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IL 600 INGLESE

Il 600 inglese è un periodo particolare della storia inglese molto importante perché si
concluderà con una trasformazione istituzionale dell'Inghilterra.

Storia inglese del 500. Da Enrico VIII, Edoardo VI e poi Elisabetta muore nel 1603 e le
succede il Re scozzese Giacomo I, il figlio di Maria stuart (1603-1625), che si rivela essere
poco intelligente ma molto autoritario, iniziano così i contrasti religiosi e politici con il
parlamento.
Giacomo I cerca di imporre il proprio potere assoluto e questo non è accettato. Giacomo I
ha un atteggiamento oscillante: lo convoca quando ha bisogno di finanziamento ma cerca
spesso di aggirarlo quando può decidere da solo e soprattutto se le sue decisioni non
verranno accettate.

Non interviene durante la guerra dei 30 anni a favore dei protestanti, è un po’ una delusione,
la si considera una monarchia decadente. Nonostante questo, il periodo di regno di Giacomo
I ha uno sviluppo economico che porta ad un ulteriore arricchimento della nobiltà e che
permette uno sviluppo significativo della classe borghese. L’unica nota positiva del suo regno
è lo sviluppo economico di queste due classi.

A Giacomo I nel 1625 succede il figlio Carlo I (anche lui poco intelligente ma ancora di più
autoritario) 1625-1649. Con lui iniziano i contrasti con la popolazione e col parlamento che
c'era già. Lo sviluppo economico del padre si arresta, tant'è che ora abbiamo una fase di
crisi economica che accresce il malcontento popolare. Carlo ovviamente tenta di imporre
l’assolutismo e non nasconde la sua simpatia per i cattolici (dovuta alle origini), quindi si
scontra con il parlamento.

Si arriva nel 1628 con la “Petition of Rights”, presentata dal parlamento al sovrano Carlo I
con lo scopo di riaffermare le competenze dell’assemblea parlamentare in campo fiscale e
chiedere che tutto ciò che era stato stabilito con la Magna Charta del 1215 venisse
rispettato. Si chiede la difesa del principio della libertà personale, nessun suddito può essere
arrestato in maniera arbitraria (senza la legge) e inoltre si chiede l’obbligo di sottoporre ogni
nuova imposizione fiscale all’approvazione del parlamento.
Queste richieste erano sì del parlamento ma erano condivise da gran parte della
popolazione.

Carlo I se ne frega e decide di sciogliere il parlamento, e da questo momento Carlo lo


scioglierà più e più volte per poi convocare solo nel momento del bisogno (economico,
bellico…)

Questo è un periodo travagliato della storia Inglese. Sovrano assolutista vs parlamento che
non vuole rinunciare ai propri privilegi stabiliti dalla Magna carta.

La situazione degenera e scoppia la guerra civile 1642 e 1649.

Il Re, maggior parte delle forze aristocratiche che vogliono mantenere i propri privilegi
Parlamento e maggior popolazione inglese, città di Londra, la borghesia mercantile, gli
artigiani, i piccoli proprietari terrieri.
esercito monarchico vs esercito del parlamento.

All'inizio il Re vince ma ad un certo punto accade qualcosa di significativo; interviene Oliver


Cromwell, un gentiluomo di campagna di religione puritana che prende nelle mani il destino
dell’esercito del parlamento.

L’esercito di Carlo I entra in crisi, nel 1644 il re viene sconfitto nella battaglia di Marston Moor
dall’esercito parlamentare supportato dagli Ironsides (i fianchi di ferro), sono soldati
addestrati da Cromwell che si uniscono a quello parlamentare per sconfiggere quello
sovrano-aristocratico.
Cromwell ottiene il titolo di comandante del proprio esercito rivoluzionario e riceve il compito
di riorganizzare il New Model Army ( un esercito con una nuova organizzazione che deve
avere come scopo ultimo quello di sconfiggere il sovrano)
Nel 45 Carlo I viene sconfitto nel 45 e lui cerca asilo in Scozia ma gli scozzesi lo rifiutano e lo
consegnano nelle mani del parlamento inglese.

Cromwell prende a sto punto anche il controllo del paese e viene proclamata la repubblica.
La repubblica del Cromwell sarà l’unica esperienza repubblicana in tutta la storia inglese,
non durerà molto.
Così, egli riporta la vittoria e sconfigge il sovrano, che viene processato e condannato a
morte. Il 30 gennaio 1649 (data finale della prima guerra civile) viene eseguita la sentenza, il
sovrano viene decapitato.

