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Laboratorio per Vattore biomeccanico L’attore del futuro Relazione tenuta il 12 giugno 1922 In passato, l’attore adattava la sua tecnica alla societa a cui il suo lavoro era destinato. In futuro l’attore dovra coordinare ancor pit il suo lavoro con Je condizioni della produzione. Infatti lavorera in un am- biente in cui il lavoro verra inteso non come maledizione, ma come gioiosa necessita vitale. In queste condizioni ideali di lavoro, l’arte deve naturalmente avere nuove basi Noi siamo abituati a dividere rigidamente la nostra giornata in la- voro e riposo. Qualsiasi lavoratore si sforza di dedicare il minor nu- mero di ore al lavoro e il maggiore al riposo. Se questa aspirazione era normale nella societa capitalistica, non sara affatto cos{ in una societd socialista correttamente impostata. Il problema base é quello della fati- ca, e Parte del futuro dipende dalla sua giusta soluzione. Oggi in America si effettuano intense ricerche per introdurre il ri- poso nel processo lavorativo, senza trasformarlo in un’interruzione del processo stesso. Tutto il problema sta nel regolamentare le pause di ri- poso. In condizioni ideali (sul piano igienico, fisiologico e su quello del comfort) perfino una pausa di dieci minuti pud ristabilire pienamente le forze dell’uomo. Il lavoro deve diventare leggero, gradevole e ininterrotto, mentre Tarte dev’essere utilizzata dalla nuova classe come qualcosa di sostan- zialmente indispensabile, capace di aiutare i processi lavorativi dell’ope- raio e non intesa come semplice divertimento: si dovranno modificare non soltanto le forme della nostra creazione, ma anche il metodo. L’at- tore che lavora per la nuova classe dovra rivedere tutti i canoni del vecchio teatro: daltra parte il suo lavoro si svolgera in condizioni as- solutamente diverse, verra considerato una forma di produzione neces- saria per una giusta organizzazione del lavoro di tutti i cittadini. Senonché, nel campo dei processi lavorativi non soltanto si pud di- stribuire in maniera adeguata il tempo per il riposo, ma @ indispensa- bile individuare i movimenti che consentono di utilizzare al massimo tutto il tempo lavorativo. Nell’esaminare il lavoro di un operaio esperto, riscontriamo nei suoi movimenti: a) l’assenza di movimenti superflui, improduttivi; 5) la ritmicita; c) Vindividuazione del giusto centro di 61 Mejerchol’d: il suo tempo, il suo mestiere gravita del proprio corpo; d) la resistenza. I movimenti fondati su queste basi, si distinguono per il loro carattere “di danza”; il lavoro di un ope- raio esperto ricorda sempre la danza, esso sfiora i confini dell’arte. Lo spettacolo di un individuo intento a lavorare nella maniera giusta pro- cura sempre un certo godimento. Questo vale anche per il lavoro dell’attore del teatro futuro. Nel campo dell’arte dobbiamo sempre preoccuparci di organizzare il materia- le. Il costruttivismo esige dall’artista che egli diventi anche ingegnere. L’arte si deve fondare su basi scientifiche, l’intera creazione dell’artista deve diventare cosciente. L’arte dell’attore consiste nell’organizzare il proprio materiale, cio& nella capacita di utilizzare in maniera giusta i mezzi espressivi del proprio corpo. Liattore riunisce in sé sia colui che organiza, sia cid che viene orga- nizzato (cioé l’artista e il materiale). La formula dell’attore consistera nella seguente espressione: N = Ai + A2, dove N @ V’attore, A; é il costruttore, il quale formula mentalmente ¢ impartisce l’ordine per la realizzazione del compito, Az é il corpo dell’attore, l’esecutore, che rea- lizza L'intento del costruttore (Ai). L’attore deve allenare il proprio materiale, cio’ il corpo, affinché esso possa eseguire istantaneamente gli ordini ricevuti dall’esterno (dall’autore, dal regista). Poiché compito della recitazione dell’attore @ la realizzazione di un determinato intento, si esige da lui economia di mezzi espressivi, tale da assicurare la precisione dei movimenti che contribuiscono alla pit rapida realizzazione dell’intento. Il metodo della “taylorizzazione” si addice al lavoro dell’attore proprio come a qualsiasi altro lavoro in cui si voglia raggiungere il massimo di produzione. Le affermazioni: a) il riposo si inserisce nel