settembre / september 2022

1071

Eduardo Souto de Moura

periodico mensile Data di uscita 01/09/2022

Se ci fermassimo a guardar passare il tempo?

What if we paused to watch time go by?

Jean Nouvel guest editor 2022

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del design e dell’arte
contemporanea.
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1071

Eduardo Souto de Moura

15.00

JKMM Architects
Dance House
Helsinki, Finland, 2022

In dialogo con una ex fabbrica

degli anni Quaranta, un edificio
di 7.000 m2 dedicato alla danza
crea un dialogo tra storia e futuro
Creatin
Creating a dialogue with a
reclaimed factory from the 1940s,
reclaim
a 7,000 m2 dance venue
builds a bridge between
history and the future

Se ci fermassimo
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rma a guardar passare il tempo?
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What if we paused to watch time go by?

Jean Nouvel guest editor 2022

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in contemporary
architecture, design and art.
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Eduardo Souto de Moura

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JKMM Architects
Dance House
Helsinki, Finland, 2022

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degli anni Quaranta, un edificio
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Jean Nouvel guest editor 2022

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Settembre
September 2022

Giulia Ricci
Diario
Direttore editoriale / Editorial director Walter Mariotti
A cura di / Presented by Elena Sommariva

Punti di vista / Points of view. Phineas Harper, Lieven De Cauter II

Alberto Mingardi Private equity. Space Needle, Seattle III

LM, ES Letture / Good reads IV

Manuel Orazi Editori / Publishers. Antonio Carbone, Libria V

Valentina Petrucci Influssi / Influences. Benedetta Tagliabue, Barcellona / Barcelona VI
Francesco Franchi Grafica / Graphics. AGI, Trieste VII

Walter Mariotti Sostenibilità / Sustainability. Patricia Urquiola, Sanlorenzo VIII

Paul Smith Luoghi comuni / Common places. Maniglie / Door handles IX

Alessandro Benetti Ospitalità / Hospitality. Norm Architects, Keiji Ashizawa Design, Karimoku X
WM Intervista / Interview. Claudio Luti, Kartell XI
ES Bambini / Kids. Domitilla Dardi, Playgrounding XIII

Silvana Annicchiarico Talenti / Talents. Vincent Long, William Fournié (Amorce Studio), Bruxelles / Brussels XIV
Antonio Armano Aziende / Companies. Nardi, Chiampo, Vicenza, Italia / Italy XV

Loredana Mascheroni Standard. Raw-Edges, Cozmo XVII

ES Materiali / Materials. Marc Ferrand, Bottega Ghianda XVIII

LM Nuovi classici / New classics. Antonio Citterio, Knoll XIX

ES Processo / Process. Studio Formafantasma, Maison Matisse XX

LM Design cities. Jerusalem Design Week XXI

Cristina Moro Mnemosine. Storie di oggetti / Stories of objects. Gabetti e Isola, Ceccotti Collezioni XXII
Andrea Bajani Case d’altri / Others’ houses. Sparire nel sottosuolo di Amsterdam /
Disappearing underground in Amsterdam XXIII

Data sheets
Catellani&Smith, Lodes XXV

Market News
Gruppo Bonomi Pattini, Ceramiche Keope, CP Parquet, Nardi, Quadrifoglio Group, Marmomac XXVII

Inserti / Inserts

Massimo Valz-Gris Reggiani. La luce che cambia lo spazio / The light that transforms space XXXVI

MVG Iris Ceramica Group. Corpi di Luce. La ceramica si fa arte / The art of ceramics XLII

Rassegna
Marianna Guernieri Superfici / Surfaces XLVIII

Marziani / Martians
Walter Mariotti Massimiliano Finazzer Flory LIX

Inserto / Insert

MVG Galleria Nazionale dell’Umbria. LX

L’accessibilità diventa accoglienza / Accessibility becomes openness

A destra: schizzi di
progetto di Antonio Citterio
della poltroncina Klismos
progettata per Knoll
(vedi pagina XIX)

• Right: design sketches

by Antonio Citterio of the
Klismos armchair for Knoll
(see page XIX)
II DIARIO
Punti di vista / Points of view Testo / Text
Giulia Ricci
Architettura, attivismo
e diritti sociali
Phineas Harper Siamo consapevoli
Il contributo che il settore dell’architettura può dare che oggi il potere decisionale degli
alla società passa anche per i diritti dei lavoratori architetti è limitato e, forse, lo è sempre
e per le nuove forme della professione. Ne abbiamo stato. Il potere di un progettista è quello
parlato con Phineas Harper e Lieven De Cauter di fare buoni progetti, ma il loro impatto a
livello politico è ridotto.
Il potere reale di un progetto d’innescare
The architecture industry’s contribution to society un cambiamento riguarda un ambito di
can extend to the rights of those who work in the attivismo più vasto, ovvero la capacità
di ciascuno di migliorare le proprie
sector, and the activism of emerging studios. We spoke condizioni come lavoratore, imprenditore,
about it with Phineas Harper and Lieven De Cauter scienziato dei materiali, elettore o
contestatore. Capacità che, in fondo,
Phineas Harper Lieven De Cauter è marginale rispetto alla disciplina,
Criticə e curatorə, esplora Filosofo, storico dell’arte, ma che forse è un bagno di realtà per
l’intersezione tra architettura scrittore e attivista belga,
e politica. È amministratorə insegna presso il Dipartimento
la professione. L’idea che gli architetti
delegatə di Open City e Open di Architettura di KU Leuven e riscoprano la propria identità come
House Worldwide. RITCS. lavoratori potrebbe porre fine a parecchi
pregiudizi dell’industria.
• A critic and curator, Harper • De Cauter is a Belgian
explores the intersection of philosopher, art historian, writer
architecture and politics. They and activist. He teaches at the Lieven De Cauter Accostare
are director of Open City and Department of Architecture of architettura e attivismo è un ossimoro:
Open House Worldwide. KU Leuven and RITCS. l’architettura è sempre stata dalla parte
del potere e del denaro.
Mi stupisce sentire parlare dell’architetto
come lavoratore.
PH Concordo che l’architettura stia
dalla parte del potere, ma questo non
riguarda necessariamente chi lavora nel
settore. Un centralinista dello studio di
Norman Foster può essere considerato
dalla parte del potere, ma i suoi interessi
individuali, come dipendente di una
struttura di potere, sono fondati sulla più
ampia collocazione di classe, legata alle
condizioni del suo lavoro.
LDC In Belgio, l’architettura talvolta
sembra una corporazione: bisogna
soffrire per avere successo e lo
sfruttamento dei giovani è estremo.
Potremmo usare casi concreti per capire
se l’architettura sia compatibile con il
concetto di classe lavoratrice: Rotor
ha adottato il riciclo attivista unito a un
modello di business; la Sonian Wood
Coop di Bruxelles difende l’uso del
legno locale; Gideon Boie di Bavo ha
gestito la trasformazione della clinica PC
Caritas, di De Vylder Vinck Taillieu a Melle.
Non sono certo che queste pratiche
possano essere considerate attivismo.
Il ruolo dell’architetto sta cambiando;
si sta svincolando dal modello guidato
Bertine Bielderman / EINA, Barcelona University da un capomastro (spesso maschio)
Centre of Design and Art per avvicinarsi alla società, l’architetto
Questo mese, le illustrazioni delle rubriche Punti di vista e Case accetta l’incarico, ma lo sviluppa con
d’altri nascono dalla collaborazione con EINA, che ha scelto la comunità. Doina Petrescu di Atelier
per Domus un suo ex studente. Bertine Bielderman (1991) è
un’illustratrice olandese. Ha scoperto la sua passione per l’arte d’Architecture Autogérée parla di
durante i suoi viaggi in Sudamerica, seguiti dal progetto di un femminilizzazione della disciplina.
murales con alcune organizzazioni di surf in Sudafrica. Lavora
come illustratrice e grafica freelance a Barcellona e Tenerife.
PH L’idea di architettura come pratica di
• This month, the illustrations in the Points of view and Others’ cura sociale è potente e ciò si esprime in
houses columns originate from the collaboration with EINA, which molti approcci locali all’edilizia.
chose one of its alumni for Domus. Bertine Bielderman (1991) La Grande Moschea di Djenné, in Mali, per
is a Dutch illustrator. She discovered her passion for art during
her travels in South America, followed by a mural project with
esempio, è costellata di paletti di borasso
surf organisations in South Africa. She is working as a freelance detti toron, che sono elementi decorativi,
illustrator and graphic designer in Barcelona and Tenerife. ma fungono anche da impalcatura
domus 1071 Settembre September 2022
Illustrazione / Illustration
Bertine Bielderman
per la manutenzione. La simbiosi tra
struttura, decorazione e manutenzione
è affascinante e dovremmo trarne un
insegnamento.
Essere un attivista d’architettura parte
però dai diritti dei lavoratori, tra cui il
rispetto dell’orario di lavoro, un salario
dignitoso e l’accesso alle prestazioni
sanitarie. Se uno studio tradisce questi
principi di base, se c’è sfruttamento,
i suoi risultati progettuali, per quanto
rivoluzionari, non mi interessano.
LDC I diritti dei lavoratori mi stanno a
cuore, ma non sono sicuro che quando
si parla di attivismo siano prioritari.
Non possono esserlo, di fatto, perché,
in un contesto neoliberista, i progetti
più radicali si fondano su volontariato e
sussidi. Può sembrare uno slogan ma, se
al proletariato si sostituisce il precariato,
parlare di attivismo in architettura
è rischioso, perché non ha base
economica.
PH Nell’economia capitalista c’è un
limite intrinseco al sostegno di questi
straordinari tentativi di sovversione.
Per questo, dobbiamo anche pensare ai
professionisti sottopagati che realizzano i
modelli con Rhino per i grandi studi.
In Gran Bretagna, l’architettura è
un’industria da sette miliardi di sterline
e i piccoli studi rivoluzionari sono
pochi. È qui che l’architettura diventa
una questione di classe. Suggerirei
di guardare entrambi i versanti del
problema: l’architettura come attivismo e
l’attivismo in architettura.
Sono anche entusiasta di vedere gli
architetti assumersi responsabilità
sociali nel contesto politico e istituzionale.
Vedo raramente architetti e urbanisti sui
media generalisti. Per avere più impatto
sulla società dobbiamo migliorare il
nostro modo di comunicare, essere più
comprensibili ai non addetti ai lavori.
LDC Nel ricostruire questa mappa
dell’architettura e dell’attivismo la
distanza tra le nostre posizioni è grande,
soprattutto tra l’attivismo in merito
alle condizioni di lavoro contrapposto
all’architettura attivista. Pensate ad AAA,
Recetas Urbanas, Raumlabor oppure
a Forensic Architecture: l’architettura
attivista amplia i confini della disciplina,
abbracciando, per esempio, la
partecipazione e l’ecologia.
Gli architetti possono dare un grande
contributo alla società perché la loro
professione è per sua natura sociale.
Possono avere un peso in ogni forma
di attivismo urbano.
Abbiamo bisogno di più politici che
capiscano il valore dell’urbanistica
e dell’architettura, e di più architetti
che abbiano il coraggio di ampliare la
disciplina a una funzione sociale.
domus 1071 Settembre September 2022
Architecture, activism
and social rights
Phineas Harper We’ve come to
understand that architects don’t have
that much agency, or maybe they
never did. The power of a designer is to
design cool projects, but the degree to
which your political agency can come
through that design is limited. Design’s
real power to effect change involves a
broader field of activism – one’s capacity
to effect change as a worker, an
employer, a material scientist, a voter or
a protestor. Those powers are ultimately
tangential to the core discipline, which
is perhaps a reality check for the
profession. Architects rediscovering
their identity as workers could end a lot
of prejudices in the industry.
Lieven De Cauter The combination of
architecture and activism is oxymoronic,
in the sense that architecture has
always been on the side of power and
money. I’m amazed to hear about the
architect as a worker.
PH I agree that architecture is on the
side of power, but architectural workers
aren’t necessarily. A receptionist in
the office of Norman Foster might
be seen as on the side of power, but
their interests as an individual, as an
employee of a power structure, is more
reliant on their wider class situation, tied
up in their working conditions.
LDC In Belgium, architecture is a
corporation-like thing: you must suffer
before you make it, and exploitation of
the young in architecture is particularly
extreme. We could use concrete
cases to understand if architecture is
compatible with the concept of working
class: Rotor, which introduced recycling
as activism with a business model;
the Sonian Wood Coop in Brussels
advocating for the use of local wood;
or Gideon Boie of Bavo, who managed
the process behind De Vylder Vinck
Taillieu’s PC Caritas clinic in Melle. I’m not
sure these practices can be understood
as working class or as architectural
activists. But the architect’s role is
changing: rather than being that of the
(often male) master builder, it becomes
about caring for society and its
processes, taking the brief and running
away to work with the community.
That’s why Doina Petrescu of Atelier
d’architecture autogérée speaks about
the feminisation of the discipline.
PH The idea of architecture as care
is powerful and relates to many
indigenous approaches to building. The
Great Mosque of Djenné, in Mali, for
example, is covered in bundles of rodier
palms called toron, elements that are
decorative but are also scaffoldings for
maintenance. This symbiosis between
the structure, decoration and its care
is compelling and it’s something we
should learn from. But the question of
what it is to be an activist in architecture
starts from workers’ rights, including
not overworking, decent pay and health
policies. If a studio is getting that wrong,
if there’s exploitation, I couldn’t care less
about the design output of that studio,
however radical it claims to be.
LDC I am concerned about workers’
rights, but I’m not sure they can be
considered the first thing when we
talk about activism. Indeed, they can’t
be, simply because in a neoliberal
framework these projects often rely
on volunteering and subsidies. It
might sound sloganesque, but, as the
precariat is supplanting the proletariat,
talking about activism in architecture
is risky, because the economic base is
non-existent.
PH There is an inherent limit in our
capitalist economy to sustain all these
wonderful subversive attempts. We
must also think about those underpaid
professionals doing Rhino models in
corporate firms. Architecture in the UK
is a seven-billion-pound industry and
far more people are working in that
economy than small subversive studios.
This is where architecture becomes a
class issue: I would suggest we look at
both sides of the problem, architecture
as activism and activism within
architecture. I’m excited to see many
architects taking on civic responsibilities
in the political and institutional context.
But I’ve rarely seen architects and
urbanists in the mainstream media.
I believe to really effect change we must
improve how we communicate and
become more legible to most people.
LDC In reconstructing this cartography
of architecture and activism, the
distinction between our takes is
fundamental, namely activism against
the working conditions versus activist
architecture. Think of AAA, Recetas
Urbanas, Raumlabor or even Forensic
Architecture: activist architecture is the
expanding of the discipline as such,
particularly towards commons and
ecology. Furthermore, architects can
contribute to society in a major way
because their profession is societal by
nature. They can be very important in all
forms of urban activism that we’ve seen
recently. We need more politicians to
understand the value of urbanism and
architecture, and also more architects
who have the courage to expand the
discipline to a civic role.
Private equity
Space Needle, Seattle
Stando alla leggenda, o a quanto
ne resta sulle pagine di Wikipedia,
la sua architettura è il risultato di un
compromesso tra lo schizzo su un
tovagliolo di Edward E. Carlson, un
imprenditore che sognava un gigantesco
pallone aerostatico legato al suolo, e
l’idea dell’architetto John Graham, che
immaginava il profilo di un disco volante.
Per tutti, anche per quelli che a Seattle
non ci sono mai stati, la sua forma è
inconfondibile. Lo Space Needle è una
specie di Crystal Palace del secondo
Dopoguerra. È quel che resta della
Grande Esposizione del 1962: Carlson,
che era il presidente del comitato
organizzatore, voleva un ristorante
altissimo e dal profilo futuristico.
L’allunaggio sarebbe arrivato sette anni
dopo ma una manciata di mesi prima, nel
1961, l’Unione Sovietica aveva mandato
il primo uomo nello spazio, Yuri Gagarin,
seguito a ruota dal primo americano,
Alan Shepard. L’opinione pubblica
statunitense, attizzata dalle promesse di
futuro che il presidente John F. Kennedy
seminava con generosità, guardava
con apprensione questa competizione,
temendo di essere in ritardo. Ma le grandi
innovazioni occidentali, per fortuna,
avevano più a che fare col burro che coi
cannoni, riguardavano il miglioramento
quotidiano della vita di ciascuno e,
solo in subordine, il bisogno di andare
là, dove nessuno è mai stato prima. Lo
Space Needle è l’incarnazione plastica
di questa capacità di coniugare poesia
e prosa, sogno e ambizioni più concrete.
Sembrava una stazione spaziale, ma era
un ristorante. Del resto, non c’è nessuna
ragione per cui, mentre si addenta un
hamburger, non si possa alzare il naso
verso le stelle. Lo costruì un consorzio di
privati e tuttora lo gestisce una società
che fa capo all’impresa edile Howard
S. Wright, che ne ha fatto una sorta di
museo di se stesso. Ci si va per dire
che ci si è andati. E per portarne a casa,
con una fotografia, un ricordo di quando
sognavamo più in grande.
DIARIO III
Testo / Text Alberto Mingardi
• According to legend, or what remains
of it on Wikipedia, its architecture is
the result of a compromise between a
sketch on a napkin by Edward E. Carlson,
a businessman who dreamed of an
enormous aerostatic balloon tethered to
the ground, and an idea of the architect
John Graham, who imagined the form
of a flying saucer. For everyone, even
for those who have never been to
Seattle, its shape is unmistakable and
immediately recognisable. A kind of
Crystal Palace dating from the period
after World War II, the Space Needle
is what remains of the 1962 World’s
Fair. Carlson, who was the president
of the event’s organising committee,
wanted a futuristic restaurant at the top.
Humans would land on the Moon seven
years later, but a few months earlier,
in 1961, the Soviet Union had launched
the first cosmonaut, Yuri Gagarin, into
outer space, soon followed by the first
American, Alan Shepard.
This rivalry was viewed with
apprehension in the eyes of American
public opinion, stirred by the promises
of the future liberally dispensed by
President Kennedy and in fear that the
US was lagging behind. But fortunately
major Western innovations had more to
do with butter than cannons, focusing
on improving our day-to-day lives and,
secondarily, with the need to venture into
the great beyond, where no human had
gone before. The Space Needle is the
architectural incarnation of this ability to
join poetry and prose, dreams and the
most tangible ambitions. It resembled
a space station, but it was a restaurant.
After all, there was no reason why one
couldn’t gaze up at the stars while biting
into a hamburger. It was built by a private
consortium and is today managed by
a group that reports to the Howard S.
Wright construction company, which
turned it into a museum of itself.
You go there to say you’ve been there,
and to take home a photo souvenir of
when we dreamed big.
Photo Martina Birnbaum / EyeEm / Getty Images
IV DIARIO
Letture / Good reads
Missing Link
Autori / Authors
A. Dabernig, S. Hackenschmidt
Casa editrice / Publisher
Birkhäuser, MAK
Tra gli anni Sessanta e Settanta del
Novecento, Vienna è stata l’epicentro
delle avanguardie architettoniche.
Il “fenomeno austriaco”, come
l’aveva soprannominato Peter Cook,
comprendeva nomi del calibro di Hans
Hollein, Walter Pichler, Haus-Rucker-Co,
Coop Himmelblau, Günther Domenig
e Raimund Abraham. È in questo
contesto che s’inserisce l’eccezionale
esperienza del gruppo Missing Link
(1970-1980), fondato da Angela Hareiter,
Otto Kapfinger e Adolf Krischanitz.
Scrittori, oltre che progettisti, i tre soci
testano i limiti dell’architettura usando
strumenti narrativi e performativi. Il
volume – e la relativa mostra al MAK –
documentano in modo esaustivo la loro
opera unica e controversa, alla ricerca
del collegamento tra persone, arte,
architettura e tessuto sociale. ES
• Between the 1960s and 1970s, Vienna
was the epicentre of architectural avant-
gardes. The “Austrian phenomenon”,
as Peter Cook called it, included
prestigious names such as Hans
Hollein, Walter Pichler, Haus-Rucker-Co,
Coop Himmelblau, Günther Domenig
and Raimund Abraham. This context
also provided the backdrop for the
exceptional experience of the Missing
Link collective (1970-1980), founded by
Angela Hareiter, Otto Kapfinger and
Adolf Krischanitz. Writers as well as
architects, these three founders tested
the limits of architecture by using
narrative and performative tools. The
book – and its corresponding exhibition
at the MAK – thoroughly document their
unique and controversial work, exploring
the connection between people, art,
architecture and social fabric. ES
Living
and Working
Autore / Author
Dogma
Casa editrice / Publisher
The MIT Press
Progetto e riflessioni teoriche si fondono
in questa monografia-trattato di Aureli
e Tattara che raccoglie i progetti dello
studio belga in un racconto organico.
Il focus sono le evoluzioni dello spazio
domestico, “la tipologia costruttiva
più comune, ma anche la più difficile”.
Piante e planimetrie sono lo strumento
usato per esemplificare le vicissitudini
storiche di questa tipologia costruttiva,
tracciate nel sintetico ma denso
capitolo introduttivo. La ricerca muove
dall’assunto che la casa sia uno spazio
politico, risultato della lotta tra gruppi e
classi. L’analisi dei progetti portati avanti
nell’ultimo decennio è tesa a mostrare
alternative abitative improntate a una
struttura collaborativa che non separa
pubblico e privato, strumento potenziale
per democratizzare e demercificare gli
spazi in cui vivere e lavorare. LM
• Design and theoretical reflections are
combined in this monograph-treatise
that assembles the Belgian studio’s
projects in a systematic account. The
focus is the evolution of domestic
spaces, described as the most common
but also the hardest type of construction.
Layouts and drawings are used to
exemplify the historical vicissitudes
of this building typology, outlined in a
concise but dense introduction. The
research is based on the idea that the
home is a political space resulting from
a clash between groups and classes.
An analysis of designs created over the
past decade aims to reveal housing
alternatives based on a collaborative
structure with no separation between
public and private, a potential tool in
democratising and decommodifying
living and working spaces. LM
Tutto, tutto, tutto… Formafantasma.
o quasi Il design degli
iperoggetti
Curatori / Editors
Brugellis, Salvadori, Trincherini
Casa editrice / Publisher
Quodlibet
“Gianni Pettena è imprevedibile, non è
mai dove sono gli altri”. Un’affermazione
di Marie-Ange Brayer che il poderoso
volume di Quodlibet invita a verificare,
oggi che l’anarchitetto è ottantenne. Il
suo spirito rivoluzionario fuori dagli stretti
dettami della disciplina, la sua attenzione
all’ecologia, alle periferie, la costante
ricerca di alleanze con l’arte concettuale,
il radical design, la Land Art e la musica
sperimentale emergono in tutta la loro
attualità grazie a una selezione di scritti
e a una lunga intervista. Al centro di Tutto
tutto tutto c’è la documentazione delle
opere, dal 1966 al 2020, che occupa
metà dell’intero volume e offre spunti
ancora attuali: progetti di architettura
(‘archipensieri’), interventi temporanei,
design, fotografia, performance, ricerche
sui materiali e installazioni. Testimoni di
un’attività critica mai interrotta. LM
• “Gianni Pettena is unpredictable;
he’s never where the others are.” The
publication by Quodlibet invites readers
to certify this statement by Marie-Ange
Brayer for themselves, now that the
anarchitect is in his 80s. His revolutionary
spirit, attention to ecology and the
suburbs, as well as his constant search
for alliances with conceptual art, radical
design, land art and experimental music
emerge in all their relevance thanks to
a selection of writings and an interview.
At the heart of Tutto tutto tutto is the
documentation of his works from 1966
to 2020, occupying half of the volume.
Architectural designs (“archithoughts”),
temporary interventions, design,
photography, performance, exploration
of materials and installations offer
inspiration and bear witness to his
uninterrupted critical thinking. LM
domus 1071 Settembre September 2022
Autore / Author
Marco Petroni
Casa editrice / Publisher
Postmedia Books
Sono passati dieci anni da quando,
nel 2011, Marco Petroni ha ospitato il
progetto Botanica di Formafantasma alla
Fondazione Plart di Napoli, di cui all’epoca
era direttore. Teorico, docente e critico del
design, Petroni torna ora ad analizzare
l’universo progettuale di Andrea Trimarchi
e Simone Farresin per sottolinearne un
passaggio fondamentale: dagli oggetti
agli iperoggetti. “Ho sempre guardato ai
loro progetti come espressioni tecniche
di resistenza mentale, come la facoltà
di immaginare, la capacità di narrare
storie alternative, come l’espressione
concreta di un mondo che non si
rassegna alle narrazioni dominanti”, scrive
nell’introduzione. E questo è proprio quello
che Studio Formafantasma fa con la
propria attitudine progettuale, tra teoria,
ricerca e innovazione: ci mette davanti a
nuove paure e nuovi scenari. ES
• Over ten years have passed since
Marco Petroni hosted the Botanica project
by Formafantasma at the Fondazione
Plart in 2011 in Naples, where he was the
director at the time. A design theorist,
professor and critic, Petroni analyses
the design universe of Andrea Trimarchi
and Simone Farresin to underline a pivotal
shift: from objects to hyper-objects.
“I’ve always seen their designs as
the technical expressions of mental
resistance, as the capacity to imagine, the
ability to tell alternative stories, and the
concrete expression of a world that does
not conform to dominating storylines,” he
writes in the introduction. This is exactly
what Studio Formafantasma does with
their design approach, poised between
theory, research and innovation:
new fears and new scenarios are spread
out before us. ES
domus 1071 Settembre September 2022
Home Care
Design for
Parkinson’s...
Autori / Authors
Francesca Tosi, Mattia Pistolesi
Casa editrice / Publisher
FrancoAngeli
Occuparsi della qualità dell’abitare è
un tema vastissimo che coinvolge tutti
i livelli e le scale del progetto e che si
applica a una popolazione con esigenze
diversificate in base alla fascia di età,
allo stato di famiglia e anche a quello di
salute. Questa consapevolezza è alla
base della collana Ergonomia&Design,
che affronta con questo ultimo volume
il progetto dell’ambiente domestico
per persone malate di Parkinson.
L’approccio dell’human-centred design
informa questo manuale, ricco di
approfondimenti storici e normativi,
che ha il proprio punto di forza nella
proposta di linee guida progettuali per
ambienti domestici fruibili dai malati: una
buona metà del volume è costituito da
schede che analizzano ogni ambiente e
avanzano concrete ipotesi di abitazioni in
base al livello della sintomatologia. LM
• Dealing with the quality of dwellings
is a very broad topic that concerns all
levels and scales of design and applies
to people with diversified needs based
on age group, family status and even
health. This awareness is at the heart
of the Ergonomia&Design series,
which in this latest volume explores the
design of domestic spaces for people
with Parkinson’s disease. Informed by
the human-centred design approach,
this manual is replete with an in-depth
historical and regulatory analysis, whose
notable strength lies in its proposal of
design guidelines regarding domestic
spaces that can be used by people
suffering from this illness. Half of the
book consists of entries examining each
environment and advancing concrete
hypotheses for habitations based on the
degree of symptomatology. LM
Designing Antonio Carbone, Libria
Spaces for Living
Curatore / Editor
Simon Lamunière
Casa editrice / Publisher
Scheidegger & Spiess
Cosa intendiamo quando parliamo di
habitat? Quali elementi lo definiscono
tale? Il libro e la mostra “Open House”
curati da Simon Lamunière affrontano il
tema attraverso 35 realizzazioni: storiche
e contemporanee, concrete e utopiche.
Dall’architetto indiano Anupama Kundoo
alla messicana Frida Escobedo o, ancora,
agli architetti basilesi Shabi Rahbaran
e Ursula Hürzeler, le opere selezionate
dall’ex curatore di Art Unlimited Basel
ed esperto d’arte pubblica offrono
una panoramica variegata di alloggi
temporanei, flessibili e multidisciplinari,
mentre critici, filosofi, architetti, artisti,
paesaggisti e storici affrontano il tema
dell’alloggio: come seconda pelle, come
protezione o necessità, come involucro
fisico con tutti i suoi vincoli normativi
e le sue implicazioni psicologiche e
simboliche. ES
• What do we mean by “habitat”? And
what does a habitat consist of? The
book and exhibition “Open House”
curated by Simon Lamunière tackle the
theme with 35 built designs: historic,
contemporary, concrete and utopian.
From Indian architect Anupama Kundoo
to the Mexican Frida Escobedo or the
Basel-based Shadi Rahbaran and
Ursula Hürzeler, the works chosen by the
former curator of Art Unlimited Basel and
expert in public art offer a varied view of
temporary, flexible and multidisciplinary
housing. Meanwhile, critics, philosophers,
architects, artists, landscape designers
and historians approach the topic of
housing from a theoretical perspective:
as a second skin, a form of protection,
a need or a physical shell with all its
regulatory limits as well as psychological
and symbolic implications. ES
Publishers
Antonio Carbone vive e lavora nel lembo
più settentrionale della Lucania, in una
città di radici Sveve, dove Federico II
emanò le Costituzioni di Melfi, primo
corpus giuridico moderno di uno Stato.
Dagli anni Novanta, pubblica libri di
architettura.
È stato difficile l’inizio di Libria?
È stato piuttosto graduale: dopo gli studi
a Roma con Carlo Chiarini sono tornato
in Basilicata dove ho lavorato come
architetto, organizzando conferenze e
mostre per il locale ordine professionale.
Ho conosciuto così Francesco Venezia,
Massimiliano Fuksas, Luigi Snozzi,
Andrea Branzi, Nicola Pagliara e Mario
Botta. È stato l’innesco per la mia
avventura editoriale, con altri soci e poi,
dal 2000 circa, proseguita in solitaria.
Lavorare in una città così lontana
dai grandi centri è un limite?
Guardare l’architettura a distanza mi ha
offerto grande libertà. Tutto nasce dalla
passione. La ragione culturale principale
è stata confrontare le esperienze
internazionali, investendo sui giovani
quando ancora non avevano realizzato
quasi nulla, come Jakob+MacFarlane o
Simon Ungers, con monografie di piccolo
formato. In generale, questi libri vengono
richiesti anche a distanza di molti anni.
Come si è evoluto il catalogo e
com’è cambiato il modo di leggere
l’architettura?
Sono partito con due collane, About
e By, che mi ricordavano i fumetti, poi
ho spaziato verso il paesaggio grazie
a Franco Zagari. Quindi, Mosaico, una
miscellanea dove trovano posto anche
libri più colti su Alberti, Leonardo o i
Trattati di architettura e liturgia di Hans
van der Laan, di cui sono fiero. Infine,
Arianuova, più sperimentale, con Tatiana
Bilbao, Tony Fretton, Livio Vacchini e i
disegni del gruppo portoghese Fala.
Credo che oggi la monografia sia
superata: mi sto orientando verso libri
che propongono materiali alternativi a
quelli disponibili sul web.
DIARIO V
Testo / Text Manuel Orazi
• Antonio Carbone lives and works in
the northernmost part of Lucania, in a
city of Swabian origins, where Frederick
II issued the Constitutions of Melfi, the
first modern legal code for a State.
Since the 1990s, he has been publishing
architecture books.
How hard was the start of Libria?
It was gradual. After studying in Rome
with Carlo Chiarini, I returned to
Basilicata where I worked as an architect,
organising conferences and exhibitions
for the local professional association.
That’s how I met Francesco Venezia,
Massimiliano Fuksas, Luigi Snozzi,
Andrea Branzi, Nicola Pagliara and Mario
Botta. This triggered my adventure in
publishing, with others and then starting
on my own around 2000.
Is working in a place so far from
major cities a handicap?
Looking at architecture from a distance
has allowed me great freedom. It
all comes from passion. The main
cultural motivation was to engage with
international experiences, investing
in young people when they still hadn’t
made almost anything, such as
Jakob+MacFarlane or Simon Ungers,
with small-format monographs. In
general, these books are requested even
after many years.
How did your catalogue evolve, and
how has the way of interpreting
architecture changed?
I began with About and By, which made
me think of comics. I moved on to
landscapes thanks to Franco Zagari.
Then came Mosaico, with more highbrow
books on Alberti, Da Vinci or the treatises
on architecture and liturgy by Hans
van der Laan, which I’m proud of. Finally,
there’s the more experimental Arianuova,
with Tatiana Bilbao, Tony Fretton, Livio
Vacchini and drawings by Fala Atelier. I
think that monographs are a thing of the
past. I’m heading towards books that
propose materials as an alternative to
what is available on the internet.
VI DIARIO domus 1071 Settembre September 2022

Influssi / Influences Testo / Text Valentina Petrucci Ritratto / Portrait Tiziano Sartorio

La relazione tra pittura e architettura

è intima, profonda e concreta
The relationship between
painting and architecture is
intimate and concrete
“I studied in Venice looking at Titian,
Tintoretto and the grand masters from
Veneto. If I had to draw a parallel between
painting and architecture, I’d start
from these artists and especially their
workshops. After all, architects, too, have
apprentices, helpers and collaborators.
Architecture studios shape new talents
and geniuses, just like the painting
workshops during the Renaissance.
And this observation already helps us
understand the relationship between
the two.” Benedetta Tagliabue needs
no introduction. Many years ago, she
met and fell in love with Enric Miralles,
opening together the studio EMBT,
which Tagliabue continues to run even
after Miralles’s untimely death: “There’s
a deep, intimate and above all concrete
relationship between painting and
architecture. Both require observing
Photo Tiziano Sartorio
the inner courtyard is completely
decorated with a large, multicoloured
mosaic composed of very fine small tiles
in glazed and matt finishes. It’s a tribute to
Giorgio de Chirico, a rereading of one of
his most iconic paintings: Piazza d’Italia.
But it’s also a homage to Emilia Romagna
(the region where the company is based),
the School of Ferrara and Alberto Savinio
with his taste for the fantastical and
mythological. And finally, to a land
of metaphysical constructions, whose
spirit throbs in Ragno’s creativity.”
As we speak, Tagliabue also describes
collaborations with contemporary
artists such as Enzo Cucchi, with whom
she shared visions and inspirations,
and JR, working on the Chronicles de
Clichy-Montfermeil project near Paris
for the subway line. When it’s time
to part ways, I can’t help remembering
that on 10 June this year, Pope Francis
honoured her with a unique title: member
of the Pontifical Academy of Fine
Arts and Letters of the Virtuosi at the

and experimenting. To give another more Pantheon, which was established

Sopra: Benedetta Tagliabue nel flagship
store di Ceramiche Ragno da lei progettato
con il suo studio, nel quartiere di Porta
Nuova a Milano. A destra: Tintoretto,
Trafugamento del corpo di San Marco,
1562-1566. Olio su tela. 398 x 315 cm
(Gallerie dell’Accademia, Venezia)
• Above: Benedetta Tagliabue in the
Ceramiche Ragno flagship showroom that
she designed with her studio in the Porta
Nuova district of Milan. Right: Tintoretto,
The Removal of the Body of Saint Mark,
1562-1566. Oil on canvas. 398 x 315 cm
(Gallerie dell’Accademia, Venice)
recent example, right before this year’s
Salone del Mobile, we presented the
new showroom of Ceramiche Ragno, a
historic brand of Italian ceramics.
For their Milan flagship store on Via
Marco Polo, they chose an unexpected
space inside a bourgeois residence,
which is quiet, secluded and almost
secretive. The wall in the room facing
in 1542 by Pope Paul III as a fellowship
of painters, sculptors, learned persons,
poets and architects.
“It was a very exciting surprise,” says
Tagliabue, “because great geniuses like
Raphael and Pietro da Cortona
were also members, and I’m the first
woman architect to have been inducted.
I still can’t believe it.”

“Mi sono formata a Venezia. Osservando da un grande mosaico policromo

Tiziano, Tintoretto e i grandi maestri
veneti. Se dovessi fare un parallelo tra la
pittura e l’architettura, partirei proprio da
qui, da questi artisti e soprattutto dalle
loro botteghe. Anche l’architetto, infatti,
ha apprendisti, aiutanti, collaboratori.
Dalle botteghe degli architetti nascono
i nuovi nomi, nuovi geni, proprio come
accadeva nelle botteghe dei pittori
rinascimentali. Direi che già questa
riflessione ci aiuta a capirne il rapporto”.
Benedetta Tagliabue non ha bisogno di
presentazioni. Molti anni fa, dall’incontro
con Enric Miralles, nacquero un amore
e una relazione, e poi lo studio EMBT,
che Tagliabue continua a portare avanti
dopo che la vita si è messa di mezzo
tra lei ed Enric. “La relazione tra pittura
e architettura è intima, profonda, ma
soprattutto concreta. Bisogna osservare
e sperimentare in entrambe. Mi faccia
fare l’ultimo esempio, in ordine di tempo.
Poco prima del Salone del Mobile,
quest’anno, abbiamo presentato il nuovo
showroom di Ceramiche Ragno, un
marchio storico della ceramica italiana
che per il flagship store di Milano ha
scelto una sede inaspettata: via Marco
Polo, dentro una dimora borghese,
realizzato con piccole piastrelle, lucide
e opache, molto pregiate. Un omaggio a
Giorgio De Chirico, una reinterpretazione
di una delle sue opere più iconiche e
celebrate: Piazza d’Italia. Un omaggio
anche all’Emilia Romagna, la regione
dell’azienda, alla Scuola di Ferrara e
ad Alberto Savinio, al suo gusto del
fantastico, del mitologico. Infine, a un
territorio di costruzioni metafisiche, il cui
spirito si sente pulsare dentro la creatività
di Ragno”. Mentre parliamo, Benedetta
racconta anche altro: di collaborazioni
con artisti contemporanei come Enzo
Cucchi, con cui ha condiviso visioni
e ispirazioni; di JR, con il suo progetto
Chroniques de Clichy Montfermeil vicino
a Parigi per la linea della metropolitana.
Alla fine, però, quando arriva il momento
di lasciarci, non posso non ricordare che,
lo scorso 10 giugno, Papa Francesco
l’ha insignita di un titolo unico: membro
della Pontificia Accademia dei Virtuosi
al Pantheon, un cenacolo nato nel 1542,
per volontà di Papa Paolo III, come
sodalizio tra pittori, scultori, letterati,
poeti e architetti. “Una sorpresa”, sospira
Tagliabue. “Una grande emozione. Perché
Raffaello e Pietro da Cortona, questi
Foto Scala Firenze

silenziosa, appartata, quasi segreta. Qui, grandi geni, ne hanno fatto parte e io
la parete di una sala che affaccia sulla sono la prima donna architetto a entrarci.
corte interna è completamente decorata Ancora non me ne capacito”.
lo stato
delle idee /
the state of
ideas
VII DIARIO
Grafica / Graphics
Appuntamento a Trieste
per i custodi della cultura visiva
In alto: allestimento della mostra AGI
“Grafica e pubblicità nel mondo”, Milano,
1961 (sulla destra, Pino Tovaglia e Riccardo
Manzi). Sopra, da sinistra: Erberto Carboni;
Franco Grignani.
Sotto: invito all’inaugurazione della mostra
“107 grafici AGI”, 1974
Photos Archivio Lica e Albe Steiner, Politecnico di Milano
•Top: installation view of the AGI exhibition
“Grafica e pubblicità nel mondo”, Milan,
1961 (on the right, Pino Tovaglia and
Riccardo Manzi). Above, from left: Erberto
Carboni; Franco Grignani.
Below: invitation to the inauguration
of the exhibition “107 grafici AGI”, 1974
Testo / Text Francesco Franchi
L’Alliance Graphique Internationale ha
scelto l’Italia: dal 18 al 23 settembre, Trieste
ospita il congresso dell’associazione
elitaria internazionale che riunisce e
rappresenta i migliori grafici, designer e
illustratori di tutto il mondo e che si ritrova
una volta all’anno in un luogo sempre
diverso. Una tappa importante, questa
italiana, che giunge dopo due anni di
stop a causa della pandemia e a 27
anni dall’ultima visita nel nostro Paese —
all’epoca fu ad Amalfi — dei più autorevoli
graphic designer dell’AGI.
Il nome, specialmente se lo si sente
pronunciare per esteso in francese, evoca
quello di una brigata di combattenti della
resistenza. Proprio così. Fondata agli inizi
degli anni Cinquanta da un gruppo esiguo
di svizzeri e francesi, l’AGI è impegnata a
difendere la cultura visiva.
Nata per consentire ai primi protagonisti
di un settore allora marginale d’incontrare
colleghi con cui non era così semplice
entrare in contatto per conoscerne il
lavoro, è cresciuta negli anni, con ogni
membro invitato, vagliato e ammesso,
con voto unanime, da quelli preesistenti.
Si è configurata nel tempo sia come
un punto d’incontro dove confluiscono
e si confrontano opinioni, filosofie,
qualità, mentalità e orientamenti etici,
sia come un’arena per dimostrare la
propria maestria professionale. Con 550
soci e 46 nazioni rappresentate, l’AGI è
comunque una piccola realtà rispetto
ad altre associazioni nazionali, come
la statunitense AIGA (con oltre 15.000
iscritti). Non ha nemmeno le ambizioni di
rappresentatività dell’ICoD (International
Council of Design, ex ICOGRADA), che
raccoglie tutte le associazioni grafiche
nazionali. La settimana di Trieste è
l’occasione per riunire in un colpo
solo i maggiori esponenti del graphic
design mondiale per promuovere
l’approfondimento e la condivisione delle
tematiche riguardanti la comunicazione
visiva. Durante questa settimana, infatti,
l’AGI si apre verso l’esterno e, in particolare,
agli studenti, ai quali è dedicato il ciclo di
conferenze e tavole rotonde “AGI Open”
(20 e 22 settembre). Spetta dunque ai 14
professionisti membri della delegazione
italiana di fare gli onori di casa. Il tema
del congresso è ‘Together’, concetto che
sottolinea la natura di Trieste, “crogiolo di
razze e crocevia di popoli”, come scriveva
Umberto Saba. Paolo Tassinari, presidente
della sezione italiana, assicura: “Il piano
di eventi collettivi e collaterali al forum è
teso a sottolineare il ruolo di rilievo che
l’Italia ha avuto all’interno dell’associazione.
Gli spunti sono tanti, considerato che
l’evoluzione della grafica come disciplina
e il suo riconoscimento come forma
espressiva autonoma hanno avuto avvio
nel nostro Paese che, dagli anni Cinquanta,
ha rappresentato in questo settore
l’eccellenza a livello mondiale.
domus 1071 Settembre September 2022
An event in Trieste for the
guardians of visual culture
This year, the Alliance Graphique
Internationale comes to Italy. From 18 to 23
September, Trieste is hosting the annual
conference of the elite international
association that brings together and
represents the most preeminent graphic
artists, designers and illustrators from
around the world. Taking place in a
different location each year, and having
been put on hold for two years due to
the pandemic, this gathering of the most
authoritative AGI graphic designers and
artists is a major event in our country,
coming 27 years after it was last hosted
here, in the town of Amalfi. Founded in
the early 1950s by a small group of Swiss
and French professionals in a field that
was still marginal at the time, the AGI’s
mission is to defend visual culture. And
when pronounced in full in French, the
organisation’s name does indeed recall
a band of resistance fighters. Allowing
leading figures to meet their peers and
encounter their work, the alliance has
grown over the years, with each new
member being invited, evaluated and
inducted by existing members through
a unanimous vote. It has taken shape as
a place of encounter – where members
come together to exchange opinions,
philosophies, qualities, frames of mind
and ethical orientations – as well as an
arena to showcase professional skills.
With 550 members and 46 countries
represented, the AGI is small compared
to certain national associations such
as the AIGA in the United States (which
boasts over 15,000 members). It also lacks
the representational ambitions of ICoD
(International Council of Design, former
ICOGRADA), which unites all national
graphic associations. The week in Trieste
is an opportunity to reunite the world’s
greatest representatives of graphic design
to promote research and sharing on
topics concerning visual communication.
During this week, the AGI also opens
up to students, who are offered the “AGI
Open” cycle of conferences (on 20 and 22
September). The 14 members of the Italian
delegation will naturally be playing host.
The event’s theme is “Together”, a concept
that highlights the nature of Trieste, which,
as Umberto Saba once wrote, is “a melting
pot of races and a crossroads of people”.
Paolo Tassinari, president of the Italian
chapter, says: “The collective and collateral
events strive above all to underline the
important role that Italy has played in
the association. There are many ideas,
considering that the evolution of graphic
design as a discipline, and its recognition
as an independent form of expression,
all began in our country, which since the
1950s has represented world excellence
in this sector.”
Eredità
della pietra
Per mantenere la promessa di un’eredità architettonica di lunga
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futuro, ma che abbiano anche la capacità di vivere nel tempo. Grazie
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donare ai vostri progetti tutta la leggerezza e la durabilità del metallo,
insieme all’eleganza e al fascino della pietra. Facilie da maneggiare
e corredata dalla dichiarazione EPD (Dichiarazione Ambientale di
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soluzione progettuale ideale che garantisce l’incanto della pietra
naturale, senza il peso della responsabilità ambientale sulle vostre
spalle!

Grazie a soluzioni innovative che si spingono oltre i limiti del

possibile e alla sostenibilita’ dei nostri prodotti garantita dalle
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Interpon, tra le piu’ performanti sul mercato, è utilizzata e rispettata
dagli architetti di tutto il mondo.

