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Possedere Ja natura paula Findlen Intorno alla fine degli anni Settanta del secolo xv1, nell’introdu- sone allultima edizione della sua grande opera di commento ¢ traduzione del De materia medica di Dioscoride, la pitt ampia farmacopea dell’antichita e uno dei cardini della storia naturale del Rinascimento, il medico Pier Andrea Mattioli (1500-1577) descrisse un nuovo tipo di attivita che aveva cominciato a osser- are tra i naturalisti della nuova generazione: Ne lasciatd di dire, che di lode immortali sono degni alcuni altri huomini virtuosi, & singulari de i tempi nostti, i quali nelle case loro hanno fabricato alcuni repositori, dove, come in un teatro con bellissimo ordine vi si veggano raccolte, non solamente le nigliaia delle piante vive secche, & con diligentissima sottilita distese sopra i fogli bia[n]chi de i libri [...]. Ne lasciard di dire delli animali, piu notabili, & miracolosi, che sieno fra le piu notabili cose della natura, [...] che con arte maravigliosa, vi si veggono conservati come se fussero vivi.* Come lo stesso Mattioli opportunamente osserv: effettivamente trasfor- sione di raccogliere oggetti naturali aveva mato la storia naturale come disciplina, intorno alla met’ del secolo xvr. Invece di viaggiare e girare il mondo per vedere Ja rava, la deci- * Pietto Andrea Mattioli, I discorsi di M. Pietro Andrea Mattioli, Venezia, 1581, sig. **5y-"*6r, Si tratta della prima edizione apparsa dopo la morte di Mattioli, avvenuta nel 1577, e dell’ultima cui abbia dato un contributo per cid che riguarda la cura, Per ulveriori ragguagli sul ruolo di Mattioli nella storie naturale del suo tomapo, ai veda Paula Findlen, “The Formation ofa Scientific Community: Netertffistory in Sitenth-Century tay”, in Renaissance Nate ral Pbilosophy and the Disciplines, acara di Anthony Grafton e Nancy Siraisi (di Prossima pubblicazione). 26 aula Findlen natura, uno studioso poteva ormai acquis equivalente restandosene in Europa e limiteade nea, case dei colleionst. Cal tempo, i naturalist aytge tag tara preferito il museo all orto botanico,lacuiwmig ee? a dalle stagioni II museo offriva una “realtaviseuser ity gine congelaa della natura, vicina alla vita senza jit? Ta natura vivente suscita, eterna e non transingg ed mondo del quasi-vivo (come se fuser vit), dande iog Si zone della natura completamente nuova estimate ti La decisione presa da Mattioli di dar lustro ale sti collezionsti rappresentd unimportante svlta nel dellesienze natural. Quando publica pima cgi Dinscoride, nel 1544, nelle pagine introduttve Mattoh dicd neppure un cenno al significato che il eollezonian en assumere nello studio della natura. Anzi, nel 1553 ancon set ravail suo dsprezzo per icolleionisti in unaleteracie siovaneeollege di Bologna, Uise Aldrovandi (1522-1605, {hn non ho fatto mai uso di serbar semplic”, annunciava, “ont tandomi sempre del giardino della Natura et di quello che ig fatto intagliare hora nel libro”. »La natura vivente le inset della natura definivano gli oggetti della storia naturale, pe maggior parte della sua vita, questo grande vecchio delle soi, naturale non vide aleuna utilta nell uso di framment denetwat ? Sui primi musei di storia naturale la letteratura sta facendosi sempre pid ampia, Le principal opere ’insieme sull'argomento sono le seven: Julia Yon Schlosser, Raccolte dante e meraigle del tardo Rinascimento, tr. it. Sani, Firenze 1974; Oliver Impey, Arthur MacGregor (a cura dil, The Orgs of ‘Museums: The Cabinet of Curiosities in Sixteenth- and Seventeenth. Century Ee, Clarendon Press, Oxford 1985; Adalgisa Lugli, Naturala et mirabita Ilcolie ionisio enciclopedico nelle Wunderkammer d'Europe, Maazota, Milano 1985 Antoine Schnapper, Le géant, la licome, la tulipe. Collections et callectomesrs dans la France ds XVI sile. x. Histoire et histoire naturelle, Flammarion, Pats 1988; Kreysztof Pomian, Collezionst, amatorie curios. Parg-VenexiaXV:XV! secolo rit. Il Saggiatore, Milano 1989; Giuseppe Oli, L'inertari del om do. Catalogazione della natura e luoghi del sapere nella prima ett moder, Mulino, Bologna 1992; Paula Findlen, Possessing Nature: Museu, Cro and Scientific Culture in Early Modern Italy, University of California Pes, Berkeley 1994, a Mattioli a Aldrovandi, Gorizia, 27 settembre 1553, in C. Ramon sletterediP.A. Mattioli ad Ulise Aldrovandi”, Bulletino sees di oreo 13, fasc. 1-2 (1906), p. 16. Il termine “semplici’” designava le piante, i minerali usato a scopi medici nella farmacopea premodern Possedere la natura 27 della natura. Vent'anni dopo, invece, il lavoro dei collezionisti viene apertamente riconosciuto nei suoi interventi sul rinnova. mento ¢ l'evoluzione della storia naturale, Mattioli sottolineava Janovita del loro operato chiamandoli “huomini [..] singulari de i tempi nostri’”. A suo avviso, nessun’altra etd aveva prodotto questa specifica figura di naturalista: il collezionista, Nei due decenni che separano le diverse posizioni di Mattioli sulle tecniche impiegate dai naturalisti per studiare la natura, molte cose etano cambiate. I musei erano divenuti un centro di attrazione per la maggior parte delle ricerche naturalistiche, pro- prio come il teatro anatomico si era imposto ad Andrea Vesalio ¢ ai suoi discepoli, tra il 1540 e il 1550, e il telescopio sarebbe divenuto uno strumento di ricerca pet Galileo e i suoi eredi nel secondo decennio del secolo successivo, I musei integravano gli corti botanici, divenuti anch’essi uno strumento standard per Pinsegnamento universitario in materia medica intorno alla met del secolo xv1.