processo lavorativo sot- to forma di pause, e 5) l’arte assolve una funzione vitalmente necessaria e non serve da semplice divertimento, impongono all’attore la massima economia di tempo, poiché un’arte, inclusa nella regolamentazione ge- nerale del tempo lavorativo, ottiene un determinato numero di unita temporali che devono essere utilizzate al massimo. Cid significa che non si pud perdere in modo improduttivo un’ora e mezzo o due ore, per il trucco e i costumi. L’attore del futuro dovra lavorare senza trucco e in prozodezda,' indossando cioé un abito che pur setvendo all’attore du- rante l’intera giornata, si adatti perfettamente a quei movimenti e a quegli intenti che realizza sulla scena nel processo della recitazione. La “taylorizzazione” del teatro dovra consentire di recitare in un’ora tanto quanto oggi riusciamo a far recitare in quattro ore. A tale fine T’attore deve necessariamente: a) possedere una capacitd innata di reat- tivita (un individuo dotato di questa capacita, conforme alle proprie doti fisiche, pud aspirare a qualsiasi emploi); b) Vattore deve essere fisicamente dotato, deve ciot possedere ottima vista e resistenza fisica, sentire, in qualsiasi momento il centro di gravita del proprio corpo. Siccome la creazione dell’attore & creazione di forme plastiche nello " La prozodeida indicava la comune tuta da lavoro che sostituiva il costume di scena. 62 Laboratorio per Uattore biomeccanico spazio, Pattore deye studiare la meccanica del proprio corpo. Cid gli & indispensabile, perché qualsiasi manifestazione di forza (anche in un organismo vivente) & soggetta alle leggi della meccanica (e la creazione da parte dell’autore di forme plastiche nello spazio, @ naturalmente una manifestazione di forza dell’organismo umano). : Il difetto principale dell’attore contemporaneo & Passoluta ignoran- za delle leggi della biomeccanica. Ris) SUN 6 E perfettamente naturale che con i sistemi di recitazione finora in auge (“visceralita,” “riviviscenza,” che pur essendo sostanzialmente la medesima cosa, si distinguono nei metodi con cui si raggiungono: la prima mediante la narcosi, la seconda mediante Vipnosi), Pemozione sopraffaceva sempre l’attore al punto che egli non poteva rispondere dei propri movimenti e della propria voce, mancava il controllo, e Vat- tore, naturalmente, non poteva garantire il sucesso 0 Vinsuccesso della propria recitazione. Solo alcuni attori eccezionalmente dotati Ey tuivano il metodo giusto di recitazione, vale a dire il principio di af- frontare la parte non dall’interno verso l’esterno, ma al contrario, dal- Pesterno verso D’interno, cid che naturalmente contribuiva a sviluppare in loro una straordinaria abilita tecnica: tali sono stati la Duse, Sarah Bernhardt, Grasso, Saljapin, Coquelin, ¢ altri ancora, In numerosi problemi la psicologia non arriva a soluzioni ben de- finite. Costruire Vedificio teatrale basandosi sulla psicologia 2 come co- struire una casa sulla sabbia: finira immancabilmente per crollare. Qual- siasi stato d’animo psicologico & condizionato da determinati processi fisiologici. Una volta trovata la giusta soluzione del proprio stato fisico, Vattore arriva allo stato di “reattivita,” che contagia il pubblico e lo fa partecipare alla recitazione (cid che prima chiamavamo zachvat (presa) e che costituisce l’essenza della sua recitazione). Da tutta una serie di stati fisici nascono quei livelli di reattivita che poi si colorano di un da- to sentimento. Con questo sistema di “induzione del sentimento,” l'at- tore conserva sempre un fondamento ben solido: la premessa fisica. La ginnastica, le acrobazie, la danza, la danza ritmica, la boxe, la scherma, sono materie utili, ma possono giovare solo se introdotte, co- me materie accessorie nel corso di biomeccanica, materia fondamentale e indispensabile ad ogni attore. Recensione al libro “Zapiski retiséra” (Appunti di un regista) di A. Ja. Tairov! Moskva, 1921 Tairov, essendo un dilettante, non @ riuscito ad avere una sua idea a proposito di uno dei pitt complessi problemi del teatro: l’arte dell’at- tore, il sistema della sua recitazione, la conoscenza del corpo, come i i ivista “Peéat’ i revoljucija” (Stampa ¢ rivolu- “In questo atticolo pubblicato sulle rivista “Peéat’ i revoljucij npa ¢ zione), n. 1, gennaic-marzo 1922, M. riprende alcuni temi sulla biomeccanica in aperta 63 | I} | Mejerchol’d: il suo tempo, il suo mestiere sttumento espressivo a sua disposizione. L’affermazione di Craig: “la recitazione dell’attore non @ arte” va riferita soltanto a quegli attori dell’ultimo ventennio che, ispirandosi a criteri anarchici, non si sono mai presi cura di impostare i propri mezzi espressivi sulla base di un preciso calcolo. Quando Tairov dichiara: “I’acrobata @ un attore” e non “un pupaz- zo meccanico,” dimostra di non aver capito tutta la complessita della recitazione. Nell’attore acrobata & sempre presente uno sdoppiamento: A; imposta un determinato compito (principio attivo), Ax, adeguandosi alle forme propostegli da Ai, si pone nella situazione di materiale (prin- cipio passivo). Comincia la recitazione. Alla facolta di iniziativa di Ai si aggiunge subito la facolta di controllo rispetto ad Az; Az, pur re- stando in sostanza un fenomeno di tipo passivo, non é puro materiale, ma forza lavorativa, che si impegna alla realizzazione del compito e si riconosce in quanto macchina. Senza sviluppare nel ristretto ambito di una recensione tutti i dettagli di questa formula indispensabile alla re- citazione N = Ai + A2, voglio ribadire (per quanto questa afferma- zione possa sembrare paradossale) che anche nell’attore acrobata, del tipo per esempio di Max Dearly o del siciliano Grasso, capace di spin- gere al massimo l’eccitabilita dei suoi riflessi (e percid risulta anche at- tore “interiore”), in entrambi questi attori dunque é presente il pupaz- zo meccanico. L’acrobata del numero alla sbarra, Max Dearly con il suo numero del pennello (in Mon bebé di Hennequin)’ e un qualsiasi animale in liberta, dato che i loro movimenti sono organizzati e mecca- nizzati, possono essere considerati oggetti dello schema dei movimenti base dei pupazzi. Questo é dimostrato dal fatto che nell’uomo (come negli altri esseri viventi: tutti sono infatti simili) coesistono sia i mo- vimenti del corpo, che sembrano a volte anarchicamente liberi, sia quel sistema, cost odiato da Tairov, che pone chi agisce nello spazio, nella situazione di un pupazzo meccanico. La desctizione tolemaica del mondo, che suggeri a Leonardo da Vinci lo studio di un libro sui principi della meccanica, come un lavoro che necessariamente deve precedere le ricerche sulle leggi dello sposta- mento nello spazio delle varie parti mobili del corpo umano e degli ani- mali, ci insegna una cosa: la messa in moto di una macchina sulla base “dell’unica legge della meccanica in tutte le manifestazioni di forza” (Leonardo) non ritarda affatto nell’attore l’accendersi intensivo del com- bustibile nel campo delle sensazioni del materiale di A2, dato che il re- golatore A; & sempre all’erta. Quando nelle nostre nuove scuole teatrali mettiamo a disposizio- polemica con Tairov, polemica che cra gid iniziata fin dal 1920 sia in discussioni pubbli- che sia attraverso la stampa. 2 Max Dearly (1874-1943) pseudonimo di Julien Roland, attore drammatico, com- mediografo, mimo e drammaturgo. Nel n. 6-7 del 1914 della rivista “L’amore delle tre melarance,” in un articolo, forse dello stesso M., si sottolinea la straordinaria abilita di questo’ attore, in guel periodo in tournée in Russia, nell’utilizzare gli oggetti di cui & circondato in scena. A questo proposito viene ricordata la famosissima scena della com- media Mon Bébé, in cui l’attore “recita” con un pennello un pezzo virtuosistico. 64 Laboratorio per Uattore btomeccantco ne un equilibrato sistema di oggetti, con il compito di allenare il ma- teriale di Az nelle piti disparate direzioni, affinché A: possa “dimostrare ogni posizione anatomica con chiarezza geometrica” (Leonardo da Vinci), beh, non @ da dilettanti dire, come Tairov, che accanto alle lezioni di “plastica” (sic!) e di “ginnastica del balletto” (proprio cos{) egli intro- duce nella sua scuola lezioni di scherma, di actobatica e di prestidigita- zione. La completa disinformazione di Tairoy sulla biomeccanica, arte indispensabile all’attore, ha portato gli attori del suo teatro, con le loro diligenti esercitazioni nella scherma, acrobatica ¢ prestidigitazione, a assurdi risultati: i movimenti degli attori del Teatro Kamernyj sul