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architectural.interpon.com/it
VIII DIARIO
Sostenibilità / Sustainability
Sanlorenzo: lusso ed eccellenza
a impatto ridotto
La SD90/s di Patricia
Urquiola punta sulla
sostenibilità. “Una sfida che
voglio vincere per tutelare
il mare e le prossime
generazioni”, racconta
Massimo Perotti
The SD90/s by Patricia
Urquiola focuses on
sustainability. “It’s a
challenge I want to win
to safeguard the sea
and the future
generations,” says
Massimo Perotti
A Massimo Perotti, l’uomo che ha portato
il cantiere navale Sanlorenzo di Ameglia
alla ribalta mondiale, i successi economici
sembrano non bastare. E dire che sono
impressionanti. Nel primo trimestre
2022, i ricavi netti di questa boutique
dell’eccellenza italiana sono stati 164,4
milioni di euro, +39,3 per cento rispetto
allo stesso trimestre del 2021. Gli ordini
sono saliti a 262,4 milioni, rispetto ai 144,7
del 2021, con investimenti di 6,3 milioni
(+12,4 per cento) di cui la metà destinata
a ridurre l’impatto ambientale. Il punto
su cui Perotti non dorme la notte. “Non
è vero che non dormo, ma è vero che
penso al futuro del mio prodotto. Perché
lo stile di vita dei miei figli di 26 e 29 anni
è attentissimo alla sostenibilità. La loro
generazione sarà presto quella dei miei
clienti, per cui inquinare per un giocattolo
da privilegiati proprio no. Devo realizzare
da subito un prodotto realmente
sostenibile”. È un processo, ma per la
nautica equivale a una vera rivoluzione. Il
primo step è SD90/s, una barca che vede
la collaborazione della designer ‘circolare’
Patricia Urquiola. “Abbiamo sviluppato
grandi temi: l’alimentazione ibrida, i
materiali riciclati, gli elettrodomestici a
basso consumo, i vetri con camera d’aria
per ridurre il passaggio di calore e tanto
altro. Sul dépliant della barca c’è una targa
con la percentuale di materiale riciclato
usato, intorno al 20 per cento. Mi auguro
che tra cinque anni i miei clienti andranno
a vedere prima quella percentuale
(magari al 30 o 40 per cento) e poi lo
stile, il design e il comfort della barca. Il
segreto di Sanlorenzo è arrivare prima
degli altri”. Il secondo passo è il BGM75
(multiscafo di 22 m), considerando 300
ore all’anno a 18 nodi di velocità, rispetto
a una barca equivalente semi dislocante
(quindi a bassi consumi) si risparmiano
185 tonnellate di CO2 e 66.000 litri di
gasolio. Siamo a un passaggio epocale,
un prodotto di lusso, ma sostenibile, un
catamarano d’eccellenza a impatto
ridottissimo. Ma la vera rivoluzione
è la fuel cell. Un’idea già usata in un
sottomarino tedesco nel 1933, a cui oggi
si stanno rivolgendo Scania e Volvo per
i camion. Mai, però, applicata nel diporto.
“Sono celle di lamiere fini pitturate di
platino, dove si fa passare idrogeno e
ossigeno puro, ottenendo energia e
un residuo molto sostenibile in mare:
l’acqua. Tutto molto bello, ma c’è un ma.
Se le cose vanno male, rischia di essere
pericoloso. Perché una cosa sono i
camion, progettati con cilindri di carbonio
ad alta resistenza per contenere
idrogeno, ma un motore a idrogeno
nel fondo dello scafo con serbatoi
Testo / Text Walter Mariotti
di idrogeno annessi, può essere un
problema, anche psicologico. “Per questo,
sui superyacht la soluzione è il reformer
a metanolo che disinnesca ogni rischio
perché è uguale alla nafta. Abbiamo fatto
un accordo di esclusiva con Siemens,
e, nell’aprile del 2024, usciremo per
primi al mondo con uno yacht di 50 m,
equipaggiata con fuel cell che useranno
idrogeno riformato dal metanolo”. Questa
prima nave produrrà l’energia elettrica
sostenibile al 100 per cento per l’hotellerie
di bordo che ha bisogno di energia 24 ore
al giorno. Perotti ha anticipato ancora una
volta il mercato e disinnescato il rischio
bomba a bordo, ma un problema resta
e lui lo sa bene. Trasformare metanolo in
idrogeno produce CO2. Che fare quindi?
“Interviene la tecnologia”, sorride Perotti,
“perché oggi si può fare il metanolo
green, con energia elettrica e catturando
CO2. Il processo è semplice: lo metti nel
reformer, crei CO2, ma hai ridotto a zero
il ciclo. Così sei sostenibile, davvero”.
Dopo avere affrontato le lettere S e G,
dell’acronimo più in voga del mondo
ESG, adesso Sanlorenzo concentrerà
i suoi sforzi sulla E di environment. “È il
momento della sostenibilità, una sfida
che voglio vincere per continuare a
soddisfare i miei clienti e tutelare il mare e
le prossime generazioni”.
domus 1071 Settembre September 2022
Sanlorenzo: low-impact luxury
and excellence
For Massimo Perotti, the man who
brought the Ameglia-based Sanlorenzo
yacht shipyard to international fame,
financial success is not enough, for
however impressive that achievement
has been. In the first quarter of 2022, net
earnings for this outstanding Italian firm
were 164.4 million euros, +39.3 per cent
over 2021. Orders rose to a value of 262.4
million, compared to 144.7 million in 2021,
with investments reaching 6.3 million
(+12.4 per cent), half of which is aimed at
reducing environmental impact. Concern
for this detail keeps Perotti up at night. “It’s
not true that I don’t sleep, but I genuinely
think about the future of my product.
Because the lifestyle of my children – who
are 26 and 29 years old – is focused on
sustainability. Their generation will soon
be my clients, so polluting to make toys
for the privileged is out of the question. I
have to create truly sustainable products
right from the start. It’s a process, but for
yachting it’s a revolution.” The first step
is the SD90/s, a yacht designed with
the “circular” architect Patricia Urquiola.
“We’ve developed major themes: hybrid
propulsion, recycled materials, energy-
efficient appliances, double-glazing to
domus 1071 Settembre September 2022
1 Serbatoio acqua / 5 Azoto nella sezione superiore
Water tank del serbatoio / Nitrogen for
2 Serbatoio metanolo / methanol tank atmosphere
Methanol tank 6 Sistema a celle
3 Sensori H2O / H2O sensors a combustibile /
4 impiantiausiliari / BoP Fuel cell system
3 3
4 9
1 2
5 6
7 8
Pagina a fronte: rendering e pianta della
barca SD90/s. Progettata da Patricia
Urquiola per Sanlorenzo, è la prima barca
a usare un motore fuel cell con reformer
che trasformano il metanolo in idrogeno.
In alto: rendering degli interni della SD90/s.
Sopra: modello 3D del motore dotato
di sei reformer
reduce heat transfer, and much else. In
the boat’s brochure there’s a tag with
the percentage of recycled materials
used, around 20 per cent. I hope that
in five years my clients will first want to
see that percentage on the yacht (which
might be 30 or 40 per cent) and then
the vessel’s style, design and comfort.
Sanlorenzo’s secret is to be the first.” The
second step is the BGM75 (a 22-metre
multihull). Considering 300 hours per year
and a speed of 18 knots, compared to
an equivalent semi-displacement boat
(therefore with low consumption) there’s
a saving of 185 tons of CO2 and 66,000
litres of fuel. We’re at a paradigm shift, a
luxury sustainable product, a top-quality
catamaran with a minimal footprint.”
But the real sea change is the fuel cell.
This concept was already used on a
German submarine in 1933 and is today
being adapted on Scania and Volvo
trucks. But it has never been used in
yachting. “They’re cells of thin metal
sheets covered in platinum, where pure
hydrogen and oxygen pass to create
energy and a highly sustainable residue
in the ocean: water. It’s all wonderful
but if something goes wrong it can
be dangerous. Trucks designed with
high-resistance carbon cylinders to
contain hydrogen are one thing, but a
DIARIO IX
Common places Testo / Text Paul Smith
Maniglie / Door handles
Una maniglia è come una stretta di • A door handle is like a handshake.
mano: è un modo di presentarsi tattile It’s a tactile introduction that can give you
che dà rapidamente molte informazioni. a lot of information very quickly.
Può dirvi che l’esperienza che state It can tell you that the experience you’re
per avere sarà piacevole o mettervi in about to have will be a pleasant one,
guardia. Può trasmettere il senso della or it can put you on your guard. It can
grandiosità o quello dell’umorismo, convey a sense of grandeur or a sense
prima che siate coinvolti in altro modo. of humour before you’ve had any other
Parecchi nostri negozi hanno maniglie form of engagement. It sets the scene.
di bronzo realizzate con la tecnica della Many of our shops have bronze door
7 Condensatori / Condensers
8 Polmone di compensazione fusione in sabbia. È il metodo usato handles made by the process of sand
pressione H2 / H2 buffer tank per le statue di bronzo e l’ho scoperto casting.
9 Uscita della ventilazione / grazie al nostro ufficio progettazione, It’s a method used in making bronze
Ventilation out
10 Reformer quando ho iniziato a interessarmi alle statues, and I learnt about it from our
11 Filtro dell’aria / Air filter maniglie. Le varianti possibili sono shop design department when I started
12 Sistema di ventilazione / molte, ma fondamentalmente si tratta to get interested in handles.
Ventilation system
di realizzare la forma dell’oggetto in There are many different variations but
un contenitore di sabbia con resina basically you make the shape of the
come legante, lavorarlo per ottenere object in a box of resin-bonded sand, cure
uno stampo e poi colarvi il metallo. it to make the mould, and then pour in the
10 Benché questa tecnica abbia migliaia metal. Although it goes back thousands
di anni, serve ancora per applicazioni of years, it still serves its purpose in highly
11
moderne di grande raffinatezza. Un mio sophisticated modern applications.
amico, una volta, osservava gli operai A friend of mine once watched the
della Ferrari che fondevano in sabbia workers in the Ferrari factory in Italy
l’alluminio delle testate dei motori ad alte sand-casting aluminium cylinder heads
prestazioni delle loro belle auto sportive: for the high-performance engines of their
12
un metodo artigianale che sopravvive in beautiful sports cars: an artisan method
un mondo dove lo standard è dato dalla surviving in a world where computer-
progettazione e produzione assistite aided design and manufacturing
• Opposite page: rendering and plan of the
dal computer. Parlando un po’ meno normally rule. Perhaps less seriously,
SD90/s yacht. Designed by Patricia Urquiola
for Sanlorenzo, it is the first boat to use seriamente, quando si apre la porta when you open the door to one of our
a fuel cell engine with reformers that turn di uno dei nostri negozi giapponesi shops in Japan you’ll take hold of a
methanol into hydrogen. si stringe con la mano una maniglia bronze handle shaped like a banana. It’s
Top: rendering of the interiors of the SD90/s.
Above: 3D model of the engine with six di bronzo a forma di banana. È uno quite a jokey thing, but it’s also a pop art
reformers scherzo, ma è anche un riferimento reference to the Andy Warhol banana
Pop alla banana di Andy Warhol sulla on the famous cover of the first Velvet
hydrogen engine at the bottom of a hull celebre copertina del primo album dei Underground album.
with attached hydrogen tanks can be a Velvet Underground. Ed è stata realizzata And it was made by the same process
problem, also psychologically. con lo stesso processo che i cinesi that the Chinese invented to manufacture
“For superyachts the solution is a inventarono per fabbricare gli attrezzi iron farm tools, almost three and a half
methanol reformer, which neutralises all agricoli di ferro quasi 3.500 anni fa. thousand years ago.
risk as it’s similar to diesel. We’ve made an
exclusive agreement with Siemens, and
in April 2024 we’ll be the first in the world
to release a 50-metre yacht with fuel cells
using methanol-reformed hydrogen.”
This first vessel will produce 100 per
cent sustainable electricity for on-board
hospitality, which needs 24-hour energy.
So once again Perotti is paving the way
and has averted the risk of explosion
aboard. But he is aware a problem
remains. Transforming methanol into
hydrogen makes CO2. What can be done?
“Technology comes into play,” smiles
Perotti, “because it’s now possible to
make green methanol with electricity
and by capturing the CO2. The process
is simple: you add it to the reformer, you
create CO2, but the cycle is reduced to
zero. That’s how you’re sustainable for
real.” After dealing with the letters S and G
of the world’s most topical acronym, ESG,
now Sanlorenzo is focusing on the E for
environment. “It’s the age of sustainability,
a challenge I want to win to keep
© Paul Smith
satisfying my clients and safeguarding
the oceans and future generations.”
X DIARIO
Ospitalità / Hospitality
Il minimalismo soft di un ristorante
stellato nella campagna svedese
Immersa nel paesaggio rurale del sud-
ovest svedese, un po’ inglese e un po’
toscano per livello di antropizzazione
e di cura, Ästad Vingård è un resort di
fascia alta che associa una serie di
programmi non scontata, soprattutto
a queste latitudini: una spa, camere e
bungalow, una vigna, un bistrot e Äng,
un nuovo ristorante con stella Michelin.
Deus ex machina del complesso è Daniel
Carlsson, imprenditore vulcanico che ha
saputo capitalizzare sulla tenuta che la
sua famiglia possiede da generazioni.
Proprio Carlsson ha impostato
l’architettura di massima di Äng, sintetica
greenhouse dalla sagoma simile a quella
di case e fienili tradizionali, in posizione
panoramica verso uno degli infiniti
specchi d’acqua che punteggiano la
regione. Per il disegno degli interni e degli
arredi su misura si è affidato a Norm
Architects e Keiji Ashizawa Design, che
hanno inserito il progetto nella serie
dei case study di Karimoku, colosso
nipponico del legno. Danesi i primi,
giapponese il secondo, i loro contributi
assonano senza contrasti in ambienti
dai toni tenui, che abbinano superfici di
pietra grigia e di legno chiaro, con gli stessi
materiali che rivestono o costruiscono la
maggior parte degli arredi mobili e fissi. Un
approccio che Norm Architects definisce
di soft minimalism e che brilla più per
eleganza e cura del dettaglio che per
originalità in senso stretto.
La sequenza degli spazi, invece, è un
vero elemento di sorpresa: uno dei
due blocchi di servizi che articolano il
piano terra della serra contiene – più
propriamente, nasconde – un ascensore
che dà accesso a un piano inferiore,
invisibile dall’ingresso principale.
Attraverso l’ambiente ovattato e oscuro
di una cantina-enoteca con area lounge,
il visitatore accede alla sala principale del
ristorante. Un’immensa parete vetrata
fa da quinta trasparente a uno spazio
realmente riuscito per le proporzioni, i
materiali e la luminosità, concludendolo
sul filo dell’acqua di un piccolo specchio
d’acqua artificiale, anch’esso una
presenza inaspettata. Oltre il caso
particolare di Äng, una considerazione
finale s’impone sulla tipologia del
padiglione di vetro, croce e delizia
dell’architettura moderna – dai disagi di
Mrs Farnsworth nella casa-manifesto
di Ludwig Mies van der Rohe in giù –,
ancora di più in tempi d’imprevedibilità
climatica. In un mezzogiorno d’estate
più mediterraneo che scandinavo, la
serra di Äng non si può dire confortevole:
troppo caldo, troppa luce e nessuna
schermatura prevista. Una problematica
facilmente risolvibile, ma che spinge
a riflettere su quanto rapidamente
l’evoluzione delle condizioni atmosferiche
planetarie stia mettendo in discussione
abitudini progettuali consolidate.
Testo / Text Alessandro Benetti
Sopra: la serra che ospita il ristorante
Äng, progetto di Norm Architects e Keiji
Ashizawa Design nel resort Ästad Vingård,
100 km a sud di Göteborg, Svezia.
Per gli interni sono stati progettati
arredi su misura affiancato a mobili già
in catalogo, tutti prodotti dall’azienda
giapponese Karimoku.
A sinistra e sotto: l’area bar e lounge
al piano terra. In basso: la sala principale
del ristorante al piano inferiore
• Above: the greenhouse hosting the Äng
restaurant designed by Norm Architects
and Keiji Ashizawa Design in the Ästad
Vingård resort, 100 km south of Göteborg,
Sweden. The interiors feature custom-
made furnishings as well as furniture
already in the catalogue, all produced
by the Japanese firm Karimoku.
Left and below: the ground-floor bar
and lounge area. Bottom: the main room
of the restaurant on the lower level
domus 1071 Settembre September 2022
Foto / Photos Jonas Bjerre-Poulsen
Ästad Vingård, the soft
minimalism of a resort in the
Swedish countryside
Immersed in the countryside of south-
west Sweden – a bit English and a bit
Tuscan with its level of anthropisation
and care – Ästad Vingård is a high-end
resort that offers a series of not-so-
obvious features, especially for these
latitudes: a spa, rooms and bungalows, a
vineyard, a bistro and Äng, a new Michelin-
starred restaurant. The man behind the
complex is Daniel Carlsson, a dynamic
businessman who has capitalised on
the estate that his family has owned for
generations. Carlsson envisaged the
overall architecture of Äng, a succinct
greenhouse whose silhouette resembles
traditional Swedish homes and barns,
set in a panoramic location overlooking
one of this region’s many lakes. He
entrusted the interior design and bespoke
furnishings to the Danish Norm Architects
and Keiji Ashizawa Design from Japan,
who included this project in the case
study series of Karimoku, a Japanese
giant in the woodworking sector. Their
contributions are seamlessly combined
in environments with a soft colour palette,
juxtaposing surfaces in grey stone and
light-coloured wood, with the same
materials cladding or composing most
of the mobile and fixed furniture. Norm
Architects calls this approach “soft
minimalism”, which stands out with its
elegance and attention to detail more
than with its originality in a strict sense.
The sequence of spaces, meanwhile, is
the real element of surprise. One of the
two service blocks on the ground floor
of the greenhouse contains – or rather
conceals – a lift leading to a lower level,
which is unseen from the main entrance.
Through a dark, cocoon-like cellar-winery
with a lounge area, visitors access the
restaurant’s main dining hall. An immense
glass wall acts as a transparent backdrop
to the space with its finely conceived
proportions, materials and luminosity,
finishing on the edge of a small man-
made pond, which is also unexpected.
Aside from the particular case of Äng, one
final consideration can be made on the
glass pavilion typology, a mixed blessing
for modern architecture – starting from
Mrs Farnsworth’s inconveniences with
Ludwig Mies van der Rohe’s home-
manifesto – and even more so at a time
of climate change. At midday during a
summer that feels more Mediterranean
than Scandinavian, one can hardly say
the Äng greenhouse is comfortable: too
hot, too bright and no screening.
This problem can be easily resolved, but
it prompts us to reflect on how fast the
evolution of the planet’s atmospheric
conditions is challenging consolidated
design practices.
 Troppo bello
per tenerlo chiuso.
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XI DIARIO
Intervista / Interview
Mantenere bellezza e creatività
dentro la produzione industriale
Conversazione con Claudio Luti, patron di Kartell,
sull’importanza del design democratico
e dell’innovazione correlata alla durata di un oggetto
A conversation with Claudio Luti, president of Kartell,
about the importance of democratic design
and innovation related to a product’s lifespan
Anche allungato dietro la scrivania del
fantastico Museo Kartell di Noviglio,
Claudio Luti non perde l’aplomb
dell’ufficiale di cavalleria che, in qualche
modo, resta la cifra della sua eleganza e
del suo tratto industriale. Voluto proprio
da lui nel 1999, per celebrare i 50 anni
dell’azienda e vincitore nel 2000 del
premio Guggenheim come miglior
museo d’impresa, contiene oltre 1.000
oggetti-icona che, dal 1949, sono il nostro
paesaggio quotidiano. Una sede ideale
per discutere del ruolo del design con la
guerra in Europa, l’aumento esponenziale
dei costi delle materie prime e
dell’energia, e la ripresa del Covid-19 con
uno dei protagonisti del made in Italy e
dell’innovazione del settore.
Come stanno andando le cose?
Per noi le cose vanno bene. La pandemia
prima e la guerra ora hanno cambiato
per sempre lo scenario internazionale
e l’approccio alla vendita. Dovremo
continuare a guardare avanti. Da parte
nostra, è sempre più importante prestare
attenzione al cliente, che poniamo al
centro della nostra strategia.
Spiegami meglio cosa intendi.
Il Covid-19 ha accelerato la
trasformazione della realtà, che il digitale
aveva già sovvertito. Ha cambiato non
solo il sentiment individuale, ma anche la
prassi sociale. La gente ha trascorso, più
tempo in casa e ne passerà sempre di
più. Credo che questo sia uno dei fattori
che non cambierà. Per questo, il servizio
al cliente e la rappresentazione del
prodotto sono centrali e devono essere
curati da tutte le divisioni dell’azienda.
Kartell continua a investire tempo e
sentimento sulla distribuzione e sui punti
vendita. Abbiamo riunioni continue con
i nostri collaboratori e partner, giriamo
il mondo per controllare e organizzare i
layout al meglio.
Controllo militare, insomma.
Controlliamo che le idee, ovvero
i prodotti, siano posizionati nel posto
giusto, nel modo giusto, nello spazio
giusto. Oggi non puoi permetterti di avere
un’immagine sbagliata e dev’esserci
un sistema che garantisca il processo
e convinca i manager ad ascoltare e
accettare questo tipo di soluzione.
E loro come la prendono?
Bene, perché riconoscono la nostra
expertise sulla base della stima e dei
risultati. Il tema degli spazi è centrale.
A Domus lo sappiamo bene…
Già. Il controllo degli spazi è centrale,
ma difficilissimo. Fare ruotare vecchio
e nuovo è essenziale, perché basta
utilizzare elementi che non sono in
perfetta sintonia con l’insieme per
compromettere la sfera di attenzione e
attrattività per il cliente.
A proposito di attrattività, il Salone
ha compiuto 60 anni: meno persone
del passato, ma più del previsto.
Il Salone ha dimostrato quello che
ho sempre sostenuto e perseguito
quando ero presidente e l’entusiasmo
Testo / Text Walter Mariotti
è fondamentale. Se ci muoviamo tutti,
facendo ognuno la propria parte con
generosità, altruismo, lungimiranza, la
Design Week di Milano continuerà a
incidere e rappresentare il made in Italy,
in un dialogo di riconoscenza e stima
verso il sistema-Milano, centrale per
l’economia e la cultura italiana.
Il comparto design segna un
aumento medio del 27 per
cento, eppure diminuiscono gli
investimenti in comunicazione.
Con la pandemia, la casa ha acquistato
interesse, le persone vi hanno riversato
quello che non potevano spendere in
viaggi o abbigliamento. Quando si entra
in un negozio di design occorre, però,
avere sufficiente cultura per capirlo
e farsi consigliare da un esperto. Per
questo, la comunicazione non può
essere dimenticata. Ricordo che la prima
volta che sono andato a New York (alla
fine degli anni Ottanta) non esistevano
negozi di design. A Brooklyn c’era un
edificio dedicato all’arredo che ospitava
molti showroom; ci si andava con un
architetto, su appuntamento. Gli oggetti
dei grandi marchi del design italiano
erano accostati a opere d’arte. Tutto ciò è
cambiato, grazie alla comunicazione che
ha democratizzato il design.
Il design democratizzato è una delle
grandi innovazioni di Kartell.
Sì, ma attenzione: democratizzare non
vuol dire inflazionare. Design resta
ciò che è sempre stato nella nostra
tradizione: fare industrial design.
domus 1071 Settembre September 2022
In questa pagina. A sinistra: Claudio Luti,
presidente e proprietario di Kartell dal
1988. Sotto e qui a sinistra: sedia H.H. Her
Highness disegnata da Philippe Starck
per Kartell e presentata alla Design Week
di Milano quest’anno. Pagina a fronte:
showroom Kartell di Milano con il divano
Plastics disegnato da Piero Lissoni nel 2003
Come sei riuscito a conciliare
innovazione con durabilità?
Ho convinto tutti a smettere di dire
“abbiamo sempre fatto così”
e “questo non si può fare”. Ho sempre
detto ‘proviamo’. Dobbiamo tentare di
fare le cose diversamente perché è da
segnali piccoli che si arriva a innovazioni
grandi. Potrei farti cento esempi, ma
prendo la sedia Dr. Glob di Starck, che ha
cambiato la visione della plastica grazie
a uno spessore mai sperimentato. E poi
usava le viti che, per il nostro mondo, era
una bestemmia. Quando abbiamo fatto
lo stampo, il punto dell’iniezione non era
al centro, sotto la seduta, come di prassi:
l’abbiamo spostato sul bordo, per poterlo
tagliare e levigare e, quindi, renderlo
invisibile. Nonostante le perplessità
iniziali degli ingegneri, la mia intuizione è
stata un successo.
I designer come prendono questo
tuo ruolo?
Vico Magistretti mi diceva: “Claudio,
l’architettura la faccio da solo, ma il
design si fa in due”.
Quindi si affidano completamente?
Il lavoro è sempre stato un discorso
a due, ma ognuno con il suo ruolo.
Dialoghiamo continuamente fino a
individuare le decisioni migliori, da
prendere per il bene dell’azienda, spinti a
fare ciò che riteniamo bello.
Se, invece, dici che non si fa perché
costerebbe troppo?
Accettano, perché sanno che facciamo
sempre una mediazione fra il il bello e
il mercato. È una questione di fiducia e
di sintonia tra persone che si stimano e
lavorano bene insieme.
Qual è il segreto del successo?
Non lo so, ma so come continuiamo
a procedere in Kartell: attenzione
maniacale al dettaglio, controllo del
processo, equilibrio tra creatività e
mercato, ma soprattutto innovazione
nel rispetto della durata. Grazie
all’innovazione, valorizziamo e
acceleriamo i processi di conversione
sulla sostenibilità, mantenendo la
bellezza e la creatività dentro la
produzione industriale, l’unica che può
garantire un processo sostenibile e un
accesso democratico al design.
domus 1071 Settembre September 2022
• Opposite page. Far left: Claudio Luti,
president and owner of Kartell since 1988.
Top and centre: the H.H. Her Highness chair
designed by Philippe Starck for Kartell and
presented at Milan Design Week this year.
This page: the Kartell showroom in Milan
with the Plastics sofa designed by Piero
Lissoni in 2003
Keeping beauty and
creativity in industrial
production
Even behind his desk in the fantastic
Museo Kartell in Noviglio, Claudio Luti
maintains the aplomb of a cavalry
officer, which, in some way, remains
the signature of his elegance and
industrial style. Founded by him in
1999 to celebrate the company’s 50th
anniversary, and winner in 2000 of the
Guggenheim Business and Culture
Prize, the museum holds over 1,000
iconic objects that, since 1949, have
been populating our daily landscape.
As war rages on in Europe, prices of raw
materials and energy rise exponentially,
and Covid-19 reawakens, this is an ideal
location to discuss the role of design
with a major protagonist of Made in Italy
and innovation in the sector.
How are things going?
Things are going fine with us. The
international scene and sales approach
have changed forever, first with the
pandemic and now with the war. For
us, it’s increasingly important to pay
attention to our clients; they’re the focus
of our strategy.
Please explain what you mean.
Covid-19 sped up the transformation
of reality, which had already been
overturned by the digital revolution. It has
changed individual feelings and social
practices. People spent more time at
home and will do so even more. This
factor won’t be reversed. So customer
service and product representation are
key and must be fostered by all company
divisions. Kartell keeps investing time
and emotion in distribution and sales
outlets. We constantly have meetings
with our collaborators and partners, and
we travel around the world to check and
organise the layouts better.
So it’s a military-style control.
We make sure our ideas, or rather our
products, are positioned in the right
place, in the right way, in the right space.
Today you can’t afford to have a flawed
identity. There has to be a system that
guarantees the process and convinces
managers to listen to and embrace this
type of solution.
And how do they take it?
Well, because they recognise our
expertise on the basis of esteem and
results. The issue of space is key.
We’re well aware of this at Domus.
Indeed. Control over the spaces is key,
but it’s very hard. It’s essential to rotate
the old and the new, because if you use
elements that aren’t perfectly in sync
with everything else, you can ruin all
the client’s attention and the sense of
appeal.
Speaking of allure, Milan’s Salone
has turned 60. There were fewer
people than in the past, but more
than expected.
The Salone has proven what I’ve always
believed and pursued when I was its
president. Enthusiasm is paramount. If
we all pitch in, each playing their own
part with generosity, altruism and far-
sightedness, Milan’s Design Week will
keep influencing and representing Made
in Italy, in a dialogue of recognition and
esteem towards the Milan system, which
is pivotal for Italy’s economy and culture.
The design sector has witnessed an
average growth of 27 per cent, and
yet investments in communication
are down.
Homes have received greater interest
with the pandemic. People spent money
on them that would otherwise have gone
into trips or clothes. When customers
enter a design store they need to have
enough culture to understand and let
themselves be guided by an expert.
That’s why communication can’t be
neglected. I remember the first time
I was in New York in the late 1980s.
There were no design stores. In Brooklyn
there was an entire building dedicated to
furniture with many showrooms. You’d go
there with an architect by appointment.
Leading Italian design brands were
close to works of art. But it’s all different
now, thanks to communication that has
democratised design.
Democratic design is a major
innovation of Kartell.
Yes, but democratising doesn’t mean
doing something to death. Design
remains what has always been our
tradition: making industrial design.
How have you managed to reconcile
innovation with durability?
I convinced everyone to stop saying,
“We’ve always done it this way,” and
“This can’t be done.” I’ve always said,
“Let’s try.” We must try to do things
differently because small steps lead
to big innovations. I could give you lots
of examples, but let’s take Starck’s Dr.
Glob chair, which changed our vision of
plastic due to its previously unexplored
thickness. Plus it had screws, which,
in our sector, was heresy.
When we made the mould, the seat
had no injection point, which is usually
found under the seat at the centre.
We moved it to the rim to cut and
smoothen it, and therefore make it
invisible.
DIARIO XII
Despite the initial perplexity of the
engineers, my intuition was a success.
How do designers view this role of
yours?
Vico Magistretti used to tell me: “Claudio,
I do architecture on my own, but design is
done with others.”
So they totally trust you?
Work is always a collaboration, but each
person has their own part. We constantly
interact to make the best decisions for
the good of the company, compelled to
make what we believe is beautiful.
What if you veto a design because
it’s too expensive?
They accept my decision because they
know we’ll always reach a compromise
between beauty and the market. It’s
a question of trust and being in sync
between people who respect one
another and work well together.
What’s the secret to success?
I don’t know, but I know how we keep
moving forward at Kartell. Religious
attention to detail, control over the
process, a balance between creativity
and the market, but above all innovation
while respecting durability. Thanks
to innovation, we enhance and
accelerate the process of converting
to sustainability, keeping beauty and
creativity within industrial production
– the only thing that can guarantee a
sustainable process and democratic
access to design.
XIII DIARIO
Bambini / Kids
Imparare nei parchi gioco,
scuola di vita e di relazioni sociali
Photo John Bridgeman
Sopra: John Bridgeman, Billy the Bird,
Millpool Hill Estate, nel quartiere
di Warstock a Birmingham, 1959.
Sotto: parco giochi a La Grande-Motte,
Camargue, progetto del collettivo
Le Group Ludic (Xavier de La Salle,
David Roditi e Simon Koszel) del 1969.
In basso a destra: Yuri Suzuki, Sonic
Playground, all’High Museum of Art,
Atlanta, 2018
•Above: John Bridgeman, Billy the Bird,
Millpool Hill Estate, in the Warstock
neighbourhood, Birmingham, 1959.
Below: playground at La Grande-Motte,
Camargue, designed by Le Group Ludic
collective (Xavier de La Salle, David Roditi
and Simon Koszel), 1969.
Bottom right: Yuri Suzuki, Sonic Playground,
at the High Museum of Art, Atlanta, 2018
Photo Michael McKelvey
Testo / Text Elena Sommariva
Sembra un ossimoro, eppure giocare
è un’attività tremendamente seria. Lo
affermava Platone, dicendo che “Si
può scoprire di più su una persona
in un’ora di gioco che in un anno di
conversazione”. Lo ribadiva Eraclito
affermando che “Il tempo è un gioco,
giocato splendidamente dai bambini”.
Se il gioco è una parte fondamentale
della nostra vita, non possono esserlo
meno gli spazi che a esso sono
dedicati. Ai parchi gioco Domitilla Dardi
ha dedicato un libro (Playgrounding,
Corraini, 2022) e una mostra, lo scorso
luglio alla Libreria 121+ di Milano. “Il
playground è una forma simbolica, che
ci porta al cuore antropologico delle
nostre relazioni sociali, alla possibilità di
imparare, ma anche di soffrire”, spiega
la senior curator per il design del MAXXI
di Roma, “di divertirci od ottunderci,
di creare rapporti sani o di mettere in
piazza nevrosi e desideri di rivalsa”.
L’idea nasce su Instagram, l’obiettivo è
mostrare come i parchi gioco siano la
leva per capire meglio la società, leggere
le trasformazioni dello spazio urbano e,
infine, riflettere sulla cultura dell’infanzia.
La ricerca e la riflessione si dividono
tra una serie di esempi storici – Aldo
Van Eyck, Enzo Mari, Riccardo Dalisi,
Costantino Nivola, Niki de Saint Phalle
– con fotografie d’archivio e gli scatti
d’autore di Stefano Cerio e Kito Fujio.
Accanto, ci sono però anche le visioni
‘fresche’ di nove designer e architetti:
Paul Cox, Matali Crasset, Konstantin
Grcic, Martí Guixé, Lemonot, Gianluca
Malgeri e Arina Endo, Studio Ossidiana,
Parasite 2.0, Olimpia Zagnoli. Ognuno
ha offerto la propria interpretazione
di playground: dalla quinta teatrale
agli alberi per arrampicarsi, da una
serie di porte a un parco galleggiante.
In conclusione, quello che davvero lo
contraddistingue è essere un luogo per
tutti, “aperto di giorno e di notte, senza
limitazioni se non quella della nostra
paura di metterci in gioco”.
domus 1071 Settembre September 2022
Learning from playgrounds,
a school of life and social
relations
It may seem like an oxymoron, but playing
is a tremendously serious matter. Plato
once said: “You can learn more about
a person in an hour of play than in a
lifetime of conversation.” And Heraclitus
also affirmed: “Time is a game played
beautifully by children.” If playing is a vital
part of our lives, the spaces devoted to
it are no less important. Domitilla Dardi
has dedicated a book to playgrounds
(Playgrounding, Corraini, 2022) as well as
an exhibition, last July, at Libreria 121+ in
Milan. “A playground is a symbolic form
that leads us to the anthropological heart
of our social relations, to the opportunity
to learn but also to suffer,” explains the
senior design curator at MAXXI in Rome,
“to have fun or become dull, to create
healthy relationships or put our neuroses
and desire for revenge on full display.”
The idea originated on Instagram, and
the goal is to show how playgrounds are
the key to understanding our society,
interpreting the transformations of our
urban space and reflecting on childhood
culture. Research and reflection are
divided among a series of historical
examples – Aldo van Eyck, Enzo Mari,
Riccardo Dalisi, Costantino Nivola, Niki
de Saint Phalle – with archive photos
from around the world plus auteur
images by Stefano Cerio and Kito Fujio.
But there are also the “fresh”
perspectives of nine designers and
architects: Paul Cox, Matali Crasset,
Konstantin Grcic, Martí Guixé, Lemonot,
Gianluca Malgeri and Arina Endo, Studio
Ossidiana, Parasite 2.0 and Olimpia
Zagnoli. Each offers their own take on
playgrounds: from a theatre scene to
trees for climbing, a set of doors or a
floating park. A playground truly stands
out when it is a place for all, “open day
and night, without limits, apart from our
fear to get in the game.”
XIV DIARIO
Talenti / Talents
Scaffali e librerie,
oltre il diktat della regolarità
Photo © Kaatje Verschoren
C’è una sorta di regola non scritta che
connota da sempre ogni progetto di
scaffalatura domestica: i ripiani degli
scaffali devono essere uguali. Stesso
colore, stessa forma, stesse dimensioni.
Lo scaffale è e dev’essere uniforme,
modulare, regolare. Deve trasmettere
una sensazione di ordine e di controllo.
Possono variare le altezze fra un ripiano
e l’altro, anche per accogliere libri o
oggetti di differenti dimensioni. Questo,
almeno, è il postulato che quasi tutti,
fino a ora, hanno tacitamente accettato.
Amorce Studio, atelier di design fondato
a Bruxelles nel 2015 da Vincent Long e
William Fournié (che si sono conosciuti
a scuola e si sono associati durante
l’ultimo anno di corso) pensa invece di
metterlo in discussione: Waiting Shelf,
per esempio, è una scaffalatura che
rispetta la modularità strutturale in
altezza così come in larghezza, ma a
rendere differenti i vari ripiani in vetro
provvedono le strutture metalliche che
li sorreggono, diverse per forma (di volta
in volta ricurva, lineare o sinusoidale) e
per colore (si va dal giallo, al verde scuro,
fino al bordeaux). Analogamente, un
progetto di scaffale come Gary presenta
una struttura di acciaio grezzo con i
ripiani di lamiera laccata, ma le differenti
profondità, dimensioni e disposizioni
dei ripiani, così come gli incroci della
struttura, conferiscono allo scaffale una
connotazione architetturale e rompono
il dogma della modularità regolarmente
ripetuta. Con progetti come questi,
Amorce Studio coniuga tecnica,
creatività e semplicità per realizzare
oggetti funzionali, ma anche svincolati
dal diktat della regolarità e finalizzati
a rendere più mosso e variegato
il paesaggio domestico. Lo studio
partecipa anche alla realizzazione di
progetti di allestimento di spazi pubblici
per rendere le aree urbane più gradevoli
e per contribuire con il design e la cultura
del progetto a creare una vera e propria
connessione sociale.
domus 1071 Settembre September 2022
Testo / Text Silvana Annicchiarico
Photo © Leo Arvanitis
© Amorce Studio
Shelving and bookcases, Sopra a sinistra: Vincent Long e William • Above left: Vincent Long and William
beyond the diktat Fournié, che nel 2015 hanno fondato Studio Fournié, who founded Studio Amorce
Amorce a Bruxelles, per progettare e in 2015 in Brussels with the intention of
of regularity fabbricare oggetti di uso quotidiano oltre designing and creating everyday objects,
all’allestimento di spazi pubblici e privati. as well as fitting out public and private
There is a kind of unwritten rule that Sopra e sotto: fotografie e schizzi di spaces. Above and below: photographs
has always characterised every home progetto del sistema Waiting Shelf. and design sketches of the Waiting Shelf
I moduli di metallo e vetro hanno una system. The metal and glass modules
shelving design: the shelves must be dimensione di 80 x 100 cm measure 80 x 100 cm
the same colour, shape and size. The
set of shelves is and must be uniform,
modular and regular, conveying a sense
of order and control. The height between
one shelf and another can vary, also to
hold books or objects of different sizes.
This, at least, is the premise that just
about everyone, until now, has implicitly
accepted. Instead, Amorce Studio,
a design atelier founded in Brussels
in 2015 by Vincent Long and William
Fournié (who met at school and joined
forces during their final year there), have
decided to challenge this notion. Waiting
Shelf, for example, is a shelving unit that
respects the structural modularity in
height as well as in width, but variance is
introduced into the glass shelves thanks
to the metal frames that support them,
as they are different in shape (being
curved, straight or undulated) and in
colour (with tones ranging from yellow
to dark green and burgundy). Similarly,
their Gary shelving design presents a
Photo © Leo Arvanitis
steel frame with varnished sheet metal
shelves, but their different depths,
sizes and arrangements, as well as the
criss-crossing structure, give this unit
an architectural dimension and shatter
the dogma of modularity repeated at
regular intervals. With designs such as
these, Amorce Studio unites technique,
creativity and simplicity to make
practical objects that are also free
from the diktat of regularity and intended
to make the domestic landscape more
varied and mobile. The studio is also
engaged in projects to fit out public
spaces with the aim of making urban
© Amorce Studio
areas more enjoyable, using design
and design culture to help establish
a true social connection.
XV DIARIO domus 1071 Settembre September 2022

Aziende / Companies Testo / Text Antonio Armano

Nardi: ecco come abbiamo

imparato a vivere l’esterno
Anna e Floriana Nardi,
amministratrici delegate
dell’impresa di famiglia,
raccontano le origini
dell’azienda di arredi
outdoor, fondata nel 1990
dal padre Giampietro e
oggi sempre più attenta
ai temi della sostenibilità
Anna and Floriana Nardi,
CEOs of the family
business, recount
the origins of the outdoor
furniture company,
founded in 1990
by their father Giampietro
and today increasingly
attentive to issues
of sustainability
Sopra: Floriana e Anna Nardi,
amministratrici delegate di Nardi.
Pagina a fronte. Al centro: l’installazione
Secondo Carlo Rovelli, la grande lezione
della fisica è che la realtà sottende
dinamiche controintuitive, si comporta
cioè in modo opposto rispetto a quello
che appare evidente. È la Terra, per
esempio, a girare intorno al Sole, e non
viceversa. Allo stesso modo, nella fisica
domestica, la tendenza ad abitare gli
esterni non viene dai luoghi più caldi,
ma dai Paesi nordici. “Negli ultimi anni,
abbiamo imparato a vivere all’esterno,
come fanno da sempre tedeschi,
scandinavi, baltici. Nonostante il clima
meno mite rispetto all’area mediterranea,
nei Paesi nordici si preferisce vivere
all’aperto attrezzandosi con lampade e
coperte”, spiegano le sorelle Nardi, Anna
e Floriana, amministratrici delegate
dell’omonima impresa di famiglia,
specializzata nella progettazione e
realizzazione di arredi in resina per
l’outdoor. “Nelle case nordiche, interno
ed esterno si integrano con verande e
giardini d’inverno”. Nardi, che ha sede
nella valle del Chiampo, ha cercato di
rispondere a questa crescente richiesta
creando prodotti che si integrano con
l’arredamento interno, ma possano
reggere sollecitazioni atmosferiche
Labyrinth Garden realizzata alla Design
Week di Milano con i moduli di Sipario.
In basso: il divano modulare Komodo
estreme, oltre ad avere una grande
facilità di gestione. Sono, in altre parole,
“prodotti intelligenti progettati per un
utilizzo facile”, espressione che ritorna
spesso nel racconto delle due sorelle
Nardi. Cosa si intende per facile? “Facili
da spostare, perché sono molto leggeri.
Facili da smontare per essere riposti.
Facili nella manutenzione perché
agevolmente e velocemente pulibili e
perché non temono il maltempo”. Dopo
una prima fase dell’azienda legata alla
grande distribuzione, Nardi si rivolge
attualmente a una fascia di mercato
retail e contract medio-alta. “La storia di
Nardi comincia nel 1990, quando i nostri
genitori fondano il primo stabilimento. Nel
2008, in piena crisi economica globale,
abbiamo deciso di cambiare strategia
investendo in tecnologia, stampi e
design, rivoluzionando l’organizzazione
della forza vendita e spostandoci su
una fascia di mercato più esclusiva,
attenta alla cura del dettaglio. Abbiamo
cambiato pelle, ma la qualità, da sempre
pallino del fondatore, ha continuato a
essere il nostro Leitmotiv. Il percorso
non è stato improvviso, ma costruito
insieme a partner come Raffaello
Galiotto, designer che conosceva bene
noi e il mercato, attuando anche scelte
pionieristiche per quel preciso momento
storico dove tutti delocalizzavano, come
quella di puntare sul made in Italy”.
Galiotto viene dalla stessa zona, vicino
ai Monti Lessini, un distretto conosciuto
soprattutto per la lavorazione della
pelle e del marmo. “La lavorazione della
plastica è un po’ un’eccezione in questa
zona che, anche a livello logistico, denota
diverse criticità – la valle è stretta, con
un fiume a monte –, ma siamo nate
qui”, spiegano. Anche la relazione con
il territorio è stretta. “Abbiamo cinque
stabilimenti, tutti nel raggio di pochi
chilometri. I dipendenti vivono nella
vallata e il rapporto con le persone
e la loro valorizzazione per noi sono
fondamentali”. Il ricambio generazionale,
cioè il passaggio dal fondatore,
Giampietro Nardi alle due figlie, ha
accompagnato la trasformazione
dell’azienda nella prospettiva di una
sensibilità diversa. “Prima le scelte
avvenivano soprattutto in base alle
caratteristiche funzionali del prodotto.
Successivamente, anche l’aspetto
estetico-emozionale è diventato
fondamentale”. Il ricambio è stato
graduale, ma netto, anche se il fondatore
continua a essere presidente. “A distanza
di dieci anni, il suo apporto in azienda,
la sua esperienza e le sue conoscenze
sono diventate impagabili. Ha ancora
tantissimo da dare”, spiegano Anna
e Floriana Nardi. I risultati hanno dato
loro ragione. L’azienda ha continuato
a crescere. Dopo la svolta strategica,
dagli iniziali 20 milioni di euro l’azienda
è arrivata a fatturare gli attuali 73 e a
essere presente in oltre 120 Paesi al
mondo. Tra i prodotti best seller ci sono
la poltrona Net, realizzata nel 2015, e il
divano Komodo del 2018: ispirato ai rami
degli alberi, ha una base modulare a
cui si possono agganciare e sganciare
illimitatamente schienali, sedute e
braccioli e creare diverse configurazioni.
“Oltre che per la modularità, si distingue
anche per l’estrema flessibilità: è infatti
facilmente e velocemente trasformabile
a seconda delle esigenze del momento,
qualità molto apprezzata e presente in
molti dei nostri prodotti”.
Il segno distintivo nella guida delle due
CEO va però cercato nella forte impronta
aziendale verso la sostenibilità con
investimenti sia a livello produttivo sia
nella progettazione dei prodotti e nel
messaggio da trasmettere. “Non che
prima si trascurasse questo aspetto.
I prodotti Nardi sono sempre stati
sostenibili, a partire dalla durata – più
di 10-12 anni – e tutti i materiali di scarto
sono sempre stati reimmessi nel ciclo
produttivo, ma oggi ragionare su ogni
tema aziendale, anche in termini di
sostenibilità, è diventata una costante
della nostra filosofia. Pensiamo non ci
possa essere alcuno sviluppo senza
una coscienza ambientale: realizzare
una linea produttiva e un catalogo
di prodotti in continua evoluzione
completamente in plastica riciclata
non è semplice, ma il mercato ci sta
premiando”. Un messaggio, quello
della sostenibilità, che Nardi ha voluto
rimarcare anche con l’ultima grande
installazione al Fuorisalone 2022, un
grande labirinto realizzato con i moduli
di Sipario, un divisorio modulare di
plastica riciclata, appunto. “Un labirinto
perché dà la possibilità di scegliere
diverse strade, nell’intento del designer
– Raffaello Galiotto – e nostro. Al di là
dell’elemento ludico, volevamo che le
persone potessero riflettere sulla strada
migliore da prendere per risolvere temi
come l’inquinamento ambientale, la
salute, la pace”. Il prodotto sostenibile
è sempre più richiesto, secondo una
tendenza che arriva dal Nord Europa,
ma anche da Stati Uniti e Canada, da
tutto l’Occidente evoluto: non solo tra
progettisti e architetti, ma anche tra
clienti più giovani. “Continuano gli ordini
anche dall’Ucraina, dalle città di mare
della costa occidentale, come Odessa.
L’essere umano ha bisogno di guardare
avanti e di credere nel futuro”.
Queste parole epocali ed eleganti fanno
pensare a certi racconti di Čechov
ambientati sul mare di Crimea o a una
certa pittura nordica dai colori tenui,
dove déhor, orangerie e jardin d hiver
acquisiscono un nuovo significato:
minimalista ed ecologico, di apertura
verso l’esterno e verso l’altro.
domus 1071 Settembre September 2022
Nardi: this is how we learnt
to live in the open air
According to Carlo Rovelli, the great
lesson of physics is that reality is
underpinned by counter-intuitive
dynamics, contradicting the common-
sense interpretation. The Earth, for
example, revolves around the Sun, not
vice versa. Likewise, in domestic physics,
the tendency to live in the open air does
not come from the hottest places, but
from Nordic countries. “In recent years,
we’ve learnt to live outside, like the
Germans, Scandinavians and Baltic
peoples. Although their climate is milder
than in the Mediterranean, in Nordic
countries they prefer to live outdoors,
equipping themselves with lamps and
blankets,” explain the sisters Anna and
Floriana Nardi, chief executives of the
namesake family business, a specialist
in the design and production of outdoor
resin furniture. “In Nordic houses, interior
and exterior are mediated by verandas
and winter gardens.” Based in the
Chiampo Valley, Nardi is responding
to this growing demand by creating
products that complement interior
•Opposite page: Floriana and Anna Nardi,
chief executives of Nardi. This page.
Centre: the Labyrinth Garden installation
furnishings but can withstand extreme
atmospheric stresses, while also
ensuring effortless handling. In other
words, these are “intelligent products
designed for easy use”, an expression
that often crops up in the Nardi sisters’
narrative. What do they mean by easy?
“Easy to move because they’re light.
Easy to dismantle and stow away. Easy
to maintain because they’re quick
to clean and are unaffected by bad
weather.” In its early years, the company
engaged in large-scale distribution, but
now Nardi is aiming at a medium-high
retail and contract market. “Nardi’s
history started in 1990 when our parents
founded the first factory. In 2008, in the
midst of the global economic crisis,
we decided to change our strategy by
investing in technology, moulds and
design, revolutionising the organisation
of the sales force and moving further
upmarket, lavishing care on the details.
We reinvented ourselves, but the quality,
which has always been the founder’s
focus, is still our leitmotif. It wasn’t a
sudden development, but built together
with partners such as Raffaello Galiotto,
a designer who knew us and the market
created for Milan Design Week using
modules of the Sipario partition.
Above: the modular Komodo sofa
well. We made innovative choices such
as focusing on made in Italy at a time
when everyone was offshoring.”
Galiotto comes from the same area,
near the Lessini uplands, a territory
largely known for working leather and
marble. “Plastic is a bit of an exception
in this area, which entails some critical
issues, including logistics. The valley is
narrow, with a river above, but we were
born here,” they explain. And they have
close ties to the region. “We have five
plants, all within a few miles of each other.
Our employees live in the valley, and our
relationship with people and ensuring
their well-being are essential to us.” The
generational handover from the founder,
Giampietro Nardi, to his daughters
led the company towards a different
sensibility. “Before, the choices mainly
prioritised the product’s functional
properties. Then aesthetic-emotional
qualities also became fundamental.” The
change was gradual but unequivocal,
even though the founder is still president.
“Ten years later, his contribution to the
company, his experience and knowledge
are priceless and he still has a lot to
give,” say Anna and Floriana. The results
DIARIO XVI
have proved them right because the
company continues to grow. After the
strategic turning point, from a turnover
of 20 million euros the company is now
invoicing 73 million and is present in
more than 120 countries worldwide.
Its best-sellers include the Net armchair
of 2015 and the Komodo sofa of 2018.
Inspired by tree branches, the latter
has a modular base on which backrests,
seats and armrests can limitlessly
be hooked and unhooked to create
different configurations.
“Apart from being modular, it also
stands out with its extreme flexibility.
It can be easily and quickly transformed
to suit the needs of the moment,
a feature that’s highly appreciated
and present in many of our products.”
But the most distinctive sign of the
leadership of the two CEOs is the
corporate breakthrough towards
sustainability, with investments in
production, the design of the products
and the message conveyed. “Not that
it was neglected before. Nardi products
have always been sustainable and
durable, lasting over 10 or 12 years.
And we’ve always returned waste
materials to the production cycle.
But today, thinking about every aspect
of the company in terms of sustainability
has become a cornerstone of our
philosophy. We think there can be no
development without environmental
awareness. It’s challenging to create a
production line and a constantly evolving
catalogue of products made completely
from recycled plastic, but the market
is rewarding us.” Nardi emphasised
the message of sustainability with its
latest extensive installation at Milan’s
Fuorisalone 2022, a large labyrinth made
of Sipario modular recycled plastic
screens. “As a labyrinth, it allows a choice
of paths. Beyond enjoying its playful
aspect, we and the designer Raffaello
Galiotto wanted people to think about
the best approach to solve issues
such as environmental pollution, health
and peace.” Sustainable products are
increasingly in demand, a trend coming
from Northern Europe as well as the
United States, Canada and all over the
developed West. And not just among
designers and architects, but also
younger customers.
“Orders even keep coming in from
Ukraine, from the seaside towns of the
west coast, such as Odesa. People need
to look ahead and believe in the future.”
These epochal and elegant words
evoke Chekhov’s stories set on the
Black Sea or a certain strand of Nordic
painting with soft colours, where dehors,
orangerie and jardin d hiver acquire a
new meaning: minimalist and ecological,
embracing openness to outdoor life and
other people.
XVII DIARIO domus 1071 Settembre September 2022

Standard Testo / Text Loredana Mascheroni

Il divano molto normale

di Raw-Edges per Cozmo
“All’inizio lo chiamavamo la patata, la The very normal sofa
nostra ambizione era che sempre più by Raw-Edges for Cozmo
persone avessero la nostra patata”.
Inizia con una nota ironica il racconto “In the beginning we called it a potato.
di Shay Alkalay e Yael Mer sui primi passi Our goal was for more and more people
del loro nuovo progetto per la startup to own our potato.” Shay Alkalay and Yael
inglese Cozmo, che da fine maggio vende Mer start their story on an ironic note
esclusivamente online l’eponimo divano regarding the initial steps of their latest
modulare da loro disegnato. design for the British start-up Cozmo,
A prima vista, questo divano which since late May has been selling
normalissimo, quasi classico per their sofa exclusively online.
composizione e struttura, non At first sight this very normal sofa, almost
sembrerebbe opera del duo israeliano classic in its frame and composition,
Raw-Edges, che si è fatto conoscere per does not seem to be the work of the
pezzi iconici dai colori decisi. Eppure, è Israeli duo Raw-Edges, who stand out
Photo © Tom Mnnion

un progetto che li ha appassionati e che with their iconic pieces and bold colours.
si basa su un lavoro sul processo che And yet this design has impassioned
fa parte del loro approccio creativo. “La them and is based on a process that is
sfida era colmare un gap nel mercato part of their creative approach.
degli imbottiti”, raccontano, “tra quelli “The challenge was to fill the gap in the
a basso costo delle grandi catene market of padded furniture,” they say,
come Ikea o Habitat e quelli dei grandi “between the low-cost sofas from large
marchi del design. La nostra strategia chains like Ikea or Habitat and those
è stata lavorare sulla modularità, by major design brands. Our strategy
sull’efficientamento della produzione, sul is to focus on modularity, efficient
packaging ideale per spedizioni standard”. production and ideal packaging for
Senza trascurare l’aspetto formale standard shipments.” But neither do
risolto con tessuti a contrasto, schienali they forget formal aspects featuring
delicatamente affusolati e finiture sobrie contrasting fabrics, slender backrests
che consentono molteplici possibilità di and streamlined finishes that allow for
personalizzazione. La prima collezione di multiple customised versions. The first
rivestimenti è composta da oltre 20 pezzi, upholstery collection is composed of
proposti in pile, velluto o cotone riciclato, over 20 pieces, available in fleece, velvet
i colori di base sono grigio e blu. Cozmo or recycled cotton, in a basic grey or blue.
Photo courtesy of Raw-Edges

invita gli utenti a partecipare al processo Cozmo invites users to take part in the
del design e a esprimere il proprio stile. I design process and express their own
divani vengono consegnati in scatole di style. The sofas are packed in small
piccole dimensioni che possono passare boxes that can fit through any average
attraverso qualsiasi porta di dimensioni door. The product is easy to assemble
normali e sono facili da assemblare, and no special tools are required.
non servono attrezzi specifici. Sono
In alto a sinistra: Shay Alkalay e Yael Mer • Top left: Shay Alkalay and Yael Mer
The sofas are made by UK
con cuscini che mostrano le varianti with a set of cushions showing the
realizzati da produttori del Regno Unito, di rivestimento del divano Cozmo. Sopra: different fabrics used for the Cozmo sofa. manufacturers and thus showcase the
valorizzando così la grande tradizione poltrona. In alto a destra e in basso: Above: armchair. Top right and below: country’s grand tradition of upholstered
di imbottiti del Paese: una soluzione che schizzo di progetto; divano a tre posti. a design sketch and the three-seater sofa. furniture. This solution has allowed
La serie Cozmo viene venduta solo online The Cozmo series is sold exclusively online
ha consentito ai designer di scegliere e spedita in piccoli pezzi facilmente and shipped in small manageable parts the designers to carefully choose
con cura i tessuti e di seguire la messa a trasportabili e assemblabili that are easy to transport and assemble fabrics and closely oversee all finishing
punto delle finiture e delle cuciture, dettagli processes such as the stitching, a
determinanti per realizzare un prodotto decisive detail in making a product that is
“bello, confortevole, divertente”. “beautiful, comfortable and fun”.
Photo courtesy of Raw-Edges

Photo © Tom Mnnion

www.neolith.com
XVIII DIARIO
Materiali / Materials
Una croce di ottone
e una libreria infinita
In questa pagina: fotografie e schizzi
di Jamais Content, libreria modulare
di legno progettata da Marc Ferrand
per Bottega Ghianda.
Sotto a destra: il designer Marc Ferrand
•This page: photographs and sketches
of Jamais Content, a modular wooden
bookcase designed by Marc Ferrand for
Bottega Ghianda. Below right: the designer
Marc Ferrand
Testo / Text Elena Sommariva
“Datemi un punto d’appoggio e solleverò
il mondo”. La celebre frase attribuita
al matematico e inventore greco
Archimede fa riferimento alla scoperta
delle leggi della leva ed è passata
alla storia anche per indicare come
basti la spinta giusta per compiere
grandi imprese. Nel caso del designer
francese Marc Ferrand, l’invenzione,
geniale nella sua semplicità, è una
croce di ottone estruso che serve
ad articolare una struttura a ‘travetti’
di legno ed è l’elemento alla base
della libreria modulabile all’infinito
Jamais Content, “mai soddisfatto”.
Lungo quanto la profondità delle
mensole, l’elemento cruciforme serve
a connettere e incastrare tutti i piani,
verticali e orizzontali. In questo modo, può
assumere svariate forme e disposizioni
nello spazio: sinuosa come un serpente
o accogliente come una tenda berbera.
Realizzata da Bottega Ghianda in legno
massello (noce o citronnier), con dettagli
in ottone satinato e ante di pelle, “Jamais
Content è un’architettura”, spiega Ferrand.
“Non esiste oggetto più prezioso di un
libro e una biblioteca è l’architettura che lo
ospita e lo protegge”.
Conosciuto per i progetti di strutture
nomadi e temporanee, che ha imparato
a padroneggiare lavorando a lungo con
Shigeru Ban, Ferrand ha un approccio
poetico al design (“Guardare il mare
e l’orizzonte è la cosa più importante
quando progetto”, ammette) oltre a
una predilezione per le forme minimali,
per lo studio del rapporto tra corpo
e architettura e per i progetti che si
evolvono nel tempo e che, dal 2017,
sviluppa con il suo atelier.
“La collaborazione con Bottega Ghianda”,
conclude, “è nata dalla voglia di costruire
un oggetto architettonico, con materiali
preziosi e un know-how eccezionale.
Progettare con Bottega Ghianda e
Romeo Sozzi è una storia di passione
basata su una straordinaria conoscenza
del legno e dei gesti per lavorarlo”.
domus 1071 Settembre September 2022
A brass cross
and an infinite bookcase
“Give me a place to stand, and I shall
move the world.” This statement
attributed to the Greek mathematician
and inventor Archimedes refers to the
discovery of the concepts of leverage,
and also went down in history as an
indication of how the right push can lead
to great achievements.
In the case of the French designer
Marc Ferrand, the invention is a cross in
extruded brass. Brilliant in its simplicity, it
helps to create a “small wooden beam”
structure and is the basic element of
the infinitely modular bookcase Jamais
Content, meaning “never satisfied”.
As long as the depth of the shelves, the
cross-shaped element connects and
interlocks all the vertical and horizontal
surfaces. It can assume countless forms
and arrangements: sinuous like a snake
or enveloping like a Berber tent. Made by
Bottega Ghianda in solid wood (walnut
or citronnier), with details in satin-finished
brass and leather panels, “Jamais
Content is architecture,” explains Ferrand.
“There is no object more valuable than a
book, and a bookcase is the architecture
hosting and protecting them.” Known for
his designs with nomadic and temporary
structures, which he learnt to master
by working alongside Shigeru Ban,
Ferrand has a poetic approach to design
(“Admiring the sea and horizon is the
most important thing when I design,” he
says), as well as a predilection for minimal
forms, the relationship between body and
architecture, and designs that evolve over
time and which, since 2017, he has worked
on with his atelier. “This collaboration
with Bottega Ghianda,” he concludes,
“originated from the desire to create an
architectural object with fine materials
and exceptional know-how. Designing
with Romeo Sozzi is a tale of passion
based on an extraordinary knowledge of
wood and craftsmanship.”
XIX DIARIO
Nuovi classici / New classics
Il dialogo con la tradizione
del Moderno
Confrontarsi con un gruppo come
Knoll, con la sua storia e la sua grande
tradizione, non è cosa da poco neppure
per Antonio Citterio, che entra nel mondo
del design industriale giovanissimo: il suo
primo progetto andato in produzione,
nel 1974, è il divano Baia per B&B Italia.
Aveva 24 anni. “Senza togliere nulla al
design italiano, penso che la tradizione
americana del Dopoguerra, nutrita dalla
scuola della Cranbrook Academy of
Art, sia stata straordinaria”, racconta.
“Il mio approccio è molto vicino alla
cultura americana, perché non ho mai
vissuto come conflittuale il rapporto
tra committenza e cliente: credo in una
collaborazione sinergica con l’industria,
guardando al mercato, e che il design
sia parte del processo industriale,
non un valore aggiunto”. Entrare nella
collezione Knoll ha avuto quindi per
Citterio una valenza speciale. Con
la sua prima collaborazione, che ha
prodotto la famiglia di sedute Klismos,
ha attinto innanzitutto alla memoria di
un’icona della cultura classica: klismos
era infatti il nome dato nella Grecia
antica a un tipo di sedia, presente in
raffigurazioni di mobili antichi dipinti
su manufatti in ceramica. Un secondo
forte riferimento è la sedia disegnata
negli anni Trenta da Robsjohn-Gibbings,
che riproduceva i mobili greci classici.
“Il mio prodotto, però, ha una forma più
dinamica, con i componenti portanti
in legno slanciati e alleggeriti”, precisa.
“Gli elementi di questa collezione per
Knoll come poltroncine, chaise longue,
divani, panche e tavoli, dialogano poi
con altri pezzi classici dell’azienda”. La
struttura è in legno di rovere, con sedile
e schienale risolti con una rete in corda
di cotone naturale intrecciato, materiale
particolarmente resistente e quindi
adatto a sostenere i severi test richiesti
dal mercato americano. “Il trattamento
del sedile a rete risale agli egizi. Una volta
si usava il nervo di bue, che poi nella
tradizione della tipologia è diventato il
cuoio. Il processo per entrare nelle corde
di Knoll è stato graduale. Uno dei miei
riferimenti formali è stato Harry Bertoia”.
Klismos è naturalmente improntata a
criteri di sostenibilità, leggibili nella scelta
di materiali naturali come il legno (da
filiera tracciata) e il marmo, delle finiture
e della logistica della produzione: verrà
prodotta sia in Italia sia in America.
Testo / Text Loredana Mascheroni
In questa pagina: schizzi di studio, disegno
tecnico della seduta e longue chair della
collezione Klismos disegnata da Antonio
Citterio per Knoll. La struttura è in legno
di rovere, seduta e schienale in corda di
cotone naturale intrecciata. Della famiglia
fanno parte anche divani, panche, tavoli,
tavolini e consolle
domus 1071 Settembre September 2022
Foto / Photo Federico Cedrone
Engaging with the
modernity of tradition
Working with a group like Knoll, with
its history and great tradition, is not
something to be taken lightly even by
Antonio Citterio, who entered the world
of industrial design at a young age.
He was just 24 years old when his first
project, the Baia sofa for B&B Italia, was
produced in 1974. “Without detracting in
the least from Italian design, I think the
post-war American tradition, nurtured
by the Cranbrook Academy of Art, was
extraordinary,” he says. “My approach is
very close to American culture, because
I’ve never seen the relationship between
client and designer as conflictual. I
believe in a synergic partnership with
industry, with an eye to the market and
design as part of the industrial process,
not an added value.” Contributing to
the Knoll collection therefore had a
special value for Citterio. With his first
collaboration, which has produced the
Klismos family of chairs, he drew on the
memory of an icon of classical culture. In
ancient Greece, Klismos was the name
of a type of chair found in images of
ancient furniture painted on pottery. A
second strong reference was the chair
designed in the 1930s by Robsjohn-
Gibbings, which reproduced the classic
Greek model. “My product, however, has
a more dynamic form, with a slender and
lighter wooden supporting frame,” he
explains. “The elements of this collection
for Knoll, such as armchairs, chaises
longues, sofas, benches and tables,
engage in a dialogue with the company’s
other classic pieces.” The frame is
made of oak, with the seat and back in
a weave of natural cotton cord, a tough
material capable of passing the strict
tests required by the American market.
“The treatment of the woven seat dates
back to the Egyptians. Once ox sinews
were used, which then became leather
in the tradition of this typology. It was a
gradual process for me to become fully
versed in Knoll’s ways. One of my formal
references was Harry Bertoia.” Klismos
is naturally based on the principles of
sustainability, evident in the choice of
natural materials such as wood (from
a traceable supply chain) and marble,
as well as the finishes and production
logistics. It will be produced in both Italy
and America.
• This page: study sketches and technical
drawing of the seat and lounge chair in the
Klismos collection designed by Antonio
Citterio for Knoll. The frame is in oak,
while the seat and back are in woven
natural cotton cord. The family of chairs
includes sofas, benches, tables, coffee
tables and consoles
natura 4000 Colour Up Your Life
XX DIARIO
Processo / Process
Dai découpage di Matisse alle
lampade di Formafantasma
Photo © Gianni Antoniali
Prende ispirazione dai découpage di Henri
Matisse la serie Fold. Il progetto è firmato
Formafantasma per Maison Matisse,
l’azienda francese fondata da Jean-
Matthieu Matisse, quarta generazione
della famiglia, per celebrarne l’universo
attraverso oggetti creati da designer
contemporanei. “Non singoli oggetti
isolati, ma pezzi densi di artigianalità che
mettono insieme valori, storia e design”,
recita il manifesto del brand. Al centro
dell’idea di Formafantasma c’è l’equilibrio
tra colore puro e forma. E poi il processo,
più del linguaggio estetico. Come Matisse
creava le sue composizioni partendo da
carte dipinte a gouache da cui ritagliava
le forme già colorate, Andrea Trimarchi
e Simone Farresin hanno piegato e
tagliato la carta, per creare sei lampade in
Photos © Gianni Antoniali
domus 1071 Settembre September 2022
Testo / Text Elena Sommariva Foto / Photos Gianni Antoniali
Photo © Gianni Antoniali
edizione limitata: a sospensione, da terra, From Matisse’s cut-outs
da parete e da tavolo. Unica differenza, il to lamps by Formafantasma
taglierino e il righello di metallo usati per
realizzare i tagli con precisione, al posto The Fold series is inspired by Henri
delle forbici impiegate dall’artista a mano Matisse’s découpage. The project is
libera. Dalle bozze tridimensionali sono designed by Formafantasma for Maison
nate le luci di metallo con paralumi di Matisse, the French company founded
carta. Sette passaggi in tutto: taglio al by Jean-Matthieu Matisse, the fourth
Photo Delfino Sisto Legnani, Piercerlo Quecchia – DSL Studio
laser, piega, levigatura e pulitura, prima generation of the family, to celebrate the
dell’applicazione di olio, di uno strato artist’s universe with objects created by
protettivo e della verniciatura, dieci mani contemporary designers. “Not individual
come nell’industria automobilistica. Alla isolated objects, but richly crafted pieces
fine del processo, un artigiano inserisce uniting values, history and design,” reads
il foglio di carta. Oltre alle lampade, the brand’s manifesto. At the heart of
presentate alla Design Week di Milano, Formafantasma’s idea is the balance
sono stati realizzati un portacandele e un between pure colour and form, and then
centrotavola per la collezione permanente the process, more than the aesthetic
di Maison Matisse ispirati all’opera Les vocabulary. Just as Matisse created his
Mille et Une Nuits del 1950. découpage by starting from gouache-
stained paper, which he then snipped into
In questa pagina: alcune versioni delle ready-coloured forms, Andrea Trimarchi
lampade Fold di Formafantasma. and Simone Farresin have folded and
Sopra: Andrea Trimarchi, Eliana Di Modica,
CEO di Maison Matisse e Simone Farresin
cut out paper to create six limited-edition
fotografati alla Design Week lamps: pendant, floor, wall and table. The
only difference is the box cutter and ruler
•This page: versions of the Fold lamps by used to make precision cuts, instead
Formafantasma. Above: Andrea Trimarchi,
Eliana Di Modica, CEO of Maison Matisse,
of the scissors wielded freehand by
and Simone Farresin photographed at Matisse. They use 3D models to fashion
Milan Design Week the metal lamps with paper shades.
Seven steps: laser-cutting, bending,
sanding and cleaning, before applying
oil, a protective layer and ten coats of
paint as in the automotive industry. At
the end, a craftsman inserts the sheet of
paper. In addition to the lamps, presented
at Milan Design Week, a candle holder
and a centrepiece were created for the
permanent collection inspired by the cut-
out of Les Mille et Une Nuits of 1950.
 Moroso
Udine Milano London
New York Gent Zürich