* Possedere oggetti divenne sempre pitt un impor- tante indice del successo della storia naturale. “Colligo rerum naturalium musaeum”, annunciava il linceo Jan Eck in una let- tera a Francesco Stelluti a Roma, dopo un jungo viaggio attra- verso I’Europa del Nord e la Spagna nel 1608.2 Con 'espandersi della conoscenza del mondo materiale, il desiderio di proclamare tun nuovo impero conoscitivo aumentava. Se Mattioli in princi- pio immaginava che solo gli esemplari vivi e la riproduzione pittorica accurata di essi potesse soddisfare la sua curiosit’, le generazioni di naturalisti successive sogneranno Iunghe gallerie gremite di esemplari, uno per specie, come nell’Arca di No’. Manipolando ed esponendo questi esemplari, di fronte ad altri * Sul ruolo degli orti botanici a quell’epoca si veda Margherita Azzi Visen- tini, L’Orto botanico di Padova eilgiardina del Rinascimento, 1 Polifilo, Milano 1984; Lucia Tongiorgi Tomasi, “Il giardino dei semplici dello studio pisano. Collezionismo, scienza e immagine tra Cinque e Seicento”’, in Livorno e Pisa: due citta e un territorio nella politica dei Medici, Nistri-Lischi e Pacini, Pisa 1980, pp. 514.526; Fabio Garbari, Lucia Tongiorgi Tomasi e Alessandro Tosi, Giardino dei Semplici. L’Orto botanico di Pisa dal XVI al XX secolo, Cassa di Risparmio, Pisa 1991. > Giuseppe Gabriel, “Il Cartegpio Linceo della Vecchia Accademia di Fe- derico Cesi (1603-30)", Memorie della R. Accademia Nazionale dei Lincei. Classe i scienze moral, storche efilologiche, ser. 6, vt, fasc. 1 (1938), p. 110 (Eck a Stelluti, Madrid, 2 giugno 1608). 28 Paula Findlen dlotti o « un pubblico pit anplo, are ado Rin mento finivano per avvicinarsi aq) Nciclopedicg i it 10. ae cui ee alisti europel, gl italian) assunsero UN tole gi primo piano nell'evoluzione dei musei di storia naturale, “E cid, che riguarda la Storia naturale quanto in essa si affaticassery “Traliani prima dell’altre Nazioni ce lo mostrano i libri da es, al Tealiani prim oo moaeane es dati in luce, ¢ le belle raccolte fate in vari tempi”, osserva ne} secolo xvi l'editore della Metallotheca (1717), opera in cui i] tnedieo papale Michele Mercati descrive la collezione mineral gica vaticana, risalente alla fine del Cinquecento.* Gia nel secolo successivo si poteva trovare un gabinetto di curiosita in ogni cites italiana di una certa importanza, ma anche in varie cittadine minori, Virtuosi come il nobiluomo veronese Ludovico Mo. seardo 0 il marchese Ferdinando Cospi di Bologna, e persino religiosi come il gesuita Athanasius Kircher a Roma o il canonico Manfredo Settala a Milano, esponevano naturalia come parte integrante delle loro collezioni con lo stesso entusiasmo con cui i naturalisti di professione costruivano musei pubblici e privat Quella del collezionista era divenuta un’attivita assai diffusa nella penisola,e strettamente connessa alla proliferazione di uni- versita, collegi gesuiti e corti; d’altra parte, tale attivita costi- tuiva anche un’importante componente della cultura materiale dell élite urbana che mirava a possedere oggetti naturali con lo stesso accanimento con cui raccoglieva monete romane, urne egizie, libri e dipinti dei grandi maestri del Rinascimento cano- nizzati dal Vasari. Ed @ in fondo perfettamente coerente che sia stato proprio nel paese di Plinio, 'autore della prima grande Storia naturale, che l'antico progetto di raccogliere la conoscenza sia giunto alla sua logica conclusione attraverso l’atto con cui gli studiosi del Rinascimento decisero di raccogliere oggetti insieme a descrizioni dei fatti di natura. “ Biblioteca Angelica, Roms i ‘Mercati CompeniatseRiormae i, Ms. 1545, f, 219 (It Museo di Michel. Possedere la natura 29 “Questi huomini tanto valorosi e desiosi di ‘Siovare al mondo” Chi erano i collezionisti di naturalia? Ni '560, con l’affermarsi della sua fama cor pid pregiata del De materia medica di mincid a entrare i cegli anni tra il 1550 e il me curatore dell’edizione Dioscoride, Mattioli co- n jairare in contatto con giovani naturalisti, di profes- sione medici o farmacisti, che spesso gli mandavano particolari campioni per ricambiare la sua protezione. A quanto pare, Mat. tioli non conservd questi preziosi trofei dopo averli ridotti ¢ riportati sulla pagina stampata (spesso con grave costernavione dei donatori). Sulle prime, anzi, non riconobbe neppure |'impor. tanza di quei doni. A cosa servivano campioni ed esemplari in un mondo di parole? A poco a poco l’atteggiamento di Mattioli mut’ ed egli prese a fare specifici riferimenti alle attivita collezionistiche del Rinasci- mento in numerose edizioni del suo famoso commentario, Alla fine giunse alla conclusione che lintera comunita dei naturalisti aveva contratto un enorme debito con i collezionisti, in quanto questi ultimi avevano creato laboratori di natura superioti per- sino agli orti botanici universitari, che avevano fatto la loro apparizione in citt& come Pisa e Padova dopo il 1540: Onde parmi veramente, che molto obligati deveno esser tutti gli studiosi che desiderano di venire in cognitione delle cose