Per la prima volta in Europa c’è una ribellione che ha successo e ha come conseguenza la
decapitazione del sovrano e la legittimazione delle autorità costituite. La sua condanna a
morte è appoggiata dalle stesse autorità che lo hanno sconfitto.

L'inghilterra è una repubblica, dopo la morte di Carlo I, Cromwell deve soffocare delle
tendenze radicali che prendono piede nell'esercito, e si deve battere contro il figlio del
sovrano morto, Carlo II, che verrà sconfitto.
Cromwell si farà nominare Lord Protector nel 1553, Lord protettore della Repubblica. Nel
1655 entra in contrasto con i repubblicani più intransigenti e instaura una dittatura. Questo
passaggio non fa altro che preparare il ritorno della monarchia. Infatti dopo la sua morte nel
60 viene restaurata la monarchia da Carlo II (1660-1685).

C’è ancora la questione della corruzione della corte, il problema dell’assolutismo, le questioni
religiose e politiche con il parlamento.

All’interno del parlamento durante il regno di Carlo II si creano 2 tendenze:

➤Tendenza dei Whigs, sostenitori delle libertà costituzionali


➤Tendenza dei Tories, filomonarchici

Ad un certo punto il Re manifesta le proprie tendenze cattoliche, quindi il parlamento esclude


dalla successione il fratello del Re, Giacomo Stuart. Arriviamo al 1685, morte di Carlo II, ma
gli succede proprio il fratello Giacomo Stuart che diventa Giacomo II(1685-1688).
Si riapre lo scontro con il parlamento perché era salito Giacomo II e poi perchè lui decide di
realizzare una politica fortemente antiprotestante. La situazione si complica quando il re ha
un erede maschio, Edoardo, inaccettabile dal parlamento (che si vedeva una futura dinastia
cattolica).

Il parlamento decide di dichiarare decaduto il re Giacomo II , che fugge in Francia e offre la


corona d'inghilterra a Guglielmo III D'orange (quello delle province unite), genero dello
stesso sovrano ma di religione protetsante. Guglielmo d'Orange è sposo di Maria II Stuart,
figlia protestante di Giacomo II. (al parlamento inglese va ovviamente bene)

Guglielmo d'Orange diventa sovrano d'inghilterra con il nome di Guglielmo III e viene
chiamato a giurare di osservare le libertà tradizionali del parlamento richiamate non solo nei
documenti che già conosciamo, ma anche in un nuovo documento, chiamato “ Dichiarazione
dei diritti”. Bill of rights (1689)

Siamo alla seconda rivoluzione inglese, passata alla storia come una gloriosa rivoluzione
perché non ci furono spargimenti di sangue in quanto Giacomo II è fuggito in Francia e la
corona è stata affidata pacificamente a Gugliemo III.

Nel 1689
Il Re Guglielmo III e la moglie Maria II stuart devono accettare la dichiarazione dei diritti con
la quale si affermano i principi fondamentali che da quel momento in poi avrebbero regolato
le leggi inglesi, garantendo il rispetto dei diritti dei cittadini. Da qui si passa da Monarchia
assoluta a monarchia costituzionale per poi diventare lentamente una monarchia
parlamentare.

Educazione civica
Monarchia assoluta: absolutus, sciolto, completamente libero da ogni legame. Il sovrano ha
potere assoluto, rappresenta dio in terra, il potere viene da Dio e non dal popolo,
Monarchia costituzionale: monarchia dove viene concessa una costituzione, il sovrano
riconosce alcuni diritti, non ha più potere assoluto.
Monarchia parlamentare: in Inghilterra nei secoli successivi fino ad oggi si ha avuto questa
evoluzione, è una monarchia democratica, rappresentativa (non ci sono più sudditi ma
cittadini), si ha una divisione dei poteri tra il re e il parlamento che rappresenta il popolo.
Oggi il regno unito lo è, il sovrano britannico regna ma non governa. Il potere esecutivo è
nelle mani di un governo che ha un primo ministro, il Premier, (scelto dalla regina) e nelle
mani del parlamento che rappresenta il popolo.

Guglielmo III d'orange e Maria non hanno figli, nel 1701 il parlamento inglese approva il cosi
detto “Act of Settlement”, che prevede l’esclusione dei discendenti cattolici di Giacomo II
dalla successione al trono= il sovrano deve essere in comunione con la Chiesa di Inghilterra.
(per evitare la successione dei discendenti di giacomo II dopo la morte di Guglielmo III)

Alla morte di Guglielmo III nel 1702, è la figlia di Giacomo II, Anna Stuart, protestante come
la sorella Maria II stuart, a diventare regina d’Inghilterra, il suo regno dura del 1702 al 1714,
in questo periodo il parlamento approva dei provvedimenti importanti, come l’unione di
Inghilterra, Galles e Scozia in un unico regno (Gran Bretagna) che assieme alle terre
irlandesi formano il grande regno di Gran Bretagna e Irlanda.
Anna muore nel 1714, senza eredi, Con lei finisce la dinastia degli Stuart. Per le disposizioni
dell’ “Act of settlement”, diventa sovrano il tedesco Giorgio I Hannover, dinastia che regnerà
in Inghilterra fino al 1917. Oggi in inghilterra c’è la casa del Windsor.
Giorgio I Hannover, figlio di Sofia, figlia di Elisabetta, figlia di Giacomo I.

