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La Sicilia Preistorica.

Dinamiche interne e relazioni esterne

(Prehistoric Sicily. Internal developments and external links)

Congresso Internazionale di Studi

Catania-Siracusa - 7-9 ottobre 2021

Sessione poster, Siracusa 9 ottobre 2021

ABSTRACT: In the spring of 1980 in the Sperlinga district, near Chiaramonte Gulfi (Ragusa, S.E. Sicily), during the terracing works of a hill, aimed at the planting of a olive grove, were found a series of fossiliferous levels within a fluvio-
lacustrine succession which at first this was dated in the interval of the "Roman Regression". The stratigraphic succession showed a level at Palaeoloxodon mnaidriensis that overlapped that at Palaeoloxodon falconeri, in disagreement with
what was previously described in the bibliography. In the two layers there were also fossils of Arundo donax cane. Today, thanks to studies conducted in other sites in the Sicilian territory, the decrease due to insularity or the presence of
predators is questioned, favoring the decrease in size of the Palaeoloxodon within the territory of the island (which occurred with two different entrances over Pleistocene age) for a physical and structural adaptation to the new environment,
and not least the probable coexistence of the two species. Furthermore, from the stratigraphy of the place and from the reliefs of the entire area, it has been found, for the first time, that the “Piana di Vittoria”, which up to that moment was
totally geologically represented as constituted by "Pleistocene marine sands", had been established, since the middle Pleistocene, from the formation of a complex river-lake system fed by the mighty Hyblaean carbonate complex that was
taking shape in those periods. The structural surveys and the analysis of the various geological outcrops of the Chiaramonte-Comiso-Vittoria triangle indicated, in fact, the Sperlinga area as a foothill basin of the Ragusa carbonatic platform in
which marine waters and coastal lake complexes coexisted. The development of this habitat rich in vegetation was the ideal place for dwarf elephants, who found here the optimal conditions to live for at least 500,000 years and develop
together with other species no more present on the island.

Nel 1980, durante gli studi del territorio chiaramontano connessi all’elaborazione della tesi di Laurea (relatori Di Geronimo e Grasso,
CASSARINO 1983), mi imbattei in un recente sbancamento in contrada Sperlinga finalizzato alla realizzazione di una serie di
terrazzamenti agricoli per l’impianto di un uliveto.
I primi rilievi geologici della tavoletta Chiaramonte (I.G.M. 273 III SE) avevano già messo in discussione gli studi precedenti ed in
particolare la Carta Geologica d’Italia al 100.000 (Foglio Caltagirone) che rappresentava la piana a valle dell’abitato di Chiaramonte Gulfi
come occupata da sedimenti marini pliocenici ed in particolare P3 – Breccia conchigliare o tufo calcareo e P4 - sabbie gialle subappenine.
L’ampia bibliografia prodotta da vari Autori a partire dalla data di pubblicazione della Carta d’Italia e delle relative note descrittive
(BALDACCI et alii 1885) e sino agli anni ottanta del novecento, riconosceva genericamente “affioramenti alluvionali molto estesi” alle
successioni recenti della zona. Si deve a CONTI et alii (1979) l’innovativo studio in cui finalmente venivano segnalate sequenze
continentali su una pianura costiera di nuova formazione. In particolare i neo corsi d’acqua, che si presentavano innumerevoli e allineati
secondo la tettonica in rapida evoluzione, sfociando nella nuova pianura costiera medio pleistocenica, avevano dato origine a suoli,
paleoconoidi e a due laghi che furono chiamati Buffa e Casmene. Lo scenario che lo sbancamento metteva in evidenza era rappresentato
proprio da queste sequenze in cui erano rimaste intrappolate ossa, denti e zanne di elefanti nani.
Un dubbio però si pose sin dal primo approccio nell’aver ritrovato in successione stratigrafica il piccolo Palaeoloxodon falconeri al di
sotto del più grande di taglia Palaeoloxodon mnaidriensis. Gli studi sino al momento disponibili parlavano di un rimpicciolimento
progressivo degli elefanti giunti dal continente in un ipotetico ponte terrestre e diminuiti di taglia principalmente per mancanza di
predatori, ma anche per adattamento climatico e regime alimentare. Le osservazioni di VAUFREY (1929) erano state più volte riprese da
vari ricercatori e non ultimo lo studio dei reperti siracusani di Spinagallo rinvenuti in grotta, ma mai sino a quel momento in sequenza
stratigrafica (ACCORDI 1957 e successivi), insistevano sulla riduzione di taglia per nuove condizioni di habitat di un Elephas (P.)
antiquus giunto sull’Isola nel medio Pleistocene, forse nel periodo del Grande Terrazzo Superiore di RUGGIERI e UNTI (1974).
Negli stessi anni il collega Girolamo Culmone (anche lui nell’ambito delle ricerche per la tesi di laurea), presso le cave di travertino di
contrada Cappuccini ad Alcamo, si imbatteva in una frattura contenente un paleosuolo a P. mnaidriensis posto al di sopra del livello a P.
falconeri, segno inequivocabile della non correlazione fra le due specie per diminuzione diretta di taglia. In ultimo nello stesso periodo
un altro giovane studioso comisano, Gianni Insacco, effettuando sistematiche raccolte di resti di vertebrati pleistocenici fra Comiso e
Chiaramonte, in depositi continentali di natura fluvio lacustre presso Mulino Cartiera-Cozzo del Re, riconosceva un’analoga sequenza
stratigrafica.
Gli studi sin a quel tempo condotti dalla dottoressa Laura Bonfiglio e dalla sua equipe avevano individuato cinque biocroni o Complessi
Faunistici pleistocenici ipotizzando migrazioni dalla vicina Calabria e per il primo anche un possibile ponte africano. I due ponti medio-
tardo pleistocenici che avevano dato la possibilità di popolare la Sicilia venivano correlati ai periodi glaciali/interglaciali e quindi alle
fluttuazioni della costa nell’area dello Stretto di Messina. L’abbassamento della costa di almeno 120 metri di livello avevano inoltre
permesso alle faune il passaggio alla vicina Malta.

