You are on page 1of 4

ITALO SVEVO 3

Quando Giorgio Porchera descrisse, con il libro ‘Le anime della psicanalisi’, il viso di Italo Svevo e
sottolineò questo accennato strabismo, disse che sembrava uno sguardo avvolgente, come se guardasse parti
opposte.
Effettivamente in questo modo è strutturata la Coscienza di Zeno, se c’è una cosa c’è il suo opposto, restano
una accanto all’altra, senza possibilità di sintesi. Si scambiano di posto per cui la verità è la menzogna così
come la salute è la malattia. L’una e l’altra cosa, quando la penna trascese in quella famosa notte di Svevo
che aveva continuato a scribacchiare, arriva questo personaggio straordinario che è Zeno, è la prima volta
che la narrazione è auto-diegetica ovvero in prima persona. Gli altri romanzi erano in terza persona con
narratore onnisciente, questa volta il romanzo è affidato a Zeno, ma il narratore è inattendibile, non bisogna
fidarsi di quello che dice (questa narrazione è per tutti i capitoli tranne l’ultimo, che stravolge la letteratura
novecentesca). Il narratore scrive per una terapia psicanalitica, è andato in cura dal dottor S. il quale gli ha
indicato di scrivere le sue idee.
Lavagetto dice che questo ritorno sulla memoria di Zeno è come disegnare un cerchio su una pagina, man
mano che il protagonista ricorda il cerchio si allarga con un movimento a spirale, ma man mano che questa
spirale si allarga c’è uno svuotamento perché la memoria somiglia ad un oblio (Mazzacurati individua ciò
anche nel Fu Mattia Pascal).
Il ricordo viene utilizzato comunque perché ciò che c’entra è la macchina narrativa. Conta la macchina
narrativa che Svevo costruisce, solo il modo in cui si scrive.
Cominciamo dalla premessa del romanzo, abbiamo la voce del dottor S. ovvero il medico che dovrebbe
guarire il protagonista.
All’interno del commento di Lavagetto della Coscienza di Zeno, egli cita solo un critico europeo che ha
scritto tre articoli su Svevo. La Coscienza di Zeno è una grandissima e sofisticata macchina da lavoro. Nel
primo rigo di questa macchina narrativa il dottore spiega perché pubblica queste memorie: il paziente ad un
certo punto scappa e il dottore pubblica le memorie per vendetta. È un dottore rancoroso, dunque, la
macchina narrativa è perversa, nessuno è attendibile perché c’è lo strabismo avvolgente di Svevo in cui tutto
si sdoppia.
Non c’è una cosa che ha il suo volto nel suo romanzo tranne una figura femminile, unica cosa singola che
incontriamo nel romanzo, Teresina.
In Zeno verità e bugia sono mischiati e si scambiano di posto. Zeno dice qualcosa di fondamentale: “certe
cose io al dottore non le dicevo non per un insulso meccanismo ma perché io sono Triestino e non Italiano,
dunque, non conoscendo i termini in italiano rimuovevo ma non c’entra niente Freud”. Si parla di qualcosa
che ha il suo senso per il solo fatto che è scritto. Lo scopo delle pagine è quella unilaterale della macchina
narrativa. Il gesto più importante è quello della mano e della penna che quella mano stringe. Il più pericoloso
oggetto è quella penna stretta fra le mani del protagonista.
Lavagetto ha scritto un libro che ha vinto il premio Napoli, uno dei primi premi per il suo libro ‘La morale
dei piccoli indizi’ dove diceva che nell’opera letteraria ci dobbiamo promuovere come detective, se c’è un
autore che obbliga il lettore ai particolari è Svevo. Nell’opera ci sono particolari minimi, dunque, il lettore
deve essere molto attento. In Svevo tutto si sdoppia, c’è una irrazionalità di fondo ma solo in questa
irrazionalità può formarsi il sentimento. Il capitolo che andremo a leggere è quello del matrimonio. Abbiamo
una diversa concezione del matrimonio e dell’amore, non come quello di Romeo e Giulietta. L’uomo o la
donna della nostra vita è semplicemente quello con cui passiamo una vita intera, e questo è molto di più
dell’innamoramento, siamo lontani dalla concezione Shakespeariana.