spet- tanti alla materia medica, a questi huomini tanto valorosi, & desiosi di giovare al mondo, percioche molta pit utilita,& notitia i semplici non volgari possono acquistare, entrando nelle case di costoro, ove tante & belle cose si ripongono, & si conservano, che dell’andare per i giardini...” I musei stavano divenendo la fonte privilegiata di conoscenza, anche per un attempato naturalista che in passato aveva avuto solo parole di dileggio per i resti materiali della natura, Lo status sociale dei collezionisti conobbe una promozione analoga. Invece di restare cittadini di seconda categoria nella comunit& dei natu- ralisti, essi soppiantarono studiosi come Mattioli ¢ divennero i naturalisti pit influenti della loro generazione. = Negli ultimi anni della sua carriera di scienziato, Mattioli comincid a celebrare le attivita dei giovani colleghi italian, insi- 7 Mattioli, I discors, sig. **6r. 30 PaulaFindlen stendo in partcoare su quell tra loro che Lo avevano coi Ie collezioniparticolarmente degne di nota. Il suo elenco gig ™ ‘una rassegna piuttosto accurata delle pid importanti collezioni i Stotia naturale del tempo. Mattioli si sofferm® in paticolane storia i arnacistaveronese Francesco Calzlai (1321-4 un “repositorio, overo spettacolo del quale, ho veduto io tante Singular, 8 rare cose, che mvhanno veramente fatto stpiys (lig, 1), Cazolati fu famoso non soltanto per la qualit det sy fargnaci ma anche per entusiasmo con cui guidava i naturals spedirioni botaniche sul monte Baldo, uno dei siti pit interes weir del' Talia del Nord da un punto di vista naturalistcs« Mattioli visito personalmente il museo di Calzolar in vate oc. sioni alla ricerca di ingredienti per diversi antidoti, come il suo famoso “olio di scorpione”. Altri musei gli erano noti sopat. tutto per fama. E il caso, per esempio, di quello del grande natutalista bolognese Ulisse Aldrovandi, che egli immagind come tun microcosmo di oggetti naturali d’ogni specie: “essendoni stato detto da molti, & moti, che sono stati in casa sua, have veduto nel suo repositorio [...] tutta la materia di medicina”. Cosi, Mattioli aveva sentito dir bene anche della collezione rac: colta da un giovane farmacista napoletano, Ferrante Imperato (1550-1625) (fig. 2).1° Tale collezione aveva suscitato un inte- resse tale da indurre un comune amico a inviare a Mattioli un catalogo manoscritto con l’elenco dei pezzi pid notevoi Libri, visite, oggetti ed elenchi fornirono nell’insieme itra: * Francesco Calzolati, I! viaggio di Monte Baldo, Venezia 1566. ° Mattioli, I discori, sig, *¥6r. Su Calzolati, si veda Umberto Tergolint Gislanzoni Brasco, “Francesco Calzolari speziale veronese”, Bollettino ‘storico italiano dell ate sanitaria, 33, £. 6 (1934), pp. 3-20. La letteratura su Alrovnd ° essai pid! ampia; si veda in particolare Giuseppe Olmi, Ulisse Alivova ‘ Scienze € natura nel secondo Cinguecento, Libreria Universita degli Stodi & Trento, 1976; Sandra Tugnoli Pattaro, Metodoe sistema delle scence nl peri di Ulisse Aldrovandi, cies, Bologna 1981, Entrambi i volumi sono cons! jena in Finden, Possessing Nature, cit. *© Salle attvita di Imperato, si veda Ippolito Neviani, “Ferrante Imps? speziale e naturalista napoletano con: documenti net, Alte Menor del ‘ademia di Storia dell Arie Sanitaria, 35, f. 2-5 (1936), pp- 3-863 Envica Oo Gade, “FenaneImperate, 1 callesionxo natralisico ¢ Nap ), ¢ alcuni documenti inediti”, rie dell’ Accademia CI is 1, 28-29 (1993), pp. 43-81, ———— Possedere la natura 3h miti grazie ai quali questi musei si ede tuito dalle lett ‘ isione principale fu in realta costi- rere che i virtuosi si i Iecignil acculnpaguarlstesets eee a fume alle pana 2 gerd eee i aaa che ranza di ved erecta cata ela ey eee Sea meraviglia. Uno dopo I’altro, comincia- a loghi a stampa. La prima descrizione di una collezione venne pubblicata nel 1565, i lista svi a Coan Gaetan , quando il naturalista sviz- cro Conrad Gesner aggiunse aun delle sue storie natural un f encodegl opgeti present nell’ Arca rerum fossilium del medico johann Kentmann.! La descrizione dé i h tmann. lata nel 1584 Giovan Battista Olivi del museo Calzolari di sree fa i izolari di Verona rappresenta il primo catalogo compiuto di un museo di storia naturale, men- ae immagine che appare al frontespizio di Dell’historia naturale i Imperato (1599) siflette i primi sforzi di rappresentare I'am- biente di un museo.!? Queste pubblicazioni erano tuttavia co- stose € piuttosto sporadiche; solo nel secolo xvut il catalogo divenne un normale strumento della museologia. Intorno a que- sti materiali museologici a stampa, si situava una ticca rete di comunicazioni che rendeva i naturalisti sempre pitt consapevoli del peso dei collezionisti nella repubblica delle lettere. Tali co- municazioni ci presentano un quadro molto preciso di come i naturalisti del Rinascimento tentassero di portare la natura den- tro le loro case. _ A pitt di quattrocento anni di distanza, riesce difficile imma- ginare come un esiguo gruppo di medici e farmacisti possa avere influito tanto profondamente sullo studio della natura. Gli stessi collezionisti Jamentavano che di persone come loro non ce ne fossero abbastanza. “[T]anto havemo carestia de huomini che si dilettano de questa nostra professione”, scriveva Imperato nel 1590. } Pure, i tentativi operati da questi naturalisti di destinare parti dei loro palazzi aviti, delle loro farmacie 0 dei loro orti 11 Martin Rudwick, The Meaning of Fossils: Episodes inthe History of Paleon- f Chicago Press, Chicago 1985%, p. 12 De recondits et praecipuis collectaneis ab bonestis- Calceolari Veronensi in Musaco adsereatis, Verona tology, University o! ® Giovan Battista Olivi, simo, et solertisimo Francisco 1584. 