pal- coscenico non assomigliano a quelli degli equilibristi ¢ dei fantasisti (il grottesco @ naturale in teatro non solo nella buffonata, ma nella tra- gedia e nella tragicommedia e in tutto il teatro nel suo complesso), manca in loro il susseguirsi di ampi movimenti, di una bella corsa, di salti e di una ferma andatura alla Delsarte “in cui tutti i movimenti del corpo, le posizioni ¢ il volto esprimono le intenzioni degli autori.” (Delsarte) Il Teatro Kamernyj persiste ostinatamente ad ignorare la regola di Leonardo: non fare “né grandi movimenti in piccoli sentimenti, né pic- coli movimenti in grandi sentimenti.” Qui non si tratta della ferma an- datura del marinaio che passeggia sul ponte di una nave che rolla, non si tratta di mettere in pratica la ricetta del geniale teorico L. Boltsman, suggerita da A. Einstein: “lasciare l'eleganza ai sarti ai calzolai.” E proprio il contratio: prendere come regola I’“eleganza dei sarti e dei calzolai”; alla base, perd, dei movimenti sul palcoscenico ci sono (sap- piamo da dove sono stati presi) i principi della elevazione delle scuole di ballo. La tabella sinottica di Carlo Blasis, quando parla di elementi della danza, riporta: pas, enchainements, arabeschi; ma quando si trat- ta di pantomima sulla tabella appare qualcosa d’altro: gesti, fisionomia, stati extrascenici di altra natura. Quando la ballerina sfiora il palcoscenico con le braccia aperte ad ali, ci da Pimpressione di voler spiccare il volo. La si pud definire una cotsa? No, di certo, perché ogni suo movimento é aereo, e quando tocca il palcoscenico, il tutti non si muove nemmeno. Anche per Nifinskij, in qualsiasi momento della sua danza, il critico & pronto ad usare l’aggettivo “gereo.” E un’arte che si ottiene solo con un particolare allenamento in una ginnastica propria del balletto. Ecco a che cosa portano gli esercizi “plastici.” Ma anche la scherma, tra le materie @insegnamento, pud da- re ottimi risultati. Se un allievo d’arte drammatica non ha posto al centro dei giochi ginnici la biomeccanica, se mancano gli sci, gli sport sul ghiaccio, il lancio del disco ¢ del giavellotto, se manca l’hockey, il football, la boxe, la lotta francese, ecc., allora anche la scherma, l’acrobatica e gli eser- cizi da giocoliere diventano inevitabilmente degli hobby da dandy, op- pure l’attore arricchisce le sue conoscenze in attesa solo di quelle oc- casioni quando sulla scena gli tocchera tirare di scherma (Amleto, Don Giovanni), 0 fare il pagliaccio. 65 Meierchol’d: ill suo tempo, il suo mestiere L’acrobatica, di cui Tairov parla nel suo libro, e quella che pitt di una volta abbiamo visto sul palcoscenico del Teatro Kamernyj, non han- no nulla a che vedere con quella che costituisce un elemento del nuovo teatro riservato ai professionisti. Mai come adesso — dopo la pubblicazione di Appunti di un re- gista — mi & chiaro che il Teatro Kamernyj @ un teatro da dilettanti. Solo il dilettante che desideri diventare acrobata @ disposto a ricor- rere ai metodi tipici dell’arte del balletto. Altrimenti, da dove verreb- bero fuori in un acrobata, in un giocoliere, in un boxeur, in un fantasi- sta, certe pose affettate (contro le quali anche nel balletto si & battuto Fokin) e quel fastidioso dondolio della testa, e quel bizzarro gesticolare ad ellisse delle mani lungo superfici invisibili che solo un attore del Ka- mernyj riesce a inventare, e quelle uscite volanti da dietro le quinte, € i guizzi sulla scena da dandy sempre eleganti (anche quando non ce n’é bisogno) e quello sgambettare a passo di danza, stile Luigi XIV, anche quando sarebbe piti opportuna una recitazione pitt grossolana tipo quella dei fantasisti americani? Sono stato costretto ad analizzare cosi dettagliatamente alcuni passi del capitolo Tecnica esteriore dell’attore del libro di Tairov, perché Pautore giustamente considera l’arte dell’attore l’essenza pitt profonda e autentica del teatro. Poveri quegli attori, a cui Tairov dedica il suo libro (“ai miei com- pagni d’armi e allievi, alla loro turbolenta giovinezza, al loro cuore ar- dente, alla loro tenace passione per l’arte teatrale”). In che continuo stato di ignoranza si vengono a trovare con un maestro del genere, che vuole a tutti i costi correggere Craig (il Craig artista, attore e