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M Marketing 4th Edition Grewal Test

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Chapter 06

Consumer Behavior

True / False Questions

1. Generally, people buy one product or service instead of another because they perceive it to
be a better value.

True False

6-1
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2. The consumer decision process begins with a comparison of available alternatives.

True False

3. The greater the difference between a consumer's unsatisfied need and the desired state, the
greater the need recognition will be.

True False

4. Brenda wants a new car that will be dependable transportation and look good. She wants to
satisfy both functional and psychological needs.

True False

5. When Glen is thirsty, he always buys a Coke. Like many consumers, Glen engages in
considerable alternative evaluation when buying habitual products like his Coke.

True False

6. One benefit of having satisfied customers is that they may spread positive word of mouth.

True False

7. Setting high customer expectations is a good strategy that will help to avoid customer
dissatisfaction in the long run.

True False

8. Customers are more likely to talk about service that exceeded their expectation than about
service that did not meet their expectation.

True False

6-2
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9. Maslow's hierarchy of needs is an interesting concept for psychology, but it has little
relevance for marketing.

True False

10. Situational factors sometimes override psychological and social factors in the consumer
decision process.

True False

11. Frazier is out of milk and bread and needs to decide what is for dinner. He will be stopping at
the grocery store on the way home. Frazier will likely engage in limited problem solving.

True False

12. Consumers involved in habitual decision making engage in little conscious decision making.

True False

13. As manager of a local donut shop, Arnie greets his regular customers by name and often
begins making their order when he sees them drive into the parking lot. Arnie knows habitual
purchasers with strong store loyalty are great customers.

True False

14. Rachael is visiting colleges before applying to schools. Rachael is likely to be involved in an
impulse buying process.

True False

6-3
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15. When making an important purchase, consumers often consult friends and family. This is
considered an external search for information.

True False

16. Mary will not consider purchasing an American car brand based on negative comments made
by her parents; therefore, she has developed a negative attitude toward "American" brand
cars.

True False

17. A reference group may have direct or indirect influence on your attitude toward a particular
clothing store.

True False

18. After purchasing an expensive pair of shoes, you may question whether the shoes are any
better than the less expensive shoes you could have purchased instead. This is an example of
postpurchase cognitive dissonance.

True False

19. Pam didn't go see the movie Gravity because her friends all said she wouldn't be able to
handle it. When she found out how good it was, she blamed her friends. Pam is
demonstrating an internal locus of control.

True False

20. Another name for physiological risk is safety risk.

True False

6-4
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21. Jason usually buys Nike shoes, so when his friend asked him what shoes he should buy, he
said Nike without thinking about it. Jason's response was an evoked set.

True False

22. When Hakim asked Marta where she wanted to go for lunch, she said Chili's because she
went there at least once a week and always liked it. Marta conducted an internal search for
information.

True False

23. Vladimir decided not to purchase the iPod shuffle because he didn't think it would hold all of
his songs. Vladimir was using his assessment of the iPod shuffle's financial risk in making his
decision.

True False

24. Determinant attributes are product or service features that are important to the buyer and on
which competing brands or stores are perceived to differ.