DIBATTITO POLITICO

Dibattito politico nel 600 inglese. Siamo nel 600 inglese, siamo nel periodo delle guerre civili
e in questo periodo abbiamo due filosofi inglesi: Thomas Hobbes è John Locke.
Essi dicono la loro a proposito della della storia inglese della politica inglese e soprattutto il
loro obiettivo è quello di dare una soluzione all’Inghilterra che sta attraversando questo
periodo travagliato di guerre civili per poter avere un lungo periodo di pace, di prosperità
economica e di stabilità politica.
I due che si esprimono a livello politico sono appunto Thomas Hobbes è John Locke, due
grandi filosofi inglesi loro trattano tantissimi altri argomenti nella loro filosofia, trattano anche
questioni di teologia però non li trattiamo solo per quanto riguarda la politica.

THOMAS HOBBES

Thomas Hobbes nasce nell’aprile del 1588 (anno in cui ad agosto Elisabetta I sconfigge
l’invincibile armata spagnola) e muore nel 1679 a 91 anni.
L'opera politica principale è il “Leviatano”, pubblicato nel 1651 che ha come sottotitolo “la
materia la forma e il potere di uno stato eclesiastico e civile”.
Altra opera importante sempre di natura politica da ricordare di Hobbes è il “De cive” che
viene scritto qualche anno prima, nel 1642.
Noi faremo un breve accenno al “De Cive” per poi passare al “Leviatano”.
Quindi questi due filosofi hanno come scopo quello di dare una soluzione al periodo
particolarmente difficile che l'Inghilterra sta attraversando tra la fine del 500 e la prima metà
del 600 una sola soluzione di stampo politico. Qual è la soluzione migliore per garantire
all'Inghilterra un lungo periodo di pace e di prosperità e di stabilità politica?
Hobbes vive durante il regno di Elisabetta I, ricordiamo che Elisabetta I sale al potere nel
1558 per poi morire nel 1603, un regno molto lungo.
Hobbes guarda a questa sovrana con ammirazione perché Elisabetta I riunisce in sé sia il
potere spirituale che il potere temporale, è la Sovrana di tutto il popolo inglese e non solo, è
anche il capo spirituale della chiesa anglicana. Hobbes si fa sostenitore di tutto questo nel
momento in cui scrive le sue opere, lui guarda ad Elisabetta I come ad un modello da
seguire. Appoggia l'unione di questi due poteri in una sola figura perché ritiene che questa
unione di potere spirituale e di potere temporale nelle mani di una sola persona possa
garantire la solidità dello Stato. Lui vuole un solo sovrano che sia la guida politica che la
guida religiosa dello Stato. Elisabetta I secondo Hobbes essendo tutto questo, ha potuto
assicurare al regno d'Inghilterra un periodo di prosperità economica e di stabilità politica. Nel
suo pensiero politico vedremo quindi che lui è molto vicino proprio a questo tipo di politica
rappresentata da Elisabetta I.
Adesso andiamo a guardare il frontespizio dell'Opera “Leviatano”. Hobbes in questo
frontespizio rappresenta il corpo del Re fatto da tanti piccoli Individui, è il corpo sociale con in
mano, da una parte la spada che simbolo del potere temporale,e dall'altro il bastone del
Vescovo, simbolo del potere spirituale ➜ potere religioso e potere politico sono
indissolubili, la loro unione garantisce pace, stabilità politica e prosperità economica allo
Stato.

Lo scopo del suo pensiero politico è indicare qual è una caratteristica fondamentale di una
comunità, di uno stato che si fondi appunto sull'ordine e che goda di pace e di tranquillità e di
stabilità politica. Come si può creare uno Stato stabile e solido sia politicamente che
economicamente in cui regni la pace?
Secondo Hobbes la risposta si trova in un tipo di governo che lui chiama assoluto. Secondo
Hobbes uno stato di questo tipo non può essere che assoluto, uno stato del genere può
realizzarsi solo se il potere del suo sovrano è assoluto.➜ viene dal latino absolutus che vuol
dire “sciolto da qualsiasi limite, vincolo, condizionamento”.
Il sovrano nell'idea politica di Hobbes deve essere assoluto in questo senso quindi deve
poter decidere per sé stesso, per il suo popolo, per il suo stato.