regista) la dove lui stesso & incapace a raccapezzarsi. Per esempio: nel 1921 Tai- rov ripete quasi ad ogni pagina quello che i protagonisti della rivolu- zione teatrale in Russia e in Occidente avevano gia scritto negli anni tra 41 1905 e il 1917, e inoltre molte cose senza averle capite, vengono im- pietosamente travisate. Il periodo della stilizzazione (1906-1907) provoca da parte di Tai- rov tuoni e fulmini. Non capisce che la stilizzazione @ sorta come un’esi- genza per liberare gli attori dall’anarchia del teatro naturalistico e ren- derli consapevoli dei principi organizzativi del teatro convenzionale. Tairov in teoria dissente dai “capricci infantili” dei rivoluzionari tea- trali degli anni 1905-1912, ma poi in pratica Scoprire il libro di Sylvain Lévi Le thédtre indien, tirarvi fuori la ricetta sulla selezione dei colori adatti per i “sentimenti fondamentali delle opere teatrali,” prendere ogni riga di questo libro “come base” per la riduzione scenica di Sakuntala, secondo Tairov @ giusto, mentre secondo lui @ un delitto che il regista del teatro convenzionale porti alle 3 Sakuntala, testo teatrale del poeta e drammaturgo indiano Kalidasa (di cui si igno- rano Ie date precise di nascita ¢ di morte ma che forse visse nel IV secolo d.C.), II Tea: tro Kamernyj il 12 dicembre 1914 inaugurd la sua stagione con questo testo, tradotto dal poeta K. Bal’mont. 66 LAVUTaLUTHD Yor Fanrure woe prove di Suor Beatrice, una monografia di Memling, pet aiutare gli at- tori a chiarire determinate esigenze formali del regista.* Tairov non ha mai voluto fare delle ricostruzioni, ma allora che senso aveva starsene seduti per giorni interi nelle sale ind’ del museo Guimet a Parigi in avenue d’Tena oppure nei musei londinesi, per but- tare giti poi i piani della prossima messinscena? “Certi gruppi sembravano affreschi pompeiani, trasformati in quadri viventi,” cost veniva descritto lo spettacolo La morte di Tintagiles (Mo- sca, 1905)> Si pud dire lo stesso dello spettacolo Sakuntala? Tunica differenza sta nel fatto che in un caso la composizione non ® casuale (tutto & predisposto), mentre nell’altro tutto & stato fatto “ap- prossimativamente,” come del resto tutto il lavoro di Tairov in varie direzioni (vedi le sue stesse dichiarazioni in alcuni passi del suo volume). Tl fatto che Tairov abbia cosi manifestamente espresso il suo desi- derio di tenersi assolutamente lontano dal teatro convenzionale critican- do insistentemente il periodo della stilizzazione, lo tradisce: Tairov sa benissimo che con il suo bagaglio di conoscenze nel campo del teatro non potra andare lontano, senza contare che il Teatro Kamernyj, oltre alla sua caratteristica puramente filodrammatica, porta su di sé il segno troppo evidente dell'epigonismo. Mentre nel processo di rottura con il teatro naturalistico, gli esperimenti del Teatro-studio di Mosca, del tea- tro della Komissatevskaja e del gruppo pietroburghese di registi ¢ pedagoghi, quali N. Evreinov, F. Komissarzevskij, MiklaSevskij, Me- jerchol’d, V1. Solov’ev, M. Gnesin, sono stati rivoluzionari e non rifor- mistici, Tairov invece non @ riuscito a diventare il promotore di un nuovo periodo che sostituisse il teatro convenzionale. Se la creatura di Tairoy (il Teatro Kamernyj) esprime in modo piti che evidente e a ogni pie’ sospinto di non essere che una rimasticatura di vecchi motivi del teatro convenzionale del periodo della V. F. Ko- missarzevskaja, Tairov & costretto contro la sua volonta nelle sue dichia- tazioni pubbliche a sottolineare con ostinazione un atteggiamento com- pletamente diverso circa la soluzione di quel problemi teatrali che sono stati risolti gia da tempo e che attendono soltanto — volendo affrontare da un punto di vista scientifico i problemi dell’arte della messa in scena e del teatro — di essere relegati nella morgue dell’arte. Si & gid cominciato ad avere un atteggiamento scientifico nei confron- ti di tutta una serie di problemi teatrali, e noi giustamente ci aspettiamo molto dalla sezione scientifica dei Laboratori superiori di stato per la re- gia (i GVRM), dove si affrontano i problemi fondamentali dell’arte del teatro. Frattanto con la scomparsa del fronte teatrale del Teatro RSFSR I 4 Tairov, tra il 1905 e il 1906 fu attore presso il Teatro della Komissardevskaja, proprio nel ‘periodo in cui M. faceva i suoi esperimenti di teatro convenzionale © nel are re. appunto ricorda questo episodio quando M. mostrd agli attori le monografie di Memling ¢ di Botticelli. ST citazione @ tratta da un articolo di V. Ja. Brjusov in “Vesy” (La bilancia), n. 1, 1906, in cui Pautore si firmd con lo pseudonimo di Avrelij. 