moroso.it
@morosofficial

Pacific, 2021
Gogan, 2019
by Patricia Urquiola
Dew, 2009
by Nendo
photo Alessandro Paderni— set coordinator Marco Viola
XXI DIARIO
Design cities
Gerusalemme:
visioni di un presente continuo
Gerusalemme non è certo la prima
città che viene alla mente quando si
parla di design, permeata com’è dalla
narrativa di luogo dalla turbolenta
identità religiosa. Eppure, dal 2011
vi si svolge una design week che
attira 40.000 visitatori, arrivata alla
sua undicesima edizione, la sesta
internazionale. Quest’anno sono stati
oltre 150 i designer che hanno abitato,
tra il 23 e il 30 giugno, gli spazi della
storica Hansen House nell’elegante
quartiere Talbiya: un affascinante ex
manicomio immerso nel verde, attivo
fino al 2000 e poi inaugurato nel 2013
come centro culturale per il design, i
media e la tecnologia. Questo luogo
si è rivelato perfetto per raccontare
lo spirito sperimentale e di indagine
sociale della Jerusalem Design
Week, un’iniziativa finanziata da
fondi governativi che coprono anche
le spese per la partecipazione dei
designer e per la produzione dei loro
lavori, tutti inediti. “In Israele abbiamo
un’abbondanza di conflitti sociali e
molte comunità, ognuna con la sua
storia”, raccontano i curatori Tal Erez
e Anat Safran. “Per realizzare il nostro
programma abbiamo puntato su questa
identità e lavorato con le risorse locali.
Non abbiamo un’industria che supporti
il design industriale e neppure una
lunga e consolidata storia di artigianato.
Il design per noi è lo strumento per
rispondere alle domande che ci pone
il presente”. La JDW è pensata per un
pubblico eterogeneo, vuole coinvolgere
anche le famiglie con eventi temporanei,
performance, iniziative per i bambini,
concerti. Quest’anno il tema centrale
che ha attraversato l’evento è stato
“For Now” e si è articolato in tre aree:
passato, presente e futuro. L’assunto di
base della JDW è che siamo tutti parte
di un presente continuo, e che il compito
del design sia quello di enfatizzare il
bene sociale, di esplorare il lato effimero
del design e il design dell’effimero.
domus 1071 Settembre September 2022
Testo / Text Loredana Mascheroni Foto / Photos Dor Kedmi
1 2
Jerusalem: visions 1 Il cortile centrale della Hansen House, • 1 The central courtyard of Hansen House,
sede della Jerusalem Design Week. which hosts Jerusalem Design Week.
of a continuous present 2 “Clean Motion”, un’indagine sugli 2 “Clean Motion”, an investigation into
strumenti e i movimenti di pulizia della cleansing implements and movements
Jerusalem isn’t the first city that cultura giapponese. 3 La collettiva in Japanese culture. 3 The collective
springs to mind when it comes to “Matchmakers”, che ha fatto lavorare “Matchmakers” show, which had eight pairs
design, permeated as it is by the otto coppie di artigiani esperti con of expert artisans and young designers
giovani designer di Gerusalemme. from Jerusalem working side by side.
narrative of a place with a turbulent 4 Venus of Jaffa, designer Studio Reddish. 4 Venus of Jaffa, designer Studio Reddish.
religious identity. Yet, since 2011, it 5, 6 “Go for Broke”, oggetti che esplorano 5, 6 “Go for Broke”, objects exploring the
has been hosting a design week that il dialogo tra archeologia e design dialogue between archaeology and design
attracts 40,000 visitors, now in its 11th
Israeli edition and 6th international
one. This year, between 23 and 30
June, over 150 designers inhabited
the spaces of the historic Hansen
House in the elegant Talbiya district:
a charming former mental hospital
set amid greenery, functioning as
such until 2000 and then reopened in
2013 as a cultural centre for design,
media and technology. It has proved
the perfect setting for expressing
Jerusalem Design Week’s experimental
spirit and social studies, an initiative
funded by the government, which also
covers the expenses of the designers’
participation and the production of
their original works. “In Israel, we have
an abundance of social conflicts
and many communities, each with 3
its own history,” say the curators Tal
Erez and Anat Safran. “To present our
programme, we focused on this identity
and worked with local resources. We
don’t have an industry that supports
industrial design or a well-established
history of craftsmanship. Design is the
tool to answer the questions posed
by the present. JDW is conceived
for a very mixed public. It seeks to 5
involve families with temporary events,
performances, initiatives for children
and concerts.” This year the central
theme was “For Now”, divided into three
areas: past, present and future. The
assumption of JDW is that we are part
of a continuous present, and the task of
design is to bring out the social good,
to explore the ephemeral side of design
and the design of the ephemeral. 4 6
XXII DIARIO
Mnemosine
Storie di oggetti. La poltroncina
Liberty di Gabetti e Isola
Stellage, nel mondo finanziario, è un
contratto che consente di limitare la
perdita di un’operazione economica.
Il termine viene preso in prestito, negli
anni Cinquanta, per battezzare il gruppo
di lavoro coordinato da Gabetti e
Isola, quando vincono il concorso per
disegnare l’edificio della Borsa Valori di
Torino. Lo studio torinese, formato da
Roberto Gabetti (1925-2000) e Aimaro
Oreglia d’Isola (1928), è portavoce di
un’impostazione progettuale che prova a
trovare nello stile Neoliberty una risposta
per l’architettura del Dopoguerra.
Per la Borsa Valori, lo studio disegna
anche raffinati mobili su misura: i tavoli,
i divani e le sedute sono realizzati dalle
piccole botteghe di mobilieri torinesi.
Come esplicita il disegno d’archivio
del 1952, la poltroncina per gli uffici è
impostata su una struttura ramificata
in legno di faggio scurito dalle forme
biomorfe, che evoca il bocciolo di un
fiore: lo schienale sembra schiudersi,
assumendo le forme dei mobili Liberty
d’inizio secolo. La struttura “a vertebre”,
realizzata da esperti artigiani, era rifinita
con giunti in metallo e viti a vista e
l’imbottitura era in Resinflex rosso scuro,
un materiale elastico prodotto in quegli
anni proprio a Torino. La nuova edizione,
proposta dalla storica azienda toscana
Ceccotti Collezioni, omaggia la storia del
progetto per cui fu disegnata e prende il
nome di Stellage 52.
Per migliorare la stabilità e attualizzare
la produzione, la nuova seduta prevede
l’impiego di staffe metalliche e l’utilizzo
di un rivestimento di pelle; gli elementi di
giunzione, invece, rimangono nascosti,
lasciando a vista solo la testina delle
viti. Grazie ai documenti d’archivio e
alla collaborazione con gli eredi dello
studio Gabetti e Isola, Ceccotti Collezioni
‘scommette’ su Stellage 52 e la aggiunge
alla linea Master Tribute, progetto con
cui valorizza e attualizza storici pezzi
di design grazie alle sue competenze
artigiane e manufatturiere.
Sopra: la poltroncina Stellage 52
inserita quest’anno in catalogo da
Ceccotti Collezioni e realizzata a partire
da documenti d’archivio e grazie alla
collaborazione con gli eredi dello studio
Gabetti e Isola. Sotto: il disegno tecnico
originale di Gabetti, Isola e Raineri
della poltroncina, progettata nel 1952
per gli uffici della Borsa Valori di Torino
Testo / Text Cristina Moro
• Above: the Stellage 52 armchair, included
this year in the Ceccotti Collezioni
catalogue, is based on archive documents
and was created in collaboration with
the heirs of the Gabetti e Isola studio.
Below: the original technical drawing
by Gabetti, Isola and Raineri of the chair,
which was originally designed in 1952 for
the offices of the Turin Stock Exchange
domus 1071 Settembre September 2022
Stories of objects.
The art nouveau armchair
by Gabetti and Isola
Stellage, in the world of finance, is
a contract that minimises losses in
a financial transaction. In the 1950s,
the word was borrowed to name the
work group coordinated by Gabetti and
Isola when they won the competition
to design the Turin Stock Exchange.
The Turin-based studio, composed of
Roberto Gabetti (1925-2000) and Aimaro
Oreglia d’Isola (1928), was the exponent
of a design approach that chose the
neo-art nouveau style as a response
to post-war architecture.
For the Stock Exchange, the studio also
designed refined bespoke furniture, with
the tables, sofas and chairs all made
by small workshops in Turin.
As can be seen from a 1952 archive
drawing, the office chair has a ramified
frame in ebonised beechwood with
a biomorphic shape reminiscent of a
flower bud. The backrest seems to open
up and embrace the early 20th-century
art nouveau style. The “vertebra” frame,
made by highly skilled craftspeople, was
finished with metal joints and exposed
screws while the padding was in dark red
Resinflex, a flexible material produced
during those years in Turin. The new
edition, proposed by the Tuscan brand
Ceccotti Collezioni, pays tribute to the
history of this object and also adopts its
name, Stellage 52. To improve stability
and render the product contemporary,
the new chair uses metal clamps and
leather upholstery; the joints are hidden
and only the screw heads are visible.
Thanks to archive documents and
collaboration with the heirs of the
Gabetti and Isola studio, Ceccotti
Collezioni is “betting” on Stellage 52,
adding it to its Master Tribute line, a
project that enhances and modernises
historical design pieces thanks to the
company’s expert artisans.
credit: Andrea Piovesan

ØG® Alzante scorrevole a levitazione magnetica permanente brevettato da Secco Sistemi

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p e so, fi no ad una tonnel l ata. Ø G ® fa l ev itare il ser ram e nto n e ll’aria, lib ero d agli at t riti scorre sile nz io so se n-
seccosistemi.com z a fat ic a, amp l ific ando i l co mfo rt e agevo l ando il g esto d i apert ura/ ch iusu ra pe r qu alsiasi t ipo logia d i u te nte .
XXIII DIARIO domus 1071 Settembre September 2022

Case d’altri / Others’ houses Testo / Text

Andrea Bajani
Illustrazione / Illustration
Bertine Bielderman

Sparire nel sottosuolo

di Amsterdam
Perché Case d’altri
Dentro le case degli altri mi sento
il personaggio di una storia che non ho scritto
io, ma in cui mi è facilissimo inserirmi.
Una casa, soprattutto se arredata,
ha sempre una trama. Gli oggetti, le foto
disposte sugli scaffali, gli arredi, raccontano
quel che c’è di più umano: trovare il proprio
posto nel mondo e fare del mondo
un posto che ci assomiglia.
Questa passione mi ha portato negli anni
a scrivere in case non mie. Scrivere di quelle
case significa scrivere di ciò che nel più
profondo cerchiamo, il senso di noi stessi
dentro una storia.
Abitare, nel senso più profondo del termine
è essere il protagonista di una storia fatta
di spazi. AB
• Why Others’ houses
In others’ houses I feel I’m a character
in a story I didn’t write, but that it’s very
easy for me to fit into.
A house, especially when furnished, always
has a plot. The objects, the photos arranged
on the shelves, the furniture, all recount
what is most human: finding our place
in the world and making the world a place
that resembles us.
Over the years, this passion has led me to
write in houses that are not mine. Writing
about those houses means writing about
what we seek in the depths, the sense of
ourselves within a story.
Living, in the deepest sense of the term,
means being the protagonist of a story made
up of spaces. AB

Una piccola casa, nella

parte meridionale di
Amsterdam, nasconde
un altro mondo sotto il
pavimento. È una tana
sotto il livello della strada,
dove lo scrittore “apre la
botola di una storia per
sparirci dentro”, mettendo
fuori la testa due volte
al giorno, all’ora di pranzo
e all’ora di cena

A small house, on the

south side of Amsterdam,
conceals another world
under the floor. It is a
perfect den below street
level, where the writer
would “open the trap door
of a story and disappear
inside it”, poking his
head out twice a day, at
lunchtime and dinnertime

Andrea Bajani
Scrittore e poeta, è nato a
Roma nel 1975. Vive a Houston,
Texas, dove insegna alla
Rice University. Il suo ultimo
romanzo, finalista al Premio
Strega e al Premio Campiello,
è Il libro delle case, pubblicato
da Feltrinelli nel 2021.

• Bajani is a writer and poet.

Born in Rome in 1975, he lives
in Houston, Texas, where he
teaches at Rice University. His
latest novel, a finalist for the
Strega Prize and the Campiello
Prize, is Il libro delle case,
published by Feltrinelli in 2021.
domus 1071 Settembre September 2022
Ho sempre avuto la tendenza, da che ho
memoria, a cercarmi un piccolo buco e
poi rintanarmici dentro.
Non è necessario che sia un buco
davvero: basta che sia un posto al riparo
degli altri, un angolo della casa in cui non
ci sia nessuno. Nell’infanzia poteva essere
sotto un letto, ma anche in balcone.
È sufficiente che sia io, e soltanto io,
l’abitante di quel luogo. Non credo, a ben
vedere, di cercare un nascondiglio. Non
mi è mai interessato non farmi trovare, e
men che meno pensare a qualcuno che
mi cerca. Ma sparire quello sì, mi è sempre
piaciuto. Sparire sapendo di essere
pensato. Sparire dal mondo e sapere che
qualcuno, pensandomi, tiene l’altro capo
del filo. E che mi sarà sufficiente tirare il filo,
per uscire dal labirinto.
Non saprei dire che cosa mi muova, in
questa tensione. Se sia un desiderio di
dissoluzione, oppure il contrario, cioè un
senso vertiginoso di libertà. Ma è certo
che la scrittura ha profondamente a che
fare con tutto questo. Scrivere è sempre
stato per me quel gesto incongruente
e ostinato di scavare un buco dentro la
carta, scendere dentro e buttare fuori
parole. E sapere che ci sarà qualcuno, da
qualche parte nel mondo, adesso, tra due
mesi oppure tra dieci anni, che le leggerà,
vi si chinerà sopra con una specie di cura.
Quella cura, quel trovarsi insieme seppure
distanti, mi risarcisce di tutta la solitudine
che a sparire giocoforza si soffre.
Credo sia per questa ragione che ho
amato così tanto una piccola casa
olandese. Sta ad Amsterdam, nel
quartiere Zuid, nella parte meridionale
della città. L’ho frequentata per anni, con
soggiorni ogni volta di pochi giorni, e mi
piace pensare che continuerò a farlo ogni
volta che tornerò.
È una casa che sta tutta su un piano,
accanto a un canale, a poche centinaia di
metri da Beatrix Park, attraversato il quale
c’è la stazione dei treni di Amsterdam Zuid.
Davanti alla porta c’è una panchina, e oltre
la porta un ingresso. A destra, al livello
della strada, prima si trova un piccolo
studio, poi una sala con un divano, una
poltrona, e scaffali di libri. Il resto della casa
è una cucina dove si sta solo in piedi, un
terrazzino di pochi metri quadrati, e una
stanza di transito, con al centro un tavolo
che la fa diventare un soggiorno.
Fuori, al di là delle gelosie, le persone
passano a piedi o in bicicletta.
Si sentono le voci, i volumi che crescono
mentre si avvicinano, diventano parole, e
poi sfumano quando proseguono oltre e
tornano a essere suoni.
Quello che nessuno sospetta, girando
per casa, è che sotto il pavimento ci sia
un altro mondo. Una scala, a un angolo del
soggiorno, conduce sottocoperta.
Non è un altro piano, e nemmeno una
cantina. È a tutti gli effetti un mondo
nascosto, in cui viene l’istinto di chinare
un poco la testa, anche se a rigore il
soffitto è alto a sufficienza da consentire
la posizione eretta. Ci sono due spazi, uno
di seguito all’altro, due letti singoli, librerie
basse, un sentore di umido, che fa di quel
posto una tana. La tana è sotto il livello
della strada, non ci sono finestre, è un
bunker perfetto.
Credo di aver passato in quel luogo alcuni
tra i momenti più felici della mia vita. È uno
dei pochi posti in cui ho scritto sdraiato
sul letto, il computer sopra la pancia, e
dentro il computer un piccolo saggio in
cui cercavo di capire come mai Van Gogh
fosse impazzito, nei suoi ultimi anni. E mi
dicevo che forse era successo perché
dopo aver passato ogni giorno, per anni, il
ponte che univa l’arte e la vita, dipingendo
e però anche vivendo, poi invece aveva
deciso di trasferirsi tutto nei quadri. Aveva
deciso – o così mi pareva di desumere
dalle lettere che scriveva al fratello Theo
– che dipingere era meglio che vivere, che
solo lì trovava una specie di pace. E quella
pace, che è una specie di pace impossibile
– concludevo – era la follia. Tagliarsi un
orecchio e subito dopo farsi un autoritratto:
la soglia finale era passata.
La ragione per cui sono stato così bene in
quella tana nei sotterranei di Amsterdam
Zuid, però, è che al piano di sopra c’era
Marina. Era la presenza di un’amica a
rendere quel buco in cui mi infilavo un
posto in cui potevo sparire ed essere
contento di sottarmi alla vista del mondo.
Mentre io me ne stavo sdraiato sul letto
battendo sui tasti, Marina al piano di sopra
viveva la sua vita nel mondo per così dire
ufficiale. Usciva a fare la spesa, prendeva
la bicicletta e andava a leggere al parco,
ascoltava la musica seduta in poltrona.
All’ora di pranzo e all’ora di cena mettevo
fuori la testa, uscivo dai sotterranei e
ci mettevamo al tavolo a mangiare.
Dopo, sparivo di nuovo. Scendevo nel
sottomondo, mi distendevo, mi trasferivo
di nuovo dentro le parole.
La scala, che connetteva i due universi, era
in fondo la parte più importante della casa.
Sparivo per istinto, e dentro quello sparire
per certi versi finalmente esistevo –
nelle cose che scrivevo. Però, era
fondamentale due volte al giorno salire
quei pochi gradini, sedermi a tavola, parlare
di poco e di tanto, anche stare in silenzio.
E dopo rifare quei pochi gradini al contrario,
tornare sottocoperta.
Senza cedere alla tentazione di trasferirmi
del tutto di sotto, di traslocare per sempre
nella scrittura. Ancora oggi, quando il
mondo fa male, e mi viene l’istinto di aprire
la botola di una storia e sparirci dentro,
penso a quella casa di Amsterdam.
Sentire – da dentro – il ricordo, i talloni di
Marina che mi cammina sopra la testa o
la sua voce che si affaccia nel buco e dice
“Mangiamo?”, mi commuove come sentire
una voce dopo avere creduto di essermi
perso per sempre.
Disappearing underground
in Amsterdam
As far back as I can remember, I’ve always
tended to look for a small hole to go and
hide in. It doesn’t have to be a real hole. It
just has to be somewhere sheltered from
other people, a corner of the house where
there’s no one else. When I was a kid, it
might have been under a bed or a spot on
the balcony. The important thing is that I,
and only I, am the inhabitant of that space.
I don’t think I’m actually looking for a hiding
place. I’ve never cared about not being
found, much less that someone might
be seeking me. But what I have always
liked is disappearing. Disappearing
and knowing that I’m being thought
of. Disappearing from the world and
knowing that someone, with me in mind,
is holding the other end of the thread. All
I have to do is pull the thread, and I can
come out of my labyrinth. I can’t really say
what drives me in this tension. Whether
it’s an urge to dissolve or, conversely,
a vertiginous sense of freedom. What
is certain is that writing has very much
to do with all of this. Writing for me has
always been the inconsequent, stubborn
act of digging a hole in a sheet of paper,
lowering myself into it and letting the
words out. And knowing that somebody
somewhere in the world – now or in two
months or in ten years – will lean their
heads over those words and read them
with something resembling care. That
care, that being together even if we’re far
apart, compensates for all the solitude I’m
obliged to endure by disappearing.
I think this is why I loved one small Dutch
house so much. It’s in Amsterdam, in the
Zuid neighbourhood on the south side of
the city. I’ve been going there for years,
staying a few days at a time, and I like
to think that I’ll continue to do so every
time I go back. It’s a one-storey house
along a canal, a few hundred metres from
Beatrix Park, on the other side of which is
Amsterdam Zuid rail station. In front of the
door there’s a bench, and behind the door
there’s a hall. To the right, at street level,
there’s a small study, then a room with a
sofa, an armchair and some bookshelves.
The rest of the house consists of a
kitchen where you can only stand, a tiny
terrace of a few square metres, and a
box room with a table in the middle that
makes it a dining room. Outside, on the
other side of the shutters, people walk
or cycle by. You hear voices growing
louder as they approach, turning into
words, and then fading to sounds again
once they’ve gone past.
What no one suspects walking around
the house is that there’s another world
under the floor. A stairway in a corner
of the living room leads down below.
It’s not another floor or a cellar either.
It’s essentially a hidden world where
DIARIO XXIV
you instinctively stoop your head, even
though, strictly speaking, the ceiling is
high enough for you to stand upright.
There are two adjoining spaces, two
single beds, low bookcases and a whiff of
damp that makes the place feel like a den.
It’s below street level and there are no
windows: it’s the perfect bunker.
I think I’ve spent some of the happiest
moments of my life there. It’s one of the
few places where I’ve written lying on a
bed with the computer on my stomach,
the computer containing a brief essay in
which I was trying to understand why Van
Gogh went mad in his final years. I told
myself it may have been because, after
crossing the bridge that joined art and life
every day for years by painting but also
living, he had chosen to transfer himself
entirely into his canvases. He had decided
– or at least this was my impression
from the letters he wrote to his brother
Theo – that painting was better than living,
that only in painting could he find some
sort of peace. And I concluded that that
peace, that kind of impossible peace,
was madness. When he cut off his ear
and immediately proceeded to paint a
self-portrait, the final threshold had been
crossed. But the reason why I felt so good
in that den beneath Amsterdam-Zuid
was that on the floor above there was
Marina. It was the presence of a friend
that made that hole I used to squeeze
into a place where I could disappear and
be happy to hide from the sight of the
world. While I was lying on the bed typing,
Marina was living her life upstairs in the
official world, so to speak. She would go
out to do the shopping, take her bike and
go to read in the park, or listen to music
sitting in the armchair. At lunchtime and
dinnertime, I would poke my head out
and climb up from the basement, and we
would sit at the table to eat. Afterwards,
I would disappear again, descend into
the underworld, stretch out on a bed
and move back into words. The stairs
connecting the two universes were
ultimately the most important part of the
house. I would disappear instinctively and,
in a sense, in that disappearance I could
exist at last – in the things I wrote. Yet it
was fundamental to walk up those few
steps twice a day, sit at the table, speak
about this and that or even stay silent.
And, after that, to walk back down those
few steps and return below. But without
giving into the temptation to move down
there entirely and remain in writing
forever. Still today, whenever the world
pains me and my instinct is to open the
trap door of a story and disappear inside
it, I think of that house in Amsterdam.
I’m moved by the sound – from within
my memory – of Marina’s heels walking
above or her voice at the hole saying,
“Ready to eat?” It’s like hearing a voice
after thinking I’d lost my way forever.
Design A. Casalini
 UN PRODOTTO CARBON NEUTRAL

Sogno della natura.

Svegliati circondato dalla Bellezza.
La bellezza delle pietre naturali reinventate attraverso la tecnologia Dekton
per creare spazi avvolgenti da sogno.

Daze / Vigil Neural Morpheus / Lucid Awake Trance Somnia

weitalia@cosentino.com
Seguici su F ô
XXV
1 In the name of colour
Luce e colore: un binomio perfetto che
identifica la collezione di lampade Ale
di Catellani&Smith, declinata in quattro
modelli: BE T, C, BIG e W.
La prima è una lampada da tavolo a
batteria, wireless: dalla base circolare
si innalzano due sottili elementi dispo-
sti a V che sorreggono la calotta semi-
sferica, elemento distintivo della linea,
che ruota su un solo asse, per direzio-
nare la luce prodotta da un LED da 1,5W
(circa 220lm).
Una piccola mosca, dettaglio ironico
presente nei modelli BE T, BIG e W,
poggia sulla calotta nascondendo la
vite che la fissa al corpo della lampada.
Oltre che in bianco e nero, è disponibi-
le nella vivace verniciatura fluo (aran-
cio, blu, giallo e magenta) e nella finitu-
ra Colourful, che gioca con la combi-
Tipologia /
Product type
Lampada da tavolo, a soffitto e a parete /
Table, ceiling and wall light
Informazione aziendale / manufacturer′s information
Nel segno del colore /
nazione dei colori primari rosso,
giallo e blu. Sempre da tavolo, la ver-
sione Ale BIG: alta circa 75 cm, con
cupola da 50 cm di diametro.
In questo caso, la sorgente luminosa
è un COB LED da 15W (circa 2.200 lm)
che garantisce una grande quantità
di luce, regolabile tramirte il pulsante
rosso sulla base.
Nella versione da soffitto, Ale C nascon-
de nella calotta un COB LED da 9W
(circa 1.400 lm) che, grazie a una lente,
illumina l’ambiente creando anche un
cerchio di luce sul soffitto. Infine, la ver-
sione a parete Ale W, dotata di mecca-
nismo telescopico che permette di
distanziare la semisfera dalla parete,
variando così il diametro del bordo
luminoso prodotto dalla scheda LED
da 13W (circa 2000 lm).
Settore applicativo /
Usage
Residenziale e contract /
Residential and contract
Sopra: tutte le varianti colore della
lampada Ale nella versione da tavolo BE T.
In basso, da sinistra, alcuni varianti
di Ale, disponibile anche da parete e da
soffitto: BIG e BE T fluo; la base circolare
di BE T nera; Ale W bianca; Ale C colourful
• Top: all the various colour options for the
Ale lamp in the BE T table version. Below,
left, some versions of Ale, also available as
a wall and ceiling fixture: BIG and BE T fluo;
the circular base of BE T in black; Ale W
in white; Ale C in colourful
Caratteristiche tecniche /
Technical characteristics
Base in metallo, tubi e cupola in alluminio,
dettagli in ottone e acciaio /
CATELLANI&SMITH
Via Cimitero, 1/A
24020 - Villa di Serio (BG)
T +39 035 656 088
info@catellanismith.com
www.catellanismith.com
Light and colour: a perfect combina-
tion that marks the Ale collection of
lamps by Catellani & Smith, available
in four models: BE T, C, BIG and W. The
first is a wireless, battery-operated
table lamp; two slender elements in
a “V” shape link the circular base to a
semi-spherical shade that is the hall-
mark of the range and can be rotated
on a single axis, to direct the light
generated by a 1.5 W LED (approx.
220lm).A small fly, the ironic detail
added to the BE T, BIG and W models,
is placed on the shade, to conceal the
screw that fastens it to the structure
of the lamp. As well as in black and
white, Ale BE T is available in a lively
fluo-painted version (orange, blue,
yellow and magenta) and in a colour-
ful finish, which features a combina-
tion of the primary colours red, yellow
and blue. Ale BIG is a table lamp, as
well: it is approximately 75 cm high
and its dome measures 50 cm in di-
ameter. Its light source is a 15W COB
LED (approx. 2200 lm) that produces
a considerable amount of light, which
can be adjusted using the red button
on the base. The semi-sphere of the
ceiling version Ale C conceals a 9W
COB LED (approx. 1400 lm) that, thanks
to a lens, lights up the room and con-
centrates part of the light in a circle
on the ceiling. Finally, the wall version,
Ale W features a telescopic mecha-
nism that allows to distance the sem-
isphere from the wall, thus varying
the diameter of the luminous edge
produced by the 13W LEDboard (ap-
prox. 2000 lm).
Metal base, tubes and shade in aluminium,
details in brass and steel
 XXVI
Informazione aziendale / manufacturer′s information

Poesie luminose / LODES

2 Poetry in light
Via Pialoi, 32
30020 - Marcon (VE)
T +39 041 45 69 266
www.lodes.com

Una lampada, Hover disegnata dallo

studio giapponese YOY per Lodes,
che non è solo un oggetto luminoso
ma una scultura eterea che si libra
nello spazio e riesce a entrare in ar-
monico dialogo con l’ambiente, do-
nandogli un valore aggiunto: quello
della magia, creata dal paralume che
sembra fluttuare nello spazio. In re-
altà, questa lampada una struttura
ce l’ha, eccome: una parte del cavo
elettrico è costituita da un tubo me-
tallico che unisce il paralume all’asta,
creando l’illusione che fluttui. La so-
luzione l’ha trovata l’ufficio tecnico di
Lodes, che ha anche eliminato il tra-
sformatore, riuscendo così a mante-
nere la struttura esile, fornendo l’ali-
mentazione grazie a un cavo USB.
“Questa lampada si inserisce nel filo-
ne dei nostri prodotti caratterizzati
da un design pulito, quasi rarefatto.
Con Hover abbiamo lavorato sull’eli-
minare qualsiasi sovrastruttura in
modo da rispettare perfettamente il
design dello studio YOY”, sottolinea
Massimiliano Tosetto, managing di-
rector di Lodes. L’estremità superio-
re dello stelo è dotata di un touch
dimmer che permette di accendere
e modulare l’intensità della luce; il
paralume è costituito da un foglio
realizzato con uno speciale compound
di carta e film polimerico. La lampada,
per ridurre sprechi e impatto ambien-
tale, viene spedita in una piccola sca-
tola con il paralume arrotolato: sarà
poi compito dell’utente assemblarla,
in maniera semplicissima, per dare
così vita alla propria magia di luce.

Hover, a lamp designed by Japanese
studio YOY for Lodes, is not just an
object that gives off light but an ethe-
real sculpture that hovers in space.
Entering into a harmonious dialogue
with its surroundings, it brings with
it an added value, that of magic, cre-
ated by the shade that appears to float
in midair. In reality, this lamp does
have a structure: part of the power
cable consists of a metal tube that joins
the shade to the rod, creating the illu-
sion of floating. This solution was
devised by the Lodes technical office
who also eliminated the transformer
so as to slim down the structure, sup-
plying power by means of a USB cable.
“This lamp is part of a series of prod-
ucts we have created characterised
by their clean, almost rarefied design.
With Hover we have worked on elim-
inating any additional structure so
as to respect the design by studio YOY”,
highlights Massimiliano Tosetto, man-
aging director of Lodes. The upper
end of the stem features a touch dim-
mer that allows the light to be switched
on and adjusted in intensity; the shade
consists of a sheet made from a spe-
cial compound of paper and polymer-
ic film. To reduce waste and environ-
mental impact, the lamp is delivered
in a small box with the shade rolled
up: it is then for the user to assemble
it, quite simply, and create their own
lighting magic.
La lampada Hover, disegnata dallo studio
giapponese YOY, è disponibile nella versione
da tavolo, con altezza cm 51,5, e in quella da
lettura, altezza cm 149,2. È realizzata nella
finitura matte white che evidenzia ancora di
più il suo carattere minimalista ed etereo che
si unisce a un cuore altamente tecnologico
• The Hover lamp, designed by Japanese
studio YOY, is available in a table version,
with a height of 51.5 cm, and as a reading
lamp, with a height of 149.2cm. It has a matt
white finish that gives added emphasis to its
minimalist and ethereal character that is
combined with a high-tech core

Tipologia / Settore applicativo / Caratteristiche tecniche /

Product type Usage Technical characteristics

Lampada da tavolo e da terra / Residenza e contract / Lampada da tavolo: altezza cm 51,5 Table lamp: height 51.5 cm
Table and floor lamp Home and contract Lampada da terra: altezza cm 149,2 / Floor lamp: height 149.2 cm
 Ibridazioni La sua prima collezione, nata a poco più di un anno
dalla fondazione di FROMM e presentata allo scorso
Hybridisation Salone del mobile di Milano, si chiama Shurouq, che
in arabo significa alba. Concepita a Doha, sviluppata
a Milano e prototipata in Brianza, distribuita in tutto
il mondo, è una buona sintesi della filosofia di questa
piattaforma creativa nata in Qatar (FROMM è la sintesi
di “From Msheireb”, dove Msheireb è un’area di Doha)
e dedicata all’arredo, ispirata alla cultura di questo
Paese interpretata da nuovi talenti dell’interior design
qatarioti che la traducono in pezzi contemporanei.
Per trasmettere al meglio il proprio concept, il catalogo
è pensato come un magazine, curato creativamente
da Manitu Studio, autori anche del logo che utilizza
caratteri che richiamano forme primarie e inteso per
evocare una forza sinuosa. Riferimenti iconografici
locali segnano i capitoli della pubblicazione, che a
livello cromatico sceglie il grigio tortora e il giallo oro.

MARKET NEWS

GRUPPO BONOMI PATTINI

CERAMICHE KEOPE
CP PARQUET
NARDI
QUADRIFOGLIO GROUP
MARMOMAC

•FROMM’s first collection, created over a year after

they were established and presented at last year’s
Milan Furniture Fair, was named Shurouq, an Arabic
word meaning dawn. Designed in Doha, developed in
Milan, prototyped in Brianza and distributed worldwide,
it sums up the philosophy of this creative platform
established in Qatar (FROMM is short for “From
Msheireb”, with Msherireb being an area of Doha) and
Photos courtesy of Manitu Studio

dedicated to furniture, inspired by interpretations of

the country’s culture by new Qatari interior design
talents who translate it into contemporary pieces. In
order to successfully communicate their concept, the
catalogue has been treated like a magazine, creatively
curated by Manitu Studio, also responsible for the logo
that uses characters recalling primary forms intended
to evoke a sinuous strength. Local iconographic
references mark the chapters of the publication that
uses a colour palette of dove grey and golden yellow.
XXVIII
Estetica e praticità
Superfici facili da mantenere che
garantiscono igiene e durabilità. Con-
solidatasi nel corso degli ultimi anni,
questa tendenza ha portato a rivolge-
re un’attenzione maggiore verso la
cura e il mantenimento dell’ambiente
domestico ed è una scelta sempre più
orientata verso materiali sostenibili.
Il Gruppo Bonomi Pattini, presente da
oltre 40 anni nel mondo del design e
dell’architettura, ha lavorato in questa
direzione e ha sviluppato importanti
alleanze commerciali, così da garan-
tire ai propri clienti un’offerta di ma-
teriali innovativi, eco-sostenibili e
all’avanguardia.
Tra queste partnership c’è quella con
l’azienda slovena Kolpa. Situata a Met-
lika, è uno dei principali produttori di
attrezzature per il bagno e superfici
del Sud Europa.
L’azienda produce il Solid Surface Ker-
rock, sviluppato con grande attenzio-
ne ai processi produttivi che ha por-
tato a ridurre il proprio impatto am-
bientale con un sistema di gestione
certificato ISO 14001.
Resistente al calore e agli agenti chi-
mici, Kerrock può essere facilmente
lavorato e termoformato.
È caratterizzato da una superficie li-
scia, facile da pulire e sanificare, con
una notevole qualità antibatterica:
dote fondamentale per poter essere
utilizzato negli spazi interni e, soprat-
tutto, in luoghi dove l’igiene deve es-
sere al primo posto.
Per questo trova applicazione in alber-
ghi, centri benessere, studi medici,
Gruppo Bonomi Pattini
Via Stelvio, 9
20814 - Varedo (MB)
T +39 0362 580453
F +39 0362544367
marketing@gruppobonomipattini.com
www.gruppobonomipattini.com
Informazione aziendale / manufacturer′s information
spazi pubblici, negozi, residenze, in-
terni di yacht e camper. Kerrock viene
utilizzato in diversi ambienti: in cuci-
na sotto forma di top, mobili, lavabi o
arredi, ma anche in bagno, in mobili,
lavandini, vasche e piatti doccia.
Le applicazioni sono infinite perché
alla facile manutenzione e alla dura-
bilità, questo materiale unisce anche
una grande versatilità: si può sceglie-
re tra oltre 100 colori, così da lasciare
spazio alla creatività dei progettisti.
Grazie alla sua facilità di lavorazione,
trova anche impiego nel settore game,
trasformandosi in un gioco da tavolo.
È disponibile nei formati 3.600 x 760
mm, 3.600 x 910 mm, 3.600 x 930 mm,
3.600 x 1.350 mm, 3.600 x 1.500 mm,
con spessore 3, 6, 8, 12 o 18 mm.
Un materiale il cui solo limite è quello
dettato dall’immaginazione.
Aesthetics and practicality
Easy to maintain surfaces that guar-
antee hygiene and durability.
Consolidated over the course of recent
years, this trend has led to greater
attention being given to the care and
maintenance of the domestic environ-
ment and is a preference increasingly
orientated towards sustainable ma-
terials. Gruppo Bonomi Pattini, oper-
ating for over 40 years in the world of
design and architecture, have been
moving in this direction and have been
developing some important commer-
cial alliances in order to be able to
guarantee their customers the offer
of innovative, eco-sustainable, state-
of-the-art materials.
One of these partnerships is with Slo-
venian company Kolpa. Located at
Metlika, it is one of the principal man-
ufacturers of bathroom fittings and
In alto a sinistra: il Solid Surface
Kerrock applicato in facciata consente
di contenere la perdita di calore in
inverno e presere condizioni climatiche
ottimali negli spazi interni in estate.
In alto a destra: un’applicazione in
cucina, nell’isola al centro dello spazio.
Qui sopra: Kerrock in bagno, dove può
essere utilizzato per piatti doccia,
lavabi e vasche garantendo durabilità
e facilità di pulizia
surfaces in Southern Europe. The
company produces Kerrock Solid Sur-
face, developed with great attention
to production processes that has led
to a reduction in their environmental
impact with a system of management
that carries ISO 14001 certification.
Resistant to heat and chemical agents,
Kerrock can be easily worked and ther-
moformed. It is characterised by a
smooth surface, easy to clean and san-
itise, with a remarkable anti-bacteri-
al quality, key attributes for use in
interior spaces and above all in places
where hygiene comes first.
For this reasons its applications in-
clude hotels, wellbeing centres, doctors
surgeries, public spaces, shops, homes,
interiors of yachts and camper vans.
Kerrock is used in various settings: in
the kitchen for tops, furniture, sinks
or fixtures but also in the bathroom in
the form of furniture, sinks, bathtubs
and shower trays.
The applications are endless because
as well as being easy to maintain and
hard-wearing, this material also offers
great versatility and there is a choice
of over 100 colours, leaving ample space
to the creativity of designers.
As it is easy to work with, it is also be-
ing used in the game sector, trans-
formed into a board game. It is availa-
ble in formats 3,600 x 760 mm, 3,600
x 910 mm, 3,600 x 930 mm, 3,600 x 1500
mm, 3,600 x 1,350 mm, with thickness
of 3, 6, 8, 12 or 18 mm.
A material whose only limit is that
dictated by the imagination.
• Top left: Kerrock solid surface applied
as a cladding enables a reduction in
heat loss in the winter and provides
optimal climatic conditions in interior
spaces in the summer.
Top right: an application in the kitchen,
in the island at the centre of the space.
Above: Kerrock in the bathroom, where
it can be used for shower trays, sinks
and bathtubs ensuring durability
and ease of cleaning

Riflessi preziosi
Scegliere il fascino del marmo unito
alla resistenza del gres porcellanato:
una soluzione che permette di ottene-
re ambienti eleganti senza rinunciare
alla praticità e alla funzionalità. La
scelta dei rivestimenti, come di tutti
gli elementi strutturali di un progetto,
dovrebbe essere determinata dalla
loro capacità di durare il più a lungo
possibile nel tempo. Questo vale in
particolare per il gres effetto marmo,
che rappresenta una valida alternati-
va a disposizione di chi ama le super-
fici in marmo, da sempre simbolo di
eleganza e ricercatezza stilistica, ma
non vuole rinunciare a robustezza e
praticità di utilizzo. Queste qualità
sono racchiuse nella nuova collezione
Onice di Ceramiche Keope, che si in-
serisce nell’ampia gamma di marmi
lappati firmati dall’azienda leader
nella produzione di pavimenti e rive-
stimenti in gres porcellanato 100 per
cento made in Italy.
Le superfici rivestite con la linea Oni-
ce creano ambienti sofisticati e pre-
ziosi, e sono il frutto dell’innovazione
tecnologica applicata all’interior de-
sign che contraddistingue i prodotti
di Ceramiche Keope. L’identità croma-
tica di questa collezione si declina in
tre sfumature caratterizzate da in-
trecci di colore compatti che convivo-
no in armonia nel gres porcellanato.
La prima, Multicolor, racchiude un’in-
finita varietà di sfumature che si espri-
me al meglio quando viene colpita
dalla luce: in quel momento, un arco-
baleno di colori la ravviva creando
suggestivi effetti di luci e ombre. La
seconda, Honey, è caratterizzata dal-
le sfumature delicate del miele, come
indica il nome scelto, che mettono in
risalto la tessitura e la profondità del
quarzo caldo e accogliente. Infine, la
collezione prevede la nuance Pearl:
fredda e vellutata, dona un carattere
sofisticato a qualsiasi ambiente; es-
sendo una sfumatura neutra, è perfet-
ta come contrappunto a superfici sia
matt sia lucide, soprattutto per rive-
stire l’ambiente bagno.
Nata per l’indoor, Onice è disponibile
nella gamma di formati da 60 x 60, 60
x 120 e 120 x 278 cm. Inoltre, le grandi
lastre e i formati modulari sono l’ide-
ale per realizzare le superfici dell’am-
biente bagno e gli elementi d’arredo,
rendendo la serie altamente versatile.
Ceramiche Keope
Via Statale, 467.21
42013 - Casalgrande (RE)
T +39 0522 997511
www.keope.com
Informazione aziendale / manufacturer′s information
Exquisite reflections
In alto: l’ambiente bagno con il
pavimento realizzato con la collezione
Onice di Ceramiche Keope, variante
Pearl, 120 x 120 cm. La stessa collezione
riveste il grande piano lavabo
realizzato su richiesta. Sopra,
da sinistra: le varianti Multicolor
e Honey, applicate a pavimento
XXIX
Choosing the visual appeal of marble
in combination with the strength of
porcelain stoneware means being able
to create stylish settings without hav-
ing to make sacrifices in terms of prac-
ticality and functionality. Decisions
about finishes, like all the structural
elements in a design project, should
be determined by their capacity to last
as long as possible over time. This ap-
plies in particular to marble-effect
stoneware, that represents a valid
alternative for those who love marble
surfaces - that have always been a sym-
bol of elegance and stylistic refinement
- but don’t want to make sacrifices when
it comes to durability and practicality.
These qualities are very much a feature
of the new Onice collection from Ce-
ramiche Keope, part of a larger range
of lapped marbles from this leading
company in the production of porcelain
stoneware floor and wall finishes that
are 100% made in Italy.
Surfaces clad in the Onice range give
rise to sophisticated and refined set-
tings and are the result of the applica-
tion of technological innovation to
interior design that is typical of Ce-
ramiche Keope’s products. The colour
palette of this collection is expressed
in three shades characterised by a
dense intertwining of colours that work
together harmoniously on the porce-
lain stoneware. The first, Multicolor,
consists of an infinite variety of shades
that are expressed most fully when hit
by light: in that moment a rainbow of
colours brings them to life creating
evocative effects of light and shade.
The second, Honey, is characterised
by delicate shades of honey, as the name
suggests, that highlight the texture
and depth of the warm and welcoming
quartz. Finally the collection also in-
cludes the shade Pearl, a cool and vel-
vety tone that lends a sophisticated
character to any setting. Being a neu-
tral shade, it provides a perfect coun-
terpoint to both matt and polished
surfaces, especially applied to the
bathroom.
Conceived for indoor use, Onice is avail-
able in a range of formats from 60 x 60
to 60 x 120 and 120 x 278 cm. In addi-
tion, the large slabs and modular for-
mats are ideal for creating bathroom
surfaces and elements of furniture,
making the series highly versatile.
• Top: bathroom setting with floor made
using the Onice collection by Ceramiche
Keope in the Pearl version 120 x 120 cm.
The same collection has been used
for the large, custom-made sink top.
Above left, the versions Multicolor
and Honey, applied to the floor
XXX
Superfici su misura
Per dare vita a una collezione, in
questo caso di superfici, carica di va-
lore e originalità, è necessario un pro-
cesso progettuale che coinvolga diver-
se discipline e competenze. Così è
stato per la capsule collection Floor
Landscape, firmata dall’Architetto
Monica Armani. È il risultato di un
approccio multidisciplinare che af-
fonda nel saper fare di CP Parquet e
nello studio della cultura italiana le-
gata all’arte, alla scultura e all’archi-
tettura, unito all’innovazione.
Nasce così una collezione di pavimen-
ti in legno e boiserie, che a partire dal-
le rinomate plance 2 e 3 strati di CP
Parquet, traduce i valori più significa-
tivi della cultura italiana in quattro
scenari: Milano, Firenze, Venezia e
Corvara. Da questi luoghi, e dalla loro
storia e conformazione, nascono delle
soluzioni compositive innovative, sep-
pure coerenti con il patrimonio del
territorio.
La prima, Milano, rievoca la cultura
del Novecento con un pavimento dal
taglio angolare innovativo, associabi-
le alle bordure Scala e Quadro e alle
boiserie Niemeyer e Necchi. Lo stile è
CP Parquet S.r.l.
Via Rosset, 2-4-6-8
31017 - Pieve del Grappa (TV)
T +39 0423 53305
info@cpparquet.it
www.cpparquet.it
Informazione aziendale / manufacturer′s information
Bespoke surfaces
grafico, coerente con la tradizione dei
pavimenti in legno con effetto spina
incrociata, ma in una veste più con-
temporanea.
Firenze, ispirata alla città culla crea-
tiva dell’arte del rinascimentale, ha
base con la boiserie Giotto e Bifora,
sintesi grafica del caratteristico segno
architettonico del periodo, da abbina-
re alle superfici orizzontali e alla bor-
datura dedicata Cupola. Venezia, città
unica che accoglie e mixa in armonia
periodi stilistici differenti, ha portato
alla realizzazione della texture Vene-
zia con effetto di tessuto incrociato, a
cui si abbinano le boiserie Arabesco e
Calle. Infine troviamo Corvara, ispi-
rata al borgo delle Dolomiti, con tagli
sfalsati e angolature rigide, come ri-
gide e irte sono le cime montuose di
questo territorio.
Tutti i prodotti di CP Parquet sono
realizzati nel pieno rispetto per la na-
tura, le specie legnose provengono da
foreste certificate FSC® e PEFC. Perché
solo attraverso un comportamento
responsabile e sostenibile si può pro-
teggere l’ambiente garantendo la ri-
generazione dell’ecosistema.
 XXXI

Coming up with a collection, in this

case of surfaces, filled with value and
originality, requires a design process
that involves different skills and dis-
ciplines. As in the case of the Floor
Landscape capsule collection by ar-
chitect Monica Armani, the result of
a multi-disciplinary approach based
on the experience of CP Parquet and
the study of Italian art, sculpture and
architecture, brought together with
a dose of innovation.
The result is a collection of wood floors
and boiserie that, based on the re-
nowned two and three-layered planks
by CP Parquet, translates the most
significant values of Italian culture
into four scenarios: Milano, Firenze,
Venezia and Corvara.
These places, along with their history
and configuration, give rise to compo-
sitional solutions that are innovative
while remaining consistent with the
heritage of the area.
The first, Milano, evokes the culture
of the twentieth century with a floor
featuring an innovative angular cut
that can be combined with the Scala
and Quadro border and the Niemeyer,
Necchi and Giò boiserie. The style is
graphic, in keeping with the tradition
of wood floors with a crossed herring-
bone effect but given a more contem-
porary twist. Firenze, inspired by the
city that saw the birth of Renaissance
art, is based on the Tondo and Bifora
boiserie, a graphic synthesis of the
characteristic architectural style of
the period, for combining with the
horizontal surfaces and dedicated
borders Minima and Goccia. Venezia,
a unique city that is home to and mix-
es harmoniously different stylistic
periods, has led to the creation of the
Venezia texture with crossed fabric
effect, matched with the Arabesco and
Cà D’oro boiserie.
Finally Corvara, inspired by the town
in the eastern Alps, features offset cuts
and rigid angles, akin to the bristling
rigidity of mountain peaks.
All CP Parquet products are made with
complete respect for nature and the
woods come from forests with FSC®
and PEFC certification. Because it is
only through responsible and sustain-
able behaviour that one can protect
the environment ensuring the regen-
eration of the ecosystem.
Pagina a fronte. In alto a sinistra e nel • Opposite page. Top left and in detail,
dettaglio, la boiserie Milano: finitura the Milano boiserie: Niemeyer finish
Niemeyer orizzontale Antico Asolo 3 horizontal Antico Asolo 3 layers
strati e Pavimento Antico Asolo 3 strati. and Antico Asolo 3 layer floor.
In basso: Monica Armani davanti alla Below: Monica Armani in front of the
composizione Milano. In questa pagina: Milano composition. This page: Monica
Monica Armani e Luca Dallabetta. Armani and Luca Dallabetta.
Sullo sfondo, il pavimento Milano In the background the Milano Trapezio
Trapezio Antico Asolo 2 strati, doga Antico Asolo 2 layer floor, plank
165 x 660 mm in Rovere Europeo Select 165 x 660 mm in Select European Oak
Spazzolato Verniciato Natura Brushed Natural Varnish

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XXXII

Coccolati dalle onde Pampered by the waves

Il movimento ritmico dolce e sinuoso prodotti in plastica rigenerata realiz-

del mare ispira la nuova poltrona out- zati attraverso l’utilizzo di polipropi-
door Net Lounge disegnata da Raffa- lene post-industriale e post consumo,
ello Galiotto per Nardi. per dare nuova vita alla plastica.
Leggera e accogliente, dal design mi- Per far questo è stata creata una linea
nimale, ha il suo segno distintivo pro- produttiva dedicata, grazie alla quale
prio nel profilo ondulato che evoca la sono stati realizzati prodotti a catalo-
dolcezza delle onde. Generosa e pro- go come il divisorio modulare per ester-
fonda nella seduta, trasmette un sen- no Sipario e la nuova collezione di
so di benessere solo a guardarla. sgabelli e tavoli Stack e Combo, tutti
Questo invito visivo si apprezza anco- connotati da una cromia color Terra.
ra di più sedendosi e lasciandosi av- Oltre a essere in plastica riciclata, so-
volgere dalla scocca che abbraccia no eco-sostenibili in tutto il loro ciclo
delicatamente il corpo invitando al produttivo: dall’ideazione all’imbal-
relax, grazie all’assetto ribassato del laggio, realizzato in cartone riciclato
sedile, oltre che alla studiata inclina- certificato FSC e polietilene a bassa
zione dello schienale, che favoriscono densità completamente riciclabile.
la distribuzione ergonomica del peso Si tratta di un esempio virtuoso di co-
corporeo. Il relax totale è garantito me le aziende possano fare la differen-
anche dalla scocca, traspirante grazie za in termini di sostenibilità, appli-
a un motivo a fori quadrati e raggiati candola non solo al prodotto finito, ma
che ne garantisce l’areazione, distri- a tutto il ciclo di produzione. Perché,
buiti in continuità sulla superficie come diceva Andy Warhol, “avere la
tridimensionale della seduta che ri- terra e non rovinarla è la più bella for-
sulta così opaca, leggermente bomba- ma d’arte che si possa desiderare”.
ta e piacevole al tatto.
Net Lounge è curata in ogni suo detta-
glio: sul retro dello schienale è dotata
di pratiche mollette reggi-asciugama-
no, utili a mantenerlo fermo e non
farlo scivolare o volare via in una gior-
nata ventosa.
Questa seduta di una sobria eleganza
si inserisce in ogni contesto, residen-
ziale e contract: sul bordo di una pisci-
na o su un terrazzo, ma anche in tutti
quegli spazi outdoor dove è bello fer-
marsi per leggere, rilassarsi o lasciar-
si trasportare dai propri pensieri. La
poltrona arriva a completare la colle-
zione Net che comprende sedute, pol-
trone, loveseat, tavoli e sgabelli, ed è
proposta in sei tonalità che riescono
a inserirsi in qualsiasi ambiente.
Le scelte materiche sono altrettanto
importanti di quelle formali: è realiz-
zata in polipropilene fiberglass com-
pletamente riciclabile, una scelta in
linea con la filosofia di Nardi che dal
2019 ha attivato anche il progetto in-
dustriale Regeneration per la produ-
zione di arredi per esterno in plastica
riciclata, a loro volta riciclabili.
Nell’ottica della sostenibilità, da sem-
pre Nardi riutilizza nel ciclo produt-
tivo sfridi e scarti attraverso un pro-
cesso di macinazione degli stessi, ma
con questo programma è voluta anda-
re oltre creando collezioni dedicate a

Nardi S.p.A
Via delle Stangà, 14
36072 - Chiampo (VI)
T +39 0444 422100
info@nardioutdoor.com,
www.nardioutdoor.com

Informazione aziendale / manufacturer′s information


The soft and sinuous rhythmic move-
ment of the sea provided the inspira-
tion for the new Net Lounge outdoor
chair that has been designed by Raf-
faello Galiotto for Nardi.
Light and welcoming, with a minimal-
ist design, its distinctive shape is owed
precisely to the wavelike profile that
evokes the softness of the waves. With
a deep and generous seat, it conveys a
sense of wellbeing just looking at it.
This visual invitation can be appreci-
ated even more by sitting down and
letting yourself be enveloped by the
shell that delicately embraces the body
inviting you to relax, thanks to the
lowered position of the seat, as well as
the considered angle of the backrest
that favours an ergonomic distribution
of the body weight. Total relaxation is
also guaranteed by the shell, made
Informazione aziendale / manufacturer′s information
breathable thanks to a pattern of ra-
dial square holes that ensure ventila-
tion, distributed continuously across
the three dimensional surface of the
seat with the end result being matt,
slightly rounded and pleasant to the
touch. Net Lounge is meticulously de-
tailed: on the rear of the backrest it
features practical clips for holding a
towel in place so that it doesn’t slip
and fly away on a windy day.
This chair with its understated ele-
gance can be placed anywhere, in either
residential or contract situations: by
the side of a swimming pool or on a
terrace but also in any kind of outdoor
space where it is nice to stop and read,
relax or let your thoughts wander. This
chair completes the Net collection that
includes chairs, armchairs, loveseats,
tables and stools and is available in six
Pagina a fronte e in questa pagina, in
alto: la poltrona Net Lounge è prodotta
in sei diversi colori, opachi, ed è
realizzata in polipropilene fiberglass
totalmente riciclabile. In questa pagina,
sopra: dettaglio delle mollette reggi-
asciugamano che permettono di fissarlo
facilmente alla seduta. La scocca, dalla
forma sinuosa, è traspirante grazie
a un motivo a fori quadrati e raggiati
colours to match with any setting.
The choice of materials is just as im-
portant as the form and it is made from
fibreglass polypropylene that is com-
pletely recyclable, a choice that sits in
line with the philosophy of Nardi who
in 2019 set up an industrial regener-
ation project for the production of
outdoor furniture in recycled plastic,
in turn recyclable. With a view to sus-
tainability, Nardi have always reused
scraps and leftovers in the manufac-
turing process by means of a procedure
that involves grinding these up but
with this programme they wanted to
go even further, creating collections
dedicated to regenerated plastic prod-
ucts made by using post-industrial and
post consumption polypropylene, giv-
ing new life to plastic. To do this a pro-
duction line has been created dedicat-
• Opposite page and this page, top:
the Net Lounge is produced in six
different matt colours and is made
from completely recyclable
fibreglass polypropylene.
This page, top: detail of the clips that
allow towels to be easily fixed to the
chair. The shell, with its sinuous form,
is made breathable by a pattern
of radial, square holes
XXXIII
ed to products in recycled plastic
thanks to which a range of items have
been added to their catalogue such as
the Sipario modular dividers for exte-
riors and the new Stack and Combo
collection of stools and tables, all fea-
turing an earthy colour. As well being
in recycled plastic, they are eco-sus-
tainable with respect to the whole
manufacturing process: from concept
to packaging, made from FSC-certified
recycled cardboard and low-density
polyethylene that is completely recy-
clable. It is a virtuous example of how
companies can make a difference in
terms of sustainability, applying it not
only to the end product but to the entire
manufacturing process. Because as
Andy Warhol said, “having land and
not ruining it is the most beautiful art
that anyone could want”.
XXXIV
Nuovi percorsi
Una brand identity rinnovata per
Quadrifoglio Group, azienda interna-
zionale specializzata dal 1991 nella
progettazione e realizzazione di solu-
zioni d’arredo per gli ambienti profes-
sionali e contract che lancia la nuova
divisione Design Living dedicata al
settore residential & hospitality.
Per il debutto, presenta una ricca pro-
posta di soluzioni di design altamente
customizzabili, qualità che si rafforza
grazie anche alla recente introduzio-
ne di ulteriori materiali e finiture a
catalogo: tra le new entry, il gres por-
cellanato, le nuove laccature, i metal-
li nelle cromie Oro, Bronzo e Corten e
la collaborazione con importanti mar-
chi del settore tessile.
Perfetta anche per il professionale e il
contract, la nuova collezione presenta
diversi arredi tra cui spicca Compasso
by Dorigo Design: una seduta dal de-
sign pulito che si distingue per la forma
della parte posteriore che, con un an-
golo di 25° formato dal raccordo a pet-
tine sul retro dello schienale, ricorda
proprio il compasso.
Le gambe dalla forma triangolare, nel-
la parte inferiore, diventano quadrate
in quella superiore e creano un blocco
unico con il telaio, di legno massello,
che garantisce solidità alla struttura.
Il sedile può essere anche rivestito in
Quadrifoglio Group
Via Cornaré, 12
31040 - Mansuè (TV)
T +39 0422 756025
info@quadrifoglio.com
www.quadrifoglio.com
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tessuto - scegliendo tra molteplici to-
nalità - ed essere diverso dallo schie-
nale, rendendo questa seduta ancora
più unica grazie alla possibilità di
abbinamenti cromatici e materici ori-
ginali. Tra i tavoli proposti, Six dal
design leggero, caratterizzato da gam-
be, traversi e longoni in tubolare d’ac-
ciaio, con sezione quadrata 30 x 30 mm
(oggetto di brevetto). Il tavolo può
essere tutto in lamiera grigio ombra o
bianco, o con struttura in bronzo, cor-
ten e oro e piano in gres porcellanato.
New ways
A new brand identity has been creat-
ed for Quadrifoglio Group to launch
the new Design Living division dedi-
cated to the residential and hospital-
ity sector. The company, now an inter-
national Group, has been specialised
in the design and production of furni-
ture solutions for professional and
contract settings since 1991.The launch
sees the presentation of an extensive
range of highly-customisable design
solutions, enhanced also thanks to the
recent introduction of additional ma-
In questa pagina, ambienti con i prodotti
della nuova divisione Design Living.
In alto a sinistra e qui sopra: tavolo Six
con struttura in tubolare d’acciaio e
piano in gres porcellanato e in lamiera.
In alto a destra: sedute Compasso
by Dorigo Design, connotate dall’angolo
di 25° formato dal raccordo a pettine
sul retro dello schienale
terials and finishes in the catalogue:
these new additions include porcelain
stoneware, new lacquers, metals in
gold, bronze and corten colours and
collaboration with leading brands in
the textile sector.Also perfect for pro-
fessional and contract sectors, the new
collection presents a number of fur-
niture options including Compasso by
Dorigo Design: a chair with a clean-cut
design that is distinguished by the form
of the back that features a 25° angle
formed by finger-jointing on the rear
of the backrest, reminiscent of a com-
pass. The legs have a triangular shape
in the lower part, becoming square
towards the top and create a single
block with the solid-wood frame that
guarantees solidity to the structure.
The seat can be covered in fabric – choos-
ing from a wide range of colours – and
be different from the back, making the
chair even more unique thanks to the
potential for original colour combina-
tions and materials. Among the tables
proposed, Six has a light design, char-
acterised by legs, crosspieces and
lengths in tubular steel, with a 30 x 30
mm square section (patent pending).
The table can be made entirely in Om-
bra grey or white metal or have a struc-
ture in bronze, corten and gold and top
in stoneware.
• This page, settings with products
from the new Design Living division.
Top left and here above: the Six table
with structure in tubular steel and top in
porcelain stoneware and in sheet metal.
Top right: Compasso chairs by Dorigo
Design, distinguished by the 25° angle
formed by the finger-jointing on the
rear of the backrest