Questa macchina narrativa è costruita in maniera tale che se ci perdiamo questo indizio ci perdiamo una
parola fondamentale che ha la stessa radice della grazia, parola chiave per la poesia e per qualsiasi
sentimento dell’anima.
Zeno Cosini è malato, nei libri si dice che lui va dal medico per il fumo ma non è così. Zeno va dal medico
per un’altra motivazione, a lui piacciono troppo le donne, è feticista, si fissa con gli stivali in pelle e vuole
farsi guarire dal suo continuo desiderare. Desiderio e malattia coincidono. La storia della sigaretta è
importante perché mette in atto un meccanismo nel romanzo. Lui dice sempre che quando fuma, quella che
fuma è l’ultima sigaretta. Ogni sigaretta che fuma, sapendo che è l’ultima, diventa molto più piacevole,
intensifica il desiderio, è il senso del romanzo.
Mette alla prova il proprio desiderare e la propria malattia e risulta più attaccato alla vita. Non è vero che
vuole guarire, si autogiustifica semplicemente, si assolve.
Il momento più cruciale, nella morte del padre, era il momento in cui lui non poteva più dimostrarsi
innocente. Lui è rimasto senza padre ma siccome tutto è doppio ha bisogno di crearsi un altro padre e lo
trova in Malfenti che ha ben quattro figlie e tre in età da matrimonio. le ragazze si chiamano tutte e tre con
la lettera A. Secondo Zeno questa cosa ha un preciso significato.

Il giorno in cui ha deciso di sposarsi, il suo matrimonio va male anche a causa della sua nevrosi, allora lui
ripone la sua scelta in un ripiego, ma anche il ripiego non va bene, a questo punto lui sente la necessità
struggente di rimediare a ciò e di tornare a casa con una proposta di matrimonio. Durante la notte Zeno,
dopo parecchio in cui era stato assente perché intanto in casa Malfenti c’era l’abilissimo, biondissimo, pieno
di capelli, Guido Speier, il quale è oggetto di attenzione da parte di Ada, una della figlie (perfetta, i capelli
sono di una grande armonia geometrica, è quasi astratta, questi capelli vengono descritti perché quasi
sempre Svevo vede quei ricci e vede la sua nuca dal momento che Ada gli volta sempre le spalle perché la
sua presenza gli è sgradevole). Zeno ci racconta che Ada nel salotto si è innamorata di Guido, dopo Ada c’è
Alberta, ragazza intelligente ma anche ambiziosa, si iscrive all’università e studia. C’è Anna la bambina
che cade sempre a terra, e c’è un’altra persona del tutto trascurabile perché brutta, Augusta.
È la brutta della famiglia, lei con la sua ombra rende più luminosa le altre sorelle.
Se Zeno sapesse che la famiglia Malfenti accoglie Zeno con il suo stonato violino perché quel violino
accompagna al pianoforte la povera Augusta, la brutta.
Bisogna prima sposare Augusta e poi le altre figlie. Zeno è un buon partito. Il nostro protagonista neanche si
rende conto mentre guarda Ada che la famiglia trama perché lui possa sposare con Augusta. Tutto ciò però
avviene nella Coscienza di Zeno, dove le cose si capovolgono, a volte ci sono indizi che ci fanno sospettare
che il punto di arrivo della serenità di Zeno sia Augusta ma sono indizi imprevedibili (esisteva allora la cura
per i nevrotici che proponeva il matrimonio come risanamento della malattia). L’uomo nevrotico aveva
bisogno di sposarsi per acquistare salute. In questo capitolo che leggeremo, Zeno entra in un salotto nel bel
mezzo di una seduta spiritica, la prima cosa che fa è partecipare a questa seduta, si siede al tavolino per
evocare gli spiriti.