-La sua concezione dell’uomo:

E’ una concezione pessimistica che lui ancora prima di esporre nel “Leviatano” ha già
esposto nel “De Cive”.
Secondo Hobbes l'uomo nasce con un desiderio naturale di godere in maniera esclusiva di
tutti i beni che la natura mette a disposizione di tutti gli uomini. Quindi l'uomo nasce
naturalmente con una sorta di bramosia, di cupidigia, di avidità e quindi di egoismo
personale. L'uomo quindi, dice Hobbes, non è spinto verso l’altro uomo dall'amore, dalla
concordia, dall'affetto bensì ogni individuo ad un certo punto cerca aiuto nell'altro uomo.
Ogni individuo ha bisogno si dell'altro uomo, ogni individuo è spinto verso l'altro uomo non
per amore, per affetto, per bontà nei confronti dell'altro uomo, non per questo senso di
socialità, bensì soltanto per un interesse personale, per un egoismo naturale che ognuno di
noi ha fin dalla nascita, o addirittura lo fa per paura.

Quindi ogni associazione, ogni forma di collaborazione tra gli uomini, ogni vicinanza tra
uomini, ogni società umana deriva non dall'amore come pensava per esempio Aristotele,
ma dal bisogno, dall'interesse, addirittura dalla paura. Per Aristotele e l'uomo è un animale
sociale, l'uomo nasce con questa tendenza ad avvicinarsi agli altri e non può essere
altrimenti. Hobbes ha una posizione totalmente differente, infatti per lui l'uomo non è un
animale sociale e non tende naturalmente per amore agli altri uomini, se lo fa quindi lo fa
soltanto o per paura,o per interesse o per bisogno, mai per motivi affettivi.

Nelle “De Cive” possiamo leggere un passaggio che è riferito proprio a quello che abbiamo
detto. “L'origine delle grandi e durevoli società deve essere stata non la mutua simpatia degli
uomini ma il reciproco timore”.