True False

25. Marketers should not encourage customer feedback because it can lead to negative word of
mouth.

True False

Multiple Choice Questions

6-5
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Sig.ª A . Regina ha parecchi difetti, abbastanza grossi....
O . Ebbene, che vuol dir questo? (beve ancora)
Sig.ª A . Non le voglio per questo meno bene; sono responsabile di
lei e per cosa alcuna al mondo non vorrei che le venisse torto un capello.
O (alzandosi di scatto). Mamma, Regina è la mia unica salvezza.
Sig.ª A . Cosa vuoi dire?
O . Non posso continuare a sopportare solo questo tormento.
Sig.ª A . Non c’è tua madre per sopportarlo con te?
O . Sì, l’ho creduto; ed è perciò che ritornai. Ma così non la potrà
durare, lo veggo, non la potrà durare. Io non potrò starmene qui tutta la
vita.
Sig.ª A . Osvaldo!
O . Mamma, io ho bisogno d’una vita diversa! Ecco perchè debbo
lasciarti. Io non voglio che tu abbia per sempre, sotto gli occhi, tale
spettacolo.
Sig.ª A . Mio povero figlio! Ma finchè sarai malato, Osvaldo....
O . Se non fosse che per la malattia, io resterei presso di te,
mamma, perchè tu sei il migliore amico che abbia su questa terra.
Sig.ª A . Sì, non è vero, Osvaldo? Dillo!
O (cangiando posti con inquietudine). Ma sono tutti questi
tormenti, tutti questi rimproveri interni.... eppoi quest’angoscia grande,
quest’angoscia mortale. Oh.... quest’orrenda angoscia!
Sig.ª A (camminando dietro a lui). Angoscia? Quale angoscia? Che
vuoi tu dire?
O . Ah! non farmi altre domande su tale soggetto. Non so. Non te
la posso descrivere!
Sig.ª A (passa a destra e tira il cordone del campanello).
O . Che vuoi?
Sig.ª A . Voglio che mio figlio sia allegro. Ecco tutto! Non voglio
che abbia pensieri tristi. (a Regina che si presenta all’uscio) Dell’altro
champagne! Ma questa volta una bottiglia intera. (Regina esce)
O . Mamma!
Sig.ª A . Credi tu che qui noi, non si sappia vivere?
O . Non è splendida a vedersi? Robusta!... sana!
Sig.ª A (sedendosi al tavolo). Mettiti là, Osvaldo, e chiacchieriamo
tranquillamente.
O (sedendo). Tu non lo sai, mamma, ch’io ho un torto da riparare
verso Regina.
Sig.ª A . Tu?
O . O piuttosto, se ti piace di più, una piccola imprudenza,
innocentissima del resto. L’ultima volta che venni qui....
Sig.ª A . Ebbene?
O . Essa mi fece una quantità di domande su Parigi, e io le ho
raccontato.... forse più di quanto avrei dovuto. Eppoi un giorno, me ne
ricordo, mi accadde di dirle: «Avreste volontà di venirci voi stessa?»
Sig.ª A . E allora?
O . Si fece rossa e mi disse: «Sì, ne avrei molta volontà!» —
«Bene, risposi, ci sarà forse la maniera d’accontentarvi».
Sig.ª A . E poi?
O . Naturalmente, avevo dimenticato ogni cosa, quando, l’altro
ieri, le chiesi se era contenta del mio lungo soggiorno in questa casa....
Sig.ª A . Ebbene?
O . Mi guardò in una maniera molto strana, e mi rispose: «E il mio
viaggio a Parigi?»
Sig.ª A . Il suo viaggio?
O . Compresi allora, ch’essa aveva presa la cosa sul serio, che
durante tutto il tempo della mia assenza aveva pensato a me, e s’era
messa a studiare il francese.
Sig.ª A . Questo adunque è....
O . Mamma! Quando vidi innanzi a me questa splendida ragazza,
bella, sana, — prima non lo avevo mai osservato, — quando la vidi,
posso dire, colle braccia aperte, pronta a ricevermi...
Sig.ª A . Osvaldo!
O . .... m’ebbi la rivelazione che in essa stava la salvezza. Innanzi
a me scorgevo il piacere.... la vita.
Sig.ª A (colpita). Il piacere.... la vita? Là c’è dunque la salvezza?
R (compare sulla soglia, con una bottiglia in mano). Domando
scusa d’essermi trattenuta tanto tempo, ma dovetti discendere in cantina.
O . Dateci un altro bicchiere.
R (guardandolo con sorpresa). Ecco il bicchiere della signora,
signor Alving.
O . Sì, ma un bicchiere per te, Regina.
R (trasalisce e guarda timidamente la signora Alving).
O . Ebbene?
R (con esitazione, abbassando la voce). La signora permette?
Sig.ª A . Va a pigliarti il bicchiere, Regina. (Regina passa nella sala
da pranzo)
O (seguendola cogli occhi). Hai osservato il suo incedere? Così
franco, così ardito!
Sig.ª A . Ma questo non va, Osvaldo!
O . È deciso. Lo vedi; inutile contraddirmi.
R (ritorna con un bicchiere, che non depone).
O . Siedi, Regina.
R (interroga collo sguardo la signora Alving).
Sig.ª A . Siedi pure.
R (prende posto sur una sedia, presso l’uscio della sala da pranzo,
e continua a tenere in mano il bicchiere vuoto).
Sig.ª A . Osvaldo.... che mi dicevi tu del piacere della vita?
O . Sì, mamma, il piacere di vivere! in paese non lo si conosce!
Qui, io non lo sento mai.
Sig.ª A . Neppure quando sei presso di me?
O . Quando sono a casa, no. Ma tu non mi capisci.
Sig.ª A . Ma sì, ora mi pare d’afferrare la tua idea....
O . Il piacere di vivere.... eppoi il piacere di lavorare.... Eh! In
fondo è la stessa cosa. Ma entrambi vi sono sconosciuti!
Sig.ª A . Forse hai ragione. Parlami ancora di ciò, Osvaldo.
O . Ecco, io penso semplicemente, che qui si impara a considerare
il lavoro come un flagello di Dio, una punizione dei nostri peccati, e la
vita come una cosa miserabile, di cui mai abbastanza presto potremo
esser liberati.
Sig.ª A . Sì, una valle di lagrime. E infatti noi ci applichiamo
coscienziosamente a renderla tale.
O . Ma laggiù non si vuole saper nulla di tutto ciò! Laggiù tali
dogmi non trovano più credenti. Laggiù il solo fatto di esistere, basta per
colmare di gioia e di felicità. Mamma, non hai osservato che tutto ciò
che dipingo, s’aggira intorno al piacere di vivere? Il piacere di vivere!
Ovunque e sempre! Ivi tutto è luce, raggi di sole e festa.... e le figure
umane sono raggianti di felicità.... Ecco perchè ho paura di restarmene
qua!
Sig.ª A . Paura? Di che hai tu paura presso di me?
O . Ho paura che tutto ciò che fermenta in me, non possa qui
trasformarsi in male.
Sig.ª A (guardandolo fissamente). E tu credi possibile questo?
O . Ne sono sicurissimo. Potrei tentare di condurre qui, la stessa
vita di laggiù: eppure.... la cosa non sarebbe uguale!
Sig.ª A (che ha ascoltato con crescente attenzione, si alza e fissa su
lui uno sguardo profondo e pensieroso). Ora, comprendo tutto!
O . Cosa?
Sig.ª A . È la prima volta ch’io scorgo la verità, adesso posso
parlare.
O (alzandosi). Mamma, non ti capisco.
R (che pure si è alzata). Devo andarmene?
Sig.ª A . No, resta. Ora posso parlare. Ora, figlio mio, saprai tutto
esattamente; poscia prenderai una determinazione. Osvaldo! Regina!
O . Silenzio. Il Pastore....