Era venuta l’ora della chiarezza. Tolsi la mia destra dal tavolino e pian pianino le posi il braccio alla
taglia: - Io vi amo, Ada! - dissi a bassa voce e avvicinando la mia faccia alla sua per farmi sentire meglio.
La fanciulla non rispose subito. Poi, con un soffio di voce, però quella di Augusta, mi disse: - Perché non
veniste per tanto tempo? La sorpresa e il dispiacere quasi mi facevano crollare dal mio sedile. Subito sentii
che se io dovevo finalmente eliminare quella seccante fanciulla dal mio destino, pure dovevo usarle il
riguardo che un buon cavaliere quale son io, deve tributare alla donna che lo ama e sia dessa la piú brutta
che mai sia stata creata. Come m’amava! Nel mio dolore sentii il suo amore. Non poteva essere altro che
l’amore che le aveva suggerito di non dirmi ch’essa non era Ada, ma di farmi la domanda che da Ada
avevo attesa invano e che lei invece certo s’era preparata di farmi subito quando m’avesse rivisto. Seguii
un mio istinto e non risposi alla sua domanda, ma, dopo una breve esitazione, le dissi: - Ho tuttavia piacere
di essermi confidato a voi, Augusta, che io credo tanto buona! Mi rimisi subito in equilibrio sul mio
treppiede. Non potevo avere la chiarezza con Ada, ma intanto l’avevo completa con Augusta. Qui non
potevano esserci altri malintesi. Guido ammoní di nuovo: - Se non volete star zitti, non c’è alcuno scopo di
passare qui il nostro tempo all’oscuro! Egli non lo sapeva, ma io avevo tuttavia bisogno di un po’ di
oscurità che m’isolasse e mi permettesse di raccogliermi. Avevo scoperto il mio errore e il solo equilibrio
che avessi riconquistato era quello sul mio sedile. Avrei parlato con Ada, ma alla chiara luce. Ebbi il
sospetto che alla mia sinistra non ci fosse lei, ma Alberta. Come accertarmene? Il dubbio mi fece quasi
cadere a sinistra e, per riconquistare l’equilibrio, mi poggiai sul tavolino. Tutti si misero ad urlare: - Si
muove, si muove! - Il mio atto involontario avrebbe potuto condurmi alla chiarezza. Donde veniva la voce
di Ada? Ma Guido coprendo con la sua la voce di tutti, impose quel silenzio che io, tanto volentieri, avrei
imposto a lui. Poi con voce mutata, supplice (imbecille!) parlò con lo spirito ch’egli credeva presente: - Te
ne prego, di’ il tuo nome designandone le lettere in base all’alfabeto nostro! Egli prevedeva tutto: aveva
paura che lo spirito ricordasse l’alfabeto greco. Io continuai la commedia sempre spiando l’oscurità alla
ricerca di Ada. Dopo una lieve esitazione feci alzare il tavolino per sette volte cosí che la lettera G era
acquisita. L’idea mi parve buona e per quanto la U che seguiva costasse innumerevoli movimenti, dettai
netto netto il nome di Guido. Non dubito che dettando il suo nome, io non fossi diretto dal desiderio di
relegarlo fra gli spiriti. Quando il nome di Guido fu perfetto, Ada finalmente parlò: - Qualche vostro
antenato? - suggerí. Sedeva proprio accanto a lui. Avrei voluto muovere il tavolino in modo da cacciarlo
fra loro due e dividerli. - Può essere! - disse Guido. Egli credeva di avere degli antenati, ma non mi faceva
paura. La sua voce era alterata da una reale emozione che mi diede la gioia che prova uno schermidore
quando s’accorge che l’avversario è meno temibile di quanto egli credesse. Non era mica a sangue freddo
ch’egli faceva quegli esperimenti. Era un vero imbecille! Tutte le debolezze trovavano facilmente il mio
compatimento, ma non la sua. Poi egli si rivolse allo spirito: - Se ti chiami Speier fa un movimento solo.