Passando all'altra opera politica di Hobbes, quella più celebre e importante il “Leviatano” dei
1651, il filosofo riprende questa concezione pessimistica della natura umana ritenendo che
l'uomo è un essere egoista, è un essere asociale, quindi non è un animale sociale come
aveva detto Aristotele.
Nel “Leviatano” parte da un concetto fondamentale, cioè lo “stato di natura”.
Qui bisogna parlare del giusnaturalismo. Il termine giusnaturalismo viene dal latino “ius”➜
diritto “naturalis”➜ di natura. Secondo questa corrente filosofica esistono dei diritti naturali,
diritti di natura, che appartengono all'uomo fin dalla nascita e che sono assolutamente
inattaccabili, sono dei diritti che preesistono alla nascita del diritto positivo, laddove per
positivo si intende prodotto dall'uomo. Quindi ci sono dei diritti naturali che l'uomo già
possiede fin dalla nascita e che arrivano ancora prima di quel diritto che poi nasce con la
nascita per esempio dello Stato, quel diritto positivo prodotto, creato,n inventato dall'uomo
stesso all'interno di uno Stato.
Questo diritto di natura porta nell'ambito del giusnaturalismo ad affermare un altro concetto
importante cioè quello di “Stato di natura”. I giusnaturalisti quindi partono da questo diritto di
natura per arrivare anche ad affrontare il concetto di Stato di natura. che è un concetto
fondamentale del giusnaturalismo. è uno stato di natura ipotetico all'interno del quale l'uomo
sarebbe vissuto prima ancora della nascita degli Stati che oggi conosciamo.
Lo stato di natura è ovviamente ipoteticamente una condizione che precede la nascita delle
grandi istituzioni giuridiche e politiche, quindi la nascita degli Stati. ed è uno stato nel quale
c’è il diritto di natura ma non c'è ancora il diritto positivo ed è caratterizzato da una sorta di
libertà di ogni individuo che ci vive.
Secondo i giusnaturalisti, lo stato di natura rappresenterebbe il punto di partenza di tutta
l'evoluzione storica e quindi anche politica dell'uomo, il quale ad un certo punto per tanti
motivi che vedremo, darebbe vita allo stato politico e civile, quindi deciderebbe l'uomo di
uscire da questo stato di natura e di creare lo stato politico, lo stato civile.
Su questa interpretazione dello stato di natura ci sono tante riflessioni da fare, per alcuni
filosofi lo stato di natura è soltanto una condizione ipotetica immaginaria, per altri ancora lo
stato di natura è realmente esistito storicamente e coinciderebbe con quella condizione
primitiva selvaggia nella quale gli uomini vivevano prima ancora di dar vita alla società civile.
Ci sono moltissime diverse interpretazioni su come intendere lo stato di natura, ma noi lo
affrontiamo nel pensiero di questi due filosofi.
Secondo la sua descrizione nel “Leviatano”, lo stato di natura è una ipotesi, una condizione
ipotetica immaginaria in cui gli uomini non vivono ancora in una società civile, non ci sono
quindi le leggi positive della società civile da rispettare. In questa connessione del tutto
naturale ogni uomo cerca di godere da solo dei beni che la natura pone a disposizione di tutti
(riferimento a quella bramosia, quella cupidigia, quell’avidità, quel l'egoismo individuale con
cui ogni uomo nascerebbe). Tutti quindi tutti cercano di godere in maniera esclusiva di questi
beni della natura a disposizione di tutti. Da qui secondo lui si arriva inevitabilmente allo
scontro perché ogni individuo vuole godere in maniera esclusiva di questi beni. Arriviamo
così a quella che Hobbes chiama con un'espressione famosissima “la guerra di tutti contro
tutti”, perché appunto un individuo all'interno dello stato di natura vuole godere in maniera
esclusiva dei beni naturali che sono a disposizione di tutti.
In questo stato di natura c’è questa situazione di guerra di tutti contro tutti e ogni individuo
può avere può anche decidere su tutto, ma anche sulla vita degli altri individui. Ogni
individuo è libero anche di decidere se un altro individuo debba vivere o debba morire, è
ovvio che da ciò deriva che ogni uomo nello stato di natura può decidere anche della morte
di un altro individuo. Quindi in questa guerra, in questo scontro continuo, dove non c'è
nessuna legge a regolare i rapporti sociali, si rischia anche la propria vita ➜ ogni individuo
può ammazzare, uccidere l'altro individuo con cui si scontra.
Da ciò deriva anche un'altra celebre frase di Hobbes che caratterizza l'uomo all'interno dello
stato di natura: “Homo homini lupus” ➜ “ogni uomo è lupo per l'altro uomo”. Questa frase
sta proprio ad indicare questa situazione che vive ogni individuo all'interno dello stato di
natura, dove ogni uomo può uccidere un altro individuo e quindi può decidere della vita o
della morte dell’altro, proprio perché non ci sono regole o leggi che limitino la l'azione di ogni
individuo.

➤Passo tratto dal “Leviatano”

“Appare chiaro come durante il tempo in cui gli uomini sono sprovvisti di un potere comune
(stato di natura) che li tenga soggetti (legge), essi si trovino in quella condizione che è
chiamata guerra, e tale guerra è di ciascuno contro l'altro”.
Più avanti si legge:
“Un atteggiamento ostile durante la durata del quale non viene data requie (tregua) al
nemico” ➜ definizione della guerra che da Hobbes nel Leviatano.
“Nella guerra si vive in uno stato di continuo timore e pericolo di morte violenta, e la vita
dell'uomo e quindi solitaria, misera, ripugnante, brutale e breve” ➜ definizione dello stato di
guerra di tutti contro tutti. durante la quale si vive in uno stato di continua paura. di pericolo
per la propria vita, che risulta essere misera, solitaria, perché non si condivide niente con
altri uomini se non lo scontro.
Ancora più avanti si legge:
“Da questa guerra di ciascuno contro l'altro deriva anche questa conseguenza: che nulla può
essere ingiusto, non vi è posto qui per i concetti di equo e non equo, di giustizia e di
ingiustizia”.
“Dove non c'è un potere comune, non c'è legge, e dove non c'è legge non c'è ingiustizia e
non c'è giustizia”➜ in uno stato del genere, in uno stato di natura così come lo descrive, è
ovvio che non si può parlare di concetti di giustizia o ingiustizia, dove non c'è un potere
comune che limiti le azioni violente di tutti, allora non c'è legge, e quindi non ci sono
nemmeno i concetti di ingiustizia e giustizia.

Ecco dunque che da uno stato di natura così come ce lo descrive Hobbes è necessario
uscire ed è quindi necessario passare da questo stato di natura allo stato civile.
Ciò va fatto per non perdere il bene più prezioso che ogni individuo possiede ➜ la sua
stessa vita. Ad un certo punto l'individuo decide di rinunciare al diritto che lui ha nello stato di
natura, il diritto su tutto e su tutti, anche sulla vita degli altri, decide di rinunciare a questa
libertà assoluta di cui gode e di creare la società civile.