È di scena la pietra naturale
Dal 27 al 30 settembre, a Verona è di
scena Marmomac, la fiera internazio-
nale dedicata al marmo e alla pietra
naturale. L’edizione 2022 presenta un
ricco palinsesto di iniziative rivolto a
professionisti, architetti e designer.
Tra queste, The Plus Theatre, al padi-
glione 10: un’area dedicata a conferen-
ze, laboratori e mostre. In collabora-
zione con ADI, ci sarà “Etica-Litica”,
una mostra tra creatività e sostenibi-
lità, con i prototipi realizzati con una
sola lastra. Raffaello Galiotto presen-
ta "Visionary Stone": opere d’arte spe-
rimentali in pietra lavorate con tec-
nologia numerica. Ritorna anche,
“Brand & Stone 4.0”: la mostra ideata
e curata da Danilo Di Michele dove i
marchi del luxury design sperimenta-
no il mondo della pietra naturale.
Alla rivista Platform Architecture&De-
sign è stata invece affidato il compito
di selezionare i progetti più rappre-
sentativi dell’uso della pietra realiz-
zati da 16 studi internazionali di ar-
chitettura. Dedicata alle università è
invece la rassegna “Marmomac meets
Academies”, curata da Giuseppe Fal-
lacara e Domenico Potenza, dal titolo
“Italia da scoprire. La ricerca univer-
sitaria e il paesaggio dello spazio pub-
blico urbano”. Tra le novità 2022 ci
sono poi le sezioni Marmo+Tech, un
palcoscenico dove verranno presen-
tate le innovazioni della tecnica al
servizio di chi lavora la pietra, e Mar-
mo+Press, un programma di quattro
convegni organizzati da altrettante
testate tecniche internazionali.
Marmomac
Veronafiere
Viale del Lavoro, 8
37135 - Verona
T +39 045 8298111
www.marmomac.com
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Natural stone takes the stage
In questa pagina, opere in mostra
a Marmomac. In alto: Proto I, prodotta
da DDX Software Solutions, Gmm,
Gruppo Tosco Marmi, Scuola Tecnica
del Marmo Settore Arte e Automazione.
Sopra da sinistra: Pako, design Stefano
Giovannoni per Qeeboo, prodotta
da Silvestri; tavolo Chicchera,
realizzato da Matteo Leorato con
l’azienda Mondo Marmo
XXXV
Marmomac, the international trade
fair dedicated to marble and natural
stone, will be taking place in Verona
from 27 to 30 September. The 2022
edition presents a packed programme
of initiatives aimed at professionals,
architects and designers. These include
The Plus Theatre at Pavilion 10, an
area dedicated to conferences, work-
shops and exhibitions. In collaboration
with ADI, “Etica-Litica” is an exhibition
in which creativity meets sustainabil-
ity, with prototypes made from a single
slab. Raffaello Galiotto presents "Vi-
sionary Stone": experimental works
of art made from stone worked using
CNC machinery. There is also the re-
turn of “Brand & Stone 4.0”, the exhi-
bition conceived and curated by Dani-
lo Di Michele which sees luxury design
brands engaging with the world of
natural stone. The magazine Platform
has been entrusted with the task of
selecting the designs that best repre-
sent the use of stone created by sixteen
international architectural practices.
The focus is on universities in “Mar-
momac meets Academies”, curated by
Giuseppe Fallacara and Domenico
Potenza, entitled “Discovering Italy.
University research and the landscape
of urban public space”. New initiatives
for 2022 also include the sections Mar-
mo+Tech, a platform for presenting
technological innovations at the ser-
vice of working with stone and Mar-
mo+Press, a series of four conferences
organised by four international tech-
nical publications.
•This page, works on show at
Marmomac. Top: Proto I, produced
by DDX Software Solutions, Gmm,
Gruppo Tosco Marmi, Scuola Tecnica
del Marmo Settore Arte e Automazione.
Top from left: Pako, design Stefano
Giovannoni for Qeeboo, produced
by Silvestri; Chicchera table, made
by Matteo Leorato with the company
Mondo Marmo
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designed by LUCADINI.com adv danaeproject.com ph. Lorenzo Borgianni

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Edition June 2022 - SAS DICKSON CONSTANT - capital 12.640.000 euros - 381 347 970 R.C.S. Lille Métropole - Photos : Edouard Auffray Sunbrella® is a registered trademark of Glen Raven, Inc.
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 La luce che
cambia lo spazio /
The light that
transforms space
Photo Alexandre Van Battel

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XXXVII
Dall’alta moda ai progetti di hospitality
più ambiziosi. Compie 65 anni Reggiani
Illuminazione, oggi punto di riferimento
globale per soluzioni indoor e outdoor
Photos David Burlacu
Photo Marco Reggi
Photo Marco Reggi
Photo Marco Reggi
In apertura: il sistema Yori Evo 48V illumina
una residenza privata a Uccle, Belgio.
In questa pagina. In alto: Matteo Reggiani,
39 anni, corporate strategic officer di
Reggiani Illuminazione. Al centro: il quartier
generale dell’azienda a Sovico (MB).
Qui sopra, da sinistra: soluzione
di illuminazione a basso voltaggio
Yori Evo 48V, e Traceline Recessed,
che con i suoi 20 mm di spessore
si integra perfettamente in ogni spazio.
Pagina a fronte: il flagship store
di Rimadesio a New York,
illuminato da sistemi Reggiani
Nel 1957, gli italiani iniziavano a raccogliere
i frutti del miracolo post-bellico e, in quel
grande fermento, Goffredo Reggiani
fondava in Brianza l’azienda eponima
sulla base di una visione: realizzare
strumenti di illuminazione pensati
per soddisfare l’inedita domanda di
design domestico grazie a un saper
fare antico, potenziato dall’incipiente
sviluppo tecnologico. L’entusiasmo, il
rigore e la determinazione del fondatore
hanno segnato il percorso dell’azienda.
Reggiani è oggi un punto di riferimento
internazionale per architetti e designer
senza aver cambiato ricetta: conduzione
familiare, ricerca tecnologica e cura
artigianale per ogni dettaglio.
Matteo Reggiani, 39 anni, nipote
del fondatore, è oggi il corporate strategic
officer. Con lui abbiamo chiacchierato
del passato e del presente dell’azienda.
E, soprattutto, del futuro.
65 anni in questo 2022.
Quali le tappe salienti?
Goffredo Reggiani era una persona
lungimirante e con una visione
chiara, di lungo periodo, e a 360°.
Da un lato, ideò soluzioni dal design
inconfondibile, dall’altro pose le basi
per la nostra presenza in tutto il mondo,
stabilendo proficue collaborazioni
internazionali. Lavorò con Luigi Argenta
e Gio Ponti per soluzioni decorative,
e con Manzoni, Álvaro Siza e Richard
Rogers, focalizzandosi su soluzioni
più tecniche, sviluppando prodotti
diventati icone. Con l’arrivo della
seconda generazione – Danilo e Fabio
– Reggiani si è affermata quale leader
nel mercato dell’illuminazione per grandi
spazi retail, proponendo soluzioni per
metrature importanti e soddisfacendo
rigidi standard internazionali. Quanto
a me, dal 2015 ho portato avanti un
processo di rebranding nel DNA stesso
dell’azienda: oggi abbiamo un approccio
completamente rinnovato al mercato,
dalla concezione del prodotto alla
vendita, passando per la comunicazione.
L’importanza delle sinergie e l’attenzione
che Reggiani ha sempre dimostrato per
i lighting designer ha reso possibile la
creazione, tra gli altri, di prodotti come
Traceline, in collaborazione con Arup,
Cells, in collaborazione con Speirs
Major, Trybeca in collaborazione con
Fisher Marantz Stone. Il modo in cui
coniughiamo design e tecnologia e la
trasversalità delle soluzioni ci consentono
oggi di essere partner di grandi progetti
internazionali in diversi settori.
Che tipo di progetti?
Collaboriamo con molti marchi di alta
moda, come Alexander McQueen, e con
le grandi catene internazionali del fast
fashion, come Primark. Soddisfiamo i
clienti sia quando si tratta di necessità
legate a una location specifica sia
quando si parla di un modello replicabile a
ogni latitudine. I nostri progetti vanno oltre
l’ambito del retail: illuminiamo hotel come
Four Seasons e Grand Hyatt, ristoranti in
tutto il mondo, e infine progetti residenziali
di alta fascia. In questi progetti il comfort
luminoso è un ingrediente sempre più
decisivo e sofisticato.
A livello logistico come fate a seguire
una clientela globale?
Il nostro modello di business si basa da
sempre, e oggi più che mai, su una forte
relazione umana e sulla cura di ogni
aspetto della fornitura: la soddisfazione
dei nostri clienti è il nostro obiettivo.
Il quartier generale è a Sovico, vicino
a Monza, dove si trova anche il nostro
Museo della Luce e il Forum, luogo di
scambio e incontro con visitatori, studenti
e clienti. Abbiamo importanti sedi anche
nel Regno Unito, in Francia e in Cina. In
virtù di una presenza capillare – grazie
alla rete di area manager, uffici e partner –
siamo in grado di seguire da molto vicino
ogni commessa, ovunque. Per questo,
oltre che su nuove soluzioni tecniche
ed estetiche, in questo 2022, abbiamo
puntato sulla ricostituzione del contatto
umano post pandemico.
E qual è il programma per il futuro
prossimo?
Procedere lungo queste linee, rafforzando
le nostre relazioni con partner, architetti e
designer. Lo faremo promuovendo nuovi
prodotti che soddisfino le esigenze
del mercato e degli specifier.
All’interno della nostra offerta di prodotti
per l’indoor, possiamo contare sulla
soluzione miniaturizzata Incline, sul
sistema di illuminazione lineare Traceline
e sul modello da incasso Mood.
Sul fronte outdoor, invece, all’inizio
dell’anno abbiamo lanciato il sistema
di proiettori Yori IP66, un passo molto
importante perché rappresenta la
possibilità di completare ogni progetto
anche con una soluzione da esterno.
Oltre all’affidabilità, alla robustezza e alle
specifiche eco-friendly, segue gli stessi
principi tecnici ed estetici del sistema
per interni Yori, il nostro prodotto di punta,
garantendo un risultato illuminotecnico
eccezionale per comfort e sostenibilità.
Infine, vogliamo esplorare il campo della
soft architecture: stiamo collaborando
con lo studio Bruscaglioni & Golfari
al completamento di Frame, un sistema
in legno modulare, caratterizzato
da grande flessibilità.
Per concludere, è importante che, pur
consolidando strategie sempre più
globali, sia a livello di promozione sia
di infrastruttura, si rimanga capaci di
mantenere un’alta artigianalità nello
sviluppo dei prodotti, unita alla costante
ricerca di qualità e d’innovazione.

• Opening page: the Yori Evo 48 V system
illuminates a private home in Uccle,
Belgium. Opposite page. Top: Matteo
Reggiani, 39, Corporate Strategic
Officer for Reggiani Illuminazione.
Centre: the company headquarters
in Sovico (MB).
XXXVIII
Bottom, from left: low-voltage Yori Evo
48 V lighting and Traceline Recessed,
which, with its width of 20 mm, integrates
perfectly into every space.
This page: the Rimadesio flagship store
in New York illuminated with Reggiani
solutions
XXXIX
From high fashion to the most ambitious
hospitality projects. Reggiani Illuminazione,
now a global leader for indoor
and outdoor lighting solutions, turns 65
Photo Alexandre Van Battel
Photo Gavr ilux
Photo Marco Reggi
Photo Marco Reggi
In questa pagina. In alto, da sinistra:
un’altra applicazione del sistema Yori 48V
nella residenza privata di Uccle, e Yori IP66,
novità Reggiani per l’illuminazione
di progetti outdoor di fascia alta. Al centro:
l’hotel Four Seasons di Atene, illuminato
nella sua interezza con soluzioni Reggiani.
Qui sopra, da sinistra: soluzione di
illuminazione da incasso Mood, disponibile
in 4 finiture standard, e Traceline Pendant,
che offre una combinazione di luce diretta
diffusa e indiretta per aumentare i livelli
di illuminazione e ridurre i contrasti.
Pagina a fronte: il flagship store
di Alexander McQueen nel distretto
della moda di Miami. L’illuminazione curata
da Reggiani è un elemento scenografico
decisivo, pensato per intensificare il calore
dello spazio e mettere in risalto i prodotti
esposti. Pagina di chiusura: Traceline
in versione Surface, caratterizzata da uno
spessore di soli di 20 mm
• In Brianza, in 1957, with Italy beginning
to enjoy the fruits of recovery and the
difficult period of post-war reconstruction,
Goffredo Reggiani founded his
eponymous company on the basis
of a vision; to create lighting solutions
designed to satisfy the new demand for
domestic design and manufactured with
traditional artisan skill bolstered by the
new phase of technological development.
The enthusiasm, the resolve and the
determination of the founder set the
company on its path.
65 years on, Reggiani is a leading
international figure for architects and
designers that still adheres to the
original principles; family management,
technological research and particular
attention to detail.
Matteo Reggiani, 39, is the grandson of
the founder and the current Corporate
Strategic Officer. We talked to him about
the past and the present of the family
business. And above all, about the future.
2022 marks the 65th anniversary.
Give us a brief summary.
Goffredo Reggiani was a far-sighted man
with a clear, long-term and all-round vision.
Not only did he create products with an
unmistakable design and great attention
to detail, but he also laid the foundations
for the company’s worldwide presence,
travelling and setting up profitable
international collaborations. He worked
with Argenta and Gio Ponti on decorative
elements, and with Manzoni, Alvaro Siza
and Richard Rogers, focusing on more
technical solutions, developing lighting
products that became icons of their era.
When the second generation - Danilo
and Fabio - joined the company, Reggiani
became a leading name in the sector
of lighting for big retail spaces, offering
solutions for large-scale stores and
meeting strict international standards.
Since 2015 I have been working on a
rebranding process for the company;
we now have a totally updated market
approach, ranging from product design
to communication and sales.
The importance of collaboration, and the
focus that Reggiani has always placed
on relations with lighting designers, has
led to the creation of products such as
Traceline, in collaboration with ARUP,
Cells, in collaboration with Speirs Major,
and Trybella, in collaboration with Fisher
Marantz Stone. The way in which we
combine design and technology, and the
broad scope of our solutions, has led us to
be a partner for large-scale international
projects in a range of sectors.
What kind of projects?
We collaborate with high-fashion brands
such as Alexander McQueen, and
important international chains such as
Primark. We offer our clients solutions
that satisfy requirements in terms of
specific locations and models that can
be replicated anywhere. Our projects
go beyond the retail sector; we provide
lighting for hotels such as the Four
Seasons and Grand Hyatt, restaurants
worldwide, and high-level residential
projects. In these cases, lighting comfort
plays an increasingly decisive and
sophisticated role.
From a logistics point of view, how do
you follow your global clientele?
A good question. Our business model
has always been based on strong
human relations and care for all aspects
of supply, factors that are now more
important than ever; client satisfaction
is our goal.
Our headquarters are located in Sovico,
near to Monza, which is also the location
of our Lighting Museum and the Forum,
a place for exchange, where we meet
with visitors, students and clients.
We also have branches in the United
Kingdom, France and China. Thanks to
our widespread presence - founded on
a network of area managers, offices and
partners - we can closely follow every
order, wherever it may be based.
This, as well as new technical and
aesthetic solutions, is why for 2022 we
are focusing on reconstructing human
relations in the wake of the pandemic.
What are the plans for the near
future?
To continue in this direction, strengthening
relations with partners, architects and
lighting designers. We are proposing new
products that respond to the demands of
the market and of specific figures.
Our range of indoor products includes the
miniaturised Incline line, the linear lighting
system Traceline, and the recessed Mood.
For outdoor solutions, early this year saw
the launch of the external spot system
Yori IP66, a significant step for us as it
means that each project can now include
an external lighting solution. Extremely
reliable, durable and ecologically friendly,
the system reflects the main technical
and design principles of the Yori system
for interiors, which is our flagship product,
guaranteeing exceptional lighting comfort
and sustainability.
Lastly, we are exploring the field of soft
architecture; we are collaborating with the
lighting design firm Bruscaglioni & Golfari
to complete Frame, a wooden modular
system that is particularly flexible.
To conclude, it is important that while
we consolidate strategies aimed at an
ever-increasingly international modus
operandi both in terms of promotion and
production, we maintain an elevated level
of craftsmanship in product development
as well as continuous research into
quality and innovation.

Photo courtesy AMQ
•Opposite page. Top, from left: another
application of the Yori 40 V system in
the private home in Uccle, and Yori IP66,
a new product from Reggiani
for high-range outdoor lighting projects.
Centre: the Four Seasons Hotel in Athens,
fully illuminated with Reggiani solutions.
Bottom, from left: Mood recessed lighting,
available in 4 standard finishes,
and Traceline Pendant, which offers
a combination of direct and diffused
XL
and indirect light to increase lighting
levels and reduce contrast.
This page: the flagship store for Alexander
McQueen in the Miami fashion district.
The lighting created by Reggiani plays
a decisive scenic role, created
to increase the warmth of the space
and highlight the items on display.
Closing page: Traceline in the Surface
version, characterised by a width
of just 20 mm
 Photo Marco Reggi

Inserto / insert Traduzioni / Translations Promosso da / Advertorial by

La luce che cambia lo spazio / Daniel Clarke
The light that transforms space

Domus 1071 settembre / September 2022 reggiani.net

Promosso da / Advertorial by
Reggiani Illuminazione

A cura di / Curated by
Massimo Valz-Gris
 YOUR INSIDE, OUTDOOR
AD Designwork – Photo concept Eye – Copywriting Carter&Bennett

Mondsee, Austria. 30 lug, h 15.00 Pergola

Nuovo comfort e assoluta privacy. bioclimatica
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dal 19 settembre
al 7 ottobre 2022
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CONFINDUSTRIA CERAMICA
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Bologna, 26 - 30 settembre 2022
Salone Internazionale della Ceramica
per l’Architettura e dell’Arredobagno
Nuove proposte per la progettazione
evoluta degli spazi architettonici.
www.cersaie.it
In collaborazione con Organizzato da Con il supporto di
Corpi di Luce
La ceramica si fa arte /
The art of ceramics

Promosso da/Advertorial by
XLIII
Ispirata alle superfici disegnate da Guillermo
Mariotto, la mostra di Iris Ceramica Group
indaga il rapporto tra design e moda, corpo
e movimento. Svelando caratteristiche
inedite di materiali che giocano con i riflessi
In apertura: una lastra della collezione
Luce nella versione Black.
In queste pagine: l’allestimento della
mostra “Corpi di Luce”, aperta fino al 28
settembre al flagship store di Iris Ceramica
Group in via Santa Margherita 4 a Milano.
In questa doppia, in alto: la danza sinuosa
di Marta Morabito su coreografia di Sara
In scena al flagship store di Iris Ceramica
Group a Milano – in via Santa Margherita
4 – fino al 28 settembre, la mostra d’arte
visiva “Corpi di Luce” indaga la relazione
tra design e moda, corpo e movimento,
attraverso una narrazione intimista
che si esprime sulle superfici ceramiche
e sui tessuti con fotografie e video-
storytelling.
Inaugurata durante lo scorso Salone
del mobile, l’esposizione si concluderà
nel corso della Milano Fashion Week, a
sottolineare ulteriormente il trait d’union
tra le due dimensioni della creatività,
e proseguirà il suo percorso negli altri
store internazionali del gruppo.
“Corpi di Luce” nasce da un concept
originale, per raccontare la natura nobile
e duttile della ceramica come strumento
Catellani dialoga con la solidità
della superficie in gres porcellanato.
In basso: le fotografie di Elodie Cavallaro
ispirate al celebre Nudo che scende
le scale di Marcel Duchamp stampate
su tessuto e, grazie alla tecnologia
Design Your Slabs, anche direttamente
sulle lastre ceramiche

capace di interpretare i desideri
e i bisogni dell’uomo.
L’ispirazione del progetto artistico è
la collezione di superfici ceramiche
Luce, disegnata dallo stilista e designer
Guillermo Mariotto, caratterizzata da
un’interpretazione inedita delle dimensioni
ottica e tattile della materia. Si tratta
di superfici che giocano con la luce
dando vita a colori cangianti e a un
effetto tridimensionale che, a seconda
dell’angolazione dell’osservatore, crea
l’illusione di un tessuto fluttuante.
La collezione Luce è disponibile nei
formati 300 x 100 cm e 100 x 100 cm con
6 mm di spessore e in sei declinazioni
cromatiche: da due varianti di grigio, tra
cui il Silver più chiaro e soffuso, e il Grey
dalle tonalità più scure, alla elegante
• Opening page: a slab from the Luce
collection in Black.
These pages, the exhibition “Corpi
di Luce”, open until 28 September at the Iris
Ceramica Group flagship store at no. 4,
Via Santa Margherita, Milan. Top: the
sinuous dancing of Marta Morabito
choreographed by Sara Catellani
versione Black, passando per i tratti caldi
del Gold, la profondità del Blu
e la moderna brillantezza del Pearl.
Pensata per interni ed esterni, Luce
è idonea anche alla realizzazione di
complementi d’arredo. Nella finitura Pearl,
è disponibile anche come superficie eco-
attiva Active Surfaces® dalle proprietà
antibatteriche, antivirali, antinquinamento,
anti-odore e autopulenti, certificate
secondo norme ISO.
L’allestimento della mostra “Corpi di
Luce” prevede tre livelli narrativi: materia,
fotografia e video-storytelling.
Un progetto fotografico, prima, e un
cortometraggio, poi, interpretano i
concetti di luce e movimento: i riflettori
sono puntati sulla lastra ceramica che
occupa il centro della scena, immobile
dialogues with the solidity of the surface
in porcelain stoneware;
bottom: the photographs by Elodie
Cavallaro inspired by the celebrated
Nude descending the stairs by Marcel
Duchamp printed on fabric and, using
the Design Your Slabs technology,
also directly on ceramic
ma non statica, perché grazie alla sua
tridimensionalità è in grado di interagire
con i movimenti di una performer e con la
danza di un drappo di seta pregiata.
Il concept delle fotografie di Elodie
Cavallaro si ispira all’opera di Duchamp
con l’obiettivo puntato sull’elemento luce
con la sua capacità di descrivere spazi,
luoghi e forme attraverso il disegno dei
volumi e del loro movimento.
Una serie di immagini in sequenza,
stampate su tessuto, accoglie e
accompagna il visitatore. Al primo piano
del flagship store, una selezione di
fotografie è stampata direttamente su
lastra ceramica grazie alla tecnologia
Design your slabs: la materia diventa
essa stessa veicolo narrativo.
Al secondo piano la mostra fotografica
XLIV
prosegue e si completa con la proiezione
del video-storytelling che evidenzia – con
la danza di Marta Morabito guidata dalle
coreografie di Sara Catellani – il dialogo
tra la morbidezza dei corpi e la presenza
statuaria della ceramica. Girato da
Francesca Molteni e Claudia Adragna
– e prodotto da Muse Factory of Projects
– il video racconta e dà risalto al dualismo
su cui si fonda il concept della mostra
fotografica e della stessa collezione Luce:
una materia che sa essere al contempo
solida e sinuosa. Le immagini sono
accompagnate dalla voce avvolgente
di Guillermo Mariotto che racconta
l’origine della sua creazione. Più che una
voce narrante, è il racconto vivo di una
genesi artistica, una vera e propria poesia,
interpretata in prima persona.
XLV
Inspired by the surfaces designed by Guillermo
Mariotto, the exhibition by Iris Ceramica Group
examines the relationship between
design and fashion, body and movement,
unveiling materials that play with reflections
In questa pagina. In alto: Marta Morabito
(anche pagina a fronte in alto) dialoga
danzando con la tridimensionalità della
superficie Luce Black.
A sinistra: l’allestimento delle fotografie
di Elodie Cavallaro.
Pagina a fronte. In basso: l’allestimento
• Showing until 28 September at the Iris
Ceramica Group flagship store in Milan,
no. 4 Via Santa Margherita, the visual
art exhibition “Corpi di Luce” examines
the relationship between design and
fashion, body and movement, through
an intimate narration expressed on the
ceramic surfaces and the fabrics with
photographs and storytelling video.
Inaugurated during Design Week, the
exhibition will come to an end during
Milan Fashion Week, further stressing
the common thread binding the
two dimensions of creativity and will
continue its tour in the other international
stores belonging to the Group.
“Corpi di Luce” is the result of an
original concept for narrating the noble
and flexible nature of ceramic as an
è studiato per mettere in evidenza
la capacità della luce di creare,
sulla superficie delle lastre
di ceramica disegnate da Guillermo
Mariotto, riflessi e sfumature
che cambiano a seconda
della posizione dell’osservatore

instrument for interpreting humankind’s
desires and needs. The artistic project
draws inspiration from the Luce
collection of ceramic surfaces created
by the designer and stylist Guillermo
Mariotto, characterised by an original
interpretation of the optical and tactile
characteristics of the material.
These are surfaces that create plays
of light, generating shifting colours and a
three-dimensional effect that, according
to the position of the observer, creates
the illusion of a fluctuating surface.
The Luce collection is available in 300 x
100 cm and 100 x 100 cm formats with
a thickness of 6 mm and a range of six
colours; two shades of grey including the
lighter and softer Silver and the darker-
toned Grey, the elegant Black version
• Opposite page. Top: Marta Morabito
(also this page, top) uses dance
to dialogue with the three-dimensional
nature of the Luce Black surface;
bottom left: the exhibition of photographs
by Elodie Cavallaro.
This page. Alongside: the exhibition has
and the warmer shades of Gold, as well
as the depth of Blu and the modern
shine of Pearl.
Created for both indoor and outdoor
use, Luce is also suitable for creating
furnishing solutions. Luce is also
available with the Pearl finish as an
Active Surfaces® covering, providing
antibacterial, antiviral, anti-pollution, anti-
odour and self-cleaning properties and
certified according to ISO standards.
The layout of the “Corpi di Luce”
exhibition follows three levels
of narration: Material, Photography
and Video Storytelling.
A photographic project followed by a
short film interpret the concept of light
and movement; spotlights are trained
on a ceramic slab in the centre of the
been created to highlight the capacity
of light to create, on the surfaces
of the ceramic slabs designed
by Guillermo Mariotto, highlights
and tonalities that shift according
to the position of the observer
scene; immobile yet not static, as its
three-dimensional nature allows it to
interact with the motions of a performer
and of a dancing swathe of precious silk.
The concept of the photographs by
Elodie Cavallaro is based on the work
of Duchamp, with a focus on the element
of light and its ability to describe spaces,
places and forms through the drawing
of volumes and their movements.
A sequence of images printed on fabric
welcomes and accompanies the visitor.
On the first floor of the flagship store,
a selection of photographs is printed
directly onto ceramic slabs using the
“Design Your Slabs” technology; the
material itself becomes a vehicle for
narration. The photographic exhibition
continues on the second floor and ends
XLVI
with the showing of the storytelling
video that - through the dance of
Marta Morabito, choreographed by
Sara Catellani - highlights the dialogue
between the softness of the bodies
and the statuary presence of ceramic.
Filmed by Francesca Molteni and
Claudia Adragna, and produced by Muse
Factory of Projects, the video presents
and focuses on the duality on which the
photographic exhibition and the Luce
collection itself is based; a material that
is both solid yet sinuous. The images are
accompanied by the enveloping voice
of Mariotto, who explains the origins
of his creation. More than simply a vocal
narration, it is the living expression
of artistic creativity, a veritable poem
performed in first person.
Inserto / insert Fotografie / Photos Promosso da / Advertorial by
Corpi di Luce Elodie Cavallaro
La ceramica si fa arte /
The art of ceramics Traduzioni / Translations
Daniel Clarke
Domus 1071 settembre / September 2022

Promosso da / Advertorial by irisceramicagroup.com

Iris Ceramica Group

A cura di / Curated by
Massimo Valz-Gris
Domus 1071 Jean Nouvel Settembre / September 2022

EDITORIALE / EDITORIAL

Jean Nouvel In Portogallo, emozioni mentre scorre il tempo / 1

In Portugal, emotions as time goes by

SAGGI / ESSAYS

João Nunes Paesaggio e tempo / 4

Landscape and time

Pedro Gadanho La svolta ambientalista è inevitabile / 8

An inescapable environmental turn

ARCHITETTURA / ARCHITECTURE

Jorge Figueira Eduardo Souto de Moura 12

Come progettare una finestra / How to design a window

Giulia Ricci Municipal Stadium 14

Braga, Portugal, 2003

Giulia Ricci La Comédie 18

Clermont-Ferrand, Auvergne, France, 2020

Eduardo Souto de Moura Bruges Meeting & Convention Centre (BMCC) 24

Bruges, Belgium, 2021

Alessandro Benetti Casa Sarmento Winery 32

Mealhada, Portugal, 2022

Aires Mateus e Associados 36

Musée de L’Elysée + MUDAC, Lausanne, Switzerland, 2021

Atelier Data 44
Casa Mãe, Alcácer do Sal, Alentejo, Portugal, 2021

Carvalho Araújo 52
Casa na Caniçada, Vieira do Minho, Portugal, 2020

Pancho Guedes, Ressano Garcia Arquitectos 58

Voice of the Sea, Sagres, Algarve, Portugal, 2015

ARTE

Peter Testa Álvaro Siza 64

La lezione del Taccuino Getty /
The lesson of the Getty Sketchbook

DESIGN

Gabriele Neri Umberto Riva 72

Il design è architettura, e viceversa /
Design is architecture, and vice versa

REAZIONE / REACTION

Luis Fernández-Galiano Un codice vitruviano / 80

A Vitruvian code

Si ringrazia / With thanks to Annabel Little Copertina / Cover Costa / Spine

Antony Bowden Dario Moretti Eduardo Souto de Moura, Adel Abdessemed
Paola Olivieri Bruges Meeting & Convention 2021, dettaglio / detail
Traduttori / Translators Richard Sadleir Centre (BMCC), Bruges,
Paolo Cecchetto Eleanor Staniforth Belgium, 2021.
John Irving Photo © Filip Dujardin
Emily Ligniti
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domus 1071 Settembre September 2022
Jean Nouvel
In Portogallo, emozioni mentre scorre il tempo /
In Portugal, emotions as time goes by
L’architettura, testimone delle differenti epoche, ha sempre avuto come
primo dovere quello di rispettare i suoi immancabili compagni:
la realtà e il tempo. Oltre che suo primo dovere, si tratta anche del suo
interesse primario, poiché la sua maggiore ambizione è suscitare emozione
mentre scorrono gli anni. L’architettura automatica del nostro mondo
urbano globalizzato ci obbliga a percepire il fake, l’impreciso, l’ostentazione
e una sfacciata leggerezza. Tutti questi cortocircuiti impediscono
all’architettura di essere se stessa, e alle sue dimensioni poetiche e
metafisiche di cogliere il proprio bersaglio: l’emozione spontanea.
L’architettura portoghese degli ultimi decenni ha un fascino solido.
Usa vocaboli familiari in situazioni che conferiscono loro nuova
forza. La sua stupefacente limpidezza e capacità d’attrazione si traducono
in una prossimità, in un contatto che ci fanno constatare come la
precisione e la schiettezza del giusto vocabolario applicate nel luogo
giusto producano benefici straordinari. Va detto che la forza della semplicità,
la potenza della materia e della scala sono requisiti che, quando vengono
messi insieme, decuplicano il loro effetto. Si tratta evidentemente della
filosofia di un’architettura che appartiene a un mondo di paesaggi urbani.
I disegni fatti di getto da Álvaro Siza piombano come nuovi arrivati
sullo spazio bianco della carta. Sono in movimento, appartengono
a un contesto, sono in relazione con le architetture vicine e queste,
a loro volta, sono considerate vive come oggetti che fanno parte
di un gioco destinato a prolungarsi. Eduardo Souto de Moura, invece,
ci sorprenderà sempre con l’evidente presenza di materiali geometrici solidi
come il cemento, la pietra e il mattone, e con spazi caratterizzati
da un continuum tra interno ed esterno. Le sue opere sono segnata da
decisioni incisive, ritmi astratti, il confronto con l’ambiente che li ospita
e le costruzioni che sorgono vicine, che scoprono di ritrovarsi naturalmente
meglio insieme in quel contesto.
Le altre architetture che corredano questo editoriale e che pubblichiamo
nelle pagine seguenti sono state scelte perché esprimono la forza delle
geometrie massicce: la maestosa torre di Fernando Távora, i favolosi
specchi d’acqua di Álvaro Siza tra l’espressività frutto del caso degli scogli,
il tetto piramidale di cemento grezzo e il museo dalla forma di un bunker
spezzato di Aires Mateus, il candido e sottile ampliamento della casa di
Atelier Data, la franca e solida architettura di calcestruzzo di Carvalho
Araújo e il sereno labirinto per godere del suono del mare di Pancho Guedes,
rinnovato da Ressano Garcia. Tutti progetti che sono sul territorio per un
certo lasso di tempo. Alla scuola portoghese piace guardar scorrere il tempo.
EDITORIAL 1
• As a witness to the different eras, architecture has always had the primary
duty to respect its unfailing companions: reality and time. As well
as an obligation, this is also its main concern, as architecture’s ultimate
ambition is to arouse emotion as the years go by. The automatic
architecture that has taken hold in our globalised urban world forces us
to experience fakeness, vagueness, ostentation, superficiality and
blatant flippancy. These shortcomings not only prevent architecture from
being itself, but also stop its poetic and metaphysical dimensions from
achieving their aim: natural emotion.
The architecture created in Portugal in recent decades has a robust charm.
It employs familiar idioms in situations that give them new-found strength.
This surprising lucidity and appeal give rise to a sense of proximity
and contact, making us realise that the precision and candour of the right
vocabulary in the right place can produce extraordinary benefits.
The power of simplicity, the strength of the material and the force of scale
are requisites that, when put together, are capable of amplifying
their effect. This is clearly the philosophy of an architecture that belongs
to a world of urban landscapes.
Álvaro Siza’s spontaneous drawings are newcomers on the blank
page. They are in movement, in context and set in relation
to neighbouring architectures, which in their turn emerge as living
objects in an ongoing game. Meanwhile, Eduardo Souto de Moura
continuously surprises us with the visible presence of solid geometric
materials such as concrete, stone and brick, and with the comprehensive
continuum that he creates between interior and exterior. His work is replete
with incisive decisions, abstract rhythms and juxtapositions with the host
landscape and neighbouring buildings, thereby revealing how all these
elements are naturally better together in that specific context.
The other architectures that we publish in this issue have been chosen
because they express the power of massive geometries: Fernando Távora’s
majestic tower; Álvaro Siza’s fabulous pools amid the expressive,
selected randomness of coastal rocks; Aires Mateus’s pyramidal roof made
from exposed concrete and his museum in the form of a bunker
fractured in two; the subtle white extension of a house by Atelier Data;
Carvalho Araújo’s candidly solid concrete architecture; and the
serene labyrinth by Pancho Guedes renovated by Ressano Garcia, where
one can delight in the sounds of the sea.
These architectures are all here for a certain time. The Portuguese school
loves to watch the passing of time.

1
1 Aires Mateus e Associados, restauro del Trinity College a Coimbra, Portogallo,
2016. 2 Fernando Távora, Casa dos 24, Porto, 2002. 3 João Mendes Ribeiro, Cristina
Guedes, Francisco Vieira de Campos, Arquipélago - Contemporary Arts Centre,
Ribeira Grande, Azzorre, Portogallo, 2014. 4 Carrilho da Graça Arquitectos,
Terminal crociere a Lisbona, 2018. 5 Álvaro Siza, Piscina das Marés
a Leça da Palmeira, lungo la costa di Matosinhos, Portogallo, 1961-1966
Photo António Alves, courtesy of Museu da Cidade
2 3
Photo Nelson Garrido
1 Aires Mateus e Associados, renovation of the Trinity College in Coimbra, Portugal,
2016. 2 Fernando Távora, Casa dos 24, Porto, 2002. 3 João Mendes Ribeiro, Cristina
Guedes, Francisco Vieira de Campos, Arquipélago - Contemporary Arts Centre,
Ribeira Grande, Azores, Portugal, 2014. 4 Carrilho da Graça Arquitectos, Lisbon
Cruise Terminal, 2018. 5 Álvaro Siza, Piscina das Marés in Leça da Palmeira,
on the Matosinhos coastline, Portugal, 1961-1966
Photo José Campos
 Photo FG+SG Fotografia de Arquitectura
4

L’architettura portoghese degli ultimi decenni ha un fascino solido.

Usa vocaboli familiari in situazioni che conferiscono loro nuova forza /
Portuguese architecture of recent decades has a robust charm.
It uses familiar idioms in situations that give them new-found strength

In Portogallo, emozioni
mentre scorre il tempo /
In Portugal, emotions
as time goes by
Photo Alamy

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Paesaggio e tempo /
Landscape and time
João Nunes
Il concetto di paesaggio è legato inesorabilmente, fin dalle origini, alla vita
delle comunità umane, ai loro sforzi per sopravvivere in una natura ostile
e implacabile, ai risultati delle brillanti scoperte di modelli di relazione
con quella natura nella costruzione di un mondo trasformato attraverso
tutte le forme di addomesticamento, un mondo fragile che dipende
in modo permanente da comunità che si “mettono al servizio” della sua
integrità. Questa attività, costante nel tempo, definisce il rapporto tra gli
esseri umani e il loro habitat, il paesaggio, che è in perenne mutamento.
La relazione che si viene a creare tra tempo e paesaggio è evidente
nelle formule di costruzione che la governano, che articolano il legame
tra passato e presente in un unico nesso e accorpano spazio e tempo.
Oggi tutto avviene a una velocità estrema, anche quando si scoprono
nuovi processi che poi diventano pratica comune nei luoghi più disparati
della Terra, che subito divengono globali.
Il secolo scorso, il Portogallo è stato contrassegnato da due fasi a
velocità differenti: a una prima molto lenta, contraddistinta da un periodo
di grande stagnazione e resistenza al cambiamento, è seguito un
periodo in cui tutto si modificava alla velocità della luce, tutto veniva
messo in discussione. Questo secondo periodo succedeva a una
fase di assenza di trasformazioni consistenti a causa della mancanza
di investimenti nelle infrastrutture in tutti i settori. Gravi difficoltà
economiche e l’incertezza politica del Paese avevano reso impossibile
qualsiasi investimento significativo. Forse reagendo all’inattività di
decenni, si affermò trasversalmente una grande voglia di cambiamento.
Con la fine della guerra coloniale nel 1974 e l’arrivo nel Paese di
oltre mezzo milione di portoghesi, la vita provinciale di una Lisbona
estremamente tranquilla fu ulteriormente scossa dalla presenza
di modi di vivere molto più liberi e attivi. In quel periodo, i programmi
SAAL (Serviço Ambulatório de Apoio Local) gettarono il seme di un
rapporto tra l’architettura e le popolazioni basato su un’idea generosa
di solidarietà e di costruzione del bene comune che faceva eco alle
idee che erano alla base del concetto di paesaggio. Poco dopo, negli
anni Ottanta, l’Europa accettò finalmente di pagare il conto della
decolonizzazione del Portogallo con la definizione degli accordi di
preadesione alla comunità economica e le conseguenti trasformazioni
economiche nel Paese. Avvenuti velocemente uno dopo l’altro, questi
fenomeni innescarono un’improvvisa esplosione trasformativa
dopo un lungo periodo di resistenza attiva al cambiamento segnato
dall’impossibilità di finanziare le trasformazioni desiderate. Venne così
costruita la base per uno sviluppo senza precedenti di tutte le attività
legate all’infrastruttura del Paese, offrendo all’architettura portoghese
possibilità uniche di fare ricerca e sperimentare.
Nonostante l’architettura portoghese considerasse ancora il
paesaggio come sfondo del vano oggetto architettonico e nonostante
le trasformazioni del paesaggio fossero guidate principalmente
dai progetti infrastrutturali e dalla esitante condotta dell’agricoltura
nell’ambito della politica agricola comune, nei 30 anni che hanno seguito
quei significativi inizi e, soprattutto, nei 25 anni successivi al grande
laboratorio di sperimentazione che è stato Expo ‘98, la progettazione
paesaggistica ha beneficiato di una generosa spinta fornita dal
successo dell’architettura portoghese. Inoltre, esperienze avviate già
negli anni Cinquanta hanno consentito di ottenere risultati significativi
nel progetto dello spazio pubblico, mentre venivano istituiti due
meccanismi di protezione territoriale – la Riserva Agricola Nazionale e la
Riserva Ecologica Nazionale – che hanno dato un contributo profondo
alla disciplina nella gestione del paesaggio.
L’enorme investimento fatto in questo periodo per riqualificare
lo spazio pubblico di molte città portoghesi fu avviato dal Programma
Polis del 2000 – che cercò di applicare i risultati dell’esperienza
di Expo ‘98 e dei finanziamenti europei a operazioni di riqualificazione
di ambiente e spazio pubblico in molte città del Paese – e da altre
iniziative complementari come Porto 2001 Capitale Europea
della Cultura e i Campionati europei di calcio del 2004, che hanno
portato a importanti interventi nello spazio pubblico cittadino
oltre a dare continuità al clima di costante ricerca
e sperimentazione che avrebbe poi generato ottimi risultati.
Le città si sono trasformate e hanno scambiato il loro modo di vivere
domus 1071 Settembre September 2022
chiuso e casalingo, oltre che un certo uso funzionale o istituzionale dello Joao Nunes
spazio pubblico (sfociato prevalentemente in feste religiose e parate Nato a Lisbona nel 1960,
è laureato in Architettura
militari), con un modo attivo di vivere piazze, strade, giardini e parchi. paesaggista presso l’Istituto
La disponibilità di investimenti, la cui assenza bloccherebbe le naturali Superiore di Agronomia
dinamiche trasformative del paesaggio, non è però sufficiente dell’Università Tecnica di Lisbona.
a garantire una certa qualità delle trasformazioni. La ricchezza di risorse, Ha conseguito il Master in
Architettura del paesaggio
pur contribuendo allo sviluppo e alla creazione delle condizioni giuste presso la Scuola Tecnica
per lo sviluppo di progetti corretti, ha anche generato un consumo meno Superiore di Architettura
oculato dello spazio e operazioni meno generose di trasformazione di Barcellona, Universitá
del paesaggio, stimolando l’attivazione di meccanismi di regolazione in Politecnica della Catalunya.
Nel 1989 ha fondato PROAP, di
ambito urbano che da un lato hanno protetto da sviluppi cui è principale responsabile,
progettuali negativi, ma che hanno anche costituito un ostacolo allo uno studio internazionale
sviluppo di interventi più innovativi e sperimentali, relegando i progetti di progettazione dedicato
a una dimensione meno creativa. all’architettura del paesaggio che
ha filiali a Porto, Luanda (Angola)
La pandemia da Covid-19 che abbiamo vissuto ha confermato che e Treviso (Italia).
lo spazio dell’abitare, in genere assimilato alla dimensione della
casa, si estende necessariamente a tanti altri spazi complementari • Born in Lisbon in 1960, Nunes
ma essenziali dell’abitare contemporaneo. Ha anche reso evidente graduated in landscape
architecture from the School
come sia impossibile vivere senza giardini, parchi, strade, piazze e of Agriculture (ISA) at the
persino senza boschi e campi agricoli vicini, perché gli spazi diventano University of Lisbon. He
rapidamente limitanti e scarsi. Nella realizzazione dell’enorme numero obtained his master’s degree
in landscape architecture
di progetti paesaggistici e per spazi pubblici che sono stati sviluppati
from the Barcelona School
in questi anni di profonde trasformazioni, è stato seguito un principio of Architecture (ETSAB) at
fondamentale che regola l’operato del lavoro del paesaggista: l’assunto the Technical University of
che intervenire sul territorio significa stabilire una relazione di profonda Catalonia (UPC). In 1989 he
founded PROAP, of which
comprensione con la preesistenza, con il passato di un luogo che è he is general coordinator, an
radicato nella sua storia geologica, geomorfologica e antropica, di international design studio
modo da costruire meccanismi di funzionamento che porteranno alle dedicated to landscape
necessarie trasformazioni nel corso tempo. Proprio come accade nel architecture with branches
in Porto, Luanda (Angola) and
lavoro di addomesticamento di animali e piante, il successo del progetto Treviso (Italy).
di un luogo deriva dalla capacità di comprendere le qualità naturali degli
spazi e di intervenire, con i tempi necessari, orientando i metabolismi
presenti in quello spazio per raggiungere gli obiettivi di trasformazione.
Tuttavia, nonostante questo ‘segreto’, che ha origine nel mondo rurale
e nelle sue tecniche, sia stato applicato trasversalmente a progetti di
trasformazione del paesaggio nello spazio pubblico urbano con risultati
di buona qualità che sono diventati rapidamente modelli per molti
progetti su scala globale in Portogallo, le trasformazioni nello spazio
rurale sono meno solidamente protette da norme specifiche. Spesso,
poi, sono lasciate ai discutibili criteri di chi utilizza quegli spazi. Questo ha
fatto in modo che a quidare queste trasformazioni ci sia stato spesso il
conseguimento del rapido profitto – il più rapidamente possibile.
In questi processi, gli agricoltori sono stati spesso sostituiti da anonimi
fondi di investimento che hanno gestito la progettazione: quel
segreto è stato dimenticato e la ricerca di processi di produzione
a costo minimo e con la massima meccanicizzazione ha portato
a trasformazioni in cui domina una diversa concezione del paesaggio,
facendo pagare un caro prezzo al nostro futuro.
L’implicita perdita di territorio da destinare a varietà e cultivar locali,
spesso incompatibili con i processi di raccolta meccanizzata o con
le velocità desiderate di entrata in piena produzione, impoverisce
il patrimonio e la biodiversità dei nostri paesaggi e produce danni
irreparabili alterando la velocità dei cicli paesaggistici.
Nella nostra campagna, si è passati dall’attenzione posta alla
riduzione dei costi all’inseguimento del profitto, danneggiando
la qualità dell’ambiente e impedendo la costruzione di relazioni sane tra
popolazione e paesaggio. Si è verificata anche una transizione
da un’agricoltura intesa come costruttrice di paesaggio all’agri-business,
un sistema che non possiede la generosità fondamentale per costruire
il futuro. Per ironia della sorte, il territorio più minacciato è l’ambiente
rurale, finora più protetto dai ‘predatori’ per via della sua natura semplice
e rudimentale, con attività praticamente consegnate all’oblio alle
giovani generazioni. È diventato urgente creare condizioni di controllo
e regolamentazione, attualmente inesistenti, che permettano ai buoni
risultati ottenuti con le trasformazioni della costruzione
del paesaggio nelle aree urbane di essere un esempio nella costruzione
del paesaggio dell’intero territorio.
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• The notion of landscape has been inextricably linked to the lives of
human communities since their origins: from their efforts to survive
in a natural world that is more hostile and implacable than it is gentle
and generous, to the outcomes of brilliant discoveries outlining ways
of relating to nature by transforming and constructing the world through
different forms of domestication. This altered world is an artificial
construction whose continuity is fragile and permanently dependent
on successive human generations to service and maintain its integrity
(understood as a collective obligation, a legacy that obliges us all to
preserve and protect the foundations sustaining our modified world).
The nature of this service is continually changing as we shape our
relationship with our habitat (the landscape). The relationship that
is created between time and landscape is clear in the construction
formulas that govern it, which link past and present in a single nexus and
bring space and time together in a single operation. These days, just
about everything happens at lightning speed, and even when processes
are discovered and become common practice in remote parts of the
earth, they quickly spread and take hold around the globe.
In the last century, Portugal underwent transformation at two very
different speeds: one slow period of stagnation and resistance
to change, and another of rapid development. The latter occurred after
a time without any consistent change due to a scarcity of investment
in all areas of the country’s infrastructure. Serious economic difficulties
and a lack of clear political direction made it impossible for any
meaningful investment to take place. However, a strong desire for
change began to emerge, perhaps prompted by decades of inactivity.
With the end of the Colonial War in 1974 and the arrival of over half
a million Portuguese citizens in the country, provincial life in a Lisbon
accustomed to peace and quiet was overturned by the presence
of freer, more active lifestyles. At this time, the housing initiatives known
as SAAL (Local Ambulatory Support Service) sowed the seeds
of a relationship between architecture and the people, based
on a generous idea of solidarity and the common good that echoed
the concepts underpinning the notion of landscape.
Not long after, in the 1980s, Europe finally agreed to pay the bill for
Portugal’s decolonisation and the pre-accession agreements preceding
the country’s entry into the European Economic Community led to
unprecedented advances in the national economy.
Coming in quick succession, these two phenomena triggered an
explosion of transformation after a long period of active opposition to
changes and a dearth of funds to implement them. The foundations
were thus laid for unparalleled development in the country’s
infrastructure and all related activities, offering unique opportunities
for Portuguese architects to investigate and experiment.
Portuguese architects nonetheless consistently failed to grasp the
landscape as anything more than a backdrop for architectural vanity
projects. This shortcoming was coupled with the predominance
of infrastructure projects and the highly dubious yet under-discussed
Common Agricultural Policy in the transformation of the landscape.
However, in the 30 years following those important first steps, and
especially in the 25 years after Expo ’98 in Lisbon, which provided
a large-scale laboratory for experimentation, landscape architecture
in Portugal has benefited from the spill-over effect of successes in
Portuguese architecture more generally. Building on an experiment
launched in the 1950s, meaningful outcomes were achieved
in terms of transforming the public space. Two important mechanisms
for protecting the landscape were put in place – the National
Agricultural Reserve and the National Ecological Reserve – which
had a major impact on the discipline’s contribution to regional
landscape management.
The large-scale investment made in upgrading the public space in many
Portuguese cities during this time began with the Polis Programme
(2000), which sought to apply the results of the Expo ’98 experiment and
European funding to projects aimed at restoring the environment and
public space. This was followed by other initiatives such as Porto 2001
European Capital of Culture and the European Football Championships
(2004), which led to major interventions in the city’s urban space and
ESSAYS 5
extended ongoing research and experimentation with excellent
results, as the projects shown here reveal.
Cities were transformed, swapping their private, indoor lifestyles
and functional, institutional uses of public space (mostly
religious festivals and military parades) for active ways of inhabiting
squares, streets, gardens and parks.
Yet although an absence of investment can hinder the transformation
of the landscape, it is also true that the availability of investments is
insufficient to guarantee the quality of the transformations they enable.
Equally, while the fielding of abundant resources plays a role in creating
and developing the necessary conditions for good practice, it can
also lead to a less judicious use of space and less generous landscape
development projects. This factor has triggered the gradual activation of
regulatory mechanisms in urban environments to protect us
from negative outcomes, but these measures have also proven to be
a hindrance to more innovative, experimental interventions, resulting
in less creative practice.
The Covid-19 pandemic has confirmed that living space, usually reduced
to the home, necessarily encompasses many other complementary
and essential spaces in modern life. The health crisis has clearly
revealed how it is impossible for us to live without gardens, parks, streets,
squares and even woods and fields in spaces that quickly become
restrictive and inadequate.
The huge number of landscape and public space projects implemented
during these years of profound change were based on a fundamental
principle underpinning work with the landscape, as illustrated in this
brief essay: design intervention in the landscape involves establishing
a relationship of profound understanding with the existing environment
and a place’s past, rooted in its geological, geomorphological and
anthropic history, and constructing functioning mechanisms that will
bring about necessary change over time.
Rather like taming animals and cultivating plants, the success of a
design in a particular place is the product of the ability to appreciate the
natural properties of the space and to intervene to steer the dynamics
already present there and achieve our objectives for transformation.
This insight originates from the rural world and its associated techniques
have been applied in a transversal manner to landscape development
projects in the urban public space with excellent results, quickly
becoming a model for country-wide projects throughout Portugal. And
yet the transformation of rural space in Portugal has been less robustly
protected by specific legislation and frequently left to the questionable
judgement of the space’s direct users. As a result, quick profit has
become the main criterion. Farmers have widely been replaced
by anonymous investment funds as owners of the land and designers
of production processes, and the insight mentioned above has
been forgotten in the pursuit of approaches involving minimal costs
and maximum mechanisation. This has in turn given rise to
transformations driven by a wholly different understanding of the
landscape, with a major impact on future generations.
The implicit loss of land for local varieties and farming techniques,
which are often incompatible with mechanised harvesting procedures
and the desired pace for achieving full production capacity, depletes
the heritage and biodiversity of our landscapes and causes irreparable
damage by altering the speed of landscape cycles.
In our countryside, there has been a shift from cost reduction to profit-
making, harming the quality of the environment and preventing
the construction of healthy relationships between the population
and the landscape. There has also been a transition from agriculture as
a builder of landscapes to agri-business, which lacks the fundamental
generosity needed to construct the future. Ironically, the rural world
is under the greatest threat, despite experiencing greater protection
from predators due to its simple, rudimentary nature, which has been
consigned almost to oblivion among younger generations. Control
and regulatory measures, which are currently non-existent, must be
urgently introduced to allow the positive outcomes achieved through
landscape transformation in urban environments to serve as an
example for constructing the landscape across the entire country.
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Photo © Loris Gazut. Courtesy of PROAP

Photo fg+sg - fotografia de arquitectura
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La relazione che si viene a creare tra tempo e paesaggio è evidente

nelle formule di costruzione che la governano /
The relationship that is created between time and landscape is clear
in the construction formulas that govern it

Photo © Davide Maccioni. Courtesy of PROAP

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Paesaggio e tempo /
Landscape and time

Photo courtesy of F|C Landscape Architecture

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1 Carrilho da Graça Arquitectos, Campo das Cebolas, Lisbona, 2018. 1 Carrilho da Graça Arquitectos, Campo das Cebolas, Lisbon, 2018. 2 PROAP,
2 PROAP, Calçada de Ajuda, Lisbona, 2016. 3 PROAP, Miradouro de Santa Catarina, Calçada de Ajuda, Lisbon, 2016. 3 PROAP, Miradouro de Santa Catarina, Lisbon,
Lisbona, 2013. 4 F|C Landscape Architecture, Parque Ribeirinho Oriente, Lisbona, 2013. 4 F|C Landscape Architecture, Oriente Waterfront Park, Lisbon, 2017.
2017. 5 Uliveti e vigneti nella Valle del Douro, Portogallo 5 Olive groves and vineyards in the Douro Valley, Portugal