67 non vediamo chi potrebbe in pratica continuare il principio eroico-mo- numentale, “stile RSFSR.” I nostri teatri hanno un loro posto ben definito nell’estetica dell’Og- gi teatrale. E per individuare questi posti ¢ bene lasciarsi guidare da un riesame del recente passato ormai entrato nella storia, anche se non si tratta di anni molto lontani: 1905-1917. Le febbrili ricerche del 1905-1907, ebbero come risultato le mie 13 opus del periodo Poltava-Mosca-Pietroburgo da La morte di Tintagi- les (Teatro-Studio del MCHAT, 1905) fino a Balagandik, che si affaccia gia decisamente alla soglia del nuovo anno 1907 (primo spettacolo del teatro della V. F. Komissarzevskaja, 30 dicembre 1906). Con Balagancik ha inizio un movimento e una lotta secondo tre correnti: 1. Una nuova arte teatrale, in contrapposizione e in sostituzione del teatro naturalistico (dove dominano gli scenografi Sudejkin, Anisfel’d, V. Denisov, cui si uniscono successivamente Bakst, Benois, Dobuzinskij, Bilibin). 2. Nonostante N. Sapunov si fosse fermato solo alla prima fase, sia lui sia Golovin, se ricordiamo i lavori dell’ultimo Don Juan, Il principe costante, Il ballo in maschera dell’ex teatro Aleksandrinskij (Pietrobur- go) e Elettra all’ex Mariinskij (sempre a Pietroburgo), sono rimasti degli isolati soprattutto se pensiamo cosa hanno voluto dire per il teatro i Javori di Sapunoy per il Balagancik e La sciarpa di Colombina (da non confondere con La coperta di Pierette) e La principessa Turandot. Tutte queste messe in scena rientrano nelle mie opus registiche. 3. Ma ecco che per la prima volta si afferma con particolare risalto il principio della tridimensionalita del corpo umano, con tutto quello che comporta sulla scena, La pittura non serve pit. E 14 dove sopravvive (Id risveglio di primavera), deve adattarsi alle nuove leggi della costruzione verticale (anche se all’interno delle norme del teatro convenzionale di al- Jora). Questo cammino, rappresentato in teatro da tre messinscene: La vita dell’uomo (variante pietroburghese), Il risveglio di primavera e Il trionfo della morte, e cominciato agli inizi del 1907, verso la fine dello stesso anno s’interrompe. Iniziato dunque come una meravigliosa inven- zione che sara poi riproposta in Lo scambio di Claudel (era una mia idea per il Teatro Kamernyj), ma realizzato rozzamente, per un certo pe- tiodo si arresta. E a tutto cid post factum si pud dare un’esatta spiega- zione, poiché il punto 1, di cui sopra, non si @ ancora esaurito del tutto. Troppo numeroso quantitativamente e troppo forte qualitativamente era il gruppo “ricco di cosf brillanti personalita.” Eppure anche quando in “Mir iskusstva” (Il mondo dell’arte) si costitui un’ala di sinistra, che * Si tratta della messa in scena comune di M. e di Tairov al Teatro Kamernyj il 5 matzo 1918. In realtd la collaborazione di M. si limitd al piano di regia come dimostra Ja locandina dello spettacolo: Lo scambio, mistero di P. Claudel, regia di A. Tairov. Ha collaborato al piano di regia Vs. E. Mejerchol’d. Importante ‘ricordare che in que- J piano: M, studid il principio dei cubi, che fu poi usato dallo scenografo G. V. sulov. si mosse sui binari del cubismo, in teatro non cambid niente: la stiliz- zazione si consolida sempre pit, dilagano le tinte brillanti, si rispolvera Vantichita, domina la peggiore leziosita ¢ il peggior barocchismo, ¢ un noioso estetismo cerca di imporsi come canone indiscutibile. L’ala destra de “Il Mondo dell’arte” si disperde nel terreno del MCHAT e di simili palcoscenici. Non sono di strada per Tairov. Certo la coppia Tairov-regista e Ekster-scenografa non porta il Teatro Kamernyj nella posizione del cosiddetto teatro écho du temps passé; cosa ne salta fuori allora? Se Ekster riuscira ancora per un po’ di tempo a ingannare qualcuno con il suo “estremismo di sinistra,” il Teatro Kamernyj re- stera un punto morto. Tairov ammannisce al pubblico