SCENA V.
D , il P M .

I P . (entrando dall’uscio del vestibolo). Eccomi! Abbiamo avuto una


di quelle piccole riunioni che fanno bene al cuore.
O . Noi pure.
I P . Bisogna venir in aiuto ad Engstrand, a proposito di quel rifugio
pei marinai. Regina deve andare a raggiungerlo, e rendersegli utile....
R . No, grazie, signor Pastore.
I P . (che ancora non l’aveva osservata). Che?... Qua! con un
bicchiere in mano?
R (affrettandosi a deporre il bicchiere). Domando scusa!
O . Regina parte con me, signor Pastore.
I P . Parte! Con voi!
O . Sì, come sposa.... se essa lo vuole.
I P . Misericordia!...
R . Io non ne ho colpa.... signor Pastore.
O . Oppure resta qua, se io resto.
R (involontariamente). Qua!
I P . Signora Alving, io non ci capisco più nulla.
Sig.ª A . Nulla avverrà, perchè adesso posso dire ogni cosa.
I P . Ma voi non lo farete! No, no, no!
Sig.ª A . Lo posso e lo voglio. E, tranquillizzatevi, non ci saranno
ideali distrutti.
O . Che cosa mi si nasconde qui?
R (ascoltando). Signora! Ascoltate! Fuori c’è gente! Gridano.
(passa nella serra e di là guarda in istrada)
O (alla finestra di sinistra). Che avviene? Donde tutta questa
luce?
R (con un grido). È l’asilo che brucia!
Sig.ª A (alla finestra). Che brucia?
I P . Che brucia? Impossibile; ne esco io in questo momento!
O . Dov’è il mio cappello? Ah, non importa.... L’asilo di mio
padre!... (esce correndo dall’uscio che mette al mare)
Sig.ª A . Il mio scialle, Regina, tutto è in fiamme!
I P . È orribile! Signora Alving, è il castigo che piomba su questo
luogo di perdizione.
Sig.ª A . Certo, certo. Vieni, Regina. (esce precipitosamente
dall’uscio del vestibolo, seguita da Regina)
I P . (giungendo le mani). E non è assicurato!... (esce dietro gli altri)

FINE DELL’ATTO SECONDO.


ATTO TERZO.

La stessa scena. Tutti gli usci sono aperti. La lampada continua ad


ardere sulla tavola. Di fuori è buio: solo un debole bagliore al fondo del
paesaggio a sinistra.

SCENA I.
La Signora A ,R .

(La signora Alving con un grande scialle in testa guarda fuori,


attraverso la serra. Regina avviluppata in uno scialle, sta pochi passi
dietro a lei).
Sig.ª A . Tutto è bruciato. Tutto è distrutto.
R . C’è ancora del fuoco nelle cantine.
Sig.ª A . E Osvaldo che non ritorna! Eppure non c’è più nulla da
salvare.
R . Devo forse scendere a portargli il cappello?
Sig.ª A . Non ha neppure il cappello?
R (indicando col dito il vestibolo). No, eccolo là, sull’attaccapanni.
Sig.ª A . Lascialo là. Dovrebbe esser qua subito; vado a vedere io
stessa. (esce dalla porta che dà sul mare)

SCENA II.
I P M ,R .
I P . (entrando dall’uscio del vestibolo). La signora Alving non c’è?
R . È discesa in questo punto alla spiaggia.
I P . È la notte più terribile ch’io abbia mai passata.
R . È vero! Che sventura tremenda, signor Pastore.
I P . Oh, non me ne parlate. Mi fa male il solo pensarci.
R . Ma come si appiccò il fuoco?
I P . Non chiedetemi nulla, signorina Engstrand! Del resto, come lo
potrei sapere? Voi pure volete!... Non basta che vostro padre....
R . Che fece?
I P . Oh! mi farà impazzire.

SCENA III.
D ,E .

E . (entrando dall’uscio del vestibolo). Signor Pastore!...


I P . (volgendosi con spavento). Come? Mi perseguitate sino qua?
E . Sì, che il cielo mi annienti!... Ah! Gesù santo! Ma tutte le vostre
lamentele non servono a nulla, signor Pastore.
I P . Che c’è?
E . Ah! vedi, tutto ciò, causa la pia riunione. (piano a Regina)
L’abbiamo in pugno, figlia mia! (forte) Così, è in grazia mia, che il
signor Pastore divenne fallibile....
I P . Ma vi assicuro Engstrand....
E . Il solo signor Pastore si è occupato delle lampade....
I P . (fermandosi). Sì, voi lo dite, ma io non mi ricordo d’aver toccata
una sola lampada.
E . Io invece vidi chiaramente il signor Pastore smoccolare una
candela colle dita, e gettarne lo stoppino nelle segature.
I P . Avete visto tutto ciò?
E . Perfettamente.
I P . Non ci capisco nulla; tanto più perchè so di non aver mai avuta
l’abitudine di smoccolare le candele colle dita.
E . Infatti, non è punto pulito. Ma, signor, Pastore, è proprio
un’abitudine pericolosa?
I P . (camminando inquieto). Oh, basta interrogazioni.
E . (seguendolo). E.... poi, signor Pastore, l’edificio non era
assicurato?
I P . (continuando a camminare). No, no, no, lo sapete benissimo.
E . (seguendolo). Non era assicurato! E.... così.... appiccare il fuoco....
Gesù, Gesù, che sventura!
I P . (asciugandosi la fronte). Ah! potete ben dirlo, Engstrand.
E . Eppoi, che una cosa simile accada ad un istituto di beneficenza,
utile nello stesso tempo alle città ed ai villaggi, come si suol dire! Temo
che i giornali non tratteranno come si conviene il signor Pastore.
I P . Ecco, appunto ciò che pensavo io stesso. Questo forse è il
peggio.... Tutti questi odiosi attacchi, tutte queste accuse! Ah! guai a
pensarci!