Photo Danita Delimont / Alamy Stock Photo

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La svolta ambientalista è inevitabile /
An inescapable environmental turn
Un punto di vista portoghese /
A Portuguese take
Pedro Gadanho
Come ho cercato di argomentare nel mio libro Climax Change! How
Architecture Must Transform in the Age of Ecological Emergency
(Actar, 2022) la portata dei cambiamenti che le attività edilizie dovranno
affrontare nei prossimi due decenni è enorme. Con l’inevitabile necessità
di decarbonizzare le nostre economie, il mondo dell’architettura richiede
un cambio di rotta paragonabile – se non ancora più rapido – a quello
provocato un secolo fa dal Modernismo e dallo Stile Internazionale. Con
la deglobalizzazione in atto, dobbiamo reinventare la logica di mercato
dell’architettura del XX secolo. Mentre il settore edilizio contribuisce
per il 38 per cento alle emissioni di gas serra e il cemento da solo è
responsabile dell’ecocidio in corso nella sorprendente misura dell’otto
per cento, gli architetti devono rivoluzionare completamente il loro
modo di operare. Per fortuna, oggi sono molti i percorsi attraverso i quali
l’architettura può invertire la rotta verso una pratica più ecologica. Come
ho illustrato nella mia mostra “Architectures of Transition”, dedicata ai
Paesi nordici, dagli edifici net-zero e net-positive all’integrazione della
natura, dai progetti interspecie ai materiali alternativi più ecologici, se gli
architetti vogliono avviare un cambiamento nelle loro pratiche, oggi non
mancano le opzioni tra cui scegliere e con cui interagire.
Una cosa è certa: dobbiamo superare il consunto mantra commerciale
della sostenibilità. Nella situazione attuale, l’architettura deve essere
resiliente, adattativa e, preferibilmente, rigenerativa. Nella direzione in cui
stiamo andando, anche se l’innovazione tecnologica rimane dalla nostra
parte, l’architettura dovrà spesso tornare a una sensibilità pre-moderna
nei confronti del luogo, dei climi locali e di risorse sempre più scarse.
L’architettura è un medium ostinato e, naturalmente, la resistenza al
cambiamento perdura. Nonostante l’innalzamento delle acque, le ondate
di calore e i fenomeni atmosferici estremi – ma anche le guerre per
l’energia, le crisi della catena di approvvigionamento e i prezzi alle stelle
dei materiali da costruzione – gli architetti continueranno a scommettere
che nella loro pratica non cambierà nulla e ricorreranno a ogni tipo di
scusa prima di prendere in considerazione qualsiasi mutamento. La
scena architettonica portoghese fornisce buoni esempi di questo stato
di cose. Un noto architetto, vincitore del Pritzker Prize, ha dichiarato che
“la buona architettura è, per definizione, sostenibile”. Di conseguenza,
se ti consideri un “buon architetto” non devi fare nulla per contrastare
ciò che sta accadendo. Sempre lo stesso architetto, pur di avere un
terreno che si adattasse al suo progetto, ha utilizzato l’intero budget per
riconfigurare la geografia del sito, senza nessuna ragione ambientale
evidente e causando la disperazione del committente. La metrica dei
muri rurali esistenti – questa era l’argomentazione presentata – era
‘sbagliata’ rispetto alle proporzioni architettoniche che il capomastro
era solito impiegare. Per me, questo episodio ha rappresentato il canto
del cigno dell’acclamato rispetto dell’architettura portoghese per l’idea
di luogo. Quello che, nelle generazioni di Fernando Távora e Álvaro
Siza Vieira, era un gesto di resistenza contro l’omogeneizzazione del
Modernismo, cioè le caratteristiche di un sito come catalizzatore della
progettazione architettonica, è caduto in preda ai capricci e agli sprechi
dello stile personale. Laddove la squisita architettura di Siza era guidata
dal paesaggio, dai panorami e dall’attenzione anche verso una vicina
radice d’albero, i recenti ‘capolavori’ portoghesi sono diventati spesso
solo un esercizio formale per ammirare il proprio ombelico.
Ci sono molte cadute di questo tipo nel modo in cui alcuni architetti locali
difendono lo status quo del loro studio contro la necessità di rivalutare
i propri principi-guida. Una di queste è l’idea che se l’architettura è
durevole, allora è automaticamente sostenibile. Questo poteva essere
vero quando materiali come la pietra o il legno erano abbondanti e
disponibili localmente. Non quando la pietra locale è esaurita e proviene
da una cava in Cina. Né quando il cemento, ormai riconosciuto per il suo
enorme contributo al danno ambientale globale, continua a essere il
simbolo estetico della permanenza.
Fortunatamente, ci sono generazioni più giovani, sempre più
consapevoli delle enormi sfide che devono affrontare che, pur
conoscendo le migliori pratiche ereditate dalle generazioni
precedenti, desiderano anche entrare a far parte di un mercato edilizio
ecologicamente sano. Come sostengo in “Generation Proxima”, la
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mostra a cui sto lavorando per il Center for Architecture di New York, in Pedro Gadanho
Portogallo ci sono studi emergenti che, pur riallacciandosi alle tradizioni Nato a Covilhã nel 1968, è
architetto, autore e curatore.
locali e allo spirito di un “Modernismo morbido”, stanno trovando nuovi Loeb Fellow presso l’Università di
significati per il concetto ormai logoro di sostenibilità. Harvard (2020), tra il 2012 e il 2016
Esplorando nuovi materiali ecologici, rivedendo i metodi di costruzione, è stato curatore di Architettura
utilizzando meno risorse, affrontando il tema della giustizia climatica Contemporanea presso il
dipartimento di Architettura e
o reintroducendo la natura come principio-guida in interventi urbani Design del MoMA, di New York.
di grande impatto, le pratiche di “Generation Proxima” indicano In seguito, è stato fondatore
auspicabilmente una svolta ambientalista di cui si sente il bisogno e e direttore del MAAT, il Museo
che potrebbe rimettere sulla mappa i precedenti principi estetici ed etici d’Arte Architettura e Tecnologia
di Lisbona, fino al 2019.
dell’architettura portoghese. Ha insegnato presso la facoltà di
Mentre le cose si muovono velocemente, uno dei pionieri del design Architettura di Oporto e dal 2000
ecologico a Porto, il collettivo di architettura e arte Skrei, che ha dieci al 2003 è stato condirettore
anni di vita, si è già diviso in due diversi studi, entrambi caratterizzati di ExperimentaDesign.
da uno spirito di sperimentazione in loco che mette in discussione le
• Born in Covilhã in 1968,
moderne tradizioni costruttive. Il primo, Pedrêz, prende il nome da una Gadanho is an architect,
gallina portoghese nota per la sua capacità di fabbricare un riparo author and curator. Loeb
con qualsiasi cosa trovi sul terreno. Pedrêz spesso esplora i materiali Fellow at Harvard University
(2020), between 2012 and
tradizionali a base di terra, ma ha anche costruito la sua prima casa di 2016 he was a curator for
canapa, utilizzando un sostituto del cemento basato su una fibra che un Contemporary Architecture at
tempo era ampiamente coltivata in Portogallo – e che ora sta tornando, the Department of Architecture
and Design at MoMA, New York.
anche se per scopi cosiddetti farmaceutici.
Subsequently he became the
Il secondo, Atelier Gorvell ha recentemente iniziato a sperimentare il founding director of MAAT, the
recupero in loco, usando una macchina che crea nuovi agglomerati Museum of Art, Architecture
a partire da materiali esistenti e che è stata impiegata per la and Technology, in Lisbon, until
2019. He has taught at the Porto
ristrutturazione dell’appartamento di un artista americano che vive a Faculty of Architecture, and
Porto. Con il suo incrocio interdisciplinare di artigianato e architettura, from 2000 to 2003 he was a co-
Gorvell sostiene un sistema di costruzione radicale a km zero che evita director of ExperimentaDesign.
la maggior parte delle emissioni prodotte di solito da un cantiere.
Esistono poi altri studi che, pur non avendo un’agenda ecologica
così dichiarata, attraverso le loro strategie progettuali finiscono
per dimostrare come l’“architettura sostenibile” possa discostarsi
e potenzialmente oltrepassare il fattore minimo di benessere delle
certificazioni LEED.
Ateliermob, uno studio che esiste dal 2005, lavora con la cooperativa
Trabalhar com os 99% (dal 2016). Nel loro rinnovamento del palazzo
Marquês de Abrantes, al pari dei vincitori del Pritzker Lacaton & Vassal,
rivelano come la mancanza di risorse possa essere una potente
dichiarazione estetica e politica. Allo stesso modo, Nuno Pimenta
ricorre a legname di recupero e materiali industriali riciclati per costruire
strutture temporanee che, in contrapposizione a nozioni illusorie
di permanenza, evocano la vicinanza dell’architettura tradizionale
giapponese ai cicli naturali.
Warehouse è un collettivo di arte e architettura che si occupa di
esperimenti partecipativi. Nel loro progetto Ma Bibliothèque, a Dakar,
affrontano la logica della giustizia climatica e condividono le proprie
conoscenze ecologiche e le competenze architettoniche con una
comunità di scolari disagiati, in modo da assemblare una struttura
comunitaria basata su materiali di recupero.
Atelierponto, con sede nelle Azzorre, è probabilmente il più vicino alle
espressioni minimaliste dell’architettura portoghese più tipica e recente.
Tuttavia, le loro preoccupazioni per la natura, la biodiversità e le risorse
geologiche e botaniche locali li portano ad approcci più sensibili alle
condizioni del sito, come si vede nel loro intervento effimero Inbetween,
premiato con il FAD Prize.
Per non prendere in esame solo progetti di piccole dimensioni, che
probabilmente non hanno la capacità di trasformarsi in soluzioni
di massa, lo studio OODA di Porto ha dimostrato più volte che le
risposte aziendali a clienti e programmi di dimensioni importanti
possono integrare pienamente ambiziose soluzioni naturali, come
prova la recente collaborazione con MVRDV per il grande intervento di
rigenerazione di una vecchia raffineria di petrolio, a poche centinaia di
metri dalle pionieristiche piscine di acqua di mare di Siza Vieira a Leça.
La svolta ambientalista dell’architettura è inevitabile. Speriamo che
questi siano solo i primi segni positivi di un cambiamento che nasce da
una tradizione architettonica molto rispettata.
domus 1071 Settembre September 2022
• As argued in my book Climax Change! How Architecture Must
Transform in the Age of Ecological Emergency (Actar, 2022),
the scope of changes that building practices must undergo within
the next two decades is massive. With the unavoidable need to
decarbonise our economies, the architecture world requires a
course change that is comparable to, if not faster than that
of Modernism and the International Style one century ago.
With deglobalisation on the go, we need to reinvent the market
logic of 20th-century architecture. With the building sector
contributing 38 per cent of greenhouse gas emissions, and cement
alone enjoying an astonishing 8 per cent share of the ongoing
ecocide, architects must utterly shift what makes them tick.
Fortunately, there are now many pathways through which
architecture can reverse to a more ecologically friendly practice.
As shown in my Nordic-focused “Architectures of Transition”
exhibition, from net-zero and net-positive buildings to the integration
of nature, or from interspecies designs to alternative greener
materials, there are now many options from which to choose and
mix, if architects want to start a change in their practices.
One thing is for sure: we must go beyond the worn-out, commercial
mantra of sustainability. Where we stand, architecture now needs
to be resilient, adaptive and preferably regenerative.
Where we are heading, even if technological innovation remains
on our side, architecture will also often need to go back to a
pre-modern sensibility to place, local climates and scarce resources.
Naturally, there is still resistance to change. Architecture is a
stubborn medium. Even with rising waters, heat waves and brutal
weather events – but also with energy wars, supply chain crises
and the skyrocketing prices in building materials – architects
will still bet nothing will change in their practice. They will resort to
every type of excuse before even considering such a move.
The Portuguese architecture scene provides good examples
of such a state of affairs.
A well-known, Pritzker-awarded architect once famously declared
that “good architecture is, by definition, sustainable”.
That surely means that, if you consider yourself a “good architect”,
you don’t have to do shit about what’s going on. This is the same
architect who, in order to have a terrain that would fit his recognised
building recipe, used the whole budget of a house to rebuild the
site’s landscape, both to the client’s despair and to no known
environmental purpose. The metric of the existing rural walls,
the reasoning went, was “wrong” for the architectural proportions
that this master builder usually deployed.
For me, that was the swansong of Portuguese architecture’s
acclaimed respect for the idea of place. What in the earlier
generations of Fernando Távora and Álvaro Siza Vieira was a gesture
of resistance against Modernism’s homogenisation, i.e. the features
of a site as a trigger for architectural design, fell prey to the whims
and wastes of personal style. Where Siza’s exquisite architecture
was conducted by landscape, vistas and the care for a nearby tree
root, recent Portuguese “masterworks” became more often only
a formal exercise in navel-gazing.
There are many such fallacies in some Portuguese architects’
defence of their practice’s status quo against the need to re-evaluate
their guiding principles. One is the notion that if your architecture
is durable, then it is automatically sustainable. This might have been
the case when resources such as stone or wood were abundant
and locally sourced. Not when stone has been locally exhausted
and now comes from a quarry in China. Nor when concrete, now
acknowledged for its huge contribution to global environmental
damage, remains the aesthetic symbol of permanence.
Fortunately, there are younger generations who are increasingly
aware of the huge challenges they face. While mindful of the best
practices they have inherited from previous generations, they also
want to become part of an ecologically healthy building market.
As I claim in an exhibition under preparation for the Center for
ESSAYS 9
Architecture in New York, there are emerging practices in Portugal
that, while connecting back to local traditions and the spirit
of a “soft modernism”, are finding new meanings for the depleted
idea of sustainability.
Whether exploring new ecological materials, revising construction
methods, using fewer resources, addressing climate justice
or reintroducing nature as a guiding tenet in impactful urban
interventions, the practices in “Generation Proxima” hopefully
point to a much-needed environmental turn that may put previous
aesthetical and ethical principles of Portuguese architecture
back on the map.
As things move fast, one of the pioneers of ecological design in
Porto, ten-year-old architecture and art collective Skrei, has already
split into two different offices, with both retaining a spirit of on-site
experimentation that questions modern construction traditions.
The first studio, Pedrêz, is named after an indigenous Portuguese
chicken because of the species’ ability to fabricate a shell out
of anything they grab on the ground. They often re-explore
traditional soil-based materials. But they have also built their first
hemp house, using a concrete substitute based on a fibre that was
once widely grown in Portugal – and is now returning, albeit for so-
called pharmaceutical purposes.
On the other hand, the Gorvell workshop has recently started
experimenting with on-site recycling, proposing a machine that
creates new agglomerates out of demolition materials in the scope
of an apartment retrofit for an American artist living in Porto. With
their interdisciplinary crossover of craftsmanship and architecture,
they advocate for a radical zero-kilometre building system that
skips most of the emissions happening on a typical building site.
While not carrying such a declared ecological agenda, there
are also other offices that, by way of their design strategies,
end up demonstrating how “sustainable architecture” can divert
from, and potentially go beyond, the minimum good-feel factor
of LEED certifications.
Ateliermob is a studio that has been around since 2005,
consolidating their commitment to “working with the 99 per cent”
through the Trabalhar com os 99% collective formed in 2016.
In their Marquês de Abrantes Palace retrofit, akin to Pritzker-winners
Lacaton & Vassal, they reveal how a lack of resources can
be a powerful aesthetic and political statement. Similarly, Nuno
Pimenta resorts to off-the-shelf timber and recycled industrial
materials to build temporary structures that, as opposed
to illusive notions of permanence, evoke traditional Japanese
architecture’s proximity to natural cycles.
Warehouse are an art and architecture collective focused on
participatory experiments. In their Ma Bibliothèque project, in Dakar,
they enter the logic of climate justice and share their ecological
insights and architectural skills with a community of deprived
school children, so as to assemble a community structure based
on found materials.
Azores-based Ponto Atelier are probably the ones closest to the
minimalist expressions of the most typical, recent Portuguese
architecture. However, their concerns with nature, biodiversity
and local geological and botanical resources lead them to more
sensitive approaches to site conditions, as seen in their FAD Award-
winning Inbetween ephemeral intervention.
And not to resort to only small projects, which may arguably lack
the ability to scale up to mass-market solutions, Porto-based OODA
have increasingly shown that corporate responses to big clients
and programmes can fully integrate ambitious natural solutions
– as epitomised in their recent collaboration with MVRDV for the
colossal regeneration of a prior oil refinery, just a few hundred
metres away from Siza’s pioneering Leça tidal pools.
The environmental turn in architecture is inevitable. Let’s hope these
are only the first successful signs of such change arising from
a much-respected architectural tradition.
10 SAGGI domus 1071 Settembre September 2022

La svolta ambientalista 2

è inevitabile /
An inescapable
environmental turn

Photo Lara Jacinto. Courtesy of Pedrêz

Photo © Miguel C. Tavares

1 Colectivo Warehouse, Ma Bibliothèque, 2021, biblioteca all’interno di una scuola pubblica nel
centro di Dakar, Senegal, in occasione del festival “ÉcoL’Art”. 2 Pedrêz, Black Hemp Project,
reinterpretazione artistica del padiglione Sonsbeek di Aldo Van Eyck trasformato in abitazione
privata. È realizzato con blocchi di canapa di recupero. 3 Nuno Pimenta, Frederico Martins,
The Hedonist, 2014. 3 x 4.80 x 2.80 m. Pallet, puntelli in acciaio, travi di legno, lastra in fibra di
vetro grecata trasparente, tende, cavo d’acciaio, torce elettriche. The Hedonist è una camera
d’albergo temporanea costruita con materiali riciclati, riciclabili o riutilizzati e un budget limitato
di 250 euro. 4 Atelier Gorvell, archivio di campioni dei materiali usati per i lavori di ristrutturazione
di un appartamento. 5 Ateliermob e Trabalhar com os 99%, progetto di restauro del Palácio
Marquês de Abrantes, Marvila, Lisbona, 2018. 6 Atelier Ponto, Inbetween Pavilion, 2022, padiglione
temporaneo a Funchal, sull’isola di Madeira, Azzorre

3
Photo © Rui M. Veira + Miguel C. Tavares
 domus 1071 Settembre September 2022 ESSAYS 11

Photo Francisco Nogueira

Photo Lara Jacinto

1 Colectivo Warehouse, Ma Bibliothèque, 2021, a library at a state school in the centre of Dakar,
Senegal, on the occasion of the “ÉcoL’Art” festival. 2 Pedrêz, Black Hemp Project, is an artistic
reinterpretation of the Sonsbeek pavilion by Aldo Van Eyck transformed into a private residence.
It is built with recivered blocks of hempcrete. 3 Nuno Pimenta, Frederico Martins, The Hedonist,
2014. 3 x 4.80 x 2.80 m. Pallets, steel props, wooden beams, transparent corrugated fibreglass
sheet, curtains, steel cable, flashlights. The Hedonist is a temporary hotel room constructed from
recycled, recyclable or reusable materials and with a limited budget of € 250. 4 Atelier Gorvell,
archive containing the samples of materials used in the renovation works of an apartment.
5 Ateliermob and Trabalhar com os 99%, restoration project for the Palácio Marquês de Abrantes,
Marvila, Lisbon, 2018. 6 Pontoatelier, Inbetween Pavilion, 2022, temporary pavilion in Funchal,
on the island of Madeira, Azores

6
Photo © Mariana Lopes. Courtesy of Pontoatelier
12 ARCHITETTURA
Eduardo Souto de Moura
Come progettare una finestra /
How to design a window
Photo Juan Rodriguez
Jorge Figueira
Seguire il percorso di Eduardo Souto de Moura, iniziato negli anni
Ottanta con il mercato coperto di Braga, il centro culturale Casa
das Artes e una serie di abitazioni unifamiliari a Porto, è stato
straordinariamente stimolante. In un momento in cui Álvaro Siza
costruiva per la prima volta fuori dal Portogallo e si cominciavano
a percepire gli scossoni del dibattito sul Postmodernismo, Souto
de Moura ha occupato uno spazio che rimane suo ancora oggi.
Arriviamo al 2022: le opere pubblicate nelle pagine seguenti rendono
manifesto lo stile dell’architetto e fanno riflettere sulle reazioni che
hanno prodotto nel corso della sua carriera. Mentre chi intraprende un
percorso professionale tende a iniziare esplorando, per poi progredire
verso uno stile consolidato, nel caso di Souto de Moura è vero il
contrario: dopo anni in cui gli stessi temi venivano ripetuti in modo
quasi ossessivo, ora c’è una maggiore disponibilità ad abbracciare
instabilità e sperimentazione. Verrebbe da dire che le risposte hanno
preceduto le domande, e che a risposte decise hanno fatto seguito
domande che non erano ancora state poste. In ogni caso, più che
dell’effetto dei tempi turbolenti in cui viviamo, qui si tratta di un dialogo
interiore, di una dimensione metafisica sempre evidente, presente nel
suo lavoro più pratico e quotidiano, come nel suo discorso teorico.
Nel contesto portoghese, in particolare, questa diligenza è ammirevole:
il lavoro dell’architetto sembra immune dalle fluttuazioni del gusto e
del mercato, e mantiene un’alta qualità. Ora, però, l’innovazione sembra
sfidare la sua esperienza: le curve mettono in discussione gli angoli
retti. La domanda “come progettare una finestra?” diventa sempre più
spesso “che cos’è una finestra?”. Le opere qui pubblicate – uno stadio
(Braga), un teatro (Clermont-Ferrand), un centro congressi (Bruges) e
la sede di un’azienda vinicola (Mealhada) – rivelano diversi programmi
in cui si declina la capacità tecnica e costruttiva dimostrata nella
metropolitana di Porto, e viene applicata a sperimentazioni che
comprendono aspetti dell’architettura del XX secolo riproposti nel
XXI secolo, allontanandosi dall’archetipo miesiano che ha dato forma
all’architettura di Souto de Moura.
Il Bruges Meeting & Convention Centre (progettato con lo studio
META Architectuurbureau, esito di un concorso) combina la struttura
‘leggera’ e orizzontale del piano terra con una sequenza verticale
di snelli pilastri di mattoni che costituisce la facciata dell’edificio.
La sospensione di questa facciata monumentale sul basamento
‘trasparente’ è un elemento architettonico dotato di una funzione
pratica: la facciata conferisce all’edificio uno status di opera pubblica,
mentre il piano terra invita a un uso libero e aperto delle strutture.
Il teatro di Clermont-Ferrand (in collaborazione con Bruhat et
Bouchaudy Architectes), anch’esso frutto di un concorso, si compone
di tre sale con destinazioni d’uso diverse, conservando il volume
d’ingresso dell’ex stazione di bus che Valentin Vigneron progettò sotto
l’influenza di Auguste Perret.
Uno dei principali contributi della carriera di Souto de Moura sono i
suoi interventi in siti storici, decisamente sorprendenti. Rimanendo
sensibile all’esistente, il progetto del teatro riflette una tradizione
dell’architettura portoghese secondo cui il rapporto con l’area
circostante o l’‘integrazione’ dell’edificio è fondamentale e non
impedisce l’innovazione. Il progetto della facciata posteriore, che ospita
le aree amministrative, riflette un revival del modernismo lecorbusiano,
il che è piuttosto ironico vista la contesa tra Le Corbusier e Perret sui
meriti delle finestre orizzontali rispetto a quelle verticali.
Le cantine di Colinas do Douro e l’azienda vinicola di Mealhada
riflettono un programma che è diventato popolare nel Paese (oltre
al restauro, anch’esso legato al turismo). Ciò può essere attribuito
alla vitalità dell’industria vinicola, cresciuta durante gli anni difficili del
salvataggio e della Troika (2011-2014). Mentre il complesso di Colinas
do Douro, strutturato in tre volumi collegati da un cortile circolare
con al centro il canale di deflusso per l’intero complesso, appare
una soluzione piuttosto semplice, che rende omaggio a Siza con il
ricorrente “volume a finestra d’angolo”, il progetto di Mealhada è più
ambizioso e complesso. Esempio di architettura del paesaggio che
domus 1071 Settembre September 2022
ridisegna la topografia, presenta un ingresso circolare e sporadiche Jorge Figueira
aperture che appaiono in modo inaspettato. Con quest’opera, Nato nel 1965 a Vila Real,
in Portogallo, si è laureato
l’architetto completa un ciclo di progetti seminterrati che vanno dalla in Architettura all’Università
metropolitana di Porto allo stadio di Braga e alla diga di Foz Tua. di Porto e ha conseguito il
Segno del passaggio alla grande scala e a interventi di restauro dottorato di ricerca presso
rispetto ai lavori degli esordi, quest’architettura semi-sotterranea, con l’Università di Coimbra.
È professore associato presso
la sua luminosità, tecnicità e cruda bellezza, potrebbe essere uno dei il dipartimento di Architettura
lasciti più importanti di Souto de Moura. della Facoltà di Scienze
La cappella del Padiglione del Vaticano alla Biennale di Venezia 2018 è e Tecnologie dell’Università
un caso particolare: un arcaismo che risale alle prime opere di Souto di Coimbra, di cui è stato
direttore dal 2010 al 2017.
de Moura, basate sull’uso della pietra e sulla poetica della rovina, in cui È curatore di mostre tra cui
egli sosteneva un approccio ‘autentico’ in contrasto con le “architetture “What? When? Why not?
di carta” del Postmodernismo, celebrate nella mitica Strada Novissima Portuguese architecture”, Casa
alla Biennale di Venezia del 1980. Ciò che colpisce di quest’opera non da Arquitectura (2021-2022),
“Oscillations. Eduardo Souto
è la sua diversità, ma l’espansione radiale della sua stessa eredità. de Moura”, Camões-Centro
È come se, dopo un viaggio intorno al mondo, Pritzker compreso, Cultural Português, Maputo
l’architettura tornasse a casa, a una condizione di serietà, a essere e Beira, Mozambico (2016).
“per i musei”, come direbbe Aldo Rossi. Né cappella, né santuario,
né tomba, quest’opera contrasta apertamente con il mondo in cui • Born in Vila Real, Portugal,
in 1965, Figueira graduated in
viviamo. È “un luogo racchiuso da quattro muri di pietra, con un’altra architecture at the University
pietra al centro che potrebbe essere l’altare” – come ha scritto Souto of Porto and obtained his PhD
at the University of Coimbra,
de Moura - dove “aspettare con i piedi a terra e la testa tra le mani”.
where he is associate
Nello stesso anno in cui una delle giunture delle pietre dell’altare professor at the Department
si trasforma nella linea verticale della croce cristiana, l’architetto of Architecture of the Faculty
portoghese si aggiudica il Leone d’Oro per il restauro della tenuta of Sciences and Technology,
having been its director
Barrocal, esposto con due fotografie all’Arsenale, nel contesto della between 2010 and 2017. He has
mostra delle curatrici Yvonne Farrell e Shelley McNamara. been the curator of exhibitions
Negli ultimi tempi, l’architetto ha parlato di temi attuali come l’ecologia, including “What? When? Why
il cambiamento climatico e la crisi energetica. In realtà, la sua not? Portuguese Architecture”,
Casa da Arquitectura
produzione è sempre stata incentrata sulle prestazioni dei materiali, (2021-2022), and “Oscillations.
anche se osservate dal punto di vista del carattere, della risonanza Eduardo Souto de Moura”,
storica e delle proprietà tecniche, sia tattili sia visive. Il suo rapporto Camões-Centro Cultural
con il materiale offre uno sguardo ai progressi in questo campo. Português, Maputo and Beira,
Mozambique (2016).
Ciò che possiamo vedere è un dialogo continuo e sostenuto con
l’architettura, con la sua storia e con la sua riaffermazione come forma
di intelligenza che può includere e comprendere qualsiasi cosa.
L’architetto portoghese sembra davvero aver superato la sua
difficoltà di progettare curve e finestre. Non ha “perso il tocco”, come
può succedere a chi lavora sodo e avanza nell’età. Mantiene, anzi,
uno sconcertante equilibrio tra pragmatismo estremo e metafisica
onnipresente, anche quando al ristorante disegna sui sottobicchieri,
con il logo della birra Sagres che entra a far parte dei suoi progetti.
A differenza di Bernardo Soares, Souto de Moura non prova
inquietudine. È forse l’unico portoghese che non sia un poeta.
Al massimo assomiglia ad Álvaro de Campos, altro alter ego di Pessoa,
che era un “ingegnere navale”. Eppure la metafisica riappare ogni
volta che spiega nel dettaglio i problemi tecnici di una copertura. In
quest’epoca di post-icone e post-verità, in cui si valorizzano i processi
e le lotte d’identità, a Bruges, Clermont-Ferrand, Douro, Mealhada e
Venezia, Souto de Moura ha trovato il modo di collegare l’architettura
con gli aspetti più rilevanti del Modernismo e del Postmodernismo
(che in Portogallo erano stati vissuti in modo piuttosto distorto e
limitato) attraverso la claustrofobica cappella di Venezia, gli smisurati
pilastri di mattoni di Bruges, le aperture geometriche che emergono
inaspettatamente dal paesaggio nell’azienda vinicola di Mealhada.
L’architettura portoghese è più incline a sorprendere e a catturare
figure del passato che a innovare. Se il passato è ciò che ci lasciamo
alle spalle e la storia è ciò che continua, l’architettura portoghese
va trovata nel campo della storia. È questa dimensione, forse, che
conferisce un’assillante integrità al lavoro di Souto de Moura. Il
Portogallo è sempre stato caratterizzato da una certa incompletezza,
frammentazione e malinconia. Souto de Moura ha inventato
un’architettura portoghese che evita questa malinconia: fatta di pietra,
costruita per durare per sempre, come si diceva un tempo.
Più è lontana dalla nostra epoca, più ci colpisce.
domus 1071 Settembre September 2022
In equilibrio fra pragmatismo e metafisica, gli ultimi edifici dell’architetto
suggeriscono un allargamento della disciplina da mestiere e servizio a forma
d’intelligenza che integra tutto, senza rinunciare all’invenzione /
Poised between pragmatism and metaphysics, the architect’s latest buildings
suggest a widening of the discipline seen as a profession and service in the
form of intelligence that integrates everything, without forgoing innovation
• It has been thrilling to follow Eduardo Souto de Moura’s architectural
journey since its beginnings in the 1980s with the covered Municipal
Market in Braga, the Casa das Artes cultural centre and a series of
single-family houses in Porto. At a time when Álvaro Siza was building
outside Portugal for the first time and the shocks of the debate on
postmodernism were beginning to be felt, Souto de Moura occupied a
space that has remained his own ever since. Fast forward to the year
2022 and the works published here, which reveal the architect’s style
and call into question the many responses he has obtained over the
course of his career. While those embarking on a profession tend to
start out with exploration and then progress towards a consolidated
style, the opposite is true in the case of Souto de Moura. After years
of almost obsessively repeating themes, he now appears more willing
to embrace disparity and experimentation. The answers preceded
the questions, one might say. Emphatic answers were followed by
questions that had not yet been asked. In any case, his is an inner
dialogue rather than the precise outcome of the turbulent times in
which we live. A metaphysical dimension has always been apparent
in his more practical, everyday work as well as in his theoretical
discourse. In the Portuguese context especially, this diligence of his is
admirable. The architect’s work maintains a high lievel of quality and
appears immune to fluctuations in both the market and in tastes.
But now disruption appears to be challenging his experience: curves
are calling right angles into question, and the issue of “how to design
a window” is increasingly becoming “what is a window?”
The four works published here – a stadium (Braga), a theatre (Clermont-
Ferrand), a conference centre (Bruges) and a winery (Mealhada)
– reveal the diverse programmes present in the architect’s work. In
these buildings, the technical and constructive capacity displayed,
for example, in the renowned Porto Metro is applied to experiments
encompassing features of 20th-century architecture, which are
revived in the 21st century, moving away from the Miesian archetype
that has shaped Souto de Moura’s architecture. The conference
centre in Bruges (with META Architectuurbureau and resulting from
a competition) combines a “lightweight” horizontal structure on the
ground floor with a vertical sequence of slender brick columns making
up the building’s main facade. The suspension of this monumental
facade over the “transparent” podium floor is an architectural feature
that serves a practical purpose: the facade lends the building the
status of a public structure, while the ground floor invites free and open
use of the facilities. The theatre in Clermont-Ferrand (in partnership
with Bruhat & Bouchaudy Architectes and again the outcome of
a competition) consists of three halls with different purposes. The
project preserves the entrance volume of the former bus station that
Valentin Vigneron designed under the influence of August Perret.
One of the main contributions of Souto de Moura’s career lies in his
striking interventions in heritage sites. Remaining sensitive to the
existing structure, the theatre design reflects a tradition in Portuguese
architecture whereby the relationship with the surrounding area, or
the building’s “integration”, is crucial and does not impede innovation.
The design of the rear facade, where the administrative areas of the
building are located, reflects a revival of Corbusian modernism, which
is rather ironic given the controversy between Le Corbusier and Perret
over the merits of horizontal versus vertical windows. The Colinas do
Douro and Mealhada wineries reflect a programme that has become
very popular in Portugal (alongside restoration, which is also related
to tourism). This may be attributed to the vitality of the wine industry,
which expanded during the difficult years of the bailouts and the troika
(2011-2014). While the Colinas do Douro winery – which is structured
into three volumes connected by a circular courtyard with drainage
for the whole complex in the centre – appears to be a rather simple
solution, paying tribute to Siza with the recurring “corner window
volume”, the winery in Mealhada is more ambitious and complex.
As an example of landscape architecture, it redesigns the topography
and features a circular entrance and sporadic openings that appear
ARCHITECTURE 13
unexpectedly. With this work, Souto de Moura completes a series of
projects that are at least partially underground, ranging from the Porto
Metro to Braga Stadium and the Foz Tua Dam. Marking a shift from the
projects of his early career to the large-scale and restorations works,
this subterranean architecture with its luminosity, technicality and raw
beauty may well be one of Souto de Moura’s most important legacies.
His chapel for the Vatican Pavilion at the 2018 Venice Biennale is a
special case: an archaism that dates back to Souto de Moura’s early
works based on stone and the poetics of ruins. Here he advocated
an “authentic” approach, contrasting with the “paper architectures” of
postmodernism that were celebrated in the fabled “Strada Novissima”
at the 1980 Venice Biennale. What is striking about this work is not its
divergence but the radial expansion of its own legacy. It is as if, after
a journey around the world, Pritzker Prize included, architecture were
returning home, in a state of seriousness, “for the museums” as
Aldo Rossi would say. Neither a chapel, sanctuary nor tomb, his Vatican
Pavilion contribution openly contrasted with the world in which we live.
It was “a place enclosed by four stone walls, while another stone at the
centre might be the altar”, as Souto de Moura wrote, for “waiting with our
feet on the ground and our head in our hands”. In the same year when
one of the seams on the altar stones transformed into the vertical line
of the Christian cross, the Portuguese architect was also awarded the
Golden Lion for the restoration project he carried out on the Barrocal
estate, which was displayed in two photographs at the Arsenale
in the context of an exhibition organised by the curators Yvonne Farrell
and Shelley McNamara.
In recent years, Souto de Moura has been talking about contemporary
issues such as ecology, climate change and the energy crisis. In
reality, his architecture has always been focused on the performance
of materials, albeit from the perspective of their character, historical
resonance and technical, tactile and visual properties. His relationship
with the material world offers a glimpse into progress in this field. What
transpires here is an ongoing, sustained dialogue with architecture, with
architectural history and with a reassertion of architecture as a form
of intelligence that can include and encompass everything.
As suggested, Souto de Moura appears to have overcome the difficulty
of designing curves and windows. He has not “lost his touch”, as can
sometimes happen when people work relentlessly and grow older.
He maintains an intricate balance between extreme pragmatism and
an omnipresent metaphysics, especially when he sketches on beer
mats at restaurants with the Sagres becoming absorbed into his new
designs. Unlike one of Fernando Pessoas’s alter egos Bernardo Soares,
Souto de Moura does not experience disquiet. He is perhaps the only
man in Portugal who is not a poet. At most, he resembles Álvaro de
Campos, another of Pessoa’s heteronyms, who was a “naval engineer”.
Yet metaphysics reappears every time he offers a detailed explanation
of the technical problems involved in a roof. In this post-iconic, post-truth
era in which value is placed on the processes and struggles of identity,
in Venice, Bruges, Clermont-Ferrand, Douro and Mealhada, Souto de
Moura has found a way of linking architecture with the most relevant
aspects of 20th-century modernism and postmodernism, which was
experienced in a rather skewed and limited manner in Portugal.
The claustrophobic chapel in Venice, the immense brick columns in
Bruges, the geometric openings emerging unexpectedly from the
landscape at the winery in Mealhada.
Portuguese architecture is more inclined to surprise and capture
figures from the past than to “innovate”. If the past is what we leave
behind and history is what continues, Portuguese architecture exists
in the realm of history. It is this dimension, perhaps, that lends an
unyielding integrity to Souto de Moura’s work. Portugal has always
been characterised by a certain incompleteness, fragmentation and
melancholy. Souto de Moura has invented a Portuguese architecture
that evades this melancholy. Made from stone. Built to last forever,
as people used to say. The more distant it is from our era, the more
it impresses us.
14 ARCHITETTURA
Municipal Stadium,
Braga, Portugal, 2003
È sul Monte Castro, incassato in una
cava dismessa di granito di Dume,
che Eduardo Souto de Moura colloca
una delle sue opere più conosciute e
tecnicamente più complesse: lo stadio
comunale di Braga.
Realizzato per il Campionato europeo
di calcio del 2004, ha una capienza di
30.286 persone, suddivisa in due sole
tribune ripide e speculari.
Quella occidentale è ancorata alla parete
di roccia viva, che si eleva come fondale
visivo contro cui si staglia la struttura
di nudo cemento. La seconda, invece,
si libra a 40 m dal suolo grazie a una
serie di setti, come vele ‘bucate’ da tre
aperture circolari dove si arrampicano le
scale. Le funi d’acciaio, tese su una luce
di circa 220 m, sorreggono le tribune
e le coperture, realizzate con elementi
prefabbricati di calcestruzzo e lamiera
grecata di alluminio.
“Inizialmente, la copertura doveva
apparire continua, come nel padiglione
di Álvaro Siza per Expo Lisbona 1998”,
racconta Souto de Moura, “ma per
una serie di limiti abbiamo scelto
come riferimento i ponti di corda
della tradizione inca”. Partendo da
quest’immagine, il progetto si nutre della
topografia e delle risorse, sia materiali
sia immateriali, del sito e della città. Da
un lato, letteralmente: oltre un milione di
m3 di granito sono stati estratti mediante
esplosione dal fianco della montagna
per essere riutilizzati nella produzione
del cemento della struttura. Dall’altro,
rossianamente, perché lo stadio è un
“fatto urbano” in una città dove Souto de
Moura aveva già operato realizzando,
per esempio, il mercato municipale del
quartiere Carandá (1980-1984) e, poi, la
sua riconversione in scuola di danza e
musica (1999-2010). Lo stadio, però, si
confronta con quello che all’epoca era un
margine di città, diventando il riferimento
per gli sviluppi urbani successivi.
Il risultato è un’infrastruttura “muscolare,
monumentale e molto a suo agio nel suo
paesaggio potente”, che, assieme ad
altre opere, gli è valsa il Pritzker Prize
nel 2011. (Giulia Ricci)
0 50M SEZIONE AA / SECTION AA
Photos Paulo Catrica
domus 1071 Settembre September 2022
• On Monte Castro, carved out of an Progetto/Project Impresa edile/Contractor
abandoned granite quarry in the Dume Souto Moura Arquitectos – Eduardo Souto Aurélio Martins Sobreiro
de Moura ACE-Assoc/Tecnasol
area, Eduardo Souto de Moura designed ACE-Assoc/Soares da Costa
Collaboratore/Collaborator
one of his best-known works, the Braga Carlo Nozza Committente/Client
Municipal Stadium. Built for the 2004 Comune di Braga/Braga City Council
Consulenti/Consultants
European Football Championship, it Arup Associates – Dipesh Patel Costo/Cost
seats 30,286 people in just two steeply (programma/programme) € 75,000,000
raked stands facing each other. Progettazione paesaggistica/Landscape design Fase di progetto/Design phase
The west stand is embedded in the wall Daniel Monteiro 2000
of living rock, which rises as a visual Strutture/Structural engineering Fase di costruzione/Construction phase
backdrop with the exposed concrete AFAssociados – Rui Furtado 2002-2003
(coordinamento/coordination)
structure standing out against it.
The second stand, by contrast, hovers 40
metres above the ground on a series of
walls, like sails pierced by three circular
openings, through which rise flights of
0 50M PLANIMETRIA / SITE PLAN
steps. Taut steel cables, spanning some
220 metres separating the two stands,
support the canopies in prefabricated
concrete elements and corrugated
aluminium sheeting.
“At first the roof was meant to appear
1
continuous, as in Álvaro Siza’s pavilion
A
2
for the 1998 Lisbon World Exposition,”
3
says Souto de Moura, “but because of a
series of limitations, we took Inca rope 4
bridges as our model.” 5
Starting from this image, the project 6
is nurtured by the topography and
resources, both material and immaterial,
of the site and the city. On the one
hand literally, with almost 1 million cubic 3
metres of granite blasted out of the
mountainside to accommodate the 7
stadium and reused to make concrete 8
for the structure. On the other hand in
6
the spirit of Aldo Rossi, because the
stadium is an “urban fact” in a city where
Souto de Moura had already worked, 8
for instance on the covered Municipal
Market of Carandá (1980-1984), and then
its conversion into a dance and music 3
school (1999-2010). But the stadium had
to engage with what at the time was
the urban periphery, creating a frame
of reference for subsequent urban
developments.
The result is a “muscular, monumental
infrastructure, very much at home in its 9
powerful landscape,” which, together
with other works, earned him the 2011
Pritzker Prize. (Giulia Ricci)
A
1 Biglietteria/Ticket office
2 Parcheggio/Parking
3 Piazze/Squares
4 Cancelli d’ingresso/Entrance gates
5 Parcheggio temporaneo UEFA/
UEFA temporary parking
6 Campo da gioco/Playing field
7 Magazzino/Storage
8 Tribuna/Tribune
9 Compound televisivo/TV compound
Photo Christian Richters
16 ARCHITETTURA
Pagina 14: la serie di scatti mostra il complesso durante un evento sportivo.
Pagina 15: il profilo della tribuna aggrappata al Monte Castro con, sulla sinistra,
uno dei due elementi monumentali di cemento a sbalzo sul lato della montagna.
Questi ricevono l’acqua piovana dalle coperture delle tribune – che sono quindi
Photos Juan Rodriguez
domus 1071 Settembre September 2022
leggermente inclinate – e la fanno defluire fino al canale di scarico a est della
struttura. In questa pagina: due viste complessive dello stadio nel paesaggio.
Pagina a fronte. In alto: dettaglio del punto in cui l’acqua piovana defluisce da una
copertura verso la gronda esterna. In basso: le scale con lo sfondo dell’ex cava
 domus 1071 Settembre September 2022
Photo Juan Rodriguez
• Page 14: series of photos showing the complex during a sporting event. Page
15: profile of the stand embedded in Monte Castro with, on the left, one of the two
monumental concrete elements cantilevering out from the mountainside. These
receive rainwater from the roofs of the stands, which are therefore slightly sloped,
Photo Paulo Catrica
ARCHITECTURE 17
and carry it to the drainage channel on the east side of the structure. This page: two
overall views of the stadium in the landscape. Opposite page. Top: detail of the point
where rainwater flows from one of the roofs to the outer gutter. Below: the flights of
steps against the backdrop of the former quarry
18 ARCHITETTURA
Fra il 1957 e il 1961, l’architetto Valentin
Vigneron costruì una stazione dei
bus per il capoluogo dell’Alvernia in
linea con il classicismo strutturale di
Auguste Perret, di cui fu collaboratore.
La struttura cadde in disuso nel 2005
e già l’anno successivo venne tutelata
come monumento storico. È solo nel
2014 che viene lanciato un concorso
per trasformare ed espandere l’edificio,
destinato a ospitare La Comédie de
Clermont-Ferrand, una delle scène
nationale decentrate definite dal
ministero della Cultura francese.
Dal 1997, anno della sua fondazione
come istituzione dedicata alla creazione
e diffusione delle arti performative
contemporanee, La Comédie non
aveva una sede propria. La possibilità
di lavorare su una tipologia inedita
per l’architetto portoghese, oltre che
sull’edificio di Vigneron, spingono
Eduardo Souto de Moura a prendere
parte al concorso, assieme allo studio
locale Bruhat et Bouchaudy Architectes.
Nel 2016 i due progettisti si aggiudicano
il progetto, mentre l’anno successivo
prende avvio il cantiere. L’edificio di
Vigneron restaurato funge ora da
La Comédie, Clermont-Ferrand,
Auvergne, France, 2020
2
ingresso luminoso e monumentale
della struttura su boulevard François
Mitterrand, la cui facciata è ritmata
dalle colonne originali di calcestruzzo
bocciardato. Il salone d’ingresso di 300
m2 che accoglie il pubblico è sovrastato
dalla cupola ribassata, sorretta da un
tamburo con superfici che alternano
pieni e vuoti, in parte disegnate da
una geometria triangolare. Questo
ambiente contiene la biglietteria e un
ristorante. A chiudere il lotto, sul fronte
opposto di Rue Abbé de l’Épée, sono
gli uffici amministrativi, i locali tecnici e i
camerini, raccordati da un fronte curvo
avvolto da una fenêtre en longueur. La
Comédie è dotata di una sala per 886
spettatori (Salle de L’Horizon) e una
black-box (Salle des Possibles) con
366 posti a sedere o 1.000 in piedi. Le
due sale sono affiancate sullo stesso
livello piuttosto che sovrapposte, come
proponevano invece gli altri progetti in
concorso. In questo modo, l’ampliamento
ha un impatto volumetrico ridotto nel
contesto urbano, una scelta in sintonia
con quel pragmatismo e quella volontà
di anonimità cui ambisce l’opera
dell’architetto portoghese. (Giulia Ricci)
A B
3
4 PIANTA DEL PIANO TERRA /
7
5
8
A François Bouchaudy (Bruhat
• Between 1957 and 1961, the architect
Valentin Vigneron built a bus station
for the capital of the Auvergne Region
in line with the structural classicism
of Auguste Perret, with whom he had
worked. The structure fell into disuse
in 2005, and the following year it was
listed as a historical monument. In 2014
a competition was held to expand the
building and convert it to house La
Comédie de Clermont-Ferrand, one
of the decentralised national theatres
defined by the French Ministry of Culture.
Since 1997, the year of its foundation as
an institution devoted to the creation
and dissemination of the contemporary
performing arts, La Comédie had lacked
a theatre of its own.
Attracted by the opportunity to work
on an original typology, as well as
Vigneron’s building, Eduardo Souto de
Moura decided to enter the competition
together with the local practice Bruhat
et Bouchaudy Architectes. They were
awarded the project in 2016 and building
work began the following year.
The restored Vigneron building now
serves as the brightly lit, monumental
entrance to the complex on Boulevard
Progetto/Project
Eduardo Souto de Moura, François Bouchaudy
(Bruhat et Bouchaudy Architectes)
Gruppo di progettazione/Design team
Pierre Fonlupt, Ricardo Prata (coordinatori/
coordinators); Afonso Romana, Andrew Duff,
François Fayard, Lydia Golan-Newmann,
Luis Costa, José Carlos Mariano,
José Maria Vieira, Rute Peixoto, Tiago Simão
Committente/Client
Città di/City of Clermont-Ferrand
6
B © Eduardo Souto de Moura,
domus 1071 Settembre September 2022
François Mitterrand, with its facade
lined by the original bush-hammered
concrete columns. The foyer measuring
300 square metres that welcomes the
public is dominated by a shallow dome,
supported by a drum whose surfaces
alternate voids and solids, partly
designed with a triangular geometry.
The foyer contains the ticket office
and a restaurant.
The site is closed on the opposite side of
Rue Abbé de l’Épée by the administrative
offices, technical rooms and dressing
rooms, connected by a curved front
wrapped in a fenêtre en longueur. The
Comédie is equipped with an auditorium
for 886 spectators (Salle de L’Horizon)
and a black-box theatre (Salle des
Possibles) that can hold 366 seated
or 1,000 standing. The two performing
spaces are set side by side on the
same level rather than overlapping,
as proposed by the other competing
projects. In this way, the volume of the
extension has a reduced impact on
the urban setting, in keeping with the
pragmatism and desire for anonymity
to which the work of the Portuguese
architect aspires. (Giulia Ricci)
Scenografia/Scenography
KANJU – Félix Lefebvre
Acustica/Acoustics
KAHLE – Eckhard Kahle, Salto Ingenierie
Studi tecnico/Technical studies
EGIS + Tribu
Costo/Cost
€ 21,500,000
Fasi/Phases
2016-2017 (progettazione/design)
2017- 2020 (costruzione/construction)
www. bruhat-bouchaudy.com
0 5M
GROUND-FLOOR PLAN
1 Atrio d’ingresso/Hall
(Hall des Pas Perdus)
2 Reception
3 Ristorante/Restaurant
4 Teatro principale/Main theatre
(Salle de L’Horizon)
5 Palcoscenico/Stage
6 Black-box
(Salle des Possibles)
7 Banchina di carico/
Loading dock
Tutti i materiali di progetto/
All project materials
et Bouchaudy Architectes)
Tutte le foto/All photos
© Mathieu Noël
20 ARCHITETTURA domus 1071 Settembre September 2022

Pagina 19 e in questa pagina, sopra: la facciata principale dell’edificio storico di •Page 19 and this page, above: the main facade of the historic building by Valentin
Valentin Vigneron. Pagina a fronte. Sopra: due viste della facciata sul retro. Vigneron. Opposite page. Top: two views of the rear facade. The building contains
Il corpo edilizio contiene locali tecnici di supporto alle attività teatrali al piano terra, technical rooms to support theatrical activities on the ground floor, with offices
uffici e camerini sono ai piani superiori. Sotto: due dettagli della facciata est and dressing rooms on the upper floors. Bottom: two details of the east facade

0 5M SEZIONE AA / SECTION AA

SEZIONE BB / SECTION BB
domus 1071 Settembre September 2022 ARCHITECTURE 21
22 ARCHITETTURA domus 1071 Settembre September 2022

In questa pagina: la hall d’ingresso del teatro, con il corpo interno della biglietteria, assieme ai giochi materici sul tamburo della cupola ribassata, nonché
è collocata all’interno dell’ex stazione degli autobus realizzata a cavallo fra gli anni l’oculo che sovrasta l’ambiente, forniscono una grande quantità di luce naturale.
Cinquanta e Sessanta. Le sue ampie vetrate su boulevard François Mitterrand, Pagina a fronte, dall’alto: la black-box e l’auditorium principale
domus 1071 Settembre September 2022 ARCHITECTURE 23

• This page: the foyer of the theatre, with the internal volume of the ticket office, Boulevard François-Mitterrand, together with the interplay of materials on the
is situated inside the former bus station that was built between the 1950s and drum of the shallow dome, as well as the oculus over the interior. Opposite page,
1960s. Abundant natural illumination is provided by its large windows overlooking from top: the black-box theatre and the main auditorium
24 ARCHITETTURA
Di per sé la scala non è una qualità, ma
rappresenta l’adattamento dell’oggetto
da costruire alle caratteristiche fisiche e
mentali di una geografia che cerchiamo
di ‘correggere’.
La proposta per Bruges Meeting &
Convention Centre, che abbiamo
presentato assieme a META
Architectuurbureau, è stata concepita
su una scala adeguata alle tre vie
circostanti – la Hauwerstraat, la
Maagdenstraat e la Sint-Maartensbilk.
L’edificio si alza al centro della piazza;
la sua altezza e il suo linguaggio gli
conferiscono una dimensione pubblica.
Offre inoltre un’altra scala, più distante:
la vista dal ristorante all’ultimo piano
sullo skyline di Bruges, caratterizzato
dalle tre torri simbolo della città. Il nostro
obiettivo era rendere trasparente il piano
terra del complesso per far sì che tutte
le attività al suo interno fossero visibili
dalla piazza e dalle strade adiacenti.
Piuttosto che un edificio chiuso in sé,
volevamo creare una moderna agorà
o una stoa, simile a una piazza coperta.
I materiali utilizzati sono il vetro e il
mattone, praticamente l’unico materiale
presente in città, impiegato anche nelle
Bruges Meeting & Convention Centre (BMCC)
Bruges, Belgium, 2021
A A
0 10M PIANTA DEL PIANO TERRA / GROUND-FLOOR PLAN
SEZIONE AA / SECTION AA
massicce colonne che generano la
particolare cadenza della facciata. Il
tetto della Beurshal è una terrazza che
ospita gli spazi conviviali e sarà decorata
da un giardino ancora da progettare.
La verticalità della facciata principale
contrasta con l’orizzontalità delle altre
tre. Per la sua natura di edificio pubblico
e per ragioni strutturali, le travi sono
rivestite e sul lato orientale è previsto
uno schermo solare. In un concorso
è difficile presentare un’immagine
definitiva, perché un progetto dipende da
molti fattori e da richieste che cambiano
nel tempo. Nelle prime fasi, intendiamo
l’architettura come un servizio alla
società, una risposta a un problema
specifico che ci viene chiesto di risolvere.
Solo in un secondo momento l’edificio
si svincola dalle nostre preferenze e dai
nostri desideri per acquisire autonomia.
Questo passaggio non dipende
da noi, ma dalla popolazione che si
approprierà dell’edificio trasformandolo
in architettura. Il processo di passaggio
dall’informazione-forma alla forma, che
vorremmo portare a compimento, è
lungo e richiede grande pazienza.
(Eduardo Souto de Moura)
• Scale is not an attribute per se. Instead,
it represents the adaptation of the
object that we intend to construct to the
physical and mental circumstances of
a geography that we seek to “correct”.
The proposal for the Bruges Meeting
& Convention Centre we presented
with META Architectuurbureau was
designed on a scale adapted to the
three surrounding streets: Hauwerstraat,
Maagdenstraat and Sint-Maartensbilk.
In the square, the building rises up with
its height and language lending it a public
dimension. Another, more distant scale is
also present: the view from the top floor
of the restaurant over the Bruges skyline,
which is punctuated by the city’s three
iconic towers.
Our aim was for the ground floor of the
building to be transparent to allow all the
activities taking place there to be viewed
from the streets and square. Rather than
an egocentric building, we wanted to
create a modern agora or stoa akin to a
covered square.
The materials used in the building include
glass and brick, which is practically the
only material present in the city and is
also found in the massive columns that
domus 1071 Settembre September 2022
give the facade its particular cadence.
The Beurshal roof is a terrace that
accommodates the break spaces and
will be decorated with a garden that has
yet to be designed.
The verticality of the main facade
contrasts with the horizontality of the
other three. For structural reasons and
due to the building’s public nature, the
beams are covered and solar protection
is provided on the eastern side.
In a competition, it is difficult to present a
final image, as designs depend on many
factors and demands that evolve over
time. In its early stages, we understand
architecture as a social service, a
response to a specific problem that we
are asked to solve. Only later does the
building move beyond our whims and
desires to acquire its own autonomy.
This transition depends not on the
designers but on the population that will
take possession of the building as their
own, transforming it into architecture.
The process from information-form to
form, which we would like to see through
to completion, is lengthy and requires
great patience.
(Eduardo Souto de Moura)
Progetto/Project
Eduardo Souto de Moura
META Architectuurbureau
Responsabili di progetto/Project architects
André Campos, Frederik Bogaerts
Gruppo di progettazione/Design team
Jan De Loof, Pietter Lansens, Willem Baalbergen,
Greet Van der Linden, Ilse De Sutter, Dirk van der
Meij, Roxane van Hoof, Pawel Panfiluk, Violaine
Eggermont, Luis Costa, João Mota, João Teixeira
Strutture/Structural engineering
Mouton
Strutture, impianti, ingegneria meccanica ed elettrica/
Structural and MEP engineering
AFA Consult
Ingegneria meccanica, elettrica e impianti/
MEP engineering
HP Engineers
Acustica/Acoustics
Daidalos Peutz
Progettazione paesaggistica/Landscape design
Landinzicht Landschapsarchitecten
Ingenieursbureau France
Progettazione del progetto artistico integrato/
Integrated art project design
Philip Aguirre y Otegui
Altri consulenti/Other consultants
FESG (prevenzione antincendio/fire safety)
Vectris (mobilità/mobility)
CFE (sviluppo del progetto/project development)
Impresa edile/Contractor
MBG
Committente/Client
Città di/City of Bruges
Superficie costruita totale/Built area
21,036 m2
Fasi di progetto e costruzione/
Design and construction phases
2016-2021
www.meta.be
Tutti i materiali di progetto/
All project materials
© Eduardo Souto de Moura, META
Architectuurbureau
Tutte le foto/All photos © Filip Dujardin
28 ARCHITETTURA domus 1071 Settembre September 2022

Pagine 25-27: la facciata principale dell’edificio, costituito da un nucleo di acciaio enfatizzando inoltre la dimensione pubblica dell’edificio. In questa pagina e nella
e vetro, a cui si sovrappone uno schermo di elementi puntuali di mattoni che media pagina a fronte, in alto: tre viste degli ambienti, sia interni sia esterni, all’ultimo
la relazione con la città storica. Su questo fronte, la struttura aggetta creando piano dell’edificio. In basso: la sala conferenze al piano terra. Pagine 30-31: un
uno spazio coperto che precede l’interno, come a invitare i passanti a entrare, ambiente all’ultimo piano si confronta con il paesaggio urbano circostante
domus 1071 Settembre September 2022 ARCHITECTURE 29