➤Come lo fa? Hobbes descrive questo passaggio in questi termini:


Ogni divido dello stato di natura decide di affidarsi ad una sola persona la quale con la forza
obblighi tutti gli altri al rispetto delle leggi sempre e comunque, in modo da evitare la morte.
L’individuo rinuncia alla sua libertà assoluta per non perdere la cosa più preziosa che
possiede, cioè la vita stessa. Si affida totalmente ad un'unica persona che poi diventa
appunto il sovrano assoluto.

➤In che maniera viene spiegata la nascita dello Stato secondo Hobbes?
Viene sottoscritto tra gli individui e il sovrano, che poi diventerà un sovrano assoluto, un
contratto. Da qui si parla appunto di origine contrattualistica dello Stato, che vedremo poi
anche in Locke. Quindi lo stato ha un'origine contrattualistica perché nasce dalla
sottoscrizione di un contratto tra gli individui, che rinunciano a tutto quello che abbiamo detto
per salvare la propria vita, ed un sovrano.
➤Quali sono le caratteristiche di questo contratto secondo Hobbes?
Questo contratto ha due aspetti fondamentali: è un contratto unilaterale ed irreversibile.
Unilaterale ➜ sono soltanto gli individui che si impegnano in questo contratto, sono gli
individui che rinunciano al loro diritto su tutto, a quella libertà incondizionata di cui godono
nello stato di natura, per trasferire questo loro diritto su tutto interamente nelle mani di un
solo individuo, il sovrano, che diventata quel momento in avanti sovrano assoluto.
Sarà lui a decidere per tutti i suoi sudditi. Gli uomini quindi stringono con questo sovrano un
patto unilaterale che prevede una sottomissione piena nei confronti del loro sovrano, e
prevedono quindi un trasferimento totale di tutti i loro diritti ad un unico uomo, che sarà il
sovrano assoluto.
Gli uomini in questo nuovo stato, che diventa quindi uno stato assoluto, non sono più liberi
e quindi sono definiti sudditi.
Questa è un po' tutta la storia che delle monarchie abbiamo visto fino a questo momento
nella storia e che ancora vedremo, per esempio nell'Inghilterra di Elisabetta I ma vedremo
ancora meglio nella Francia di Luigi XIV.

Irreversibile ➜ non si può tornare indietro, nel senso che questo contratto non può essere
sciolto in nessun caso. Nasce quindi attraverso questo contratto unilaterale ed irreversibile lo
stato assoluto.
Il frontespizio del Leviatano rappresenta tutto questo, cioè rappresenta un individuo
gigantesco che controlla il potere politico e potere spirituale e che riassume tutti i suoi
sudditi, quindi rappresenta tutti tuoi sudditi ➜ la volontà del sovrano è la volontà di tutti i suoi
sudditi. Lo stato così descritto assoluto di Hobbes è il Leviatano➜ un mostro biblico, così lo
definisce lui nell'opera: “E’ il Dio mortale a cui dopo il Dio immortale siamo debitori della
nostra pace e della nostra difesa” Ecco qui l'assolutismo di Hobbes, ecco qui la soluzione
che lui propone per risolvere i problemi politici che l'Inghilterra stava vivendo subito dopo il
regno di Elisabetta I.

Assolutismo ➜potere assoluto, incondizionato, illimitato, là dove abbiamo un sovrano che


riceve direttamente da Dio i suoi poteri e che può anche imporre a tutti i suoi sudditi con la
forza per garantire pace e difesa del proprio Stato. Il Sovrano ha un potere indivisibile
quindi rappresenta il potere politico e potere religioso, esige obbedienza da tutti i suoi
sudditi. Stato e Chiesa coincidono.
C’è soltanto un limite, nessuno può togliere la vita ad un altro individuo, nemmeno
all'interno di uno stato assoluto, e neppure lo Stato, il sovrano può farlo o oppure mandare
qualcun altro e farlo questo. ➜ ll diritto alla vita che è uno dei diritti naturali di cui gode
l'uomo fin dalla nascita, indipendentemente da qualsiasi stato e da qualsiasi società civile, è
inviolabile. Questa è l'unica certezza che ha Hobbes, l’unico diritto naturale che lui
riconosce all’interno dello Stato assoluto.