SCENA IV.
D , Signora A .

Sig.ª A . (entrando dall’uscio che mette alla spiaggia). Non c’è


caso di fargli abbandonare il luogo del disastro!
I P . Ah! eccovi, signora.
Sig.ª A . Almeno avete evitato il discorso inaugurale, pastore
Manders.
I P . Oh! avrei voluto così volentieri....
Sig.ª A . (con voce strozzata). Meglio così! A nulla di bene poteva
riuscire questo asilo.
I P . Credete?
Sig.ª A . Ne dubitate?
I P . In ogni modo fu una sventura immensa.
Sig.ª A . Spieghiamoci con poche parole, su questo punto, come sur
una questione d’interesse.... Aspettate il Pastore, Engstrand?
E . (presso alla porta del vestibolo). Sì, l’aspetto.
Sig.ª A . Allora sedete.
E . Grazie, sto benissimo in piedi.
Sig.ª A (al Pastore). Probabilmente prenderete il battello a vapore?
I P . Sì, fra un’ora.
Sig.ª A . In tal caso, abbiate la compiacenza di portare con voi tutte
le carte. Non voglio più sentir pronunciare una sola parola su tale
faccenda. Ora, ho altre preoccupazioni....
I P . Signora Alving.
Sig.ª A . Più tardi vi invierò i pieni poteri, per definire tutto come
vorrete voi.
I P . Me ne incaricherò molto volentieri. La prima disposizione del
testamento, diventa purtroppo affatto inapplicabile.
Sig.ª A . Si capisce.
Il Past. Ecco dunque come io intendo accomodare la faccenda per
adesso: il recinto di Solvik apparterrà al comune. La terra non è senza
valore; potrà sempre servire a qualche cosa. In quanto alla rendita del
capitale che resta alla Cassa di Risparmio, potrò forse impiegarla
convenientemente pel bene della città.
Sig.ª A . Come vorrete. Oggi tutto mi riesce affatto indifferente.
E . Signor pastore, pensate al mio rifugio per i marinai.
I P . E perchè no? è una buona idea. Vedremo; bisogna riflettere.
E . No, diavolo, punto riflessione.... (correggendosi) Ah! buon
Gesù!...
I P . (con un sospiro). E poi, purtroppo, non so sin quando potrò
occuparmi di tali affari, e se l’opinione pubblica non mi costringerà a
ritirarmi. Tutto dipende dal risultato dell’inchiesta.
Sig.ª A . Che state dicendo?
I P . E tale risultato, non si può prevedere anticipatamente.
E . (avvicinandosi a lui). Scusate, si può prevederlo. Guardate
soltanto Giacomo Engstrand.
I P . Sì, sì, ma....
E . (più piano). Giacomo Engstrand non è l’uomo capace
d’abbandonare un generoso benefattore nell’ora del pericolo, come si
suol dire.
I P . Sì, mio caro, ma come?...
E . Giacomo Engstrand è quasi l’angelo della salvezza, signor
Pastore.
I P . No, no, non potrei accettar certamente...
E . Eppure lo dovrete. Io conosco uno, che altra volta s’addossò una
colpa altrui!
I P . Giacomo! (gli stringe la mano) Siete un uomo raro. Suvvia!
Tutto quanto abbisogna per il vostro asilo sarà fatto, potete calcolarci.
E . (vorrebbe ringraziare, ma la sua voce è soffocata dall’emozione).
I P . (mettendo a tracolla la sua borsa da viaggio). Ed ora avanti!
Noi due partiremo assieme.
E . (piano a Regina che sta presso all’uscio della sala da pranzo).
Vieni con me, piccina; tu ti troverai come sur un letto di piume.
R (scotendo il capo). Grazie!
(Passa nel vestibolo ed offre la valigia al Pastore).
I P . Addio, signora Alving! Possa lo spirito d’ordine e di regolarità,
penetrare ben presto in questa casa!
Sig.ª A . Addio Manders!
(Si reca nella serra, vedendo Osvaldo entrare dall’uscio esterno).
E . (assecondato da Regina, aiuta il Pastore ad indossare il suo
soprabito). Addio, figliuola, se qualche cosa t’accadesse, tu sai
benissimo dove trovare Giacomo Engstrand. (piano) Viottolo del Porto,
hm! (alla signora Alving e ad Osvaldo) E la casa dei marinai si
chiamerà: «Asilo del ciambellano Alving».... ecco. E se mi sarà concesso
di dirigere questa casa, come l’intendo io, son sicuro ch’essa riuscirà
degna del defunto ciambellano.
I P . (uscendo). Hm!... Venite, mio caro Engstrand. Addio, addio!
(Entrambi escono dal vestibolo).

SCENA V.
Signora A ,R ,O .

O (avvicinandosi alla tavola). Di qual casa parlava?