di anno in anno, sia pur cucinato in modi diversi, tutto quello che ha imparato nel pe- riodo in cui era attore debuttante al teatro della Komissarzevskaja, quando “seguiva con passione” i lavori del teatro in ricostruzione negli anni 1905-1906 e assimilava con aviditd tutto quello che gli stessi prota- gonisti di quel periodo di trasformazione del teatro naturalistico in tea- tro convenzionale avevano cominciato a spingere sempre piti a sinistra. Al Teatro Kamernyj in Romeo non c’é, come annunciano i manifesti, neorealismo, ma neostilizzazione. Invece di Sudejkin c’é la Ekster, Puni- ca cosa che cambia sono l’etichetta e i clienti, ma la merce @ sempre la stessa. “Tl principio di denudamento del corpo,” ecco di cosa si vanta Tairov. “T corpi degli attori denudati, dipinti, che si muovono a ritmo libero non assomigliano piti agli immobili bassorilievi artificiali del teatro convenzio- nale,” si rallegra Tairov. Il movimento ¢ movimento ¢ l’immobilita @ im- mobilita, d’accordo: non c’é affinitd tra fenomeni temporali e spaziali sul- Ta scena; ma cosa dir Tairov a sua giustificazione se gli chiederemo: non ha forse trovato dei corpi nudi e dipinti in Bakst, Sudejkin, Golovin, ¢ qualche volta in Fokin nei tempi passati? Cosa dice della Duncan, il cui corpo @ coperto da un velo cosi trasparente? Ma Tairov non si vergogna di parlare con tono cos{ trionfale di que- sti corpi nudi: “nel campo della forma sono stati raggiunti notevoli successi.” La cosa comunque piti grave riguarda il capitolo in cui Tairov parla dello spettatore. Se si pud uscite da un’impasse tecnica sostituendo alla scenografa Ekster, Vesnin o Jakulov, allora, senza tener conto dell’at- tualita, si pud tranquillamente sostenere che l’arte teatrale pud andare avanti anche senza lo spettatore e che lo spettatore non costituisce uno stimolo necessario all’attore, che non c’é motivo di abolire la ribalta e via dicendo. Tairov si avventura su una strada molto pericolosa. Inoltre, Tairov, per cogliermi in contraddizione, riporta il mio augu- tio che lo spettatore “non dimentichi neppure per un momento che da- vanti a lui c’é un attore che sta recitando,” e si domanda come é possi- bile che lo spettatore in queste condizioni possa “salire sul palcosceni- co, in completa estasi, per poter prendere parte alla cerimonia come ini- ziato.” Il nuovo spettatore di oggi (parlo del proletario) sara pitt in grado, 69 Mejerchol’d: il suo tempo, il suo mestiere a mio giudizio, di liberarsi dall’ipnosi dell’illusorieta, ma soltanto a con- dizione che sappia (e lo sapri, ne sono convinto), che davanti a lui si sta recitando, e si avviciner& a quella recitazione coscientemente, poiché attraverso l’attore vorra realizzarsi come partecipante e come creatore di un nuovo contenuto, poiché per lui, uomo vivo (e nuovo, rinato con il comunismo), qualsiasi essenza teatrale @ solo un pretesto per procla- mare di tanto in tanto, in forma riflessa, la gioia di un nuovo modo di essere. Igor IVinskij e il problema dell’'emploi' 1933 Per quanto strano possa sembrare a molti, quando si parla di IVin- skij, senza volerlo viene in mente l’espressione di Cechov: “Pensare per immagini.” Molto spesso durante una conversazione, Anton Pavlo- vié scoppiava in una risata del tutto inattesa, suscitata in lui da un’osser- vazione o da un particolare della vita circostante. Egli viveva in un mon- do come di fantasmi, nati in lui per casuali associazioni, sulle quali co- struiva un personaggio che pit tardi diventava protagonista di una no- vella o un racconto. Mi sembrava che l’idea di “pensare per immagini” fosse tipica solo degli scrittori. Non avevo mai pensato che potesse essere tipica anche di un attore, dato che i processi creativi di attori e scrittori, anche se han- no qualche cosa in comune, conservano sempre una certa differenza fra di loro. Uno solo tra gli attori contemporanei mi ricorda questa curiosa ca- ratteristica di Cechov: Igor Ilinskij. Sul lavoro egli @ sempre cost. Quando gli fai qualche osservazione, pud capitare che improvvisamente si metta non soltanto a sorridere, ma a ridere a crepapelle. E come se si fosse “meravigliato” di qualcosa. é Evidentemente il suo lavoro di attore @ inseparabile dal suo modo di vivere. Igor IVinskij € un attore