• Pages 25-27: the building’s main facade, consisting of a core of steel and glass building’s public dimension. This page and opposite page, top: three views of the
overlaid with a row of brick columns mediating the relationship with the historic internal and external spaces on the top floor of the building. Opposite page, bottom:
city. On this front, the structure features an overhang to create a covered space the ground-floor conference room. Pages 30-31: a space on the top floor overlooks
that leads into the interior, as if inviting passers-by to enter while stressing the the surrounding cityscape
32 ARCHITETTURA
“Secondo la tradizione, è appropriato
che le operazioni di produzione del vino
seguano le leggi della gravità. Si è anche
soliti considerare che, a una profondità di
3 m, la temperatura del suolo è di 15°C”.
Sono le riflessioni allo stesso tempo
scientifiche e di buon senso di Eduardo
Souto de Moura che ispirano il progetto,
ideato con Joaquim Portela, per Casa
Sarmento. Se la cantina Quinta da
Extrema, in completamento, si adagia
nella valle del Douro mimando con i
suoi volumi orizzontali la morfologia
morbida delle colline a cui si addossa,
a Mealhada Souto de Moura disegna
una vera e propria architettura ipogea,
di cui emergono dal suolo solo i molti
camini d’aerazione. La concepisce come
un “salutare esercizio di quadratura
del cerchio”, come afferma con l’ironia
elegante di chi padroneggia e talvolta
sfida le regole della geometria.
Il cerchio, in questo caso, è il cilindro
di 57 m di diametro per 22 di altezza
che contiene i principali spazi di
Casa Sarmento Winery,
Mealhada, Portugal, 2022
SEZIONE AA / SECTION AA
produzione, distribuiti su due piani
e collegati da una rampa elicoidale,
raffinata e funzionale, quasi evocativa
del flusso discendente dei liquidi in
lavorazione. La quadratura, invece, è la
composizione di questo nucleo di scala
gigante con le funzioni annesse, come,
per esempio, il ristorante. Le due sale a
pianta rettangolare, scandite dalla griglia
del soffitto a cassettoni, osservano
il paesaggio delle vigne attraverso
una parete interamente trasparente,
che lo incornicia “come si trattasse di
un ‘quadro’ naturale”. La gestione dei
flussi è affrontata con un approccio
logico, necessario, con tre accessi
autonomi riservati rispettivamente ai
lavoratori della cantina, al pubblico e ai
fornitori del ristorante. Casa Sarmento
è un’architettura monomaterica, in
calcestruzzo a vista, e monumentale in
tutti i suoi spazi. Ciò è vero anche per
gli spazi di servizio interrati, rischiarati
naturalmente da un lucernario sospeso
ad altezze siderali. (Alessandro Benetti)
• “Tradition holds that it is appropriate
for winemaking operations to follow
the laws of gravity. It is also customary
to consider that at a depth of 3 metres
the soil temperature is 15 degrees
Celsius.” These are the scientific and
common-sense reflections of Eduardo
Souto de Moura that inspired his
project – with Joaquim Portela – for the
Casa Sarmento. While the Quinta da
Extrema winery, under completion, lies
in the Douro valley, with its horizontal
volumes mimicking the gentle forms
of the surrounding hills, in Mealhada
Souto de Moura has designed a
veritable underground architecture with
only the many ventilation chimneys
emerging above grade. He conceived
it as a “healthy exercise in squaring
the circle”, as he says with the elegant
irony of those who have mastered
and sometimes challenge the rules
of geometry. The circle, in this case, is
the 57-metre-diameter and 22-metre-
high cylinder that contains the main
Progetto/Project
Eduardo Souto de Moura, Joaquim Portela
Gruppo di progettazione/Design team
Marta Couto Rocha, Filipa Roque,
Daniel Laranjinha, Pedro Queirós,
Patrícia Coelho, Diana Ferreira, Natália Moura,
Christian Ferreira, João Silva, Silvia Ferreira,
Carmen Estima, Antígona Pinto,
Francisco Monforte, Teresa Ribeiro,
Bárbara Vasconcelos, Guida Gonçalves,
Margarida Leitão Tiago Ribeiro, Luciana Rocha,
Rita Afonso, Filipa Alfaro, Maria Sofia Santos,
Joana Simões, Maria João Lopes,
Rita Roma, Nuno Castro, Ana Patrícia Santos,
João Pedro Mendes, Ana Fortuna
Strutture/Structural engineering
A400
domus 1071 Settembre September 2022
production spaces, laid out over two
floors and connected by a refined
and functional helical ramp, almost
evocative of the descending flow of the
liquids being processed. The squaring,
on the other hand, is the composition
of this giant nucleus with the attached
functions, for instance the restaurant.
The two rectangular rooms, articulated
by the grid of the coffered ceiling, have
sightlines across the vineyard landscape
through an entirely transparent wall,
which frames it “as if it were a natural
picture”. Flow management is addressed
with a logical, necessary approach, with
three independent accesses reserved
for the winery workers, the public and
the restaurant’s suppliers, respectively.
Casa Sarmento is a mono-material
architecture built completely in exposed
concrete, and monumental in all its
spaces. This is also true of the service
spaces, which are naturally illuminated
by a skylight suspended at sidereal
heights. (Alessandro Benetti)
Ingegneria elettrica/Electrical engineering
Licínio Alegre
Ingegneria meccanica/Mechanical engineering
GET – Gestão de Energia Térmica
Impresa edile/Contractor
Ramos Catarino
Committente/Client
Casa Sarmento
Superfici/Areas
51,063 m2 (sito/site)
9,977 m2 (costruita totale/built)
Fasi/Phases
2007-2010 (progettazione/design)
2012-2022 (costruzione/construction)
www.joaquimportelaarquitetos.com
domus 1071 Settembre September 2022 ARCHITECTURE 33

1 Accesso pubblico/
Public entrance
2 Accesso all’area produttiva/
Production area entrance
3 Accesso per i fornitori della
ristorazione/Access for
restaurant suppliers
6
4 Lobby
7
5 Produzione/Production
6 Sala ristorazione/Dining room
7 Bar

3
A

5
7
6

7
A
B

4 Tutti i materiali di progetto/

All project materials
© Eduardo Souto de Moura
1 Tutte le foto/All photos
Luís Ferreira Alves

0 10M PIANTA DEL PIANO TERRA / GROUND-FLOOR PLAN

SEZIONE BB / SECTION BB
34 ARCHITETTURA domus 1071 Settembre September 2022
domus 1071 Settembre September 2022 ARCHITECTURE 35

Pagine 32-33: vista dell’edificio mimetizzato nel paesaggio. Pagina a fronte •Pages 32-33: view of the building camouflaged in the landscape.
e in questa pagina, in basso: locali dedicati alla produzione. Anche in queste stanze Opposite page and this page, below: some of the production spaces. These rooms
incassate nel suolo viene fornita abbondante luce grazie a una serie di lucernai. embedded in the ground also receive abundant illumination thanks to a series
Sopra: una delle due sale per la ristorazione con affaccio sulle vigne of skylights. Above: one of the two dining rooms overlooking the vineyards
 Aires Mateus e Associados
Musée de L’Elysée + MUDAC,
Photo © Aires Mateus Associados

Lausanne, Switzerland, 2021

Il cubo bianco unisce due istituzioni storiche ed è segnato sulle
facciate da una faglia che enfatizza la presenza dello spazio
pubblico interno e separa aree con diverse esigenze di luce /
Uniting two historic institutions, the white cube has a fault line on its
facades emphasising the internal public space and separating the
museums that require different kinds of lighting
38 ARCHITETTURA
L’edificio, nuova sede congiunta del Musée de l’Elysée
e del Musée cantonal de design et d’arts appliqués
contemporains (MUDAC), fonda i principi della propria
strategia a partire dalla sua collocazione. In quest’area,
le due istituzioni si accompagnano infatti a una terza, il
Musée cantonal des Beaux-Arts (MCBA) disegnato da
Barozzi Veiga e aperto nel 2019. Queste strutture sono il
cuore del nuovo quartiere museale collocato nella zona
dell’antica stazione ferroviaria, che è stato inaugurato lo
scorso giugno e che oggi porta il nome di Plateforme 10.
Il progetto enfatizza la centralità assegnata allo spazio
pubblico attraverso il gesto architettonico che permette
di estenderlo all’interno dell’edificio.
La struttura si materializza in un cubo bianco diviso
in due: nella parte inferiore è collocato il Musée
de l’Elysée, dedicato alla fotografia, che si apre su
alcune corti in maniera controllata, mentre il MUDAC
ne occupa la porzione superiore, aperta alla luce
zenitale. Il programma dei due musei, che detta
quindi due esigenze d’illuminazione radicalmente
differenti, è così conciliato nell’unico volume. Il vuoto
centrale che separa i due blocchi accoglie tutte le
funzioni pubbliche, avvicinando quanto più possibile i
visitatori agli spazi espositivi: basta salire o scendere
di un piano, in modo semplicissimo, diretto e intuitivo.
Questo vuoto di grande trasparenza è stato progettato
come una topografia in cui il soffitto si allontana e si
avvicina rispetto al suolo, dove si concentrano tutti gli
ambienti pubblici comuni: la caffetteria, la libreria, la sala
d’ingresso e i servizi igienici. In facciata, questo spazio si
trasforma in una faglia orizzontale.
Tutte le aree di servizio dei musei – archivi, magazzini,
laboratori e uffici – sono concentrate in un corpo
distaccato che s’inserisce tra il livello superiore e
quello inferiore del sito, in modo da non porre ostacoli
visivi alla connessione tra la città e il lago. Questo
volume periferico è realizzato in cemento grigio,
simile al colore della città, e fa risaltare bianco l’edificio
espositivo, che invece si staglia su ciò che lo circonda.
Il progetto ha anche un’ambizione costruttiva, ovvero
quella di sollevare un cubo di 43 m di lato in modo che
“riesca a volare” su tre soli punti invisibili. È un’impresa
suddivisa tra più strutture che lavorano in trazione
e in compressione, e che arrivano a sostenere una
massa notevole. I punti di appoggio sono annegati nella
topografia della faglia, nei punti in cui il soffitto e il suolo
si incontrano. Questi ultimi hanno quindi una funzione
statica e permettono anche l’integrazione degli accessi
verticali e degli impianti. (dalla relazione di progetto)
domus 1071 Settembre September 2022
• The building, which forms the new joint premises
of the Musée de l’Elysée and the Museum of
Contemporary Design and Applied Arts (MUDAC), rests
on principles derived from its location. In the same area,
the two institutions are joined by a third, the Musée
Cantonal des Beaux-Arts (MCBA), which was designed
by Barozzi Veiga and opened in 2019. Located on the
site of an old railway station, these facilities are at the
heart of a new museum quarter. Inaugurated last June,
it is now called Plateforme 10.
The architectural project stresses the centrality of
public space and brings it inside the building. The
structure is shaped as a white cube divided into two
sections. The lower part houses the Musée de l’Elysée,
devoted to photography, which opens onto a set of
courtyards in a controlled manner, while the upper
portion contains the MUDAC and is open to overhead
light. In this way, a single volume reconciles the
programme of both museums, with their need for two
different kinds of lighting.
The central void separating the two blocks hosts all the
public functions, bringing visitors as close as possible
to the exhibition spaces. One simply goes up or down
one floor in a direct and intuitive way.
This highly transparent void was designed as a
topography in which the ceiling descends and
approaches the ground, where all the common public
areas are concentrated: cafeteria, library, entrance
hall and toilets. In the facade, this space appears
as a horizontal fault line. All the service areas of the
museums – archives, storage spaces, laboratories
and offices – are positioned in a single detached
structure that fits in between the upper and lower levels
of the site, so as to avoid creating obstacles to the
visual connection between the city and the lake. This
peripheral volume is built of grey concrete, imitating
the colour of the city, and is juxtaposed with the white
concrete cube of the exhibition building, which therefore
stands out against its surroundings.
The project also has a constructional ambition, namely
to elevate a cube measuring 43 metres on each side
so that it appears to hover, resting on just three invisible
points. This feat is achieved by subdividing the support
of a considerable mass between several structures
that work in traction and compression. The supports
are drowned in the topography of the fault line, at points
where ceiling and ground meet. These have a static
function, while also embodying the vertical connections
and systems. (from the architects’ project description)
Tutti i materiali di progetto/
All project materials
© Aires Mateus e Associados
Tutte le foto/All photos
© Juan Rodriguez
domus 1071 Settembre September 2022
A A
0 10M
PIANTA DEL PIANO TERRA / GROUND-FLOOR PLAN
SEZIONE AA / SECTION AA
Pagine 36-37: vista complessiva dell’edificio dalla piazza antistante.
Pagina a fronte, a destra: tre viste delle facciate solcate dalla faglia.
A sinistra: la scala lambisce a nord la piazza su cui insiste l’intervento e connette
la città all’ex area ferroviaria del Plateforme 10. Quest’ultima, oltre ai tre musei
cantonali MUDAC, Photo Elysée e MCBA comprende le fondazioni Toms Pauli e Félix
Vallotton, formando una cittadella dell’arte di circa 25.000 m2. In questa pagina:
dettagli della topografia interna dal piano terra, dalla vocazione pubblica
ARCHITECTURE 39
•Pages 36-37: overall view of the building from the square in front of it.
Opposite page, right: three views of the facades scored by the fault line.
Left: a flight of steps to the north skirts the square of the new centre and links
the city to the former railway site of Plateforme 10. As well as the three cantonal
2
museums MUDAC, Photo Elysée and MCBA, this area contains the Toms Pauli and
Félix Vallotton foundations, forming an arts hub of about 25,000 m2. This page:
details of the internal topography on the ground floor, conceived as a public space
40 ARCHITETTURA domus 1071 Settembre September 2022

Sopra: esploso assonometrico della struttura suddivisa in piani. In alto a destra: Musée de L’Elysée + MUDAC, Ingegneria/Engineering
la scala che dal piano terra conduce agli spazi espositivi del primo piano. Losanna, Svizzera / Lausanne, Switzerland AFAconsult
Photo Elysée e MUDAC, fondati nel 1985 e nel 1967, con questo intervento hanno Committente/Client
raddoppiato la loro superficie espositiva, oggi a 1.400 e 1.500 m2 rispettivamente. Progetto/Project
Canton de Vaud
Il museo di fotografia include anche LabElysée, uno spazio per la sperimentazione Aires Mateus e Associados
digitale. In basso e nella pagina a fronte: diverse viste del piano terra Superficie del sito/Site area
Responsabili di progetto/Project architects
6,400 m2
Francisco Caseiro
•Above: exploded axonometric projection of the structure divided into floors.
Gruppo di progettazione/Design team
Superficie costruita totale/Built area
Above right: the stairway leading from the ground floor to the first-floor exhibition 14,300 m2
Inês Monteiro, Mariana Mayer, Charles
spaces. With this project, the Photo Elysée and MUDAC, founded in 1985 and Cossement, Daniel López, Bernardo Sousa, Fase di progetto/Design phase
1967, have doubled their exhibition spaces, today covering 1,400 and 1,500 m2 Luz Jiménez, Christophe Gourdier, Nicole Addati, 2015-2017
respectively. The photography museum includes LabElysée, a space for digital Andrea Auerbach, Diogo Castro Guimarães,
experimentation. Below and opposite page: various views of the ground floor Fase di costruzione/Construction phase
Leonardo Marchesi, Vega Solaz Soler,
2017-2021
João Ortigão Ramos, Josh Ehrlich,
Théophile Legrain, Olga Sanina, Ana Rita Rosa, www.airesmateus.com
Paulo Pina, María Morales, Carolina Coppola,
Isabella Pagliuca, Luís Norton dos Reis
domus 1071 Settembre September 2022 ARCHITECTURE 41
42 ARCHITETTURA
In queste pagine: viste della topografia interna realizzata attraverso superfici di
forma irregolare di cemento bianco. La struttura e gli impianti sono mimetizzati
nei tre punti in cui il pavimento e il soffitto del piano terra si congiungono. Il vuoto
interno dell’edificio al pianterreno è stato parte del concept di progetto fin dal
concorso internazionale di progettazione vinto dallo studio portoghese nel 2015
domus 1071 Settembre September 2022
•These pages: views of the internal topography created with irregularly shaped
white concrete surfaces. The structure and utilities are camouflaged in the three
points where floor and ceiling of the ground floor meet. The building’s internal
ground-floor void has been part of the design concept since the international
design competition won by the Portuguese practice in 2015
 Attelier Data
Cassa Mãe, Alcácer do Sal,
Alentejo, Portu
ugal,, 202
21

Photo Paulo Jorge Dias

Il recupero e l'ampliamento della residenza parte di una ex
tenuta agricola enfatizzano le caratteristiche signorili
dell’esistente, dando vita a una nuova relazione con il paesaggio /
The renovation and enlargement of the residence, part of a former
agricultural estate, highlight the manor-like character of the existing
building and create a new relationship with the landscape
46 ARCHITETTURA
Questo intervento, successivo alla conversione delle stalle a uso
residenziale nel 2012, rappresenta la seconda fase di un piano mirato a
riqualificare il Sítio da Lezíria, una ex tenuta agricola ad Alcácer do Sal.
L’approccio che abbiamo scelto è quello di adattare la costruzione
esistente a nuove funzioni, introducendo un un'addizione in continuità
con gli elementi già presenti sul sito. Seguendo questa logica, il
progetto intende fondere due periodi temporali, sovrapponendo e
conciliando spazi, materiali e identità. Di conseguenza, il suo sviluppo è
orientato in base a due strategie fondamentali.
In primo luogo, utilizzare il restauro come strumento per reinterpretare
il carattere padronale dell'edificio, che si manifesta nella successione
degli spazi esterni e delle piattaforme che conducono all'ingresso,
nella semplicità ritmica delle facciate, nella comunicazione continua
tra i vani interni, nella presenza di grandi camini e negli alti soffitti che
vengono enfatizzati dal nostro intervento.
In secondo luogo, inserire un nuovo volume lungo il lato sud-est
dell'edificio esistente, per consentire una nuova organizzazione degli
interni. Dal punto di vista programmatico, la distribuzione degli ambienti
tiene conto della struttura in legno e della sua metrica, e si basa sul
ruolo centrale degli spazi comuni. Per questo, il grande spazio formato
dalla cucina e dalla sala da pranzo costituisce il nucleo della casa,
da cui derivano tutti gli altri ambienti. L'importanza di quest'area non
è evidenziata solo dal suo volume interno, ma anche dall'estensione
della zona giorno verso l'esterno grazie all'incorporazione di una
pergola a sud-ovest che rafforza il rapporto con il paesaggio
circostante. L'ingresso si trova sul lato nord, insieme ai servizi principali,
che comprendono i bagni, la lavanderia e il ripostiglio. Il nuovo volume
è organizzato attorno a due patii, che consentono di dotare ciascuna
camera da letto di uno spazio esterno riservato.
L'intervento recupera tecniche costruttive e materiali tradizionali
come l'argilla, terracotta per il tetto e ceramica per i pavimenti; la calce,
applicata alle pareti esterne; il mosaico idraulico, che delimita alcuni
spazi di passaggio; e il legno, recuperato nel pavimento del grande
soggiorno. Come elemento compositivo del nuovo volume, il disegno
di un elemento poroso ispirato al cobogó brasiliano è utilizzato sulla
facciata sud-est per creare un gioco dinamico di luci e ombre che
ravviva i patii e gli spazi interni attraverso una geometria triangolare
che si ripete anche nei pavimenti e nelle partizioni lignee interne.
(dalla relazione di progetto)
Pagine 44-45: la struttura rinnovata, realizzata nel XIX secolo come
residenza signorile di una tenuta agricola estesa su 14 ha. Nel 2012,
Atelier Data era già intervenuto sulla trasformazione del volume delle
stalle in abitazione. In questa pagina, dall'alto: la facciata sud-ovest
con la pergola; il fronte ovest in relazione con la topografia del sito.
Pagina a fronte: dettaglio della copertura in cannicciato del garage
13
4 5 6 12
B B
4 7 6 5
8 3 2 1
4
domus 1071 Settembre September 2022
• Following the conversion of the stables into housing in 2012, this Tutti i materiali di progetto/
project represents the second phase of a scheme to redevelop the All project materials
© Atelier Data
Sítio da Lezíria, a former agricultural property in Alcácer do Sal. Tutte le foto/All photos
The approach that we adopted was conceived to adapt the existing Richard John Seymour
construction to new functions while introducing an extension in
continuity with the elements already on the site. Following this logic,
the project aims to merge two temporal periods by superimposing and
reconciling spatialities, materialities and identities. As a consequence,
the project’s development is oriented around two fundamental
strategies. Firstly, it uses restoration as a way of reinterpreting the
building’s manor-like character, which can be seen in the succession of
exterior spaces and platforms leading to the entrance, in the rhythmic
simplicity of the facades, in the continuous communication between
the interior compartments, in the presence of large chimneys, and
in the high ceilings that are emphasised by our project. Secondly,
the addition of a new volume along the south-east side of the
existing building allows for a new organisation of the interiors. From
a programmatic viewpoint, the distribution of the spaces takes into
consideration the wooden structure and its metric, and is based on the
central role played by the common areas. Accordingly, the large space
formed by the kitchen and dining room constitutes the core of the
house, from which the remaining rooms are derived. The importance
of this area is not only highlighted by its interior volume but also by
the extension of the living and dining area into the exterior, thanks to
the incorporation of a pergola to the south-west that intensifies the
relationship with the surrounding landscape. The entrance is located
on the north side, together with core services including the bathrooms,
laundry and storage spaces. The new volume is organised around two
patios, which allow each of the suites to be endowed with a private
outdoor space. The intervention recovers traditional construction
techniques and materials such as terracotta for the roof and ceramic
for the floors; lime, which was applied to the exterior walls; hydraulic
mosaic, which demarcates some of the passageway areas;
and wood, which was recovered in the floor of the large living room.
As a compositional element of the new volume, the design of
a porous element with a triangular geometry, inspired by Brazilian
cobogó, is used on the south-east facade to create a dynamic
interplay of light and shade that brings life to the courtyards and
adjoining interior spaces. (from the architects’ project description)
•Pages 44-45: the renovated structure, built in the 19th century as
the manor house of a 14-hectare agricultural estate. In 2012, Atelier
Data had already worked on the conversion of the stables into
housing. This page, from top: the south-west facade with the pergola;
the west front in relation to the site’s topography. Opposite page:
detail of the reed and plaster latticework of the garage roof
1 Ingresso/Entrance
2 Bagno/Toilet
3 Lavanderia/Laundry
4 Patio
5 Cabina armadio/Closet
6 Camera da letto/Bedroom
7 Stanza da bagno/Bathroom
8 Locale tecnico/Technical area
9 Sala da pranzo/Dining room
10 Cucina/Kitchen
11 Soggiorno/Living room
12 Ufficio/Office
13 Pergola
9 10 11
0 1M PIANTA DEL PIANO TERRA / GROUND-FLOOR PLAN
A
domus 1071 Settembre September 2022 ARCHITECTURE 47
48 ARCHITETTURA domus 1071 Settembre September 2022

In questa pagina: il soggiorno del volume esistente. Pagina a fronte, dall’alto Casa Mãe, Alcácer do Sal, Alentejo, Progettazione paesaggistica/Landscape design
a sinistra in senso orario: l’ingresso nell’ampliamento; uno dei patii con muro Portogallo / Portugal Polen
perimetrale ispirato al cobogó brasiliano, mattone forato in grado di lasciare Impresa edile/Contractor
passare luce e aria; dettaglio di una partizione lignea interna. Pagine 50-51: Progetto/Project
Gilberto Construções
la ripetizione di una geometria triangolare in una zona notte e nel patio adiacente; Atelier Data
la successione degli ambienti sottolinea il ritmo della struttura lignea originaria Superficie del sito/Site area
Responsabile di progetto/Project architect
124,250 m2
Filipe Rodrigues
•This page: the living room in the existing volume. Opposite page, clockwise from
Gruppo di progettazione/Design team
Superficie costruita totale/Built area
top left: the hallway of the extension; one of the patios with outer wall inspired by 348 m2
Filipe Rodrigues, Inês Vicente, Marta Frazão,
the Brazilian cobogó, perforated brick that lets in light and air; detail of an inner Emmanuel Novo, Joana Melo, Francisco Libório, Fase di progetto/Design phase
wooden partition. Pages 50-51: a triangular pattern repeated in a bedroom and Filipa Neiva, Rafael Gomes 2015-2016
adjacent patio; the sequence of rooms emphasises the rhythm of the original
wooden structure Ingegneria e impianti/Engineering, plumbing and HVAC Fase di costruzione/Construction phase
NCREP 2017-2021
www.atelierdata.com

3 2 1 1 Ingresso/Entrance
2 Cucina/Kitchen
3 Pergola
4 Garage
0 1M SEZIONE AA / SECTION AA 5 Patio
4 6 Cabina armadio/Closet
7 Camera da letto/Bedroom
8 Ufficio/Office
9 Sala da pranzo/Dining room
10 Cucina/Kitchen
11 Soggiorno/Living room

5 6 7 8 9 10 11

SEZIONE BB / SECTION BB
domus 1071 Settembre September 2022 ARCHITECTURE 49
50 ARCHITETTURA domus 1071 Settembre September 2022
domus 1071 Settembre September 2022 ARCHITECTURE 51
domus 1071 Settembre September 2022 ARCHITECTURE 53

Carvalho Araújo
Casa na Caniçada
Vieira do Minho, Portugal, 2020

Il volume monomaterico di calcestruzzo connette visivamente il vicino

specchio d’acqua e il bosco attraverso ampie aperture vetrate e sviluppa
un programma abitativo su tre piani che gioca con la topografia del sito /
The single-material concrete volume visually relates to the nearby reservoir
and the forest through large glazed openings, while the living spaces arranged
on three storeys play with the topography of the site

Pagina a fronte: la facciata nord della residenza, rivolta verso la riserva d’acqua. • Opposite page: the north facade of the house facing the reservoir.
In questa pagina: tre viste complessive della casa nel contesto mostrano la This page: three general views of the house in its context showing the relationship
relazione fra la topografia del sito e l’edificio. Al piano inferiore, il lato meridionale between the topography of the site and the building. The south side of the lower
è incassato nel suolo, permettendo l’accesso dal piano intermedio floor is embedded in the ground, while the entrance is located on the middle floor
54 ARCHITETTURA
Casa na Caniçada è una residenza vacanze situata in una fitta area
boschiva presso il lago artificiale di Caniçada a Vieira do Minho, nel
distretto di Braga. La costruzione sorge su un declivio di 3.000 m2 e
sfrutta la topografia del sito per organizzare la distribuzione spaziale,
che si sviluppa su tre livelli accogliendo il programma tradizionale di
una casa unifamiliare. L’edificio sostituisce una vecchia costruzione,
utilizzata come riferimento per le proporzioni del nuovo volume
monolitico di cemento, coronato da un tetto a falde.
All’abitazione si accede dal piano intermedio, particolarmente
espressivo grazie a un’ampia zona giorno open-space e alle due
aperture a tutt’altezza su facciate opposte, una sul lato d’ingresso,
l’altra che incornicia la vista sul lago artificiale. L’interno è dominato
da un caminetto scultoreo e minimalista incassato nella parete ovest,
mentre il lato est ospita gli spazi di circolazione. Le due partizioni in
vetro creano un senso di continuità tra interno ed esterno, e una
permeabilità visiva attraverso il sito lungo il percorso di avvicinamento.
La zona notte è all’ultimo piano e ospita due camere da letto
matrimoniali e due singole, disposte in modo speculare.
Questo piano è dotato di due lucernari che forniscono luce agli interni.
Le aree comuni sono ospitate nei due piani inferiori: la cucina e la sala
da pranzo sono in parte incassate nel fianco della collina, al piano
più basso, dove la casa si apre verso il sito invitando a godere del
paesaggio circostante. All’esterno, l’intervento è stato ridotto al minimo
per preservare la densità della vegetazione, garantendo la sensazione
di protezione fornita dall’ambiente naturale circostante.
Il percorso che conduce alla casa è composto da una sequenza di
ampi gradini di cemento. L’edificio è affiancato da due piattaforme, una
più piccola all’ingresso e una più grande al piano inferiore, che fungono
da estensione degli spazi abitativi. (dalla relazione di progetto)
La casa è particolarmente espressiva al piano
intermedio grazie all’ampia zona giorno e alle due
aperture a tutt’altezza che incorniciano il paesaggio
The house is particularly expressive on the middle floor
thanks to its large, open-space living area and two
full-height openings that frame the landscape
domus 1071 Settembre September 2022
• Casa na Caniçada is a holiday home located in a densely wooded Tutti i materiali di progetto/
area next to the Caniçada reservoir in Vieira do Minho, in the district All project materials
© Carvalho Araújo
of Braga. The residence sits on a sloping site of 3,000 square metres Tutte le foto/All photos
and plays with the topography to give shape to the layout, which © NUDO
is spread over three levels and accommodates the traditional
programme of a single-family house. The building replaces an older
construction that served as a reference for the proportions of the
new monolithic concrete volume, which is crowned by a pitched roof.
The building is accessed from the middle floor, where the house is
particularly expressive thanks to its large, open-space living area and
two full-height openings on the two opposite long facades, one on the
entrance side and the other framing the landscape overlooking the
reservoir. This interior is dominated by a minimalistic yet sculptural
fireplace built into the west facade, while the east facade hosts the
circulation spaces. The two glass partitions create a greater sense of
continuity between interior and exterior as well as visual permeability
through the site. The night area is situated on the top floor and hosts
two master and two single bedrooms in a mirror-like plan. This floor
is equipped with two skylights that provide ample illumination for the
interiors. The social areas are arranged on the two lower floors.
The kitchen and dining room on the bottom floor are partly embedded
in the hillside. Here, the house opens onto the site as an invitation
to enjoy the landscape. In the exterior space, the intervention was
minimised to preserve the density of the vegetation, ensuring the
feeling of protection provided by the natural surroundings.
The path leading to the house is composed of a series of large
concrete steps. The building is flanked by two platforms, a smaller
one by the entrance and a bigger one by the bottom floor, acting as
extensions of the living spaces. (from the architect’s project description)
0 10M SEZIONE AA / SECTION AA
domus 1071 Settembre September 2022
0 1M PIANTA DEL PIANO INTEMEDIO / MIDDLE-FLOOR PLAN
In questa pagina: il fronte meridionale della residenza. La trasparenza data
dai serramenti a tutt’altezza al livello intermedio consente di attraversare con
lo sguardo l’ambiente, caratterizzato dalla presenza di un camino e di una
scala, addossati sulle pareti più corte. La perentoria monomatericità rende
il volume astratto rispetto al paesaggio circostante, con cui vengono
però stabilite delle fitte relazioni mediante le aperture e le sistemazioni esterne
PISO 0 / 0 FLOOR
ARCHITECTURE 55
•This page: the south front of the house. The transparency created by the
full-height windows on the middle floor opens up sight lines through the interior,
which is characterised by a fireplace and a staircase set against the shorter walls.
The assertively mono-material building stands as an abstract volume in relation
to its natural surroundings, but it establishes close ties to the landscape through
the windows and layout of the exterior spaces
56 ARCHITETTURA domus 1071 Settembre September 2022

Casa na Caniçada, Vieira do Minho,

Portogallo / Portugal

Progetto/Project
Carvalho Araújo
Responsabili di progetto/Project architects
José Manuel Carvalho Araújo
Gruppo di progettazione/Design team
Joel Moniz, Alexandre Branco, Hélder Ferreira,
João Lago, Tiago Almeida, Sandra Ferreira
Ingegneria e impianti/Engineering, plumbing and HVAC
Profijecto Engenharia
Illuminotecnica/Lighting design
Alfilux
Progettazione paesaggistica/Landscape design
João Bicho e Joana Carneiro – Arquitectura
Paisagista
Altri consulenti/Other consultants
OTIIMA by Ecosteel (serramenti/windows)
Impresa edile/Contractor
Pedrabelt Construções
Superficie del sito/Site area
3,000 m2
Superficie costruita totale/Built area
242 m2
Fase di progetto/Design phase
2016
Fase di costruzione/Construction phase
2018-2020
www.carvalhoaraujo.com

Sopra: la scala all’ultimo piano è sovrastata da un soffitto che ricalca la doppia falda esterna, la cui forma
è sottolineata da una striscia continua di luce artificiale. A destra e nella pagina a fronte: vista del corridoio
e delle camere singole al piano più alto. Quest’ultimo è caratterizzato da un impianto planimetrico
speculare, definito da partizioni vetrate a cui si sovrappongono delle tende per assicurare maggiore privacy

• Above: the stairs leading to the upper floor are surmounted by a ceiling that follows the line of the pitched roof,
whose form is accentuated by a continuous strip of artificial light. Right and opposite page: view of the corridor
and the single rooms on the top floor. This level has a specular plan, marked out with glazed partitions that are
fitted with curtains to ensure greater privacy
58 ARCHITETTURA domus 1071 Settembre September 2022

Pancho Guedes,
Ressano Garcia Arquitectos
Voice of the Sea
Sagres, Algarve, Portugal, 2015

Concepita come temporanea dal maestro portoghese, l’installazione è stata

resa permanente da Ressano Garcia, lasciando intatta la sua capacità
di amplificare i suoni provenienti da una faglia che comunica con l’oceano /
Conceived as a temporary installation by the Portuguese master, it has now
been made permanent by Ressano Garcia, leaving intact its power to amplify
the sounds originating from a fault line that communicates with the ocean
domus 1071 Settembre September 2022 ARCHITECTURE 59
60 ARCHITETTURA
L’intervento originale risale al 2010, quando l’architetto
Pancho Guedes e Pedro Garcia, commissario del
programma di arte contemporanea Allgarve, lo
pensarono come installazione temporanea mirata a
intensificare l’esperienza del promontorio di Sagres
e a valutarne l’impatto culturale. Nel 2015 siamo stati
incaricati di riqualificare il progetto, trasformandolo da
temporaneo a permanente. La forma del labirinto evoca
aspetti simbolici in un luogo che, fin dall’antichità, è
stato visto come l’estremo margine del mondo, il punto
in cui ha termine il Mediterraneo, dove si diceva che il
tramonto si annunciasse col fragore di un boato.
Situato all’intersezione tra la fine della terraferma
e l’inizio della distesa delle acque, il sito è l’angolo
estremo del Paese. L’intervento si compone di quattro
anelli centrati sulla faglia geologica, con pareti che si
alzano gradualmente, restringendosi e avvicinandosi
al centro, per poi ingrandirsi verso l’anello centrale, che
funziona come una camera che risuona ritmicamente.
La distribuzione degli spazi offre modi diversi per
raggiungere il nucleo, destinazione del visitatore. La
pavimentazione dei percorsi tra le pareti mantiene un
carattere permeabile, in modo da non danneggiare il
suolo del promontorio, mentre l’ingresso è rivolto a sud,
verso l’oceano. La presenza del suono prodotto dalle
maree, assieme alle pareti che crescono in altezza,
disegna il percorso di scoperta del luogo. È un progetto
acustico caratterizzato dall’intensità dei riverberi, che
rivela un punto in cui il mare si percepisce letteralmente
sotto i piedi, esaltando una dimensione nascosta.
Il titolo dell’intervento contiene una metafora e stabilisce
un’analogia. Canalizzando il suono creato dal mare
tramite il movimento delle onde come ‘voce’ percepibile
sulla terraferma, si stabilisce un legame diretto con
le onde stesse. Per analogia, anche il suono del mare
sulla terraferma è percepito come un sussurro, come
una voce che suggerisce un richiamo proveniente dal
profondo della Terra, ovvero dalla faglia geologica nella
roccia del promontorio. (dalla relazione di progetto)
0 1M PIANTA / PLAN
domus 1071 Settembre September 2022
• The original intervention dates back to 2010,
when architect Pancho Guedes and Pedro Garcia,
commissioner of the Allgarve contemporary art
programme, conceived it as a temporary intervention
to reinforce the experience of the Sagres promontory
while questioning its cultural impact. In 2015, we were
asked to upgrade the project and transform it from
temporary to permanent. The shape of the labyrinth
evokes symbolic aspects in a place that, since antiquity,
has been seen as the edge of the world, the point
where the Mediterranean ends and it was said that the
sunset produced a crashing sound. The site lies in the
0 10M DIAGRAMMA DEL SITO IN SEZIONE / SECTIONAL DIAGRAM OF THE SITE furthermost corner of Portugal, where the land gives
way to the expanse of the sea.
The intervention consists of four rings centred around
the geological fault. Its walls rise gradually, becoming
narrower and closer towards the centre, before
growing in the central ring that functions as a chamber
of rhythmically resonating sound. The layout offers
several ways to reach the centre, which is the visitor’s
destination. The paving of the paths between the walls
retains a permeable character so as not to harm the
promontory soil. The installation’s entrance, meanwhile,
faces south towards the immensity of the ocean.
The rhythmic presence of sound produced by the tides,
together with the walls that rise in height, traces a path
that leads to the discovery of the place. It is an acoustic
project characterised by the intensity of reverberations,
revealing a place where, literally, the sea is felt beneath
one’s feet, celebrating a hidden dimension.
The project’s title contains a metaphor and establishes
an analogy. By channelling the sound created by
the waves of the sea as a “voice” that is audible on
the land, a humanised bond is established with the
waves themselves. By analogy, the sound of the sea
on the land is perceived as a whisper, like a voice that
suggests a calling originating from the inner depths
of the Earth, from the geological fault in the rock of the
promontory. (from the architects’ project description)
Tutti i materiali di progetto e le foto/
All project materials and photos
© Ressano Garcia Arquitectos
domus 1071 Settembre September 2022
Pagine 58-59: in alto, l’installazione nel contesto e, in basso, avvicinamento alla
struttura dal percorso. Pagina a fronte. Al centro: modello di studio in sezione con la
faglia sottostante. A destra, dall’alto: un edificio parte del complesso della fortezza
di Sagres con La voce del mare sullo sfondo e un dettaglio del paesaggio.
In questa pagina. Sopra: Punta di Sagres. Sotto: vista generale del volume
ARCHITECTURE 61
•Pages 58-59: top, the installation in its context and, bottom, the approach to the
structure from the path. Opposite page. Centre: study model in section with the
fault line below. Right, from top: a building that forms part of the Sagres fortress
complex with the Voice of the Sea in the background and a detail of the landscape.
This page. Above: Sagres Point. Below: overall view of the volume
62 ARCHITETTURA
In questa pagina: viste di dettaglio. Le superfici,
in origine di mattoni a vista, sono state rivestite
interamente d’intonaco per resistere alle condizioni
avverse del sito, in particolare alla salsedine.
Pagina a fronte: il cerchio più interno, dove è stata
sostituita la griglia metallica al di sopra della faglia
domus 1071 Settembre September 2022
La voce del mare / Voice of the Sea
Sagres, Algarve, Portogallo / Portugal
Progetto/Project
Pancho Guedes (autore/author)
Ressano Garcia Arquitectos (commissario/commissioner)
Responsabili di progetto/Project architects
Ressano Garcia Arquitectos
(costruzione/construction 2010, ristrutturazione/renovation 2015)
Gestione progetto e direzione lavori della ristrutturazione/
Project management and site supervision of the renovation
Pedro Ressano Garcia
Impresa edile della ristrutturazione/Renovation contractor
Paulo Jorge
Committente/Client
Allgarve
Superficie del sito/Site area
225,000 m2
Superficie costruita totale/Built area
327 m2
Costo/Cost
€ 57,587
Date/Dates
2010 (progettazione e costruzione/design and construction)
2015 (ristrutturazione/renovation)
www.ressanogarcia.com
•This page: detailed views. The surfaces, which
were originally composed of exposed brick, were
all entirely covered with plaster to withstand the
adverse conditions of the site, in particular the salt air.
Opposite page: the innermost circle, where the metal
grid above the fault line was replaced
PROSPETTO SUD / SOUTH FACADE
0 1M
SEZIONE AA / SECTION AA
domus 1071 Settembre September 2022 ARCHITECTURE 63
64 ARTE domus 1071 Settembre September 2022

Álvaro Siza
La lezione del Taccuino Getty /
The lesson of the Getty Sketchbook
© Álvaro Siza Archives

Peter Testa

Tramite gesti di anticipazione e memoria su taccuini in formato

A4, l’architetto portoghese affina i suoi progetti. Un metodo
di lavoro peculiare che illustra i principi della sua architettura /
The Portuguese architect refines his projects through gestures
of anticipation and memory in A4 sketchbooks. A unique working
method that illustrates the principles of his architecture

Osservare i disegni di Álvaro Siza scelti per questo numero di Domus
mi riporta alla nostra collaborazione per il progetto della Villa Getty.
In uno dei suoi primi viaggi a Los Angeles, esplorai con Siza l’accidentato
terreno di un canyon di Malibu che dava sul pacifico, in cui J. Paul
Getty voleva incuneare un surrogato di villa romana ispirata alla Villa
dei Papiri di Ercolano1. Il nostro viaggio fu non venne pianificato, non
seguivamo un preciso itinerario, eravamo in continuo movimento
camminando, osservando, facendo schizzi. Il progetto per Villa Getty
non fu elaborato, ma piuttosto svelato gradualmente grazie
a oltre 100 schizzi e disegni commentati, che alla fine vennero presentati
come portfolio per la candidatura al concorso2.
Nel suo insieme, il Taccuino Getty presenta una metafora che
illustra i principi dell’architettura e del metodo di lavoro di Siza. Attraverso
i suoi occhi, un territorio indefinito veniva compresso, in tutta la
sua imprevedibile eterogeneità, nel formato bidimensionale di un
taccuino formato A4. Nelle linee e nei segni della pagina tutto
era in movimento: gerarchie e distinzioni tra sopra e sotto, tra reale
e immaginario, venivano ricomposte, riorganizzate e ridisegnate3.
Per Villa Getty, Siza realizzò disegni che “non avevano un punto di vista”
frutto di un gesto fatto di anticipazione e di memoria. Seguendo un
procedimento familiare, i disegni di Malibu vennero poi montati nello
studio di Porto insieme con altri strumenti e materiali: carte topografiche,
aree funzionali, disegni quotati, stampe da computer, modelli di studio
e collezioni museali. Per Siza, l’apparente rigidità del sistema delle
coordinate euclidee e il “progetto cartaceo” tramite il quale l’architettura
parla a se stessa, forniscono una struttura alla sua impostazione
estetica che trascende all’infinito le categorie della soggettività e
dell’oggettività. Nel progetto di Villa Getty e nell’insieme del corpus delle
sue opere, il punto di vista di Siza rifiuta la separazione platonica tra falsa
apparenza e vera essenza. La sua “macchina fotografica virtuale” è un
dispositivo per la conoscenza nel quale i processi di vedere, osservare
e catturare immagini sono in sincrono, non sono un unico punto di vista.
Questa serie diacronica fonde la fase di cattura e sovrapposizione4.
Questi disegni di vibrante autenticità suscitano il consenso di Derrida:
“I disegnatori e i pittori, soprattutto quelli grandi, non offrono ‘qualcosa
da osservare’: danno visibilità al vedere, che è insieme qualcosa
d’altro, ed è assolutamente irriducibile al visibile, che resta invisibile”5.
• Looking over the drawings by Álvaro Siza seleted for this issue Peter Testa
of Domus reminds me of our collaboration for the Getty Villa project. Nato a Lisbona nel 1952, è
socio fondatore e responsabile
In one of Siza’s earliest trips to Los Angeles, he and I explored progetti di Testa & Weiser e
the rugged terrain of a Malibu canyon overlooking the Pacific and into docente alla facoltà di Design
which J. Paul Getty shoehorned an ersatz Roman villa inspired di SCI-Arc. Si è laureato in
by the Villa of the Papyri at Herculaneum.1 Our journey was an architettura al Massachusetts
Institute of Technology. Ha
uncharted, mapless experience of continuous movement (walking, tenuto numerose conferenze
surveying, sketching). The “project” was not so much designed e ha insegnato al MIT,
as revealed in over 100 annotated sketches and drawings ultimately alla Columbia University
submitted as the competition entry sketchbook.2 e all’Università di Harvard.
La sua raccolta di saggi
Taken as a whole, The Getty Sketchbook offers a metaphorical e progetti Robot House
allegory that illustrates principles of his architecture and working è stata pubblicata da
method. Through Siza’s gaze, the unbounded territory in all its Thames & Hudson nel 2018.
unforeseeable heterogeneity was collapsed into the flat frame
of the A4 sketchbook. In the lines and marks on the page • Born in Lisbon in 1952,
Testa is a founding partner
everything was in flux – hierarchies and distinctions between up and design principal at Testa
and down, real and imaginary, were subject to being reshuffled, & Weiser, and Senior Design
recomposed and redrawn.3 Faculty at SCI-Arc. He holds
a Bachelor of Architecture
At the Getty, Siza produced “sightless” drawings – a performance and Master of Science in
embedded in anticipation and memory. Following a familiar Architecture (History/Theory)
pattern, the Malibu drawings were later assembled in the Porto from the Massachusetts
office alongside other instruments and media: topographic maps, Institute of Technology. He
lectures widely and has taught
programmatic areas, measured drawings, computer printouts, study at MIT, Columbia University
models and museum collections. For Siza, the apparent rigidity of and Harvard University.
the Euclidean coordinate system and the “paper project” by which His collection of essays
and projects, Robot House,
architecture speaks to itself provides a structure to his aesthetic was published by
mode that infinitely exceeds categories of subjectivity and objectivity. Thames & Hudson in 2018
In the Getty Villa project, and his body of work as a whole, Siza’s
way of seeing rejects the Platonic split between false appearance
and true essence. His “virtual camera” is a gnostic machine
in which seeing, looking and capturing happens all at once rather
than a single point of view. The diachronic series dissolves into parallel
capture and superposition.4 These vibrantly authentic drawings
manifest Derrida’s approbation, “Draftsmen, and painters, especially
the great ones do not give ‘something’ to see; they give visibility to see,
which is something else altogether, which is absolutely irreducible to
the visible, which remains invisible.”5

1 Villa Getty fu progettata da
Robert Langdon ed Ernest Wilson
Jr., e venne inaugurata nel 1974.
2 Il Taccuino Getty è stato
pubblicato integralmente in
Álvaro Siza ⁄ Peter Testa,
J. Paul Getty Villa Malibu, Museu
Serralves, Porto 2003.
3 La nostra proposta progettuale
era incentrata sul movimento
coreografico del sito, che la villa
lasciava sostanzialmente intatto.
L’ingresso pubblico del sito veniva
invertito, partiva dal basso, sulla
Pacific Coast Highway, all’alto,
sopra la villa (da Sunset Boulevard).
Questa sequenza discendente
apriva l’orizzonte del Pacifico
e si concludeva in un ingresso
perpendicolare alla Villa attraverso
una rampa obliqua.
4 Il corpus delle opere di Álvaro
Siza comprende una delle più vaste
collezioni di disegni analitici che
mai un architetto abbia realizzato
nella storia della disciplina.
Il suo significato è accostabile
a quello dei carnet di Le Corbusier
e ai “quaderni azzurri” di Aldo
Rossi. Vedi Peter Testa, On Line:
Álvaro Siza’s Cadernos Pretos,
CCA, Canadian Centre for
Architecture, Montreal 2018.
5 Jacques Derrida, Thinking Out
of Sight, The University of Chicago
Press, Chicago 2020, pag. 43.
1 The Getty Villa was designed
by Robert Langdon Jr. and Ernest
Wilson Jr. and opened in 1974.
2 The Getty sketchbook was
published in its entirety in Álvaro
Siza ⁄ Peter Testa: J. Paul Getty Villa
Malibu (Museu Serralves, Porto
2003).
3 Our design proposal focused
on choreographing movement
with the site and villa left largely
untouched. Public access to
the site was inverted from below
on the Pacific Coast Highway
to high above the villa (off Sunset
Boulevard). This descensional
sequence opened to the horizon of
the Pacific and concluded
in an oblique ramp and cross-axial
entry to the villa.
4 Álvaro Siza’s body of work
includes one of the largest
collections of exploratory drawings
by any architect in the history of the
discipline; its significance parallels
that of Le Corbusier’s carnets and
Aldo Rossi’s quaderni azzurri.
See Peter Testa, On Line: Álvaro
Siza’s Cadernos Pretos, CCA,
Canadian Centre for Architecture,
Montreal 2018.
5 Jacques Derrida, Thinking Out
of Sight, The University of Chicago
Press, Chicago 2020, p. 43.
domus 1071 Settembre September 2022 ARTE 65

In questa pagina / This page: Quinta da Malagueira, Évora, 1977-1995

66 ARTE domus 1071 Settembre September 2022
domus 1071 Settembre September 2022 ARTE 67

Pagina a fronte / Opposite page: Villa Getty, Malibu, California, 1993.

In questa pagina / This page: Fundação Iberê Camargo, 1998-2008
68 ARTE domus 1071 Settembre September 2022
domus 1071 Settembre September 2022 ARTE 69

In queste pagine: edilizia sociale a l’Aja, Olanda, 1983-1998

• These pages: social housing in The Hague, the Netherlands, 1983-1998
70 ARTE domus 1071 Settembre September 2022

In questa pagina. In alto da sinistra: casa residenziale Schlesisches •This page. Top from left: Schlesisches Tor apartment building,
Tor, “Bonjour Tristesse”, Berlino, 1980-1984; ristorante Pico do Areeiro, “Bonjour Tristesse”, Berlin, 1980-1984; Pico do Areeiro restaurant,
Madeira, Portogallo, 1975. Sopra: quartiere Barredo, Porto, 1976. Madeira, Portugal, 1975. Above: Barredo district, Porto, 1976.
Pagina a fronte: quartiere SAAL Bouça, Porto, 1975-1978 Opposite page: SAAL Bouça district, Porto, 1975-1978
domus 1071 Settembre September 2022 ARTE 71
72 DESIGN domus 1071 Settembre September 2022

Umberto Riva

Photo © Nicolò Parsenziani

Il design è architettura, e viceversa
Design is architecture, and vice versa
Gabriele Neri
Materiali, luce e geometria sono la base anche degli ultimi progetti di Riva: la
sede della galleria romana Giustini / Stagetti e gli arredi ideati tra il 2018 e il 2021 /
Materials, light and geometry were still the basis of Riva’s last projects:
the Giustini / Stagetti gallery in Rome and the furnishings he designed between
2018 and 2021
L’ultimo progetto di Umberto Riva (1928-2021), uno dei migliori architetti • The last project by Umberto Riva (1928-2021), one of the finest Italian
italiani della sua generazione, è stato la nuova sede della Galleria architects of his generation, was the design of the new premises of
Giustini / Stagetti a Roma sulla via Gregoriana, strada che nei secoli the Giustini / Stagetti gallery on Via Gregoriana in Rome. Over the
ha ospitato grandi artisti come Federico Zuccari, Alberto Thorvaldsen centuries, this street has been home to great artists such as Federico
e Giovanni Battista Piranesi. Disegnata insieme a Emilio Scarano, Zuccari, Bertel Thorvaldsen and Giovanni Battista Piranesi. Designed
suo braccio destro per oltre un decennio, la galleria è un prezioso together with Emilio Scarano, his right-hand man for over a decade,
saggio sulla rivalutazione di uno spazio minimo (45 m2) e oscuro, the gallery is a refined exercise in how to upgrade a small (45-square-
svolto senza cercare un fugace coup de théâtre, ma affidandosi al metre) and gloomy space, renewed without attempting a fleeting coup
sapiente governo di tre fondamentali dell’architettura: materiali, luce e de théâtre, but relying on the adroit handling of the three fundamentals
geometria. Accostando il pavimento in seminato di Carrara a smalti e of architecture: materials, light and geometry. By combining Carrara
intonaci di calce dall’alchimia variabile, Riva ha infatti chiesto alla luce marble terrazzo flooring with enamels and lime plasters with a variable
di moltiplicare le gradazioni del bianco, in uno spazio che è semplice, alchemy, Riva made use of light to multiply the shades of white, in
ma – grazie a fenditure, diagonali e lievi scarti di sezione – mai banale. a space that is simple yet never banal, given the skilful insertion of
Tra gli ultimi frutti di una carriera durata 60 anni e distintasi per opere clefts, diagonals and slight variations of sections. The last fruits of a
a ogni scala, c’è anche una serie di lampade e arredi ideati proprio per career that spanned 60 years, and that was distinguished by works
la galleria romana, divenuta per Riva – ormai novantenne – un porto on every scale, include a series of lamps and furnishings designed
di quiete per esercitare la propria inquietudine progettuale. Queste especially for the Rome gallery, a quiet haven where Riva, then in his
opere rappresentano l’esito di un approccio al design sviluppatosi 90s, could express his restlessness as a designer. These works are
dentro e fuori i canoni del disegno industriale milanese, parte di una the outcome of an approach to design developed both within and Gabriele Neri
visione artistica in cui pittura, architettura, interni, allestimenti, arredi without the canons of Milanese industrial design, part of an artistic Nato a Milano nel 1982,
e oggetti sono i tasselli inseparabili di un unico grande mosaico. vision in which painting, architecture, interiors, installations, furnishings insegna storia dell’architettura
e del design all’Accademia
Come lui ripeteva spesso: “A volte mi sembra di fare sempre lo and objects were all inseparable pieces of a single great mosaic. As di architettura di Mendrisio
stesso progetto”. Così, in questi pezzi concepiti tra il 2018 e il 2021 he often declared: “Sometimes I feel like I’m always working on the e al Politecnico di Milano.
si rintracciano sia segni stratificati, sia nuove intuizioni risultanti same project.” In these pieces conceived between 2018 and 2021, Tra le sue pubblicazioni
dall’ossessiva interrogazione degli assunti progettuali, delle forme we can trace both stratified signs and new insights stemming from recenti, Umberto Riva. Interni
e allestimenti e Umberto
e dei materiali. Innanzitutto il legno: l’intima diffidenza verso l’angolo the obsessive questioning of design principles, forms and materials. Riva designer, entrambe
retto, per esempio, conduce a sagomare gambe trapezoidali simili Wood first of all. His intimate mistrust of the right angle, for example, edite da LetteraVentidue,
a schegge incastrate (tavolo To-Tondo), ma anche gambe scavate led him to shape trapezoidal legs resembling interlocking splinters (the rispettivamente nel 2017
come scafi in miniatura (tavolo Tav 1). Sempre tre, numero dispari, To-Tondo side table) and legs hollowed out like miniature hulls (the Tav e 2022. Ha curato la mostra
“Forme: Umberto Riva,
dinamico e ‘borrominiano’ (siamo a pochi passi dal San Carlino), 1 dining table). Threes, an odd, dynamic and Borrominian number in architetto e designer”
ripetuto in molte delle sue lampade, dagli esordi alla Sud-Est, che Riva spirit (the gallery is close to the Church of San Carlino), recur in many (Galleria Sozzani, Milano, 2019).
immaginò come un omaggio a Paul Klee. Anche la libreria Pisa ostenta of his lamps, from the beginnings to the Sud-Est, which Riva imagined
la sfiducia nella quiete classica, giacendo sghemba su due cerniere as a tribute to Paul Klee. Even the Pisa bookcase flaunts its mistrust of • Born in Milan in 1982, Neri
teaches history of architecture
a terra per appoggiarsi al muro. Una console di frassino, sagomata classic quiet, resting on two hinges on the ground so that it can lean and design at the Academy of
come un coltello, trasfigura la mensola in una lama aerodinamica against a wall. An ash-wood console, shaped like a knife, transfigures Architecture in Mendrisio and
capace di orientare lo spazio: il design è architettura, e viceversa. Si a shelf into an aerodynamic blade capable of orienting space: design Milan Polytechnic. His recent
publications include Umberto
distingue, infine, la lampada Appesa (erede della Veronese, capolavoro is architecture, and vice versa. Finally there is Appesa, the heir to the
Riva. Interni e allestimenti and
pensato negli anni Ottanta per Barovier&Toso), in cui il vetro soffiato Veronese lamp, a masterpiece designed in the 1980s for Barovier Umberto Riva designer, both
di Murano si arricchisce di una “minuteria da fabbro”, coniugando le & Toso. It enriches blown Murano glass with blacksmith’s fittings, published by LetteraVentidue,
lezioni di Carlo Scarpa e Franco Albini, due dei suoi molti riferimenti, combining the teaching of Carlo Scarpa and Franco Albini, two of his in 2017 and 2022 respectively.
He curated the exhibition
reinterpretati in opere personali, eccentriche e anticonformiste. many masters, reinterpreted in personal, eccentric and nonconformist “Forme: Umberto Riva,
Sempre lo stesso progetto, affrontato ogni giorno in maniera nuova, objects. Always working on the same project, day by day in new ways, architetto e designer”
coltivando l’esercizio del dubbio in un’epoca colma di fragili certezze. cultivating the practice of doubt in an age of fragile certainties. (Galleria Sozzani, Milan, 2019).
Photo Omar Golli. Courtesy of Giustini / Stagetti, Roma
Photo Paolo Di Lucente. Courtesy of Giustini / Stagetti, Roma
domus 1071 Settembre September 2022
DESIGN 73
74 DESIGN domus 1071 Settembre September 2022

Pagine 72 e 73: la nuova sede della galleria Giustini / Stagetti, ultimo progetto
di Umberto Riva con Emilio Scarano, suo storico collaboratore, inaugurata
lo scorso maggio in via Gregoriana 41 a Roma.
In questa pagina, sopra, e pagina a fronte: libreria Pisa, Giustini / Stagetti, 2021.
Legno di quercia o frassino. A sinistra: studi di tavolo, senza data. Inchiostro
su carta, album da disegno. 28 x 20 cm. In basso, a sinistra: tavolino Ro-Tondo,
Giustini / Stagetti, 2021. Legno di quercia o frassino. H 35 cm x ø 120 cm.
In basso: tavolino To-Tondo, Giustini / Stagetti, 2021. Frassino, top laccato
in verde (Ral 6019), rosso (Ral 3003) o giallo (Ral 1005). H 45,5 x ø 50 cm

•Pages 72 and 73: the new premises of Giustini / Stagetti gallery,

Umberto Riva’s last project with his long-standing collaborator Emilio Scarano,
opened in May this year at Via Gregoriana 41 in Rome.
This page, above, and opposite page: the Pisa bookcase, Giustini / Stagetti, 2021.
Oak wood or ash wood. Left: studies for tables, undated. Ink on paper, sketchbook.
Courtesy of Studio Umberto Riva Milano