Sig.ª A . Una specie d’asilo che vogliono fondare lui ed il pastore
Manders.
O . Brucierà anche quello.
Sig.ª A . Perchè tale idea?
O . Tutto deve bruciare, non rimarrà nulla per ricordare mio padre.
Io pure brucio!
R (lo guarda colpita).
Sig.ª A . Osvaldo! Non avresti dovuto restartene così a lungo
laggiù, mio povero ragazzo.
O (sedendo presso alla tavola). Credo che tu abbia ragione.
Sig.ª A . Lascia ch’io asciughi il tuo volto, Osvaldo. (lo asciuga col
proprio fazzoletto)
O (guardando innanzi a sè con indifferenza). Grazie, mamma.
Sig.ª A . Non sei stanco, Osvaldo? vorresti dormire un pochino?
O (con angoscia). No, no.... non voglio dormire! Non dormo mai,
io; fingo soltanto! (con voce sorda) Ciò avverrà anche troppo presto!
Sig.ª A (guardandolo con inquietudine). Ah! è vero dunque che tu
sei malato, figlio mio benedetto?
R (tendendo l’orecchio). Il signor Alving è malato?
O (con impazienza). E poi.... chiudete tutti gli usci!
Quest’angoscia mortale....
Sig.ª A . Chiudi, Regina.
(Regina chiude e rimane presso l’uscio del vestibolo. La Alving leva il
suo scialle; Regina fa altrettanto).
Sig.ª A (avvicinando una seggiola ad Osvaldo, e sedendo accanto
a lui). Vedi, mi metto vicino a te.
O . Sì, va bene! Regina non deve abbandonare la stanza. Regina
deve restarsene sempre accanto a me. Tu verrai in mio soccorso, nevvero
Regina?
R . Non capisco....
Sig.ª A . In tuo soccorso?
O . Sì.... quando ce ne sarà bisogno?
Sig.ª A . Osvaldo, e tua madre non è sempre pronta a volare in tuo
soccorso?
O . Tu? (sorridendo) No, mamma, quel soccorso tu non puoi
offrirmelo. (sorride amaramente) Tu! ah! ah! (la guarda con serietà)
Eppure.... era bene il tuo ufficio! (con violenza) Regina, perchè non mi
dai del tu? Perchè non mi chiami Osvaldo?
R (piano). Non credo che ciò piacerebbe alla signora.
Sig.ª A . Fra poco, ne avrai il diritto; adesso, vieni tu pure a metterti
vicino a noi.
R (siede in silenzio e con qualche esitazione dall’altra parte della
tavola).
Sig.ª A . Ed ora, mio povero figlio tanto torturato, voglio toglierti il
peso che grava sul tuo spirito.
O . Tu, mamma?
Sig.ª A . Sì: tutto ciò che tu chiami rimpianti, rimorsi, pentimenti....
O . E tu credi che il tuo potere arriverà sino....
Sig.ª A . Sì, Osvaldo, ne sono sicura. Poco fa, quando parlasti del
piacere di vivere, qualche cosa s’è rischiarato nel mio spirito, e vidi
l’intera mia vita sotto una luce novella.
O (scotendo il capo). Non ci capisco niente!
Sig.ª A . Ah! se tu avessi conosciuto tuo padre quando non era che
un giovane tenente. Il piacere di vivere! Pareva proprio che lo
personificasse....
O . Sì, lo so.
Sig.ª A . Comunicava l’allegria, spargeva intorno a sè un’aria
continua di festa! E quella forza indomabile, quella pienezza di vita che
possedeva!
O . Ebbene?
Sig.ª A . Ad un tratto quell’allegro fanciullone — in quei tempi era
proprio come un fanciullo, — si trova sbalestrato in una meschina
cittaduzza, che non poteva offrirgli distrazioni di sorta, null’altro che dei
piaceri! Non una meta da raggiungere: non aveva che un impiego. Non
un lavoro in cui tutto il suo spirito potesse trovare una soddisfazione:
null’altro che affari. Non un solo amico capace di comprendere il piacere
della vita: semplicemente dei compagni d’ozio e di orgie.
O . Mamma!...
Sig.ª A . Avvenne.... ciò che doveva avvenire.
O . Cosa mai doveva avvenire?
Sig.ª A . Lo dicesti tu stesso un momento fa, prevedendo ciò che
avverrebbe di te, se tu restassi a casa.
O . Vorresti intendere con ciò, che mio padre....