Tre definizioni
Monarchia assoluta ➜ da absolutus. il sovrano ha potere assoluto sui suoi sudditi,
rappresenta Dio in terra. Il potere del sovrano assoluto va dall'alto verso il basso: è come se
il sovrano avesse ricevuto questo potere direttamente da Dio e lo impone a tutti i suoi sudditi.
E’ un potere che deriva da Dio e non dal popolo.
A questa definizione generale aggiungiamo poi tutte le caratteristiche che abbiamo visto
nell’assolutismo di Hobbes.
Storicamente ogni monarchia assoluta evolve in monarchia costituzionale
Monarchia costituzionale ➜ un’evoluzione della monarchia assoluta nella quale viene
concessa una Costituzione. Il sovrano riconosce alcuni diritti fondamentali ai suoi sudditi, si
parla ancora dei sudditi, e non ha più potere assoluto ma un potere limitato dalla carta
costituzionale.
Un esempio è quello che accade nella gloriosa rivoluzione inglese del 1688 con la
concessione della “Bill of Rights” del 1689.

Monarchia parlamentare ➜ un’evoluzione della monarchia costituzionale. ex. quella che


abbiamo adesso in Inghilterra.
E’ una monarchia democratica a tutti gli effetti, rappresentativa, quindi rappresenta il popolo
e quindi non ci sono più sudditi ma cittadini. E’ una monarchia che prevede la divisione dei
poteri tra il Re e il Parlamento, da dove il parlamento è appunto un assemblea Popolare che
rappresenta il popolo. Per esempio il Parlamento inglese oggi ha una struttura bicamerale,
la “camera dei comuni” e la “camera dei Lords”. Questo vale per l'Inghilterra ma vale per
tutte le monarchie parlamentari là dove appunto c'è proprio una divisione dei poteri tra il Re
e il Parlamento, cioè l'assemblea Popolare.
Riferendosi all’inghilterra oggi il sovrano britannico è descritto da una frase emblematica:
“regna ma non governa”, quindi il potere esecutivo è nelle mani di un governo con a capo un
primo ministro, la quale nomina spetta alla regina.

John Locke

John Locke vive tra il 1632 e il 1704.

Le opere più importanti:


-Il saggio sulla tolleranza del 1667
-La lettera sulla tolleranza del 1669
-I 2 trattati sul governo del 1690
-Il saggio sull’intelletto umano del 1690
-La ragionevolezza del cristianesimo scritta tra il 1695 e il 1697.

Secondo Norberto Bobbio, (grande filosofo contemporaneo) la lettera sulla tolleranza, i due
trattati sul governo e la ragionevolezza del cristianesimo fanno di Locke il fondatore del
liberalismo moderno.
Liberalismo: corrente filosofica ma anche politica secondo la quale lo Stato ha il dovere
primario di garantire i diritti fondamentali dell’individuo e di difendere le libertà dei cittadini.
Questi diritti secondo Locke esistono già in natura/sono diritti naturali dell’uomo e lo Stato
deve soltanto tutelarsi attraverso le leggi.
Quando Locke parla di diritti si riferisce soprattutto al diritto alla vita, diritto alla libertà e diritto
alla proprietà.
Locke scrive “Il fine della legge non è di reprimere la libertà, ma di conservarla ed ampliarla”.
(frase ripresa dai 2 trattati sul governo).

Nel secondo trattato sul governo, Locke esprime la sua teoria politica partendo dal concetto
di stato di natura (come Hobbes).
Secondo lui lo stato di natura si basa sull'uguaglianza dei diritti= tutti gli uomini all’interno di
questa condizione originaria godono del diritto di disporre di se stessi e dei propri beni:
libertà di autoregolarsi e libertà di organizzare i propri beni.
Nello stato di natura ogni uomo è libero e non è sottoposto ad alcun potere.
L’unico limite che ha l’uomo libero è la legge di natura: legge che impone ad ogni individuo
di non danneggiare gli altri nella vita, nella proprietà, nella libertà garantendo quindi
convivenza pacifica.
La legge di natura secondo Locke prescrive il rispetto della propria e dell’altrui vita.

Nello stato di natura ogni individuo è libero, c’è un uguaglianza dei diritti e c’è una legge di
natura.
Questa legge di natura si basa sulla ragione che tutti noi possediamo sin dalla nascita: la
ragione impone ad ogni individuo di non danneggiare gli altri.

Nello stato di natura non esiste il diritto positivo.


Secondo Locke ci sono i diritti di natura (diritto alla vita, alla libertà e alla proprietà privata)
ancora prima della nascita dello Stato e dello stesso diritto positivo.
Sono diritti inviolabili/non possono essere infranti ed inalienabili/che non posso essere
trasferiti, ceduti ad altri.
Secondo Locke esiste una sorta di giustizia naturale all’interno dello stato di natura—> è una
giustizia non positiva che non dipende da un diritto positivo perché nello stato di natura non
c’è ancora, in quanto lo Stato di natura precede la nascita dello Stato del diritto positivo.
Giustizia naturale basata sulla legge di natura/razionale.