28 x 20 cm. Below, from left: the Ro-Tondo coffee table, Giustini / Stagetti, 2021.
Oak wood or ash wood. H 35 cm x ø 120 cm; the To-Tondo side table,
Giustini / Stagetti, 2021. Ash wood, lacquered top in green (Ral 6019), red (Ral 3003)
or yellow (Ral 1005). H 45,5 x ø 50 cm
Photos Omar Gol i. Courtesy of Giustini / Stagetti, Roma
Photo Omar Golli. Courtesy of Giustini / Stagetti, Roma
domus 1071 Settembre September 2022
DESIGN 75
76 DESIGN domus 1071 Settembre September 2022

In questa pagina, sopra, e pagina a fronte: appendiabiti ACCA, Giustini / Stagetti, • This page, above, and opposite page: the ACCA coat rack, Giustini / Stagetti, 2018.
2018. Ferro, ottone. L 97 x W 35 cm. In questa pagina, sotto: mensola a muro, Iron, brass. L 97 x W 35 cm. This page, below: the MEN wall-mounted shelf,
MEN, Giustini / Stagetti, 2021. Frassino. H 3,2 x L 200 x W 35 cm Giustini / Stagetti, 2021. Ash wood. H 3.2 x L 200 x W 35 cm
Photos Omar Gol i. Courtesy of Giustini / Stagetti, Roma
Photo Omar Golli. Courtesy of Giustini / Stagetti, Roma
domus 1071 Settembre September 2022
DESIGN 77
78 DESIGN
In questa pagina, sopra: lampada Piatto, 1969, prodotta da Francesconi –
Bieffeplast. Metacrilato opalino, struttura di alluminio laccato bianco, gomma
nera. ø 61 x W 10 cm. In questa pagina, sotto, e pagina a fronte: lampada Appesa.
Vetro trasparente, giallo o rosso, acciaio nichelato nero lucido, acciaio nichelato
nero, 2021. Vetro trasparente, giallo o rosso, acciaio nichelato nero lucido, acciaio
nichelato nero. H 43 x D 45 cm. In basso a destra: disegni di studio, vaso Veronese,
Barovier & Toso, 1984. Matita su carta da spolvero, 60 x 95 cm
Photos Omar Gol i. Courtesy of Giustini / Stagetti, Roma
domus 1071 Settembre September 2022
•This page, above: the Piatto lamp, 1969, produced by Francesconi - Bieffeplast.
Opal methacrylate, white lacquered aluminium frame, black rubber.
D 61 x W 10 cm. This page, below, and opposite page: the Appesa lamp, clear or yellow
glass, red glass, black polished nickel-plated steel, black nickel-plated steel, 2021.
H 43 x D 45 cm. Bottom right: study sketches, Veronese, Barovier & Toso, 1984.
Pencil on detail paper, 60 x 95 cm
Courtesy of Studio Umberto Riva Milano
Photo Omar Golli. Courtesy of Giustini / Stagetti, Roma
domus 1071 Settembre September 2022
DESIGN 79
80 REACTION
Un codice vitruviano /
A Vitruvian code
Luis Fernández-Galiano
Le mie convinzioni più arcaiche mi spingono a pensare che, così
come esiste una ragionevole continuità anatomica e fisiologica nel
genere umano, esista anche un pervicace nucleo di continuità che
ci permette di trovare un territorio intellettuale comune con i nostri
predecessori e i nostri successori, per quanto valido solo per una
manciata di generazioni. È a partire da questa idea (o speranza), che
mi arrischio a proporre un codice che stabilisca limiti individualmente
onorevoli e socialmente responsabili per l’architettura, e che
contribuisca ad ampliarne il territorio all’ambito imprescindibile
dell’etica, e magari della vita. Per analogia con i precetti di Ippocrate,
lo definisco “codice vitruviano”. Si struttura sulla base delle tre
categorie dell’antico Romano – firmitas, utilitas, venustas –,
cui si accompagnano un proemio e un colophon.
Premessa L’architetto costruisce per altri, mai per se stesso;
deve perseguire lo spirito di servizio, non l’applauso; pertanto,
metterò sempre l’architettura al servizio della vita, e non la vita al
servizio dell’architettura.
Primo Costruirò edifici solidi e durevoli, concepiti pensando tanto
all’oggi quanto al domani; userò con giudizio i materiali e l’energia,
salvaguardando gli interessi delle generazioni future; adopererò con
cautela ed economia le risorse del mio cliente pubblico o privato.
Secondo Progetterò a partire dallo studio minuzioso dei bisogni
e dei desideri degli utenti; terrò conto della possibile utilità
dell’edificio per l’intera comunità; comprenderò la funzione
inscindibile della sua ubicazione nel contesto urbano o naturale.
Terzo Cercherò di procurare piacere a utenti e visitatori di
passaggio attraverso la bellezza; rispetterò i valori storici o
ambientali che danno personalità a città e quartieri; non imporrò
con arroganza i miei gusti ai clienti, agli abitanti o al pubblico.
Infine Se le circostanze dell’incarico non consentono di attenersi a
questo codice comportamentale, mi asterrò dal costruire; perché la
dignità della persona merita più rispetto delle opportunità lavorative;
e perché l’architettura non è mai importante quanto la vita.
Verrò certo rimproverato di avere coniato massime deontologiche
tassative e triviali. Non tengono conto dell’irrimediabile ambiguità
del comportamento umano e non travalicano il terreno della
tradizione; nella loro contundente familiarità sono, in effetti, luoghi
comuni. Tanto comuni che, a un certo punto, ho perfino pensato di
presentarli con l’artificio letterario del manoscritto ritrovato, di modo
che una presunta antichità conferisse loro autorevolezza: precetti
così banali attirerebbero l’attenzione solo se collocati nell’infanzia
dell’architettura. Il punto, però, è che comuni lo sono molto poco:
sia l’architettura colta sia quella commerciale circoscrivono i loro
territori al di fuori di questo luogo d’incontro, che costituisce piuttosto
una sorta di luogo immaginario, frequente nelle dichiarazioni e
abbandonato nei fatti. Paradossalmente, il luogo comune diventa
utopico: esiste solo nel progetto o nell’intenzione. Sotto questa luce,
perde la sua abituale connotazione negativa: non è più il sentiero
battuto che l’animo esploratore disdegna, ma il punto d’incontro dove
la comunità fisica e sociale si cristallizza. Il topos diventa così il luogo
intellettuale che condividiamo, e che non ha origine nella pigrizia
o nella routine, ma nel deliberato proposito di foggiare un tenace
nucleo di convinzioni collettive: il nostro terreno comune. *
“Reazione” è la risposta al manifesto “Spirito, dove sei?”
allegato a Domus 1063 e pubblicato integralmente
su domusweb.it/manifestojn. Illustra l’approccio culturale di
Jean Nouvel al progetto e rappresenta la base intellettuale
del suo incarico di guest editor per Domus nel 2022.
domusweb.it/manifestojn
domus 1071 Settembre September 2022
My most archaic convictions make me prone to believe that, just Luis Fernández-Galiano
as there is a reasonable anatomical and physiological continuity Nato a Calatayud, Spagna,
nel 1950, è architetto,
in the human species, there must exist a stubborn nucleus of mental professore presso la Scuola
continuity that allows us to find common intellectual ground with di Architettura dell’Università
our predecessors and successors alike, if only traceable Politecnica di Madrid e
for a handful of generations. It is from this conviction (or hope) that responsabile, fino al 2006,
della pagina di architettura
I dare to propose a code that establishes individually honourable de El País. Dal 1985 dirige
and socially responsible limits for architecture, extending its territory la rivista Arquitectura Viva.
to the indispensable arena of ethics, and perhaps of life. Membro della Real Academia
I call my proposition a “Vitruvian code”, by analogy with the precepts de Doctores de España e
International Fellow del RIBA,
of Hippocrates, and have structured it with the three classical è stato Cullinan Professor alla
categories – firmitas, utilitas, venustas – adding a preface and Rice University, Franke Fellow
a colophon. a Yale, visiting scholar al
Getty Center di Los Angeles
e visiting critic a Princeton,
To begin The architect constructs for others, never for himself Harvard e al Berlage Institute.
or herself; the architect should look for service, not applause;
therefore, I will always put architecture at the service of life, and not • Born in Calatayud, Spain, in
life at the service of architecture. 1950), Galiano is a professor
at the Madrid Polytechnic
School of Architecture.
First I will build solid and durable buildings, conceived thinking Until 2006, he was in charge
as much in today as in tomorrow; I will use materials and energy of the architecture section
of El País newspaper. Since
judiciously, keeping in mind future generations; I will cautiously and
1985 he has been the
economically employ the funds of clients, whether public or private. editor of Arquitectura Viva
magazine. He is a member
Second I will design from the close study of the needs and desires of the Real Academia de
Doctores de España and a
of the building’s users; I will keep in mind the possible use of the RIBA International Fellow.
building by the public; I will cautiously site the building in its urban He was a Cullinan Professor
or rural context. at Rice University, a Franke
Fellow at Yale, visiting scholar
at the Getty Center in Los
Third I will give pleasure to the building’s users and observers Angeles and a visiting critic
through beauty; I will respect the historic or ecological values at Princeton, Harvard and
that give personality to cities or communities; I will not impose my the Berlage Institute.
tastes on the users, clients or public.
And, finally If the circumstances of the commission do not allow
me to uphold this code of conduct, I will abstain from building,
because individual dignity is more honourable than professional
opportunity and because architecture is never as important as life.
I surely will be reproached that these deontological maxims are
at once restrictive and trivial. They neither address the ambiguity
of human conduct nor transcend tradition. They are, in effect,
commonplaces. So familiar are these basic ideas that I considered
the possibility of presenting them under the literary artifice
of a found manuscript, so that they could draw authority from
their supposed antiquity. Only by placing them at the infancy of
architecture could such conventional, common and almost banal
concepts regain authority. But it happens that highbrow and
commercial architecture both stake out their respective territories
outside this common ground, which then begins to acquire the fate of
an imaginary place, often mentioned in statements but rarely present
in actions. Paradoxically, this commonplace becomes utopian: a
place that exists only in intention or in hypothetical projects. Under
this light, the commonplace loses its pejorative connotation; it is no
longer the busy path unworthy of those with the spirit of the explorer,
but rather a meeting point for physical and social communities.
The cliché is thus converted into an intellectual place of encounter
that does not originate in laziness or routine but in a firm decision to
create a solid core of collective convictions: our common ground. *
“Reaction” is a response to the manifesto “Spirit, are you there?” * Testo scritto come discorso
included with Domus 1063 and published in full di accettazione a membro della
on domusweb.it/manifestojn. It illustrates Jean Nouvel’s Real Academia de Doctores
cultural approach to design and represents the intellectual de España, il 12 novembre 1997 /
Text written as an acceptance
basis for his guest editorship of Domus in 2022. speech on becoming a member
of the Real Academia de Doctores
de España, 12 November 1997

Rassegna Superfici
Sopra: Prestigio Travertino,
novità di Ceramiche Refin
che coniuga il fascino del
Travertino con le elevate
prestazioni del gres
porcellanato ed è riciclabile
al 100 per cento
• Above: Prestigio
Travertino, a new product
from Ceramiche Refin that
combines the appeal of
Travertine with the high
performance of porcelain
stoneware and is 100
per cent recyclable
Scegliere una superficie per interni significa intraprendere
un viaggio nella materia. Dai profumi dei legni delle boiserie
fino alle pareti di marmo finissimo di Carrara, passando per
le raffinate stampe delle carte da parati di ultima
generazione, una cosa è certa: sono tutti pensati per durare.
Sarà poi la tecnologia a venire incontro alle nostre esigenze
specifiche e a trovare soluzioni sostenibili che ci permettano,
con una certa serenità d’animo, di ridare il benvenuto nei
nostri spazi ai materiali “di una volta”. Scopriamo così i
parquet virtuosi che non incidono sulla deforestazione
o le ‘miracolose’ ceramiche italiane che alle qualità estetiche
uniscono proprietà igieniche per aprire nuove partite
negli spazi pubblici. Gli agglomerati di nuova generazione,
poi, ci rimettono in contatto con quarzi e minerali senza
abusarne. Per scegliere gli abbinamenti, possiamo seguire
il consiglio di Piero Lissoni, intervistato alla pagina seguente:
“Basta osservare la natura, la maestra che ci cammina a
fianco tutti i giorni, e imparare da lì”.
Testi di / Texts by Marianna Guernieri
Surfaces Choosing an interior finish means embarking on a
journey through materials. From the scent of the wood used
for panelling to the finest Carrara marble on the walls and the
refined prints that feature in the latest new wallpapers, one
thing is certain: they are all designed to last. It will be then be
down to technology to respond to our particular needs and
come up with sustainable solutions that allow us, with a
certain peace of mind, to welcome back into our spaces
those materials “from the past”. So we discover virtuous
parquet flooring that does not affect deforestation or the
‘miraculous’ Italian ceramic that combines aesthetics with
hygiene to open up new possibilities in public spaces, just like
the new-generation composites that bring us back into
contact with quartzes and minerals without abusing them.
When choosing combinations, we can follow the advice of
Piero Lissoni, who is interviewed on the following page:
“We only have to look at nature, the great teacher who walks
alongside us every day, and learn from there”.
 XLIX RASSEGNA Superfici / Surfaces
Dalla natura abbiamo solo da imparare
“In tutto quello che facciamo dobbiamo
ricordarci che abbiamo una maestra di
vita quotidiana che ci cammina a fianco:
la natura. Dal modo in cui l’acqua lava e
pulisce una roccia oppure da come viene
modellato un tronco dopo essere stato 100
anni sotto le intemperie, abbiamo solo da
imparare”. Piero Lissoni, classe 1956, è forse
il nome più conosciuto del design italiano
contemporaneo nel mondo.
Art director di Alpi, B&B Italia, Boffi, Living
Divani, Lema, Lualdi, Porro e Sanlorenzo,
nonché vincitore di molti premi da
progettista tra cui un Compasso d’Oro
ADI, ha collaborato all’ultimo Salone
del Mobile con Alpi, Atlas Concorde e
Photo Giorgio Possenti
Limonta Wall, aziende specializzate
rispettivamente in legno, gres porcellanato
e carta da parati. Per loro ha disegnato
nuove trame e trattamenti superficiali.
“Le superfici sono una specie di ibrido
tra hardware e software: rappresentano
sia la parte più dura di un edificio, sia la
decorazione”, spiega. “Non c’è conflitto
fra superficie e decorazione. In passato,
hanno trasformato le terracotte in archi”.
Lissoni ci racconta che quando progetta
una superficie tiene conto sia dell’aspetto
tecnologico sia di quello decorativo di ogni
materiale e consiglia a chi lo sceglie di farlo
nella maniera più onesta possibile, cioè
facendole fare quello per cui è nata.
“Piuttosto che una ceramica che fa finta
di essere una resina, scelgo la resina”.
Cosa ne pensa della riciclabilità dei
materiali? “A un prodotto facilmente
riciclabile e consumabile preferisco un
Designer
prodotto difficilmente riciclabile, ma di
lunghissima durata”. A proposito di riciclo,
la sua direzione artistica in Alpi ha puntato
proprio sul recupero e il ridisegno del
legno senza tagliare gli alberi: “per averli,
bisogna deforestare il mondo, una follia”.
Ispirazioni dai maestri del passato? Le case
di Piero Portaluppi con le superfici simili alla
pergamena o alla seta, quelle di Josef Frank,
la decorazione del Settecento francese, le
case di Palladio e i loro marmorini a parete
e, su tutti, le case di Pompei. “Ci sono mondi
che ci inseguono quotidianamente: basta
avere voglia di guardare”.
Sopra: Piero Lissoni fotografato con
l’installazione Monoliti di Atlas Concorde,
realizzata con i grandi formati della
raccolta di superfici Boost World e
presentata al Fuorisalone. In alto a destra:
la collezione Multipli, disegnata da Lissoni
per Limonta Wall. A destra: la raccolta
Legacy di Alpi curata da Lissoni, che è
anche art director dell’azienda, trae
ispirazione da una selezione di essenze
scarsamente reperibili o il cui utilizzo è
vietato, come l’ebano, il mogano Honduras,
il teak e il palissandro
• Above: Piero Lissoni photographed inside
the Monoliti installation by Atlas Concorde
created using the large formats from the
Boost World range of finishes and
presented at the Fuorisalone. Above right:
the Multipli collection, designed by Lissoni
for Limonta Wall. Right: Legacy by Alpi is a
collection curated by Piero Lissoni, who is
also the company’s art director. It takes
inspiration from a selection of woods such
as ebony, Honduran mahogany, teak,
rosewood, that are either rare or whose
use is prohibited
domus 1071 Settembre September 2022
We can just learn
from nature
“In everything we do we must remember
that we have a great teacher of everyday
life who walks alongside us: nature.
From the way that water washes and
cleans a rock, or how a tree trunk is shaped
after 100 years of weathering, we can only
learn”. Piero Lissoni, born in 1956, is perhaps
the best known name in contemporary
Italian design around the world.
Art director for Alpi, B&B Italia, Boffi,
Living Divani, Lema, Lualdi, Porro and
Sanlorenzo, as well as winner of numerous
awards as a designer including the ADI
Compasso d’Oro, at the recent Salone del
Mobile he worked with Alpi, Atlas Concorde
and Limonta Wall – specialised respectively
in wood, porcelain stoneware and wallpaper
and has come up with new patterns and
surface treatments for them.
“Surfaces are a kind of cross between
hardware and software: they represent
both the hardest part of a building as well
as the decoration”, he explains.
“And there is no conflict between
surface and decoration. In the past, they
transformed terracotta into arches”.
According to Lissoni, when he designs
a surface he takes account of both the
technological and the decorative aspect
of each material and advises choosing
them in the most honest way possible, in
other words making them do what they
were born to do. “Rather than a ceramic that
pretends to be a resin, I would choose resin”.
What does he think about the recyclability
of materials? “I prefer a product that is
hard to recycle but lasts a very long time
to a product that is easily consumed and
recycled”. Speaking of recycling, his artistic
direction at Alpi has focussed precisely on
salvaging and redesigning wood without
cutting down trees: “to have them, you
need to deforest the world, it’s madness”.
Inspiration from past masters?
The houses by Piero Portaluppi with
surfaces that resemble parchment or silk,
those by Josef Frank, the decoration of the
18th century France, houses of Palladio and
the marmorino on the walls and above all,
the houses of Pompei. “There are worlds
that are all around us on a daily basis, you
just have to want to look”.
domus 1071 Settembre September 2022
So White
Il nuovo progetto creativo di SpaghettiWall
per le sue carte da parati punta tutto sulle
sfumature di bianco. Grazie alla stampa sul
supporto Skin con superficie texturizzata
ad alta resa e disponibile in versione lava-
bile Cleaning System, è possibile apprez-
zare le sottili variazioni del ton sur ton. The
White Brush Collection è la prima collezio-
ne della serie, disegnata da Gian Paolo
Venier e ispirata alla gestualità della pen-
nellata delle scritte in calce sulle vetrine
delle pescherie di una volta.
Materiali / Materials
carta da parati / wallpaper
Finiture / Finishes
supporto vinilico con superficie lievemente
texturizzata / vinyl support with lightly
textured surface
Dimensioni / Dimensions
personalizzabili / customised
Milano Collection
Con 10 grafiche dal forte impatto sceno-
grafico, l’azienda veneziana Instabilelab
propone carte da parati e tappeti coordi-
nati tra loro che trasformano le superfici in
spazi immersivi. La serie Velluto, come in-
dica il nome, è una carta da parati che ri-
corda l’effetto tattile del velluto, mentre
Carpetia Royal è una serie di tappeti tafta-
ti disponibili in formato rotondo e rettango-
lare, di misure variabili, su cui stampare la
grafica nella sua interezza o scegliendo un
dettaglio del disegno.
Materiali / Materials
carta da parati e tappeto /
wallpaper and rug
Finiture / Finishes
Karma
The new creative design for wallpaper
from SpaghettiWall plays on the use of
different shades of white. Thanks to high-res-
olution printing on the Skin support with its
textured surface, also available in the wash-
able Cleaning System version, it is possible
to appreciate subtle tone-on-tone variations.
The White Brush Collection is the first col-
lection in the range, designed by Gian Pao-
lo Venier and inspired by the gestures of
the brushstrokes in signs once written in
fishmongers’ windows.
SpaghettiWall
www.spaghettiwall.it
With ten patterns that create a dramatic
visual impact, Venetian company Instabile-
lab offer matching wallpapers and rugs that
transform surfaces into immersive spaces.
The Velluto range, as the name suggests,
is a wallpaper that conjures up the tactile
effect of velvet, while Carpetia Royal is a
range of tufted rugs available in either a
circular or rectangular format, in various
sizes, onto which can be printed the chosen
pattern in its entirety or a detail selected
from the design.
Instabilelab
www.instabilelab.com
Oxbow
Il nuovo arrivato della serie Wool, la linea
di tappezzeria in lana pensata dal Design
Studio di Maharam, unisce i benefici della
fibra naturale alle qualità del nylon per ot-
tenere un tessuto robusto dall’effetto tridi-
mensionale. La composizione valorizza la
qualità tattile e l’irregolarità organica della
lana inserita all’interno di una griglia preci-
sa. Disponibile in 15 varianti di colore, a una
base neutra vengono associati accenti
cromatici che includono royal blue, giallo
canarino e rosso scarlatto.
Materiali / Materials
lana e nylon / wool and nylon
Finiture / Finishes
texture a griglia /
grid texture
Dimensioni / Dimensions
variabili / variable
Society Wallpaper
Limonta Wall e Society, due divisioni di
Limonta 1893, uniscono le forze per dare
vita alla prima collezione di carte da parati
di Society, brand specializzato in tessuti
per la casa. Ispirazione sono proprio le tra-
me dei tessuti, tratti dai disegni dell’archivio
storico dell’azienda, che fanno parte delle
collezioni di maggior successo di Society,
reinterpretate e riproposte a parete. Nella
foto, la finitura WP Marble nella variante
Verde oliva + acqua. Disponibili anche le
tonalità Blu polvere, I bruciati e I naturali.
Materiali / Materials
carta da parati / wallpaper
Finiture / Finishes
WP Marble Verde oliva + acqua
Dimensioni / Dimensions
67 cm x 10 m (rollo / roll size)
Superfici / Surfaces RASSEGNA L
The latest addition to Wool, a range of
woollen upholstery fabrics conceived by
the Maharam Design Studio, combines the
benefits of natural fibre with the qualities
of nylon to obtain a sturdy fabric with a
three-dimensional effect. The composition
makes the most of the tactile quality and
organic irregularity of the wool set into a
precise grid. Available in fifteen different
colours, a neutral base is combined with
accents of colour that include royal blue,
canary yellow and scarlet red.
Maharam
www.maharam.com
Carta da parati / Wallpaper
Limonta Wall and Society, two divisions
of Limonta 1893, have joined forces to cre-
ate the first collection of wallpapers by
Society, a brand specialised in textiles for
the home. Direct inspiration has been taken
from the patterns of the fabrics made with
designs from the Limonta historic archive
that are part of the most successful collec-
tions for Society, reinterpreted and reworked
for walls. In the photo the WP Marble version
in aqua and olive green. Also available in
powder blue, burnt and natural shades.
Limonta Wall
www.limontawall.com
 LI RASSEGNA Superfici / Surfaces
Arrow
Legno / Wood
Il nuovo modulo Arrow della collezione di
parquet pregiati Signature libera gli schemi
di posa grazie alle studiatissime misure che
Woodco offre ai progettisti. Con una lar-
ghezza del listello di 45 mm si ottiene un
pavimento molto scenografico, poiché la
trama diventa più fitta: nessun elemento è
uguale all’altro. Oltre alla tradizionale spina
italiana si possono creare accostamenti
inediti e pattern modulari ottimali per le
grandi metrature. Arrow è disponibile in
otto diverse colorazioni.
Materiali / Materials
parquet di legno /
wood parquet
Finiture / Finishes
rovere di Slavonia spazzolato /
brushed Slavonian oak
Dimensioni / Dimensions
45 x 450 x 14 mm
The new Arrow module from the Signature
collection of fine parquet floors frees up
possibilities for laying patterns thanks to
the carefully designed sizes that Woodco
offers to designers. With a strip width of
just 45 mm, a scenographic floor is achieved
as the pattern becomes denser: no element
is the same as another. As well as the tra-
ditional Italian herringbone, original layouts
and modular patterns can be created that
are excellent for large areas. Arrow is avail-
able in eight different colours.
Woodco
www.woodco.it
Escapes – I paesaggi dell’anima
Tabu, eccellenza lombarda nella tintoria
del legno, ha presentato al Salone del Mo-
bile una proposta di ben 23 piallacci natu-
rali tinti inediti, raggruppati in cinque diver-
se moodboard. Le specie legnose com-
prendono rovere, bolivar, noce canaletto,
eucalyptus, acero, platano e varianti pre-
giate come la radica di frassino e la radica
di madrona. La moodboard Purpurea, in
particolare, evoca i toni di un giardino fiori-
to, abbinando essenze di origine nordame-
ricana a quelle della tradizione europea. Il
piallaccio derulato della preziosa radica di
madrona e il piallaccio fiammato del noce
canaletto sono proposti, infatti, accanto a
un grande classico come il piallaccio riga-
to di rovere. La radica – che ricordiamo è
l’escrescenza irregolare del tronco che
culmina nei cosiddetti “occhi della radica”,
conferendo la tipica texture cangiante – è
disponibile con lunghezze che variano dai
200 ai 1.000 mm e tra i 20 e 600 mm di lar-
ghezza, mentre noce e rovere hanno en-
trambi larghezze che spaziano tra i 70 e
600 mm, con lunghezze tra i 600 e i 4.000
mm il primo e comprese tra i 500 ai 4.000
mm il secondo.
Materiali / Materials
piallaccio di legno naturale tinto /
natural stained wood veneer
Finiture / Finishes
Radica di madrona bianca, radica di
madrona nera, rovere, noce canaletto /
white madrone burl, black madrone burl,
oak, canaletto walnut
PerfectSense® Feelwood
Egger amplia la sua gamma di pannelli
verniciati PerfectSense® con la variante
Feelwood, premiata con il Red Dot Award
2021 e il German Innovation Award 2021. Si
tratta di pannelli compositi che imitano le
superfici lignee favorendo in particolare le
finiture opache e scure. L’esperienza tatti-
le del materiale con finitura in legno mas-
siccio è valorizzata dalle proprietà anti-im-
pronta che invogliano a toccarle. Nella foto,
il progetto di una casa in Austria dove lo
vediamo applicato ai mobili della cucina.
Materiali / Materials
pannello multistrato verniciato /
painted multilayer panel
Finiture / Finishes
U999 TM28 Nero /
U999 TM28 Black
Dimensioni / Dimensions
variabili / variable
domus 1071 Settembre September 2022
Tabu, a leading Lombardy company, when
it comes to wood staining, presented at the
Salone del Mobile a selection of twenty-three
new, natural stained veneers, grouped ac-
cording to five different moodboards. The
species utilised include oak, bolivar, cana-
letto walnut, eucalyptus, maple, plane tree
along with precious woods such as ash burl
and madrone burl. The Purpurea mood board
in particular, portrays the tones of a flower
garden combining species of North Amer-
ican origin with those of European tradition.
The veneer from the precious madrone burl
and the flamed veneer of canaletto wallet
are in fact proposed alongside a great clas-
sic such as lined oak veneer. Burl - that as
we recall is the irregular outgrowth of the
trunk that culminates in its distinctive pat-
tern along with its typical iridescent texture
- is available with lengths between 200 and
1000 mm, and widths between 20 and 600
mm, while walnut and oak both have widths
ranging from 70 to 600 mm, with lengths
varying between 600 and 4000 mm for the
former and between 500 and 4000 mm for
the latter.
Tabu
www.tabu.it
Egger have extended the PerfectSense®
range of painted panels with the Feelwood
version that received a Red Dot Award in
2021 as well as the 2021 German Innovation
Award. These are composite panels that
imitate wood surfaces favouring in particu-
lar matt and dark finishes. The tactile feel
of the material with solid wood finish is en-
hanced by the anti-fingerprint properties
inviting you to touch them without fear of
marking. In the photo, a house in Austria
where the panels are applied to kitchen units.
Egger
www.egger.com
 domus 1071 Settembre September 2022 Superfici / Surfaces RASSEGNA LII

Reale
l rovere pigmentato della collezione Boschi
di Fiemme di Fiemme 3000 è un pavimento
di legno con struttura Triplostrato® trattato
con finitura BioPlus®, una miscela di olii
balsamici, cere e resine vegetali applicata
con più cicli di oliatura per rispettare i tem-
pi di assorbimento del legno. Disponibile
nelle varianti senza nodi, con nodi e varie-
gato, può essere lavorato in nove modalità:
levigato, spazzolato, spazzolato profondo,
piano sega, piallato, vissuto, bisellato a
mano, bisellato tondo e tarlato.
Pigmented oak from the Boschi di Fiemme
collection by Fiemme 3000 is a wood floor
featuring a Triplostrato® structure that is
treated with BioPlus® finish, a blend of bal-
samic oils, waxes and plant resins applied
with in multiple stages of oiling in order to
respect the absorption times of the wood.
Available in versions without knots, with
knots and variegated, it can be worked in
nine ways: honed, brushed, deep brushed,
saw plane, planed, worn, hand-bevelled,
round-bevelled and worm-eaten.
Loop
Grazie all’inventiva di Sebastiano Canza-
no, Listone Giordano lancia sul mercato una
pavimentazione in parquet diversa da tut-
te le altre. Un’ingnegnosa composizione
consente a Loop di apparire come una
superficie infinita dove i solchi di una trama
apparentemente casuale ingannano lo
sguardo. Il bello è che questo effetto è dato
da un singolo modulo ripetuto (dove le vere
giunture sono dissimulate dai solchi che
vediamo) che può estendersi anche sulle
superfici verticali.
Thanks to the inventiveness of Sebastiano
Canzano, Listone Giordano have launched
onto the market a parquet floor that is quite
unlike any other. Thanks to an ingenious
composition, Loop appears as an endless
surface where the grooves of a seemingly
random pattern deceive the eye like an
optical illusion. The beauty is that this effect
is given by a single repeated module (where
the real joints are disguised by the grooves
that we see) that can also extend across
vertical surfaces.

Materiali / Materials Fiemme 3000 Materiali / Materials Listone Giordano

parquet di rovere / www.fiemmetremila.it parquet di legno / www.listonegiordano.com
oak parquet wood parquet
Finiture / Finishes Dimensioni / Dimensions
senza nodi, levigato / 60 x 60 cm
knot free, honed
Dimensioni / Dimensions
L 158 / 192 / 240 x 1,850 / 2,000 / 2,400 mm
Photo Carlo Baroni

Ondulato Alternato

La collezione iCanneti di CP Parquet va-
lorizza essenze di alta qualità, come il legno
di noce americano e il rovere europeo, la-
vorate dai maestri artigiani in Italia. Si trat-
ta di un sistema dogato con pannelli lisci in
legno naturale decorato in superficie, pen-
sato per rivestire pareti, porte e comple-
menti d’arredo. Ispirato alle canne naturali,
dona ritmo e movimento agli interni attra-
verso un sistema compositivo semplice: i
pannelli, infatti, sono costituiti da tavole
Antico Asolo 3 strati con lunghezze a cor-
rere; si possono agganciare tra loro trami-
te montaggio a clip che facilita la posa in
opera sia orizzontale che verticale. I listelli
possono essere rimossi e riposizionati in
qualsiasi momento per essere sostituiti o
per accedere a prese o vani nascosti. La
variante Ondulato Alternato si presenta,
come dice il nome, con un’alternanza di
onde che gioca con scanalature, rientran-
ze, curve, spessori e le numerose finiture
del rovere europeo – che variano dal colore
naturale a palette ricercate di verde marino
e rosa pesca – e del noce americano pro-
posto con tonalità naturali.
Legno / Wood
The iCanneti range by CP Parquet makes
the most of fine woods such as American
walnut and European oak, worked by high-
ly-skilled Italian artisans. It is a system of
planks with smooth panels in natural wood
that are decorated on the surface and has
been conceived for cladding walls, doors
and interior fittings. Inspired by natural reeds,
it gives rhythm and movement to interiors
by means of a simple compositional system:
the panels, in fact are made up of Antico
Asolo 3-layer boards with varying lengths
and can be hooked together with clips fa-
cilitating installation both horizontally and
vertically. The strips can be removed and
repositioned at any time to be replaced or
for accessing sockets or hidden compart-
ments. The Ondulato Alternato version
appears as the name suggests, as an al-
ternation of waves that play with the
grooves, insets, curves and thicknesses
and the numerous finishes of European oak
– that vary from natural colour to sophisti-
cated palettes of sea green and peach pink
– and by the American walnut proposed
with natural tones.

Materiali / Materials CP Parquet

boiserie di legno / www.cpparquet.it
wood panelling
Finiture / Finishes
Noce americano verniciato Milano /
Milano painted American walnut
Dimensioni / Dimensions
da / from 1,200 a / to 2,400 x 165 x 15 mm
 LIII RASSEGNA Superfici / Surfaces
The Top
Ceramica / Ceramics
Marazzi propone lastre antibatteriche per
piani cucina che eliminano batteri e micror-
ganismi grazie a tecnologie incorporate nel
processo produttivo. Puro Marazzi Anti-
bacterial The Top tratta le lastre con ioni
d’argento prima della cottura a 1.200 gradi,
rendendo l’azione antibatterica duratura
nel tempo. Sono disponibili sei varianti ef-
fetto cemento, marmo e pietra, mentre le
venature di The Top Bianco Arni sono esal-
tate nella posa a macchia aperta che si
riflettono su pavimento e piano cucina.
Materiali / Materials
gres porcellanato /
porcelain stoneware
Finiture / Finishes
Grande Marble, Look Bianco,
Arni Book Match
Dimensioni / Dimensions
162 x 324 x 1.2 cm (spessore / thickness)
Marazzi offer anti-bacterial slabs for kitch-
en worktops that eliminate bacteria and
micro-organisms thanks to technology
incorporated into the production process.
Puro Marazzi Antibactrial The Top treats
slabs with silver ions before firing at 1200
degrees making the antibacterial action
lasting over time. Six versions are available
with cement, marble and stone effect while
the deep veins of The Top Bianco Arni are
enhanced by the book-matched laying on
the floor and worktop.
Marazzi
www.marazzi.it
Marmoker
Casalgrande Padana continua la sua ri-
cerca di trame naturali da applicare al gres
porcellanato attingendo questa volta alla
tradizione dei marmi statuari per ampliare
la collezione di lastre a grande formato
della collezione Marmoker. Con sei nuove
varianti – Starry Night, Deep Dark, Carrara,
Statuario Fine, Statuario Altissimo ed Extra
Oro – nelle finiture levigata, lucida o matt e
disponibili in nove formati diversi con misu-
re massime fino a 160 x 320 cm, la collezio-
ne offre un’alternativa sostenibile all’utiliz-
zo delle pietre vere. Le grandezze generose
e lo spessore di soli 6,5 mm favoriscono
una posa con fughe ridotte al minimo, au-
mentando il senso di continuità della trama
nello spazio. La disponibilità di lastre mo-
dulari speculari permette di combinarle tra
loro aumentando la percezione naturale
delle venature ed evitando fastidiosi effet-
ti “a stampo” ripetuti. Inoltre, il gres è anche
disponibile, su richiesta, nella variante Bios
Antibacterial®, ossia con un trattamento a
base di argento ad azione battericida atti-
va per l’intera giornata e che non ha bisogno
di raggi UV per l’attivazione.
Materiali / Materials
gres porcellanato /
porcelain stoneware
Finiture / Finishes
Statuario Fine
Dimensioni / Dimensions
6.5 / 10 / 12 mm (spessore / thickness)
da / from 30 x 60 a / to 160 x 320 cm
Prestigio Travertino
Ceramiche Refin tributa la classicità tut-
ta italiana del travertino con una collezione
in gres porcellanato che ne restituisce la
trama, con venature non troppo contrasta-
te. Prestigio Travertino valorizza i volumi
dell’architettura, ma anche di isole cucina
e mobili bagno grazie a tre varianti di colo-
re – beige, bianco e grigio – e due finiture,
lucida e soft. Le lastre traducono il taglio
vein-cut, cioè quando il blocco di pietra
viene tagliato seguendo le venature. Si può
posare sia a pavimento sia a parete.
Materiali / Materials
gres porcellanato /
porcelain stoneware
Finiture / Finishes
Bianco lucido (pavimento / floor)
Bianco soft (pareti / walls)
Dimensioni / Dimensions
75 x 150 x 0.9 cm (spessore / thickness)
domus 1071 Settembre September 2022
Casalgrande Padana continue their re-
search into natural patterns for applying to
porcelain stoneware, this time drawing on
the tradition of statuary marbles to extend
the collection of large-size slabs in the
Marmoker collection. With six new versions
– Starry Night, Deep Dark, Carrara, Statu-
ario Fine, Statuario Altissimo and Extra Oro
– in the smoothed, shiny or matt finishes
and available in nine different formats with
maximum size up to 160 x 320 cm, the col-
lection offers a sustainable alternative to
the use of real stone. the generous dimen-
sions and thickness of only 6.5 mm favours
laying with joints reduced to the minimum,
increasing the sense of continuity of the
pattern in space. The availability of specu-
lar modular slabs makes it possible to com-
bine them increasing the natural perception
of the veining and avoiding annoying re-
peated “printed” effects. What is more, this
stoneware is available on request in an
Bios Antibacterial® version, in other words
with a silver-based treatment that eliminates
bacteria throughout the day without requir-
ing UV rays for activation.
Casalgrande Padana
www.casalgrandepadana.it
Ceramiche Refin pays tribute to the all-Ital-
ian classic style of travertine with a collec-
tion in porcelain stoneware that portrays
its texture with its not too contrasting vein-
ing. Prestigio Travertino enhances volumes
of architecture but also kitchen islands and
bathroom furniture thanks to three different
colours - beige, white and grey - and two
finishes, polished and soft. The tiles trans-
late the vein-cut, that is when the block of
stone is cut following the vein. It can be
applied to floors or walls.
Ceramiche Refin
www.refin.it
 domus 1071 Settembre September 2022
Wabi-Sabi
Ideata dalla designer milanese Federica
Biasi, la collezione di piastrelle per Decora-
tori Bassanesi si ispira alla “bellezza imper-
fetta” della cultura artigiana giapponese,
da cui il nome. I due formati, Wabi e Sabi,
sono disegnati con fitte trame sinuose che
invogliano l’osservatore a toccarle attivan-
do tutti i sensi, richiamando ricami e intrec-
ci quasi impercettibili da lontano, ma di cui
si apprezza la qualità materica nell’insieme.
Disponibili in due formati e cinque varianti
di colore, dal bianco al grigio.
Materiali / Materials
lastre ceramiche /
ceramic tiles
Finiture / Finishes
Cotton, Ecrù, Canyon, Mud, Anthracite
Dimensioni / Dimensions
14 x 14 cm e / and 7.5 x 30 cm
Photo Simone Furiosi
Marmi Maximum
Fiandre Architectural Surfaces è prota-
gonista delle finiture di Villa Duna a Cannes,
una dimora di lusso di 600 m2 sul mare,
progettata da Marianne Preveteau + Victor
Perez con Benoit Sgarbi (project manager).
Il gres porcellanato effetto marmo riveste
pavimenti, pareti, arredi e le scale della ca-
sa. Nei bagni, in particolare, i toni chiari del
Calacatta Light lucidato e leggermente
venato di grigio chiaro, posato con lastre
speculari a macchia aperta, sono abbinati
al più scuro Pietra Gray lucidato dei lavabi.
Photo © Luca Lumaca
Materiali / Materials
Maximum Fiandre Extralite®
Finiture / Finishes
Calacatta Light lucidato (pavimenti, pareti),
Pietra Grey lucidato (lavabi) / Calacatta
Light polished, book-matched (floors, walls),
Pietra Grey polished (sinks)
Dimensioni / Dimensions
300 x 150 x 0.6 cm (spessore / thickness)
Conceived by Milanese designer Feder-
ica Biasi, the collection of tiles for Decora-
tori Bassanesi is inspired by the “imperfect
beauty” of Japanese culture. The two for-
mats, Wabi and Sabi, have been designed
with dense sinuous patterns that entice
the observer to touch, activating all the
senses, recalling embroideries and weaves
that are almost imperceptible from a dis-
tance but whose material quality is appre-
ciated as a whole. Available in two formats
and five colour variants, from white to grey.
Decoratori Bassanesi
www.decoratoribassanesi.it
Fiandre Architectural Surfaces feature
strongly as finishes inside Villa Duna in
Cannes, a luxury house of 600 m2 by the
sea, designed by Marianne Preveteau +
Victor Perez with Benoit Sgarbi. The mar-
ble-effect porcelain stoneware covers floors,
walls, furniture and the staircases in the
house. In the bathrooms in particular, the
light tones of polished Calacatta Light slight-
ly veined in light grey, laid with book-matched
tiles are combined with the darker polished
Pietra Grey of the sinks.
Fiandre Architectural Surfaces
www.granitifiandre.it
Nabi
Ceramica del Conca propone una colle-
zione di superfici effetto legno ispirata alla
tranquillità della natura. Disponibile in due
formati e cinque diversi colori, la serie è
completata da una variante per esterni in
continuità con gli interni. In foto, la finitura
Natural è un “richiamo nostalgico alla vita
di campagna” da abbinare a tonalità terro-
se e colori materici. La trama è leggermen-
te nodosa, mentre la tecnica di stuccatura
tono su tono ne restituisce un effetto rea-
listico e vissuto.
Materiali / Materials
lastre ceramiche /
ceramic tiles
Finiture / Finishes
Natural
Dimensioni / Dimensions
20 x 120 cm e / and 26.5 x 180 cm
Cluster
Progettato da D-segno per il brand Micro
di Terratinta Group, questo agglomerato in
marmo di Carrara contribuisce all’evolu-
zione stilistica di una delle finiture più ama-
te degli ultimi anni: il terrazzo. Ispirato alla
palladiana veneziana, Cluster presenta
tessere molto diverse da quelle standard,
solitamente più piccole e spigolose, e si
presenta con un pattern di ciottoli più mor-
bidi e organici. Le piastrelle sono disponibi-
li in quattro toni cromatici abbinabili ai 13
colori del progetto Micro.
Materiali / Materials
terrazzo
Finiture / Finishes
White + Cotto
Dimensioni / Dimensions
120 x 120 cm
Superfici / Surfaces RASSEGNA LIV
Ceramica del Conca offer a collection of
wood-effect surfaces inspired by the tran-
quility of nature. Available in two sizes and
five different colours, the collection is com-
pleted by a version for exteriors in continu-
ity with interiors. In the photograph, the
Natural finish is a “nostalgic reference to
country life” to combine with earthy tones
and textural colours. The pattern is slightly
gnarled while the tone-on-tone grouting
gives it a realistic, lived-in effect.
Ceramica del Conca
www.delconca.com
Ceramica / Ceramics
Designed by D-segno for Micro, a brand
of the Terratina Goup, this agglomerate of
Carrara marble contributes to the stylistic
evolution of one of most popular finishes
of recent years: terrazzo. Inspired by the
Venetian Palladian style, Cluster features
tiles that are very different from standard
ones, usually smaller and more angular, and
comes with a softer and more pebbled
pattern. The tiles are available in four colour
tones that can be matched with thirteen
colours from the Micro project.
Terratinta Group
www.terratintagroup.com
 LV RASSEGNA Superfici / Surfaces
Terra di Pompei
All’interno della collezione IN-SIDE di La-
minam, la nuova finitura ceramica Terra di
Pompei emula l’aspetto del magma roven-
te essiccato al sole con tanto di screpola-
ture e fregi dai quali emergono nuance
marroni calde. La lavorazione delle lastre
si basa sulla miscelazione di materie prime
a granulometria variabile così da consen-
tire continuità tra superficie, bordo, massa
ceramica e anche retro della lastra. In que-
sto caso sono anche presenti intrusioni
chiare, dal beige allo champagne.
Materiali / Materials
lastre ceramiche /
ceramic tiles
Finiture / Finishes
Naturale, Fiammato
Dimensioni / Dimensions
120 x 300 x 0.5 cm (spessore / thickness) /
162 x 324 x 0.5 / 1.2 cm (spessore / thickness)
Ceramica / Ceramics
Grandi Lastre PLUS
Con le grandi lastre in gres porcellanato
grandi fino a 120 x 278 cm, Ceramiche
Keope offre un ventaglio di possibilità mol-
to ampio per architetti e designer: dieci
collezioni, più di 25 colori, tre finiture (Lap-
pato, Silky, Natural) e due diversi spessori
(6 e 20 mm), da interno o da esterno. È pro-
prio la soluzione di continuità tra questi due
ambienti il punto di forza della proposta,
con finiture che mimano le superfici del
cemento, della pietra e del marmo da ap-
plicare a pavimento o a parete.
Materiali / Materials
gres porcellanato /
porcelain stoneware
Finiture / Finishes
Noord effetto cemento, finitura White /
Noord cement effect, White finish
Dimensioni / Dimensions
80 x 80 cm (pavimento / floor) / 60 x 120 cm
(parete di fondo / background wall)
Part of the IN-SIDE collection by Laminam
S.p.A, the new Terra di Pompei ceramic fin-
ish emulates the appearance of sun-dried
hot magma complete with all the cracks
and patterns that give rise to an array of
different warm shades of brown. The treat-
ment of the tiles is based on blending raw
materials with variable grain size resulting
in continuity between surface, edge, ce-
ramic mass and even the back of the tile. In
this case there are also light coloured ad-
ditions that go from beige to champagne.
Laminam
www.laminam.com
With large slabs of porcelain stoneware
up to 120 x 278 cm in size, Ceramiche Keope
offers an extensive array of possibilities for
architects and designers: ten collections,
over 25 colours, three finishes (Lapped, Silky,
Natural) and two different thicknesses (6
mm, 20 mm) with tiles for both interior and
exterior use. It is this possibility of continu-
ity between these two spaces that is the
strong point of the range with finishes that
imitate the surfaces of cement, stone and
marble to apply to the floor or wall.
Ceramiche Keope
www.keope.com
Metamorfosi
Parte della Signature Collection di RAK
Ceramics, questa collezione unisce il gres
porcellanato spazzolato effetto resina a
colorazioni nuove e decori ispirati alla na-
tura, dalle foglie tropicali ai fiori che sboc-
ciano. La serie è disponibile nelle lastre di
grande formato ed è disponibile in nove
colori e 11 pattern che richiamano la deco-
razione realizzata a mano con spatola, e in
particolare le tecniche di intonaco venezia-
no. Nella foto, una lastra con decorazione
Jungle Green diventa parete d’accento.
Materiali / Materials
gres porcellanato /
porcelain stoneware
Finiture / Finishes
Jungle Green
Dimensioni / Dimensions
120 x 260 cm / 120 x 120 cm
Nature Mood
La linea di Florim dedicata alla natura ri-
chiama la bellezza del marmo e del legno
con lastre in gres porcellanato di vario for-
mato. Per quanto riguarda l’effetto legno,
sono disponibili sei diverse finiture e una
grande varietà di moduli per pose tradizio-
nali, a spina ungherese o a rombo. Le lastre
ispirate ai marmi, con dimensioni che van-
no dai 60 x 120 cm fino a 120 x 280 cm, sono
libere reinterpretazioni in cinque varianti,
di grande impatto visivo e disponibili con
finitura Glossy o Comfort.
Materiali / Materials
gres porcellanato /
porcelain stoneware
Finiture / Finishes
Rainforest
Dimensioni / Dimensions
120 x 280 x 0.6 cm (spessore / thickness)
domus 1071 Settembre September 2022
Part of the Signature Collection by RAK
Ceramics, this collection combines res-
in-effect brushed porcelain stoneware with
new colours and patterns inspired by nature,
from tropical leaves to flowers in bloom.
The series is available in large-format tiles
and comes in nine different colours and
eleven pattens that recall the decoration
done by hand with a spatula, and in particu-
lar traditional Venetian plastering tech-
niques. In the photo, a tile with Jungle Green
pattern becomes an accent wall.
RAK Ceramics
www.rakceramics.com
The range from Florim dedicated to nature
conjures up the beauty of both marble and
wood with tiles in porcelain stoneware of
various formats. In terms of the wood effect,
six different finishes are available and a
large variety of modules for traditional lay-
ing, Hungarian herringbone or diamond
pattern. The tiles inspired by marbles, with
dimensions that go from 60 x 120 cm up to
120 x 280 cm, are free reinterpretations in
five version of great visual impact and avail-
able with Glossy or Comfort finish.
Florim
www.florim.com
domus 1071 Settembre September 2022
Statuario Sagevan®
Con il loro fondo bianco purissimo e le
poche venature sinuose grigio chiaro, le
lastre di marmo dell’azienda carrarese
SaGeVan sono un’esperienza immersiva
in uno dei materiali nobili più amati di sem-
pre. Proposto sotto forma di lastre, mar-
mette o tagli su misura con finitura lucida
o levigata, Statuario Sagevan® è estratto
in blocchi da 300 x 170 x 170 cm dalla cava
Calocara Bettogli n° 102-A nelle Alpi Apua-
ne, cava da cui provengono i migliori marmi
bianchi, bianchi venati e colorati di Carrara.
Materiali / Materials
marmo / marble
Finiture / Finishes
lucida / polished
Dimensioni / Dimensions
300 x 170 cm (formato blocco / bloc size)
With their pure white background and
sparse, sinuous, light grey veins, the marble
slabs from Carrara company SaGeVan are
an immersive experience in one of the finest
and best-loved materials of all times. Pro-
posed in the form of slabs, tiles or cut to
size with a polished or smooth surface,
Statuario Sagevan® is extracted in blocks
of 300 x 170 x 170 cm from the Calocara
Bettogli quarry n° 102-A in the Apuan Alps,
a quarry from which come the best white,
white veined and colour marbles in Carrara.
SaGeVan
www.sagevanmarmi.com
Fluctus
La nuova collezione dell’azienda vicentina
Margraf è un gioco di chiaroscuri nati dalle
esplorazioni 3D sulle lastre di marmo. È
stata concepita all’interno del Margraf In-
novation Lab, il nuovo Dipartimento di Ri-
cerca & Sviluppo con sede a Chiampo
(Vicenza), nonché centro creativo forte-
mente voluto da Silvio Xompero, presiden-
te dell’azienda, in cui artisti, designer e
tecnici esplorano e interpretano le possi-
bilità del marmo. Fluctus è il risultato delle
nuove frontiere di lavorazione di questo
materiale nobile in chiave quasi sartoriale.
Sulla pietra vediamo ricreati gli effetti di un
moto ondoso che ricorda quello del mare,
e in particolare quello della sabbia sul fon-
dale. Grazie alla particolare lavorazione
superficiale tridimensionale, che alterna
parti lucide e opache, quando la luce colpi-
sce le lastre a parete, le fa sembrare sem-
pre in movimento. Fluctus Collection è di-
sponibile in quattro varianti che prendono
il nome di un mare – Mediterraneo, Egeo,
Ionio e Tirreno – nelle pietre Fior di Pesco
Carnico® (di cui Margraf detiene l’unica
cava esistente al mondo), Crema Nuova e
Grigio Carnico.
Materiali / Materials
marmo / marble
Finiture / Finishes
Tirreno Grigio Carnico
Dimensioni / Dimensions
80 x 80 x 2 cm (spessore / thickness)
Ocean Collection
La nuova collezione Ocean by Quartzfor-
ms di Scapin Group indaga la bellezza
dell’oceano attraverso le venature dell’ag-
glomerato di quarzo tecnico a tutta massa.
Le lastre della collezione sono caratteriz-
zate da una vena larga e ondosa che nel
dipanarsi crea una rete di piccole venature.
Qualità di questo materiale è la resistenza
ad abrasioni, scalfitture, agenti chimici ag-
gressivi e calore, oltre a essere atossico e
non poroso. È disponibile nelle quattro va-
rianti Midnight, Artic, Lagoon e Reef.
Materiali / Materials
quarzo / quartz
Finiture / Finishes
Ocean Midnight
Dimensioni / Dimensions
320 x 155 cm
Superfici / Surfaces RASSEGNA LVI
The new collection from Vicenza-based
company Margraf is a game of chiaroscu-
ro born out of 3D explorations on slabs of
marble. Conceived within the Margraf In-
novation Lab, the new department of re-
search and development based at Chiam-
po (Vicenza) and a creative centre that was
much-desired by Silvio Xompero, president
of the company, in which artists, designers
and technicians explore and interpret the
possibilities of marble, Fluctus is the result
of new frontiers of working with this fine
material in an almost sartorial way. On the
stone we see recreated the effects of a
wavelike movement that recalls that of the
sea, and in particular that of the sand on
the seabed. Thanks to the particular three-di-
mensional treatment of the surface that
alternates shiny and matt areas, when the
light hits the tiles on the wall it makes them
seem always in movement. Fluctus Collec-
tion is available in four versions each taking
the name of a sea – Mediterraneio, Egeo,
Ionio and Tirreno – in the stones Fior di Pe-
sco Carnico® (of which Margraf has the
only existing quarry in the world), Crema
Nuova and Grigio Carnico.
Margraf
www.margraf.it
Pietra naturale / Natural stone
The new Ocean collection by Quartzforms
from Scapin Group explores the beauty of
the ocean through the veining of the full-
body technical quartz agglomerate. The
slabs in the collection are characterised by
a wide and wavy vein that as it spreads
creates a network of small veins. The qual-
ity of this material is resistance to scratch-
es, abrasions, aggressive chemicals and
heat, as well as being non-toxic and non-po-
rous. It is available in four versions: Midnight,
Artic, Lagoon and Reef.
Quartzforms
www.quartzforms.com
 LVII RASSEGNA Superfici / Surfaces
Altri materiali / Other materials
Microtopping®
Ideal Work propone un composto di mi-
crocemento e polimero liquido atossico
per rispondere a numerose esigenze este-
tiche e funzionali. La facilità di applicazione
e lo spessore di 3 mm lo rendono ottimale
per ricoprire superfici orizzontali e vertica-
li, sia da interno che da esterno, senza dover
demolire le finiture preesistenti. L’assenza
di fughe garantisce una soluzione di conti-
nuità mentre la duttilità del materiale offre
infinite personalizzazioni per quanto riguar-
da tinte, texture o lavorazioni.
Materiali / Materials
microcemento / microcement
Dimensioni / Dimensions
3 mm (spessore / thickness)
Ideal Work offer a composite of micro-ce-
ment and non-toxic liquid polymer that is
able to respond to a number of aesthetic
and functional demands. Ease of application
and a thickness of 3 mm make it an excellent
product for covering horizontal and vertical
surfaces, both inside and outside, without
having to demolish existing finishes. The
absence of joints ensures a continuous
surface and the flexibility of the material
offers infinite customisation in terms of
colour, texture or treatment.
Ideal Work
www.idealwork.it
Whimsy Collection
Presentata alla Triennale di Milano, la
collaborazione tra Abet Laminati e lo stilista
austriaco Arthur Arbesser trionfa in una
collezione di laminati che uniscono in modo
naturale moda e design. Nato a Vienna nel
1983, dopo aver studiato alla Central Saint
Martins di Londra Arbesser ha scelto Mila-
no per fondare il suo brand nel 2013. L’inte-
resse per la stampa e il colore sono un suo
segno distintivo perfettamente declinabile
nel mondo del progetto spaziale, come
hanno intuito Giulio Iacchetti e Matto Ragni,
design curator di Abet. “È stato forse un
capriccio curatoriale, ma anche il tentativo
d’immaginare un modo domestico e archi-
tetturale rivestito con le stesse geometrie
e i medesimi stravaganti colori”, spiegano.
La collaborazione ha portato a sei decori
caratterizzati da toni vintage, colori accesi
ed effetti optical, come nel caso della rivi-
sitazione del quadretto Vichy in chiave tri-
dimensionale o della trama dentata ZigZag,
così come da pattern più indefiniti e orga-
nici come in Cabbage, nato da un cavolo
cappuccio tagliato a metà, e Sprinkle, che
ricorda un campo fiorito in chiave astratta.
Materiali / Materials
laminato / laminate
Finiture / Finishes
Vichy, Cabbage, Stripes, Tiles,
Sprinkle, ZigZag
Dimensioni / Dimensions
variabili / variable
Metal-Morphosis Collection
Presentate al Fuorisalone, le lastre arti-
stiche in metallo di Planium – TGroup sono
uniche e irriproducibili, realizzate con una
tecnica di ossidazione controllata. I lavori
spaziano tra arte e design, con lastre pen-
sate per la posa a pavimento, arazzi da
parete come Calypso di Işıl Çağatay, oppu-
re vere e proprie sculture come nel caso di
Wave11 (nella foto), disegnata da Maurizio
Galante e Tal Lancman, realizzata con 200
lamine di ottone, intagliate a laser, model-
late, assemblate e ossidate a mano.
Materiali / Materials
metallo / metal
Finiture / Finishes
Lunar (pavimento / floor),
Wave 11 (arazzo / tapestry)
Dimensioni / Dimensions
variabili / variable
domus 1071 Settembre September 2022
Presented at the Milan Triennale, the
collaboration between Abet Laminati and
Austrian designer Arthur Arbesser triumphs
in a collection of laminates that bring fash-
ion and product design together in a natu-
ral way. Born in Vienna in 1983, after study-
ing at Central Saint Martins in London,
Arbesser choose Milan to establish his
brand in 2013. The interest in print and colour
are his distinctive hallmark perfectly appli-
cable to the world of spatial design, as Gi-
ulio Iacchetti and Matteo Ragni noticed,
design curators of Abet, “It was perhaps a
curatorial whim but also an attempt to im-
agine a domestic and architectural way to
clad with the same patterns and the same
exuberant colours”, they explain. The col-
laboration has resulted in six patterns
characterised by vintage tones, bright col-
ours and optical effects, as in the case of
the reworking of the Vichy square in a three
dimensional version or the ZigZag pattern,
as well as more indefinite and organic pat-
terns such as Cabbage, based on a cabbage
cut in half, and Sprinkle, that recalls an ab-
stract interpretation of a meadow of flowers.
Abet Laminati
www.abetlaminati.com
Presented at the Fuorisalone, the artistic
metal sheets from Planium – TGroup are
unique and unrepeatable, made with a tech-
nique of controlled oxidisation. The works
span the fields of art and design, with sheets
conceived for laying on the floor, wall hang-
ings such as Calypso by Işıl Çağatay, or
real sculptures such as the case of Wave11
(in the photo), designed by Maurizio Galan-
te and Tal Lancman, made with 200 sheets
of brass, laser-cut and shaped, assembled
and oxidised by hand.
Planium – TGroup
www.planium.it
 domus 1071 Settembre September 2022
Una casa serena e introversa a Ravenna
“I progetti sono i figli del nostro pensiero
e meritano un nome proprio”, sostiene
l’architetto Giovanni Mecozzi.
Come casa Mirella, suo lavoro recente, che
deve l’appellativo al nome della proprietaria.
In un tipico fabbricato del centro storico
di Ravenna, all’interno di un lotto gotico di
Borgo San Biagio, la residenza è pensata
per una coppia in pensione in cerca del
“luogo della serenità”. Nonostante l’assenza
di vincoli, il progettista – con i collaboratori
Cecilia Verdini, Filippo Minghetti e Rebecca
Ghetti – decidono di mantenere l’edificio
originario e optano per un “intervento
silenzioso”, nascondendo gli innesti
contemporanei all’interno.
I pochi interventi nuovi sono inoltre mirati
alla rilettura del fabbricato originario. C’è il
volume rivolto verso la corte interna, frutto
della demolizione e ricostruzione di annessi
e superfetazioni riassemblati in un unico
corpo. E poi il taglio longitudinale nel soffitto
che collega visivamente il soggiorno con il
cielo e fa emergere il volume superiore nella
sua originaria lettura storico-tipologica.
Gli arredi su misura, alla stregua di elementi
architettonici, contribuiscono a creare e
ad articolare gli spazi. “In questo dialogo
tra arredo e fabbricato, la collaborazione
continua con gli artigiani è stata
fondamentale”, spiega Mecozzi: dalla cucina
alla grande libreria della zona giorno, fino
alla scala di metallo. Nel patio esterno, poi, le
Photo Simone Bossi
opere in ferro collegano i livelli del giardino
e creano fioriere, armadi e porte, in dialogo
con i materiali della tradizione, come le
tavelle di recupero della pavimentazione.
Photo Angelo Ciccolo
In alto: la grande libreria su misura
(Idea Legno) coordinata con il colore delle
finestre e delle porte esterne (Edilpiù).
Sopra: la corte interna, con la grande
scala di ferro (Lodi Costruzioni) che
collega i diversi livelli e la pavimentazione
con tavelle di recupero. Sopra, a destra:
i due passaggi ad arco svelano il volume
originario del fabbricato; l’esterno
dell’edificio frutto di un intervento
conservativo
Superfici / Surfaces RASSEGNA LVIII
Testo/Text Elena Sommariva
A serene and reserved home
in Ravenna
“Designs are the offspring of our ideas
and deserve a name of their own,” states
the architect Giovanni Mecozzi. Like casa
Mirella, his latest project, which owes its
name to its owner. In a traditional home in
the historic centre of Ravenna, in an ancient
section of Borgo San Biagio, the residence
was built for a retired couple looking for
a “place of serenity”. Despite there being
no legal obligations, the architect – with
his collaborators Cecilia Verdini, Filippo
Minghetti and Rebecca Ghetti – chose to
keep the original building and opted for a
“silent intervention”, hiding integrations on
the inside. Those few new interventions
intend to reread the original building. There
is the volume facing the inner courtyard, the
result of a demolition and reconstruction of
attached buildings and additions regrouped
into a single unit. Plus, the longitudinal layout
of the ceiling that visually connects the living
room with the sky and allows the upper
volume to emerge in its original historical-
typological interpretation. The custom
furniture, just like the architectural elements,
contributes to creating the spaces.
“In this dialogue between furniture and
construction, our collaboration with artisans
was fundamental,” explains Mecozzi: from
the kitchen to the bookcase and the metal
staircase. The outdoor patio hosts works in
iron that connect the levels of the garden
and create planters, storage and doors,
in dialogue with the salvaged floor tiles.
Interni / Interiors
Photo Angelo Ciccolo
Photo Simone Bossi
• Top: the large customised bookcase
(Idea Legno) matching the colour of the
windows and doors outside (Edilpiù).
Above: the inner courtyard, with the
large iron staircase (Lodi Costruzioni)
connecting the various levels and the
floor with salvaged tiles. Above, right:
two arched passages reveal the original
volume of the building; a conservative
intervention on the exterior
LIX DIARIO
Marziani / Martians
Incontri fuori dall’ordinario / Out of the ordinary encounters
Massimiliano
Finazzer Flory
Testo /Text Walter Mariotti
Nato a Monfalcone nel 1964,
Massimiliano Finazzer Flory
è attore, drammaturgo e
regista teatrale. Vive e lavora
tra Milano e New York.
Dirige tre collane editoriali
con ETAS, Edizioni San Paolo,
Skira Editore e collabora con
il Corriere della Sera. Nel 2019
produce il lungometraggio
Essere Leonardo da Vinci.
Nel 2021 realizza Dante
in Duomo, lettura integrale
della Divina Commedia.
Nell’aprile 2022, sono iniziate
le riprese del suo ultimo film,
Altri comizi d’amore.
Illustrazione Felix Petruška
• Born in Monfalcone in 1964,
Massimiliano Finazzer Flory
is an actor, playwright and
theatre director. He lives and
works in Milan and New York.
He directs three publishing
series with ETAS, Edizioni
San Paolo and Skira Editore,
and also collaborates with
Corriere della Sera. In 2019
he produced the feature film
Essere Leonardo da Vinci.
In 2021 he held Dante in
Duomo, the integral reading
of the Divine Comedy. In April
2022 he began shooting his
latest film, Altri comizi d’amore.
“Il talento è ciò che colpisce un bersaglio che altri
non sanno colpire. Il genio è quello che colpisce un
bersaglio che altri non sanno vedere”. Mi saluta con le
parole di Arthur Schopenhauer Massimiliano Finazzer
Flory, drammaturgo, regista, scrittore, ma soprattutto
personalità poliedrica che ha scelto di vivere mettendo
in scena le relazioni tra passato e presente, memoria e
futuro, padri e figli. Una decisione presa “nel mezzo del
cammin di nostra vita”, per dirla con l’altra stella fissa
del suo pantheon personale che, all’inizio degli anni
Novanta, gli fa abbandonare una traiettoria borghese e
un brillante esordio di carriera politica per cedere a una
seduzione: il richiamo delle sirene del palcoscenico,
la magia di quello che non fu mai, eppure si rinnova
sempre. “L’offerta produce la domanda. Io offro e
allora qualcuno domanda. Io faccio cultura e questo
è il cammino della cultura, che nasce dal raccogliere
le briciole del banchetto. La cultura è, però, anche
erotismo, seduzione, fascino. Ma Eros sta insieme con
Penìa, la povertà. Per questo, chi fa cultura è in perenne
cammino, non è mai arrivato e deve offrire sempre.
Come Dante, come Leonardo, come Verdi. Perché nel
dono avviene la cultura. Perché il dono è la casa della
cultura”. Casa, o meglio domus, è un concetto centrale
per Finazzer Flory, tanto quanto padre e città.
“Domus per me è una metafora, è l’immagine della
coabitazione. Noi coabitiamo soprattutto con la storia.
L’architettura riguarda soprattutto la relazione con
il passato, il già costruito, la fatiscenza. Il teatro è una
forma di architettura perché è sempre il luogo della
narrazione tra presente e passato. L’architettura ci dà le
case, la letteratura ci fa uscire dalle case e conoscere
la città, la più straordinaria esperienza di convivenza
umana, affascinante quando è in contraddizione.
Se le città sono contraddittorie saranno città, se invece
smettono di essere vaghe e confuse si urbanizzano,
diventano il luogo della sostenibilità retorica”. Da oltre
20 anni, la sua vita è un movimento incessante nel
tempo e nello spazio, che l’ha condotto a rappresentare
le biografie degli italiani in ogni parte del mondo.
“Sono un immigrato della parola, ma l’italiano
è sempre un immigrato, sempre fuori confine e, in
questo, sconfinato. L’italiano ha la propria dimora nel
movimento, da portatore di quell’universalità che si
incarna nella bellezza. Per questo, il santo, il navigatore
e il poeta coincidono, perché sono la stessa figura alla
ricerca perenne della bellezza. Io ho cercato di essere
un po’ tutti e tre”. Per riuscirci e continuare il cammino,
sta lavorando a una rivisitazione dei Comizi d’amore
di Pier Paolo Pasolini. Un cinema poetico, dunque,
perché “il teatro è la mia vita, le biografie sono la mia
vita, ma sono sempre più impegnato nel cinema
di poesia, d’amore, perché mai come adesso c’è
bisogno di raccontare l’amore per immagini”.
Nella sua ricerca attuale c’è, però, anche la realtà
sociale, soprattutto quella del Novecento italiano
che vive ancora di stereotipi.
“Sto girando un film su Giuseppe Fumagalli, l’inventore
della Candy, uno dei grandi dimenticati del Novecento.
L’emancipazione della donna, in Italia, è passata in gran
parte attraverso di lui, attraverso le lavatrici”.
Prima di salutarci, Finazzer Flory alza lo sguardo verso
lo skyline di Milano. “Una città che ho scelto, non
subìto. Per me Milano è la città dei figli, dove vorrei
che stessero sempre, accolti nella sua maternità.
Perché la città è materna, se non fa figli e non sa o non
vuole tenerli, che madre è? Io voglio una città madre,
feconda, che faccia famiglia. Sarà politicamente
scorretto, ma la vedo così”.
domus 1071 Settembre September 2022
• “Talent hits a target no one else can hit. Genius
hits a target no one else can see.” Massimiliano
Finazzer Flory greets me with the words of Arthur
Schopenhauer. A playwright, director and author,
Finazzer Flory is above all a versatile figure who has
chosen to live by staging the relationships between
past and present, memory and future, fathers and
sons. It was a decision he made “midway upon the
journey of our life”, in the words of Dante, another
member of his pantheon who, in the early 1990s,
inspired him to abandon his bourgeois path and brilliant
debut in politics, and instead pursue a passion: the
siren’s call to the stage, the magic of what never was
yet is always new. “Offer creates demand. I offer and
then someone demands. I produce culture and this
is the path of culture, which is born by gathering the
crumbs from a banquet. But culture is also eroticism,
seduction and fascination. But Eros comes with Penia,
i.e. poverty. That’s why anyone who makes culture
is on a constant journey, never reaching the final
destination and always offering. Like Dante, Da Vinci
and Verdi. But culture is a gift. Because a gift is the
home of culture.” The home, or rather the domus, is a
pivotal concept for Finazzer Flory, just as father and
city are. “For me, the domus is a metaphor, the image
of cohabitation. We cohabit above all with history.
Architecture especially concerns the relationship with
the past, to what is already built, to disrepair. Theatre is
a form of architecture, because it’s always the place
of storytelling between present and past. Architecture
gives us homes; literature lets us leave our homes
and encounter our cities, which represent the most
extraordinary experience of human coexistence.
They’re fascinating when they’re contradictory. Cities
are cities when they’re contradictory, but if they stop
being vague and confused, they become urbanised,
places of rhetorical sustainability.” For over 20 years,
his life has incessantly moved across time and space,
which has led him to portray the life stories of Italians all
over the globe. “I’m an immigrant of words, but Italians
are always immigrants, always outside boundaries,
and in this sense they are boundless. Italians have a
home in motion; they are bearers of a universality that
is embodied in beauty. That’s why the saint, the sailor
and the poet coincide, because they are the same
figure in a never-ending search for beauty. I’ve tried to
be a little of all three.” To succeed and remain on this
path, Finazzer Flory is working on a revisitation of the
Comizi d’amore (“Love Meetings”) by Pier Paolo Pasolini.
It is therefore a kind of poetic cinema, because “theatre
is my life, biographies are my life, but I’m more and
more engaged in poetic cinema, one of love, because
now more than ever we need to recount love through
images.” In his current research, however, there is
also social reality, particularly social developments
in 20th-century Italy, which still thrive on stereotypes.
“I’m making a film on Giuseppe Fumagalli, the inventor
of Candy, one of the forgotten greats of the past
century. In Italy, the emancipation of women mostly
passed through him, through his washing machines.”
Before saying farewell, Finazzer Flory looks up at the
skyline of Milan. “It’s a city that I chose, not one I was
subjected to. For me, Milan is the city of our children,
where I wish they’d stay forever, embraced in its
motherhood. Because a city is motherly.
If it has no children and doesn’t know how or want
to keep them, what mother is she? I want a mother-
city, fertile, that creates a family. Maybe it’s politically
incorrect, but that’s how I see it.”
Galleria Nazionale
dell’Umbria
L’accessibilità diventa accoglienza /
Accessibility fosters openness