Sig.ª A . Il tuo povero padre non ha mai trovato uno sfogo a quel
piacere di vivere che traboccava in lui. Io, dal canto mio, non ero in
grado di arrecare molta allegria al suo focolare.
O . Neppure tu?
Sig.ª A . Avevo ricevuto delle lezioni, in cui non si trattava che di
doveri e di obblighi.... e per molto tempo, non potei dimenticarli. Tutta
l’esistenza si riassumeva in doveri.... i doveri miei, i doveri suoi, ecc....
temo d’aver resa la casa insopportabile al tuo povero padre, Osvaldo
mio.
O . Perchè nelle tue lettere non mi trattenesti mai di tutto ciò?
Sig.ª A . Mai, prima d’oggi, avrei creduto possibile di poter
confessare tutto a te, suo figlio.
O . Ed oggi hai compreso?
Sig.ª A (lentamente). Non vidi che una cosa soltanto, cioè, che tuo
padre era un uomo finito, prima della tua nascita.
O (con voce strozzata). Ah!... (si alza e s’avvicina alla finestra).
Sig.ª A . Eppoi ho riflettuto che Regina apparteneva a questa casa....
allo stesso titolo di mio figlio.
O (volgendosi vivamente). Regina!...
R (trasalendo e con voce malferma). Io!...
Sig.ª A . Ora; entrambi sapete tutto!
O . Regina!
R (parlando fra sè stessa). Sicchè mia madre era una....
Sig.ª A . Tua madre aveva molte buone qualità, Regina.
R . Sì, questo però non toglie che non fosse.... Oh! mi pareva
qualche volta; ma.... Sì, signora! Così è! Mi permettete di partire
immediatamente?
Sig.ª A . Davvero Regina, vorresti partire?
R . Lo voglio!
Sig.ª A . Naturalmente sei libera, ma....
O (avvicinandosi a Regina). Ora che qui sei a casa tua, vorresti
partire?
R . Merci, signor Alving.... è vero, adesso posso dire Osvaldo, ma
non proprio come l’avrei pensato.
Sig.ª A . Regina, io non sono stata franca con te.
R . Ma no, si avrebbe torto a crederlo! Se avessi saputo che
Osvaldo era malato.... e che fra noi non poteva esserci nulla di serio....
No, non posso restarmene qui, e sciuparmi a vantaggio di gente malata.
O . Come? Neppure per un uomo, che ti è così legato?
R . No, non lo posso. Una ragazza povera deve impiegare la sua
gioventù; altrimenti un bel giorno potrebbe trovarsi senza casa nè tetto.
Ed io pure, signora, aspiro.... al piacere di vivere.
Sig.ª A . Ahimè, sì! Ma bada di non perderti Regina.
R . Eh! Se mi perderò, vuol dire che non avrò potuto fare altrimenti.
Se Osvaldo rassomiglia a suo padre, io devo rassomigliare a mia madre,
suppongo.... Posso ardire di chiedere alla signora se il pastore Manders è
informato di ciò che mi concerne?
Sig.ª A . Il pastore Manders sa tutto.
R (avviluppandosi nel suo scialle). In tal caso devo spicciarmi per
prendere il battello. È così facile intendersi col Pastore, e mi sembra
d’aver altrettanto diritto su quel denaro, che lui.... quello zoppo d’un
falegname.
Sig.ª A . Io non domando di meglio, Regina.
R (guardandola freddamente). La signora avrebbe potuto educarmi
quale figlia d’una persona distinta; sarebbe stato più conveniente. (con
un movimento delle spalle). Dopo tutto, non me ne importa! (guardando
da un lato la bottiglia chiusa, con amarezza) Per Dio, potrò bere lo
stesso dello champagne con persone a modo!
Sig.ª A . Se un giorno, Regina, sentirai desiderio d’un focolare
tranquillo, vieni da me.
R . No, grazie, signora. Il pastore Manders si incaricherà di me. E
se.... dovessi finir male, conosco un luogo, dove sarei a casa mia.
Sig.ª A . Quale?
R . L’asilo del ciambellano Alving.
Sig.ª A . Regina, lo veggo, tu corri alla tua perdita....
R . Mah! Addio! (saluta ed esce dalla porta del vestibolo)