A differenza di Hobbes, lo stato di natura secondo Locke non è necessariamente uno stato
di guerra.
Lo stato di natura è principalmente e primariamente una condizione pacifica all’interno della
quale gli uomini vivono rispettando se stessi e gli altri grazie alla legge di natura.
Lo stato di natura può però diventare uno stato di guerra quando alcuni individui non
rispettano la legge naturale e non danno ascolto alla propria ragione, lasciando sfogo ai
propri istinti e quindi alla violenza. (lo stato di natura non è una guerra di tutti contro tutti a
priori però può diventarlo).
Per evitare la guerra (che pone fine all’esistenza umana che è il bene più prezioso) gli
uomini decidono di far nascere lo Stato attraverso un patto sociale.
Anche secondo Locke, l’origine dello stato è contrattualistica.

Per lui esistono due tipi di patto che danno origine alla società civile e che consentono di
uscire dallo stato di natura:
1) patto di unione: gli uomini si accordano per vivere insieme in società
2) patto di soggezione: patto attraverso il quale i cittadini si sottomettono al sovrano a
condizione che il sovrano garantisca i loro diritti, se ciò non dovesse accadere i cittadini
possono recedere dal patto.

Nel caso di Hobbes si parla di sudditi, nel caso di Locke di cittadini.


Secondo Locke, a differenza di Hobbes, i cittadini hanno diritto di resistenza e possono
opporsi ad un comportamento errato da parte del sovrano e quindi resistere.
Il contratto nella politica di Hobbes è irreversibile e unilaterale, quello di Locke è
reversibile e bilaterale (c’è l’impegno di entrambe le parti).
In Locke non abbiamo una completa sottomissione al sovrano, in Hobbes si.
I diritti di natura sono mantenuti dai cittadini e il sovrano non si impossessa di essi.
L’unico diritto a cui ogni cittadino deve rinunciare all’interno di uno Stato è il farsi giustizia da
sé perché a quello ci penserà lo Stato.
Il potere dello Stato di Locke non è assoluto, quello di Hobbes si.
La soluzione di Hobbes affinché l’Inghilterra esca da questo periodo di crisi è l’assolutismo,
quella di Locke è una forma di governo liberale.

In tutta la filosofia di Locke c’è una sorta di autonomia della ragione umana.
Il liberalismo si basa sul rispetto delle libertà fondamentali di ogni cittadino (anche libertà di
pensiero, di critica, di parola) e in tutta la filosofia di Locke c’è la difesa dell’uomo cittadino
inteso come essere razionale a livello politico, religioso e conoscitivo (affrontiamo solo il
punto di vista politico).
Con il suo liberalismo, Locke è il padre di quella cultura liberale che si diffonderà in seguito e
con il suo pensiero politico anticipa tantissimo l’illuminismo che si diffonderà nel ‘700.
Locke con la sua proposta filosofica vuole rendere gli uomini liberi, in grado di ragionare con
la propria testa e di possedere uno spirito critico davanti a ogni forma di autorità e di
imposizione.
Questo è evidente non soltanto nella proposta politica che riguarda il liberalismo, ma anche
quando affronta la questione religiosa e quella conoscitiva.
Anche nell’epistola sulla tolleranza Locke è il padre del liberalismo.

Locke spezza l’unità tra potere politico e potere spirituale all’interno di un’unica persona
(tanto sostenuta da Hobbes).

Lui separa laicamente lo Stato dalla Chiesa ed esalta la libertà di coscienza ritenendo
che la fede sia frutto di una fiducia e quindi sia un’esperienza interiore che deve
vivere l’individuo.
Lo Stato non può intervenire su condizioni interiori dei cittadini e non deve intromettersi negli
affari religiosi.
Tolleranza vuol dire convivenza di culti religiosi differenti purchè siano tutti basati sulla
morale (non si ammettono religioni che prevedano l’assassinio).
Posizione completamente differente da quella di Hobbes, finalizzata a superare i contrasti
che abbiamo visto scoppiare nella storia per motivi religiosi.
La religione è una questione completamente personale e l’autorità politica non deve
assolutamente intromettersi.
Lui scrive un’epistola sulla tolleranza.
Al giorno d’oggi il termine tolleranza assume una connotazione negativa (sopportazione).
Parlare di tolleranza al tempo di Locke era una grande proposta, aveva un significato
fondamentale proprio perché molte guerre e conflitti scoppiano per motivi religiosi.
Locke è uno dei primi che parla di tolleranza religiosa= grande proposta civile all’insegna
dell’esaltazione dello spirito critico e della libertà di scelta di ogni individuo, anche in materia
religiosa.

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