Promosso da / Advertorial by
LXI
Inaugurato lo scorso primo luglio,
il nuovo allestimento del museo
interpreta la tradizione con
approccio e linguaggio inediti
Alessandro Benetti
La configurazione delle sale della Galleria
Nazionale dell’Umbria (GNU) di Perugia
è rimasta sostanzialmente invariata
per circa 15 anni da quando, nel 2006, si
è conclusa la riorganizzazione che ha
interessato il secondo e il terzo piano. Il
riallestimento completo, progettato da
Daria Ripa di Meana e Bruno Salvatici
e inaugurato lo scorso primo luglio, si
relaziona a questo stato di fatto senza
farne tabula rasa. Piuttosto, ne conserva
gli elementi più validi, ne corregge i
principali difetti con interventi anche
consistenti e ne rafforza la coerenza
d’insieme. Nel panorama affollato
dei musei italiani, la GNU può vantare
almeno un primato, peraltro valido alla
scala mondiale: nessuna collezione
comprende un numero così elevato di
opere di Pietro di Cristoforo Vannucci, più
noto come il Perugino. A questo insieme
ragguardevole e all’imponente corpus di
dipinti prevalentemente di soggetto sacro,
databili in gran parte tra il XIII e il XVIII
secolo, la galleria aggiunge oggi anche un
breve ma significativo approfondimento
su due dei principali artisti umbri del XX
secolo, Alberto Burri e Gerardo Dottori. Il
museo dichiara di volersi rinnovare senza
rotture e l’allestimento di Ripa di Meana
e Salvatici si allinea a questo approccio:
“Tradizione e innovazione sono i due poli
all’interno dei quali s’inserisce il nuovo
percorso espositivo”, dichiarano gli autori.
La trasformazione del Palazzo dei Priori,
sede della GNU dal 1878, si mostra già
nei suoi spazi di rappresentanza e di
accoglienza al pubblico.
L’atrio è valorizzato da un progetto
d’illuminazione che ne enfatizza
l’ampiezza e ne sottolinea gli elementi
di più chiara ascendenza medievale
– le volte, i costoloni, le finestre a ogiva –
mentre il bookshop è esteso e arricchito.
In parallelo, il programma della GNU
si arricchisce di nuove funzioni che
trovano spazio in aree in precedenza non
accessibili. La creazione di un laboratorio
di restauro conferma la volontà del
museo di farsi polo di riferimento per la
conservazione dell’arte antica; un’aula
didattica attrezzata si propone come
spazio d’incontro e di divulgazione; infine,
una biblioteca di storia dell’arte di circa
30.000 volumi s’insedia nella sala del Grifo
e del Leone. Nella prima sala il bancone
dell’accoglienza s’ispira, nelle forme e nel
colore, al logo della GNU e, nel concept, al
In apertura: Sala 16, Perugino, l’età dell’oro.
in primo piano i Miracoli di San Bernardino
di Pietro di Cristoforo Vannucci detto
il Perugino, Bernardino di Betto detto il
Pinturicchio, Sante di Apollonio del Celandro
(?), Pierantonio di Niccolò da Pozzuolo (?).
In questa pagina. In alto a sinistra: due
immagini della Sala 4, Duccio di Boninsegna
e la sua eredità a Perugia. A destra: Sala
1, L’arte del Duecento in Umbria. In primo
“design for all”. Progettato dall’architetto
Maria Elena Lascaro e realizzato da Ciam,
ha altezze differenziate e una sezione
rastremata e priva di spigoli per garantire
accessibilità, percettibilità e inclusività.
La riprogettazione delle 39 sale
trae ispirazione innanzitutto da due
considerazioni di carattere prettamente
museografico. Da un lato, come spiegano
Ripa di Meana e Salvatici, “la proliferazione
delle opere si presenta come uno dei
maggiori limiti dell’ordinamento attuale”
perché sovraccarica il visitatore di
stimoli e compromette la leggibilità
degli ambienti monumentali in cui sono
collocate. Per questo, il nuovo allestimento
ne riduce il numero, ma ambisce a
configurare spazi e dispositivi flessibili, in
grado di accogliere focus temporanei da
affiancare all’esposizione permanente.
Al contempo, si sceglie di privilegiare un
ordinamento rigorosamente cronologico,
per esempio rifiutando la suddivisione
tra le varie arti applicate, che impedisce
d’individuare i legami tra le diverse
esperienze artistiche dello stesso
periodo storico. Eccezione alla regola,
tutti i lavori del Perugino, prima distribuiti
in sette sale, sono ora raggruppati in due
piano, il nuovo bancone per l’accoglienza
ispirato ai principi del “design for all”.
Pagina a fronte. In alto a sinistra: due
immagini della Sala 5, Il primo Trecento,
tra suggestioni fiorentine e senesi.
In alto a destra: Sala 7, Il Trecento maturo
tra Umbria e Siena. In basso: Sala 33,
Il Barocco romano. Tra le opere esposte,
Il Polittico di San Francesco al Prato e la
Pentecoste di Taddeo di Bartolo
soli ambienti, dove si combinano in una
narrazione ininterrotta, che permetta di
cogliere la coerenza e l’evoluzione tra
le diverse fasi della sua produzione. A
partire da questi assunti, l’allestimento
di Ripa di Meana e di Salvatici affronta
i grandi temi propri di questa tipologia
di progetto. Il rapporto tra uniformità e
varietà, particolarmente rilevante nel
caso delle collezioni permanenti, che
richiedono soluzioni in grado di valorizzare
la specificità di ogni opera, di garantirne
la migliore fruizione, ma anche di definire
una continuità, un’immagine coordinata
che attraversa lo spazio espositivo e
ne rappresenta il racconto. In secondo
luogo, la questione del livello di ‘visibilità’
dell’allestimento stesso in rapporto
ai contenuti che supporta e, in casi
come la GNU, anche agli spazi storici
in cui s’inserisce. In campo italiano, i
riferimenti più alti in questo senso restano
probabilmente gli esperimenti dell’epoca
eroica, tra gli anni Cinquanta, dei musei
genovesi di Franco Albini – Palazzo Bianco
(1949-1951), Palazzo Rosso (1952-1961) e il
Tesoro della Cattedrale di San Lorenzo
(1952-1956) –, degli inserti di Carlo Scarpa
a Palazzo Abatellis a Palermo (1950-
 LXII

1953) e al Castelvecchio di Verona (dal di specialisti di altre discipline.

1957), e ancora della scomparsa ma
indimenticabile sala della Pietà Rondanini,
allestita dai BBPR al Castello Sforzesco di
Milano (1956). Nella rarefazione delle sale
risuonano gli echi di quelle esperienze. Il
linguaggio resta sommesso: le superfici
sono monomateriche – le pareti
d’intonaco bianco, i pavimenti di cotto –, i
passaggi tra le sale sono varchi talvolta
ritagliati nella muratura e senza contorno,
talvolta commentati dalle antiche cornici
di pietra; i sistemi di fissaggio delle opere
sono pressoché invisibili e i volumi che ne
supportano alcune sono solidi astratti e
monocromatici. Un attento processo di
sottrazione di tramezzi, partizioni e altri
elementi d’arredo incongrui fa risaltare
tanto i dipinti quanto l’architettura del
Palazzo dei Priori. In particolare, torna
apprezzabile nella sua unitarietà il loggiato
a tre arcate affacciato su corso Vannucci,
parte della risistemazione del piano
nobile progettata a metà del XVI secolo
dall’architetto perugino Galeazzo Alessi.
Un allestimento museale, tanto più se
dedicato a opere antiche e delicate,
richiede la messa a sistema delle
competenze dell’architetto con quelle
Così, il rinnovamento è completato
dal perfezionamento dei dispositivi
dedicati, tra le altre cose, al monitoraggio
microclimatico, a quello della presenza
entomologica, all’abbattimento degli
inquinanti, al controllo del rischio sismico
e alla facilitazione della manutenzione.
Particolare attenzione è posta alla
gestione della luce naturale, con la
riorganizzazione delle schermature
delle superfici vetrate, e artificiale, con il
miglioramento dell’illuminazione puntuale
delle opere. Rilevatori di presenza
abbassano le luci in assenza di visitatori,
riducendo i consumi. Il progetto di Ripa
di Meana e Salvatici, condotto con il
fondamentale contributo alla direzione
dei lavori di Maria Elena Lascaro, è un
esempio di aggiornamento sensibile e
intelligente di un museo in cerca di rilancio.
Nelle parole dei progettisti, “il risultato
è un percorso espositivo più asciutto,
improntato a un maggior rispetto del
criterio cronologico per comunicare
con efficacia il principio di unitarietà
dei linguaggi figurativi e per garantire ai
fruitori una più immediata comprensione
dell’eccezionale iter dell’arte umbra”.

• Opening page: Room 16, Perugino, the
golden era. Foreground, Miracles of St.
Bernadino by Pietro di Cristoforo Vannucci,
known as il Perugino, Bernardino di Betto
known as il Pinturicchio, Sante di Apollonio
del Celandro (?), Pierantonio di Niccolò
da Pozzuolo (?).
Opposite page: top left, two images of
room 4, Duccio di Boninsegna and his
legacy in Perugia. Right: Room 1, 13th-
century art in Umbria. In the foreground,
the new reception desk, inspired by the
principles of “design for all”.
This page. Top left: two images of room 5,
the early 1300s, Florentine and Sienese
influences.
Top right: Room 7, the late 1300s in Umbria
and Siena.
Above: Room 33, Romanesque Baroque.
The works on display include
the Polyptych of San Francesco al Prato
and the Pentecost by Taddeo di Bartolo
LXIII
Inaugurated on 1 July, the new
museum layout interprets
traditions with a brand-new
approach and language
• The layout of the halls in the National
Gallery of Umbria (GNU) in Perugia has
remained more or less unchanged for the
last fifteen years, since the reorganisation,
in 2006, of the second and third floor.
The complete renewal of the layout,
designed by Daria Ripa di Meana and
Bruno Salvatici and inaugurated last July
1, is in relation to this consolidated state
of affairs, without starting entirely from
scratch. Instead, it preserves the most
positive elements, correcting the main
defects where necessary with large-
scale works and rendering the entire
complex more coherent. Within the highly
populated panorama of Italian museums,
the GNU can boast at least one record,
and an international one at that; no
collection contains such a large number
of works by Pietro Cristoforo Vannucci,
better known as Il Perugino. In addition
to this notable achievement, and to the
considerable body of paintings, mostly of
a religious nature and mainly dating back
to between the 8th and 18th centuries, the
gallery now offers a brief yet significant
examination of two of the most important
Umbrian artists of the twentieth century,
Alberto Burri and Gerardo Dottori. The
museum has stated its intention to
renovate without revolutionising, and
the layout designed by Ripa di Meana
and Salvatici is in line with this approach;
“Tradition and innovation will be the two
guidelines on which the new exhibition
layout is based”, stated the designers.
The transformation of the Palazzo dei
Priori, which has been the home of the
GNU since 1878, can already be seen in
its institutional and reception spaces.
The atrium has been enhanced with
a lighting project that emphasises
the ample space and highlights the
elements of clearest Medieval origin -
the vaulted ceiling, the ribs, the lancet
windows - while the bookshop has been
extended and enriched. At the same time,
the programme of the GNU has been
enhanced with new functions housed in
spaces that were previously inaccessible.
The creation of a restoration workshop
is confirmation of the museum’s aim
to become a point of reference for the
conservation of ancient art; an equipped
classroom is provided as a space for
meeting and for education; lastly, an art
history library offering approximately 30
thousand books has been set up in the
In questa pagina, in senso orario dall’alto
a sinistra: Sala 30, Il secondo Cinquecento
tra estetismo e devozione; Sala 8, Gentile
da Fabriano e il tardogotico a Perugia
con il Polittico di Santa Maria Novella
dei Condotti di lello da Velletri e il Polittico
di Pietralunga di Ottaviano Nelli.
Sala 9, L’autunno del Medioevo a Perugia.
Pagina a fronte, in senso orario dall’alto
del Grifo e del Leone hall. In room 1, the
visitor reception desk is inspired by the
shapes and colours of the GNU logo and
the concept of “Design for All”. Conceived
by the architect Maria Elena Lascaro
and made by Ciam, it features varying
heights and a tapered section free of
sharp corners to guarantee accessibility,
perceptibility and inclusion.
The redesigning of the more than 40
halls has been based above all on two
considerations of a mainly museographic
character. On the one hand, explain Ripa
di Meana and Salvatici, “the proliferation
of the works is one of the main limitations
with the current layout” because it
overwhelms the visitor and compromises
the legibility of the monumental spaces in
which they are presented. This is why the
new layout sees a reduction in exhibits,
while aiming to create flexible spaces
and furnishings that allow temporary
focuses to be set up alongside the
permanent exhibition. At the same time,
the decision has been made to favour a
strictly chronological order, for example
avoiding the subdivision of the various
applied arts that hinders the identification
of common threads between the various
a sinistra: Sala 7, Il Trecento maturo
tra Umbria e Siena; Sala 17, Fiorenzo
di Lorenzo; Sala 31, Due esempi
di caravaggismo in Umbria;
Sala 39, Il Novecento. Da sinistra a destra
le opere sono: Nero e Bianco e nero C2
di Alberto Burri, Anda(i)irivieni
di Piero Dorazio e Bissau Hotel à Jaipur
di Adalberto Mecarelli
artistic expressions from the same period
in history. One exception to this rule is
that all the works by Perugino, previously
distributed over seven halls, have
now been brought together in just two
spaces, where they form part of a single
narrative that allows the various phases
of his production to be appreciated. On
the basis of these concepts, the layout
examines the important aspects of this
type of project. The relationship between
uniformity and variety, which require
solutions that are capable of valorising
the specific nature of each work and
optimising fruition while defining a form
of continuity and a coordinated image
that pervades the exhibition space and
represents the concepts being presented.
Then there is the question of the ‘visibility’
of the layout itself in relation to the
content that it presents and, in cases
such as the GNU, also in relation to the
historical spaces that play host. In Italy, the
most important examples of this are most
probably the experiments from the heroic
period of the 1950s seen in the museums
designed by Franco Albini in Genoa -
Palazzo Bianco (1949-1951), Palazzo Rosso
(1952 - 1961) and the Treasure Museum of
 LXIV

the Cathedral of San Lorenzo (1952-1956); combination of the skills of an architect

the works carried out by Carlo Scarpa in
Palazzo Abatellis in Palermo (1950-1953)
and in Castalveccio di Verona (from 1957),
and the past yet unforgettable home of
the Pietà Rondanini designed by BBPR
at Castello Sforzesco in Milan (1956).
The rarefied atmosphere of the halls of
the GNU are filled with the echoes of
these experiences. The style is subdued;
the walls are white plaster, the floors in
terracotta, the passageways from one
hall to another are at times cut into the
walls and left without a boarder, at times
marked by the antique stone frames; the
system used to hang the works is almost
invisible and the volumes on which some
are set are abstract and monochromatic.
An attentive process of subtraction
of partitions and other incongruous
furnishing elements exalts both the
paintings and the architecture of Palazzo
dei Priori. In particular, the loggia with its
three arches facing onto Corso Vannucci,
part of the refurbishment of the main
floor carried out in the mid-16th century
by the Perugia-based architect Galeazzo
Alessi, can once again be appreciated in
its entirety. A museum layout requires a
and those of specialists from other
disciplines, particularly when dealing with
delicate works of art. Thus, the renovation
of the GNU includes the perfecting of
systems dedicated to the monitoring of
microclimate and the presence of insects,
the reduction of pollutants, the controlling
of earthquake risk and the facilitating
of maintenance. Particular attention
has been paid to the management of
natural light, with the reorganisation of
screens for windows, and artificial light,
with the improvement of the system
for illuminating the works, often through
the use of profile spotlighting. Presence
sensors automatically lower the lights
in the absence of visitors, allowing for a
reduction in energy consumption. The
refurbishment project is an example of a
sensitive and intelligent modernisation
of a museum seeking to relaunch. In the
words of the designers, “the result is a
more essential exhibition, based on an
increased focus on chronological order to
efficiently express the unity between the
figurative languages and to allow visitors
to more immediately understand the
exceptional story of Umbrian art”. (AB)

• Opposite page, clockwise from top
left: Room 30, the second half of the 16th
century, aestheticism and devotion; room
8, Gentile da Fabriano and the international
gothic in Perugia with the Polyptych
of Santa Maria Novella dei Condotti
by Lello da Velletri and the Polyptych
of Pietralunga by Ottaviano Nelli.
Room 9, the late Medieval in Perugia.
This page, clockwise from top left:
Room 7, the late 1300s in Umbria and Siena;
Room 17, Fiorenzo di Lorenzo; Room 31,
Two examples of Caravaggism in Umbria;
Room 39, The 20th Century. From left to
right the works are: Black and Black and
white C2 by Alberto Burri, Anda(i)irivieni
by Piero Dorazio and Bissau Hotel à Jaipur
by Adalberto Mecarelli
LXV
Un luogo dinamico e solare
dove studiare, riflettere
ed emozionarsi. La nuova GNU
è il sogno divenuto realtà
del direttore Marco Pierini /
A welcoming and positive place
where people can study,
reflect and be moved. The new
GNU is a dream come true
for the director Marco Pierini
Walter Mariotti
Sopra: Marco Pierini, direttore della
Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia
e della Direzione Regionale Musei Umbria
dall’ottobre del 2015. Senese, 56 anni,
ha conseguito una laurea in Estetica
e un dottorato in Archeologia, entrambi
con lode, all’Università degli Studi
di Siena. Pagina a fronte. A sinistra: il
bookshop. A destra: Sala 19, Perugia
e Paolo III, la Sala Farnesiana
Più che un nuovo allestimento, quello
della Galleria Nazionale dell’Umbria
è una rivoluzione. Ad averla fatta il
direttore Marco Pierini, senese, 56 anni,
storico dell’arte di vaglia e manager
culturale raffinatissimo. Qualcosa
d’impensabile in Italia, dove la rivoluzione
è impossibile non tanto perché tutti
si conoscono, come diceva Flaiano,
ma perché i musei sono stretti fra le
Sovrintendenze da un lato e le vestali
del sapere dall’altro, per cui la cultura è
canone immutabile e circolo esclusivo.
Meglio quindi se chiusa, cupa, elitaria.
Pierini, in onore al bastiancontrarismo
dovuto forse alle sue origini, ha fatto
invece un museo aperto, solare
e soprattutto accogliente. Questo
è forse il punto centrale della rivoluzione
pieriniana, in onore anche al concorso
che l’ha portato qui, voluto dal ministro
Dario Franceschini che scardinò
le ritualità della custodia del patrimonio
nazionale. “Da sempre mi batto per
sostituire l’accoglienza all’accessibilità,
perché la seconda è un dato tecnico –
per quanto necessario – mentre la prima
è una prerogativa umana e politica”.
Il primato della nuova GNU si sintetizza
nell’aver rispettato la filologia
e la cronologia superando, però, le
categorie tradizionali della tassonomia
museale grazie al redesign dei criteri di
accoglienza oltre che di visione. Proprio
come fece quel concorso, che selezionò
dieci donne e dieci uomini, dieci italiani e
dieci stranieri (sette veri e tre cervelli in
fuga rientrati), in buona parte alieni
ai diktat delle vestali del patrimonio.
E Pierini, che non ha complessi
di nessun tipo, è stato dissacrante oltre
che rivoluzionario. Non solo affidandosi
a una campagna di comunicazione
irriverente, costruita assieme a profili
social come Taffo, Dio, Osho e le
comunità di Umbria Jazz e Trasimeno
Music Festival che qui sono culti quasi
come quelli per Francesco e Benedetto.
Ma anche ridisegnando la collezione
per coinvolgere gli eterni esclusi della
cultura, quei ‘ggiovani’ di cui in Italia tutti
parlano guardandosi bene dal fare
alcunché. Con l’assistenza di Arguzia
Srl, Pierini ha inventato delle macchine
che fanno girare i quadri per vederli
anche da dietro. Poi ha spostato alcune
opere dalla posizione che avevano
da decenni, poi ha creato nuove sale
dedicate a momenti. Ma, soprattutto,
è partito dal fulcro della collezione,
i fondi oro del 1200, per arrivare al
Novecento degli artisti umbri o di chi ha
scelto l’Umbria come luogo del cuore.
Un percorso capace di unire i punti nella
linea che da Duccio, Beato Angelico,
Piero della Francesca, Perugino
conduce agli esiti novecenteschi di
Alberto Burri, Vittorio Corsini, Roberto
Paci Dalò. Un’interpretazione inedita
che, oltre a dare nuova luce all’antico,
fa entrare nel circuito della visita anche
l’architettura del Palazzo dei Priori –
edificio pubblico della città – che nel
precedente allestimento veniva assai
meno valorizzata. Adesso gli elementi
architettonici – le trifore, i soffitti, le
pareti, i portali scolpiti e soprattutto la
meravigliosa loggia cinquecentesca
di Galeazzo Alessi – restituiscono il
senso complessivo degli spazi. E anche
della città, perché dalle finestre delle
sale ora si vedono tutte le chiese di
Perugia, da cui proviene la maggior
parte delle opere. “I perugini sentono
il museo come una casa. Siamo stati
felici di restituirgliela. Ma soprattutto
abbiamo pensato ai giovani, perché il
nostro pubblico sono loro. Quando sono
arrivato ero il più giovane, ma adesso
sono quasi il più vecchio, circondato
da un meraviglioso staff che in parte
ho ereditato e in parte mi sono scelto,
e che nel complesso è preparatissimo,
giovane, dinamico, entusiasta”.
Nuova distribuzione degli spazi,
nuovi colori, nuovo dialogo tra le luci
esterne e interne, nuova possibilità di
sedersi ovunque, dai davanzali delle
trifore a bellissime sedute imbottite,
fino a stendersi su grandi panche per
contemplare gli affreschi del soffitto.
Last, but not least, le stazioni di ricarica
per gli smartphone nelle zone di relax,
simbolo di un’idea di museo, in cui
si viene anche per agire, riflettere,
chattare, scrivere, sognare. “Abbiamo
dato finalmente forma al museo che
abbiamo voluto essere in questi anni.
Aperto, accogliente, dinamico, che
organizza mostre, concerti, spettacoli,
letture e molto altro. Custodiamo il
passato ma guardiamo al futuro.
Per questo abbiamo voluto un’immagine
durevole, una cromia più neutra di quelle
oggi di moda. Perché sono le opere
quelle che hanno i colori”, conclude
Pierini con l’understatment di sempre.
Oltre al rinnovamento dello spazio
e dell’ordinamento, il progetto della
GNU – finanziato dal Fondo per lo
Sviluppo e la Coesione – ha previsto
l’implemento e l’evoluzione dei servizi.
Oggi la GNU è così anche un moderno
laboratorio di restauro, uno spazio
didattico, una biblioteca aperta al
pubblico con 30.000 volumi, un sito web
rivisto dalle fondamenta, dotato di ben
cento scansioni in gigapixel realizzate
da Haltadefinizione e affiancato
dalla Galleria digitale, dalla quale è
possibile attingere all’archivio cartaceo
del museo, a quello dei restauri, alla
infinita messe di fotografie. Anche
durante i lavori, alla Galleria non si è
mai smesso di programmare il futuro.
L’appuntamento più vicino è il quinto
centenario della morte del Perugino.
Per celebrarlo, il prossimo anno verrà
allestita una grande mostra dedicata
al pittore in collaborazione con partner
come gli Uffizi, la National Gallery
di Londra, quella di Washington, la
Gemäldegalerie di Berlino. Anche qui
un’idea rivoluzionaria di Pierini: non
prestiti, ma partnership. Uno dei più
grandi poeti del Novecento, Paul Valéry,
diceva: “Non amo eccessivamente i
musei. Ve ne sono molti ammirevoli, non
ce n’è alcuno piacevole”. Peccato che
Valéry non possa vedere la Galleria
Nazionale dell’Umbria. Si ricrederebbe,
come tutti quelli che la pensano,
o credono di pensarla, come lui.

• More than a new layout, the changes
to the National Gallery of Umbria
are revolutionary. A revolution led by
the director Marco Pierini, 56, born in
Sienna, a respected art historian and
extremely refined cultural manager. It is
a situation that is almost unthinkable in
Italy, where revolutions are impossible
not because everyone knows everyone
else, as Flaiano once said, but because
museums are trapped between the
Superintendencies on one side and the
puritans of knowledge on the other, with
their belief that culture is an exclusive
club and not suited to change. Better to
keep it closed, dark and elite. In line with
his contrary nature, perhaps a result of
his origins, Pierini has chosen to create
a museum that is open, positive and
above all welcoming. This is perhaps the
cornerstone of Pierini’s revolution, also
in honour of the public competition that
brought him to this role, with the support
of the minister Dario Franceschini,
who overturned the ritual nature of
the bastions of national heritage. “I
have always fought for openness and
accessibility, because the latter is a
technical necessity, while the former is a
human and political prerogative”.
What makes the new GNU unique can
be summed up by the fact that it has
respected philology and chronology, while
going beyond the traditional categories of
museum taxonomy through a rethinking
of the criteria of openness and vision,
a reflection of that competition, which
selected ten women and ten men, ten
Italians and ten foreigners (seven true
foreigners and three Italians who had
emigrated), the majority of whom were
also fare removed from the diktats of the
guardians of heritage. Pierini, who is free
of all forms of complex, has proven to
be both revolutionary and sacrilegious.
Not only did he promote an irreverent
communication campaign, created
with the collaboration of social network
profiles such as Taffo, Dio, Osho and
the communities involved in Umbria
Jazz and the Trasimeno Music Festival,
who are considered in this area as cult
figures, but he also redesigned the
collection, drawing in figures who had
been eternally excluded from culture;
those “youngsters” that everyone talks
about without actually doing anything.
With the support of Arguzia Srl, Pierini
has invented equipment that turns the
paintings around, to show them from
behind. He then moved a number of
works from the position they had been
in for years, and created new rooms
dedicated to particular moments.
Above all, he focused on the heart of the
collection, the 13th century gold castings,
right up to the 20th-century artists either
from Umbria or who have chosen Umbria
as their home. It is a set-up that unites
da Duccio, Fra Angelico, Piero della
Francesca and Perugino to 20th century
works of Alberto Burri, Vittorio Corsini,
and Roberto Paci Dalò. A completely new
interpretation that, as well as shedding
new light on ancient works, also includes
the architecture of the Palazzo dei
Priori – a public palace –, previously
neglected, in the museum itinerary. Now,
the architectural elements – the triforas,
the ceilings, the walls, the sculpted doors
and above all the wonderful 16th-century
loggia by Galeazzo Alessi – all express
the overall sense of the spaces. The
windows of the rooms offer views of
all the churches in Perugia, the source
of the majority of works. “The people
of Perugia consider the museum their
home. We are delighted to give it back
to them. Our main focus has been
young people. When I came here, I was
the youngest, but now I am practically
the oldest, surrounded by a wonderful
team, some of whom were already here,
while others were chosen by myself.
They are all skilled, young, dynamic and
enthusiastic”.
A new distribution of space, new colours,
a new dialogue between external and
internal lighting, new opportunities for
seating everywhere, from the sills of
the triforas to the beautiful upholstered
seating, to the large benches that are
LXVI
perfect for lying on to contemplate the
frescoed ceilings. Last but not least,
recharging stations for smartphones
have been set up in the relaxation areas,
a symbol of an idea of a museum where
people can act, reflect, chat, write and
dream. “We have finally lent form to
the idea of the museum that we have
dreamed of over recent years.
A museum that is open, welcoming and
dynamic; that organises exhibitions,
concerts, entertainment, readings and
much more. We are guardians of the
past, but we look to the future.
This is why we wanted a lasting image,
a more neutral colour palate than is
currently fashionable. The colour comes
from the artifacts”, concludes Pierini, with
his typical form of understatement.
As well as updating the space and order
of exhibits, the GNU project – financed
by the Development and Cohesion Fund
– also provided for the implementation
and evolution of services. This means
that the GNU is now also a modern
restoration workshop, a didactic space, a
public library with thirty thousand books,
a completely reconstructed website
with one hundred gigapixel scans by
Haltadefinizione and combined with the
“Digital Gallery”, which offers access
to the museum’s physical archive, the
restoration archive and the infinite
collection of photographs. The next event
will be the five-hundredth anniversary
of the death of Perugino. To celebrate,
next year a large-scale exhibition will
be set up in collaboration with partners
including the Uffizi, the National Galleries
of London and of Washington, and
the Gemäldegalerie in Berlin. Once
again, Pierini has been revolutionary;
partnerships instead of loans. As one of
the greatest 20th-century poets, Paul • Opposite page: Marco Pierini, director
of the National Gallery of Umbria and
Valéry, once said: “I don’t like museums
Regional Directorate of Museums of
much. There are some admirable ones, Umbria since October 2015. 56, from
but none is delightful”. It is a pity that Siena, he holds a degree in Aesthetics
Valéry will never see the National Gallery and a PhD in Archaeology, both with
honours, from the University of Siena.
of Umbria. He would change his mind, This page. Left: the bookshop.
just like all those who share, or think they Right: room 19, Perugia and Paul III,
share, his opinion. the Farnesiana room
LXVII
Da Duccio e Beato Angelico
fino ai maestri del Novecento
passando per la collezione
del Perugino più vasta al mondo
Valentina Petrucci
Sopra: Sala 5, Il primo Trecento,
tra suggestioni fiorentine e senesi.
L’opera è la Madonna in trono col
Bambino tra i santi Paolo, Pietro
Celestino e quattro angeli di Marino
d’Elemosina. Pagina a fronte. In senso
orario, dall’alto a sinistra: Sala 10,
La primavera del Rinascimento: Beato
Angelico e Benozzo Gozzoli;
Sala 38, Dal tardo Barocco al primo
Ottocento; Sala 20, Ductus. Roberto Paci
Dalò; Sala 12, Giovanni Boccati e la cultura
figurativa del Quattrocento tra Umbria
e Marche. Le due opere sono Madonna
dell’Orchestra e Madonna del Pergolato
di Giovanni Boccati
Ripensare un museo. Riesaminare
un percorso che possa ospitare
preziosi fondi oro del XIII secolo e
contemporaneamente grandi artisti
del Novecento. Un’impresa per nulla
semplice.
“Ripensare daccapo un museo. Sì
esatto!”, concorda il direttore della Galleria
Nazionale dell’Umbria Marco Pierini.
“Tenere fermo lo sguardo sulla storia e
sulla tradizione, svilupparsi, migliorare:
La sfida è stata trasformare un museo
accessibile in un museo accogliente,
più aperto e arioso, dove il percorso
culturale sia più chiaro ed educativo e
soprattutto consenta il massimo grado di
conservazione delle opere. Per esempio
grazie a finestre che filtrano i raggi solari
oppure a sostegni pensati da noi per
consentire ai restauratori di lavorare
quotidianamente senza particolari
fatiche”.
Le opere guidano il visitatore passo dopo
passo. Duccio di Boninsegna con la
sua Madonna con Bambino e sei angeli,
maestri d’origine come il Maestro di San
Francesco – con la sua croce sagomata
fatta di tempera e oro dove il Cristo, dalle
forme regali e terrene, appare sinuoso,
stravolgendo quasi la forma stessa
della tavola – e gli abili marchigiani, come
Gentile da Fabriano e Lorenzo Salimbeni,
danno il via a un viaggio sentimentale
più attento e delineato. Sculture e
oggetti d’arte fanno da prologo alle sale
rinascimentali dove il Beato Angelico
con il suo polittico sconvolge il visitatore.
Maestoso ed elegante, il Polittico
Guidalotti appare animato da una luce
altera e onesta, ostinata e immortale che
domina lo spazio.
Nella Sala 12, Giovanni Boccati, quasi
indisturbato, si mostra attraverso La
Madonna del Pergolato. Un sunto, una
rielaborazione delle sale precedenti,
un’opera eclettica che guarda nel volto
alla Madonna del Beato Angelico mentre
i santi e gli angeli rimandano ad analoghe
composizioni del Lippi.
Proseguendo incontriamo le due sale che
espongono il nucleo più consistente al
mondo delle opere di Pietro di Cristoforo
Vannucci, più noto come il Perugino, una
dedicata alle opere giovanili mentre l’altra,
al piano inferiore, raccoglie quelle della
maturità.
Piero della Francesca e il Pinturicchio
preparano la strada a uno stravolgimento
di forme e colori che arriva al Barocco
e ai caravaggeschi. Pietro da Cortona
sorprende con la sua Natività della
Vergine, un’opera che si snoda in un
racconto obliquo che parte dall’estremo
lato destro nelle fasce della Vergine e
termina nei panneggi in alto a sinistra
che circondano Sant’Anna. Valentin
de Boulogne incanta: l’artista francese
viene presentato attraverso due delle
opere più note, ovvero Noli me tangere
e Cristo e la Samaritana al Pozzo. Le
ombre e le luci creano una visione
mistica, silenziosa dove la potenza delle
opere sbalordisce all’arrivo. È lungo il
percorso tra i fondi oro. Le tante nuove
sale scandiscono i soggetti religiosi che
segnano un percorso contemplativo
ancor più sofisticato. Roberto Paci Dalò,
musicista e artista visivo italiano, stimola
il visitatore con Ductus, una sorta di linea
cronologica che amplifica la percezione
del tempo e dello spazio legando la
collezione e il nuovo allestimento in un
gioco curioso. Vittorio Corsini, con Riti, è
invece intervenuto per ribadire la sacralità
della Cappella dei Priori, fornendola di un
nuovo altare e di due vetrate colorate a
piombo che rievocano quelle realizzate
da Benedetto Bonfigli alla metà del
Quattrocento e da tempo perdute.
Si arriva così alla fine, all’esplosione
contemporanea del Novencento. Tra le
tante novità troviamo anche nuovi ospiti
come Gerardo Dottori, Piero Dorazio e
Alberto Burri che decretano il cammino
culturale della galleria umbra. Un percorso
non solo nuovo nell’allestimento ma
più tecnico e intellettuale. Il Novecento
viene presentato con una grande forza
seduttiva, una suggestione in cui la
curiosità gioca una parte importante. Un
passaggio fondamentale è quello che
accoglie la contemporaneità appunto,
un ‘evoluzione, un sentimento più aperto
che dischiude una bellezza a tutto
tondo mai mostrata prima a Perugia.
Non una semplice esposizione, ma un
racconto che lega la storia alla bellezza,
la terra umbra a un’arte sofisticata e
piena. Il nuovo allestimento, firmato da
Daria Ripa di Meana e Bruno Salvatici,
finanziato per 5 milioni di euro dal Fondo
Sviluppo e Coesione, offre al visitatore
una fruizione più completa, con alcuni
inserti di opere recentemente acquisite
o richiamate dai depositi come l’Imago
Pietatis di Giovanni Baronzio (morto prima
del 1362); il Salvator Mundi di Melozzo
da Forlì (1438-1494); la Presentazione
di Gesù al tempio di Giovambattista
Naldini (1535-1591), acquistato nel 2018,
bozzetto dell’opera presente in Galleria;
la Madonna col Bambino e Santa
Gertrude di Giuseppe Maria Crespi
(1665-1747); Sant’Anna, San Gioacchino
e Maria Bambina di Francesco Mancini
(1679-1758). Scambi, acquisizioni,
progettazione, idee, apparati testuali e
digitali, progetti multimediali curati da
Magister Art con approfondimenti inediti
come i grandi monitor che riprendono
i dettagli della Pala di Santa Maria dei
Fossi di Pinturicchio e un nuovo bookshop
con la guida della GNU aggiornata. Un
laboratorio di restauro, un’aula didattica e
una grande biblioteca con circa trentamila
testi. La Galleria Nazionale dell’Umbria
racconta una storia nuova articolata
sempre sulla bellezza e sul fascino
dell’arte italiana.
Nato nel 1863 come Civica Pinacoteca
Vannucci, il museo ha raccontato storie,
raccolto opere e modellato Perugia
quale città di riferimento per il patrimonio
artistico italiano. In una sede rinnovata,
piena e vitale, dove persino le finestre e
le vedute rimandano all’arte, la Galleria
Nazionale dell’Umbria ci offre oggi
una nuova lettura, una possibilità in cui
l’eccellenza artistica italiana riesce a far
posto non soltanto alla contemporaneità,
ma anche all’evoluzione tecnologica
che dà ritmo ed energia a un luogo che
disegna un’Italia più vicina ai grandi musei
del mondo. Un luogo fisico e concettuale
in cui il saper progettare e la voglia di
fare mettono il punto e vanno a capo per
iniziare così una nuova storia, una nuova
avventura culturale.

•Opposite page: Room 5, the early 1300s,
Florentine and Sienese influences.
The work shown is the Madonna and child
enthroned with Saints Paul, Peter Celestine
and four angels by Marino d’Elemosina.
This page, clockwise, from top left: Room 10,
The early Renaissance: Fra Angelico
and Benozzo Gozzoli; room 38, from
LXVIII
the late Baroque to the early 1800s;
Room 20, Ductus. Roberto Paci Dalò;
Room 12, Giovanni Boccati
and the figurative culture of the 1400s
in Umbria and Le Marche.
The two works shown are the Madonna
dell’Orchestra and Madonna del Pergolato
by Giovanni Boccati
LXIX
From Duccio and Fra Angelico
to the masters of the 20th
century, with the world’s
largest collection of il Perugino
Sopra: Sala 24, Pinturicchio e la Pala
di Santa Maria dei Fossi. Pagina a fronte,
in senso orario dall’alto a sinistra: Sala 38,
Dal tardo Barocco al primo Ottocento;
Sala 7, Il Trecento maturo tra Umbria e Siena;
Sala 28, Al di là di Perugino: Bernardino
di Mariotto e l’ignoto pittore
di Palazzo Pontani; Sala 2, Le fontane
di Perugia con, in primo piano, Portatrici
d’acqua dello Scultore dell’ultimo quarto
del XIII secolo. Pagina di chiusura: Sala 3,
La cappella dei Priori
• Rethinking a museum. Re-examining
an itinerary that presents both precious
gold castings from the 13th century
as well as great 20th century artists.
A challenging task. “Rethinking a museum
from scratch. That’s right”, agrees the
director of the National Gallery of Umbria
Marco Pierini. “Maintain a focus on
history and tradition. Develop, improve.
The challenge was to transform an
accessible museum into a welcoming
museum, one that is more open and
spacious, where the cultural itinerary is
clearer and more educational, above all
allowing the utmost conservation of the
works. Thanks, for instance, to windows
that filter sunlight or supports designed
in-house to allow our restorers to work
every day without excessive effort”.
The works lead the visitor step by step.
Duccio di Boninsegna with his Madonna
with child and six angels, masters such
as the Master of Saint Francis – with
his cross of tempera and gold, where a
regal and Earthly Christ appears sinuous,
almost transforming the very form
of the panel – or the skilled artists of
Le Marche, such as Gentile da Fabriano
and Lorenzo Salimbeni, pave the way
for a more attentive and defined
sentimental journey.
Sculpture and artefacts precede the
Renaissance rooms, where Fra Angelico
astounds visitors with his polyptych.
Magnificent and elegant, the Guidalotti
Polyptych appears to be composed
with a light that is rarefied and honest,
tenacious and immortal, seeming to
dominate the space. In the twelfth room,
Giovanni Boccati is displayed, almost
undisturbed, with Virgin and child with
saints. A summary, a re-elaboration
of the previous rooms, an eclectic work
that reflects the face of Fra Angelico’s
Madonna, while the saints and angels
are a reference to similar compositions
by Lippi.
Continuing on, we come to two rich and
important spaces which house the most
substantial collection in the world of the
work of Pietro di Cristoforo Vannucci,
better known as il Perugino; one is
dedicated to his earlier works while the
other, on the floor below, brings together
his later productions.
Piero della Francesca and il Pinturicchio
mark a transformation of form and
colour that leads to the Baroque and
the Caravaggisti. Pietro da Cortona
astounds with his Nativity of the Virgin, an
oblique work that leads from the extreme
right among the strips of cloth held by
the Virgin to the drapery in the upper
left that frames Saint Anna. Valentin de
Boulogne enchants. The French artist is
represented with two of his most famous
works; Noli me tangere and Christ and
the Samaritan woman. The shadows
and light create a mystical and silent
vision, where the strength of the works
immediately astound. The series of gold
castings is long.
The many new rooms present the
religious artefacts in a sophisticated
itinerary. Roberto Paci Dalò, an
Italian musician and visual artist,
stimulates visitors with Ductus, a sort
of chronological line that amplifies the
perception of time and space, tying the
collection and the new layout in a curious
and playful manner. With Riti, Vittorio
Corsini highlights the sacred nature
of the Chapel of the Priors, creating a
new altar and two leaded stained-glass
panels that evoke those created by
Benedetto Bonfigli in the mid-1400s
and lost many years ago.
The path comes to an end, with works
from the 1900s. The many new items
include works by Gerardo Dottori,
Piero Dorazio and Alberto Burri, who
characterise the cultural direction of the
Umbrian gallery. The itinerary is new not
only in terms of layout; it is also more
technical and intellectual.
The presentation of the twentieth
century is extremely seductive, with at
atmosphere in which curiosity plays
an important role. One fundamental
step has been to open to modernity;
an evolution, a more open attitude that
brings forth an all-round beauty that
has never before been seen in Perugia.
More than just a simple exhibition, it
is a presentation that brings together
history and beauty, the region of Umbria
and a sophisticated and rich form of
art. The new layout, created by Daria
Ripa di Meana and Bruno Salvatici,
funded with 5 million euros from the
Development and Cohesion Fund, offers
visitors a more complete museum
experience, with the addition of works
either recently purchased or taken from
the deposit, such as Imago Pietatis by
Giovanni Baronzio (circa 1330); Salvator
Mundi by Melozzo da Forlì (1476-1485);
Presentation of Jesus at the temple
by Giovambattista Naldini (1535-1591),
acquired in 2018, a sketch of the work
shown in the gallery; Madonna with
child and Saint Gertrude by Giuseppe
Maria Crespi (1665-1747), Sant’Anna,
San Gioacchino and Maria Bambina by
Francesco Mancini (1679-1758).
Exchanges, acquisitions, planning, ideas,
printed and digital documentation,
multimedia projects by Magister Art,
with detailed studies such as the large
monitors displaying details from the
Santa Maria dei Fossi Altarpiece by
Pinturicchio and a new bookshop with
an updated version of the GNU guide.
Then there is a restoration workshop, a
didactic space and a large library holding
approximately thirty thousand works.
The National Gallery of Umbia tells a new
story, based as always on the beauty
and charm of Italian art.
Founded in 1863 as the Civica
Pinacoteca Vannucci, the museum has
told stories, collected works and given
Perugia a leading role in Italian artistic
heritage. In a renovated, rich and lively
space, where even the windows and
the views draw attention to the art, the
National Gallery of Umbria offers a
new interpretation, an opportunity for
Italian artistic excellence to embrace
not only modernity but also a form
of technological evolution that lends
rhythm and energy to a place that
brings Italy closer to the realms of the
world’s great museums. A physical and
conceptual location in which skilful
design and a desire to act mark the
beginning of a new story, a new cultural
adventure. (VP)

• Above: Room 24, Pinturicchio and the
Santa Maria dei Fossi Alterpiece. This page,
clockwise from top left: Room 38, From the
late Baroque to the early 1800s; room 7,
the late 1300s in Umbria and Siena; room 28,
Beyond Perugino: Bernardino di Mariotto
LXX
and the unknown artist of Palazzo Pontani;
Room 2, The fountains of Perugia with,
in the foreground, Water-bearer
by the Sculptor from the last quarter
of the 13th century. Closing page: Room 3,
the Chapel of the Priors
Inserto / insert
Galleria Nazionale dell’Umbria
L’accessibilità diventa accoglienza /
Accessibility fosters openness
Domus 1071 settembre / September 2022
Promosso da / Advertorial by
Galleria Nazionale dell’Umbria
A cura di / Curated by
Massimo Valz-Gris
Testi di / Texts by Promosso da/Advertorial by
Alessandro Benetti, Walter Mariotti,
Valentina Petrucci
Fotografie di / Photos by
Marco Giugliarelli
Traduzioni / Translations
Daniel Clarke
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