SCENA VI.
Signora A ,O .

O (guardando dalla finestra). È partita?


Sig.ª A . Sì.
O (tra i denti). Tanto peggio!
Sig.ª A (dietro a lui, mettendogli le mani sulle spalle). Osvaldo,
figlio mio, sei eccitato?
O (volgendo il capo verso di lei). Per ciò che riguarda mio padre,
vuoi dire?
Sig.ª A . Sì, il tuo sciagurato padre! Temo che l’impressione sia
stata troppo forte per te.
O . Cosa te lo fa supporre? Naturalmente ne fui sorpreso, e molto,
ma in fondo, per me è lo stesso.
Sig.ª A (ritirando le mani). Lo stesso? Che tuo padre sia stato tanto
sventurato, è lo stesso per te?
O . Posso sentire della compassione per lui, come per ogni altro,
ma....
Sig.ª A . Null’altro? Per tuo padre?
O (con impazienza). Mio padre.... mio padre. Non ho mai saputo
nulla di mio padre. Non ho ricordi di lui, cioè.... rammento che una volta
mi fece vomitare!
Sig.ª A . È orribile! Guai a pensarci! E malgrado tutto, un figlio non
deve amare il proprio padre?
O . E quando questo padre non ha alcun titolo alla sua
riconoscenza? Quando il figlio non l’ha mai conosciuto? E tu, così
saggia, così ragionevole in tutto il resto, ubbidiresti a questo vecchio
pregiudizio?
Sig.ª A . Non sarebbe che un pregiudizio?...
O . Sì, mamma, puoi convenirne. È una di quelle idee correnti, che
il mondo ammette senza controllare, e....
Sig.ª A (colpita). Degli spettri!
O (attraversando la scena). Sì, puoi ben chiamarli così!
Sig.ª A (con calore). Osvaldo!... Allora.... tu non ami più neppure
me?
O . In ogni caso tu.... io ti conosco.
Sig.ª A . Mi conosci; ma.... sta qui tutto?
O . E so quanto tu mi ami; devo pure essertene riconoscente!
Eppoi.... ora che son malato tu mi puoi essere d’immensa utilità.
Sig.ª A . Sì, nevvero, Osvaldo? Oh, sono pronta a benedire la tua
malattia, che ti ricondusse presso di me! Poichè, lo capisco benissimo, io
non ti posseggo, ma.... devo conquistarti.
O (con impazienza). Sì, sì, sì, tutte parole belle e buone. Non devi
dimenticare, mamma, ch’io sono un uomo malato. Non posso occuparmi
degli altri, ho tanto da pensare per me stesso!
Sig.ª A (con dolcezza). Saprò esser paziente.
O . E allegra, mamma!
Sig.ª A . Sì, figlio mio, hai ragione. Dimmi, ci son finalmente
riuscita a toglierti tutto ciò che ti tormentava, rimpianti e rimorsi?
O . Sì, ci sei riuscita. Ma adesso chi mi libererà dall’angoscia?
Sig.ª A . Dall’angoscia?
O (attraversando la scena). Regina, con una buona parola
l’avrebbe ottenuto!
Sig.ª A . Perchè parli d’angoscia e di Regina?
O . È molto inoltrata la notte, mamma?
Sig.ª A . Sta per spuntare il giorno, (va a guardare attraverso le
invetriate della serra) Ecco l’alba che imporpora le cime delle montagne.
Avremo bel tempo, Osvaldo! Fra pochi momenti potrai vedere il sole.
O . Come ne godo! Ci sono tante cose che possono rallegrarmi e
che mi invitano a vivere....
Sig.ª A . Eh! lo credo bene!
O . Anche se non posso lavorare....
Sig.ª A . Presto presto, figlio mio, potrai rimetterti al lavoro, poichè
ora non sei tormentato più da pensieri tristi e scoraggianti....
O . Che fortuna, che tu abbia dissipate tutte quelle fosche imagini.
Ed ora che potei varcare.... quel passo.... (si siede sul divano)
chiacchiereremo un po’ assieme, mamma.
Sig.ª A . Benissimo. (essa avvicina una seggiola al divano, e gli
siede accanto)
O . E poi spunta il sole.... e poi tu sai tutto.... e poi.... l’angoscia è
finita.
Sig.ª A . Io so tutto? Che vuoi tu dire?
O (senz’ascoltarla). Mamma, non dicevi questa sera, che non c’è
al mondo cosa alcuna che tu non faresti per me, s’io te ne pregassi?
Sig.ª A . Sì, è vero.
O . E lo dici ancora, mamma?
Sig.ª A . Puoi calcolarci, figlio mio adorato. Che cosa ho io su
questa terra, tranne te?
O . Sì, sì. Allora ascoltami. Mamma, tu hai l’anima forte, lo so;
ebbene, devi restartene quieta quieta ed ascoltarmi senza
interrompermi....
Sig.ª A . Che c’è di tanto solenne?...
O . Ricordati che non devi dare in esclamazioni; me lo prometti?
Vogliamo discorrere tranquillamente e pian piano. Me lo prometti?
Sig.ª A . Sì, sì, te lo prometto. Ma parla!
O . Ebbene, allora bisogna che tu sappia che questa stanchezza....
eppoi questo stato in cui il pensiero del lavoro mi è insopportabile, non
costituisce la malattia stessa....
Sig.ª A . E questa malattia?...
O . Questa malattia che mi è toccata per eredità, è.... (posa il dito
sulla fronte, ed aggiunge a bassa voce:) È qui dentro.
Sig.ª A (quasi afona). Osvaldo!... No.... no!
O . Non gridare! Non posso tollerarlo!... Sì, mamma, essa è là, alla
vedetta, e può scoppiare in qualunque istante.
Sig.ª A . Ah! è orribile!...
O . Sta tranquilla, ti prego. Ecco dunque a che ne sono....
Sig.ª A (scattando). Tutto ciò è falso, Osvaldo! È impossibile, non
può essere!
O . Laggiù n’ebbi un accesso, è passato presto; ma poi fui seguito,
tormentato, torturato dall’angoscia; e sono corso qui.... presso di te, più
presto che mi fu possibile.
Sig.ª A . Per ciò adunque l’angoscia!...
O . Sì, è un orrore indicibile, sai. Ah! se non si trattasse che d’una
malattia mortale qualunque! Perchè io non ho una gran paura di
morire.... eppure.... mi piacerebbe vivere il più a lungo possibile.
Sig.ª A . Sì, sì, Osvaldo, e così sarà!
O . Ma in questa malattia, c’è qualche cosa di così tremendo!
Ritornare quasi allo stato di bimbo; aver bisogno d’esser nutrito.... aver
bisogno.... Non ci sono parole per esprimere quanto soffro.
Sig.ª A . Il bimbo ha la madre che lo cura.
O (scattando). No, mai! È appunto ciò che non voglio! Non ci
tengo all’idea di restare in tale stato per degli anni.... forse invecchiare,