1 In Stendardo, “Ferrante Imperato”, p. 58 rius il Giovane, Napoli, 21 dicembre 1590). (Imperato a Joachim Camera- 32 aula Findlen ce useale rispondeva chiaramente a un bom oe da parte del pubblico per le meraviglie mba sein ent 90 USO coe dy Fone elettiva di mi e migliaia di viaggiatori che venivang 3 aione elettiva ja lui raccolti: “e tutto il giorno sono vedutidy 5 Signori, che passano per questa citta, i quali visitang i] Fo di natura, come un ottavo miracolo del mon. mle Paes emporane’accoser0 in flla, Cittadini dun monis jn cui il viaggiare era divenuta una delle attivita preferite dell’. lite estranea al mondo del lavoro, una componente essenziale del commercio e il paradigma emergente della conoscenza, costoro videro in questi primi musei altrettanti microcosmi dell’infinita vigjeta di esperienze che il mondo offriva loro. ‘torno alla fine del Cinguecento i viaggiatori cominciaronoe pubblicare relazioni sulle loro visite ai musei, offrendoci una Pera descrizione di questo nuovo pubblico orientato verso la natura, Tali descrizioni confermano che studiare la natura non era pid un compito riservato all’élite intellettuale ma era piutto- sto divenuto un fenomeno culturale diffuso. Nel suo Del Terre- moto (1572) Giacomo Antonio Buoni descrive “tutti i belli inge- gni, Principi & Prelati, liquali capitano a Bologna, ® per negoti, 8 per diporto, 8 per passaggio”, elencando le diverse ragioni per le quali si poteva visitare un museo. La sua personale esperienz Jo collocava nella seconda categoria di visitatori: “To per me due volte & bella posta sono ito & vedere questo stupore, & mi son sempre partito come disse il Poeta Toscano, ‘Stanco gia di mirar, oa satio anchora’”.¥ Sicuramente la seconda visita valse @ uoni di figurare nel libro dei visitatori che ‘Aldrovandi aveva git forse gl i - compilare, 1 a solenne conferma della sua idea che ns oa ani che avevano visitato i suoi musei erano Pl erosi di quelli che si erano recati nelle Indie. I musei ¢rane * Biblioteca Ay 5 i 7 \postolica Vaticana, Roma, Ve £6578 (Ulisse Aldrovandi , Roma, Vat. Lat. Ms. 6192, Vol. 0, oo ‘andi a Guglielmo Sirleto, Bologna, 25 luglio 1577) “ eee Buoni, Del Teremoto, Modena 1572, p- 45: radi srern due libri dei visitatori, entrambi conservati in FU Tete eat 41 € 110. Corrspondenti al periodo compreso tr il 136) ell tem, alone nen Pid i 1600 indicazion: “Secundum ordnem, ignite rid rae eee Mentre numerosi studiosi usavano' tenere uD forse prime Hae Pits Parte del seclo, il catalogo di Aldrovandi ostitusee visitatori a un museo che sia giunto sino a noi. Possedere la natura 33 un’altra India, se non una migliore, giacché mostravano il mondo intero ¢ non soltanto le Americhe. Questo repertorio di imma- gini influenzd Girolamo Porro, che nella sua descrizione del museo dell’orto botanico di Padova sctiveva nel 1592: “Et in questo piccolo Theatro, quasi in un picciol mondo si fark spetta- colo di tutte le meraviglie della Natura”.17 Il rapporto tra viaggio ed esposizione era alquanto complesso, dal momento che molti collezionisti spesso non avevano personal. mente intrapreso viaggi di esplorazione nel Nuovo Mondo, in Asia o nel Levante. Coloro che viaggiavano con una certa fre- quenza suscitavano una grande invidia ma anche sospetto nei collezionisti, il cui compito principale rimaneva quello di rappre- sentare il mondo nei loro musei. Gli oggetti divennero cos} tali- smani dei viaggi intrapresi come di quelli immaginati. “{C]hi entra nel Museo dell’ Aldrovando pud senza peregrinare vedere vere, 0 ben imitate con la pittura le ricchezze del mare, & della terra...”, esclamava l’entusiasta Buoni. La ricchezza del museo aldrovandiano letteralmente travolgeva i visitatori. Come il ge- suita Gioseffo Bianco scriveva allo stesso Aldrovandi nel 1602: “Si come tutte le acque corrono al mare, cosi & me pare che tutte le cose meravigliose at i secreti pid belli at piu reconditi della nat[ur}a debono radunarsi nel suo famoso Museo”. Aldrovandi era il nuovo Ulisse, anzi un altro Colombo, il prototipo rinasci- mentale del viaggiatore che possedeva novita al servizio degli imperi. “I mercato delle maraviglie della natura” Tcontrollo di una rete globale di beni e servizi divenne la carat- teristica saliente di questo nuovo tipo di naturalista, Facendo della natura uno degli oggetti pit desiderabili nella repubblica delle lettere, collezionisti come Aldrovandi, Calzolari e Imperato ampliarono i loro musei attraverso uno scambio continuo di pezzi, Essi crearono cos! un'economia di beni che poneva la 1 Girolamo Porro, L’Horto de i semplici di Padova, Venezia 1592, sig + 5r. ™ Buoni, Del Terremoto, p. 45r; Biblioteca Universitaria, Bologna (d’ora in poi tata con lasigla nun), ‘Aldroandi, Ms. 136, Vol. xxx, c. M6r (Giosefo Biancano, $J. a Aldrovandi, Piacenza, 10 novembre 1602). 