione di materie plastiche;
anilina, isolata per la prima volta durante la decomposizione termica del colorante naturale indaco
(in portoghese anil): è un liquido incolore, oleoso, fortemente igroscopico (sostanza capace di
assorbire l'acqua presente); è molto tossica e può essere assorbita attraverso la pelle o per
inalazione; è un importante intermedio per la produzione di colori e polimeri;
benzalconio cloruro: miscela di sali di ammonio quaternario, usata come tensioattivo cationico (sali
di cui è importante la parte positiva, costituita da lunghe catene di atomi di carbonio terminanti con
un gruppo ammonico quaternario) e, grazie alla parte positiva della sua molecola polare, come
ammorbidente e battericida.