Zeno si siede al tavolino e pensa di cingere la vita di Ada, la donna che amava, gli intima di amarla. Zeno
era convinto di dire queste cose a Ada ma invece si era seduto vicino ad Augusta. Zeno, dunque, dice “ti
amo” e lo dice alla donna che sposerà e Augusta pur sapendo che Zeno lo voleva dire alla sorella, risponde ‘
non ho fatto altro che aspettarti Zeno’. Zeno dichiara per la prima volta l’amore ad Augusta, si è seduto
vicino alla persona sbagliata, sente che il corpo di Augusta è più bello di quello che immaginava. Zeno
allora partecipa alla seduta spiritica anche se non crede a ciò. Successivamente Anna piange e tutti vanno a
soccorrerla, restano nel salotto solo Ada e Zeno, per la prima volta sono da soli. Ada ha il violino di Guido
in mano perché egli glielo aveva dato per correre da Anna. L’occasione di Zeno dunque si era presentata,
egli chiede a Ada se potesse mantenere lui il suo violino ma lei non vuole darglielo.
Nonostante questo, lui non si arrende e si dichiara di nuovo. Lei allora lo guardò spaventata quasi come se si
volesse mettere ad urlare. Lei, con quel viso di perfette linee geometriche lontanissimo dall’amore
incominciò a parlare. Zeno però voleva le cose chiare, un sì o un no.
Qui poi si consuma il dialogo fra Zeno e Ada. Zeno insiste ed insiste mentre lei è sempre più sgarbata. Ada
allora decide di proporre Augusta per farlo sposare, e mentre pronuncia questa frase chiama Zeno con un
vocativo, tutto si rovescia e riemerge la visione strabica.
I due escono e Zeno incontra Alberta, decide di proporre anche a lei di sposarla, e Alberta gli propone di
nuovo Augusta.
Lui torna a casa senza proposta di matrimonio, ma poi torna nevriticamente e incontra Augusta.
Va dalla donna brutta e le chiede di sposarlo, lui lo sa che sta sbagliando ma lo fa pur di tornare a casa con la
proposta di matrimonio fatta. Lui si mise di faccia a lei e le fa la proposta in maniera rude. Augusta alza gli
occhi strabici al cielo e con un filo di voce dice: ‘ Ma voi scherzate ed è male’ quasi mettendosi a piangere.
Zeno allora dice di aver prima chiesto a Ada, poi ad Alberta e che loro l’avevano rifiutato e di essere
infelice. Davanti al dolore di Zeno, Augusta si ricompone, il suo sguardo somiglia ad una carezza. Augusta
sa che Zeno non la ama ma comincia a capire che gli avrebbe detto sì e che la proposta era stata già fatta ad
altre due persone e pensa che per tutta la vita avrebbe dovuto sopportare ciò.
Zeno lo capisce e cerca di giustificarsi dicendo che si sentiva molto solo.
Augusta è l’autoritratto di Svevo stesso, si irrigidisce al centro del romanzo e diventa punto di appoggio di
questa macchina narrativa. Augusta decisa con un movimento dignitoso che Zeno non dimenticò si rizzò e
abbandonò il sostegno della parete, si avvicinò a Zeno e disse:’ Voi Zeno avete bisogno di una donna che
voglia vivere con voi, e io voglio essere quella donna’. Gli pose la mano paffutella e lui ovviamente dovette
baciarla, ma fu pervaso da una soddisfazione che gli allargò il petto: aveva finalmente risolto tutto.
Fu così che si fidanzò, festeggiarono. Tutti si abbracciano, si baciano, festeggiano, come se tutto fosse
previsto. Solo Ada era più fredda.
Quello che conta più di tutto è questo, la prima volta che Zeno dice ti amo lo dice ad Augusta, la prima
mano che bacia è quella di Augusta, la prima vita intorno a cui lui mette la mano è quella di Augusta, la
prima proposta di matrimonio è per Augusta.