Cartografia storica e visione recente degli affioramenti della tavoletta Chiaramonte

RIANINO MASPINIANO-PONTINO

Fronte di scavo e sezione geologica

C.F. a P.mnaidriensis
PARIOLINO

C.F. a P.falconeri
C.F. a P.mnaidriensis

Estratto dalla carta geologica delle tavolette Chiaramonte Gulfi e Giarratana p.p.
Fronte di scavo della collina di contrada Sperlinga

C.F. a P.falconeri

La storia degli studi ci mostra, come da una Sicilia emergente a chiazze isolane ed isolate, si sia passati nel tempo a una Sicilia con maggiori aree continentali
disponibili a fare da “ponte” al passaggio delle faune rendendo il territorio simile all’attuale, soprattutto nel periodo dal medio-tardo Pleistocene all’Olocene.
Gli Iblei, caratterizzati da una potente sedimentazione carbonatica meso-cenozoica con qualche episodio vulcanico, sono da considerare un isola nell’Isola,
rappresentando l’evoluzione del paleomargine della placca africana che tende a scontrarsi con quella europea. Il nucleo centrale, costituente oggi il Plateau Ibleo,
emerse sul finire del Miocene e quindi non presenta, rispetto al resto della Sicilia, né la Serie Solfifera né i soprastanti Trubi (questi depositi si riscontrano solo in
profondità nelle Piana di Vittoria, ma anche nel margine orientale ed a partire dall’asse Licodia-Grammichele).
Mandibola proveniente dal paleosuolo (b)
Il Pleistocene inferiore segna l’inizio di un nuovo periodo turbolento caratterizzato da fasi di innalzamento tettonico e regressione marina a cui si sommano gli
effetti delle glaciazioni presenti nel Continente.
Questi risultati sono ben visibili poco a Nord dell’abitato di Chiaramonte Gulfi, a Piano Palazzo, dove sul sedimento marino appena emerso si insedia una palude, che ha dato origine ad un piccolo
giacimento di torba, alimentata dai paleo corsi d’acqua i quali costituiranno una prima piana alluvionale oggi sospesa a quote comprese fra i 500 e 560 metri s.l.m.. In questo periodo l’area di Sperlinga è
ancora sommersa e in questo bacino si depositavano sabbie fini con lenti siltoso argillose e livelli arenacei (orizzonte a della foto). Durante il Pleistocene medio inizia la rapida emersione di questa
porzione del territorio ibleo; si sposta il fronte dove i corsi d’acqua depositano i sedimenti alluvionali e si formano i paleosuoli antichi (orizzonte b della foto); questo affioramento, costituito da sabbie
rossastre con resti di Palaeoloxdon falconeri, si inquadra come post Grande Terrazzo Superiore di RUGGIERI e UNTI di età post siciliano-milazziana e coincidente con la Regressione Romana
(Pariolino-Aureliano). Nonostante il limitato spessore (20 cm) le sabbie rossastre rappresenterebbero un notevole lasso di tempo in cui la zona fu esposta agli agenti atmosferici. In successione
Resti ossei e della difesa di P.mnaidriensis dal livello c stratigrafica segue un livello di siltiti bianche d’ambiente lacustre con lenti alluvionali; a quasi mezzo metro dal precedente strato a mammalofaune si rinviene un livello a Palaeoloxodon mnaidriensis
(orizzonte c della foto) che si può datare ad un tardo Pariolino e coincidente con la fine del Pleistocene medio. La serie fluvio lacustre prosegue sino alla cima dello sbancamento (quota 258 mt s.l.m.)
includendo resti di un nuovo paleosuolo che non ha restituito faune significative e a completamento della serie le alluvioni terrazzate del paleo Torrente Sperlinga. Il secondo paleosuolo potrebbe essere
inquadrato al periodo Rianino, un periodo caldo coincidente con una delle fasi interglaciali Riss-Wurm, ed il completamento con un nuovo ciclo lacustre al Maspiniano-Pontino iniziale; purtroppo la
carenza di fossili significativi non ne permette comunque una datazione certa
La serie di terreni continentali dell’affioramento di contrada Sperlinga abbraccia un periodo di quasi 300.000 anni e in questo lasso di tempo ben si
inquadrano i due livelli fossiliferi a mammalofaune rinvenute. Il bacino del lago di Sperlinga rappresenterebbe il classico ambiente transizionale da
mare medio pleistocenico a laguna sino al continentale alternando fasi fluviali con conoidi siltoso sabbiose e spiaggie lacustri con lembi di
paleosuolo che interessano tutto il Pleistocene superiore. Pur non disponendo di datazioni assolute il paleosuolo a P. falconeri potrebbe datarsi a
350.000 anni, mentre il successivo livello a P. mnaidriensis (pur non associandosi a fossili di Hippopotamus pentlandi non trovati in questo scavo) a
200.000 anni. La serie continentale di questo piccolo lago potrebbe considerarsi esaurita a circa 34.000 anni dal presente, quindi al successivo
Complesso Faunistico San Teodoro-Pianetti.
In mancanza di uno scavo stratigrafico, che coinvolga più discipline scientifiche, le datazioni proposte prendono corpo da comparazioni con siti
analoghi. Negli ultimi anni oltre alle datazioni tradizionali derivanti da rilevamento geologico stratigrafico con analisi paleontologiche si sono
aggiunti nuovi metodi scientifici di datazione assoluta (racemizzazione degli amminoacidi, risonanza di spin elettronico E.S.R., radionuclidi e DNA
fossile) molto affidabili; questa sempre più ampia bibliografia innovativa, testando i resti di Spinagallo, Grotta dei Puntali, Acquedolci ed altri siti Carta paleogeografica della Sicilia durante il Pleistocene Medio (tratto continuo rispetto al tratteggiato