sano, perché @ un uomo sano. Ha una risa- ta sana. Quando chiacchieri con lui, reagisce allegramente a certi raccon- ti anche non comici, che perd ritraggono fedelmente la vita. Non c’é da meravigliarsi che quest’uomo non beva, non fumi, ¢ si interessi atti- vamente di sport. Ma gli @ “difficile” praticare uno sport, perché quando per esempio si presenta sul campo di pattinaggio tutti cominciano a ri- dere di lui per un quarto d’ora. E una vera tragedia: un attore, chiama- to a interpretare personaggi importanti, ruoli di primo piano anche in lavori non comici, si ritrova con una faccia che fa ridere tutti. Questo & un equivoco. To credo che per un attore pieno di vita, sanissimo, so- lare come Iui sia estremamente riduttiva la definizione “comico.” ' Questo intervento di M. fu pronunciato al Club teatrale in occasione di una se- rata celebrativa in onore di I. Il'inskij, il 26 gennaio 1933. 70 Laboratorio per Vattore biomeccanico To penso che Igor Il’inskij abbia di fronte un gtande awvenire. A. P. Lenskij sosteneva che non c’é divisione fra attori tragici e comici. C’& solo l’attore che sa utilizzare il proprio materiale, i propri mezzi espres- sivi. L’attore completo, capace di pensare per immagini, con una riser- va di osservazioni enorme, non distingue il piano comico da quello tra- gico. Nel comico egli usa tutta la gamma del tragico € nel tragico quella del comico. Egli rifuta tale divisione, rozzamente meccanica. IV’inskij fa proprio cos{. E qui viene fuori uno dei suoi tratti pitt pregevoli: non si fa mai strumentalizzare dalla platea. In platea ci sono sempre delle persone che, venute If per caso, por- tano con sé tutta la loro mancanza di gusto. In scena essi notano sol- tanto cid che colpisce questa loro mancanza di gusto. Ma c’é anche un altro tipo di spettatore, quello che quando viene a teatro & come se fosse presente accanto all’attore, al regista, e mette in moto tutti i propri mezzi espressivi esattamente come |’attore. Ci sono attori che si lasciano coin- volgere da quella parte di pubblico che non ha gusto, ce ne sono altri invece che stabiliscono uno stretto contatto con lo spettatore gia forma- to ideologicamente e quindi anche teatralmente pit: preparato, che cer- ca di migliorare di anno in anno la capacita di recezione dello spettacolo. Gli attori che lavorano per lo spettatore senza gusto dalla prima alla centesima replica, progressivamente abbassano la loro prestazione, pro- gressivamente si degradano, e viene il momento in cui il regista non ne ¢ piti soddisfatto, lo elimina alla centunesima o centoduesima replica € Io sostituisce con un nuovo attore, che dalla centesima alla duecentesima replica mostrer’ con quale tipo di pubblico s’intende. Pud darsi che alla centunesima replica anch’egli venga eliminato, ma pitt spesso capita che nel cambio subentri un attore che lavora per il pubblico giusto, miglio- rando cos{ il suo livello professionale Gli attori che lavorano per il pubblico di buon gusto, o si perfezionano o si mantengono al livello del primo spettacolo. Anche Igor Il’inskij appartiene al tipo di attori che non abbassano mai il livello della loro recitazione, nemmeno alla centesima o duecen- tesima replica: egli si mantiene sempre all’altezza del compito indica- togli dal drammaturgo e dal regista. Non desidera il facile successo. Non ama la gigioneria. E una qualita rara oggi. In una epoca in cui il nostro teatro si é raf- forzato, si & perfezionato tecnicamente, & diventato una tribuna, in un’epoca in cui cominciano a prendere il sopravvento il drammaturgo e Vattore, un attore del tipo di Igor Iinskij & indispensabile. Noi non abbiamo posto per Varte dei paesi borghesi capitalisti, zeppi di café chantant, music-hall, varieta, dove vengono rappresentate eccentricita, € actobazie di ogni genere, perfette magari, ma con un’indelebile impronta di “consumismo.” Il virtuosismo, il tecnicismo 14 sono fini a se stessi. Da noi questo @ inaccettabile. Per quanto un numero possa essere bril- lante, non ci basta. Anche noi apprezziamo il virtuosismo, ma non per- diamo un’intera serata per spettacoli di quel genere. Forse proprio per- ché da noi non ci sono spettacoli di questo tipo, una certa parte del no- 71

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