34 Paula Findlen al centro di un vivace mercato intellettuale in Cui si Scam. nature ill, aligatori, girasoli, fossili e altri naturgy beled jasmo che aveva accompagnato la citcolazigng fo stesso ora c[HIJo messo in ordine una scatola d= libri e manoscritti. “[Flo darli, del gfe ns vat pesci, conchigli, Zoophyti pler] mandarli, del qfulale m’ha Sctitto & avisato”, scriveva a Aldrovandi un corrispondente di B, Lucca nell’agosto del 1556. ° Analogamente, Imperato chiedeyg ji naturalista tedesco Joachim Camerarius il giovane, a Norin’ berga, se avesse “qualche bella cosa peril mio Museo” 2 Granic al traffico sempre pi intenso di flora e fauna, la conoscenza dell, natura aumentava. Questa immagine della storia naturale come prodotto di una nuova abbondanza materiale affluita nelle cet, europee da ogni angolo del mondo trova la pit chiara espressione nel titolo che Nicold Serpetro opportunamente scelse per la sua opera di storia naturale, apparsa nel 1653: Id mercato delle mara viglie della natura. ‘La mercificazione della natura cred una nicchia di mercato per trafficanti specializzati in curiosita naturali. I naturalisti non si limitavano a raccogliere informazioni personalmente ma si rivol- gevano ad amici e conoscenti, nonché a un’economia emergente di meraviglie della natura, per procurarsi i loro esemplari. Citta portuali come Genova, Livorno e Venezia divennero centri di scambio di curiosita, insieme a Siviglia e ad Amsterdam. Queste vie commerciali erano tanto note che quando il granduca di Toscana affidd al suo botanico di Pisa, Francesco Malocchi, la missione di acquistare curiosita per il suo museo e per Porto botanico dell’universita, nell’estate del 1599, lo stesso Malocchi previde un itinerario in cui Genova figurava come ultima tappa, in quanto luogo dove era pit facile acquistare nuovi oggetti. Da Genova rifer! di aver incontrato collezionisti come ’antiquario Domenico Grassi, descritto quale persona interessata professio- *° aus, Aldrovandi, Ms. 38?, vol. 1 cc. 202v-203r (Raniero Solenandro & aes Bagni di Lucca, 5 luglio 1556). ;, sit Stendardo, “Ferrante Imperato”, p, 76 (Imperato a Camerarius, Na- peli a1 dicembre 1590). L'importanza def dont nella storia naturale premo- Maes ilizzata in Findlen, “The Economy of Scientific Exchange in Early Be ean aly”, in Patronege and Institutions: Science, Technology and Medicine at oh — 1 Court 1500-1750, Boydell and Brewer, Woodbridge 1991, PP- vat nel, Molt amici in varii luoghi’; Studio della natura e rapporti epistolari nel secolo xv1", Nuncius, 6, 1991, pp. 3-31. Possedere la natura 35 nalmente al commercio di oggetti: “Homo che fa professione di Anticaglie, e di Mineral, et ha dimolte cose curiose”. In altre cccasioni, Malocchi riportd uno straordinario sucesso acqui- stando meraviglie nel vicino porto di Livorno. Nellaprile del 1604, per esempio, comprd un'intera “ossatura di balena”, un cimelio molto ambito per i musei di storia naturale del tempo, che normalmente potevano esporre solo frammenti del grande mammifero.?! In questo modo, i naturalisti si inserirono nella nuova economia mercantile del secolo xv1, che faceva affluire verso I'Europa beni da ogni parte del mondo, Cirea vent’anni prima che Malocchi si recasse a Genova sulle tracce di nuovi tesori peril granduca, Aldrovandi aveva iniziato tuna lunga corrispondenza con il patrizio genovese Bernardo Ca- stelletti, che, grazie alla sua collocazione davvero strategica, di- venne uno dei suoi agenti ufficiosi. Castelletti partecipd alla formazione del museo aldrovandiano di storia naturale con un lavoro sul campo, identificando nuove curiosit’ che l'amico na- tutalista avrebbe descritto nella sua grande opera, rimasta ine- dita, Nel febbraio del 1579, Castelletti annuncid per lettera Vimminente arrivo a Bologna del pitt meraviglioso pesce che egli avesse mai visto: “E pid V.S. vi havra un pesce, che & uno di piu rari, et stravaganti parti di Natura, che siano in mare”, scrisse trionfante. L’acquisizione di quel pesce, piuttosto brutto e con ali occhi sporgenti, aveva avuto qualcosa di miracoloso, e Castel- letti si premurd di raccontarne la cattura: A me & stato dato cosi secco come gliclo mando dal proprio pescatore, che I'ha preso il quale quando lo piglio vedendo cosi strano di fattezze non regitto in mare, come sogliano i pescatori Ulise Aldrovandi, Discorso naturale, in Tugnoli Pattaro, Metodoe sistema delle scenze,cit., p. 180 Possedere la natura 41 raffiguranti i corni di unicorno in possesso del duca di Mantovae del re di Polonia, Pit avanti, “sopra ciascuna porta delle stanze adherenti sono alcune parti d’animali stravaganti”.*» Forse Al- drovandi, nel 1579, concesse per un certo periodo un posto d'onore anche al falso pesce di Castelletti, facendone un pezzo del nuovo ed esotico bestiatio che le parti della natura creavano nelle case dei collezionisti Con la promozione dell’esperienza a elemento fondante della storia naturale, anche la definizione della disciplina prese a mu- tare. I naturalisti non si limitarono a contestare l'autenticita di alcune delle loro meraviglie pid improbabili, risctivendo poco a poco l’antica enciclopedia della conoscenza fino a eliminare i racconti di mostri pitt sospetti e a includere nuovi e verificabili oggetti come il girasole e il bradipo. In opposizione a Plinio, essi cominciarono anche a escludere gli oggetti artificiali dalla defini- zione della storia naturale. In quanto umanista e collezionista, Aldrovandi