Attorno alla coppia di Augusto e Zeno si forma quella di Guido e Ada. Si forma questa doppia coppia. Nel
salotto queste coppie stavano sempre insieme, una coppia sorvegliava l’altra in questo ambiente borghese.
Zeno da un bacio casto ad Augusta e Guido si incomincia a baciare con Ada con suzione. Erano uno
speculare dell’altro.
Un episodio fondamentale è quello di Guido. Guido è anche bravo a dipingere e una sera nel salotto dice
come vedere il vero colore: stringere le palpebre, togliere le ombre e così ovviamente vediamo la vera natura
cromatica del colore. Così Zeno guarda Ada, e guarda i suoi capelli come se guardasse i colori nel salotto.
La luce si volge sui capelli di Ada e fa uno strano tono, quasi verde e Zeno dice ora: “in poi tutte le volte
che avrei pensato ad un qualsiasi colore avrei pensato a quell’istante in cui gli occhi socchiusi si
poggiavano sui morbidi capelli della bellissima Ada”.
Zeno aveva dunque cristallizzato la sua idea di bellezza, quell’episodio marginale in quel salotto e sui
capelli non della sua fidanzata gli sarebbe servito a commuoverci in una pagina che solitamente viene
accolta ridendo. Con Svevo la catarsi e il tragico non ha più senso ma non è del tutto scomparso, solo che
abita nella parola comica, da Chisciotte in poi il tragico ha spazio nella parola comica. L’episodio più
tragico della Coscienza di Zeno è il matrimonio di Ada con Guido e lo troviamo accennato nell’episodio più
comico dell’opera stessa. Oggi che siamo arrivati all’episodio dei capelli e l’indizio recuperato leggiamo una
pagina fondamentale: il matrimonio di Zeno Cosini. Arriva sospettosamente in ritardo. Aveva fatto molto
tardi, Augusta pensava di essere stata abbandonata sull’altare. Si attribuirono al suo ritardo tre cause. Zeno
pensa ad alcune scuse per discolparsi e in questi pensieri dice già sì al matrimonio con Augusta. Augusta
dice una cosa importante a Zeno: ‘ non dimenticherò mai che tu hai accettato di sposarmi pur non
amandomi ’. Zeno pieno di compassione la abbraccia, lei dice qualcosa che dovrebbe essere una condanna,
ma lei già lo sapeva che lui non la amava.
La parola fondamentale qui è gratitudine, grazia che sono due parole che hanno la stessa radice. Lei sa di
non essere amata ma gli sarà grata perché lui l’ha sposata. Zeno la abbraccia e di tutto ciò non si parlò più
fra loro. A questo punto Zeno dice che l’atto sessuale è più facile rispetto al matrimonio e al fidanzamento.
È un atto animalesco che semplifica il matrimonio. L’uomo complica le cose però, Zeno mentre fa l’amore
con Augusta evoca su quei pochi capelli, quei capelli indimenticabili dove si era posato il suo sguardo su
Ada. Ecco la macchina narrativa di Svevo. Si fa lo sforzo di evocare una luce che non c’è e la donna diventa
un’altra e verso di lei si indirizza tutta la gratitudine.
Zeno per la prima volta prova un sentimento vero, compassione. La notte, sul corpo di Augusto evoca Ada
ma è grato ad Augusta che gli ha consentito questo passo, oltre l’amore c’è la gratitudine che fa dire grazie
ad Augusta e lega Zeno da questa pagina in poi per tutto il romanzo alla sua Augusta e solo nell’anti-
romanzo 900esco, solo in una macchina scompaginata e menzognera poteva crearsi uno scarto tale tra verità
e menzogna, tra salute e malattia, tra bene e male. Uno spazio così profondamente umano perché potesse
annidarsi un sentimento come questo, il più profondo del passaggio dell’uomo sulla terra.

You might also like