siciliani, confermerebbe ulteriormente queste datazioni. della costa attuale) con la localizzazione dei principali siti a mammiferi fossili e del paleolitico. La
freccia indica il sito di Sperlinga nel contesto isolano.

Nota: I reperti rinvenuti e citati nel presente lavoro sono depositati presso la Soprintendenza BB.CC.AA. di Ragusa; altri reperti furono depositati al Dipartimento di Geologia dell’Università di Catania e alla Sapienza di Roma
BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO
ACCORDI B. (1957): Nuovi resti di ippopotamo nano nel Pleistocene nei dintorni di Siracusa. Atti Accad. Gioenia Sc. Nat., 11, pp.99-109
BALDACCI L. (1885): Carta geologica dell’isola di Sicilia. Pubblicazione della Carta Geologica d’Italia per cura del Reale Ufficio Geologico. Roma
BONFIGLIO L. e INSACCO G. (1992): Palaeoenviromental, paleontologic and stratigraphic significance of vertebrate remains in Pleistocene limnic and alluvial deposits from southeastern Sicily. In Palaeogeography, Paleoclimatology, Palaeoecology, 95, pp.195-208. Elsevier Sc. Pub. Amsterdam
CASSARINO G.S. (1983): Studio geologico della tavoletta Chiaramonte Gulfi e Giarratana p.p.. Thesis. Università degli Studi di Catania (non pubblicata)
CONTI et alii (1979): Il Pleistocene in facies limnica di Vittoria (Sicilia Meridionale). In Geologica Romana, 18, pp.93-104, 8 fig.,1 tav f.t.
RUGGIERI G. e UNTI M. (1974): Pliocene e Pleistocene nell’entroterra di Marsala. In Boll. Soc. Geol. It., Roma, 93, pp.723-733, 3 ff.
VAUFREY R. (1929): Les élèphants nains des ìles mediterranéenes et la question des isthumes Pléistocènes. Arch. Inst. Paléont. Hum., 6, pp.1-220, 9 tabb, 45 figg

* di Giovanni Silvio Cassarino, geologo libero ricercatore; giovanni.cassarino@email.it tel.mob:+ 39 334 6040 444

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