non distinse mai sino in fondo l’atto di raccogliere naturalia da quello di possedere oggetti di cultura, anche se natu- ralmente nel suo museo privilegid i primi. Questa tendenza si fece ancora pit pronunciata nei collezionisti dell’ et’ barocca, che videro nello scontro tra natura e arte una delle sfide fondamen- tali all’ingenuita dello spettatore. I farmacisti precedettero gli studiosi di storia naturale nella decisione di concentrarsi solo sulla natura, sicuramente perché la professione da essi praticata affinava le loro idee su cid che definiva la ‘“naturalita”. Nel 1597, il collezionista napoletano Imperato offti a Ippolito Agostini di Siena una descrizione del 10 museo che rifletteva questo nuovo senso di specializzazione: il mio theatro di Nature non consiste in altro che in cose naturali, come dir Minerali, Animali e Piante che sino a quest’hora ne ho fatte raccolta de alcuni migliaia, tal che veramente a mio giudi- tio mi par uno stupore”’.** Chiaramente i collezionisti costrui- » Archivio di Stato, Bologna (’ora in poi citato come asa), Sen Instr, C, 1.3, n 48, in Cristina Seappini, Maia Pia Toriceli, Lo Studio Aldooand in Palazzo Pubblico (1617-1742), acuradi Sandra Tugnoli Pattaro, ccvE, Bologna 1993, p. 93, Tn Neviani, “Ferrante Imperato”, cit., p. 75 (Imperato a Agostini, Na- poli, 25 settembre 1597). Corsivo mio. Il passo & ripreso anche in Olmi, L'in- ‘entero del mondo, ct., p. 270 Paula Findlen a specifica immagine della natura che intendevano ae Pi loro musei. Nel caso di Imperato, tale immagine di tipo medico - si rifaceva pit a Galeno ¢ Dioscoride chee Plinio — e non includeva antichit’ e dipinti come elementi nee tuna definizione della storia naturale. Per Le origini mediche di molt tra i primi musei di storia na accentuarono la vocazione pedagogica e sperimentale delle colle. tioni, Come Faber sezionava ogni animale che portava nel sag studio romano, Imperato metteva alla prova le proprieti fisiche¢ medicinali degli oggetti raccolti, che non venivano tenuti erme. ticamente chiusi nelle loro teche ma circolavano all interno dell, Comunita dei dotti. A volte, lo facevano senza il consenso del proprietario, Nel 1591, il farmacista granducale Stefano Rossel Comunicd al provveditore dell’ Universita di Pisa che aveva biso- gno di fondi per pagare un argentiere cui aveva affidato il com. pito di munire di serrature tutti i gabinetti del museo dell’orto Botanico “a cid che li scolari possono vedere et non portar via insieme con molte altre cose suteranee”.*> Le regole di buona creanza per il frequentatore di musei erano ancora in via di formazione. Si trattava di educare i visitatori insegnando loro come guardare gli oggetti senza danneggiare il museo. La tensione tra le diverse finalita del museo si manifestd con grande chiarezza nelle sorti dello Studio Aldrovandi dopo la morte del fondatore. Preoccupato che il suo museo potesse scomparire, al pari di tante altre collezioni private, nel 1603 Aldrovandi stipuld un accordo con il Senato di Bologna in cui si impegnava a donare le sue collezioni alla citta; il Senato per parte sua avrebbe provveduto a ospitarle e a curarle in modo degno, a pubblicare gli scritti di storia naturale dell’ Aldrovandi stesso e a nominare un custode, che avrebbe provveduto a far si che il museo conti- nuasse a far parte dell’attrezzatura scientifica dell’Universit’ di Bologna, in cui Aldrovandi aveva trascorso tutta Ia sua carriera di studioso. L’accordo specificava che il Senato avrebbe dovuto trovare un palazzo con “quattro, o cinque Stanze luminose, et belle”. Alla morte di Aldrovandi, avvenuta nel 1605, il museo 42 * In Garbati et al., Giardino dei Semplici,cit., p. 278 (Stefano Rosselli Capone Capponi, Firenze, 4 maggio 1591). Cfr. anche p. 161. ° Testamento di Ulise Aidrovandi, in Giovanni Fantuzzi, Menorie delle vt delle opere di Ulisse Aldrovandi, Bologna, 1774, p. 84. Possedere la natura a3 conobbe alterne vicende per pid di dieci anni, con i senatori bolognesi impegnati a far accettare i termini dell’accordo alla vedova di Aldrovandi, Francesca Fontana, finché nel 1617 le collezioni non furono trasferite nel palazzo Pubblico. In questo periodo non é chiaro chi abbia controllato gli og- getti — la vedova, il Senato o il custode, che all’inizio fu il discepolo di Aldrovandi, Johann Cornelius Uterwer, che succe- dette al maestro nella cattedra di storia naturale. I conflitti giu- risdizionali complicarono in molti casi la missione pedagogica del museo. Nell’ottobre del 1606, Uterwer tentd di farsi consegnare alcuni oggetti che gli servivano per il suo insegnamento. Ricor- dando al Senato che la donazione era stata fatta “a beneficio de’ scholari” da Aldrovandi, il quale pit volte aveva prestato oggetti al suo assistente fiammingo (““concessomi pid volte che di tutte le cose sue mi servissi secundo l'occasione”) Uterwer informd i notabili bolognesi che i conflitti in corso avevano cominciato a ‘compromettere I’insegnamento della storia naturale a Bologna: Perd facendomi molto di bisogno in questa terzeria alcune cose per mostrarle di man in mano a scholari doppo chiascheduna lettione secundo che comporta questa lettura, prego et supplico ‘WV. SS. Ill. me mi facciano gratia d’imprestarlemi.