incanutire.... In questo frattempo tu potresti morire e lasciarmi solo. (si
siede sulla seggiola della signora Alving) Poichè.... tale malattia non
produce necessariamente una morte immediata, disse il medico. Pretende
che è il cervello che si rammollisce.... una specie di rammollimento
cerebrale, o qualche cosa di simile (con un sorriso amaro) Mi pare che
l’espressione suoni armoniosamente. E sono spinto ognora a
rappresentarmi alla mente dei drappeggi di velluto di seta, delle tinte
rosse.... qualche cosa di delicato da accarezzare....
Sig.ª A (gridando). Osvaldo!
O (alzandosi di scatto ed attraversando la scena). E tu m’hai
tolto Regina! Perchè non è qua? Se ci fosse, sarebbe già accorsa in mio
aiuto.
Sig.ª A (avvicinandoglisi). Che intendi dire, mio diletto? C’è
qualche soccorso ch’io non sia disposta ad offrirti a costo della mia vita?
O . Quando dopo l’accesso di laggiù, io ebbi ripreso il senno, il
medico mi disse, che se tale caso dovesse ripetersi — e sento che si
ripeterà — non ci sarebbe più speranza.
Sig.ª A . Ebbe il coraggio di dirti questo!
O . Io l’ho costretto! Gli dissi, che dovevo pigliare certe
disposizioni.... (con un sorriso maligno) Ed era vero! (dalla saccoccia
interna del suo vestito egli leva una scatoletta) Mamma, vedi tu ciò?
Sig.ª A . Che cos’è?
O . Delle polveri di morfina.
Sig. A (guardandolo spaventata). Osvaldo!.. figlio mio!
O . Sono riuscito a raccoglierne dodici cartine.
Sig.ª A . (tentando di afferrare la scatola). Dammi quella scatola
Osvaldo!
O . Non ancora, mamma. (rimette la scatola in saccoccia)
Sig.ª A . Io non sopravviverò a questo colpo.
O . Vi si può sopravvivere. Se avessi qui Regina, le manifesterei la
mia decisione.... e reclamerei da essa quest’ultimo servigio. Ella, ne son
certo, non mi ricuserebbe il suo aiuto.
Sig.ª A . Mai!
O . Se l’accesso mi avesse colpito in sua presenza, e mi avesse
visto soffrire, più debole d’un bambino, impotente, miserabile, senza
speranza... senza una salvezza possibile...
Sig.ª A . Regina non avrebbe mai acconsentito....
O . Regina non avrebbe esitato a lungo. Regina aveva il cuore così
adorabilmente leggero. Si sarebbe stancata ben presto di curare un
malato come son io.
Sig.ª A . In tal caso, Dio sia lodato, che Regina è partita.
O . Sì, mamma, così ora spetta a te di soccorrermi.
Sig.ª A (mandando un grido). Io?
O . E chi dunque se non te?
Sig.ª A . Io, tua madre?
O . Appunto.
Sig.ª A . Io che t’ho data la vita?
O . Che non ti avevo domandata. E quale vita mi desti tu? Non la
voglio! Riprenditela!
Sig.ª A . Aiuto, aiuto! (fugge nel vestibolo)
O (correndole dietro). Non lasciarmi! Dove vai?
Sig.ª A (nel vestibolo). A chiamare il medico, Osvaldo! Lasciami
uscire!
O (raggiungendola). Tu non escirai, e nessuno deve entrare qui
dentro! (chiude a chiave)
Sig.ª A . (rientrando). Osvaldo, Osvaldo.... figlio mio!...
O (seguendola). È un cuore di madre il tuo.... puoi resistere alla
mia angoscia senza nome?
Sig.ª A (dopo un istante di silenzio, con voce strozzata). Ecco la
mia mano!
O . Dunque, sì?
Sig.ª A . Se ciò è necessario. Ma no, questo non accadrà. È
impossibile, impossibilissimo!
O . Speriamolo; e cerchiamo di vivere assieme finchè lo potremo.
Grazie, mamma. (Si siede sulla seggiola che la signora Alving avvicinò
al divano. Spunta il giorno; sulla tavola la lampada continua ad ardere).
Sig.ª A . (avvicinandosi dolcemente). Ti senti più calmo ora?
O . Sì.
Sig.ª A . (china su lui). Non fu che un brutto scherzo della tua
immaginazione, pura immaginazione. Tutte queste scosse ti hanno
eccitato. Ora, mio diletto figlio, bisogna che tu ti riposi qui, presso tua
madre! Avrai tutto quello che desideri, come quando eri piccino,
piccino.... Vedi, l’accesso è finito. Ah! lo sapevo.... Guarda, guarda
Osvaldo, che bella giornata, che sole brillante! Così ti sentirai bene
anche a casa tua!
(S’avvicina alla tavola e spegne la lampada. Sorge il sole. Al fondo del
paesaggio le montagne e le pianure risplendono illuminate dai raggi del
mattino).
O (immobile nel suo seggiolone, volge le spalle al fondo della
scena; ad un tratto pronuncia queste parole:) Mamma, dammi il sole.
Sig.ª A . (presso la tavola, lo guarda spaventata). Che dici?
O (ripetendo con voce sorda ed afona:) Il sole.... il sole....
Sig.ª A (avvicinandoglisi). Osvaldo, che hai?
O (si abbandona nel seggiolone, tutti i suoi muscoli si tendono; il
volto è senza espressione; gli occhi, spenti, fissano il vuoto).
Sig.ª A (tremante per lo spavento). Cosa vuol dire? (gridando)
Osvaldo, che hai? (si precipita in ginocchio innanzi a lui, e lo scuote)
Osvaldo! Osvaldo! Guardami! Non mi conosci?
O (colla medesima voce afona). Il sole.... il sole....
Sig.ª A (si alza di scatto, disperata, colle mani nei capelli,
gridando:) Non ci resisto! (a voce bassa, come irrigidita) Non ci resisto,
no, no! Mai! (ad un tratto) Ma dove sono quelli...? (cerca rapidamente
nella saccoccia d’Osvaldo) Ecco! (indietreggia di qualche passo e
grida:) No, no, no! Sì! No! No! (colle mani nei capelli, si ferma a
qualche passo di distanza da suo figlio, e lo fissa con uno spavento
muto)
O (sempre immobile nel suo seggiolone). Il sole.... il sole....

FINE.
Nota del Trascrittore
Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute,
correggendo senza annotazione minimi errori tipografici.
Copertina creata dal trascrittore e posta nel pubblico dominio.
*** END OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK SPETTRI:
DRAMMA IN TRE ATTI ***

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