>” I documenti non ci dicono se Uterwer vide accolta la sua tichiesta di prestito per l'insegnamento di quell’anno. Conser- vare la natura non siconciliava troppo bene con lo studio di essa. L’idea del governo di un museo di storia naturale come publico monumento non si prefiggeva necessariamente gli stessi scopi delle concezioni originarie, che ne facevano un “‘sensorium”, un luogo in cui fare esperienza diretta della natura. Erano precisa- mente questi i problemi che Aldrovandi non poteva prevedere € tanto meno risolvere quando dond il suo museo “in onore & utile della Citta”, nel 1603.2* Egli aveva offerto ai suoi concittadini Tottava meraviglia del mondo. Toccava a loro ormai decidere che uso farne, °7 asa, Assunteria di Studio. Diversorum. t. 10, n. 6 (Carte relative allo Studio Aldrovandi). Uterwer si firma “Giovan Cornelio Fiamengo” nella sua lettera del 21 ottobre 1606 agli Assunti dello Studio di Bologna ** Fantuzzi, Memorie, cit. p. 76. 44 Paula Findlen Gabinetti senza curiosita? binetti di curiosita del Rinascimento sopr, Pochissimi gal fs 'aWVissery alle morte dei loro fondatori, a conferma delle preoccupasigns ‘Aldrovandi circa le sorti del suo museo. Le precauzioni dat prese prolungarono la vita del suo museo per altri Centocinguan. anni. Lo Studio Aldrovandi rimase intatto sino al 1742, in di verse stanze del palazzo Pubblico, nel cuore di Bologna, Studios; e curosi continuarono a visitare le meraviglie aldrovandiane, on aggiunsero di tanto in tanto i loro doni di oggetti natural, | custodi continuarono a curare gli esemplati che andavano dere Fiorandosi col tempo, per rendere il museo presentabile. Ns} 1634, per esempio, Bartolomeo Ambrosini informd il Senato gj aver “finito d’accomodare il pub{blicJo Museo in maniera, che a visitabile da qualsivoglia personaggio”.»? Di tanto in tanto ij Senato trovd le spese di conservazione dello Studio Aldrovand; tanto onerose che tentd di vendere qualche oggetto, tra la coster- nazione dei custodi. Nel 1647 vennero svenduti pitt di novecento volumi delle storie naturali di Aldrovandi, molti dei quali erano stati pubblicati con enormi spese da parte della citt’. “° In altre occasioni, i Senatori preservarono I’integrita del museo ricor- dando ai custodi, colpevoli di aver prestato libri e oggetti delle collezioni, che quel patrimonio era di proprieta pubblica. Alla fine, lo Studio Aldrovandi venne riunito alla collezione di uno dei grandi notabili della citta, il marchese Ferdinando Cospi, che aveva controllato le attivita del museo in qualita di senatore e di gonfaloniere. Nel 1657 Cospi decise di unire la propria collezione allo Studio Aldrovandi, e l’atto venne ratificato dal Senato nel 1660.** La collezione di Cospi non conteneva molto di nuovo da © asa, Assunti di Studio. Requisiti dei Lettori, vol. 1, n. 27 (Bartolomeo Ambrosini agli Assunti di Studio, 1° aprile 1634), Per ulteriori ragguagl su questa fase dela storia del museo, si veda Scappini, Torricelli, Lo Studio Aldrovandi, ct. “° ass, Assunteria di Studio. Diversorum, t.10, n, 6 (cap. 3: vendita di 930 volumi per L 7.068 il 3 dicembre 1647). “1 Findlen, Possessing Nature, cit., pp. 26-27. Per il catalogo del museo cospiano si veda Lorenzo Legati, Museo Cospiano annesso a quello del famoso Ulisse Aldrovandi e donato alla sua patria dallilustissimo Signor Ferdinando Corp, Bologna, 1677. Per un’analisi del contesto culturale in cui si inseriva i museo di Cospi cfr. Jay Tribby, “Body/Building: Living the Museum Life i Early Modern Europe”, RBetorica, 10 (1992), pp. 139-163. Possedere la natura 45 un punto di vista naturalistico, ma certo miglior® la visibilita del museo aldrovandiano, quando Lorenzo Legati ne pubblicd il catalogo nel 1677. Nel periodo in cui il museo aldrovandiano conobbe una ri- presa, le collezioni di Calzolari e Imperato non ebbero lo stesso privilegio. Gli oggetti di Calzolari furono dispersi alla morte dello studioso, avvenuta nel 1600. Un certo numero di essi fini- sono nel museo del collezionista veronese Moscardo, un nobi- Iuomo che tuttavia non era animato dalla stessa passione per la natura del suo predecessore. Alla fine del secolo, solo pochi esemplari soprawvivevano. Analogamente, il museo di Imperato prosperd sotto la guida del figlio e del nipote, ma alla fine smise di essere un progetto di famiglia. * Creati in citt’ prive di una forte cultura universitaria, quei musei mancavano di una chiara base istituzionale e dipendevano interamente da interessi pri- vati. Anche nelle grandi citta, il risultato fu per lo pit lo stesso. Lacollezione mineralogica di Mercati si dissolse quasi immedia- tamente alla morte dello studioso, nel 1593. Pochi decenni dopo, la comunita scientifica di Roma lamentava la perdita del museo del principe Federico Cesi, animatore del progetto scientifico linceo. La prematura morte di Cesi, nel 1632, non lascid allo studioso il tempo di garantire la sopravvivenza del suo museo, secondo il modello aldrovandiano. Cosi, strumenti matematici, magneti, scheletri di animali, cori, parti anatomiche e micto- scopi si dispersero tutti sul mercato collezionistico romano. Alla fine, anche il museo di Aldrovandi non resistette alle ingiurie del tempo, ma cid non fu dovuto a un venir meno dell'interesse per il mantenimento della collezione bens} ai nuovi orientamenti relativi alla corretta costituzione di un museo di storia naturale, Quando il conte Ludovico Ferdinando Marsili fondd nel 1714 il suo Istituto delle scienze, un’ academia scienti- fica degna di rivaleggiare con Ia Royal Society di Londra e con Cf, Lodovico Moscardo, Note ovvero memorie del museo di Lodovico ‘Moscardo nobile veronese, Padova 1651; Francesco Imperato, Discors intorno a diverse cose natuali, Napoli 1628. © Cfr. Anna Nicold, Francesco Solinas, “Per una analisi de collezionismo linceo:'Arebivio Linceo 32. il museo di Federico Cesi”, in Convegno celebrativo deltv centenario della nascta di Federico Cesi (Acquasparta, 7-9 ottobre 1985) Atti dei convegni lincei, 78, Accademia Nazionale dei Lincei, Roma 1986, pp. 195.212, s y ¢ 46 Paula Findlen T'Académie Royale des Sciences di Parigi, eal imag, zioni scientifiche come un elemento di spiceo nell, ¥™ cal, zione del curriculum scientifico universtario Llane iz. eis ie nato accettarono di trasferire le collezioni di Al nelle stanze del!'Istituto delle scienze. Questo spostaman hi ; mae «D, . es. iment, ai naturalisti bolognesi l'opportunita di riesaminare [men ott zione dello Studio Aldrovandi. Vennero stilati inven 2 rosi, per conservare una traccia del museo nella sua dion storica, quindi gli oggetti furono tranquillamente rege disposti in stanze separate e dedicate ad ambiti specifier tt conoscenza. Le piante finirono quindi nella stanza delle ou nica, gli animali in quella dell anatomia, fossil nella sala pa tologica e cosl via. Gli oggetti di incerta collocazione’ eh erano trovati tanto bene nel pit eterogeneo mondo dei gebinet di curiosita, persero tutta la loro ambiguit’ (e quando nox fecero, i naturalisti cambiarono parere cotrendo da una staus all'altra, con loggetto in mano). Non si poteva pit permetteres uuno zoofita di essere uno zoofita, ma si doveva decidere quale fosse la sua vera essenza, per attribuirgl la corretta collocazione nel museo. Questo approccio alla storia naturale, pid rispettoso desi ambiti disciplinari, segnd una nuova fase nell’evoluzione del museo di storia naturale. ? Nel secolo xvur i collezionisti non avevano del tutto abbandonato il sogno di possedere la natura, ma il loro approccio a essa era cambiato, in quanto si era allont« nato sempre pitt dagli scritti degli antichi per fondarsi piuttoso su autori moderni come Bacone, che vedeva nel museo un Iuog0 in cui generare fatti nuovi, ehon in cui dimostrare vecchie vetita Contemporaneamente, naturalisti come Linneo, Buffon e Fits- liano Spallanzani avevano cominciato a immaginare Ia stort naturale come una disciplina completamente distinta dallo studio degli usi medicinali della natura, La loro concezione della naturt “4 Mariafranca Spallanzani, “‘Le ‘camere di storia naturale’ del!’ Se delle Scienze di Bologna nel Settecento”, in Scienza e letteatura nelle re italiana del Settecento, a cura di Renzo Cremante e Walter Teg’, n r Bologna 1984, pp. 149-183. satal © Olmi, “From the marvels to the commonplace, Notes 0” MN, History Museums (16th-18th Centuries)”, in R.G. Mazzolini (a curt", Verbal Communication in Science Prior to 1900, Olschki, Firenze °° 235.278, Possedere la natura 47 ben presto trasform® la classificazione, l'anatomia e persino la conservazione della natura in scienze elaborate, fuori della por- tata degli sforzi di Aldrovandi In questa generale riconsiderazione, anche l'estetica della na- tura cambid. Gli esemplari normativi sostituirono le meraviglie, rendendo il girasole di Aldrovandi interessante in quanto cam- pione della pianta, non in quanto meraviglia proveniente dal Peri. I filosofi del secolo xvi, come Bacone e Cartesio, avevano gid dichiarato guerra al meraviglioso, considerato una categoria acritica e troppo diffusa, ma il pid aspro giudizio sullinutilita dei gebinetti di curiosita venne dalla penna di Galileo, che compose una delle pit famose satire della storia naturale del Rinascimento nelle sue Considerazioni al Tasso. Esprimendo il suo disprezzo pet lostile letterario manieristico pid che per quello neoclassico, egli osservd che il primo gli dava Pimpressione di entrare in uno studietto di qualche ometto curioso, che si sia dilettato di adornarlo di cose che abbiano, o per antichit& o per rarita 0 per altro, del pellegrino, ma che per’ sieno in effetto coselline, avendovi, come saria a dire, un granchio petrificato, un camaleonte secco, una mosca e un ragno in gelatina in un pezzo dambra, alcuni di quei fantoccini di terra che dicono trovarsi ne i sepolcri antichi in Egitto [...] e simili altre cosette. Un'immagine del genere non rende giustizia alla ricchezza e alla complessit’ dei primi musei di storia naturale, e per noi moderni riesce impossibile immaginare una mente aperta e criti- camente orientata quale quella dell’ Aldrovandi come apparte- nente a un “ometto curioso”. Pure, avversione di Galileo per la gnoseologia del Rinascimento anticipava un importante rivolgi- mento nell’esplorazione delle meraviglie della natura, un rivolgi- mento che doveva compiersi pienamente solo intorno alla fine del secolo xv. A poco a poco il gabinetto di curiosit’ sfumd, divenendo una bizzarria storica trascurata e marginale, raggiun. gendo tanti altri imperfetti esemplari ammucchiati nei depositi del moderno museo di storia naturale. “6 Edizione Nazionale delle Opere di Galileo Galilei, a cura di Antonio Fa- varo, vol. 1, p. 69.

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